martedì 28 maggio 2019


IL COMUNISTA

Autore: Guido Morselli
Anno di scrittura: 1964-65
Lingua: Italiano  
Prima edizione: 1976
Altre edizioni: 1981, 2014 
Editore: Adelphi
Collana: Narrativa contemporanea; Fabula 
Pagine: 359 pagg.

Genere: Romanzo
Sottogeneri: Narrativa psicologica, politica, fantapolitica
Codice EAN: 9788845908378


Trama: 
Walter Ferranini è un comunista di Reggio Emilia, deputato del PCI. Duro e puro, è talmente idealista da vivere in condizioni di grande austerità anche a Roma, città eterna di crapule, bagordi e depravazioni, capitale di ogni corruzione e decadenza, madre dei vizi. Egli ha un carattere spigoloso, tanto da sembrare "tagliato con l'accetta in un legno ruvido". Il dogma marxista gli impone di credere che la natura dell'essere umano sia buona, sebbene la sua personale esperienza gli suggerisca piuttosto il contrario. Inizia così, in modo silente e inavvertito, un dissidio ideologico. Dapprima strisciante, il dubbio si insinua nel suo intelletto, per diventare poi sempre più manifesto. Se da una parte il PCI è per Ferranini una Chiesa, una specie di conventicola religiosa in cui egli stesso ricopre la carica di Vescovo, dall'altra gli eventi lo portano a simpatizzare per il torinese Roberto Mazzola, un dissidente che con le sue idee eterodosse si è attirato la censura degli inquisitori comunisti. Eppure l'eretico Mazzola è un comunista vero in tutto e per tutto, uno stalinista genuino che ha resistito alla destalinizzazione divenuta all'improvviso il nuovo Pensiero Unico del Partito, dopo anni di stalinismo professato come unica possibilità ideologica. L'uomo di Reggio, pur portando avanti la propria esistenza in condizioni apparentemente coerenti, ha tuttavia un punto debole di non poco conto: la sua relazione adulterina con Anna "Nuccia" Corsi, moglie del cornuto Cesare Lonati. Questa sensuale vulnerabilità gli attira presto le attenzioni degli organi inquisitoriali del PCI, con conseguenze tutt'altro che piacevoli. A complicare la situazione è l'amore struggente che Ferranini continua a provare per la sua ex moglie americana, Nancy Demarr, da cui il Destino l'ha separato anni prima. Farà di tutto per ricongiungersi a lei, anche a costo di camminare nella neve, in mezzo alla tormenta, venendo quindi ricoverato in ospedale. Non avrà fortuna, come in nessuna sua impresa dalla sua infanzia in poi: non riuscirà a rimettersi insieme all'adorata Nancy, perderà Nuccia, sarà trattato con gelo dalla dirigenza del Partito e da quelli che considerava amici. In buona sostanza, la sua vita sarà come un albero ridotto a segatura di rodilegno. 

Recensione:
Un libro eccellente che ho amato fin da subito. Ho sempre considerato i vincenti come nemici da odiare e sono invece incline a solidarizzare coi perdenti, genere a cui io stesso appartengo. Non ho vergogna ad ammetterlo. In fondo, come diceva Michael Ende, le storie dei vincenti sono tutte uguali e quindi oltremodo noiose, mentre ogni perdente è un caso a sé. Non c'è una sola storia di uno sconfitto che sia assimilabile a un'altra, per questo vale la pena di immergersi nella loro lettura.


N.B. 
I grassetti nei brani morselliani citati nel seguito sono miei, allo scopo di evidenziare parole degne della massima attenzione. 

Il formaggio invernengo 

Una parola che non conoscevo: invernengo (variante vernengo). Dicesi del parmigiano reggiano ottenuto dal latte raccolto da ottobre ad aprile; in Lombardia si chiamava invernengo il grana padano con simili caratteristiche. Più in generale, secondo i vocabolari della lingua italiana, l'aggettivo indica prodotti agricoli a maturazione tardiva, inclusi i cereali. La radice della parola è chiaramente inverno, stagione in cui questo genere di alimenti pregiati veniva prodotto, con l'aggiunta del ben noto suffisso germanico -ing che forma i patronimici e numerosi aggettivi, importato dalla lingua longobarda. Si può considerare lo stravagante vocabolo come un interessante ibrido romanzo-germanico. Un aggettivo ormai desueto, formato in modo simile, è maggengo "del mese di maggio". Riporto il brano in cui si menziona il formaggio invernengo, perché è una preziosa testimonianza di un tempo ormai scomparso e una miniera per noi antropologi. 

- Abbiamo preso il caffè, - fece Amos con la buona volontà di distrarlo - e ci siamo scordati il formaggio. Che reggiani siamo?
Avanzava il cameriere per sparecchiare, gli ordinarono di portarne. Ripresero a mangiare in silenzio, e solo Bignami Vittorio trovò modo di ammirare le 'ciccette' di due forestiere floreali e fuori stagione (tedesche, inglesi? bisogna venire a Roma per vederne), che si mettevano a desco in quel momento a due passi da loro. Amos commentava il formaggio reggiano, a bocca piena: - Questo è nostro autentico,
invernengo. Latte di due mungiture. Una volta ce n'era tanto poco in mercato che non arrivava, non dico a Roma, nemmeno a Bologna. Dopo la guerra, sono state le bacine di ferro al posto dei secchioni di legno, sono state le stufe elettriche nelle casere a fare crescere il rendimento, e tu sai, Ferranini, che per questo ci sono voluti i consorzi dei lavoratori come la CAP, e le cooperative, ci sono voluti i Collina, i Maccaferri e (diciamolo!) i Bignami. Del lavoro ne abbiamo fatto, tu che ci sgridi. Sono miliardi che non vanno più in tasca ai padroni, se li spartiscono i lavoratori.

Per maggiori informazioni e approfondimenti rimando a una fonte autorevole: 


Non smetterò mai di lamentarmi dell'Oblio che inghiotte ogni cosa, facendo scomparire anche dettagli di cose quotidiane a cui tutti siamo abituati, particolari a cui nessuno sembra più interessarsi.

Un sorprendente neologismo 

Morselli ci lascia intravedere qualcosa della vita intima del deputato Ferranini e della sua amante. Ovviamente, data l'epoca, non possiamo aspettarci i pompini: anche in contesti adulterini la sessualità era gravata da fin troppi tabù. Possiamo però gustarci un vocabolo morboso, il verbo "nucciare"

- La vita privata piace anche a te, chi è che dice: nucciare? Ho voglia di nucciare? Su sgelati, da bravo, chi l'ha inventata quella parola?
Ferranini non era forse un ossessivo ma era sfornito di senso umoristico, questo di sicuro. E abituato a prendere le cose sempre sul serio ne faceva merito alla sua origine: noi emiliani siamo tutti così.
- Non c'entra. La colpa è tua che me l'hai fatta trovare.
 


La formazione è unica nel suo genere. Almeno questa è la conclusione a cui mi porta la mia limitata e infelice esperienza col gentil sesso. Questo è un verbo derivato da un nome proprio: nucciare viene da Nuccia, che è un ipocoristico di Anna (deriva da una semplice abbreviazione di Annuccia). Resto sempre stupefatto davanti a queste bizzarre formazioni che oscurano il nome d'origine. Il record lo batte forse il piemontese Notto per Giuseppe (da Pinotto, a sua volta diminutivo di Pino, che è da Giuseppino). Sarebbe interessante cercare di capire cosa abbia spinto Morselli a inventare il verbo nucciare, se la cosa abbia una radice nel suo oscurissimo passato.     

La Rivoluzione nelle ferrovie 

Nessuno al giorno d'oggi ha la benché minima nozione del Piano Keller. Deve essere una di quelle note a piè di pagina in libri storici altamente specialistici. Morselli ci illustra per sommi capi questa realtà obliata. Keller fu un collaboratore di Lenin che riorganizzò le ferrovie russe. Le ferrovie italiane, in mano a militanti comunisti, erano state predisposte per la Rivoluzione. Il compagno Panciroli ce ne parla: 

"... secondo il nostro piano le linee Piacenza - Arezzo e Ferrara - Ancona sono divise in tanti trochi, ognuno affidato a un gruppo, suddiviso in varie squadre per i diversi compiti. Perché sono previsti due tipi d'intervento: l'operazione E (esercizio), e l'operazione 5 (sabotaggio e interruzione del traffico). Ho una squadra al deposito di locomotive, una che si occupa della linea, un'altra della rete aerea, una quarta degli scambi e segnali eccetera." 

All'organizzazione rivoluzionaria descritta da Morselli è subentrata un'entropia diffusa: assenza di manutenzione, malfunzionamenti, disservizi continui, neghittosità cronica, occasionali incidenti e via discorrendo.

Le opinioni di Ferranini sul dialetto 

Ferranini ritiene un bene la decadenza del dialetto emiliano. Il dogma comunista afferma "Proletari di tutto il mondo unitevi". Il punto è che per unirsi bisogna intendersi, fa notare il ruvido deputato. La necessità impellente è a suo avviso "raggiungere almeno il livello nazionale e lasciar perdere il reggiano, il modenese o il piemontese". L'uso della lingua locale è visto come "retorica borghese, magari mascherata da sinistrismo", il cui scopo è mettere in satira il mondo dei lavoratori. L'ideologia comunista fu ostile ai dialetti almeno quanto quella fascista. Eppure lo stesso Ferranini si lascia scappare una parola emiliana italianizzata: sgurare, da sgurèr "pulire, dirozzare". L'etimologia è dal latino secūris "scure": *secūrāre "passare la scure".    

Cooperative che impiantano camorra 

Sono rimasto particolarmente colpito da un brano in cui si parla di una gestione un po' disinvolta dei lavoratori, un malcostume che in Italia non è certo una novità. I responsabili, mirabile dictu, non erano capitalisti borghesi, bensì marxisti che almeno a parole condannavano ogni sfruttamento:   

Erano arrivati verso mezzogiorno nella Bassa, e visitarono il Mobilificio Operaio di Fratta Po, che l'Ancillotti presentava come una roccaforte del partito e un esemplare di organizzazione aziendale. Ferranini, critico, si provò a fare qualche domanda e venne in chiaro questo: il mobilificio non era per niente in regola coi contributi, e non ne teneva nessuna contabilità; e su trentaquattro uomini ben quattro, meridionali immigrati, non avevano neppure il libretto di lavoro.
Il ragioniere Bolognesi, il dirigente, messo alle strette tirò fuori che "si era in famiglia" e che la gente stava meglio così, senza tante trattenute e formalità. Ferranini gli fece notare che nel più vecchio dei tre laboratori le seghe circolari mancavano di dispositivi di sicurezza, prescritti da una legge che pure è assai poco esigente in materia di prevenzione degli infortuni. Gli disse, tranquillo: - Io porterò i fatti a conoscenza degli organi competenti. Le tue ragioni le farai valere in quella sede. Se hai in testa di metterti in regola, bene, se no mi impegno personalmente a farti sospendere il lavoro. - Siccome il ragionier Bolognesi brontolava, bella solidarietà, e lasciava capire che in Federazione c'era chi lo avrebbe difeso (vedi Viscardi), Ferranini aggiunse: - Ti posso garantire che la tua tessera 59 è in pericolo. Essere comunisti significa essere pronti a sacrificarsi,
non a impiantare camorra. Mi capisci? Te lo dice il compagno Ferranini, uno che anche oggi sta pagando di persona. - Fubini lo guardò. 

Ogni ideologia, per quanto utopista possa sembrare, è lesta ad accomodarsi con i poteri del mondo. 

Le genti di Kiev e la proprietà privata 

Tale era la fama dell'Ucraina tra i comunisti, che Reggio Emilia era soprannominata "la Kiev d'Italia". Il reggiano era "l'Ucraina d'Italia"

- Cari miei, c'è poco da ridere. Siamo individualisti, cioè antisocialisti, pensiamo alla terra come alle ciccette delle ragazze. Abbiamo la concupiscenza della proprietà, però usiamo il linguaggio collettivistico.

E ancora:  

- In Russia potranno essere meno avanti di noi come tecnica, mettiamo macchine e sementi, fertilizzanti e insetticidi, silos e caseifici, imballaggi e lascia pur dire, ma quella mentalità, la concupiscenza, loro l'hanno superata. La differenza è tutta qui, e mettetevela in testa, altrimenti avrò sempre predicato per niente.

L'esperienza mi ha dimostrato che le genti di Kiev hanno superato il concetto di proprietà privata... degli altri! 

Contro l'ottimismo cornucopiano 

Il lavoro è una maledizione, una condizione afflittiva. Ferranini è molto turbato dalla consapevolezza di questa realtà e si chiede se le cose potranno mai cambiare. Si chiede se la dannazione lavorativa un giorno avrà fine, se la Rivoluzione libererà l'essere umano da ogni incombenza e dalla fatica a cui il presente opprimente lo condanna. Alla fine, dopo un lungo elucubrare, e deducne che la risposta a questa angosciante domanda è negativa. Non è possibile vagheggiare una società in cui il lavoro - con tutte le sofferenze che comporta - potrà essere superato. Proprio questo è il motivo del dissidio ideologico, del conflitto che mette l'ottimo Ferranini contro l'ortodossia della sua Chiesa, il Partito. Le sue conclusioni sono quelle degli antichi Gnostici e dei Manichei: la Natura è intrinsecamente maligna, il mondo materiale si oppone agli esseri viventi e li tortura senza sosta. Il Cosmo non è la casa del genere umano, è piuttosto la sua prigione, il girone di Malebolge in cui avviene la sua degradazione, in cui ogni sua speranza viene distrutta.      

Materiale profetico in Morselli 

Sono consapevole del fatto che saperlo desterà grande stupore, ma è così: Il comunista contiene forse la prima menzione documentabile del concetto di Padania, solo in seguito articolato in una labile costruzione politica da Umberto Bossi e dal partito da lui fondato.

Passare il suo Po, familiare e selvatico, nascosto dai pioppi. Il suo Po malinconico. (C'era il comitato interprovinciale da riunire. Il Po, gente mia, non ha ponti. Il nostro fiume serve solo per le inondazioni. Noi che siamo padani, non emiliani o lombardi e nemmeno italiani...).  

Ferranini intravede con nitidezza la falla che porterà il Partito Comunista Italiano alla rovina.  Si tratta di un'antinomia che è sfuggita a tutti, sia alla base degli iscritti che alla classe dirigente. Se si favorisce il culto della personalità e si incoraggiano gli elementi più dotati, questi si inorgogliscono e perseguono soltanto i propri fini egoistici. Così si va contro il collettivismo. Se non si favorisce il culto della personalità, se si ostacolano gli elementi più dotati, il Partito finirà con l'essere guidato dai mediocri, che non saranno in grado di gestire nulla. Anche così si va contro il collettivismo. Un bel paradosso, vero?  
E infatti oggi c'è il Partito Democratico. Il Piddì. 

P.S.  
Se la memoria non mi fallisce, l'ultimo ad aver fatto cenno al concetto stesso di collettivismo fu un certo Fausto Bertinotti, che in un'occasione disse di sognare ancora l'abolizione della proprietà privata. Indossava una giacca di cachemire.

La Casta

Morselli preconizzò la crisi ontologica della Sinistra. Non si limitò ad anticipare il gergo della Lega Lombarda di Bossi: nel suo romanzo troviamo anche un'anticipazione di un altro linguaggio, quello del Grillismo. Non soltanto: vengono denunciati anche i radical chic. Dietro le parole evocate dallo scrittore nichilista scrutando il futuro come un aruspice etrusco, si cela una verità tragica. Ecco due passi che dovrebbero far meditare chiunque: 

Ci sono dunque i Pisani e i Magrò, i comunisti in cui il comunismo è raffinatezza di cultura escludente. Una casta. 

E ancora: 

E si voltò a guardare l'orologio. Era un professore che ha fretta di mettere fine all'esame. Come il compagno Pisani a Torino: professori infastiditi dagli esaminandi sciocchi, preti impazienti di richiudere il tabernacolo. La casta degli illuminati di fronte a profani presuntuosi come lui, come Mazzola. 

Il linguaggio simbolico, che distingue Homo sapiens dagli altri animali, diventa una peste, troppo spesso si trasforma nelle sbarre di un carcere da cui non si può evadere!  

Una pugnalata da Italo Calvino! 

Sì, ne sono convinto e professo un'opinione che ai lettori apparirà come minimo controversa. In poche parole, Italo Calvino fu responsabile del suicidio di Guido Morselli. Lo spinse alla morte. Ciò che gli inflisse si può chiamare in un solo modo: un colpo di pugnale nella schiena. Ein Dolchstoß in den Rücken - per usare l'augusta lingua di Hegel e di Nietzsche. Sono della stessa idea dell'Ispettore Derrick: assassino non è soltanto chi preme il grilletto. La mia idea non è poi così peregrina. C'è chi parla esplicitamente di "delitto editoriale" - e ben a ragione. Riporto in questa sede, a pubblica edificazione, le invereconde parole scritte da Italo Calvino al Morselli: 

    Torino, 5 ottobre 1965 

    Caro Morselli,
    finalmente ho letto il Suo romanzo. So d’aver tardato oltremisura e che non c’è nulla che spazientisca un autore quanto queste lunghe attese: ma la lettura dei manoscritti è un lavoro supplettivo per cui devo rubare del tempo al lavoro e alle altre letture che riempiono – ahimè senza margine – le mie giornate feriali e festive, inverno ed estate. Ed è anche un lavoro – devo dirglielo subito – che, quando si tratta di romanzi politici, faccio senza nessuna speranza. La politica continua a interessarmi, e così la letteratura (con tutto ciò che questo nome implica) ma dal romanzo politico non mi aspetto nulla, né in un campo d’interessi né nell’altro. Credo cioè che si può fare opera di letteratura creativa con tutto, politica compresa, ma bisogna trovare forme di discorso più duttili, più vere, meno organicamente false di quello che è il romanzo oggi. Trattando i problemi che stanno a cuore si possono scrivere saggi che siano opere letterarie di gran valore, valore poetico dico, con non solo idee e notizie, ma figure e paesi e sentimenti. Delle cose serie bisogna imparare a scrivere così, e in nessun altro modo.


E ancora: 

…] direi che ci vorrebbe più consapevolezza dell’operazione linguistica che sta facendo; dove ogni accento di verità si perde è quando ci si trova all’interno del partito comunista; lo lasci dire a me che quel mondo lo conosco, credo proprio di poter dire, a tutti i livelli. Né le parole, né gli atteggiamenti, né le posizioni psicologiche sono vere. Ed è un mondo che troppa gente conosce per poterlo “inventare”. Qui è la grande delusione a cui necessariamente va incontro il “genere” che Lei ha scelto, il romanzo di rappresentazione quasi fotografica d’ambienti diversi, il romanzo storico-privato.

Questa è la chiusura della lettera desolante: 

    […] Come vede il libro ho cercato di leggerlo in tutte le sue dimensioni, e mi sono accanito a smontarlo e rimontarlo: insomma ci ho preso gusto e mi ci sono arrabbiato, non rimpiango il tempo (un viaggio a Milano in treno, andata e ritorno) che ho impiegato a leggerlo, posso dire che mi ha mosso pensieri e ci ho imparato.
    Spero che Lei non s’arrabbi per il mio giudizio. Si scrive per questo e solo per questo: non per piacere, o stupire, o “aver successo”.
    Un cordiale saluto
    Suo Italo Calvino


Così apprendiamo che l'autore de Il barone rampante avrebbe letto il ponderoso romanzo di Morselli in un viaggio in treno a Milano... da Alfa Centauri! Già questa è una dichiarazione di disonestà intellettuale. A meno che non sia dotato di poteri mentalistici prodigiosi, non penso che un essere umano possa leggere in poche ore un libro di circa 35o pagine. Non rientra nelle possibilità della specie Homo sapiens. Punto. Questo è un dato di fatto. Lo uso spesso e volentieri per smascherare gli impostori che si fregiano del titolo di "lettori bulimici", quelli che affermano di leggere un migliaio di libri in un anno (ossia più di un libro ogni santo giorno!). Chiunque affermi di leggere un libro come Il comunista in un giorno è soltanto un buffone: probabilmente il manoscritto di Morselli è stato cestinato dopo un'occhiata superficiale. Francamente preferisco quell'altro Calvino, il Riformatore di Ginevra, quello che odiava i bambini e li definiva "piccoli fetenti"

Queste sono parole, di tutt'altro tenore, tratte dal risvolto del romanzo, pubblicato da Adelphi: 

Il comunista racconta un caso di dissenso ideologico, ma non è un romanzo ideologico. Anche se è impressionante l’anticipo con cui questo romanzo, scritto nel 1964-65, tocca problemi e prospettive degli anni successivi, bisogna dire che qui a Morselli preme soprattutto ricomporre uno strato di realtà, un agglomerato di psicologie, di modi di vita, di affinità e di conflitti all’ombra di via delle Botteghe Oscure. Come ogni vero romanziere, Morselli non si preoccupa di giudicare, ma di dare vita e forma. Così, il quadro che ci mostra abbraccia insieme gli elementi più grandiosi e affascinanti come quelli più duri e meschini della vita interna del P.C.I., senza che mai quei caratteri siano usati per una dimostrazione. 

E ancora:

Come già nei suoi romanzi precedenti, anche questa volta Morselli sa calarsi con prodigioso mimetismo in una nuova realtà, il P.C.I., presenza imponente nella vita italiana, forse troppo imponente se finora i romanzieri italiani sembrano essersi del tutto bloccati davanti a essa. È perciò quasi un’altra ironia della sorte, fra le molte legate al suo nome, che a cimentarsi in questa difficile impresa, e a riuscire nella prova, sia stato un outsider in ogni senso come Morselli, aiutato soltanto dalla sua rara capacità di aprire le porte di mondi sigillati e da una chiaroveggente attrazione per il concreto. 

Purtroppo capita che ci voglia un suicidio perché sia resa giustizia all'opera di un grande! 

venerdì 24 maggio 2019


ADESSO VIENE LA NOTTE

Autore: Ferruccio Parazzoli
Anno: 2008
Lingua: Italiano
Editore: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Tipologia narrativa: Romanzo 
Genere: Thriller teologico, politica, fantapolitica
Codice ISBN-10: 8804577908
Codice ISBN-13: 978-8804577904

Pagine: 123 pagg., rilegato

Sinossi (da www.libreriauniversitaria.it):
Sconcerto e scandalo. Paolo VI denuncia la presenza del Diavolo nell'intera società, "un essere oscuro e conturbante che semina errori e sventure nella storia umana". Un Satana scassone e buffonesco raccoglie la sfida e scommette, con un Dio troppo sicuro di sé, di scardinare nel Vicario la saldezza della Fede mettendolo di fronte alle sofferenze del Giusto. Ha inizio la diabolica messa in scena di una delle più buie storie italiane: il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro abbandonato al proprio assurdo destino contro il cui tragico epilogo a nulla serviranno le suppliche del Papa al suo Dio, ai politici, alle Brigate Rosse. Paolo VI morirà tre mesi dopo avere pronunciato nella basilica lateranense, assente la salma dello statista, il discorso di esequie in cui chiede conto a Dio del suo silenzio. "Adesso viene la notte" saranno le ultime parole sul letto di morte. In una serie di serrate sequenze Ferruccio Parazzoli affronta il dramma della Fede di fronte ai cinismi della Politica e ai crimini della Storia.


Recensione:  
Certo, coloro che lessero questo testo parazzoliano quando uscì, nell'ormai lontano 2008, non avrebbero mai potuto immaginare la piega che avrebbero assunto gli eventi. Soltanto qualche anno più tardi, nel 2012, uscì un altro testo dello stesso autore, Eclisse del Dio Unico, da intendersi come l'atto di abiura. Nella sostanza Parazzoli rinunciava alla Chiesa di Roma e alla sua dottrina, dichiarandosi panteista. Sull'intera faccenda è calato un silenzio di piombo. Nessuno ne parla. Eppure esiste sempre qualcuno che le cose le ricorda e che non tace. Ecco, io sono tra questi e non mi arrendo. Adesso viene la notte testimonia il conflitto interiore che sconvolge il Parazzoli, preludendo alla trasformazione descritta in Eclisse del Dio Unico. Paragono il processo alle forze ctonie e magmatiche che in una crisalide sciolgono e riassemblano i tessuti del bruco. Soltanto con l'emergere della farfalla si può comprendere l'intima teleologia di questa riorganizzazione cellulare.       

Il dialogo tra Dio e Satana 

Questa è la dialettica teologica parazzoliana, su cui si regge l'impianto del presente romanzo: 

1) Dio è un prete marchigiano, rozzo, grossolano e approssimativo nella sua lingua italiana male articolata, ricca di inflessioni dialettali, capace di esprimere soltanto concetti sfocati. Tutti i suoi ragionamenti sono rudimentali, appena abbozzati, quasi ai limiti della demenza. Quando rimane a corto di argomenti, il tirannello si mette a fare le bizze, a ricordare che lui ha creato tutto e tutti, pretendendo per questo l'ultima parola. Deludente. Un ragazzotto affetto da trisomia 21 forse potrebbe fare di meglio.
2) Satana è un dottissimo gesuita di Tubinga, rotto ad ogni artificio logico e teologico. I suoi ragionamenti sono acuti e penetranti. A impedirgli di mangiarsi il marchigiano Dio in un boccone è in buona sostanza un dogma del catechismo cattolico, che l'autore del romanzo non se la sente di sfidare. Satana non può nulla contro Dio, che or della fine è il suo stesso Creatore, ripete la vocina stridula di una maestrina delle elementari. 

3) Sia Dio che Satana indossano l'abito talare: coloro che li osservano non sospettano nulla e pensano di avere a che fare con due chierici della Chiesa di Roma. Due preti. Dio e Satana: "nulla di più nero e nulla di più prete" (cit.). 

Piaccia o no, Satana vince. Prevale sulla stupidità delle creature e del loro preteso Creatore. La sua trappola elaborata ha la meglio su tutto. Non è affatto "scassone e buffonesco": dalla sua è il ferreo rigore della logica. Schiaccia e crocifigge il Papa. Frega un Dio che è infantile, a cui non resta che battere i piedi per terra, millantando di aver inventato la Morte. Un Dio che millanta perché non ha inventato proprio nulla, nemmeno le feci. Si ha a questo punto il fondato sospetto che il prete marchigiano sia soltanto un costumante, un pazzo convinto di essere quello che le genti chiamano "l'Onnipotente". Un oligofrenico che dovrebbe stare in un reparto di psichiatria a sbavare, anziché ammorbare il mondo con le sue ripugnanti pantomime. 

Un tragico errore di valutazione 

Ecco quanto scrive Parazzoli su Satana, sminuendone tragicamente la figura:

Autunno 1972

Come sostengono gli esorcisti, e contrariamente a quanto si pensa, Satana non ha una grande fantasia e neppure grandi mezzi per indurre gli uomini in tentazione, specie se il soggetto sul quale impegna la sua scommessa con Dio, questo antico gioco che si svolge tra Cielo e Inferno, ha già scoperto e vinto gli assalti basati su vecchi trucchi da repertorio, quali in sesso, il denaro, il potere. In tal caso rimane a Satana un repertorio da baraccone, articoli piuttosto fastidiosi e in qualche caso assai debilitanti, ma non decisivi per vincere la partita.
   Tutto questo, è ovvio, Satana lo sa, ma non rinuncia a metterlo in atto, non almeno finché la sua intelligenza - tanto più pericolosa quanto mediocre e, quanto a questo, non meno pericolosa della stupidità che, però, è soltanto un retaggio umano - non riesce a partorire un'idea che, anche se prova di originalità, è volta a scalfire nell'intimo la coscienza che l'uomo ha del senso da attribuire alla proprioa vocazione nella vita e, soprattutto, è volta a minare la base su cui fonda la propria fiducia. La vittoria di Satana, nel gioco con Dio, sarà tanto più completa quanto più la fiducia alla quale fa ricorso l'uomo nelle maggiori difficoltà si chiama fede in Dio. Un Dio sempre presente e onnipotente, come vuole quel Catechismo che non per nulla recitava il parroco di campagna nei giardinetti di San Giovanni in Laterano.


Certo, un Dio marchigiano. E vi pare plausibile? Gli esorcisti scadono in esorcicci. Sono pieni di vanità e di superbia, credono di poter parlare a Satana da pari a pari. Credono di poterlo dominare e manipolare con formule superstiziose. Credono che obbedisca ai loro comandi. Non lo vedono nei mafiosi e in altri assassini spregevoli, grandi finanziatori della Chiesa Romana e delle sue nocive opere idolatriche, ma lo vedono in poveri handicappati che vomitano e imprecano facendo colare dalla bocca distorta fiotti di saliva. 

Il Silenzio di Dio 

Quando una dottrina monoteista, come quella cattolica per esempio, non riesce a rendere conto della realtà dei fatti, non può fare altro che andare alla deriva in una condizione di autismo profondo. Chi la professa non ha altre risorse che uscirsene con trovate grottesche quanto illogiche. "Non si muove foglia senza che Dio non voglia", dicono alcuni. Benissimo, allora Dio muove la mano di ogni omicida ed è omicida egli stesso. Muove la volontà di ogni peccatore ed è peccatore egli stesso. Egli ha ispirato Mengele ed è responsabile di ogni sua azione. Lui è proprio il colpevole di ogni crimine compiuto da Heydrich e da Eichmann. Altri dicono che "Dio permette il Male perché lo usa per fare il Bene". Certo, certo. Si può pensare che se un padre snaturato abusa sessualmente dei suoi figli, lo faccia per il loro bene, per insegnare loro qualcosa? Non siamo ridicoli! Poi ci sono quelli, ancora più squallidi, che riducono il Male a un banale frutto di una chimera chiamata "Libero Arbitrio". Come giudichereste voi un padre che permette il rapimento del proprio figlioletto da parte di produttori di snuff pedofili e cannibali? Come giudichereste voi un padre che permette che il suo bambino cada in un precipizio per non turbare la sua libertà? Lo riterreste un buon padre o un mostro? Mi è persino capitato di incontrare persone che si chiedevano come mai esiste il Male (si Deus bonus est, unde malum?), ma poi non ne volevano sapere di ascoltare la mia risposta manichea (il Male non è assenza, è opera del Dio Malvagio). Ebbene, il tanto strombazzato "Silenzio di Dio" è la misura dell'ignoranza di coloro che negano la realtà del Male e poi non sanno come spiegarsi le martellate che tutti gli esseri viventi ricevono senza tregua. 
Ricordo un giornalista, uno dei pochi esseri di quella tristissima categoria ad avere un barlume di dignità, che disse qualcosa di importante mentre commentava gli orrori dell'Afghanistan dei Talebani. Egli definì la religione come "quella cosa che rende insopportabile la condizione umana". Quindi ne tracciò la genesi nella stoltezza dei popoli, che "cerca di far quadrare l'Infinito nel finito". Che dire di più?


Una singolare eresia parazzoliana

L'ambientazione è la camera e studio privato del Papa. Con immenso stupore ho letto queste righe: 

Sa che deve farlo. Quell'uomo, del quale ha visto l'immagine oscura contro lo stipite della finestra mentre la folla gridava «Viva il Papa!», aspetta ormai soltanto questo. È stato condannato a morte due volte, dagli amici e dai nemici. Il Regista ha condotto bene il dramma. Il Papa non ha scelta. Se Dio non risponde, toccherà a lui rispondere, non più nel nome di Dio, ma nel proprio: Giovanni Battista Montini, Concesio, Brescia, 26 settembre 1897, secondogenito di Giorgio Montini e Giuditta Alghisi.
«Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse...» Si ferma. Ha un istante di perplessità. Uomini? È giusto chiamarli uomini? E come, altrimenti Se è certo che abbiano un'anima, come è certo che l'hanno poiché l'anima non viene da Dio ma nasce dal basso, con il corpo, se è certo che abbiano un'anima, a chiunque l'abbia spetta il nome di uomo. Quanto alla sua immortalità, che ognuno se la guadagni.


Materialismo: l'anima non è infusa da Dio a ogni uomo, ma ha la sua origine nel corpo.
Neopelagianesimo: la Salvezza viene dalle opere.
Addirittura l'immortalità per il pontefice parazzoliano - secondo le parole che l'autore gli mette in bocca - è condizionata: se uno agisce rettamente se la guadagna, altrimenti la sua anima si dissolve con gli elementi corporali.
Mi piacerebbe proprio sapere cosa avrebbe pensato Papa Montini di tutto questo.


Altre recensioni e reazioni nel Web 

Segnalo senz'altro la recensione di Alessandro Zaccuri, apparsa su Carmillaonline


Questo è l'incipit, che trovo molto suggestivo: 

"Nel Vangelo secondo Giovanni, poco prima di donare la vista al cieco nato, Gesù pronuncia una sentenza indecifrabile e allusiva. Le opere del Padre, afferma, devono compiersi alla luce del giorno perché poi venit nox, viene la notte, e al sopraggiungere delle tenebre nessuno può più operare, neppure colui che pure si proclama «luce del mondo». Il Paolo VI che Ferruccio Parazzoli elegge a protagonista del suo Adesso viene la notte (Mondadori, pagine 128, euro 13,00) è, al contrario, un Papa notturno, impegnato in lunghe veglie di preghiera, lettura, meditazione e lotta contro il Demonio. La prima scena del libro — che conserva ben riconoscibile l’impronta dell’originario e mancato progetto teatrale — descrive infatti l’appartamento privato del Pontefice a poche settimane dalla sua morte, con gli operai ancora indaffarati a rimuovere le tracce delle ripetute battaglie fra il Vicario di Cristo e l’Avversario del genere umano: pareti scurite dallo zolfo, pentacoli, sedie dalle gambe spezzate e, sotto il letto, un deposito innominabile di insetti soffocati."

Una cosa mi ha colpito nella recensione di Zaccuri. Il Papa Notturno, sfinito dalla lotta contro l'Avversario, "mette in guardia i fedeli sull’autentica natura del male: non soltanto un’agostiniana ‘deficienza’, ma anche e specialmente «un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore»". Ebbene, ammettendo questa autentica ontologia del Male, si allontana dal dogma di Nicea su cui si fonda il Cristianesimo mainstream, per addentrarsi senza nemmeno accorgersene in pieno territorio del Manicheismo.  Un barlume di Verità filtra nel testo di Parazzoli, una particella di Luce nella tenebra compatta e solida.

Qualcuno ha commentato persino in un luogo squallido come Amazon.it!


Glauco Cartocci  vorrebbe vedere il dramma parazzoliano recitato a teatro: 

"Nato come testo per uno spettacolo teatrale, chissà perché non fu mai realizzato. Peccato, perché questa breve pièce potrebbe risultare al meglio con le luci di scena. L'idea di narrare il rapimento Moro alla luce delle sue ripercussioni su Paolo VI è ottima e ben condotta da Parazzoli. L'antica disputa fra Dio e il Diavolo, con evidenti echi e citazioni della storia di Giobbe, finisce per riproporre il sempiterno interrogativo sulla presenza (o meglio, sull'assenza) di Dio nelle vicende di tutti i giorni, anche qualora riguardino il suo più "stretto collaboratore", ovvero un successore di Pietro. (Peccato per un evidente lapsus a un certo punto, che tuttavia non inficia il risultato complessivo). Il libro merita, e parecchio, coinvolgente e struggente al tempo stesso."

Un maggior numero di interventi lo troviamo su Anobii.com.


Saturdaycure scrive: 

Troppo lontano dalle mie corde.
Come quando ti raccontano una storia affascinante , grottesca finanche, ma proprio non riesci a trovarci un senso , una ragione.
Scivola via.
Troppo.


Carissimo (/-a?) Saturdaycure, il senso non ce lo trovi perché or della fine hai i mezzi per trovarcelo. Dal punto di vista filosofico lo devi prendere per quello che è. Devi però riconoscere che come documento ha comunque un certo interesse storico, coglibile da tutti i lettori.

Più interessante dal punto di vista teologico e filosofico è la recensione anobiana di Sinclair, intitolata La notte di una nazione. Invito a leggerla, anche se non condivido il pensiero di chi l'ha scritta. 

"Ma se Parazzoli in questa sua surreale e allegorica opera teatrale, successivamente trasposta in romanzo, trova alla fine rifugio nella fede e nella speranza cristiana di una vittoria del Bene - evento ineluttabile vista la nullità categorica del Male - cosa resta ad un laico? Il dolore per l'incapacità dello Stato di proteggere uno dei suoi più alti rappresentanti, nel bene o nel male simbolo vivente di un regime comunque democratico?"

Una speranza malriposta, come spesso accade. La stessa frase "speranza cristiana nella vittoria del Bene" è di per sé surreale e contraddittoria. Se si spera che il Bene trionfi, significa che non si è affatto certi che ciò possa accadere. Altrimenti si parlerebbe di "certezza cristiana nella vittoria del Bene". Una simile certezza l'ha soltanto il coglione di cui narra la famosa barzelletta di Nino Manfredi, quello scemo che stava per affogare e mandava via i canotti di salvataggio, uno dopo l'altro, convinto che Dio stesso l'avrebbe tratto dal pericolo - per poi sentirsi rinfacciare da San Pietro, Custode del Paradiso: "Ahó! Tre canotti t'avemo mannato!"

Sempre restando in tema notturno, VittorioC giunge a un'interessante conclusione: 

Ma “Adesso viene la notte” non è un libro sul caso Moro. E’ piuttosto il tentativo, lucido e provocatorio, di spiegare la lunga notte del mondo politico italiano negli ultimi trent’anni.

Anche il mondo politico, proprio come la Chiesa di Roma, è passato attraverso un processo di metamorfosi, che lo ha infine portato alla presente discarica di immondizia. 

lunedì 20 maggio 2019


DOPO DIO 

Autore: Peter Sloterdijk 
Anno: 2018
Lingua originale: Tedesco 
Titolo originale: Nach Gott: Glaubens- und Unglaubens-
     versuche
Editore: Raffaello Cortina Editore
Tipologia: Monografia
Soggetti: Religione, secolo XXI, filosofia, uomo, rapporti con
      Dio
Traduttore: Silvia Rodeschini
Curatore: Gianluca Bonaiuti
Collana: Scienza e idee
Codice EAN: 9788832850475
Pagine: 324 pagg. (Brossura)

Sinossi (da Raffaellocortina.it): 
Nella trilogia Sfere, Peter Sloterdijk evidenzia l’interesse della teologia speculativa per quella che viene ritenuta la smisurata grandezza di Dio, al quale è assegnato il ruolo di protezione assicurativa per l’anima. Questa funzione, celata in ogni religione monoteistica, costituisce l’orizzonte di significato in cui prendono posto gli esseri umani e il mondo.
Alla fine del XIX secolo, la “morte di Dio” priva la fede di forza, di oggetto e di salvezza. Nel suo nuovo libro, Sloterdijk si chiede quali siano state le ripercussioni di questa svolta sulla contemporaneità: una filosofia senza effetti reali? un cambio di mentalità? una diversa capacità di diagnosticare gli accadimenti? Che cosa ne è dell’essere umano, se l’Uno che dà senso alla sua vita non è più Dio ma il mondo stesso? La ricerca si inquadra in una logica di continuità con il lavoro di Sloterdijk sull’età contemporanea come periodo segnato da una complessità e da una complicazione crescenti. Per questa sua natura, essa coinvolge la teologia e la filosofia, la politica imperialistica dell’Occidente, gli influssi degli sviluppi culturali, l’impatto dei progressi scientifici e tecnologici. 



L'autore:   
"Peter Sloterdijk, uno dei più influenti pensatori contemporanei, insegna Filosofia ed Estetica presso la Staatliche Hochschule für Gestaltung Karlsruhe, di cui è attualmente Rettore." 
Così è presentato il filosofo, sempre sul sito di Raffaello Cortina Editore. Aggiungerei che ha il volto di un robusto amante della buona tavola e delle libagioni copiose, con qualche esigua traccia di incipiente sofferenza per l'entropia accumulata nel corso degli incessanti bagordi - cosa che mi accomuna a lui in tutto e per tutto, mi tocca ammetere. :) 


Indice dell'opera  

1. Il crepuscolo degli dei.
"Dopo tutti i mondi degli dei c'è un crepuscolo degli dei"
2. È possibile dire di sì al mondo? A proposito della trasformazione dell'atmosfera fondamentale nella religiosità del Moderno, con particolare riferimento a Martin Lutero.
(Acutizzazione eccentrica – E videro che non era buono – L'origine della Riforma dallo spirito della disperazione temperata - Entropia protestante)
3. La vera dottrina errante: gnosi. Sulla religione mondiale dell'assenza di mondo.
(Dove si trova Nag Hammâdi – Come il mondo reale è infine divenuto un errore – Breve storia del tempo vero e proprio – Gnosi come psicologia negativa – Umanesimo demiurgico. A proposito della gnosi dell'arte moderna)
4. Più vicino di me stesso. Scuola teologica preparatoria alla teoria dell'interno comune.
5. Il bastardo di Dio.
6. Miglioramento umano. Parole chiave filosofiche sul problema della differenza antropologica.
7. Epoche dell'animazione. Proposte per una filosofia della storia della nevrosi.
8. Latenza. A proposito del nascondimento.
(Emersione della cripta - Operare massimamente invasivo - Inscatolamento come creazione della latenza - Impatto e dispiegamento - Calcolo integrale intuitivo)
9. L'imperativo mistico. Note sulla variazione di forma del religioso nella modernità. 
(Le Confessioni estatiche di Martin Buber come sintomo epocale - La religione nell'epoca dell'esperimento - L'arena del mondo e lo spazio privo di marcature)
10. Imperativo assoluto e imperativo categorico.
11. Novità a proposito della volontà di credere. Note sulla desecolarizzazione.
12. Chance nel mostruoso. Note sulla variazione della forma del religioso nel mondo moderno sulla base di alcuni temi ripresi da William James.  

Recensione: 
Decisamente prolisso. Indigeribile. Una pingue e copiosa frittura di carne di coccodrillo al confronto è un pasto leggero. Mentre leggevo il contorto testo sloterdijkiano mi sentivo regredire allo stadio di ominide. Giungendo alle ultime battute dopo giorni di estenuazione, ero ormai diventato un Australopithecus afarensis, incapace persino di rammentare l'inizio di una frase contorta prima ancora di essere giunto al suo termine. Potremmo dire che Dopo Dio è uno strumento dell'Involuzione della Specie, dato che il suo linguaggio è tanto complesso da avere un impatto devastante sul lettore, facendolo regredire fino alle scimmie subumane, mettendolo davanto a tutta la sua inadeguatezza verbale. Ma ha davvero senso tessere frasi lunghe quanto due pagine, con una decina di livelli di subordinazione e centinaia di coordinate? Sarebbe bello capire da che pusher si rifornisce il gioviale tedescone. 

Un errore interpretativo 

Sul sito www.ibs.it si legge la seguente sconcertante descrizione: 

Nel suo nuovo libro, Peter Sloterdijk, per la prima volta, trae tutte le conclusioni dalla frase “Dio è morto”

«Il filosofo considera irrilevante la fede perché guarda al luteranesimo tedesco. La vitalità di altre Chiese evangeliche nei Paesi poveri dimostra tuttavia che il richiamo religioso resta potente.»
– La Lettura 


Caro Letturista, il richiamo delle Chiese Evangeliche nel Terzo, Quarto e Quinto Mondo resta potente non perché siano teologicamente vitali, bensì per un'altra ragione che si impone di prepotenza: i loro ministri istigano uomini che sono spaventosi energumeni e falli deambulanti a lasciare lo sperma in ogni vagina che trovano sulla loro strada, ingravidando ogni ventre fecondo. Così laddove queste Chiese si impongono, non è raro imbattersi in bruti che hanno più di cento nipoti. Di fronte a orrori simili si può solo sentire la mancanza di Zardoz! Sì, Zardoz, la Testa di Pietra che cala dal cielo a predicare il totale genocidio dell'umanità! Me lo ricordo bene quel bellissimo film del lontano 1974. Crederò che in Africa e in America Latina riverberino parole divinamente ispirate solo quando si alzerà un Profeta e urlerà alle genti: "Lo sperma è il Male!" 

La Gnosi, la dottrina errante  

Sloterdijk è ovviamente accusato dai cattolici-belva di essere un elemento neognostico - anche se a quanto pare non ha capito molto dello Gnosticismo, dato che non fa riferimento alcuno alla sua natura eminentemente anticosmica. Menziona però un fatto singolare che merita di essere approfondito: oltre ai sistemi gnostici dualisti (i più comuni), ne esistevano anche di monisti e addirittura di triadici. A parer mio, uno Gnosticismo monista non è Gnosticismo, sic et simpliciter - nonostante l'opinione dei moderni - a meno che non sia malteista. Per quanto riguarda i sistemi triadici, a quanto pare è assai difficile trovare informazioni. Quello che trovo inaccettabile è il continuo piagnisteo di coloro che identificano la modernità con lo Gnosticismo! Veniamo dunque ai cattolici che si danno la zappa sui piedi, accusando il filosofo tedesco di non fare alcuna menzione proprio di quei manoscritti di Qumran che dimostrano la falsità del Cristianesimo Niceno, che provano al di là di ogni dubbio la sua natura derivata e non divina. Intanto lo Gnosticismo resta valido nelle sue basi dottrinali ed è in grado di resistere - perché descrive la malvagità di un mondo oggettivamente malvagio - mentre se si continuerà a grattare la rogna di Qumran emergerà alla fin fine la desolante realtà storica, che il Cristianesimo mainstream è un'invenzione del subdolo Flavio Giuseppe, fabbricata a tavolino basandosi su materiale della setta degli Esseni. Un'invenzione fabbricata per finalità abiette, per giunta. 

Contraddizioni definitorie 

Il mondo contemporaneo, la cui natura intrinseca è materialista, è accusato di essere "gnostico". L'assurdità di una simile accusa è di uno stridore spaventoso. Lo Gnostico afferma che il mondo è il Nulla e che lo Spirito è imprigionato nella materia. Non ci potrebbe essere credo più antimaterialista. Da dove nasce dunque un equivoco tanto marchiano? Nasce dalla "Santa Ignoranza", da una profonda avversione nei confronti della Conoscenza. La piaga della "Santa Ignoranza" rende cieco chi ne è vittima: proprio per questo è di immenso profitto per chi detiene il potere. Vediamo un po' di analizzare un caso di inganno clamoroso, una bestemmia contro lo Spirito fatta passare per "religiosità". Non fu forse don Luigi Giussani ad affermare che nella carne dell'essere umano è presente la Verità? "La verità nasce dalla carne", è infatti il titolo di un suo scritto. L'uomo, secondo questa dottrina perniciosa, sarebbe dunque immagine di Dio proprio negli aspetti più desolanti e mortificanti, come la produzione di escrementi e la putrescenza dei cadaveri! Adesso mi pongo la domanda fatidica. Chi è il materialista?   

Il bastardo di Dio (sic)

Ebbene sì, come titolo di un capitolo è davvero forte! Il bastardo di Dio: la cesura di Gesù. Mi si perdoni se desta scandalo nei possibili lettori del mio portale, ma questa locuzione, che senza dubbio ferirà milioni di persone, è stampata tal quale sul testo in analisi. Non me la sono inventata io. Sloterdijk ha recuperato l'idea, che accomuna gli autori del Talmud ad Adolf Hitler e agli esoteristi della Thule Gesellschaft: Gesù Cristo non fu figlio di Dio, bensì di un legionario che militava nell'Esercito Imperiale. Hitler e gli adepti della Società di Thule aggiungevano un dettaglio non di poco conto alla narrazione talmudica: questo legionario era di origine germanica e si chiamava Panthera. La fonte ultima è un'opera del filosofo neoplatonico Celso (II secolo d.C.), il Discorso veritiero. Secondo queste bizzarre dottrine, che in Italia ricevono per ovvie ragioni ben poca pubblicità, Maria sarebbe stata una sorta di escort e neppure tanto di lusso, in buona sostanza una prostituta autoctona adibita al soddisfacimento del militari di Roma. Per questo motivo, sempre seguendo Sloterdijk, il Rabbinato e l'Uomo di Braunau am Inn, Gesù non sopportava alcun discorso, nemmeno larvato, che potesse alludere alla sua vera e ingloriosa origine. Così batteva i piedi e sfuriava, faceva le bizze, dicendo di essere Figlio di Dio, per allontanare da sé la vergogna di uno sperma alloctono. Sloterdijk si spinge anche oltre: menziona le problematiche genealogie di Gesù contenute nei Vangeli di Luca e di Matteo, con cui gli autori pensavano di ricondurre il Salvatore alla Casa di David. Con molta arguzia, il filosofo tedesco fa notare un paio di cose a dir poco drammatiche. Innanzitutto dette genealogie riportano alla Casa di David non Maria, che fisicamente avrebbe dovuto dare alla luce il Bambin Gesù, bensì Giuseppe, che stando alle Scritture non avrebbe dovuto dare al concepimento divino alcun contributo spermatico! Si noterà che la tradizione popolare italiana reputa Giuseppe degno di irrisione e di scherno, eleggendolo patrono dei cornuti e addirittura dei segaioli: a tanto giunge l'immane bestialità del volgo belluino!

Ecco, secondo le dottrine dei Farisei, odiatissimi da Gesù, contava soltanto la paternità legale. Per questo contava attribuire la paternità legale di Gesù a Giuseppe e ricondurre quest'uomo alla Casa di David. Però tutti i complottisti mi dicono che si appartiene al Popolo Eletto da parte di madre. Una singolare contraddizione, non trovate? Come la risolviamo? 

Questi sono i brani evangelici che riportano l'ascendenza di Gesù:

Genealogia in Matteo, 1,1-17

1 Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2 Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3 Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, 4 Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, 5 Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6 Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, 7 Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, 8 Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9 Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10 Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11 Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 12 Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, 13 Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, 14 Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15 Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. 17 In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici. 

Genealogia in Luca, 3,23-38

23 Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent'anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, 24 figlio di Mattat, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di Innai, figlio di Giuseppe, 25 figlio di Mattatia, figlio di Amos, figlio di Naum, figlio di Esli, figlio di Naggai, 26 figlio di Maat, figlio di Mattatia, figlio di Semein, figlio di Iosec, figlio di Ioda, 27 figlio di Ioanàn, figlio di Resa, figlio di Zorobabele, figlio di Salatièl, figlio di Neri, 28 figlio di Melchi, figlio di Addi, figlio di Cosam, figlio di Elmadàm, figlio di Er, 29 figlio di Gesù, figlio di Elièzer, figlio di Iorim, figlio di Mattat, figlio di Levi, 30 figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio di Ionam, figlio di Eliachìm, 31 figlio di Melea, figlio di Menna, figlio di Mattatà, figlio di Natam, figlio di Davide, 32 figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio di Booz, figlio di Sala, figlio di Naassòn, 33 figlio di Aminadàb, figlio di Admin, figlio di Arni, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di Giuda, 34 figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo, figlio di Tare, figlio di Nacor, 35 figlio di Seruc, figlio di Ragàu, figlio di Falek, figlio di Eber, figlio di Sala, 36 figlio di Cainam, figlio di Arfacsàd, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamec, 37 figlio di Matusalemme, figlio di Enoc, figlio di Iaret, figlio di Maleleèl, figlio di Cainam, 38 figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio.

Sloterdijk, con ghigno beffardo e mefistofelico, fa notare che Luca apporta un'innovazione davvero mirabile rispetto a Matteo: prolunga retroattivamente la genealogia di Gesù facendola arrivare fino al Primo Uomo, Adamo. Ma a cosa serve, commenta il filosofo, arrivare fino al Padre Adamo con un lunghissimo convoglio di vetture, se poi questo convoglio deraglia proprio nei pressi della stazione d'arrivo?  

Le Scritture devono essere Catare, ossia Pure

La soluzione ai problemi sollevati da Sloterdijk è molto semplice: le genealogie di Gesù sono apocrife. I Vangeli Canonici sono pieni zeppi di contaminazioni e si può definire Cristiano soltanto chi sostiene la necessità dell'epurazione dei testi da tutto ciò che è spurio e diabolico. Chi potrebbe mai pensare che Cristo avesse un corpo di carne in grado di ingurgitare e di defecare, di emettere seme e altre brutture? Nessuno dotato di senno potrebbe farlo. Non esistono gli escrementi divini! Così non è possibile che Cristo avesse una carne ereditata da donne perverse come l'incestuosa Tamar, la prostituta Racab, l'idolatra e infanticida Rut! E da queste meretrici sarebbe nata infine la Vergine? Tutto ciò è assurdo e deve essere rigettato. Un dovere: proseguire nel cammino che intrapresero Marcione e il Pop Bogomil, anche a costo di ridurre i Vangeli a poche pagine! Poche pagine di Verità, immuni da storture e da contaminazioni mondane, incapaci di trarre in inganno le genti!

Alcune note linguistiche 

Mi dispiace dirlo, ma Sloterdijk non ne capisce molto di linguistica. Non è un buon filologo. Sono rimasto a dir poco allibito quando ho letto queste sue parole:  

Il termine chiave dell'Illuminismo era quello stato di maggiorità [Mündigkeit], formulato da Kant, il quale veniva definito come la capacità di servirsi del proprio intelletto senza la direzione di altri - in particolare, in questioni di carattere religioso.
   Ora, lo stato di maggiorità è un concetto che un lettore di testi storici con un training psicoanalitico non può accogliere senza qualche remora. Tradurlo semplicemente in termini di autonomina o autodeterminazione sarebbe un'ingenuità ingiustificata, anche se i filosofi di professione più avversi alla psicologia accetterebbero di buon grado questa traduzione. Lo stato di maggiorità
[Mündigkeit] indica un fantasma dell'oralità [Mündlichkeit]1 che si prolunga nella sfera politica, e questo stato di cose è percepito dal terzo orecchio. Alla base dell'ideale dello stato di maggiorità c'è l'idea che un soggetto abbia preso possesso delle proprie competenze orali, ovvero del linguaggio, in misura tale da poter prendere la parla per sé - e, addirittura, per l'intera umanità nella propria persona. Nell'idea di uno stato di maggiorità si articola una programma educativo che estende una storia della formazione della bocca dal primo giorno fino alla volontà ultima, dall'urlo al discorso parlamentare. Perciò, i destini orali dell'uomo risultano collegati all'andamento del mondo di epoca moderna.  


Il curatore dell'edizione italiana, Bonaiuti, rincara la dose con la sua contorta nota al testo sloterdijkiano: 

1. È impossibile rendere in italiano questa assonanza, la parola tedesca Mündigkeit - che indica una condizione di maturità e autonomia - sembra contenere, infatti, la parola Mund, letteralmente "bocca", che si trova anche in altri termini giuridici, come Vormundschaft, tutela, Vormundschaftsgericht, ufficio tutorio. Esso deriva da Munt, un termine giuridico che nel medio-alto tedesco e nell'alto-tedesco antico indicava la protezione, da parte del responsabile di una casa, nei confronti di coloro che la abitavano (vedi "Mündigkeit" in Herkunftswörterbuch, Duden, Frankfurt am Main 2013).
Nei dizionari etimologici non è chiaro il suo apparentamento all'oralità, ma certamente nel tedesco moderno, a partire da Lutero, sono frequenti le associazioni tra
Mund e M
ündigkeit (vedi la voce "Mündigkeit" in J. Grimm, W. Grimm, Deutsches Wörterbuch, Hirzel, Leipzig 1971, vol. 12, coll. 2688). il termine Mündigkeit verrà qui reso con "maggiorità" e l'aggettivo mündig con l'italiano "maturo". Mündlichkeit viene invece tradotto con "oralità" e verrà distinto da Oralität e dai termini connessi, con l'indicazione del tedesco tra parentesi-
[NdC] 


Ebbene, tutto è molto semplice. In antico alto tedesco esistevano due diverse parole dal suono molto simile: mund "bocca" e munt "mano; protezione". In longobardo suonavano in modo identico: la parola mund "protezione" è stata latinizzata in mundium e ricorre in composti come aamund "libero, senza tutela" e selpmundia "padrona di se stessa". La parola per dire "bocca" e quella per "protezione" non risalgono però alla stessa radice protogermanica, nonostante la sostanziale omofonia. Si nota che mund "protezione" viene dalla stessa radice indoeuropea del latino manus "mano", mentre mund "bocca" viene dalla stessa radice indoeuropea del latino mentus "mento". Quindi tutte le verbose acrobazie di Sloterdijk e di Bonaiuti sono fatica sprecata che allontana dalla Verità. In buona sostanza, avrei gradito di più una tazza di kopi luwak, il buon caffè di Gianni Coprofago!

mercoledì 15 maggio 2019

I FIERI LAKOTA, GUERRIERI DELLO SPIRITO CHE COMBATTONO UNA STRENUA BATTAGLIA CONTRO IL TUMORE NEW AGE 

Questo documento risale al 1993: per l'esattezza l'originale dichiarazione fu approvata all'unanimità nel Giugno 10, 1993 al Lakota Summit V, una riunione internazionale delle nazioni Lakota, Dakota e Nakota degli Stati Uniti e del Canada. Una copia è stata postata sul sito dell'American Indian Cultural Support e su The People's Path. Non mi risulta che la dichiarazione sia mai stato pubblicato integralmente in lingua italiana (finora ho trovato solo alcuni estratti), così provvedo con una traduzione che purtroppo è ben lungi dall'essere perfetta anche a causa della forma un po' convoluta usata nell'originale. Il carattere ripetitivo e stereotipo di certe locuzioni è chiaramente inteso come modo per esprimere una grande enfasi; a tratti sembra che gli autori abbiano pensato nella loro lingua ancestrale e in seguito tradotto, anche se l'uso di molti termini tipici della società urbana farebbe pensare il contrario. Ecco il testo, che riporto sperando di avere il beneplacito dei popoli Lakota, Dakota e Nakota:

Dichiarazione di Guerra contro gli sfruttatori della Spiritualità Lakota. 

Mentre noi siamo i convocatori di una serie di forum completi sull'abuso e sullo sfruttamento della spiritualità Lakota; e 

Mentre noi rappresentiamo i capi tradizionali riconosciuti, Anziani tradizionali, e gli avvocati delle radici del popolo Lakota; e 

Mentre per troppo tempo abbiamo sofferto l'indescrivibile indegnità di avere le nostre più preziose cerimonie Lakota e pratiche spirituali dissacrate, derise e abusate da "aspiranti" non-Indiani, venditori ambulanti, settari, approfittatori, sedicenti "sciamani New Age e loro seguaci; e 

Mentre con orrore ed oltraggio vediamo che questa sciagurata espropriazione delle nostre sacre tradizioni Lakota ha raggiunto proporzioni epidemice nelle aree urbane del paese; e Mentre il nostro prezioso Sacro Calumet è stato dissacrato attraverso la vendita di pipe di terracotta in mercati delle pulci, conciliaboli e negozietti "New Age"; e 

Mentre si sono formate corporazioni pseudo-religiose per lucrare sulll'ammissione a false "cerimonie di purificazione" e programmi di "ricerca della visione"; e 

Mentre "danze del sole" sacrileghe per non-Indiani sono state condotte da ciarlatani e da capi settari che promuovono abominevoli e oscene imitazione dei nostri sacri riti Lakota della Danza del Sole; e 

Mentre non-Indiani si sono organizzati in "tribù" posticce, assegnandosi falsi "nomi Indiani" per vacilitare l'espropriazione, il mercimonio e la commercializzazione delle nostre tradizioni Lakota; e 

Mentre discipline accademiche sono saltate fuori nei college e nelle università istituzionalizzando l'imitazione sacrilega delle nostre pratiche da parte di studenti e istruttori sotto forma di programmi di educazione in "sciamanismo"; e 

Mentre ciarlatani non-Indiani e "aspiranti" stanno vendendo libri che promuovono la sistematica colonizzazione della nostra spiritualità Lakota; e 

Mentre l'industria della televisione e dei film continua a saturare i media di intrattenimento con rappresentazioni volgari, sensazionaliste e grossolanamente distorte della spiritualità e della cultura Lakota che rafforzano l'immagine stereotipa degli Indiani e che affliggono in modo grave l'autostima dei nostri bambini; e 

Mentre individui e gruppi coinvolti nel "Movimento New Age", nel "Movimento degli Uomini", nei culti del "Neopaganesimo" e in sedute di "sciamanismo", tutti hanno sfruttato le tradizioni del nostro popolo Lakota imitando le nostre pratiche cerimoniali e mescolando tali rituali posticci con pratiche occulte non Indiane in un pericoloso e offensivo miscuglio pseudo-religioso; e 

Mentre l'assurdo atteggiamento pubblico di questa accozzaglia scandalosa di ciarlatani pseudo-Indiani, "aspiranti", speculatori, settari e "sciamani New Age" comprende un ostacolo momentaneo nella lotta del tradizionale popolo Lakota per un'adeguata istruzione pubblica dei legittimi bisogni politici, legali e spirituali del vero popolo Lakota; e 

Mentre questa spogliazione esponenziale delle nostre tradizioni spirituali Lakota richiede che noi agiamo immediatamente per difendere la nostra preziosa spiritualità Lakota da un'ulteriore contaminazione, dissacrazione ed abuso;

Giungiamo quindi alle seguenti risoluzioni:

1. Noi ora e innanzi dichiaramo guerra contro tutte le persone che persistano nello sfruttamento, nell'abuso e nella mistificazione delle sacre tradizioni e le nostre pratiche spirituali Lakota, Dakota e Nakota.

2. Facciamo appello ai nostri fratelli e alle nostre sorelle Lakota, Dakota e Nakota delle riserve e delle comunità tradizionali negli Stati Uniti e nel Canada affinché si oppongano a viva voce e attivamente a questa allarmante e sistematica distruzione delle nostre sacre tradizioni.

3. Esortiamo il nostro popolo a coordinarsi con i proprii membri che vivono in aree urbane, per identificare circostanze in cui le nostre sacre tradizioni sono state abusate, e quindi resistere a questo abuso, utilizzando qualsiasi tattica sia necessaria e sufficiente - ad esempio dimostrazioni, boicottaggi, conferenze stampa e atti di intervento diretto.

4. Esortiamo specialmente tutta la nostra gente Lakota, Dakota e Nakota ad agire per prevenire ogni contributo che permetta l'abuso delle nostre sacre cerimonie e pratiche spirituali da parte di estranei; perché, come noi ben sappiamo, ci sono alcuni in mezzo al nostro stesso popolo che prostituiscono le nostre vie spirituali per il loro egoistico guadagno, senza alcun riguardo per il benessere spirituale del popolo come insieme.

5. Asseriamo un atteggiamento di tolleranza zero per ogni "sciamano dell'uomo bianco" che sorga tra le nostre comunità ad "autorizzare" l'esproprio delle nostre pratiche cerimoniali da parte di non-Indiani; tutti questi "uomini medicina di plastica" sono nemici delle genti Lakota, Nakota e Dakota.

6. Esortiamo la gente della tradizione, i capi tribù e i consigli di governo di tutte le nazioni Indiane ad unirsi a noi nell'invocare una fine immediata di questo rampante sfruttamento delle nostre rispettive sacre tradizioni di Indiani d'America, rilasciando dichiarazioni per denunciare tali abusi; perché non sono solo i popoli Lakota, Dakota e Nakota le cui pratiche sono sistematicamente violate da non-Indiani.

7. Esortiamo tutti i nostri fratelli Indiani e le nostre sorelle ad agire in modo deciso e ardito nella nostra presente campagna per porre fine alla distruzione delle nostre sacre tradizioni, tenendo a mente il nostro sommo dovere come popoli Indiani: preservare la purezza delle nostre preziose tradizioni per le nostre generazioni future, cosicché i nostri figli e i figli dei nostri figli sopravviveranno e prospereranno nella sacra maniera intesa per ciascuno dei nostri rispettivi popoli dal nostro Creatore. 

Wilmer Stampede Mesteth; (Oglala Lakota); Leader Spirituale Tradizionale e Istruttore Culturale Lakota; Oglala Lakota College, Pine Ridge, South Dakota 

Darrell Standing Elk; (Sicangu Lakota); Presidente, Centro per lo Spirito, San Fancisco, California, & Pine Ridge, South Dakota 

Phyllis Swift Hawk; (Kul Wicasa Lakota); Tiospaye Wounspe Waokiye; Wanblee, South Dakota

Non mi astengo dal narrare anche i particolari più scabrosi della vicenda: sono convinto che non si debba nasconder nulla pur di mettere a nudo la miseria delle genti del mondo. Mi sono giunte storie di donne tedesche fascinose e dalle splendide chiome bionde mandate tra le genti del ceppo Lakota per sedurre gli uomini più in vista. La scelta non è stata casuale: gli organizzatori di questo piano indecoroso hanno messo gran cura nei dettagli, prevedendo quale tipologia femminile avrebbe destato maggior effetto. Infatti queste inviate hanno portato un enorme scompiglio in diverse comunità Lakota, distruggendo la volontà di molti uomini tramite pratiche fellatorie e spermatofaghe, scatenando la gelosia folle delle donne delle tribù. L'arma del sesso spesso colpisce proprio nel punto più debole di una cultura già troppo provata da una storia di persecuzioni e di violenza. Sembra una vicenda surreale, ma è purtroppo l'amara verità.  

Mi piacciono questi Lakota: non sono buonisti e respingono con orrore ogni tentativo di corromprere la loro cultura. Facendo ciò sono consapevoli che l'albero malvagio deve essere abbattuto, perché non darà mai buoni frutti. 

Ho letto che nel 2007 alcuni Lakota, bollati dal diabolico Governo degli Stati Uniti come "estremisti", hanno stracciato gli accordi firmati con il Presidente Ulysses Grant, rivendicando uno Stato indipendente. Auguro loro ogni buona fortuna.