Visualizzazione post con etichetta lingua francese. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta lingua francese. Mostra tutti i post

domenica 3 settembre 2023

ANEDDOTICA DISTORTA IN EPOCA PRE-INTERNET: LE ORIGINI DEI MICHELETTI

I Micheletti erano un corpo di soldati spagnoli (secoli XVI-XVIII), menzionati nell'opera di Manzoni con cui si purgano gli studenti nelle suole italiane: I promessi sposi. Per l'esattezza, si trattava di truppe irregolari di mercenari reclutati in Catalogna, composte da fanti leggeri armati dapprima di archibugio e in seguito di moschetto. Il loro nome in spagnolo era Miqueletes o Migueletes, a sua volta derivato dal catalano Miquelets, corrispondente al valenciano Micalets


Ecco i brani manzoniani in cui vengono menzionati i Micheletti (ho evidenziato le occorrenze in grassetto): 

Promessi sposi, Capitolo XIII

A Pedro, nel passar tra quelle due file di micheletti, tra que’ moschetti così rispettosamente alzati, gli tornò in petto il cuore antico. Si riebbe affatto dallo sbalordimento, si rammentò chi era, e chi conduceva; e gridando: “ ohe! ohe! ” senz’aggiunta d’altre cerimonie, alla gente ormai rada abbastanza per poter esser trattata così, e sferzando i cavalli, fece loro prender la rincorsa verso il castello. 

Promessi sposi, Capitolo XVI 

C’era, proprio sul passo, un mucchio di gabellini, e, per rinforzo, anche de’ micheletti spagnoli; ma stavan tutti attenti verso il di fuori, per non lasciare entrar di quelli che, alla notizia d’una sommossa, v’accorrono, come i corvi al campo dove è stata data battaglia; di maniera che Renzo, con un’aria indifferente, con gli occhi bassi, e con un andare così tra il viandante e uno che vada a spasso, uscì, senza che nessuno gli dicesse nulla; ma il cuore di dentro faceva un gran battere. Vedendo a diritta una viottola, entrò in quella, per evitare la strada maestra; e camminò un pezzo prima di voltarsi neppure indietro. 

Promessi sposi, Capitolo XVI 

“ Ma, ” continuò il mercante, “ trovaron la strada chiusa con travi e con carri, e, dietro quella barricata, una bella fila di micheletti, con gli archibusi spianati, per riceverli come si meritavano. Quando videro questo bell’apparato... Cosa avreste fatto voi altri? ” 

“ Tornare indietro. ”

“ Sicuro; e così fecero. Ma vedete un poco se non era il demonio che li portava. Son lì sul Cordusio, vedon lì quel forno che fin da ieri, avevan voluto saccheggiare; e cosa si faceva in quella bottega? si distribuiva il pane agli avventori; c’era de’ cavalieri, e fior di cavalieri, a invigilare che tutto andasse bene; e costoro (avevano il diavolo addosso vi dico, e poi c’era chi gli aizzava), costoro, dentro come disperati; piglia tu, che piglio anch’io: in un batter d’occhio, cavalieri, fornai, avventori, pani, banco, panche, madie, casse, sacchi, frulloni, crusca, farina, pasta, tutto sottosopra. ”

“ E i micheletti? ” 

“ I micheletti avevan la casa del vicario da guardare: non si può cantare e portar la croce. Fu in un batter d’occhio, vi dico: piglia piglia; tutto ciò che c’era buono a qualcosa, fu preso. E poi torna in campo quel bel ritrovato di ieri, di portare il resto sulla piazza, e di farne una fiammata. E già cominciavano, i manigoldi, a tirar fuori roba; quando uno più manigoldo degli altri, indovinate un po’ con che bella proposta venne fuori. ” 

Fastidiose memorie scolastiche 

I tempi del liceo sono molto lontani, eppure ricordo ancora che in un'occasione il professore di italiano e di latino ci disse in tono pedantesco che i Micheletti traevano il loro nome dalla Valle di San Michele, nei Pirenei, dove erano tradizionalmente reclutati. L'atmosfera in classe era plumbea. Ascoltavamo avviliti queste spiegazioni, che ci venivano impartite in tono a dir poco molesto, al preciso scopo di mortificarci. Sembrava che il docente volesse rimarcare la nostra ignoranza e intendesse esprimere questi pensieri: "Brutte merde subumane, adesso vi insegno io i dettagli di ogni cosa, dall'alto della mia Sapienza. Non vi chiederò queste cose all'interrogazione: mi basta dimostrare la vostra natura di vermi". Spesso il tono di voce e il cosiddetto "linguaggio paraverbale" sottintendono interi mondi, per lo più ripugnanti. 
Mi immaginavo un vallone lunghissimo, ampio, pieno zeppo di gente piuttosto ottusa. Chissà come mai, mi ero messo in mente che questi valligiani fossero biondicci. A distanza di anni, volendo verificare quanto udito a scuola, mi sono dovuto rendere conto che questa fantomatica Valle di San Michele non è mai esistita. In altre parole, il dottissimo professore, che sapeva sempre tutto, ci aveva rifilato una fake news


Considerazioni etimologiche 

L'ipotesi più accreditata sull'etimologia del nome dei Micheletti lo fa derivare da quello del Capitano Miquelot de Prats (anche noto come Miguel de Prats o Miquel de Prades), un mercenario catalano che servì Cesare Borgia detto Il Valentino (1475 - 1507), il famoso generale-cardinale sfigurato dalla sifilide. Un altro mercenario al servizio dello stesso padrone era Michelotto Corella, che tra le altre cose strangolò Vitellozzo Vitelli; non è tuttavia plausibile che abbia dato il nome ai Micheletti, essendo più che altro un sicario prezzolato, tanto da essere noto come il Boia del Valentino. Si noterà che Cesare Borgia era Cavaliere dell'Ordine di San Michele, istituito nel castello di Amboise dal Re di Francia Luigi XI, in data 1 agosto 1469. Comunque la si metta, ci deve essere di mezzo un Michele! 
Si potrebbe pensare che il nome dei Micheletti derivi da quello dell'abbazia benedettina di San Michele di Cuxa, in catalano Sant Miquel de Cuixà (-x- si pronuncia come sc- in sci). Si consideri che un tempo era un monastero assai famoso. Si riesce a questo punto a ricostruire il percorso che ha portato il summenzionato docente del liceo a uscirsene con il mito della Valle di San Michele. Deve aver letto da qualche parte che in origine i Micheletti erano reclutati proprio nella zona di San Michele di Cuxa. All'origine dell'aneddoto ci sarebbe una distorsione operata dalla sua memoria, abituata a ricordare una mole immensa di informazioni senza mai verificarle con attenzione. Questo è un bias molto insidioso che può colpire chiunque!

Alcune note storiche

La Francia ha cercato a lungo di imitare i Micheletti, le cui capacità erano riconosciute e ammirate, soprattutto nella guerriglia in regioni montuose e difficili: sono state così formate numerose compagnie di Miquelets francesi, come quelle impiegate da Napoleone Bonaparte nel corso della guerra d'indipendenza spagnola, anche se con scarso successo. 
Il corpo dei Micheletti sopravvisse nelle Province Basche nel corso del XIX secolo e fu abolito soltanto nel 1877.

Uno slittamento semantico

I Micheletti in tempo di pace continuavano una tradizione già in auge tra i militari fin dall'epoca medievale: si procacciavano da vivere con il saccheggio ai danni dei civili. A causa di ciò, il termine "micheletto" venne presto ad essere considerato un sinonimo di "brigante". Perché i razziatori non venivano impiccati? Semplice: perché avevano una speciale licenza che permetteva loro di esercitare questo passatempo senza conseguenze legali, in attesa di rendersi necessari in caso di guerra! Nel 1642 ci fu un tentativo di sciogliere la milizia a causa della sua indisciplina, ma sul finire del secolo si formarono spontaneamente nuove compagnie di Micheletti per difendere la frontiera catalana nel corso della guerra contro la Francia.

I Micheletti e il celebre Michelaccio

In italiano è noto come Michelaccio chi vive senza lavorare, non dandosi pensiero di sorta. La locuzione più comune è "fare la vita di Michelaccio: mangiare, bere e andare a spasso". Anche in Spagna e in Francia esiste questo appellativo, anche se con altro suffisso: spagnolo miquelet(e)micalete, francese miquelet "vagabondo"; "brigante dei Pirenei". E ancora il nome dei soldati di cui stiamo parlando! Alcuni vogliono che fossero chiamati così i pellegrini che si recavano a Mont-Saint-Michel, perché considerati gaglioffi e perditempo, che vivevano scroccando pane e altro cibo. Ritengo invece più probabile che si trattasse dei Micheletti, con questo slittamento semantico:   

micheletto > bandito, razziatore > vagabondo > perditempo 

In Italia il suffisso è stato sostituito con il peggiorativo -accio, dando Michelaccio (variante Michelasso; veneto Michelazzo). A questo punto c'è da notare una bizzarria di non poco conto. Manzoni menziona Michelaccio nei Promessi sposi, senza rendersi conto che non è separabile nell'origine dal nome dei Micheletti! Ecco la citazione (il grassetto è mio): 

Promessi sposi, Capitolo XXIII:

Lui ricco, lui giovine, lui rispettato, lui corteggiato: gli dà noia il bene stare; e bisogna che vada accattando guai per sé e per gli altri. Potrebbe far l’arte di Michelaccio; no signore: vuol fare il mestiere di molestar le femmine: il più pazzo, il più ladro, il più arrabbiato mestiere di questo mondo; potrebbe andare in paradiso in carrozza, e vuol andare a casa del diavolo a piè zoppo.

Respingo senza dubbio la ridicola favola di Michele Panichi, fantomatico commerciante fiorentino ritiratosi dagli affari e diventato fannullone. L'avranno rifilata a Manzoni quando era intento a "sciacquare i panni in Arno"!

I cognomi Micheletti, Micheletto,
Michieletti, 
Michieletto 

Esistono alcune possibili cognominizzazioni del nome dei Micheletti. Sono cognomi facilmente riconoscibili, che possono almeno in parte essere derivati dall'integrazione dei mercenari catalani in territorio italiano. Sono questi: Micheletti, Micheletto, Michieletti, Michieletto. Riporto i link alle rispettive mappe di distribuzione: 




sabato 26 agosto 2023

UNA STRANA COPPIA DI OMOFONI: FORMENTO 'LIEVITO' E FORMENTO 'FRUMENTO'

No, non sto parlando di una coppia di omofobi. Sto parlando di due omofoni, cioè parole che hanno lo stesso suono ma significati diversi.

1) In toscano antico, formento significava "lievito" e aveva come sinonimo levame
L'origine è dal latino fermentum "lievito", "fermentazione". La radice è la stessa di ferveō (II sing. fervēs, perf. I sing. ferbuī, inf. fervēre) "bollire", "ribollire". 
Il passaggio della vocale -e- a -o- è dovuto alla presenza delle due consonanti f- e -m-, che ne hanno influenzato la pronuncia, conferendogli un'articolazione labiale.
2) In toscano antico, formento (variante: fromento) significava "frumento". Dante scriveva: "Grande vuole essere la scusa, quando a così nobile convito per le sue vivande, a così onorevole per li suoi convitati, si pone pane di biado, e non di formento" (Convivio, 97). 
Anche in lombardo e in veneto, formento significava "frumento", da cui è derivato il diffuso cognome Formenti; in Veneto si trova il suo diminutivo Formentin
Nel lombardo odierno si ha forment, pronunciato /fur'ment/, con derivati come formentón /furmen'tun/ "mais". 
L'origine è dal latino frūmentum "frumento, grano", a sua volta dal latino antico *frūgmentom. La radice è la stessa di frūx "raccolto" (genitivo frūgis) e di frūctus "frutto" (genitivo frūctūs) - in ultima analisi dal verbo fruor (II sing. frueris, perf. I sing. frūctus sum, inf. fruī) "godere di qualcosa". 
Ci sono stati due passaggi: la produzione di una variante *frŭmentum con vocale -u- breve, quindi la metatesi di *frŭmentum in *fŭrmentum.

L'omonimia tra il toscano formento "lievito" e formento "frumento" è fortuita e dovrebbe far riflettere. 
Nota: 
Oltre all'esito protoromanzo *formentu "lievito", in Liguria doveva esistere anche l'esito protoromanzo *vermentu. Infatti è chiaro che il nome del vino vermentino è un derivato di fermentu(m), con allusione al tipico gusto frizzante. La consonante iniziale f- è diventata sonora, v-. Così *fermentīnu(m) ha dato vermentin, passando come prestito dal genovese al sardo.  

La conseguenza di quanto esposto è sconcertante: in italiano le parole fermento e frumento sono derivate entrambe dalla trafila dotta anziché dalla genuina usura della pronuncia del volgo. In altre parole, siamo di fronte a due latinismi

Allotropi: 
fermento - †formento
frumento - †formento, †fromento


Latino: fermentum "lievito", "fermentazione"
 Romanzo insulare: 
   Sardo: fromentu, fermentu 
      (altre varianti: framentu, frammentu, frementu
      frommentu, frumentu, frummentu); 
      derivati: fermentarzu "pasta cruda del pane"        
 Italo-dalmatico: 
   Italiano antico: formento 
 Gallo-italico: 
   Romagnolo: forment 
 Ibero-romanzo:
   Spagnolo (dial., Salamanca): hermiento, jurmiento 
   Asturiano: formientu 
   Leonese: furmientu, fermientu 
   Galiziano: formento 
   Portoghese: formento


Latino: frūmentum "frumento, grano"
 Italo-dalmatico: 
   Italiano antico: formento, fromento 
   Dalmatico: furmiant 
 Reto-romanzo:
   Friulano: forment 
   Romancio: frument 
 Gallo-italico: 
   Lombardo: forment /fur'ment/ 
     Bergamasco: formét 
 Gallo-romanzo:
   Catalano: forment 
   Franco-provenzale: froment 
   Antico francese: froment, ferment, formant, forment
         froument, furment 
     Medio francese: froment, forment, fourment 
     Francese moderno: froment 
   Derivati: 
     1) Antico francese: fourmenté "porridge" 
       Medio francese: fromenté "porridge" 
     => Medio inglese: frumente "tipo di porridge" 
            Inglese moderno: frumenty "tipo di porridge" 
     2) => Ungherese: furmint "tipo di uva bianca" 
              (lett. "del colore del frumento")

giovedì 10 agosto 2023

ETIMOLOGIA DI RATAFIÀ

Il ratafià (varianti desuete: ratàfia, ratàffia) è un liquore ottenuto macerando in acquavite o alcol il succo parzialmente fermentato di frutti come le ciliegie. In Italia è attualmente prodotto in Valle d'Aosta, Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise. Un tempo era bevuto persino in Russia! La parola viene dal francese ratafia, termine creolo originatosi nelle Antille (ratafia, tafia). Sono convinto che sia molto utile indagare su come questa formazione sia avvenuta.  


Un'etimologia popolare: 
Moltissimi credono che la parola derivi dalla locuzione latina (ut) rata fiat "che sia confermato (l'accordo)"; si trova anche (ut) rata fiant "che siano confermati (gli accordi)", col verbo al plurale, quando rata è inteso come neutro plurale. Per capire se il verbo debba essere al singolare o al plurale, bisogna capire il sostantivo sottinteso: pax rata fiat "sia confermata la pace" (dove rata è riferito a pax); pacta rata fiant "siano confermati gli accordi", etc. Esistono numerose varianti della formula, ad esempio et sic rata fiant e via discorrendo. 

L'aggettivo ratus (femminle rata, neutro ratum) "valido", "confermato", "fissato", "stabilito", "esaudito", è il participio passato del verbo deponente reor "io penso", "io stabilisco", "io giudico" (presente II pers. reris; perfetto ratus sum; infinito reri). 
La vocale -a- di ratus è breve. La -e- di reris e di reri è lunga: rēris, .



La tradizione vuole che gli accordi si siglassero, dopo la stretta di mano, bevendo un bicchiere di questo liquore. In realtà non sono affatto sicuro che esista alcuna concreta attestazione di tale usanza: sembra una storiella costruita ad hoc per spiegare la parola. La persona che ha dato origine a questa spiegazione non doveva essere analfabeta, essendo presupposta qualche conoscenza del latino. Tuttavia rientra nell'ambito delle paretimologie o etimologie popolari. Questo è uno dei pochissimi casi in cui un'etimologia popolare è elegante e seducente: in genere si tratta di vere e proprie brutture. 

Un'etimologia implausibile: 
Nel sito www.etimo.it, molto antiquato, mi sono imbattuto in una pronuncia anomala, ratafía, con l'accento su /i/, con annesso il tentativo di ricondurre l'origine della parola alle Indie Orientali (anziché alle Indie Occidentali!). Così la sillaba iniziale ra- è ricondotta al malese ARACH o RAK "acquavite", a sua volta dall'arabo 'ARAQ "umore", "latte", mentre -tafia è analizzato come TÂFÎA "acquavite di canna" (che sarà un prestito giunto in Oriente dalle Indie Occidentali). Il dizionario online obsoleto si contraddice da sé: alla voce tafia si specifica che è il nome "col quale i selvaggi e i negri (sic) chiamano ciò che gli inglesi dicono 
« rhum », cioè la parte spiritosa che si estrae dalla schiuma e dai residui della canna da zucchero".
Link:
Un'etimologia plausibile:
Si presuppone una pronuncia creola e alterata del francese rectifié "rettificato", participio passato di rectifier "rettificare". In effetti il ratafià è proprio questo: una bevanda rettificata, ossia addizionata ad alcol allo scopo di renderla più forte. In buona sostanza, è proprio l'etimologia proposta dal Vocabolario Treccani
Link: 

martedì 11 luglio 2023

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: GLITTA 'FANGO'

In romancio esiste la parola glitta "fango" (variante litta; glossa tedesca: Schlamm, Schlick), che ha un parallelo nel lombardo litta /'lita/ "fango". Si trovano occorrenze di questo vocabolo a livello toponomastico: Orio Litta (provincia di Lodi), Casale Litta (provincia di Varese), Litta Parodi (provincia di Alessandria). L'origine è preromana e celtica. Questa è la protoforma ricostruibile, con i suoi discendenti e i passaggi tramite prestito:

Proto-celtico: *līgitā / *ligitā "fango", "mota" 
    => Basco lekeda "colla" 
Proto-celtico: *līgā / *ligā "fango" 
   Britannico: *ligā "limo, sedimento"
       Bretone antico: leh "limo", "sedimento" 
          Bretone moderno: lec'hi "fecce", "sedimenti" 
       Gallese: llai "limo", "sedimento" 
   Gallico: *ligā "sedimento"
       (=> francese lie, occitano lia)
Proto-celtico: *ligamo- "feccia"
    => Spagnolo (dal sostrato): légamo "feccia" 

Non esistono paralleli credibili in altri rami dell'indoeuropeo. Con ogni probabilità è una radice giunta in proto-celtico da un sostrato preindoeuropeo sconosciuto. Per cercare di determinare qualcosa, è necessario andare più in profondità. Scavando nello sconfinato database di Sergei Starostin (Università di Mosca), ho trovato qualcosa di interessante. Riporto qui nell'ortografia originale una ricostruzione boreana che potrebbe fare al caso nostro (V = vocale indeterminata, che non può essere ricostruita con precisione). 


Boreano: LVKV "sudiciume"
   Eurasiatico: *lVḳwV "liquido, sudiciume"
      Indoeuropeo: (?) *wleyəkw- "umido" 
          Tocario: lik- "lavare" 
          Baltico: *leĩkna- (e varianti) "acquitrino", "palude"
          Latino: liqueo, licuī, -ēre "fluire" (e derivati) 
          Celtico: *wlikwti-, *wlikwso-:
            Antico irlandese fliuch "umido", 
            Gallese gwlith "rugiada",
            Gallese gwlyb "umido", etc. 
      Altaico: *làku (~ -k'-) "sozzura, feccia"
      Uralico: *lika (?) "lavare" 
   Afroasiatico: *laḥaḳ / *laḥiḳ "creta"
      Semitico: *laḥaḳ- "creta" 
      Berbero: *laḳ- "creta"
      Beḍauye (Beja): likw "creta" 
    Sino-caucasico: *Láqū "ceneri", "sozzura" 
      Nord-caucasico: *laqū (~ ) "ceneri", "polvere"
      Sino-tibetano: [*rVk] "bruciare" 
      Burushaski: *qhalóhaŋ "ruggine"
    Proto-austrico: lujVk "fango"
      Proto-austroasiatico: luk "acquitrino", "fango",
      Proto-austronesiano *luyek "fango molle"

Mi convince poco, dal punto di vista semantico, l'accorpamento di protoforme che indicano qualcosa di umido, come "liquido" e "lavare", con quelle che indicano concetti collegati al fuoco, come "bruciare", "ceneri". 
Se alcune di queste ricostruzioni sono solide, si può vedere che una somiglianza del pre-celtico *līg- / *lig- con il proto-indoeuropeo esiste, sì, ma non è diretta. Non credo che il professor Guido Borghi sarebbe contento di sentire queste cose, convinto com'è dell'eternità e della natura assoluta del proto-indoeuropeo, rifulgente nella sua adamantina purezza come una monade priva di finestre. Non me ne curo: procedo per la mia strada seguendo il mio giudizio, come il Cavaliere dalla Triste Figura. 

lunedì 3 luglio 2023

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: DISCHÖL 'FOLLETTO', 'SPIRITO MALIGNO'

In romancio esiste la parola dischöl "folletto", "spirito maligno" (variante döschel; la grafia -sch- trascrive la fricativa /ʃ/, come in tedesco e come -sh- in inglese). L'origine è chiaramente celtica. 

Proto-celtico: *dus(s)ijos "spirito immondo" 
   Ricostruzioni alternative: *dūsijos, *doussijos
   Possibili esiti in gallico:
        *dusijos, *dūsijos, *duđđijos, *dūđđijos
        *douđđijos
Forma latinizzata: d
usios (acc. pl.) (1),(2)
Forma latinizzata diminutiva: *du(s)siolus 
Bretone: Diz "diavolo"
Cornico: Dus "diavolo" 

(1) Et quoniam creberrima fama est multique se expertos vel ab eis, qui experti essent, de quorum fide dubitandum non esset, audisse confirmant, Silvanos et Panes, quos vulgo incubos vocant, improbos saepe extitisse mulieribus et earum appetisse ad peregisse concubitum; et quosdam daemones, quos Dusios Galli nuncupant, adsidue hanc immunditiam et temptare et efficere, plures talesque adseverant, ut hoc negare impudentiae videatur. ("Ed è notizia assai diffusa e molti confermano di averlo sperimentato o di avere udito chi l'aveva sperimentato che i Silvani e i Fauni, i quali comunemente sono denominati "incubi", spesso sono stati sfacciati con le donne e che hanno bramato e compiuto l'accoppiamento con loro; che certi demoni, denominati "Dusii" dai Galli, continuamente tentano e compiono questa porcheria lo affermano parecchi e sono di tale prestigio che negarlo sembrerebbe mancanza di rispetto.") 
Sant'Agostino, De civitate Dei, XV, 23 

(2) Pilosi, qui Graece Panitae, Latine Incubi appellantur, sive Inui ab ineundo passim cum animalibus. Unde et Incubi dicuntur ab incumbendo, hoc est stuprando. Saepe enim inprobi existunt etiam mulieribus, et earum peragunt concubitum: quos daemones Galli Dusios vocant, quia adsidue hanc peragunt immunditiam. ("I Pelosi sono chiamati in greco Paniti, in latino Incubi, o Inui, perché si insinuano ovunque con gli animali. Da qui anche il nome Incubi, da forzare, ossia stuprare. Spesso, infatti, i malvagi si presentano anche alle donne e riescono a giacere con loro. I Galli chiamano questi demoni Dusii, perché compiono senza sosta questa impurità.") 
Isidoro di Siviglia, Etymologiae, VIII, 11, 103

A partire dai dati disponibili, la ricostruzione esatta della protoforma appare molto incerta. Gli esiti passati dal sostrato celtico al protoromanzo e all'antico tedesco sono numerosi e confermano l'incertezza, dovuta con ogni probabilità all'esistenza di diverse varianti, sia per quanto riguarda il vocalismo che il consonantismo. La radice celtica in questione ha una lunga storia: appartiene all'Europa che andava delineandosi prima che Roma iniziasse la sua espansione, in modo del tutto inatteso. 

Esiti romanzi (oltre a quelli del romancio): 
  Piemontese: dosseul (pron. /du'söl/) "diavolo"
  Vallone: dûhon, dûhin "folletto" (-h- < -ss-)*  
  Ardennese: dusion "incubo"
  Lorenese: dusien "incubo" 

*Il mutamento è analogo a quello avvenuto in bergamasco e in bresciano, ma si verifica solo in posizione intervocalica.

Esiti di sostrato celtico in germanico occidentale:
  Basso tedesco (Westfalia): Düs "diavolo"
  Alto tedesco (Svizzera): Dusl "sfortuna"
Toponomastica tedesca: 
  Duisburg "Fortezza dei Demoni" 

Mi ero già occupato della questione anni fa, nella trattazione dell'etimologia del toponimo Desio:


La radice da cui è derivato questo nome antico, pertinente alla demonologia, è di eminente origine indoeuropea - ed è anche tra le più produttive. Estremamente varia negli esiti in molte lingue, ha prodotto alcune delle parole a noi più familiari, come fumo, fosco, furia, etc. Si presenta varia e differenziata già nella protolingua indoeuropea.  

Proto-indoeuropeo: *dhwes- "respirare"; "spirito";
     "essere animato", "animale" 
Variante: *dhews- 


Riporto un assortimento di forme derivate, senza la pretesa di essere esaustivo: 

Proto-germanico: *deuzan "animale" 
    Gotico: dius "animale" (pl. diuza "animali") 
    Norreno: dýr, djór "animale" 
Proto-germanico: *dunstan "nebbia", "foschia";
        "evaporazione"; "polvere" 
    Antico inglese: dūst "polvere" 
    Antico alto tedesco: tunist, dunist, dunst "foschia"
Proto-albanese: *dauša "ariete" 
    Albanese: dash "ariete" 
Proto-balto-slavo: *dauṣas "soffio", "anima", "spirito";
        "aria"; "cielo" 
   Lituano: daũsos (pl.) "aria"; "cielo" 
   Proto-slavo: *dȗxъ "soffio"; "anima", "spirito" 
   Proto-slavo: *duti "soffiare"; *duxati "soffiare" 
Proto-balto-slavo: *dwas- / *dwes- "respirare" 
   Lituano: dvasia "anima"; dvėselė "anima" 
   Lettone: dvasa "respiro"; dvesele "anima"
Proto-indoiranico: *dhwas- "spirare"; "volare"
   Sanscrito: ध्वंसति dhvaṁsati "egli cade nella polvere"
      (< "cadere esanime")
   Avestico: dvaṣ- "volare" 
 
Proto-italico: *fuskos "di colore scuro" 
   Latino: fuscus "scuro"
Proto-italico: *fuswos "di colore scuro"
   Latino: furvu s "scuro", "nerastro", "marrone" 
Proto-celtico: *dusnos, *dwosnos "bruno" 
   Gallico: donno- "bruno" 
Proto-germanico: *duskaz "scuro" 
   Antico inglese: dox "scuro" 
       Inglese moderno: dusk "crepuscolo"
Proto-germanico: *dusnaz "bruno" 
   Antico inglese: dunn "scuro", "marrone", "nerastro"
       Inglese moderno: dun "bruno" 
    (prestito dal celtico) 
Proto-indoiranico: *dhūs- "grigio" 
   Sanscrito: धूसर dhūsara "grigio" 

Proto-celtico: *dwosijos "essere umano" 
   Antico irlandese: doé, dae "essere umano" 

Proto-germanico: *dwǣsaz "stupido" (agg. e sost.) 
        (< "reso scemo dai demoni")
   Antico inglese: dwǣs "stupido", "persona stupida" 
   Olandese moderno: dwaas "persona stupida"
Proto-celtico: *dwās- "infuriarsi" 
   Antico irlandese: dásacht "furia" (< *dwāđđaχtā);  
         dáistir immum "mi sto infuriando"
Proto-italico: *fus- "adirarsi" (< "essere indemoniato")
   Latino: furō "io mi adiro", furere "adirarsi",
         furēns "adirato", furibundus "furibondo",
         furia "furia", etc. 
Nota:
Il diverso trattamento dell'indoeuropeo dh- e il rotacismo di -s- hanno oscurato l'intima somiglianza della radice latina con quella gallica. 

Proto-balto-slavo: *dūʔmas "fumo" 
   Antico prussiano: dumis "fumo" 
   Lituano: dūmas "fumo" 
   Proto-slavo: *dymъ "fumo", *dymati "fumare" 
Proto-ellenico: *thūmós "fumo" 
   Greco classico: θῡμός (thȳmós) "fumo" 
Proto-indoiranico: *dhuHmás "fumo", "vapore" 
   Sanscrito: dhūma "fumo", "vapore", "foschia" 
Proto-italico: *fūmos "fumo" 
   Latino: fūmus "fumo"  

martedì 30 maggio 2023

ETIMOLOGIA DELL'ANTROPONIMO NORMANNO BOEMONDO

Boemondo d'Altavilla, detto anche Boemondo di Taranto (tra il 1051 e il 1058 - 1111), figlio di Roberto il Guiscardo, Principe di Taranto (1015 - 1085), fu uno dei più cospicui comandanti della Prima Crociata. Conquistò Antiochia e ne divenne Principe. I manuali storici si occupano di riportare le sue vittorie e le sue sconfitte. Quello che a me interessa è l'etimologia del suo bizzarro antroponimo. Da dove potrà mai derivare Boemondo

A quanto sembra, questo nome non è attestato in norreno, come invece ci si aspetterebbe. Ne ho invano cercato tracce, senza trovare nulla. Non fa parte del ricchissimo patrimonio onomastico degli antichi Scandinavi. Potrebbe invece trovarsi nelle saghe norvegesi del XIV secolo, che erano traduzioni o adattamenti di testi in lingua francese antica, di argomento cavalleresco. In tal caso sarebbe passato dalla lingua d'oïl all'antico norvegese. Si converrà che non è affatto facile ricercare una data informazione, visto che il materiale spesso non è consultabile. Va già bene se si trovano dei file .pdf senza la possibilità di fare ricerche nel testo. 

Questo è tutto ciò che si riesce a recuperare nel Web: 

Forme attestate: Boiamund, BoamundBiamund,
     Baamund, Baamont 
Forme latinizzate: BohemundusBoemundus
     BuamundusBoamundus 
Greco (Anna Comnena): Βαϊμοῦντος (Baïmuntos
Italiano: Boemondo
     Buiamonte (Toscana, citato da Dante) 
     Baiamonte (Toscana, Sicilia) 
     Bajamonte (Veneto) 
     
Boimonte (Campania, Calabria) 
     Biamonte (Liguria) 

Forme moderne: 
  Italiano: Boemondo 
  Siciliano: Buimunnu  
  Francese: Bohémond
  Tedesco: Bohemund 
  Inglese: Bohemond 

Le forme attestate come Boiamund e simili dovrebbero trovarsi in documenti in latino e in opere in francese antico. Alcuni autori le enumerano tra le attestazioni di antroponimi dell'area dell'antico alto tedesco (Förstemann, 1856). 

La seconda parte del composto non presenta problemi: deriva in modo diretto dal protogermanico *-munduz "protettore", che si trova negli antroponimi maschili e ha la stessa radice di *mundō "protezione", "mano" (genere: femminile). L'esito norreno di *-munduz è -mundr (genitivo -mundar). 
Nelle lingue germaniche antiche si trovano moltissimi nomi propri di persona maschili formati con questo elemento.

Possibili etimologie germaniche: 

1) "Protettore dei ragazzi" 
Possibile primo membro del composto: norreno bófi /'bo:vi/ "ragazzo" (genitivo bófa); in islandese moderno è passato a significare "bandito". Il termine è derivato dalla stessa radice protogermanica *bō- che con diverse estensioni ha dato l'inglese boy e il tedesco Bube "ragazzo". Alfonso Burgio riporta quanto segue nel suo Dizionario dei nomi propri di persona (1992): "dal germanico Boemunt composto dalla radice munt, mund, difesa, protezione. Il primo elemento da bob, ragazzo. Il nome significa protettore dei ragazzi." Mi pare un'ipotesi abbastanza implausibile, anche perché non si trovano antroponimi composti formati a partire da questa radice. 
2) "Protettore dei Boi"  
Possibile primo elemento del composto: il nome della popolazione celtica dei Boi (gallico Boio-, attestato in antroponimi). Salvatore Carmelo Trovato, in Studi linguistici in memoria di Giovanni Tropea (Edizioni dell'Orso, 2009), riporta: "Bojen 'Boi' + *munda- 'protezione, difesa' = 'protettore dei Boi'." Mi pare un'ipotesi abbastanza implausibile. La popolazione celtica dei Boi è indicata da Trovato con la sua attuale denominazione tedesca, Bojen, segno che non è un esperto di lingue celtiche antiche.  

Etimologie marchianamente false: 
 
i) Boatus Mundi "Clamore del Mondo" 
Questa è una tipica etimologia popolare, che ignora ogni rudimento di grammatica e si basa unicamente sull'assonanza, spesso rozza. Non ha fondamento alcuno. 
ii) "Uomo forte" 
Questa "traduzione" è riportata nel lavoro di Carlo Ermanno Ferrari, Vocabolario de' nomi proprj sustantivi (1830). Non ha fondamento alcuno. 
iii) "Arciere" 
Questa "traduzione" è riportata nel sito Santi, beati e testimoni (www.santiebeati.it), che menziona un San Boemondo morto nel 1140 (solo una trentina di anni dopo la morte di Boemondo di Taranto), senza dettagli biografici né agiografia. Non ha fondamento alcuno.

Un'etimologia popolare biblica: 

Tutto inizia dall'oscura allusione a un gigante denominato Buamundus, protagonista di un racconto popolare andato perduto. Roberto il Guiscardo fece battezzare il figlio con il nome Marco (non certo tipico dei Normanni), per poi soprannominarlo Buamundus per via della massiccia corporatura che aveva già da bambino. La fonte di queste informazioni, a parer mio di attendibilità assai dubbia, è il monaco e storico inglese Orderico Vitale (1075 - 1142). Questo è il brano: "Marcus quippe in baptismate nominatus est; sed a patre suo, audita in convivio ioculari fabula de Buamundo gigante, puero iocunde impositum est", ossia "Marco è stato effettivamente battezzato così; ma da suo padre, che aveva ascoltato in una festa la favola del gigante Buamundus, (quel nome) è stato imposto allegramente al bambino". Il nome Buamundus altro non sarebbe che una deformazione popolare di Behemoth, nome ebraico della bestia di proporzioni immani descritta nella Bibbia (Libro di Giobbe) e raffigurata con le sembianze di un mostruoso ippopotamo. Se questo fosse vero, l'antroponimo Boemondo sarebbe un semplice soprannome pseudo-germanico. La sua somiglianza con i nomi germanici in -mund sarebbe dovuta a un'etimologia popolare. Un nome biblico sarebbe stato adattato dal volgo assumendo così l'aspetto di un nome germanico genuino. Una vicenda simile è quella dei rubicondi irlandesi che credevano Maria Maddalena una loro compaesana: sarebbero stati pronti a giurare e a spergiurare che il suo vero nome fosse Mary McDillon.   

Conclusioni:  

Che nome è Boemondo? È un nome norreno? È un nome franco, ascrivibile all'antico alto tedesco? Oppure è davvero un nome biblico passato attraverso l'usura fonetica del popolino? Perché non sembra essere esistito prima del figlio di Roberto il Guiscardo? Se fosse stato solo un soprannome, come mai avrebbe acquistato lo status di nome di battesimo tra i discendenti di Boemondo di Taranto? A cosa si deve la grande variabilità delle sue attestazioni, perdurate spesso fino ad oggi come cognomi? Per giungere a una conclusione ragionevole servono ulteriori studi e dati (forse perduti per sempre). Ricordo un professore che era solito dire: "Ci sono aspetti del Medioevo che non ci saranno mai noti, non li potremo mai conoscere." Ecco, mi pare che l'etimologia di Boemondo sia tra questi misteri. Quello che mi pare incredibile, è la totale assenza di interesse da parte del mondo accademico. 

venerdì 21 aprile 2023

 
IL PIANETA SELVAGGIO 
 
Titolo originale: La planète sauvage
Paese di produzione: Francia, Cecoslovacchia 
Lingua originale: Francese, Ceco 
Anno di distribuzione: 1973
Anno di produzione: 1963 
Durata: 72 min
Genere: Animazione, fantascienza 
Sottogenere: Animazione per adulti 
Influenze: Surrealismo, Movimento Panico, 
    Hieronymus Bosch, De Chirico 
Tematiche: Antispecismo, animalismo, razzismo  
Regia: René Laloux
Soggetto: Stefan Wul,
    dal romanzo Homo Domesticus (Oms en série, 1957)
Sceneggiatura: Roland Topor, René Laloux 
Produttori: Simon Damiani, Anatole Dauman, 
    Andre Valio-Cavaglione, Vaclav Strnad, 
    Roger Corman  
Compagnie di produzione: Les Films Armorial, 
    Service de la recherche ORTF, Studio Jiři Trnka 
Distribuzione: Argos Films (Francia), 
   Československý Filmexport (Cecoslovacchia) 
Fotografia: Boris Baromykin, Lubomir Rejthar
Montaggio: Hélène Arnal, Marta Látalová
Musiche: Alain Goraguer, Claude Pascal
Scenografia: Roland Topor 
Capi animatori: 
   Jindřich Bárta
   Zdena Bártová
   Bohumil Šedja
   Zdeněk Sob
   Karel Štrebl
   Jiři Vokoun
Assistenti animatori: 
   Jindřiška Beberová
   Naděžda Dvořáková
   Helena Horálková
   Zuzana Jupová
   Eva Kretzerová
   Kateřina Nováková
   Alena Wellnerová
Date di uscita: 
    Francia: 11 maggio 1973 (Festival di Cannes)  
    Italia: 8 luglio 1973 (Trieste Sci-fi Film Festival) 
    Stati Uniti: 1 dicembre 1973 
    Francia: 6 dicembre 1973 
    Cecoslovacchia: 21 dicembre 1973
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: Fantastic Planet 
   Ceco: Divoká planeta 
   Tedesco: Der wilde Planet 
   Polacco: Dzika planeta 
   Spagnolo: El planeta selvaje 
   Portoghese: Planeta selvagem 
   Ungherese: A vad bolygó 
   Russo: Дикая планета 
   Croato: Divlji planet 
   Rumeno: Planeta sălbatică 
   Estone: Metsik planeet 
   Finnico: Levoton planeetta 
Doppiatori originali:
    Jennifer Drake: Tiwa
    Eric Baugin: Giovane Terr
    Jean Topart: Maestro Sinh (Simon) 
    Jean Valmont: Terr adulto (narratore)
    Yves Barsacq: Om 
    Gérard Hernandez: Maestro Taj
    Mark Lesser: Draag #1
    Denis Boileau: Draag #2 
Voci addizionali (francese):
    Sylvie Lenoir 
    Max Amyl 
    Denis Boileau 
    Michèle Chahan  
    Hubert de Lapparent 
    Claude Joseph 
    Philippe Ogouz 
    Jacques Ruisseau 
    Madeleine Clervannes 
    William Coryn 
    Poupy de Monneron 
    Christian de Tillière 
    Christian Echelard 
    Jeanine Forney 
    Pascal Kominakis 
    Andre Lambert 
    Serge Netter 
    Yvette Robin 
    André Rouyer 
    Irina Tarason 
    Julien Thomas 
    Gilbert Vilhon 
    Paul Villé 
Doppiatori (in inglese): 
    Cynthia Adler: Tiwa 
    Mark Gruner: Giovane Terr 
    Hal Smith: Maestro Sinh (Simon) 
    Barry Bostwick: Terr adulto (narratore)
    Hal Smith: Om 
    Olan Soule: Maestro Taj 
    Janet Waldo: Bambino Draag 
Voci addizionali (inglese): 
    Nora Heflin 
    Marvin Miller 
    Monika Ramirez 
Premi e riconoscimenti: 
    Premio speciale al Festival di Cannes, 1973
 
Trama: 
In un lontanissimo futuro, i Draag, immensi umanoidi blu, hanno sradicato dalla Terra gli esseri umani, da loro chiamati Om, deportandoli sul pianeta Ygam. I Draag, che conducono su Ygam una vita tecnologicamente avanzata e spirituale, considerano gli Om animali. Alcuni Om sono tenuti come animali domestici, mentre i restanti conducono un'esistenza selvatica: per impedirne la proliferazione eccessiva, i Draag conducono periodicamente operazioni di disinfestazione denominate "deumanizzazioni" o "purghe". La vita dei Draag è molto lunga rispetto a quella degli Om, ma il loro tasso di riproduzione è molto minore. 
Quando una madre Om viene torturata a morte da tre bambini Draag, per puro sadismo bullesco, il suo piccolo orfano viene trovato dal Maestro Sinh, un importante notabile, e da sua figlia Tiwa. Questa tiene l'Om come animale domestico e lo chiama Terr. Tiwa si affeziona a Terr e fa attenzione a non fargli male, ma, in conformità con le istruzioni dei suoi genitori, gli mette un collare con cui può trascinarlo in qualsiasi direzione. Quando la giovane si reca alle sessioni in cui riceve la sua istruzione tramite un casco che trasmette conoscenza alla sua mente, porta con sé Terr. Un difetto nel collare dell'Om permette anche a lui di ricevere la conoscenza. Una volta raggiunta l'adolescenza, Tiwa inizia a praticare la meditazione Draag, che permette alla specie di viaggiare con la mente. Così perde un po' di interesse per Terr, che nel frattempo è diventato un giovane uomo e ha acquisito molta conoscenza Draag. A un certo punto l'Om fugge nella natura selvaggia, rubando il casco di Tiwa. 
In un parco abbandonato pieno di strane creature, Terr incontra una femmina Om selvaggia che gli taglia il collare e lo presenta alla sua tribù. Terr mostra a questi Om come usare il casco per acquisire la conoscenza e l'alfabetizzazione Draag, dopo aver vinto in un duello il diritto di farlo. La capacità di lettura che acquisita permette ai membri della tribù di leggere un annuncio Draag che annuncia che il parco sarà sottoposto a "deumanizzazione" e quando l'intervento avrà luogo. Alcuni vengono massacrati dalla tecnologia Draag mentre altri fuggono, unendosi alle forze di una tribù vicina. Vengono attaccati da due passanti Draag e riescono a ucciderne uno prima di fuggire in un deposito di razzi abbandonato. L'indignazione dei notabili Draag per l'accaduto è immensa.
I fuggiaschi vivono per anni nel deposito di razzi, raggiunti da molti altri Om. Grazie alle conoscenze acquisite dal casco di Terr, riescono a replicare la tecnologia Draag, inclusi due razzi; sperano di lasciare Ygam per migrare sulla sua luna, il Pianeta Fantastico, e vivere lì al sicuro dalle persecuzioni. A un certo punto un intervento di "deumanizzazione" su larga scala colpisce il deposito e molti Om vengono massacrati. Un gruppo guidato da Terr riesce ad usare i razzi per fuggire sul Pianeta Fantastico, dove vengono scoperte statue colossali e acefale che i Draag raggiungono in spirito durante la meditazione, usandole per incontrare esseri provenienti da altre galassie in uno strano rituale di accoppiamento, indispensabile per preservare la loro specie. Così gli Om distruggono alcune delle gigantesche statue senza testa, che sono fragilissime, molli come bruchi - minacciando in questo modo l'esistenza stessa dei Draag. In risposta all'attacco esiziale, il genocidio degli Om su Ygam viene fermato all'istante. Vista la crisi inaudita, i Draag sono costretti a negoziare la pace. Gli Om accettano di lasciare il Pianeta Fantastico ai Draag per le loro meditazioni e, in cambio, un satellite artificiale viene messo in orbita attorno a Ygam e dato loro come nuova casa. Il finale è idilliaco: la pace raggiunta porta a un'èra di  prosperità e di coesistenza pacifica tra le due specie, che ora traggono vantaggio reciproco, l'una dal modo di pensare dell'altra.
 
 
Recensione: 
Questo film è un susseguirsi di sequenze allucinogene, il cui Demiurgo indiscusso è il genio di Roland Topor, che qualcuno giustamente ha paragonato a un drago. Istante dopo istante, i fotogrammi introducono nel nostro mondo colori mai visti, forme inconcepibili. È come se l'Artefice di tutto questo provenisse da un Universo diverso da quello in cui viviamo e avesse la capacità di plasmare i suoi ricordi, le sue emozioni, producendo paesaggi inquietanti, spaventosi. 
Laloux e Topor affrontano temi complessi e spinosi, come il posto dell'Uomo nell'Universo e il suo rapporto con la Natura, approfondendo questioni del tipo: cosa accadrebbe se coloro che si ritengono il metro e la misura di ogni cosa esistente si ritrovassero ridotti al rango di insetti? Forse proprio questo spiega come mai Il Pianeta Selvaggio, già pronto per essere distribuito nel lontano 1963, ha dovuto aspettare altri dieci anni prima di farsi conoscere dal mondo. Un caso del tutto anomalo, che finora non è stato mai analizzato in modo soddisfacente. Non si trova una sola pagina Web che renda conto di questo fatto in modo soddisfacente, chiaro, comprensibile. Perché una pellicola dovrebbe aspettare così tanto tempo prima di essere distribuita? Forse i suoi stessi autori la consideravano troppo avanti coi tempi, troppo sconvolgente. Temevano le reazioni di una società ancora impreparata a comprendere un messaggio tanto dirompente. 
Quando il film fu presentato nel 1973, ci furono critici altamente politicizzati e farneticanti che videro nella trama una metafora della Primavera di Praga. Questa tesi fu smentita in modo secco da Stefan Wul, che aveva pubblicato il romanzo Oms en série nel 1957, undici anni prima del "Socialismo dal volto umano" di Alexander Dubček e della conseguente invasione sovietica in Cecoslovacchia, avvenuta nell'agosto 1968. Il Pianeta Selvaggio era proprio l'adattamento di Oms en série. L'anacronismo avrebbe dovuto saltare agli occhi di chiunque! Quando le febbri politiche divorano persone che si atteggiano a "intellettuali", non esiste speranza alcuna di trovare riparo dalle loro stronzate! Per loro tutto diventa "metafora", anche l'atto di pulirsi il deretano dopo una violenta scarica di diarrea caustica! 


Un futuro lontanissimo o un passato remoto? 

Quando si guarda un film di fantascienza, non importa se di animazione o meno, si è portati a credere che gli eventi narrati si svolgano per necessità nel futuro. Tuttavia questo non è affatto garantito. Potrebbe anche trattarsi di una pellicola che esplora le origini remote del genere umano, immaginando che sia provenuto da altri mondi, per essere poi trapiantato sulla Terra - con conseguente perdita di ogni memoria nel corso dei millenni. In questo caso, l'azione si svolgerà giocoforza nel passato. Qualcuno dirà che in fondo non ne sappiamo poi molto degli eventi che hanno portato alla formazione e alla diffusione della nostra specie. Si ipotizzano tante cose, ma ora della fine non si è in grado di fornire certezze su nulla. Quindi possiamo benissimo pensare che i Draag abbiano raccolto gli Om dalla nostra Terra, e che questi umani fossero proprio i lontanissimi discendenti della Francia - ma è anche possibile che le interazioni tra i Draag e gli Om siano proprio gli antefatti del remoto popolamento della Terra, milioni di anni fa, e del sorgere di Homo sapiens. Certo, nessun biologo, nessun paleontologo sarebbe contento di sentire queste cose, così sono costretto a ricordare che si tratta di finzione. Indagare in modo approfondito i dettagli e le origini di una finzione, proprio come se fosse reale, è forse uno dei miei più gravi difetti, ma non posso farci nulla. Tutto è molto confuso: la questione dell'ambientazione passata o futura del film di Laloux non può dirsi risolta. Non ho ancora letto il romanzo di Stefan Wul, che potrebbe apportare qualche informazione utile, essendo la fonte ultima della pellicola in analisi. Comunque sia non spero molto in chiarimenti: sembra infatti, dal materiale reperito nel Web, che l'animazione sia un adattamento abbastanza fedele al testo da cui è stato tratto. 


Possibile ispirazione darwinista 

Il principio fondante della narrazione è questo: le civiltà necessitano di avversità per conservare le proprie forze vitali, avendo la possibilità di sopravvivere e di espandersi unicamente attraverso lo stimolo e l'emulazione forniti dal confronto con altre civiltà o da un ambiente ostile. Che la narrazione sia ambientata nel futuro o nel passato, non ci sono dubbi sul fatto che gli Oms sono i barbari discendenti di una civiltà altamente avanzata, che è poi entrata in un'inesorabile fase di decadenza. Invece la civiltà dei Draag, dopo aver eliminato tutti i potenziali pericoli della vita sul loro pianeta Ygam, si è sclerotizzata e solo la rivolta degli Oms riesce ad evitare la sua fine. Secondo Laurent Genefort (1996), la chiave di lettura sarebbe politica: tutto farebbe pensare all'emulazione ideologica e tecnologica indotta dalla contrapposizione politica tra il blocco orientale e quello occidentale durante la Guerra Fredda, periodo a cui risale il romanzo di Stefan Wul. 


Etimologie 
 
1) Queste sono alcune etimologie esterne, che spiegano l'ispirazione e l'origine dei nomi creati da Stefan Wul e ripresi da Laloux-Topor:
 
Om 
Chiaramente il nome dei piccoli esseri umani, Om, è stato tratto dall'autore dal francese homme "uomo". 
 
Draag  
Chiaramente il nome dei grandi umanoidi azzurri, Draag, è stato tratto dall'autore dal francese dragon "drago".  

Terr 
Chiaramente il nome dell'umano preso come animale domestico, Terr, è stato tratto dall'autore dal francese terre "terra". 

Nel romanzo di Stefan Wul si trovano i nomi di altri Om, che confermano la tesi della loro origine francese. Sono i seguenti: 

Brave "Coraggioso" 
Charbon "Carbone" 
Sav "Sapiente" (abbreviazione di Savant)
Vaillant "Valoroso" 
la Vieille "la Vecchia" 

Va detto che l'autore potrebbe aver pensato a questi antroponimi come a traduzioni da un originale sconosciuto. 

2) Queste sono alcune etimologie interne, che postulano l'origine della lingua dei Draag dal protoindoeuropeo secondo una propria trafila, diversa da quella delle lingue indoeuropee a noi conosciute (in modo non dissimile da quanto visto per gli Ingegneri in due film di Ridley Scott, Prometheus e Alien: Covenant): 

Om 
Il nome degli esseri umani, Om, è derivato da una forma protoindoeuropea *(s)up-no- "sotto", "infimo", con riferimento alla condizione di Homo sapiens in relazione con la specie dominante dei Draag. Un esito di una protoforma simile è il latino supīnus "rovesciato, rivolto verso l'alto". 

Terr 
Il nome dell'umano preso come animale domestico, Terr, è derivato dal protoindoeuropeo *ter- "tenero", "molle", "fragile". Deve essergli stato da Tiwa perché le ispirava compassione. Corrisponde al latino tener "soffice, delicato, tenero".

Tiwa 
Il nome di una giovane Draag, Tiwa, è derivato dal protoindoeuropeo *deywā- "dea". Un nome di buon augurio. Corrisponde al latino dea, dīva.

Sinh 
Il nome del notabile Draag, Sinh, è derivato dal protoindoeuropeo *sen- "vecchio", "antico". Si riporta il fatto, a dir poco singolare, che nella versione italiana dell'animazione, il nome Sinh è mutato in più familiare Simon. Corrisponde al latino senex "vecchio".

Draag
Il nome della stirpe dei giganti azzurri, Draag, è derivato dal protoindoeuropeo *h2nēr, *h2ṇr- "uomo" ("essere senziente"), "forza". Il gruppo *nr- si è trasformato in dr-. La terminazione -aag deve essere un antico suffisso collettivo, che corrisponde al latino -āgo, -īgo

Ygam 
Il nome del pianeta dei Draag, Ygam, è derivato dal protoindoeuropeo *g'hdhom- "terra, suolo". Si presuppone che un popolo chiamerebbe il proprio mondo a partire dalla parola "terra, suolo". Corrisponde al latino humus "suolo". 

Nel romanzo di Stefan Wul troviamo altri interessantissimi nomi di Draag: 

Faoz (proprietario della madre di Terr)
Praw (padre di Tiwa)
Xeb Liar (spia e servitore del Maestro Sinh) 

Il nome Faoz significa "Salvo" ed è derivato dal protoindoeuropeo *bhewg- "fuggire", "liberarsi"; "godere (di un beneficio)". Corrisponde al latino fūgiō "io fuggo" e al medio persiano bōz-"liberare", "salvare". 
Il nome Praw significa "Perverso" ed è derivato dal protoindoeuropeo *prāwo-*preh2wo- "curvo", "inclinato" (da cui il latino prāvus). Cfr. Pokorny.   
Lasciamo fermentare un po' Xeb Liar: forse tra qualche tempo mi verrà in mente un'idea convincente. Per quanto riguarda l'ispirazione, l'autore avrà preso Liar dall'inglese, volendo significare "mentitore". 
Spero che questi esercizi filologici abbiano apportato diletto agli eventuali lettori. 


Errori vari  

Secondo Terr, una settimana nella vita di un Draag durerebbe quanto un anno per gli Om. Tuttavia dice anche che la sua proprietaria Tiwa, che lo ha cresciuto fin dall'infanzia, ha perso interesse per lui "quando ha raggiunto l'adolescenza". A quel punto Terr avrebbe quasi certamente raggiunto la mezza età, come minimo, eppure sembra avere ancora non più di vent'anni. 

Il doppiaggio inglese è inconsistente con l'originale sul fatto che i Draag credano o meno che gli umani abbiano avuto una società organizzata. Nella versione originale francese, il consiglio dei Draag discute dell'esistenza di prove che gli umani della Terra potrebbero aver avuto un'intelligenza e una cultura proprie, ma continuano a ritenere che queste prove non siano conclusive. La versione inglese, tuttavia, inserisce la frase they "may have destroyed their entire civilization" ("potrebbero aver distrutto la loro intera civiltà"), facendo sembrare che i Draag fossero consapevoli del fatto che gli umani, a un certo punto, fossero civilizzati. Un cambiamento di prospettiva di non poco conto, che dovrebbe far riflettere sulla scarsa coerenza della sostanza di cui è fatta la Settima Arte. Va detto che questo film ha ottenuto poco successo negli Stati Uniti.  


La colonna sonora  

La colonna sonora del film, composta da Alain Goraguer, è stata così recensita François Couture su AllMusic

"Il tema principale ricorda molto "Atom Heart Mother Suite" dei Pink Floyd (stesso tempo di metà brano, mellotron, clavicembalo e chitarra wah-wah), mentre gli altri due sono una ballata e un valzer circense. La musica è fortemente cliché anni '70 e piacerà agli appassionati di colonne sonore francesi e italiane degli anni '70. Sebbene ripetitivo, l'album stesso crea un'interessante atmosfera fantascientifica fluttuante, indotta dalla marijuana, che fonde psichedelia, jazz e funk... [È] stato campionato da alcuni artisti hip-hop."

Ecco le tracce:

1. Déshominisation (II) - 0:57
2. Déshominisation (I) - 3:50
3. Générique - 0:44
4. Le Bracelet - 1:27
5. Terr et Tiwa - 1:46
6. Maquillage de Tiwa - 1:17
7. Course de Terr - 0:53
8. Terr et Médor - 1:47
9. Terr et Tiwa Dorment - 0:49
10. Terr Est Assomé - 0:46
11. Abite - 0:53
12. Conseil des Draags - 0:56
13. Les Hommes – La Grande Co-Existence - 1:15
14. La Femme - 2:12
15. Mira et Terr - 0:44
16. Mort de Draag - 0:51
17. L’Oiseau - 2:28
18. La Cité des Hommes Libres - 0:49
19. Attaque des Robots - 2:05
20. La Longue Marche – Valse des Statues - 2:15
21. Les Fusées - 2:20
22. Générique - 2:06
23. Strip Tease - 2:24
24. Méditation des Enfants - 1:33
25. La Vieille Meurt - 0:49 


Roland Topor 

Roland Topor (Parigi, 1938 - Parigi, 1997) è stato un disegnatore, pittore, illustratore, scrittore, poeta, drammaturgo, sceneggiatore, attore e scenografo francese, di origine ebraico-polacca, ossia ashkenazita. L'arte gli scorreva nel sangue: suo padre, Abram Topor, era pittore e scultore. Nel 1962 fondò assieme a Fernando Arrabal e ad Alejandro Jodorowsky il Movimento neo-surrealista Panico. Come attore lo ricordiamo nel ruolo di Renfield in Nosferatu, il principe della notte (Werner Herzog, 1979). Ha collaborato con René Laloux, oltre che nel presente film, in due cortometraggi: Les Temps morts (1964) e Les Escargots (1965). Si fa molta fatica a descrivere in dettaglio tutta l'incredibile opera di questo artista, tanto è vasta e ispirata. Tra i suoi contributi al genere umano, si ricorda il romanzo Le Locataire chimérique (1964), che poi è stato adattato da Roman Polański in un grande capolavoro: L'inquilino del terzo piano (1976). Curiosità: il cognome Topor significa "Ascia". 


Stefan Wul 

Stefan Wul è lo pseudonimo di Pierre Pairault (Parigi, 1922 - Évreux, 2003), scrittore francese di fantascienza. Nel corso della sua carriera di scrittore ha utilizzato anche un altro nom de plume: Lionel Hudson. Esercitava la professione di chirurgo dentale, che abbandonò nel 1952 per trasferirsi ad Évreux (Normandia), dedicandosi a tempo pieno alla scrittura, sua vera passione. Finora non ho letto nulla di questo autore, spero di poter rimediare alla mancanza nel prossimo futuro. Questo è l'elenco delle sue opere: 

1) Retour à zéro (1956) 
2) Niourk (1957) 
3) Rayons pour Sidar (1957)  
4) La Peur géante (1957) * 
5) Oms en série (1957) ** 
6) Le Temple du passé (1957)  
7) L'Orphelin de Perdide (1958)  
8) La Mort vivante (1958)  
9) Piège sur Zarkass (1958)  
10) Terminus 1 (1959)  
11) Odyssée sous contrôle (1959)  
12) Noô (1977)  

* In italiano: La grande paura 
** In italiano: Homo Domesticus