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venerdì 2 giugno 2023

IOLO MORGANWG E LA DOTTRINA DEL BARDDAS

Iolo Morganwg, nato Edward Williams (Pennon, Llancarfan, Glamorgan, Galles meridionale, 1747 - Flemingston, 1826), fu un poeta ed antiquario gallese, che si proclamò bardo e druida, essendo intenzionato a far rivivere l'antica religione dei Celti. Era considerato un esperto collezionista di letteratura medievale gallese, ma dopo la sua morte si scoprì che aveva prodotto numerosi falsi, spesso mescolandoli a testi autentici. In altre parole, aveva inquinato le fonti, dato che la sua abilità era tale da rendere spesso molto difficile scorporare il falso dal vero. 


Descrizione fisica: 
Era un uomo fragile, rachitico e sofferente, con i capelli chiarissimi, quasi albini. Aveva la muscolatura facciale atrofica, segno di una possibile paresi. Era dipendente dal laudano, di cui faceva un uso pesante per lenire l'asma e combattere l'insonnia (la sostanza all'epoca era disponibile a un vasto pubblico e il suo uso era incoraggiato dai medici). 

Biografia:
Edward Williams, figlio di Edward Williams e Ann Matthews, crebbe nel villaggio di Flemingston (Flimston; gallese: Trefflemin). Seguì suo padre, che era un tagliapietre. Presto si destò in lui un grande interesse per i manoscritti e per la poesia gallese. Imparò a comporre in gallese da poeti come Lewis Hopkin, Rhys Morgan e Siôn Bradford, che erano i bardi locali. Assunse il nome bardico Iolo Morganwg. Nel 1773 andò a Londra, dove conobbe Owain Myfyr, che lo introdusse alla Society of Gwyneddigion, un'importante associazione di cultura gallese. Nel 1777 ritornò in Galles. Dopo qualche anno, nel 1781, sposò Margaret Roberts e tentò di fare l'allevatore, senza successo. Ebbe quattro figli, di cui soltanto due sopravvissuti fino all'età adulta: Margaret (nata nel 1782) e Taliesin (nato nel 1787). Fu a questo punto che cominciò a impegnarsi nella produzione di testi falsi: nel 1789 compose Barddoniaeth Dafydd ab Gwilym, una raccolta di poesie fittizie da lui attribuite al poeta Dafydd ap Gwilym, vissuto nel XIV secolo. È stata notata la sorprendente capacità del falsario di imitare lo stile dei testi autentici di Dafydd. Dal 1791 al 1795 fu ancora a Londra, dove officiò cerimonie bardiche, presiedendo l'Assemblea del Gorsedd a Primrose Hill. Di lì a poco, la sua produzione di falsi ebbe una prodigiosa accelerazione. Nel periodo tra il 1801 e il 1807 ebbe un ruolo rilevante in Myvyrian Archaiology, una delle prime raccolte a stampa di letteratura medievale gallese. Sfortunatamente, alcune delle opere pubblicate erano suoi falsi, tra cui un libro attribuito a San Cadoc, una storia fittizia della Britannia e un gran numero di Triadi gallesi. Agiva in due modi, inventando Triadi di sana pianta oppure alterandone di esistenti. Ebbe anche il controllo dell'effimera rivista Y Greal, durata dal 1805 al 1807, in cui incluse diversi suoi falsi. Nel 1812 pubblicò una serie di inni religiosi, col titolo Salmau yr Eglwys yn yr Anialwch ("Salmi della Chiesa nel deserto").
Le circostanze della morte di Iolo Morganwg non sono chiare. Nel Web si trovano con grande fatica versioni contrastanti. Alcuni qualificano la morte come "improvvisa", il che farebbe pensare a una crisi respiratoria dovuta a un'overdose di laudano. Secondo altri, l'autore sarebbe invece morto di polmonite dopo aver fatto capriole nudo in un bosco, sotto la pioggia battente. Le fonti sono estremamente dubbie. Riporto queste notizie, non verificabili e al limite del pettegolezzo, a titolo di pura e semplice curiosità.

Iolo Morganwg e il Cristianesimo 

Iolo Morganwg apparteneva alla Chiesa Unitariana Quacchera. Era uno strenuo oppositore della Chiesa d'Inghilterra. Evidentemente non percepiva alcuna contraddizione tra i contenuti neopagani druidici e la teologia della sua comunità, ma va detto che l'ambiente religioso in cui si muoveva era piuttosto aperto e tollerante. L'Unitarianismo è un movimento antitrinitario. Nega cioè la dottrina secondo cui sussistono in Dio tre persone uguali, distinte e coeterne. Ammette l'unicità di Dio come essere generatore, ponendo in dubbio la divinità di Cristo e dello Spirito Santo. Si potrebbe dire che tali dottrine abbiano qualche somiglianza con l'Arianesimo professato dai Goti.

Iolo Morganwg e la politica 

Iolo Morganwg era uno strenuo oppositore della Monarchia e fu un attivista pacifista, che mise in atto iniziative contro la guerra e contro la schiavitù. In particolare, si impegnò nella ricerca di alternative allo zucchero, che era considerato "insanguinato", in quanto prodotto del lavoro di schiavi. Va detto che le attività commerciali da lui iniziate a scopi politici fallirono tutte. Ebbe qualche riscontro in America. Fu amico di Tom Paine, con cui intratteneva una corrispondenza; George Washington ammirava la sua poesia. Le autorità britanniche per contro lo guardarono sempre con grande sospetto, arrivando a sottoporlo ad interrogatori e a interrompere le riunioni del Gorsedd.

L'emergere dei falsi

Il sospetto che Iolo Morganwg avesse falsificato un gran numero di opere "medievali" gallesi iniziò almeno a partire dal 1868, ben 42 anni dopo la sua morte. William F. Skene, nel suo Four Ancient Books of Wales, scrisse quanto segue:

"It is a peculiarity attaching to almost all of the documents which have emanated from the chair of Glamorgan, in other words, from Iolo Morganwg, that they are not to be found in any of the Welsh MSS. contained in other collections, and that they must be accepted on his authority alone. It is not unreasonable, therefore, to say that they must be viewed with some suspicion, and that very careful discrimination is required in the use of them."

Traduzione: 

"Una peculiarità che accomuna quasi tutti i documenti emanati dalla cattedra di Glamorgan, in altre parole da Iolo Morganwg, è che non si trovano in nessuno dei manoscritti gallesi contenuti in altre raccolte, e che devono essere accettati solo sulla base della sua autorità. Non è irragionevole, quindi, affermare che debbano essere considerati con un certo sospetto e che sia richiesta un'attenta valutazione nel loro utilizzo." 

Nel 1848 il figlio di Iolo Morganwg, Taliesin Williams, raccolse una parte degli scritti paterni e li fece pubblicare. Non era minimamente consapevole della brutta faccenda dei falsi. 

Il laudano e uno strano concetto di verità

Questa è l'opinione del recensore Ceri Shaw (2018):

"He was convinced that the culture in which he was raised by his mother and other exemplars and tutors was the heir to a great south Walian Bardic and Druidic tradition. The fact that this tradition lacked any foundation texts was a deficiency which he marshaled his considerable literary talents to correct."

Traduzione: 

"Egli era convinto che la cultura in cui era cresciuto, grazie alla madre e ad altri modelli e tutori, fosse l'erede di una grande tradizione bardica e druidica del Galles meridionale. Il fatto che questa tradizione fosse priva di testi fondanti era una lacuna che egli colmò con il suo considerevole talento letterario."

Un'ipotesi a mio avviso tutt'altro che peregrina è che l'uso prolungato del laudano, che è tintura alcolica di oppio, abbia favorito l'inclinazione di Iolo Morganwg a ritenere "vero" ciò che era in realtà il prodotto della sua immaginazione. Molti drogati sono convinti di poter accedere a informazioni inaccessibili in stato di lucidità: credono di poter sperimentare la conoscenza diretta dei segreti più intimi della Natura e dell'Universo. 

Romanticismo e falsi storici

Iolo Morganwg, che era un affiliato della Massoneria, era certamente animato da un intenso spirito di patriottismo. Nutriva l'incrollabile convinzione di essere, assieme a Eward Evans, un estremo depositario di una conoscenza arcana che avrebbe attraversato i secoli, risalendo fino ai tempi dei Druidi. Sapeva che tutto questo non era sufficiente. Lo pervadeva il terrore che la lingua e la cultura del Galles potessero decadere fino ad estinguersi, svanendo nell'oceano anglosassone. Riteneva quindi doveroso fare qualcosa, qualsiasi cosa, incluso inventare di sana pianta testi e tradizioni, mescolandoli al materiale veritiero. Il fine per lui giustificava i mezzi. Riporto un fatto che potrebbe apparire contraddittorio, pur non essendolo. Quando fu scoperto che i Canti di Ossian, pubblicati dal poeta scozzese James Macpherson, erano un clamoroso falso, Iolo Morganwg ebbe una reazione inconsulta e violenta: pieno di animosità, si scagliò contro l'autore ossianico arrivando ad auspicare la sua impiccagione. Come mai un falsario era tanto adirato con un altro falsario? Semplice. Aveva il terrore che la scoperta della natura fittizia dei Canti di Ossian potesse indurre le autorità accademiche a diffidare dei documenti di tutte le culture celtiche, passando ogni testo sotto la lente d'ingrandimento - col pericolo di svelare i numerosi falsi che stavano riplasmando l'intera letteratura gallese. 

Il caso del Barddas 

Il Barddas (in gallese significa "Bardismo", "Scienza bardica") è un libro di materiale raccolto e scritto dallo scrittore gallese Iolo Morganwg, presentato come un'autentica raccolta di antichi testi teologici e filosofici bardici e druidici gallesi. Fu pubblicato postumo in due volumi da John Williams per la Welsh Manuscripts Society, nel 1862 e nel 1874. 
Il primo volume si divide in tre sezioni: 
 1) Simboli: tratta di un alfabeto denominato Coelbren;
 2) Teologia: tratta della filosofia e della cosmologia;
 3) Saggezza: tratta di conoscenze esoteriche.
Il secondo volume, rimasto incompiuto a causa della morte dell'autore, è in larga misura una guida per i Bardi e per i Gorsedd

La parte del primo volume denominata Teologia è particolarmente importante, perché sintetizza la cosmologia di Iolo Morganwg. Comprende una parte in forma di catechismo, in cui l'iniziatore pone domande e l'iniziato dà le risposte. 


Sunto dottrinale del Barddas 

Semplificando molto, il Cosmo è costituito da tre cerchi concentrici. Il più interno di questi cerchi, denominato Abred, è il mondo materiale, dominato da uno stato di Male, Caos e disordine. Gli spiriti degli esseri umani sono generati nello stadio più basso dell'esistenza, Annwn, che è prossimo al Nulla, quindi migrano in Abred dove si reincarnano nello sforzo di ascendere al livello cosmico superiore: il cerchio denominato Gwynfyd. Questo stato d'essere indica lo stato di beatitudine, priva di peccato, goduta dagli spiriti dopo essersi liberati e riuniti con Dio. Oltre Gwynfyd c'è il cerchio dell'Infinito, Ceugant, simile nella sua struttura al cristallo che rappresenta Dio, l'Assoluto denominato OIW
I tre termini Abred, Gwynfyd e Ceugant sono fortemente influenzati sia dal Cristianesimo (Gwynfyd, nella misura in cui traduce Paradiso; Ceugant, nella misura in cui traduce Dio) che dal Buddhismo (Abred, nella misura in cui traduce Saṃsāra; Gwynfyd, nella misura in cui traduce Nirvāṇa). 

Secondo lo studioso irlandese Thomas William Hazen Rolleston (1857 - 1920), a un certo punto una dottrina simile a quella esposta nel Barddas dovette sicuramente esistere nell'ordine dei Bardi nel XVI secolo. Il problema è questo: i contenuti a cui Rolleston allude hanno come artefice il poeta Llywelyn Siôn (1540 - 1616), che può essere considerato in qualche modo un precursore di Iolo Morganwg: collezionista di antichi manoscritti, nazionalista gallese, bardo che ha presieduto i Gorsedd della sua epoca e via discorrendo. Quanto c'è di vero? Quanto c'è di inventato già nelle fonti del Barddas? L'attuale mondo accademico ha l'idea unanime che il Barddas sia un'opera pseudo-bardica e pseudo-druidica, come le sue fonti del XVI secolo. In altre parole, la complessa teologia che vi è contenuta non può essere proiettata all'indietro di oltre un millennio e attribuita tal quale ai Druidi dell'epoca precristiana. 

Il Barddas e lo Gnosticismo 

Rolleston era convinto che la dottrina del Barddas presentasse una grande somiglianza con lo Gnosticismo. L'idea è piuttosto controversa. Certamente Ceugant può sembrare a prima vista una buona traduzione di Pleroma (πλήρωμα, derivato di πληρόω "riempire"). Tuttavia manca del tutto il Mito della Caduta, così come vi è assente ogni traccia di anticosmismo. L'essere umano per lo Gnosticismo è decaduto dal suo stato di completezza e perfezione, precipitando nella materia. Invece per il Barddas l'essere umano, nato da una condizione di Nulla, sembra poter soltanto ascendere. Il Pleroma degli Gnostici emana. Ceugant non presenta in realtà somiglianza alcuna con questo concetto.

Note etimologiche

CYTHRAUL : L'Avversario, il Principio del Nulla 

Protoforma ricostruibile: Latino Contrārius "Oppositore", "Avversario" (epiteto di Satana) 
Derivazione: attraverso dissimilazione 
Note: 
In realtà potrebbe essere un derivato di cwthr "buco", "cavità", nel senso di "Nulla Primordiale", anche se in tal caso non si spiegherebbe la terminazione -aul. Non va nascosto che esiste un'irregolarità fonetica: se la derivazione fosse dal latino, ci aspetteremmo *Cythrawl

ANNWN : L'Ade, gli Inferi 
Varianti: ANNWFNANNWYN 
Pronuncia: /'anʊn/ 

Protoforma ricostruibile: *Andumnon "Ade" (Inferi)
Gallico: Antumnos "Ade", "Plutone" (divinità) 
Note: 
L'ipotesi più plausibile è che il significato originario fosse "Non Mondo", da *an- "non" (prefisso negativo) e *dumnon "mondo", "profondità". Questo però non spiega la presenza di un'occlusiva sorda nel gallico Antumnos, così si è ipotizzata la derivazione da una protoforma più antica *Andedumno-. Si suppone che il prefisso *ande- avesse il significato di "inferiore", "infero": l'etimologia indoeuropea sarebbe lineare. Tuttavia questa semantica non è attestata nelle lingue celtiche storiche, così si suppone che debba essere un fossile.

ABRED : Il Mondo del Divenire 
Pronuncia: /'abrεd/

Protoforma ricostruibile: *apritus < *ad-kwritus
Significato: trasmigrazione; cambiamento di forma 
Derivazione: dal prefisso *ad- e da *pritus "forma"; "tempo" (< *kwritus).
Note: 
La parola sembra essere di origine bretone, come si vede dalla vocale -e- (ci aspetteremmo *abryd). La semantica non sembra molto soddisfacente, dal momento che in bretone abred significa "prima", "presto"; si noti però che la radice d'origine significava sia "forma" che "tempo". Nel suo uso "druidico", la parola gallese è attestata per la prima volta nel 1793 (un anno prima che la utilizzasse Iolo Morganwg) dal lessicografo William Owen Pughe. Il verbo abredu "trasmigrare" si trova in Llywelyn Siôn, cosa che lo rende come minimo dubbio. Un'attestazione precedente di abred, piuttosto incerta, risale al XIV secolo, col significato di "liberazione", "rilascio" (glossa inglese: "deliverance, release"). 

GWYNFYD : La Beatitudine 
Pronuncia: /'gwɨnvɨd/

Protoforma ricostruibile: *Windobitus 
Significato: Mondo Bianco, Mondo Puro 
Derivazione: composto di *windos "bianco", "puro" e *bitus "mondo".
Note: 

CEUGANT : L'Infinito, Dio 
Pronuncia: /'kei̯gant/

Protoforma ricostruibile: *Kowokanton  
Significato: cosa certa; cosa sicura; cosa inevitabile
Slittamento semantico: => Assoluto
Derivazione: sostantivazione di *kowokantos "certo", "sicuro"; "inevitabile".
Note: 
L'aggettivo ceugant è documentato a partire dal XII secolo con questi significati. Iolo Moraganwg ha equivocato la sua formazione, credendolo un composto di cau "vacante", "vuoto" e di cant "cerchio", "circonferenza". Ne ha derivato così una parola col significato di "cerchio dell'Infinito", "Infinito", quindi "Dio". 

OIW : L'Eternità 

Protoforma ricostruibile: *Āius 
Significato: Eone, Eternità  
Note: 
L'autore non poteva essere a conoscenza della reale etimologia indoeuropea della parola. Egli cerca di spiegare in modo cervellotico questa sillaba come composta da tre lettere dell'alfabeto Coelbren. Il fatto che io abbia trovato una spiegazione di gran lunga migliore, parrebbe dimostrare che ci sia qualcosa di autentico. 
La radice *āiu-, con corrispondenze in indoiranico, è attestata nell'onomastica celtica antica incorporata in iscrizioni in latino (esempi: Aiu, Aius, Aiuca, Aiucius, Aiuccio, Aiulo, Aiunus, etc.). Cfr. Zeidler, 2013, che però postula una vocale iniziale breve. 

AWEN : L'ispirazione poetica 

Protoforma ricostruibile: *Awenā 
Significato: ispirazione  
Genere grammaticale: femminile 
Note: 
La parola deriva dalla stessa radice del gallese awel "vento, brezza", la cui protoforma ricostruibile è *awelā

COELBREN : L'alfabeto bardico 

Protoforma ricostruibile: *Kailoprennon  
Significato: legno della divinazione 
Derivazione: composto di *kailos "augurio, portento" e di *prennon "albero", "legno" (< *kwresnom).
Note: 
Cesare ci dice chiaramente che i Druidi ai suoi tempi avevano una forte proibizione nei confronti della scrittura, che impediva loro di trascrivere i testi che dovevano apprendere. La scrittura era riservata ai soli usi profani. Tuttavia è possibile che in Britannia e in Irlanda questi tabù nel corso dei secoli siano almeno in parte venuti meno, permettendo lo sviluppo di nuovi sistemi alfabetici. Conosciamo l'Ogham, originario dell'Irlanda, che era però utilizzato per brevi iscrizioni funebri. 

Annwn e Tolkien 

J.R.R. Tolkien usò la parola annún nella sua mitologia della Terra di Mezzo come termine della lingua elfica Sindarin (fonologicamente ispirato al gallese) che significa "ovest" o "tramonto" (derivata dalla radice del Quenya Andúnë), spesso riferendosi figurativamente al "Vero Ovest", ovvero la terra benedetta di Aman oltre il Mare, l'Isola Solitaria Tol Eressëa, o (nel successivo uso maschile) l'isola sommersa di Númenor. Questo è un esempio del metodo di Tolkien di costruire il mondo "spiegando il vero significato" di varie parole del mondo reale assegnando loro un'etimologia "elfica" alternativa.

Etimologia del nome Iolo 

Iolo è un ipocoristico del nome gallese Iôrwerth, il cui significato è "Signore Splendente". Il primo membro del composto, iôr "signore" (variante iôn), non ha etimologia indoeuropea credibile. La protoforma celtica ricostruibile, *jurā, compare come oronimo nelle Alpi, col plausibile significato di "Sommo", "Alto". Il secondo membro del composto, -werth, è la forma lenita di berth "splendente" (<  protoceltico *bertos < *berktos). L'antroponimo Iôrwerth è stato associato all'inglese Edward (antico inglese Ēadward), di diverso significato ("Guardia della Ricchezza"), ma di aspetto fonetico abbastanza simile. 

Etimologia di Morganwg 

Il nome bardico Iolo Morganwg alla lettera significa "Iolo di Glamorgan". Il toponimo Morganwg, la cui ortografia  corretta è Morgannwg, risale al nome di un sovrano medievale, Morgan Hen, ossia "Morgan il Vecchio", con l'aggiunta del suffisso aggettivale -wg. L'antroponimo Morgan, dall'antico gallese Morcant, è formato da môr "mare" e da cant "cerchio". Il significato è "Cerchio del Mare". La protoforma ricostruibile di Morcant è *Morikantos. La protoforma ricostruibile dell'appellativo Hen "Vecchio" è *Senos. La protoforma ricostruibile di Morgannwg è *Morikantukos. La forma usata in inglese, Glamorgan, deriva dal gallese Gwlad Morgan, ossia "Paese di Morgan", ed è del tutto equivalente a Morgannwg. La protoforma ricostruibile è *Wlatis Morikantī, con l'antroponimo al genitivo. 

Etimologia di Gorsedd 

La parola gallese gorsedd (plurale gorseddau) significa "trono". La protoforma ricostruibile è *wersedon, derivata da *wer- "sopra" e *sedon "seggio". Iolo Morganwg ha riesumato questo termine per designare l'Assemblea dei Bardi, ma non l'ha inventato di sana pianta; era tra le altre cose già stato usato da Llywelyn Siôn nella stessa accezione. 

Alcuni link utili 





venerdì 26 maggio 2023

CRIPTOZOOLOGIA IN MADAGASCAR: IPPOPOTAMI NANI, LEMURI GIGANTI E UN CARNIVORO

Sono attestati numerosi racconti relativi a diversi criptidi presenti in Madagascar. Abbiamo a che fare con specie sorprendenti: un ippopotamo nano, svariati lemuri giganti e un fossa gigante. Queste narrazioni non sono state partorite dalla fantasia di qualche cultore degli allucinogeni fissato con i Rettiliani, quali se ne trovano nei diverticoli del Web. I criptidi in questione sono animali ben noti ai paleontologi e non è così improbabile che ne possano sopravvivere esemplari nelle regioni più impervie dell'isola. 


1) Il kilopilopitsofy

Il kilopilopitsofy è descritto come una specie di ippopotamo di dimensioni ridotte. Potremmo definirlo ippopotamo pigmeo del Madagascar. Sappiamo che fino a tempi non troppo remoti esistevano nell'isola due diverse specie di ippopotami pigmei. Nella metà del XX secolo, il naturalista ed esploratore francese Alfred Grandidier esumò circa 50 esemplari da un terreno palustre, in un luogo chiamato Ambolisatra, non lungi dal Canale del Mozambico (forse è l'attuale Ambolisaka). In seguito a una revisione del materiale, sono state identificate due diverse specie, a cui sono stati attribuiti i nomi scientifici di Hippopotamus madagascariensisHippopotamus lemerlei (Stuenes, 1989). Sulla costa orientale dell'isola sono stati rinvenuti altri resti, risultati appartenere a una terza specie, denominata Hippopotamus laloumena, poco più piccola dell'ippopotamo comune (Faure, Guerin, 1990). Da ulteriori analisi è risultata la somiglianza di Hippopotamus madagascariensis con l'ippopotamo pigmeo dell'Africa Occidentale (Choeropsis liberiensis). L'estinzione degli ippopotami del Madagascar potrebbe essere avvenuta dopo il XVI secolo o poco più tardi. Alcune ossa mostrano segni inequivocabili di macellazione, segno che questi animali venivano attivamente cacciati a scopo alimentare. Come in molti altri casi, queste pratiche venatorie eccessive devono aver portato al tracollo le specie. Anche se il kilopilopitsofy viene considerato un animale immaginario, è notevole la forza delle tradizioni orali malgasce, che insistono sulla sua esistenza contemporanea. 

Una notevole testimonianza 

Nel villaggio di Belo sur Mer (sur Mer è ovviamente francese, "sul mare"), negli anni '90 del XX secolo, il paleobiologo David A. Burney raccolse i racconti degli abitanti, in modo tra loro indipendente, che descrivevano un animale entrato in più occasioni nell'abitato. Questo essere bizzarro era grande all'incirca come una vacca, aveva colorazione scura e grugniva incessantemente; in caso di minaccia correva, si tuffava e scompariva sott'acqua. Dall'analisi delle ossa, risulta che gli ippopotami malgasci erano più agili di quelli continentali e che le loro abitudini potrebbero essere state non completamente acquatiche. Accadde che un uomo del villaggio, a cui fu chiesto di imitare il verso del misterioso animale, emise un grugnito che somigliava in modo straordinario a quello dell'ippopotamo comune (Hippopotamus amphibius). Questo individuo, di nome Jean Noelson Pascou, era un abile imitatore di versi di animali, in vita sua non era mai stato fuori dal Madagascar e non aveva mai visto un ippopotamo. 

Note etimologiche 1/2

La traduzione di kilopilopitsofy dovrebbe essere "orecchie flosce", anche se finora non sono riuscito a trovare un'analisi accettabile della parola. Sembra che la parola pitsofy significhi "soffio", mentre non sono riuscito a trovare una traduzione per la prima parte del composto, kilopilo-. La segmentazione da me tentata potrebbe essere erronea. A un certo punto ho cominciato ad avere forti dubbi sulla validità della glossa tradizionale "orecchie flosce". Dopo qualche ricerca sono approdato a un risultato interessante. In lingua malgascia sofina è la parola che significa "orecchio": mi sono reso conto che la sua radice potrebbe essere presente nella parte finale del composto, -sofy (essendo -na un comune suffisso). Quello che mi appare evidente è l'assenza di un vocabolario etimologico della lingua malgascia, che sembra essere tra le meno studiate dell'intero pianeta. 

Note etimologiche 2/2

Un sinonimo di kilopilopitsofy è tsungaomby (variante tsy-aomby-aomby), traducibile come "non vacca". Sappiamo che la parola omby "vacca" è di origine Bantu e che deve essere stata importata in Madagascar in epoca non troppo remota dall'Africa continentale. Per la formazione di tsungaomby, cfr. Kiswahili si "non" e n'gombe "vacca".
Più semplice il sinonimo omby-rano, traducibile come "vacca d'acqua": in malgascio rano significa "acqua".
Si noterà che lalomena (trascritto secondo l'uso francese come laloumena) è un altro nome malgascio dell'ippopotamo. L'etimologia è al momento sconosciuta, forse a causa dell'esiguità delle informazioni a mia disposizione.  

Nel mondo accademico sono pochi gli studiosi che si sbilanciano. La maggior parte nutre un grande terrore di una possibile smentita, così si mantiene prudente. Così c'è chi ha pensato che l'ippopotamo di Belo sur Mer fosse un normalissimo esemplare di Hippopotamus amphibius che avrebbe attraversato a nuoto il Canale del Mozambico, partendo dall'Africa continentale ed approdando sulle coste del Madagascar. Anche se tecnicamente la cosa non sarebbe impossibile, una simile proposta appare come una solenne baggianata: l'attraversamento di un così vasto braccio di mare sarebbe un evento eccezionale, contrastante con la costanza degli avvistamenti del kilopilopitsofy. Un'altra strategia comune tra i detrattori della criptozoologia è quella di affermare la possibilità di "inquinamento" da parte di conoscenze moderne: anche gli indigeni di terre lontane leggono e fruiscono dei media. Peccato che questo non possa valere per i secoli passati. 


2) il kidoky 

Il kidoky ha tutte le caratteristiche tipiche di un lemure gigante. Il paleobiologo David A. Burney e l'archeologo malgascio Ramilisonina hanno intervistato alcuni anziani nativi nel corso di una spedizione nel 1995, venendo a conoscenza di questo criptide. Queste sono le parole di Burney:  

"This animal's description is decidedly lemur-like. It was compared to the sifaka by all the interviewees who described it, although all insisted that it was not the same animal... It is much larger...perhaps 25 kg. It is usually encountered on the ground and may flee on the ground rather than taking to the trees...Its whooping call is suggestive of an indri." 

Traduzione per gli anglofobi non anglofoni:

"La descrizione di questo animale è decisamente simile a quella di un lemure. È stato paragonato al sifaka da tutti gli intervistati che lo hanno descritto, sebbene tutti abbiano insistito sul fatto che non si trattasse dello stesso animale... È molto più grande... forse 25 kg. Di solito lo si incontra a terra e potrebbe fuggire lì piuttosto che rifugiarsi sugli alberi... Il suo verso stridulo ricorda quello di un indri."

Lo stesso Jean Noelson Pascou, che aveva imitato il verso dell'ippopotamo pigmeo, disse di aver osservato da vicino un esemplare di kidoky nel 1952: era un animale timidissimo e notturno, grande come una bambina di 7 anni, aveva la pelliccia scura, con una grande macchia bianca sulla fronte e sotto la bocca. Se spaventato non si arrampicava sugli alberi, ma fuggiva correndo a quattro zampe. L'attribuzione più probabile dei kidoky è al genere Archaeolemur. Sono noti resti subfossili di due specie, scomparse in seguito all'arrivo dell'uomo sull'isola: Archaeolemur edwardsi e Archaeolemur majori. Il peso stimato è di 20-25 kg. A giudicare dalla dentatura, la dieta era onnivora. Il parente conosciuto più prossimo è l'indri (Indri indri). Ovviamente, qualora si riuscisse a fotografare un esemplare di kidoky, sarebbe possibile saperne di più. 


3) il tratratratra 

Il tratratratra (trascritto in francese come trétrétrétré) è descritto come un lemure gigante dall'aspetto oltremodo spettrale: il corpo somiglia a quello di un grosso babbuino obeso, la coda è corta, mentre il volto è perfettamente riconoscibile come umano! Così l'ottimo Étienne de Flacourt lo descrive nella sua opera seminale, Histoire de la Grande Isle del Madagascar (1658): 

"Tretretretre ou Tratratratra, c’est un animal grand comme un veau de deux ans qui a la tête ronde et une face d’homme, les pieds de devant comme un singe et les pieds de derrière aussi. Il a le poil frisoté, la queue courte et les oreilles comme celles d’un homme. Il ressemble au Tanacht décrit par Ambroise Paré. Il s’en est vu un proche de l’étang de Lipomami aux environs duquel est son repaire. C’est un animal fort solitaire, les gens du pays en ont grand-peur et s’enfuient à sa vue tout comme lui aussi d’eux."  

Traduzione per i francofobi non francofoni:

"Il Tretretretre o Tratratratra è un animale grande quanto un vitello di due anni, con testa rotonda e volto umano, zampe anteriori e zampe posteriori da scimmia. Ha il pelo riccio, una coda corta e orecchie da uomo. Assomiglia al Tanacht descritto da Ambroise Paré. Un esemplare è stato avvistato vicino allo stagno di Lipomami, dove si trova la sua tana. È un animale molto solitario; la gente del posto ne ha molta paura e scappa alla sua vista, così come lui scappa da loro."

Non si riescono a trovare specie subfossili che si possano identificare in modo plausibile con il tratratratra. Si rimarca che generi come Paleopropithecus e Megadalapis non hanno caratteristiche compatibili. 
 
Peccato che non si possano vedere esemplari viventi di questa mirabile specie: il loro volto umano potrebbe servire a dare una forte scossa a scienze languenti come la filosofia e la teologia! Se esistesse un animale che ha lo stesso sembiante di un uomo, come si potrebbe negare che sia stato fatto a immagine e somiglianza di Dio? Secoli fa qualcuno disse che osservare una scimmia gli provocava mortificanti riflessioni. Non ricordo chi sia stato, non gettatemi la croce addosso. Ricordo però una cosa. Asimov commentò tali parole dicendo che le "mortificanti osservazioni" dovevano essere di questo tenore: "L'essere umano può essere considerato una scimmia più grossa e con meno peli". Benissimo. Che avrebbe detto quel tale se avesse visto un tratratratra

Note etimologiche
 
L'origine della parola tratratratra è con ogni probabilità onomatopeica. Deve essere l'adattamento fonetico del verso emesso dal lemure, considerato dai nativi una terrificante apparizione spettrale. Secondo le superstizioni malgasce, nei lemuri si reincarnano gli spiriti dei morti, in particolare in quelli di abitudini notturne e dotati di grandi occhi.  


4) l'antamba 

L'antamba è descritto come una specie simile al fossa (Cryptoprocta ferox) ma di proporzioni più grandi, che occupava la nicchia biologica predatoria dei grandi felini. Il fossa appartiene alla famiglia degli Eupleridi (Eupleridae) ed è strettamente imparentato con lo zibetto malgascio (Fossa fossana). Così l'ottimo Étienne de Flacourt descrive l'antamba nella sua opera seminale, Histoire de la Grande Isle del Madagascar (1658): 

"Antamba, c’est une bête grande comme un grand chien qui a la tête ronde, et au rapport des Nègres, elle a la ressemblance d’un léopard, elle dévore les hommes et les veaux. Elle est rare et ne demeure que dans les lieux des montagnes les moins frequentez."

Traduzione per i francofobi non francofoni: 

"L'Antamba è una bestia grande come un grosso cane, con la testa rotonda e, secondo i Negri, simile a un leopardo, che divora uomini e vitelli. È raro e vive solo nelle zone montuose meno frequentate."  

Alla luce di queste descrizioni, è possibile identificare l'antamba con il fossa gigante (Cryptoprocta spelea), di cui sono stati trovati resti subfossili. Si noti che ancora oggi i nativi sono convinti dell'esistenza di due diverse specie di fossa: il fossa rosso (fosa mena) e il fossa nero (fosa mainty). Quest'ultimo sarebbe quello di corporatura maggiore, probabilmente corrisponde al criptide. In tal caso, fosa mainty sarebbe un sinonimo di antamba.  

Negli anni '30, il cacciatore francese Paul Cazard ricevette segnalazioni di leoni giganti che vivevano nelle caverne in zone remote dell'isola, dove uccidevano sia il bestiame che esseri umani. È plausibile che si trattasse di antamba e che le descrizioni esagerate degli animali come "leoni giganti" fossero il frutto di una potente miscela di terrore, superstizione ed ignoranza. Nel novembre 1999, venuto a conoscenza di insistenti voci sulla presenza dell'antamba, il biologo conservazionista Luke Dollar guidò una spedizione nel Parco nazionale di Zahamena, ma non ebbe successo. 

Etimologia di antamba 

Stavo quasi arrendendomi. Ero convinto che non mi fosse possibile reperire nulla a proposito dell'etimologia del malgascio antamba. Invece ho insistito e qualcosa ho trovato. In un raro vocabolario online della lingua malgascia, la parola in questione è trattata. La glossa è "animal mystérieux, sorte de chat sauvage", ossia "animale misterioso, sorta di gatto selvatico". Si specifica anche qual è il significato originale e primario: "calamità, grande sfortuna". Riporto un estratto del testo e il link.  


"Ce mot a le sens général de calamité ; grand malheur. Il désigne aussi Clerodendrum alboviolaceum Moldenke (Lamiaceae). Petit arbre rare, localisé sur les sols basaltiques et qui a la réputation de porter malheur. Dans le Sud-Est, malgré la mauvaise réputation de ces arbres, les Clerodendrum (Lamiaceae), on donnerait une tisane des feuilles en cas de perte d'appetit."

Traduzione: 

"Questa parola ha il significato generale di calamità; grande sfortuna. Si riferisce anche al Clerodendrum alboviolaceum Moldenke (Lamiaceae). Un piccolo albero raro che cresce su terreni basaltici, si dice che porti sfortuna. Nel sud-est, nonostante la cattiva reputazione di questi alberi, si dice che un infuso a base di foglie di Clerodendrum (Lamiaceae) venga somministrato in caso di inappetenza." 

Evidentemente si tratta di una denominazione eufemistica e tabuistica. 

Etimologia di fossa 

Protoforma ricostruibile: *pusa 
Significato originale:
    1) donnola dai piedi nudi (Mustela nudipes
    2) gatto 
Esiti attestati: 
   Malgasy: fosa "Cryptoprocta ferox"
   Iban (Borneo): posa "gatto" 
   Malese: pusa "gatto" 
   Malese (dialettale): pusa "donnola dai piedi nudi" 
   Malese (Sarawak): pusak "gatto" 
   Tetum: busa "gatto" 
   Tagalog: pusa "gatto" 
   Ilocano: pusa "gatto" (pl. puspusa

L'origine ultima della protoforma *pusa è con ogni probabilità onomatopeica (potrebbe essere un tentativo di imitare le fusa del gatto o il verso della donnola). 

Una curiosità scatologica 

Il fossa ha una particolarità anatomica: l'ano è nascosto da una sacca anale, che contiene grosse ghiandole le cui secrezioni fortemente odorose servono a marcare il territorio. Per questo motivo il suo nome scientifico è Cryptoprocta, che alla lettera significa "ano nascosto". Non so che odore emani questo affascinante animaletto e non ho notizia di alcuno che sia andato ad annusarlo.

venerdì 12 maggio 2023

 
KAGEMUSHA - 
L'OMBRA DEL GUERRIERO 

Titolo originale: Kagemusha (影武者 "Guerriero Ombra")
Paese di produzione: Giappone
Anno: 1980
Durata: 159 min (versione italiana)
     180 min (versione integrale)
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Rapporto: 1,85:1
Genere: Drammatico, storico
Regia: Akira Kurosawa
Soggetto: Akira Kurosawa, Masato Ide
Sceneggiatura: Akira Kurosawa, Masato Ide
Produttore: Akira Kurosawa
Produttore esecutivo:
   Akira Kurosawa e Tomoyuki Tanaka 
   (versione giapponese),
   Francis Ford Coppola e George Lucas 
  (versione internazionale)
Casa di produzione: Kurosawa Production Co., Toho,
     20th Century Fox 
Distribuzione (Italia): 20th Century Fox, Balmas
Fotografia: Takao Saitō, Masaharu Ueda
Montaggio: Akira Kurosawa
Effetti speciali: Toho Special Effects Group
Musiche: Shinichirō Ikebe
Scenografia: Yoshirō Muraki
Interpreti e personaggi:
    Tatsuya Nakadai: Takeda Shingen / Kagemusha
    Tsutomu Yamazaki: Takeda Nobukado
    Kenichi Hagiwara: Takeda Katsuyori 
    Jinpachi Nezu: Tsuchiya Sohachiro 
    Hideji Otaki: Yamagata Masakage
    Daisuke Ryū: Oda Nobunaga 
    Masayuki Yui: Tokugawa Ieyasu
    Kaori Momoi: Otsuyanokata
    Mitsuko Baisho: Oyunokata
    Hideo Murota: Baba Nobuharu 
    Takayuki Shiho: Naitō Masatoyo
    Koji Shimizu: Atobe Katsusuke
    Noburo Shimizu: Hara Masatane 
    Sen Yamamoto: Oyamada Nobushige 
    Shuhei Sugimori: Kōsaka Masanobu 
    Kota Yui: Takemaru
    Yasuhito Yamanaka: Mori Ranmaru 
    Eiichi Kanakubo: Uesugi Kenshin 
    Francis Selleck: Prete cattolico 
    Jirō Yabuki: Cavaliere 
    Kamatari Fujiwara: Dottore 
Doppiatori italiani:
    Marcello Tusco: Takeda Shingen 
    Silvio Spaccesi: Kagemusha 
    Luigi Pistilli: Takeda Nobukado 
    Rodolfo Traversa: Takeda Katsuyori 
    Dario Penne: Oda Nobunaga 
    Pietro Biondi: Tokugawa Ieyasu 
    Roberto Villa: Takemaru
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Kagemusha - Der Schatten des Kriegers 
   Francese: Kagemusha, l'Ombre du guerrier 
   Polacco: Sobowtór  
   Finnico: Kagemusha - varjokenraali 
Budget: 6 - 7,5 milioni di dollari US
Box office: 33 milioni di dollari US

Trama: 
Anno del Signore 1571. Giappone feudale, Epoca Sengoku. Il potere sull'intero Arcipelago è conteso dal clan Takeda e dal clan Tokugawa. Takeda Shingen, signore feudale (大名 Daimyō) della provincia di Kai, incontra un ladro che suo fratello Nobukado ha risparmiato dalla crocifissione a testa in giù. Questo non è accaduto per pietà (concetto sconosciuto), bensì a causa della strana  e assoluta somiglianza tra il furfante e lo stesso Shingen. 
I due fratelli concordano sul fatto che si rivelerebbe molto utile poter disporre di un sosia, così decidono di usare il ladro come guerriero-ombra (影武者 kagemusha). Sarebbe un perfetto escamotage politico che permette a Shingen di non esporsi troppo ai tempi pericolosi. Più tardi, mentre l'esercito dei Takeda assedia un castello di proprietà di Tokugawa Ieyasu, Shingen viene ferito gravemente da un colpo di archibugio. Stava ascoltando un flauto che con ostinazione suonava nell'accampamento nemico. 
Col fiato che gli resta, Shingen ordina alle sue truppe di ritirarsi. Prima di soccombere alle ferite, dà disposizione ai suoi generali di mantenere segreta la sua morte per tre anni. Nel frattempo, i rivali di Shingen, Oda Nobunaga, Tokugawa Ieyasu e Uesugi Kenshin, si interrogano sul motivo della ritirata di Shingen, ignari della sua morte. 
Nobukado presenta il ladro ai generali di Shingen, proponendogli di impersonare il signore feudale a tempo pieno. Sebbene inizialmente il ladro non sia a conoscenza della morte di Shingen, alla fine ne trova il cadavere conservato in un'immensa giara: aveva violato quella strana sepoltura credendo che contenesse un tesoro. A questo punto i generali decidono di non potersi fidare del ladro e lo congedano. Senza ulteriori perdite di tempo, la giara viene gettata nelle acque del lago Suwa. Dell'evento sono testimoni alcune spie al soldo dei Tokugawa e degli Oda. Sospettando che Shingen sia morto, vanno a riferire la loro osservazione. Tuttavia il ladro, dopo aver ascoltato i discorsi di queste spie, torna dai Takeda, riferisce tutto e si offre di lavorare come kagemusha. Il clan accetta la proposta e continua l'inganno; per calmare l'inquietudine del volgo, fa annunciare che la giara conteneva un'offerta di sakè alla divinità del lago. Le spie, tornate per origliare, vengono infine convinte dalle grandi capacità recitative del ladro. 
Rientrato al castello, il kagemusha convince il seguito di signore della guerra dei Takeda imitandone i gesti e scoprendo sempre di più su di lui. Quando il kagemusha deve presiedere una riunione del clan, Nobukado gli ordina di rimanere in silenzio finché i generali non avranno raggiunto il consenso. A questo punto il kagemusha si limiterà a concordare con il piano dei generali e a sciogliere il consiglio. Esiste tuttavia un grave problema: Katsuyori, il figlio di Shingen, è indignato per il decreto del padre, che prevede una durata di tre anni per l'inganno. Questo infatti ritarderebbe il passaggio dell'eredità al giovane e la sua guida del clan. Katsuyori decide quindi di mettere alla prova il kagemusha di fronte al consiglio, con la speranza di farlo crollare, ben sapendo che la maggior parte dei presenti è ancora all'oscuro della morte di Shingen. Così, durante una riunione, chiede direttamente al kagemusha quale linea d'azione intraprendere, ma questi è in grado di rispondere in modo perfettamente appropriato, per di più con lo stesso tono di Shingen, convincendo ulteriormente i generali.
Nel 1573, Oda Nobunaga mobilita le sue forze per attaccare Azai Nagamasa, continuando la sua campagna nell'Honshū centrale per mantenere il controllo di Kyōto contro la crescente opposizione. Quando le forze dei clan Tokugawa e Oda lanciano un attacco contro i Takeda, l'impulsivo Katsuyori inizia una controffensiva contro il parere dei suoi generali. Il kagemusha è quindi costretto a guidare i rinforzi nella battaglia di Takatenjin e contribuisce a ispirare le truppe alla vittoria. La sua recitazione è all'apogeo. Tuttavia, in un successivo impeto di eccessiva sicurezza, decide di cavalcare il cavallo notoriamente bizzoso di Shingen e cade in modo rovinoso. Quando coloro che accorrono in suo aiuto si accorgono che non ha le cicatrici di battaglia di Shingen, viene smascherato come un impostore, finisce in disgrazia e viene cacciato in malo modo, permettendo a Katsuyori di succedere al padre, assumendo il comando dell'esercito del clan. Percependo l'estrema debolezza del nemico, le forze degli Oda e dei Tokugawa si sentono incoraggiate a lanciare un'offensiva su vasta scala, penetrando in profondità nel territorio dei Takeda. 
Nel 1575 Katsuyori guida una controffensiva contro Oda Nobunaga a Nagashino. Nonostante l'immenso valore dell'assalto, diverse ondate di cavalleria e fanteria dei Takeda vengono sterminate dalle raffiche di fuoco degli archibugieri schierati dietro le palizzate di legno. L'intero esercito del clan Takeda è annientato. Il kagemusha, che aveva seguito l'esercito dei Takeda, impugna disperatamente una lancia e carica verso le linee degli Oda prima di essere colpito a sua volta. Ferito a morte, tenta di recuperare lo stendardo fūrinkazan, caduto in un fiume, ma soccombe alle ferite e viene trascinato via dalla corrente. È come se con quel gesto folle di insensato eroismo, avesse dato senso alla sua esistenza, anche soltanto per una manciata di istanti. 

Citazioni:  

"Io non ho rubato che un po' di soldi, qualche manciata di roba, e nient'altro! E mi chiamate criminale! Un delinquente della vostra forza! Ma se voi ne avete uccisi a migliaia, e saccheggiato intere regioni! ... Chi è più colpevole?! Voi o io?"
(Il ladro, rivolto al Principe Shingen) 

"Quello che hai detto è la verità. Forse non c'è un delinquente peggiore di me. Ho scacciato mio padre, con le armi, e ho ucciso il mio primo figlio. Farei qualsiasi cosa per poter arrivare a dominare tutto il nostro Paese. In un mondo in cui il sangue si lava col sangue, se non verrà qualcuno, qualcuno che ci unisca e che imponga la sua legge in nome dell'Imperatore, i fiumi di sangue scorreranno ancora, e le montagne di cadaveri si innalzeranno sempre di più."
(Il Principe Shingen, in risposta al ladro)


Recensione: 
Gran parte del film racconta eventi storici reali, tra cui la morte di Shingen e il segreto durato due anni (sui tre previsti), nonché la cruciale battaglia di Nagashino del 1575. Anche queste scene sono modellate fedelmente sui resoconti dettagliati della battaglia. L'adattamento delle vicende storiche può essere considerata un'impresa sovrumana. La complessità della politica del Giappone feudale è tale che occorrono grandi capacità per poterla seguirla in dettaglio. Vidi Kagemusha per la prima volta al cinema e ne rimasi conquistato. La sua lentezza, che molti considerano esasperante, non mi pesava affatto. Anche se non tutto mi era chiaro, mi sembrava di essere immerso in quel contesto così diverso da qualsiasi cosa a me nota, tanto da poter essere quasi parte di un altro pianeta - se non fosse stato per pochi ma significativi dettagli: le armi da fuoco e i missionari. Nacque in me un particolare interesse per la storia del Giappone, che cominciai ad approfondire. 

Spettacolare Tasuya Nakadai nel doppio ruolo di Takeda Shingen e del guerriero-ombra!  
Notevole l'interpretazione dell'attore Daisuke Ryū nel ruolo di Oda Nobunaga. Quando riceve notizie non convincenti dalle spie, va in escandescenze. I suoi occhi palpitano d'ira, ardono a tal punto da trasmettere una profonda inquietudine. Considerando che gli occhi sono scurissimi, come per la massima parte degli abitanti dell'Arcipelago, il risultato è ancor più eccellente! 
Meno convincente è invece l'interpretazione di Masayuki Yui nel ruolo di Tokugawa Yeyasu. Sembra che l'attore, grassoccio e impacciato, sia poco entusiasta. Eppure dispensa parole di un'immensa saggezza: "Anche se lui (Shingen) mi ha sconfitto nella battaglia di Mikatagara, non sono un vile e non mi posso rallegrare di una sventura capitata al mio più grande nemico."
Ci sono anche due scene in cui la tensione sembra venir meno per qualche istante, per lasciar spazio a una certo umorismo: 
1) L'archibugiere paffuto e grottesco spiega a tre esponenti degli Oda, dei Tokugawa e dei Toyotomi come ha sparato a Shingen, puntando l'arma da fuoco verso un seggio su cui si sarebbe dovuto sedere un nobile, usando un peso per segnare il punto esatto da cui aveva preso la mira, marcandone la posizione con alcuni sassi, per poi aspettare la notte e sparare alla cieca. 
2) I Takeda temono che che il kagemusha possa essere scoperto dalle concubine di Shingen. Un anziano generale ripete quanto già era stato deciso a proposito del cavallo bizzoso, che si lasciava montare soltanto dal suo padrone: "Il Principe Shingen è stato ammalato e perciò, come abbiamo già detto, deve astenersi dal cavalcare"

I colori incantano gli occhi, dall'inizio alla fine. Non mancano gli spunti di riflessione filosofica sull'identità dell'individuo, sulla sua consistenza o sulla sua illusorietà. La cura dei dettagli è quasi maniacale: si notano le insegne autentiche dei clan in lotta. Per trovare alcune inesattezze, bisogna scavare a fondo. Mi dispiace soltanto di non essere mai riuscito a reperire la versione integrale, quella che dura tre ore! 


Sequenze oniriche

I sogni del guerriero-ombra sono caratterizzati da colori sgargianti, chimici, psichedelici, che aggrediscono gli occhi. Egli vede se stesso dall'esterno, come in un trip indotto dal peyote! La giara colossale in cui è stato sepolto il Daimyō dei Takeda si erge su una distesa di polimeri biancastri, leggeri come l'aria, che disegnano un paesaggio di dune sulle rive di un lago di sangue corrotto. Il cielo è pieno di nubi variopinte, che disegnano strutture cristalline. Il colore della giara funebre è bruno scuro e richiama la Morte. Subito il massiccio recipiente va in frantumi e ne esce un morto vivente: Shingen in armi e corazza, col volto violaceo, gli occhi senza iride né pupilla! Lo zombie avanza minaccioso verso il kagemusha, Il suo volto è bagnato, come se il percolato cadaverico lo ricoprisse. Poi, a un certo punto l'armigero si ferma e si volta, andandosene via. Il kagemusha è smarrito, sconvolto come se gli fosse venuto a mancare un riferimento fondamentale. Si inoltra nelle candide dune, ma si perde. Si sveglia di soprassalto, terrorizzato, madido di sudore!      


Produzione 

Quando la casa di produzione Toho Studios non riuscì a soddisfare le richieste di budget del film, i registi americani George Lucas e Francis Ford Coppola intervennero per aiutare Kurosawa. Il regista nipponico era in visita a San Francisco nel luglio del 1978 e incontrò Lucas e Coppola. I due convinsero la 20th Century Fox, ancora sulla cresta dell'onda dopo il successo di Guerre stellari (Star Wars, 1977) di Lucas, a finanziare in anticipo il film e a finanziare la parte rimanente del budget. Ciò avvenne in cambio dei diritti di distribuzione mondiale del film al di fuori del Giappone. I diritti di distribuzione di un film giapponese sono stati venduti in anticipo per la prima volta a un importante studio di Hollywood.  
Dopo aver assistito Kurosawa nella raccolta di fondi, George Lucas e Francis Ford Coppola furono produttori esecutivi e supervisionarono la preparazione delle copie sottotitolate in inglese. La pubblicità sosteneva che i sottotitoli fossero tra i più chiari e facili da leggere mai visti su un film in lingua straniera. Inoltre, i due promossero attivamente la pellicola nel mondo occidentale e in particolare nei territori di lingua inglese. 

Le scene di battaglia resero necessario l'impiego di centinaia di cavalli e migliaia di comparse. Secondo George Lucas, erano almeno cinquemila le comparse nella sequenza finale della battaglia di Nagashino del 1575. Le riprese del film durarono nove mesi. Quasi due mesi furono dedicati alle scene finali della battaglia nella pianura di Yuhara, a Hokkaidō. Kurosawa si affidò ai consigli del suo amico Ishirō Honda, che vantava esperienza militare e conoscenze nel campo degli effetti speciali cinematografici. Honda dirigeva e coordinava le formazioni dei soldati. Costumi e armature autentici del XVI secolo furono prestati dai musei giapponesi affinché gli attori li indossassero nel film. Si dice che fossero importanti tesori nazionali del Giappone. 

Inizialmente, Shintarō Katsu avrebbe dovuto interpretare il ruolo del protagonista, ma Kurosawa lo scartò per via di un singolare incidente: Katsu si era presentato a una prova con una videocamera, dicendo che voleva documentare l'esperienza per un corso di recitazione che stava tenendo. Dopo che Kurosawa licenziò Katsu dal ruolo principale, i produttori americani chiesero che al suo posto venisse scelta una star di fama internazionale. Poiché Kurosawa si era allontanato da Toshirō Mifune più di un decennio prima, Tatsuya Nakadai era la sua unica opzione praticabile. Consapevole della situazione, Nakadai accettò la parte senza nemmeno leggere la sceneggiatura. In seguito ammise che la decisione non fu facile, dato che era in buoni rapporti con Katsu. A quanto pare, Katsu non parlò con Nakadai per diversi anni dopo l'accaduto: era permalosissimo! 


Kurosawa e i Kirishitan
 
I Kirishitan, ossia i Cristiani, nel cinema giapponese sono quasi un tabù - sia quelli dell'epoca feudale che i loro discendenti in tempi più moderni. In realtà ci sono alcune pellicole nipponiche che trattano specificamente l'argomento, ma sono di nicchia e quasi sempre difficilissime da reperire. Allo stato attuale delle mie conoscenze, ne posso giusto citare pochissime: Amakusa Tokisada - The Rebel (Amakusa Shirō Tokisada, Nagisa Ōshima, 1962), Silence (Chinmoku, Masahiro Shinoda, 1971) e Il Cristo di bronzo (Seidō no Kirisuto, Minoru Shibuya, 1955). Quando si riesce a trovare una di queste opere, bisogna rassegnarsi a visionarla in giapponese, senza sottotitoli. Non si capisce il perché di questa interdizione perpetua, dato che i Kirishitan non sono certamente più un pericolo per la società nipponica. Attualmente non possono nemmeno più essere definiti "cristiani" in senso stretto: la loro è piuttosto una religione popolare giapponese, come quella di tante congregazioni buddhiste e shintoiste. In Kagemusha, Kurosawa ritrae il Secolo Cristiano del Giappone mostrando soltanto un missionario nell'atto di benedire un non ancora anticristiano Nobunaga, senza fare altri riferimenti espliciti ai Kirishitan. Per quanto ne sappiamo, quell'inserviente dei Takeda o quell'altro potrebbe essere un Kirishitan. Lo stesso kagemusha potrebbe essere un Kirishitan. Non lo sappiamo con certezza, possiamo soltanto analizzare gli indizi, ruminandoci sopra. 

In origine nella pellicola c'era una seconda comparsa di un ecclesiastico. Kurosawa ha dato una piccola parte al suo attore fisso di lunga data Takashi Shimura. Kagemusha è stato l'ultimo film di Kurosawa in cui appare Shimura, anche se la scena è stata tagliata dalla versione estera del film. La sua modesta parte è quella di un servitore che accompagna a un incontro con Shingen un missionario cattolico le cui mansioni includono l'esercizio della professione medica. Questa è un'ulteriore prova dell'interesse del regista per i Kirishitan. L'edizione DVD del film della Criterion Collection ha ripristinato questa scena del missionario ricevuto da Shingen e circa altri diciotto minuti della pellicola. Shimura è deceduto nel 1982, due anni dopo l'uscita di Kagemusha.   

 
Un simbolo occulto? 

Nella sequenza iniziale della pellicola, quando il ladro è portato al cospetto dei Takeda, si nota sulla parete un simbolo bizzarro. Consiste in un rombo attraversato da una specie di croce di Sant'Andrea, che è il vessillo Takeda - ma è un po' deformato, somiglia quasi a un fiore. Ovviamente non ha origini cristiane, ma si nota che a questa composizione è sovrapposta una diversa croce, con bracci orizzontali lunghi e bracci verticali corti. Sembra una croce cristiana coricata: se si facesse ruotare il simbolo di 90 gradi, la somiglianza sarebbe evidente. Lo stesso stemma composto ricorre anche in altre sequenze. Perché Kurosawa avrebbe nascosto qualcosa di Kirishitan nel suo film? Nell'Epoca Sengoku non c'era alcun bisogno di nascondere croci, perché il Cristianesimo era rampante, si diffondeva e non era perseguitato. Soltanto nella successiva Epoca Edo, in piena persecuzione, sono state adottate tecniche di occultamento delle croci cristiane. Ebbene, quello che reputo probabile è che Kurosawa abbia voluto attirare l'attenzione su qualcosa che riguarda le proprie origini. 
Potrei anche sbagliarmi. Non è facile districarsi in un groviglio di linee e di simboli così inconsueti. Vorrei che intervenisse qualche esperto di storia e cultura del Giappone feudale, per dirmi ciò che pensa della mia idea. Sono tuttavia quasi certo che non accadrà. 


Il suicidio rituale dei Takeda 

Un intero clan è votato all'annientamento. I Takeda si immolano finendo falciati dalle raffiche degli archibugi, perché sono vincolati dall'Onore, che impone loro di obbedire al loro capo fino all'estremo sacrificio. Katsuyori, dipinto dal regista come un uomo stupido e testardo, ignora un portento funesto, l'arcobaleno apparso sulle rive del lago in cui è stato sepolto Shingen. Così il fato del suo clan si compie in modo ineluttabile. La catastrofe viene presentata come un vero e proprio atto di immolazione collettiva. 
In realtà il completo sterminio dei Takeda e la morte di Katsuyori non avvennero nel 1575 nella battaglia di Nagashino, bensì nel 1582 nella battaglia di Tenmokuzan - anche nota come battaglia di Toriibata. Kurosawa ha presentato i fatti di Nagashino, con gli archibugieri che sparano dalla palizzata, come l'epilogo dei Takeda. In realtà a Nagashino andarono perduti i due terzi delle forze armate di Katsuyori, che tuttavia riuscì a scamparla. In seguito, il Daimyo dei Takeda decise di dare fuoco al castello di Shinpu, che era incapace di difendere con i pochi uomini rimasti, e di ritirarsi tra le montagne. Il suo intento era asserragliarsi in un'altra fortezza a Iwadono, che era custodita dal suo vassallo Oyamada Nobushighe. Questo vassallo si ribellò e negò l'ingresso a Katsuyori e ai suoi. L'esercito di un generale degli Oda, Takikawa Sakon, piombò sui Takeda facendone strage. Di fronte a questo disastro, Katsuyori fece seppuku assieme a tutta la sua famiglia.  


Il Giappone, il vino e l'Occidente

Ad un certo punto, Oda Nobunaga riceve Tokugawa Ieyasu nel suo campo e gli offre una bevanda inconsueta nel Giappone dell'epoca: il vino. Ieyasu guarda con sospetto quel liquido di un colore violaceo e scuro, che gli appare innaturale. Quando, spinto da Nobunaga ("Il colore è quello del sangue, ma è vino straniero"), si decide finalmente ad assaggiarne un sorso, ne rimane disgustato. L'episodio desta grande ilarità nel suo ospite e nel giovane servitore. Il giovane Nobunaga era ambizioso e intraprendente, amante delle novità e insaziabile nella sua brama di conoscere il mondo nuovo che gli lasciavano intravedere le genti giunte dal lontano Occidente. Portoghesi, Spagnoli, Olandesi, portavano cose nuove, incredibili, che potevano essere di grandissima utilità, come ad esempio le armi da fuoco, tecniche e nozioni mai viste prima. Portavano anche nuove idee, come il Cristianesimo. Tutto ciò ha avuto esiti paradossali. Col passare degli anni, man mano che si approfondiva la conoscenza di Nobunaga e di Ieyasu, l'Occidente cominciava a piacere loro ogni giorno di meno. Se i Gesuiti all'inizio erano parsi potenziali alleati, a un certo punto fu chiara la loro estrema pericolosità per il Giappone. In particolare, le cose cambiarono in modo drammatico quando venne al pettine un nodo molto problematico: la pederastia! Sia Nobunaga che Ieyasu erano pederasti. Facevano travestire dei giovanotti femminei e li sodomizzavano, deponendo lo sperma nelle feci. Queste costumanze non piacevano affatto ai missionari, che esercitavano pressioni fortissime perché fossero abbandonate. Quando riuscì a prendere il potere assoluto, il nobile Tokugawa rese il Giappone un Paese chiuso (鎖国 Sakoku
), ossia blindato, posto in isolamento. Gli stranieri furono tenuti lontani e considerati come portatori di peste. 

Alcune note etimologiche

Anche a costo di ripetermi all'infinito, sono convinto fermamente che non sia possibile avvicinarsi alla conoscenza più profonda delle persone e delle cose se non si compie un'approfondita ricerca etimologica. Se non si conosce la corretta etimologia di un nome, ciò che designa perde parte della sua sostanza ontologica, si fa sfocato, fino a non riuscire più a comunicare nulla. Certo, mi si dirà che non è un'impresa facile, perché la scienza etimologica ha spesso confini incerti. Bisogna saper discriminare tra ciò che è verosimile e ciò che è invece una grottesca invenzione di una mente confusa. 


Etimologia di Kagemusha

No. Con buona pace di Giovanni C., il nome Kagemusha non significa "fa la cacca moscia". In giapponese kage significa "ombra", mentre musha è la parola che significa "guerriero".  Così 影武者 Kagemusha significa "Guerriero Ombra". Si tratta di un composto ibrido e strano: il primo membro, 影 kage, è una parola giapponese autoctona (pronuncia kun'yomi), mentre il secondo membro, 武者 musha, è formato da due parole importate dal cinese (pronuncia on'yomi): 武 bu "guerra" e  sha "persona", "uno che". Parole giapponesi autoctone per esprimere il concetto di "guerra", "combattimento", "battaglia" sono  ikusa,  take戦い tatakai. La parola giapponese autoctona per esprimere il concetto di "persona" è  mono (scritta もの in sillabario Hiragana). Composti difficili come ikusamono "guerriero" e takemono "guerriero" sembrano esistere, anche se sono senza dubbio poco usati. Della stessa etimologia di musha, ma con un diverso secondo membro, è 武士 bushi "guerriero", "samurai" (la pronuncia è simile a quella del cognome anglosassone Bush!). La trasformazione della sillaba bu- iniziale in mu- nella parola musha è un fenomeno non inusuale. 


Etimologia di Shingen 

Il Signore di Kai, 武田 信玄 Takeda Shingen, da bambino era chiamato 太郎 Tarō ("Figlio più anziano") o 勝千代 Katsuchiyo ("Mille Vittorie"). Quando divenne maggiorenne, gli fu dato il nome 晴信 Harunobu ("Fedeltà della Primavera"), ma  in seguito scelse una vita ascetica e adottò un nome collegato alla pratica del Buddhismo: 信玄 Shingen ha una pronuncia di origine cinese (on'yomi) e deriva dalle parole 信 shin "verità", "credere" e 玄 gen "misterioso", "cosa occulta". Era il nome del monaco suo padre spirituale. 
Shingen è spesso chiamato "la Tigre del Kai" (甲斐の虎 Kai no tora) per le sue eroiche gesta sui campi di battaglia. Nel film si nota che Oda Nobunaga chiama Shingen "Scimmia dei monti Kai", con evidente disprezzo. 


Etimologia di Takeda 

Il nome del clan 武田 Takeda, scritto anche 竹田ha un'etimologia piuttosto ambigua, potendo significare "Risaia della battaglia" o "Risaia del bambù". Infatti esistono due parole omofone: 武 take "battaglia", "guerra" e 竹 take "bambù". Il suffissoide  ta, lenito in -da a causa della posizione intervocalica dell'antica occlusiva dentale -t-, significa "risaia" e compare in numerosi cognomi (tra questi anche Oda, vedi sotto).  


Etimologia di Oda 

Il nome del clan 小田 Oda, scritto anche 織田, ha un'etimologia piuttosto ambigua, potendo significare "Piccola risaia" o "Risaia intrecciata". Infatti esistono due parole omofone: 小 o- "piccolo" e 織 o- "tessere, intrecciare". Il suffissoide  ta, lenito in -da a causa della posizione intervocalica dell'antica occlusiva dentale -t-, significa "risaia". Ota è una variante arcaizzante e attestata di Oda, priva della lenizione.  
Il nome 信長 Nobunaga è un composto di 信 nobu "fedele", "fedeltà" e 長 naga "cosa lunga", "capo". Significa "Capo Fedele". 


Etimologia di Tokugawa 

Il nome del clan 徳川 Tokugawa deriva da toku "virtù", "benevolenza" o "bontà" e da 川 gawa "fiume". Significa quindi "Fiume della Virtù", "Fiume della Benevolenza". La nobile casata in origine si chiamava 松平 Matsudaira, che deriva da 松 matsu "pino" e da  daira "pianura", "campo (pianeggiante)". Significa quindi "Pianura del Pino". Talmente contorta è la storia dei diversi nomi portati da Tokugawa Ieyasu, che già soltanto cercare di esporla e di razionalizzarla provoca l'emicrania. Per riassumere la questione, durante l'infanzia era chiamato 松平 竹千代 Matsudaira Takechiyo, poi divenne 松平 次郎三郎 元信 Matsudaira Jirosaburo Motonobu, quindi 松平 蔵人佐 元康 Matsudaira Kurandonosuke Motoyasu e infine arrivò al definitivo 徳川 家康 Tokugawa Ieyasu
Il nome 家康 Ieyasu è un composto di 家 ie "casa" e 康 yasu "pace, tranquillità". Significa "Tranquillità della Casa". 
Quella era una società stratificata in modo incredibile, dove non ci si poteva permettere il lusso di sbagliare o di non tenere bene a mente qualcosa.  


Altre recensioni e reazioni nel Web 

Sempre utilissimo è il sito di critica cinematografica Il Davinotti, che dedica una pagina all'importante capolavoro di Kurosawa. 


Riporto un collage di frammenti estratti dai commenti a mio avviso più interessanti: 

Belfagor ha scritto: "Il guerriero ombra è un guscio vuoto, il termine ultimo della spersonalizzazione indotta dalla guerra. L'identità del protagonista si disperde in modo lento ma costante, culminando nella maestosa battaglia finale." E ancora: "Il potente cromatismo delle scene di massa e l'atmosfera shakespeariana mettono in luce il fondamentale (anti) titanismo della storia." 
Daniela ha scritto: "Opera paradossale: temi tanto intimi quali quelli della ricerca della propria identità, della dicotomia fra essere ed apparire, del rapporto fra volto e maschera in cui talvolta è l'abito a fare il monaco, che si inseriscono nel quadro di un monumentale affresco storico, di grande potenza visiva." 
Pigro ha scritto: "La storia in sé è sottilissima nel tratteggiare la psicologia del simulatore sempre più immedesimato. Ma il film procede con una lentezza incongrua e ingiustificata, che spesso distilla ciò che non è necessario distillare." La sua conclusione è eccessiva: "Capolavoro mancato."
Pinhead80 ha scritto: "La lentezza non lo rende facilmente fruibile ma rimane comunque un capolavoro. La storia affascinante e l'attesa di uno scontro che sembra non arrivare mai sono solo due degli innumerevoli elementi che rendono questa pellicola unica."