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giovedì 25 novembre 2021

 
LA MORTE DIETRO LA PORTA
 
Titolo originale: Deathdream
AKA: Dead of Night
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Canada, Regno Unito
Anno: 1974
Durata: 88 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Orrore, guerra
Sottogenere: Zombesco, vampiresco
Regia: Bob Clark
Sceneggiatura: Alan Ormsby
Produttore: Bob Clark, Peter James, John Trent
Produttore esecutivo: Gerald Flint-Shipman, Geoffrey
     Nethercott
Casa di produzione: Impact Films, Quadrant Films
Distribuzione in italiano: Rovers Cinema (1976)
Fotografia: Jack McGowan
Montaggio: Ronald Sinclair
Musiche: Carl Zittrer
Scenografia: Forest Carpenter
Costumi: Dyke Davis
Trucco: Tom Savini, Alan Ormsby
Effetti speciali: Tom Savini
Interpreti e personaggi:
  Richard Backus: Andy Brooks
  John Marley: Charles Brooks
  Lynn Carlin: Christine Brooks
  Anya Ormsby: Cathy Brooks
  Jane Daly: Joanne
  Mal Jones: Sceriffo
  Henderson Forsythe: Dott. Philip Allman
  Michael Mazes: Bob
  Arthur Anderson: Postino
  Edward Anderson: Vicesceriffo
  Arthur Bradley: Capitano dell'Esercito
  David Gawlilowski: Guidatore di camion 
  Virginia Cortez: Rosalie
  Bud Hoey: Ed
  Robert R. Cannon: Uomo ubriaco
  Raymond Michael: Poliziotto
  Jeff Gillen: Barista
  George De Vries: Primo annunciatore TV
  Bob Noble: Secondo annunciatore TV
  Alan Ormsby: Spettatore
  Jeff Becker: Giovane
  Scott Becker: Giovane
  Greg Wells: Giovane
  Kevin Schweizer: Giovane
  Non accreditati:
  Bob Clark: Agente Ted
  Hank Lowrey: Agente Hank
  John Bonney: Pilota di elicottero 
Titoli alternativi in inglese: 
  Night Walk;
  The Night Walker; 
  The Night Andy Came Home;
  It Came from the Grave;
  King from the Grave; 
  King of the Grave; 
  The Veteran;
  Whispers  
Titoli in altre lingue:
  Francese: Le mort-vivant
  Francese (Canada): Soif de sang
  Danese: Dødens nat  
  Finlandese: Painajainen
  Greco (moderno): Κυνηγητό θανάτου
  Ungherese: Halálos álom
  Russo: Смертельный сон
Budget: 300.000 dollari US

Trama: 
Anno del Signore 1972. Nel corso di uno scontro notturno in Vietnam, il soldato americano Andy Brooks viene colpito da un cecchino e stramazza al suolo. Mentre muore, sente la voce di sua madre che grida: "Andy, tornerai. Devi farlo. L'hai promesso." Qualche tempo dopo, la famiglia di Andy riceve da un militare la notizia della morte del ragazzo, caduto in combattimento. Suo padre, il canuto Charles, e sua sorella, Cathy, piangono e si disperano, mentre la madre, Christine, si arrabbia, rifiutandosi di credere che Andy sia davvero morto. Nel frattempo, un camionista si ferma in una tavola calda e dice di aver caricato un autostoppista, per l'esattezza un soldato. Qualche ora dopo, nel cuore della notte, Andy arriva alla porta di casa della sua famiglia in alta uniforme, apparentemente illeso; tutti lo accolgono con gioia, deducendo che la notizia della sua morte debba essere frutto di un errore materiale. Quando il padre di Andy dice che i militari lo hanno dichiarato morto, lui risponde in modo lapidario: "Lo ero." La famiglia ride, pensando che sia uno scherzo. Nei giorni successivi, Andy mostra un comportamento strano e appartato, insiste che nessuno sappia del suo ritorno, parla solo raramente, si veste di nascosto, non mangia e trascorre le sue giornate seduto in casa, svogliato e anemico, cullandosi su una sedia a dondolo. Di notte però si anima inspiegabilmente, vagando per la città e trascorrendo il suo tempo nel cimitero. Intanto la polizia locale indaga sull'omicidio del camionista, che è stato trovato dissanguato e con la gola tagliata. Charles tenta di affrontare Christine riguardo all'inquietante comportamento di Andy. La donna insiste sul fatto che Charles era troppo riservato e autoritario nei confronti di Andy; lui ribatte che Christine ha reso Andy troppo sensibile, soffocandolo. Le cose peggiorano: Andy attacca un bambino del vicinato che tenta di dimostrare le sue abilità nel karate, poi strangola a morte il cane di famiglia quando cerca di proteggere il giovane. Charles, testimone dell'uccisione del cane, dice a sua moglie che il figlio è pazzo, poi va in un bar per affogare il dispiacere nell'alcol e lì racconta l'accaduto al suo amico, il dottor Philip Allman. Il medico segue Charles a casa e offre ad Andy un controllo gratuito; poi fa al ragazzo domande relative al camionista, infatti sospetta che proprio lui lo abbia ucciso. Racconta a Charles del camionista e gli dice che deve informare la polizia della sospetta coincidenza del ritorno del figlio. Andy fa visita al dottor Allman nel suo ufficio nel cuore della notte, chiedendo con rabbia un controllo, ma il medico non riesce a rilevare il polso o il battito cardiaco. Andy gli dice: "Sono morto per te, dottore. Perché non dovresti ricambiare il favore?" Attacca e uccide l'uomo con una siringa, poi la usa per iniettargli il suo sangue nel braccio. È chiaro che Andy è una specie di vampiro che ha bisogno del sangue degli altri per rinvigorire il suo corpo in decomposizione. Il giorno successivo, Charles viene a sapere della morte dell'amico e si rende conto che suo figlio è responsabile. Quando Christine gli dice che Andy ha un doppio appuntamento con Cathy, la sua fidanzata del liceo Joanne e il suo migliore amico Bob, Charles prende la sua pistola e va a cercarli. In un cinema drive-in, Andy decade visibilmente a causa della mancanza di sangue. Dopo che Cathy e Bob scendono dall'auto per prendere altri popcorn, Joanne tenta di avviare una conversazione con Andy. Quando la putrefazione di Andy diventa più visibile, lui attacca e uccide Joanne, lacerandole la gola. Cathy e Bob tornano e lo trovano in preda alla frenesia. Il redivivo si scaglia contro i due, strangolando Bob e tentando di investire Cathy. Un uomo accorso in aiuto spinge Cathy di lato e viene colpito a morte. Andy fugge in macchina prima di potersi iniettare il sangue delle sue vittime, poi torna a casa, dove sua madre lo protegge da suo padre. Charles, prostrato dal dolore, si spara un colpo di fucile nel cranio. Mentre Christine sta portando via Andy, la polizia gli spara due volte e i loro colpi incendiano l'auto. L'inseguimento termina al cimitero, dove viene scoperto il cadavere decomposto di Andy che si contorce in una fossa poco profonda sotto una lapide su cui aveva graffiato il proprio nome e le date della sua nascita e morte, maledicendo la vita. Christine singhiozza mentre cerca di coprire il corpo sfatto col terriccio. La macchina esplode e lei viene lasciata al suo dolore dagli agenti esausti, mentre tutto sparisce nelle Tenebre. 
 
Citazioni: 
 
"Si sta bene dai Morti..." 
(Andy)
 

Recensione:
Angoscia mortale che pervade ogni atomo dell'Universo dannato. Tenebra assoluta. Non si scorge nemmeno il barlume di una remota speranza. Ogni particella di luce immersa nell'Abisso, è destinata a sfaldarsi e a perdersi per sempre. È quanto si avvicina di più al concetto di Inferno. I gironi descritti da Dante Alighieri al confronto sono ameni luoghi di socializzazione, dove non si è mai davvero soli. Quando una pellicola è in grado di trasmettere questi sentimenti, significa che è un capolavoro!
La carriera di Bob Clark ha seguito uno sviluppo piuttosto anomalo. Dopo aver diretto in tutto tre film horror, che costituiscono una sorta di trilogia, ha abbandonato il genere. E'  del 1972 L'assedio dei morti viventi (Children Shouldn't Play with Dead Things); dopo La morte dietro la porta, l'ultimo film horror del regista è Black Christmas (Un Natale rosso sangue) (Black Christmas, 1974). Si fa fatica a credere che la stessa persona abbia diretto la commedia sexy Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni! (Porky's, 1981) e i relativi sequel. 

Andy il Vurdalak
 
Più che uno zombie, Andy è un particolare tipo di vampiro: è un vurdalak a tutti gli effetti. Già nel 1836 Aleksandr Sergeevič Puškin (1799 - 1837) aveva scritto una breve poesia intitolata Vurdalak (вурдалак). A rendere noto al grande pubblico questo tipo di creature infernali, è stato lo scrittore russo Aleksej Konstantinovič Tolstoj (1817 - 1875), cugino di secondo grado del più noto Leo Nikolajevič Tolstoj (1828 - 1910).
Scrisse il racconto gotico-fantastico La famiglia del Vurdalak. Frammento inedito delle memorie di uno sconosciuto (La famille du vourdalak. Fragment inédit des mémoires d'un inconnu, 1839; titolo russo: Семья вурдалака, Sem'ja vurdalaka). Il vurdalak è un vampiro che ritorna alla sua famiglia d'origine, mordendo i propri cari e trasmettendo loro la propria condizione, poco invidiabile. La trama del racconto non somiglia a quella del film di Bob Clark, ma ci sono alcuni importanti elementi in comune. Facciamo ora un rapidissimo confronto tra le due storie. 

La famiglia del Vurdalak:
Il contagio vampirico inizia con l'anziano combattente Gorcha, un partigiano serbo che lottava contro i Turchi, tra gli impervi Balcani. Tornato a casa di notte, dà subito segni di stranezza, rifiutando una tazza di acquavite con uvette, di cui in precedenza (da vivo) era ghiottissimo. 

La morte dietro la porta: 
Il giovane Andy è un soldato impegnato nella guerra in Vietnam, che lotta contro i Vietcong. Tornato a casa di notte, dà subito segni di stranezza, rifiutando di mangiare ed essendo completamente privo di sonno. 

Esistono tuttavia differenze altrettanto importanti. 
 
La famiglia del Vurdalak: 
Nel racconto di Tolstoj, il redivivo Gorcha trasforma tutta la sua famiglia in esseri a lui simili. Chiunque viene morso da un vurdalak, è destinato a risorgere.
 
La morte dietro la porta: 
Nel film di Clark, il redivivo Andy non è contagioso: morde per uccidere, predando soltanto estranei, che muoiono dissanguati e non risorgono. Non attacca i suoi cari. In altre parole, è un vurdalak incapace di contagiare e di creare altri vurdalak
 
Il fondamento comune è questa conoscenza scomoda: la guerra genera morti viventi!  

Fisiologia vampiresca e simbologia

Si nota un'incoerenza soltanto apparente: Andy per nutrirsi del sangue delle vittime uccise, ha bisogno di una siringa con cui praticarsi l'iniezione in endovena. La cosa di per sé sarebbe assurda, dato che il ragazzo redivivo non ha il polso né il battito del cuore - come appurato da un'approfondita visita medica. Il regista voleva alludere alla devastante diffusione dell'eroina tra le truppe americane che combattevano in Vietnam. Il fenomeno raggiunse proporzioni tali da costituire una seria minacca alla coesione sociale, tanto che il Presidente Nixon fu costretto a farvi fronte introducendo larvati programmi di disintossicazione. Questo film e il suo tema principale possono, in molti modi, essere visti come un primo riflesso della consapevolezza popolare dell'effetto del trauma del combattimento sui soldati che la guerra del Vietnam ha contribuito a portare alla luce. Ad esempio, gran parte dei sintomi di Andy e dei suoi comportamenti violenti improvvisi scatenati dal rivivere esperienze traumatiche, sarebbero stati successivamente associati alla malattia mentale nota come disturbo da stress post-traumatico (PTSD), in precedenza noto come "shock da guscio" e definito dall'American Psychiatric Association nella terza edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (1980). In Italia queste brutte cose erano già note da tempo: la Grande Guerra (1915 - 1918) aveva causato la rovina di moltissime menti sensibili. I reduci che presentavano problemi mentali gravi furono maltollerati, accusati di simulazione e addirittura di codardia, finendo con l'essere ingiustamente chiamati "scemi di guerra"
 
Morte di un cagnolino 
 
Spesso gli animali riescono a comprendere a pelle cose che sfuggono anche alle menti più eccelse. Così il cane della famiglia ha subito riconosciuto nel ragazzo qualcosa di estraneo alla vita. La reazione alla presenza di un essere spettrale è stata quindi la sola possibile: mettersi ad abbaiare per avvisare del pericolo. Il vurdalak, che  conserva intatta la sua razionalità e parte delle facoltà superiori dell'essere umano (gli manca giusto l'empatia), reagisce all'ostilità del cane afferrandolo per il collo e soffocandolo. Perché questa reazione? Per un istinto di sopravvivenza, il vurdalak sa bene che deve nascondere la propria natura alla sua famiglia: nessuno deve sospettare la sua vera natura di predatore. Oggi questa scena del cane soffocato non potrebbe più essere girata, pur nella garanzia che nessun animale ha subìto maltrattamenti durante la produzione del film. C'è stata una sostanziale limitazione di ciò che può essere mostrato sugli schermi. Alle masse la cosa sembra non importare, non si colgono segni di ribellione alla tirannia del politically correct. Si parte da questo presupposto: fa schifo vedere un animale mantrattato e ucciso, così ben venga che sia vietato mostrarlo. Ok, siamo d'accordo sul fatto che faccia schifo, ma la tirannia non si ferma mai a una singola cosa censurabile, si estende sempre di più e presto non si potrà mostrare più nulla, nemmeno il sorriso di una donna. Lo spettatore non può essere coccolato, non può essere tenuto nella bambagia nel timore che si spappoli come un bruco al minimo contatto. Il cinema deve urtare la sensibilità dello spettatore. Se non lo fa, significa che ha fallito.

 
Il vurdalak e la madre angosciante  
 
Il regista riesce a rappresentare in modo magistrale il più incubico e raccapricciante di tutti i personaggi: la madre iperprotettiva, isterica, che genera angoscia assoluta! Un essere che non lascia respiro, convinta che il figlio sia una parte del proprio corpo e che non possa avere nemmeno un movimento di propria volontà. Questo è ciò che più mi ha raggelato vedendo il film. Non la guerra in Vietnam, non la vampirizzazione di Andy e nemmeno le sue opere predatorie. Alla fine, pur di sfuggire alla madre e agli orrori dell'esistenza da lei incarnati, il vurdalak trova rifugio proprio nel luogo da cui non avrebbe mai dovuto essere tratto! Urla tutto il dolore con le terribili parole: "Mamma, mamma! Perché hai voluto che vivessi?" Spira, il capo riverso nel terriccio molle. Nemmeno il vampirismo può nulla contro l'asfissia causata dalla famiglia! 

La spiegazione ultima 

Oltre ad essere insopportabile, la madre di Andy era una strega fatta e finita. Alla fine delle sequenze del film di Clark, si capisce che la donna ha utilizzato un incantesimo per far ritornare l'amatissimo figlio dalle Ombre dell'Ade.  
 
Etimologia di vurdalak  
 
La parola russa вурдалак vurdalak, traducibile con "vampiro" o "licantropo", è un'alterazione di un più comprensibile волколак volkolak, derivato a sua volta da волк volk "lupo" e da un elemento fossilizzato -лак -lak, il cui significato originario era "pelle" - corrispondente al serbo dlaka "pelliccia". L'alterazione da volkolak a vurdalak è dovuta a un complesso insieme di dissimilazioni e assimilazioni a partire dalla protoforma slava *vlŭkodlakŭ, con il gruppo consonantico -lk- mutato in -rk- e poi in -rd- a causa della presenza di -dl- e di -k- nella seconda parte della parola. Credo che queste irregolarità siano state favorite dal tabù linguistico, un meccanismo psicologico che rende difficile e disagevole menzionare realtà temute perché considerate demoniache. Trovo interessante notare che volkolak è la traduzione letterale del norreno ulfheðinn "tipo di berserk vestito di pelli di lupo".  

Etimologia del cognome Ormsby 

I tipici cognomi inglesi terminanti in -by sono di origine locativa e norrena. In norreno býr (varianti: bǿr, bœr) significa "fattoria", "stanziamento", "città". In particolare, il bizzarro cognome dello sceneggiatore, Ormsby (non Ornsby come alcuni erroneamente riportano), deriva dal norreno ormr "serpente". Alla lettera, significa "Fattoria del Serpente" o "Città del Serpente".

Il finale originale 

Il film originariamente terminava con Christine Brooks inginocchiata sulla tomba improvvisata nel cimitero di Brooksville dopo che Andy vi si era seppellito ed era morto, questa volta per sempre. Poi la donna guardava i poliziotti che erano arrivati ​​lì e diceva "Andy è a casa. Alcuni ragazzi non tornano mai a casa". Sebbene la scena sia stata girata, successivamente ha subito modifiche sostanziali in modo che il film potesse avere un finale più veloce. Cosa bizzarra, nella Wikipedia in inglese questo finale è ritenuto quello vero. L'errore si è propagato anche nella Wikipedia in italiano. Si spera che queste inconsistenze siano presto corrette.  
 

Curiosità 

Per la scena di apertura del film in Vietnam, è stato girato un filmato aggiuntivo di Andy traumatizzato che cammina nella giungla in mezzo alla sanguinosa carneficina. Il filmato è stato tagliato per dare alla storia un inizio più rapido. Avrebbe dovuto esserci anche una scena simile più avanti, in cui Andy cammina per le strade di notte e incontra un veterano cieco seduto sotto un portico. Anche questa sequenza è stata tagliata per ragioni di tempo. 

In un primo tempo, Christopher Walken fu considerato per il ruolo di Andy. Lo spettrale Richard Backus è stato scelto perché era in grado di creare uno sguardo silenzioso di intenso odio per l'agente del casting. L'espressione inquietante del viso di Backus è entrata spesso in gioco.

Nella scena finale del film nel cimitero di Brooksville, sopra la spalla di Andy si vede una lapide con il nome Daily. La stessa lapide appare in un altro film horror diretto da Bob Clark, L'assedio dei morti viventi (1972). Secondo la lapide graffita nel cimitero di Brooksville, Andy Brooks aveva 21 anni al momento della sua morte nel 1972. 

Il film elencato nella metà inferiore del doppio lungometraggio al drive-in,
The Spacenauts, è fittizio. In altre parole, è un pseudofilm. 
 
C'è stato un incidente durante la scena culminante dell'inseguimento in macchina. Mentre Richard Backus e uno stuntman sfrecciavano per le strade, l'incendio appiccato nella parte posteriore dell'auto è andato fuori controllo ed è stato risucchiato sul sedile posteriore dell'auto in corsa. Fortunatamente, c'era uno scudo di plexiglas che divideva il sedile posteriore dalla parte anteriore dell'auto dove erano seduti gli artisti. Ciò spaventò Backus, che dovette sporgere la testa fuori dalla finestra per evitare di inalare il fumo. Con grande sgomento dell'attore, il regista Bob Clark voleva che la scena fosse girata nuovamente con meno fuoco.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web
 
Molto meritoria è la recensione del film pubblicata su Nocturno.it, scritta da Simone Bisantino. Questo è il link: 


Qualche intervento interessante si trova sul sito Davinotti.com. Ne riporto giusto un paio, rimandando alla pagina d'origine per approfondimenti.   
 

L'utente Caesars ha scritto: 

"Il soldato zombi protagonista di questo film si discosta in modo considerevole dai morti viventi creati da Romero qualche anno prima, però le due pellicole sono accomunate dalla critica sociale, neanche molto velata dalla coltre horror. Clark realizza un'opera non eccezionale ma sicuramente ben strutturata e inquietante, con alcuni momenti di tensione realizzati senza "effettacci" ma con risultati più che validi. Il regista mostra di possedere buone qualità, che confermerà anche nel successivo Black Christmas." 
 
L'utente Nicolas81 ha scritto: 

"Clark utilizza il genere horror per denunciare l'assurdità del conflitto in Vietnam e il problematico reinserimento dei reduci (il soldato che ritorna trasformato in zombi è una metafora del disagio psichico e della dipendenza dalle droghe). L'idea è sicuramente buona, la sua realizzazione non sempre, a causa di una certa ripetitività accusata da una sceneggiatura che invece avrebbe dovuto azzardare qualche spiegazione in più. L'atmosfera macabra però è ben resa, e il finale, teso e struggente, colpisce decisamente nel segno. Ben dosati gli effetti speciali, buona la prova del cast."

mercoledì 15 settembre 2021

ETIMOLOGIA LONGOBARDA DI GUITTO E DELL'ANTROPONIMO GUITTONE

Negli anni della mia gioventù, ero convinto che la parola guitto fosse derivata dalla stessa radice germanica dell'inglese wit "detto sagace", "motto di spirito". Nonostante la sua grande bellezza, questa ipotesi si rivelò presto del tutto fallace. In estrema sintesi, i fatti sono questi:
 
1) Se ammettiamo l'etimo di cui sopra, la parola non può essere genuinamente longobarda, dato che manca della Seconda Rotazione Consonantica, che l'avrebbe resa *guizzo
2) Il termine "guitto" non aveva un tempo il suo significato attuale di "attorucolo": indicava piuttosto il vagabondo, inteso come "individuo inutile e sudicio". In toscano la parola è tuttora usata come aggettivo col significato di "meschino, misero, povero" e anche di "avaro, gretto", "squallido"
 
Vediamo ora di ingegnarci a chiarire l'origine della parola in esame, combattendo contro difficoltà di ogni genere pur di tirarla fuori dal pantano etimologico in cui sembra sprofondata. 
 
I guitti, cittadini di Guittalemme

Chi si ricorda di Erminio Macario? Certamente tra i Millennials, e ancor più tra la Z Generation, nessuno ha la benché minima idea dell'esistenza di questo personaggio, che iniziò la sua carriera come "comico grottesco". Ricordo che in un documentario, visto molti anni fa, si parlava della formazione giovanile di Macario a Guittalemme. Il toponimo Guittalemme stava a indicare una fantomatica città popolata dai guitti, forse addirittura il luogo d'origine di tutti i guitti. La formazione del toponimo immaginario è ben chiara: la radice è la parola guitto "attore vagabondo", mentre il suffissoide -lemme, interpretato popolarmente come "città", è stato estratto dai toponimi di origine ebraica Gerusalemme e Betlemme. Ovviamente si tratta di un procedimento abusivo e infondato, la cui causa è l'ignoranza della lingua ebraica. Infatti Gerusalemme è da יְרוּשָׁלַיִם Yerushalayim, tradizionalmente interpretato come "Fondazione di Pace", nonostante -ayim abbia l'aspetto di un suffisso duale fossilizzato; invece Betlemme è da בֵּית לֶחֶם Beth Lechem "Casa del Pane" (לֶחֶם lechem significa "pane"). Nel documentario su Macario si parlava delle "guittate", trovate da attorucoli privi di mezzi. Due esempi di guittate: salire sul palco con residui del trucco dello spettacolo precedente; simulare il passaggio dei soldati pestando ritmicamente dei manici di scopa sul pavimento dietro un tendone, da cui emergeva solo la paglia delle ramazze, che dovevano far venire in mente agli spettatori una fila di copricapi militari. Riporto a pubblica edificazione questi frammenti di memorie di un mondo perduto.
 
Alcune etimologie tradizionali 

Ipotesi catalana: 
Il Michaelis, citato nel Dizionario Etimologico Online, propone l'origine della parola guitto dall'aragonese e catalano guit, guito "cattivo, sfrenato, indocile", che a quanto pare sarebbe stato detto soprattutto dei muli - quegli equini caparbi, dotati di smisurato priapo e scorreggioni, che in preda a crisi convulsive tirano calci a destra e a manca. Così una mula guita significa "una mula recalcitrante". Il Diccionari de la llengua catalana glossa guit con "Que acostuma a tirar guitzes", ossia "che è solito tirare calci". In aragonese e in catanano, dalla stessa radice sarebbe derivato anche guiton "vagabondo, ozioso, mendico". Per quanto riguarda l'origine ultima, nel Dizionario Etimologico Online è indicato il basco gaitz "cattivo", cosa impossibile già soltanto per motivi di fonetica. Altre proposte etimologiche riportate in quella fonte sono ancora più stravaganti e implausibili (gallese gwid "vizio"; latino vietus "floscio, marcescente").   


Si nota che il catalano guit, guito, è pronunciato con un'occlusiva velare semplice e senza -u-, e tale era anche in epoca medievale, tanto che in italiano sarebbe stato adattato come *ghitto. In spagnolo esiste una variante güito "indocile" (detto di animale), pronunciato /'gwito/. Tuttavia proprio questa peculiarità fonetica della parola spagnola fa pensare che si tratti piuttosto di un prestito dall'italiano. Tutte le forme citate, aragonesi, spagnole e catalane, sono a parer mio prestiti dall'italiano guitto: il flusso è proprio l'inverso di quello descritto dai romanisti. 

Ipotesi olandese: 
Il Vocabolario Treccani sostiene l'origine della parola guitto dall'olandese guit "briccone, furfante". Com'è costume dei romanisti, nessuno sembra preoccuparsi minimamente di fornire una traccia etimologica in grado di spiegare la voce olandese.


Si deve ricorrere a fonti più aggiornate e decenti. Nel Wiktionary in inglese, si trova quanto segue: guit deriva dal medio olandese guyte, di origine incerta e probabilmente connesso con ghoiten "rimproverare" e con guiten, guten "prendere in giro, schernire". Possibili paralleli in altre lingue germaniche sono: norreno gauta "parlare molto" e antico alto tedesco gauzen "insultare con un nomignolo". Un problema di non poco conto è la pronuncia stessa della parola olandese, che ha un dittongo discendente /œy/, con l'accento sulla prima vocale: /γœyt/. Il dittongo era discendente anche in epoca medievale, per sua derivazione da un dittongo protogermanico. I romanisti hanno dato per scontato che la pronuncia fosse */gwit/, con un dittongo ascendente. In pratica, hanno ciccato! La parola del medio olandese non avrebbe mai potuto dare guitto in toscano. 


Per quanto riguarda la semantica, la somiglianza è abbastanza notevole, ma questo conta assai poco. Che una provenienza olandese della parola fosse abbastanza improbabile, è facile da capire.

L'antroponimo Guittone 
 
Nel XIII secolo esisteva in Toscana l'antroponimo Guittone, chiaramente derivato da guitto. Ci è ben noto Guittone d'Arezzo (Santa Firmina, 1230/1235 - Firenze, 1294). Aveva moglie e figli ed era libidinosissimo, poi ebbe una crisi religiosa e divenne un fratacchione... gaudente! Di lui si ricorderà certamente la poesia immortale "Stavasi un eremita in Poggibonsi"... 😀 Il nomen omen è una realtà!
 
La vera etimologia 
 
Si deve evitare il marasma, visto che in questo caso specifico esiste modo di farlo. Presento dunque la sorgente etimologica a cui bisogna fare riferimento. 
 
Proto-germanico:  *wiχtiz "essenza, essere; cosa, creatura" (genere: femminile). 

Singolare 

nominativo: *wiχtiz 
genitivo: *wiχtīz 
dativo: *wiχtī
accusativo: *wiχtin 
vocativo: *wiχti 
strumentale: *wiχtī
 
Plurale
 
nominativo: *wiχtīz
genitivo: *wiχtijōn
dativo: *wiχtimaz
accusativo: *wiχtinz 
vocativo: *wiχtīz
strumentale: *wiχtimiz

Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche): 

Gotico: waihts "cosa"
Norreno: véttr, vætr "creatura, specie di gnomo"
Antico inglese: wiht, uht "cosa" 
  Medio inglese: wight "creatura, cosa; persona; mostro; 
     piccola quantità" (pl. wightes
  Inglese moderno: wight "creatura, entità", whit "piccola 
    quantità" 
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza"
  Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
      ragazza"  
   Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza"
Antico sassone: wiht (f.) "creatura, cosa; persona"
Antico alto tedesco: wiht "creatura; cosa"
  Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa" 
  Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano"
 
Esiste anche una variante i cui esiti non sono sempre facili da distinguere, specialmente nelle lingue moderne. Eccola: 
 
Proto-germanico *wiχtan "cosa; creatura" (genere: neutro).  

Singolare 

nominativo: *wiχtan
genitivo: *wiχtas, *wiχtis  
dativo: *wiχtai
accusativo: *wiχtan
vocativo: *wiχtan  
strumentale: *wiχtō
 
Plurale
 
nominativo: *wiχtō
genitivo: *wiχtōn
dativo: *wiχtamaz
accusativo: *wiχtō 
vocativo: *wiχtō
strumentale: *wiχtamiz
 
Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche): 
 
Gotico: ni waiht "nulla" 
Antico inglese: wiht "creatura, cosa";
     āwiht "qualcosa";
     nāwiht, nōwiht "niente"
  Medio inglese: wight "creatura, cosa, persona; mostro; 
     piccola quantità" (pl. wighten);  
     ought "qualcosa";
     naht, noht, noght, naght, naught "niente"
  Inglese moderno: wight "creatura, entità";
     nought
, naught "niente", not "non"
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza"; 
      niewiht, nuwieht, niuweht "niente" 
  Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
      ragazza"; 
      niwet, nit, niet "niente"  
   Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza";
      niet "non", "no"
Antico sassone: wiht (n.) "creatura, cosa, persona"; 
     neowiht, niowiht, nieht "niente"  
   Medio basso tedesco: wicht, wucht (n.) "cosa"
Antico alto tedesco: wiht (m., n.) "creatura; cosa";
      niowiht "non"
  Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa"; 
     niuweht, nieweht, niht, nit "niente, nessuno; non"
  Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano";
      nicht "non"
 
A questo punto è chiarissima l'origine longobarda di guitto e di Guittone
 
Longobardo ricostruito: 
  GUICT "creatura, cosa"; "buono a nulla, vagabondo"; 
  NIGUECT, NEIGUECT, NAIGUECT "niente".
Il pronome indefinito ha lasciato importanti esiti in alcuni dialetti gallo-italici della Lombardia: milanese nigòtt "niente", brianzolo nigòtt, nagòtt "niente"; in bergamasco ho sentito vergòt, ergòt "qualcosa". 
 
Non ho dubbi sul fatto che il catalano guit provenga da una forma germanica, la stessa che troviamo nell'antico alto tedesco wiht. Si potrebbe pensare che l'origine sia nella lingua dei Franchi. Tuttavia si nota che non risulta un esito di questa radice passato al francese o al provenzale. Potrei sbagliarmi, ma se esistesse, i romanisti lo avrebbero già usato come fonte etimologica. Non credo che i Franchi avessero potere in Catalogna. Non può trattarsi di una parola del germanico orientale a causa del vocalismo. Resta un'unica soluzione: è provenuta dall'Italia. 
 
Conclusioni 
 
Con questo contributo ho fatto chiarezza su alcuni punti controversi. 
 
1) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dall'olandese guit
2) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dal catalano guit, essendo vero il contrario. 
3)  Ho enunciato l'origine longobarda dell'italiano guitto e dell'antroponimo Guittone.

mercoledì 18 agosto 2021

ORIGINE ED ETIMOLOGIA DI GAMBRINUS

 
Nella cultura popolare, l'invenzione della birra è attribuita a un leggendario Re delle Fiandre. Il suo nome è Gambrinus, con la variante meno comune Cambrinus. A lui sono stati intitolati innumerevoli locali in molte nazioni. Solo per fare un esempio, notissimo è il Caffè Gambrinus a Napoli. Esiste persino una famosa lega calcistica cèca, la Gambrinus liga. Nell'iconografia tradizionale, il sovrano è ritratto come un uomo robusto e biondiccio, incoronato, con barba e capelli intonsi come i Merovingi, seduto su un grande barile. In mano regge un capiente boccale pieno della bevanda spumeggiante. Alcuni lo chiamano anche il Bacco della birra. Sorge una domanda che esige una risposta. Chi era veramente Gambrinus? Qual è l'origine genuina del suo stranissimo nome?  
 
Bisognerà passare in rassegna le etimologie finora proposte. Alcune sono evidentemente false etimologie, partorite non soltanto dall'ignoranza popolare, ma anche dalle contorsioni mentali di parrucconi accademici privi di mezzi filologici, dediti al culto di assonanze peraltro vaghe. Altre possono contenere qualche elemento interessante, anche se non mi sembrano comunque convincenti. 
 
1) Dal latino cambarus "cellerario, addetto alle cantine";
2) Dal latino ganeae birrinus "colui che beve in una taverna"; 
3) Dal celtico camba "pentola per la preparazione della birra" 
4) Corruzione di Jan Primus "Giovanni Primo", con possibile allusione a due nobili: 
    i) Duca Giovanni I di Brabante; 
    ii) Duca Giovanni Senza Paura di Borgogna. 
5) Derivato da Gambrinus, nome del coppiere di Carlo Magno (o di uno dei coppieri), secondo un mito; 
6) Derivato dal nome pannonico della birra, tramandato in latino come camum
7) Distorsione di Gambrivius, nome di un antico sovrano delle Fiandre; 
8) Dal nome della città francese di Cambrai (latino Camaracum, di origine gallica), di cui sarebbe stato il fondatore; 
9) Dal nome della città sassone di Amburgo (tedesco Hamburg, antico sassone Hammaburg), di cui sarebbe stato il fondatore; 
10) Dall'antico alto tedesco gambra "germinazione del grano".

Discussione dell'etimologia 1) 

Non sono riuscito a reperire alcuna attestazione del vocabolo cambarus riportato da decine di siti Web con la glossa "cellerario, addetto alle cantine". Non è chiaramente una parola latina classica. Non se ne trova alcuna menzione nel ricchissimo Glossarium mediæ et infimæ latinitatis di Du Cange et alteri, che ha soltanto CAMBARIUS "brasiator, potifex, seu cerevisiæ confector" ("produttore di birra"): si rimanda quindi all'etimologia 3). Ovviamente si trova il quasi omofono GAMBARUS "cancer, astacus" (ossia "granchio, astice"), che non ha alcuna attinenza con l'oggetto della nostra ricerca. 
 

 
Discussione dell'etimologia 2) 
 
Il vocabolo ganea "taverna" è ben attestato già in epoca classica e nessuno può dubitare della sua reale esistenza. Per contro, il vocabolo birrinus, che dovrebbe significare "bevitore", presenta più di un problema. Non sembra attestato: centinaia di siti del Web riportano in modo acritico soltanto la glossa  di ganeae birrinus come "colui che beve in una taverna" o "bevitore di taverna" (in inglese "a drinker in a tavern" o "tavern drinker", in tedesco "einer Schenke Trinkende"), senza specificare l'eventuale fonte ultima della locuzione. Questo birrinus potrebbe essere una forma medievale derivata dalla contrazione di *biberinus, possibilmente da un aggettivo coniato a partire da bibere "bere" o da biber "bevanda". Esiste un santo di nome Birrino (latino Sanctus Birrinus), che però ha una chiara etimologia celtica (cfr. gallese byrr "corto") e non ha alcuna relazione con la birra o col ganeae birrinus: è ricordato principalmente par aver convertito Re Cynegisil dei Sassoni Occidentali.  

Discussione dell'etimologia 3)

Una parola celtica camba col significato di "pentola per la preparazione della birra" deve essere esistita, essendo attestata nel latino tardo delle Gallie come elemento di sostrato/adstrato. Abbiamo un'ulteriore glossa di camba: "Brassiatorum officina, seu locus, ubi cerevisia coquitur et conficitur, quem vulgo brasseriam, vel braxatoriam nuncupamus", da cui l'antico francese cambe "birrificio". Ancora oggi nella Francia settentrionale e nei Paesi Bassi è chiamato cam il sostegno del calderone in cui viene fatto bollire il mosto di birra. La parola camba in gallico aveva il significato primario di "curva" o "cosa curva", dall'aggettivo cambo- "curvo": per via di una semantica gergale, questo vocabolo deve essere stato usato per indicare un recipiente per la birrificazione, dalla forma caratteristica, quindi per estensione il luogo stesso della produzione di birra. Tutto ciò è molto logico. Quello che è meno logico è passare da camba a Gambrinus. Procediamo con ordine. Da camba, in latino volgare si formò il sostantivo cambarius "produttore di birra", con il tipico suffisso -ārius, che ha una vocale lunga. Da cambarius, evolutosi in camberius, nel francese settentrionale è derivato cambier "birraio". Si capisce subito che è una tipica forma settentrionale per via della mancata palatalizzazione della consonante iniziale. Per arrivare al nome del Re della Birra, servirebbero i seguenti passaggi: l'applicazione di un suffisso -in-, la caduta della vocale mediana, la produzione del nesso -mbr- e la sonorizzazione di /k/ iniziale in /g/. Tutto ciò pare abbastanza implausibile, anche se non impossibile. 
Trovo molto interessanti due derivati di camba attestati in latino volgare: 
1) cambagium "tributum quod dominis exsolvebant subditi pro coquenda cerevisia", ossia "tassa sulla produzione della birra", da cui è derivato in francese antico cambaige, cambage, gambage.
2) cambitor "cambarius, brasiator, confector cerevisiæ", ossia "produttore di birra", da cui è derivato in francese antico cambgeur, cangeour.  
 
 
 

Discussione dell'etimologia 4)

L'idea stessa che Gambrinus possa derivare da Jan Primus "Giovanni Primo" è ridicola. Non si può pensare che una consonante occlusiva /g/ si sia potuta formare in un simile contesto. Purtroppo questa deprecabile etimologia popolare è quella che ha riscosso più successo, a dispetto della sua palese assurdità. Gli stessi birrai moderni la vedono con particolare favore, sia in Germania che in Francia, pur essendo rivali.
 
Discussione dell'etimologia 5) 
 
Carlo Magno era un avidissimo divoratore di arrosti, tuttavia in fatto di bevande inebrianti era molto parco. Non era astemio, ma per l'epoca era particolamente moderato: non beveva più di tre calici di vino ad ogni banchetto. Aborriva l'ubriachezza e non amava vedere altri in quello stato, al punto che emanò leggi che vietavano la tipica costumanza franca di fare libagioni per la salute eterna dei morti. Un'altra legge, molto moderna nei concetti, si occupava di igiene nella produzione dei cibi e delle bevande, vietando ad esempio di pigiare l'uva coi piedi e di conservare il vino in otri di pelle. Non sembra che il sovrano amasse particolarmente la birra, anche se sotto il suo regno i birrifici furono incentivati. Certo, questo non implica che non avesse un coppiere che servisse anche la birra, tuttavia l'attribuzione di Gambrinus alla corte carolingia non ha alcun fondamento storico. Si tratta dell'associazione di elementi mitologici a un personaggio reale, come del resto è accaduto con il fabbro Weland (Galan). Conosciuto in norreno come Vǫlundr, è protagonista di narrazioni tipiche del mondo germanico. Proprio come Gambrinus, ha incrociato il suo destino con quello di Carlo Magno. Il punto è che questo processo mitopoietico, pur interessante, non chiarisce affatto l'etimologia dei nomi in questione.

Discussione dell'etimologia 6) 
 
Questa è la glossa di camum data da Du Cange: "Species potionis ex hordeo et aliis frugibus confectæ". Era una bevanda fatta con orzo e altri cereali, probabilmente a seconda della disponibilità del momento. Si potrebbe pensare a una derivazione di Gambrinus da questa radice cam- "birra" e dal protoceltico *ber- "portare", ma è a mio avviso poco plausibile. 
 

Discussione dell'etimologia 7) 
Gambrinus o Gambrivius?

La forma corretta dell'antroponimo potrebbe essere Gambrivius, nel qual caso Gambrinus sarebbe un errore di trascrizione: la lettera -n- avrebbe avuto origine dall'interpretazione fallace della legatura delle due lettere -v- e -i- ad opera di qualche copista. Posso dimostrare che non c'è bisogno di supporre un errore di questo genere: le due forme erano semplici varianti antiche dello stesso nome, di cui sussiste una documentazione inaspettata.  
 
 
Il mito di Re Gampar, figlio di Mers 
 
L'umanista bavarese Johann Georg Turmair, anche noto come Johannes Aventinus  (1477 - 1534). 
Nella sua opera Annales Boiorum, egli fornì un elenco di sovrani dei popoli germanici, che avrebbero regnato a partire dall'epoca appena successiva al Diluvio Universale, fino ad arrivare ai tempi di Giulio Cesare. La riportiamo con tanto di cronologia.  
 
Tuitsch (2214 a.C. - 2038 a.C.)
Mannus (1978 a.C. - 1906 a.C.)
Eingeb (1906 a.C. - 1870 a.C.)
Ausstaeb (1870 a.C. - 1820 a.C.)
Herman (1820 a.C. - 1757 a.C.)
Mers (1757 a.C. - 1711 a.C.)
Gampar (1711 a.C. - 1667 a.C.)
Schwab (1667 a.C. - 1621 a.C.)
Wandler (1621 a.C. - 1580 a.C.)
Deuto (1580 a.C. - 1553 a.C.)
Alman (1553 a.C. - 1489 a.C.)
Baier (1489 a.C. - 1429 a.C.)
Ingram (1429 a.C. - 1377 a.C.)
Adalger (1377 a.C. - 1328 a.C.)
Larein (1328 a.C. - 1277 a.C.)
Ylsing (1277 a.C. - 1224 a.C.)
Brenner I (1224 a.C. - 1186 a.C.)
Heccar (1186 a.C. - 1155 a.C.)
Frank (1155 a.C. - 1114 a.C.)
Wolfheim Siclinger (1114 a.C. - 1056 a.C.)
Kels I, Gal e Hillyr (1056 a.C. - 1006 a.C.)
Alber e altri 6 ignoti (1006 a.C. - 946 a.C.)
Walther, Panno e Schard (946 a.C. - 884 a.C.) 
Main, Öngel e Treibl (884 a.C. - 814 a.C.)
Myela, Laber e Penno (814 a.C. - 714 a.C.)
Venno e Helto (714 a.C. - 644 a.C.)
Mader (644 a.C. - 589 a.C.)
Brenner II e Koenman (589 a.C. - 479 a.C.)
Landein, Antör e Rögör (479 a.C. - 399 a.C.)
Brenner III (399 a.C. - 361 a.C.) 
Schirm e Brenner IV (361 a.C. - 263 a.C.) 
Thessel, Lauther e Euring
(279 a.C. - 194 a.C.)
Dieth I e Diethmer (194 a.C. - 172 a.C.)
Baermund e Synpol (172 a.C. - 127 a.C.)
Boiger, Kels II e Teutenbuecher (127 a.C. - 100 a.C.)
Scheirer (100 a.C. - 70 a.C.)
Ernst e Vocho (70 a.C. - 50 a.C.)
Pernpeist (50 a.C. - 40 a.C.)
Cotz, Dieth II e Creitschir (40 a.C. - 13 a.C.
 
Il Re Gampar (o Gambrivius), figlio di Mers (o Marsus), avrebbe regnato dal 1711 a.C. al 1667 a.C.: un regno lungo e prospero di oltre 40 anni. Cosa dire di questo materiale? Si capisce subito che è stato fabbricato. È però stato fabbricato con ingegno. Esiste qualche corrispondenza storica: Boiger è una distorsione di Boiorix, nome di un sovrano dei Cimbri; Teutenbuecher è una capricciosa distorsione di Teutobodo, nome di un capo dei Teutoni. Ariovisto è diventato Ernst. Molti nomi di sovrani sono eponimi: si riconosce all'istante in essi il nome di un popolo germanico. Così Mers è l'eponimo dei Marsi; Schwab è l'eponimo dei Suebi; Wendler è l'eponimo dei Vandali; Frank è l'eponimo dei Franchi; Baier è l'eponimo dei Baiuvari (Bavari). Sono integrate importanti informazioni fornite dagli Autori. In Tuitsch riconosciamo subito il capostipite Tuisto menzionato da Tacito. In Mannus riconosciamo subito il figlio di Tuisto. I tre capostipiti delle nazioni germaniche sono menzionati come Eingeb (Ingaevones), Ausstaeb (Istaevones) e Herman (Herminones). Anche il nome Gampar segue la logica sopra illustrata: è l'eponimo dei Gambrini o Gambrivii.   
 
I Gambrini o Gambrivii 
 
Tacito ci parla di un'enigmatica popolazione che abitava nella Germania settentrionale, proprio nel territorio delle attuali Fiandre: i Gambrini, anche detti Gamabrini. Evidentemente Gamabrini è una forma più antica, che ha poi subìto la perdita della vocale mediana -a-. Si riporta questo nome anche un'altra variante: Gambrivii. A questo punto tutto torna alla perfezione. Così come i gloriosi Tencteri erano a tutti noti per la loro abilità di allevare cavalli di razza, allo stesso modo i Gambrini dovevano essere a tutti noti per aver elaborato un'ottima birra di malto, tanto da passare per inventori della bevanda. 
 
"Celebrant carminibus antiquis, quod unum apud illos memoriae et annalium genus est, Tuistonem deum terra editum. Ei filium Mannum, originem gentis conditoremque, Manno tris filios adsignant, e quorum nominibus proximi Oceano Ingaevones, medii Herminones, ceteri Istaevones vocentur. Quidam, ut in licentia vetustatis, pluris deo ortos plurisque gentis appellationes, Marsos Gambrivios Suebos Vandilios adfirmant, eaque vera et antiqua nomina; ceterum Germaniae vocabulum recens et nuper additum, quoniam qui primi Rhenum transgressi Gallos expulerint ac nunc Tungri, tunc Germani vocati sint: ita nationis nomen, non gentis, evaluisse paulatim, ut omnes primum a victore ob metum, mox et a se ipsis invento nomine Germani vocarentur." 
(Tacito, De origine et situ Germanorum, II) 

Traduzione: 

"In antichi carmi, che presso di loro è l'unico genere di memorizzazione e di tradizione storica, celebrano il dio Tuistone nato dalla terra. A lui assegnano il figlio Manno, origine e fondatore della popolazione, a Manno tre figli, dai cui nomi i più vicini all'Oceano sono chiamati Ingevoni, quelli intermedi Ermioni, gli altri Istevoni. Alcuni, come capita nella libertà di chi racconta cose antiche, affermano che nacquero più figli al dio e più nomi, Marsi, Gambrivii, Suebi, Vandilii, e che quelli sono i nomi veri e antichi; per il resto il nome della Germania è recente e aggiunto da poco, poiché quelli che, avendo oltrepassato il Reno per primi, cacciarono i Galli e ora (sono chiamati) Tungri, allora furono chiamati Germani: così un po' alla volta prevalse il nome di una popolazione, non della stirpe; sicché tutti venivano chiamati Germani in un primo momento dal vincitore per paura, poi anche da loro stessi una volta trovato il nome."
 
Discussione delle etimologie 8) e 9) 

Accanto alla denominazione latina (di origine gallica) di Cambrai, Camaracum, ne è registrata anche un'altra: Gambrivium
Accanto alla denominazione alto tedesca di Amburgo, Hammaburg, ne è registrata anche un'altra: Gambrivium
Non ho reperito i dettagli di questo toponimo e delle sue attestazioni, ma è edivente che sia derivato dal nome dei Gambrivii di cui parla Tacito. 
 
Discussione dell'etimologia 10)  
 
Questa deve essere l'antica radice del nome di Gambrinus

Protogermanico: *gambraz / *gamaβraz 
Antico alto tedesco: gambar, kambar  
Longobardo: Gambara (n. pers. f.)
Glossa latina: strenuus; sagax 
Traduzione: forte; coraggioso; potente; sagace
 
Derivati: 
 
Protogermanico: *gambrīn 
Antico alto tedesco: gambarī, gambrī
Traduzione: forza, vigore; potere, virtù 
 
Protogermanico: *gambrō 
Antico alto tedesco: gambra 
Traduzione: "germinazione del grano" 
   Significato originario: "forza, potere, virtù" 
 
Quest'ultimo esito non va confuso con l'omofono seguente: 
 
    Protogermanico: *gamb(r)ō(n
    Antico inglese: gombe 
    Antico sassone: gambra 
    Traduzione: "tributo" 
    Note: Prestito dal celtico: gallico cambio- "tributo". 

Esistono alcuni notevoli esiti in norreno, che mostrano uno slittamento semantico peggiorativo: 

Protogermanico: *gambran 
Norreno: gambr 
Traduzione: "discorso sfrenato", "vanteria" 
   Significato originario: "esibizione di forza" 

Protogermanico: *gambrōnan 
Norreno: gambra 
Traduzione: "parlare in modo sfrenato", "vantarsi" 
   Significato originario: "esibire la propria forza" 

Protogermanico: *gambrisaz 
Norreno: gambrs 
Traduzione: "tipo di uccello" 
Note: Non sono riuscito ad identificare la specie precisa di volatile designato con questo strano appellativo.
 
L'etimologia ultima della radice protogermanica è sconosciuta: deve essere un relitto del sostrato preindoeuropeo. 
 
Conclusioni 
 
L'identità di Gambrinus è a questo punto evidente. Egli è Wotan, l'inventore di tutte le Arti.