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venerdì 2 giugno 2023

IOLO MORGANWG E LA DOTTRINA DEL BARDDAS

Iolo Morganwg, nato Edward Williams (Pennon, Llancarfan, Glamorgan, Galles meridionale, 1747 - Flemingston, 1826), fu un poeta ed antiquario gallese, che si proclamò bardo e druida, essendo intenzionato a far rivivere l'antica religione dei Celti. Era considerato un esperto collezionista di letteratura medievale gallese, ma dopo la sua morte si scoprì che aveva prodotto numerosi falsi, spesso mescolandoli a testi autentici. In altre parole, aveva inquinato le fonti, dato che la sua abilità era tale da rendere spesso molto difficile scorporare il falso dal vero. 


Descrizione fisica: 
Era un uomo fragile, rachitico e sofferente, con i capelli chiarissimi, quasi albini. Aveva la muscolatura facciale atrofica, segno di una possibile paresi. Era dipendente dal laudano, di cui faceva un uso pesante per lenire l'asma e combattere l'insonnia (la sostanza all'epoca era disponibile a un vasto pubblico e il suo uso era incoraggiato dai medici). 

Biografia:
Edward Williams, figlio di Edward Williams e Ann Matthews, crebbe nel villaggio di Flemingston (Flimston; gallese: Trefflemin). Seguì suo padre, che era un tagliapietre. Presto si destò in lui un grande interesse per i manoscritti e per la poesia gallese. Imparò a comporre in gallese da poeti come Lewis Hopkin, Rhys Morgan e Siôn Bradford, che erano i bardi locali. Assunse il nome bardico Iolo Morganwg. Nel 1773 andò a Londra, dove conobbe Owain Myfyr, che lo introdusse alla Society of Gwyneddigion, un'importante associazione di cultura gallese. Nel 1777 ritornò in Galles. Dopo qualche anno, nel 1781, sposò Margaret Roberts e tentò di fare l'allevatore, senza successo. Ebbe quattro figli, di cui soltanto due sopravvissuti fino all'età adulta: Margaret (nata nel 1782) e Taliesin (nato nel 1787). Fu a questo punto che cominciò a impegnarsi nella produzione di testi falsi: nel 1789 compose Barddoniaeth Dafydd ab Gwilym, una raccolta di poesie fittizie da lui attribuite al poeta Dafydd ap Gwilym, vissuto nel XIV secolo. È stata notata la sorprendente capacità del falsario di imitare lo stile dei testi autentici di Dafydd. Dal 1791 al 1795 fu ancora a Londra, dove officiò cerimonie bardiche, presiedendo l'Assemblea del Gorsedd a Primrose Hill. Di lì a poco, la sua produzione di falsi ebbe una prodigiosa accelerazione. Nel periodo tra il 1801 e il 1807 ebbe un ruolo rilevante in Myvyrian Archaiology, una delle prime raccolte a stampa di letteratura medievale gallese. Sfortunatamente, alcune delle opere pubblicate erano suoi falsi, tra cui un libro attribuito a San Cadoc, una storia fittizia della Britannia e un gran numero di Triadi gallesi. Agiva in due modi, inventando Triadi di sana pianta oppure alterandone di esistenti. Ebbe anche il controllo dell'effimera rivista Y Greal, durata dal 1805 al 1807, in cui incluse diversi suoi falsi. Nel 1812 pubblicò una serie di inni religiosi, col titolo Salmau yr Eglwys yn yr Anialwch ("Salmi della Chiesa nel deserto").
Le circostanze della morte di Iolo Morganwg non sono chiare. Nel Web si trovano con grande fatica versioni contrastanti. Alcuni qualificano la morte come "improvvisa", il che farebbe pensare a una crisi respiratoria dovuta a un'overdose di laudano. Secondo altri, l'autore sarebbe invece morto di polmonite dopo aver fatto capriole nudo in un bosco, sotto la pioggia battente. Le fonti sono estremamente dubbie. Riporto queste notizie, non verificabili e al limite del pettegolezzo, a titolo di pura e semplice curiosità.

Iolo Morganwg e il Cristianesimo 

Iolo Morganwg apparteneva alla Chiesa Unitariana Quacchera. Era uno strenuo oppositore della Chiesa d'Inghilterra. Evidentemente non percepiva alcuna contraddizione tra i contenuti neopagani druidici e la teologia della sua comunità, ma va detto che l'ambiente religioso in cui si muoveva era piuttosto aperto e tollerante. L'Unitarianismo è un movimento antitrinitario. Nega cioè la dottrina secondo cui sussistono in Dio tre persone uguali, distinte e coeterne. Ammette l'unicità di Dio come essere generatore, ponendo in dubbio la divinità di Cristo e dello Spirito Santo. Si potrebbe dire che tali dottrine abbiano qualche somiglianza con l'Arianesimo professato dai Goti.

Iolo Morganwg e la politica 

Iolo Morganwg era uno strenuo oppositore della Monarchia e fu un attivista pacifista, che mise in atto iniziative contro la guerra e contro la schiavitù. In particolare, si impegnò nella ricerca di alternative allo zucchero, che era considerato "insanguinato", in quanto prodotto del lavoro di schiavi. Va detto che le attività commerciali da lui iniziate a scopi politici fallirono tutte. Ebbe qualche riscontro in America. Fu amico di Tom Paine, con cui intratteneva una corrispondenza; George Washington ammirava la sua poesia. Le autorità britanniche per contro lo guardarono sempre con grande sospetto, arrivando a sottoporlo ad interrogatori e a interrompere le riunioni del Gorsedd.

L'emergere dei falsi

Il sospetto che Iolo Morganwg avesse falsificato un gran numero di opere "medievali" gallesi iniziò almeno a partire dal 1868, ben 42 anni dopo la sua morte. William F. Skene, nel suo Four Ancient Books of Wales, scrisse quanto segue:

"It is a peculiarity attaching to almost all of the documents which have emanated from the chair of Glamorgan, in other words, from Iolo Morganwg, that they are not to be found in any of the Welsh MSS. contained in other collections, and that they must be accepted on his authority alone. It is not unreasonable, therefore, to say that they must be viewed with some suspicion, and that very careful discrimination is required in the use of them."

Traduzione: 

"Una peculiarità che accomuna quasi tutti i documenti emanati dalla cattedra di Glamorgan, in altre parole da Iolo Morganwg, è che non si trovano in nessuno dei manoscritti gallesi contenuti in altre raccolte, e che devono essere accettati solo sulla base della sua autorità. Non è irragionevole, quindi, affermare che debbano essere considerati con un certo sospetto e che sia richiesta un'attenta valutazione nel loro utilizzo." 

Nel 1848 il figlio di Iolo Morganwg, Taliesin Williams, raccolse una parte degli scritti paterni e li fece pubblicare. Non era minimamente consapevole della brutta faccenda dei falsi. 

Il laudano e uno strano concetto di verità

Questa è l'opinione del recensore Ceri Shaw (2018):

"He was convinced that the culture in which he was raised by his mother and other exemplars and tutors was the heir to a great south Walian Bardic and Druidic tradition. The fact that this tradition lacked any foundation texts was a deficiency which he marshaled his considerable literary talents to correct."

Traduzione: 

"Egli era convinto che la cultura in cui era cresciuto, grazie alla madre e ad altri modelli e tutori, fosse l'erede di una grande tradizione bardica e druidica del Galles meridionale. Il fatto che questa tradizione fosse priva di testi fondanti era una lacuna che egli colmò con il suo considerevole talento letterario."

Un'ipotesi a mio avviso tutt'altro che peregrina è che l'uso prolungato del laudano, che è tintura alcolica di oppio, abbia favorito l'inclinazione di Iolo Morganwg a ritenere "vero" ciò che era in realtà il prodotto della sua immaginazione. Molti drogati sono convinti di poter accedere a informazioni inaccessibili in stato di lucidità: credono di poter sperimentare la conoscenza diretta dei segreti più intimi della Natura e dell'Universo. 

Romanticismo e falsi storici

Iolo Morganwg, che era un affiliato della Massoneria, era certamente animato da un intenso spirito di patriottismo. Nutriva l'incrollabile convinzione di essere, assieme a Eward Evans, un estremo depositario di una conoscenza arcana che avrebbe attraversato i secoli, risalendo fino ai tempi dei Druidi. Sapeva che tutto questo non era sufficiente. Lo pervadeva il terrore che la lingua e la cultura del Galles potessero decadere fino ad estinguersi, svanendo nell'oceano anglosassone. Riteneva quindi doveroso fare qualcosa, qualsiasi cosa, incluso inventare di sana pianta testi e tradizioni, mescolandoli al materiale veritiero. Il fine per lui giustificava i mezzi. Riporto un fatto che potrebbe apparire contraddittorio, pur non essendolo. Quando fu scoperto che i Canti di Ossian, pubblicati dal poeta scozzese James Macpherson, erano un clamoroso falso, Iolo Morganwg ebbe una reazione inconsulta e violenta: pieno di animosità, si scagliò contro l'autore ossianico arrivando ad auspicare la sua impiccagione. Come mai un falsario era tanto adirato con un altro falsario? Semplice. Aveva il terrore che la scoperta della natura fittizia dei Canti di Ossian potesse indurre le autorità accademiche a diffidare dei documenti di tutte le culture celtiche, passando ogni testo sotto la lente d'ingrandimento - col pericolo di svelare i numerosi falsi che stavano riplasmando l'intera letteratura gallese. 

Il caso del Barddas 

Il Barddas (in gallese significa "Bardismo", "Scienza bardica") è un libro di materiale raccolto e scritto dallo scrittore gallese Iolo Morganwg, presentato come un'autentica raccolta di antichi testi teologici e filosofici bardici e druidici gallesi. Fu pubblicato postumo in due volumi da John Williams per la Welsh Manuscripts Society, nel 1862 e nel 1874. 
Il primo volume si divide in tre sezioni: 
 1) Simboli: tratta di un alfabeto denominato Coelbren;
 2) Teologia: tratta della filosofia e della cosmologia;
 3) Saggezza: tratta di conoscenze esoteriche.
Il secondo volume, rimasto incompiuto a causa della morte dell'autore, è in larga misura una guida per i Bardi e per i Gorsedd

La parte del primo volume denominata Teologia è particolarmente importante, perché sintetizza la cosmologia di Iolo Morganwg. Comprende una parte in forma di catechismo, in cui l'iniziatore pone domande e l'iniziato dà le risposte. 


Sunto dottrinale del Barddas 

Semplificando molto, il Cosmo è costituito da tre cerchi concentrici. Il più interno di questi cerchi, denominato Abred, è il mondo materiale, dominato da uno stato di Male, Caos e disordine. Gli spiriti degli esseri umani sono generati nello stadio più basso dell'esistenza, Annwn, che è prossimo al Nulla, quindi migrano in Abred dove si reincarnano nello sforzo di ascendere al livello cosmico superiore: il cerchio denominato Gwynfyd. Questo stato d'essere indica lo stato di beatitudine, priva di peccato, goduta dagli spiriti dopo essersi liberati e riuniti con Dio. Oltre Gwynfyd c'è il cerchio dell'Infinito, Ceugant, simile nella sua struttura al cristallo che rappresenta Dio, l'Assoluto denominato OIW
I tre termini Abred, Gwynfyd e Ceugant sono fortemente influenzati sia dal Cristianesimo (Gwynfyd, nella misura in cui traduce Paradiso; Ceugant, nella misura in cui traduce Dio) che dal Buddhismo (Abred, nella misura in cui traduce Saṃsāra; Gwynfyd, nella misura in cui traduce Nirvāṇa). 

Secondo lo studioso irlandese Thomas William Hazen Rolleston (1857 - 1920), a un certo punto una dottrina simile a quella esposta nel Barddas dovette sicuramente esistere nell'ordine dei Bardi nel XVI secolo. Il problema è questo: i contenuti a cui Rolleston allude hanno come artefice il poeta Llywelyn Siôn (1540 - 1616), che può essere considerato in qualche modo un precursore di Iolo Morganwg: collezionista di antichi manoscritti, nazionalista gallese, bardo che ha presieduto i Gorsedd della sua epoca e via discorrendo. Quanto c'è di vero? Quanto c'è di inventato già nelle fonti del Barddas? L'attuale mondo accademico ha l'idea unanime che il Barddas sia un'opera pseudo-bardica e pseudo-druidica, come le sue fonti del XVI secolo. In altre parole, la complessa teologia che vi è contenuta non può essere proiettata all'indietro di oltre un millennio e attribuita tal quale ai Druidi dell'epoca precristiana. 

Il Barddas e lo Gnosticismo 

Rolleston era convinto che la dottrina del Barddas presentasse una grande somiglianza con lo Gnosticismo. L'idea è piuttosto controversa. Certamente Ceugant può sembrare a prima vista una buona traduzione di Pleroma (πλήρωμα, derivato di πληρόω "riempire"). Tuttavia manca del tutto il Mito della Caduta, così come vi è assente ogni traccia di anticosmismo. L'essere umano per lo Gnosticismo è decaduto dal suo stato di completezza e perfezione, precipitando nella materia. Invece per il Barddas l'essere umano, nato da una condizione di Nulla, sembra poter soltanto ascendere. Il Pleroma degli Gnostici emana. Ceugant non presenta in realtà somiglianza alcuna con questo concetto.

Note etimologiche

CYTHRAUL : L'Avversario, il Principio del Nulla 

Protoforma ricostruibile: Latino Contrārius "Oppositore", "Avversario" (epiteto di Satana) 
Derivazione: attraverso dissimilazione 
Note: 
In realtà potrebbe essere un derivato di cwthr "buco", "cavità", nel senso di "Nulla Primordiale", anche se in tal caso non si spiegherebbe la terminazione -aul. Non va nascosto che esiste un'irregolarità fonetica: se la derivazione fosse dal latino, ci aspetteremmo *Cythrawl

ANNWN : L'Ade, gli Inferi 
Varianti: ANNWFNANNWYN 
Pronuncia: /'anʊn/ 

Protoforma ricostruibile: *Andumnon "Ade" (Inferi)
Gallico: Antumnos "Ade", "Plutone" (divinità) 
Note: 
L'ipotesi più plausibile è che il significato originario fosse "Non Mondo", da *an- "non" (prefisso negativo) e *dumnon "mondo", "profondità". Questo però non spiega la presenza di un'occlusiva sorda nel gallico Antumnos, così si è ipotizzata la derivazione da una protoforma più antica *Andedumno-. Si suppone che il prefisso *ande- avesse il significato di "inferiore", "infero": l'etimologia indoeuropea sarebbe lineare. Tuttavia questa semantica non è attestata nelle lingue celtiche storiche, così si suppone che debba essere un fossile.

ABRED : Il Mondo del Divenire 
Pronuncia: /'abrεd/

Protoforma ricostruibile: *apritus < *ad-kwritus
Significato: trasmigrazione; cambiamento di forma 
Derivazione: dal prefisso *ad- e da *pritus "forma"; "tempo" (< *kwritus).
Note: 
La parola sembra essere di origine bretone, come si vede dalla vocale -e- (ci aspetteremmo *abryd). La semantica non sembra molto soddisfacente, dal momento che in bretone abred significa "prima", "presto"; si noti però che la radice d'origine significava sia "forma" che "tempo". Nel suo uso "druidico", la parola gallese è attestata per la prima volta nel 1793 (un anno prima che la utilizzasse Iolo Morganwg) dal lessicografo William Owen Pughe. Il verbo abredu "trasmigrare" si trova in Llywelyn Siôn, cosa che lo rende come minimo dubbio. Un'attestazione precedente di abred, piuttosto incerta, risale al XIV secolo, col significato di "liberazione", "rilascio" (glossa inglese: "deliverance, release"). 

GWYNFYD : La Beatitudine 
Pronuncia: /'gwɨnvɨd/

Protoforma ricostruibile: *Windobitus 
Significato: Mondo Bianco, Mondo Puro 
Derivazione: composto di *windos "bianco", "puro" e *bitus "mondo".
Note: 

CEUGANT : L'Infinito, Dio 
Pronuncia: /'kei̯gant/

Protoforma ricostruibile: *Kowokanton  
Significato: cosa certa; cosa sicura; cosa inevitabile
Slittamento semantico: => Assoluto
Derivazione: sostantivazione di *kowokantos "certo", "sicuro"; "inevitabile".
Note: 
L'aggettivo ceugant è documentato a partire dal XII secolo con questi significati. Iolo Moraganwg ha equivocato la sua formazione, credendolo un composto di cau "vacante", "vuoto" e di cant "cerchio", "circonferenza". Ne ha derivato così una parola col significato di "cerchio dell'Infinito", "Infinito", quindi "Dio". 

OIW : L'Eternità 

Protoforma ricostruibile: *Āius 
Significato: Eone, Eternità  
Note: 
L'autore non poteva essere a conoscenza della reale etimologia indoeuropea della parola. Egli cerca di spiegare in modo cervellotico questa sillaba come composta da tre lettere dell'alfabeto Coelbren. Il fatto che io abbia trovato una spiegazione di gran lunga migliore, parrebbe dimostrare che ci sia qualcosa di autentico. 
La radice *āiu-, con corrispondenze in indoiranico, è attestata nell'onomastica celtica antica incorporata in iscrizioni in latino (esempi: Aiu, Aius, Aiuca, Aiucius, Aiuccio, Aiulo, Aiunus, etc.). Cfr. Zeidler, 2013, che però postula una vocale iniziale breve. 

AWEN : L'ispirazione poetica 

Protoforma ricostruibile: *Awenā 
Significato: ispirazione  
Genere grammaticale: femminile 
Note: 
La parola deriva dalla stessa radice del gallese awel "vento, brezza", la cui protoforma ricostruibile è *awelā

COELBREN : L'alfabeto bardico 

Protoforma ricostruibile: *Kailoprennon  
Significato: legno della divinazione 
Derivazione: composto di *kailos "augurio, portento" e di *prennon "albero", "legno" (< *kwresnom).
Note: 
Cesare ci dice chiaramente che i Druidi ai suoi tempi avevano una forte proibizione nei confronti della scrittura, che impediva loro di trascrivere i testi che dovevano apprendere. La scrittura era riservata ai soli usi profani. Tuttavia è possibile che in Britannia e in Irlanda questi tabù nel corso dei secoli siano almeno in parte venuti meno, permettendo lo sviluppo di nuovi sistemi alfabetici. Conosciamo l'Ogham, originario dell'Irlanda, che era però utilizzato per brevi iscrizioni funebri. 

Annwn e Tolkien 

J.R.R. Tolkien usò la parola annún nella sua mitologia della Terra di Mezzo come termine della lingua elfica Sindarin (fonologicamente ispirato al gallese) che significa "ovest" o "tramonto" (derivata dalla radice del Quenya Andúnë), spesso riferendosi figurativamente al "Vero Ovest", ovvero la terra benedetta di Aman oltre il Mare, l'Isola Solitaria Tol Eressëa, o (nel successivo uso maschile) l'isola sommersa di Númenor. Questo è un esempio del metodo di Tolkien di costruire il mondo "spiegando il vero significato" di varie parole del mondo reale assegnando loro un'etimologia "elfica" alternativa.

Etimologia del nome Iolo 

Iolo è un ipocoristico del nome gallese Iôrwerth, il cui significato è "Signore Splendente". Il primo membro del composto, iôr "signore" (variante iôn), non ha etimologia indoeuropea credibile. La protoforma celtica ricostruibile, *jurā, compare come oronimo nelle Alpi, col plausibile significato di "Sommo", "Alto". Il secondo membro del composto, -werth, è la forma lenita di berth "splendente" (<  protoceltico *bertos < *berktos). L'antroponimo Iôrwerth è stato associato all'inglese Edward (antico inglese Ēadward), di diverso significato ("Guardia della Ricchezza"), ma di aspetto fonetico abbastanza simile. 

Etimologia di Morganwg 

Il nome bardico Iolo Morganwg alla lettera significa "Iolo di Glamorgan". Il toponimo Morganwg, la cui ortografia  corretta è Morgannwg, risale al nome di un sovrano medievale, Morgan Hen, ossia "Morgan il Vecchio", con l'aggiunta del suffisso aggettivale -wg. L'antroponimo Morgan, dall'antico gallese Morcant, è formato da môr "mare" e da cant "cerchio". Il significato è "Cerchio del Mare". La protoforma ricostruibile di Morcant è *Morikantos. La protoforma ricostruibile dell'appellativo Hen "Vecchio" è *Senos. La protoforma ricostruibile di Morgannwg è *Morikantukos. La forma usata in inglese, Glamorgan, deriva dal gallese Gwlad Morgan, ossia "Paese di Morgan", ed è del tutto equivalente a Morgannwg. La protoforma ricostruibile è *Wlatis Morikantī, con l'antroponimo al genitivo. 

Etimologia di Gorsedd 

La parola gallese gorsedd (plurale gorseddau) significa "trono". La protoforma ricostruibile è *wersedon, derivata da *wer- "sopra" e *sedon "seggio". Iolo Morganwg ha riesumato questo termine per designare l'Assemblea dei Bardi, ma non l'ha inventato di sana pianta; era tra le altre cose già stato usato da Llywelyn Siôn nella stessa accezione. 

Alcuni link utili 





martedì 30 maggio 2023

ETIMOLOGIA DELL'ANTROPONIMO NORMANNO BOEMONDO

Boemondo d'Altavilla, detto anche Boemondo di Taranto (tra il 1051 e il 1058 - 1111), figlio di Roberto il Guiscardo, Principe di Taranto (1015 - 1085), fu uno dei più cospicui comandanti della Prima Crociata. Conquistò Antiochia e ne divenne Principe. I manuali storici si occupano di riportare le sue vittorie e le sue sconfitte. Quello che a me interessa è l'etimologia del suo bizzarro antroponimo. Da dove potrà mai derivare Boemondo

A quanto sembra, questo nome non è attestato in norreno, come invece ci si aspetterebbe. Ne ho invano cercato tracce, senza trovare nulla. Non fa parte del ricchissimo patrimonio onomastico degli antichi Scandinavi. Potrebbe invece trovarsi nelle saghe norvegesi del XIV secolo, che erano traduzioni o adattamenti di testi in lingua francese antica, di argomento cavalleresco. In tal caso sarebbe passato dalla lingua d'oïl all'antico norvegese. Si converrà che non è affatto facile ricercare una data informazione, visto che il materiale spesso non è consultabile. Va già bene se si trovano dei file .pdf senza la possibilità di fare ricerche nel testo. 

Questo è tutto ciò che si riesce a recuperare nel Web: 

Forme attestate: Boiamund, BoamundBiamund,
     Baamund, Baamont 
Forme latinizzate: BohemundusBoemundus
     BuamundusBoamundus 
Greco (Anna Comnena): Βαϊμοῦντος (Baïmuntos
Italiano: Boemondo
     Buiamonte (Toscana, citato da Dante) 
     Baiamonte (Toscana, Sicilia) 
     Bajamonte (Veneto) 
     
Boimonte (Campania, Calabria) 
     Biamonte (Liguria) 

Forme moderne: 
  Italiano: Boemondo 
  Siciliano: Buimunnu  
  Francese: Bohémond
  Tedesco: Bohemund 
  Inglese: Bohemond 

Le forme attestate come Boiamund e simili dovrebbero trovarsi in documenti in latino e in opere in francese antico. Alcuni autori le enumerano tra le attestazioni di antroponimi dell'area dell'antico alto tedesco (Förstemann, 1856). 

La seconda parte del composto non presenta problemi: deriva in modo diretto dal protogermanico *-munduz "protettore", che si trova negli antroponimi maschili e ha la stessa radice di *mundō "protezione", "mano" (genere: femminile). L'esito norreno di *-munduz è -mundr (genitivo -mundar). 
Nelle lingue germaniche antiche si trovano moltissimi nomi propri di persona maschili formati con questo elemento.

Possibili etimologie germaniche: 

1) "Protettore dei ragazzi" 
Possibile primo membro del composto: norreno bófi /'bo:vi/ "ragazzo" (genitivo bófa); in islandese moderno è passato a significare "bandito". Il termine è derivato dalla stessa radice protogermanica *bō- che con diverse estensioni ha dato l'inglese boy e il tedesco Bube "ragazzo". Alfonso Burgio riporta quanto segue nel suo Dizionario dei nomi propri di persona (1992): "dal germanico Boemunt composto dalla radice munt, mund, difesa, protezione. Il primo elemento da bob, ragazzo. Il nome significa protettore dei ragazzi." Mi pare un'ipotesi abbastanza implausibile, anche perché non si trovano antroponimi composti formati a partire da questa radice. 
2) "Protettore dei Boi"  
Possibile primo elemento del composto: il nome della popolazione celtica dei Boi (gallico Boio-, attestato in antroponimi). Salvatore Carmelo Trovato, in Studi linguistici in memoria di Giovanni Tropea (Edizioni dell'Orso, 2009), riporta: "Bojen 'Boi' + *munda- 'protezione, difesa' = 'protettore dei Boi'." Mi pare un'ipotesi abbastanza implausibile. La popolazione celtica dei Boi è indicata da Trovato con la sua attuale denominazione tedesca, Bojen, segno che non è un esperto di lingue celtiche antiche.  

Etimologie marchianamente false: 
 
i) Boatus Mundi "Clamore del Mondo" 
Questa è una tipica etimologia popolare, che ignora ogni rudimento di grammatica e si basa unicamente sull'assonanza, spesso rozza. Non ha fondamento alcuno. 
ii) "Uomo forte" 
Questa "traduzione" è riportata nel lavoro di Carlo Ermanno Ferrari, Vocabolario de' nomi proprj sustantivi (1830). Non ha fondamento alcuno. 
iii) "Arciere" 
Questa "traduzione" è riportata nel sito Santi, beati e testimoni (www.santiebeati.it), che menziona un San Boemondo morto nel 1140 (solo una trentina di anni dopo la morte di Boemondo di Taranto), senza dettagli biografici né agiografia. Non ha fondamento alcuno.

Un'etimologia popolare biblica: 

Tutto inizia dall'oscura allusione a un gigante denominato Buamundus, protagonista di un racconto popolare andato perduto. Roberto il Guiscardo fece battezzare il figlio con il nome Marco (non certo tipico dei Normanni), per poi soprannominarlo Buamundus per via della massiccia corporatura che aveva già da bambino. La fonte di queste informazioni, a parer mio di attendibilità assai dubbia, è il monaco e storico inglese Orderico Vitale (1075 - 1142). Questo è il brano: "Marcus quippe in baptismate nominatus est; sed a patre suo, audita in convivio ioculari fabula de Buamundo gigante, puero iocunde impositum est", ossia "Marco è stato effettivamente battezzato così; ma da suo padre, che aveva ascoltato in una festa la favola del gigante Buamundus, (quel nome) è stato imposto allegramente al bambino". Il nome Buamundus altro non sarebbe che una deformazione popolare di Behemoth, nome ebraico della bestia di proporzioni immani descritta nella Bibbia (Libro di Giobbe) e raffigurata con le sembianze di un mostruoso ippopotamo. Se questo fosse vero, l'antroponimo Boemondo sarebbe un semplice soprannome pseudo-germanico. La sua somiglianza con i nomi germanici in -mund sarebbe dovuta a un'etimologia popolare. Un nome biblico sarebbe stato adattato dal volgo assumendo così l'aspetto di un nome germanico genuino. Una vicenda simile è quella dei rubicondi irlandesi che credevano Maria Maddalena una loro compaesana: sarebbero stati pronti a giurare e a spergiurare che il suo vero nome fosse Mary McDillon.   

Conclusioni:  

Che nome è Boemondo? È un nome norreno? È un nome franco, ascrivibile all'antico alto tedesco? Oppure è davvero un nome biblico passato attraverso l'usura fonetica del popolino? Perché non sembra essere esistito prima del figlio di Roberto il Guiscardo? Se fosse stato solo un soprannome, come mai avrebbe acquistato lo status di nome di battesimo tra i discendenti di Boemondo di Taranto? A cosa si deve la grande variabilità delle sue attestazioni, perdurate spesso fino ad oggi come cognomi? Per giungere a una conclusione ragionevole servono ulteriori studi e dati (forse perduti per sempre). Ricordo un professore che era solito dire: "Ci sono aspetti del Medioevo che non ci saranno mai noti, non li potremo mai conoscere." Ecco, mi pare che l'etimologia di Boemondo sia tra questi misteri. Quello che mi pare incredibile, è la totale assenza di interesse da parte del mondo accademico. 

venerdì 26 maggio 2023

CRIPTOZOOLOGIA IN MADAGASCAR: IPPOPOTAMI NANI, LEMURI GIGANTI E UN CARNIVORO

Sono attestati numerosi racconti relativi a diversi criptidi presenti in Madagascar. Abbiamo a che fare con specie sorprendenti: un ippopotamo nano, svariati lemuri giganti e un fossa gigante. Queste narrazioni non sono state partorite dalla fantasia di qualche cultore degli allucinogeni fissato con i Rettiliani, quali se ne trovano nei diverticoli del Web. I criptidi in questione sono animali ben noti ai paleontologi e non è così improbabile che ne possano sopravvivere esemplari nelle regioni più impervie dell'isola. 


1) Il kilopilopitsofy

Il kilopilopitsofy è descritto come una specie di ippopotamo di dimensioni ridotte. Potremmo definirlo ippopotamo pigmeo del Madagascar. Sappiamo che fino a tempi non troppo remoti esistevano nell'isola due diverse specie di ippopotami pigmei. Nella metà del XX secolo, il naturalista ed esploratore francese Alfred Grandidier esumò circa 50 esemplari da un terreno palustre, in un luogo chiamato Ambolisatra, non lungi dal Canale del Mozambico (forse è l'attuale Ambolisaka). In seguito a una revisione del materiale, sono state identificate due diverse specie, a cui sono stati attribuiti i nomi scientifici di Hippopotamus madagascariensisHippopotamus lemerlei (Stuenes, 1989). Sulla costa orientale dell'isola sono stati rinvenuti altri resti, risultati appartenere a una terza specie, denominata Hippopotamus laloumena, poco più piccola dell'ippopotamo comune (Faure, Guerin, 1990). Da ulteriori analisi è risultata la somiglianza di Hippopotamus madagascariensis con l'ippopotamo pigmeo dell'Africa Occidentale (Choeropsis liberiensis). L'estinzione degli ippopotami del Madagascar potrebbe essere avvenuta dopo il XVI secolo o poco più tardi. Alcune ossa mostrano segni inequivocabili di macellazione, segno che questi animali venivano attivamente cacciati a scopo alimentare. Come in molti altri casi, queste pratiche venatorie eccessive devono aver portato al tracollo le specie. Anche se il kilopilopitsofy viene considerato un animale immaginario, è notevole la forza delle tradizioni orali malgasce, che insistono sulla sua esistenza contemporanea. 

Una notevole testimonianza 

Nel villaggio di Belo sur Mer (sur Mer è ovviamente francese, "sul mare"), negli anni '90 del XX secolo, il paleobiologo David A. Burney raccolse i racconti degli abitanti, in modo tra loro indipendente, che descrivevano un animale entrato in più occasioni nell'abitato. Questo essere bizzarro era grande all'incirca come una vacca, aveva colorazione scura e grugniva incessantemente; in caso di minaccia correva, si tuffava e scompariva sott'acqua. Dall'analisi delle ossa, risulta che gli ippopotami malgasci erano più agili di quelli continentali e che le loro abitudini potrebbero essere state non completamente acquatiche. Accadde che un uomo del villaggio, a cui fu chiesto di imitare il verso del misterioso animale, emise un grugnito che somigliava in modo straordinario a quello dell'ippopotamo comune (Hippopotamus amphibius). Questo individuo, di nome Jean Noelson Pascou, era un abile imitatore di versi di animali, in vita sua non era mai stato fuori dal Madagascar e non aveva mai visto un ippopotamo. 

Note etimologiche 1/2

La traduzione di kilopilopitsofy dovrebbe essere "orecchie flosce", anche se finora non sono riuscito a trovare un'analisi accettabile della parola. Sembra che la parola pitsofy significhi "soffio", mentre non sono riuscito a trovare una traduzione per la prima parte del composto, kilopilo-. La segmentazione da me tentata potrebbe essere erronea. A un certo punto ho cominciato ad avere forti dubbi sulla validità della glossa tradizionale "orecchie flosce". Dopo qualche ricerca sono approdato a un risultato interessante. In lingua malgascia sofina è la parola che significa "orecchio": mi sono reso conto che la sua radice potrebbe essere presente nella parte finale del composto, -sofy (essendo -na un comune suffisso). Quello che mi appare evidente è l'assenza di un vocabolario etimologico della lingua malgascia, che sembra essere tra le meno studiate dell'intero pianeta. 

Note etimologiche 2/2

Un sinonimo di kilopilopitsofy è tsungaomby (variante tsy-aomby-aomby), traducibile come "non vacca". Sappiamo che la parola omby "vacca" è di origine Bantu e che deve essere stata importata in Madagascar in epoca non troppo remota dall'Africa continentale. Per la formazione di tsungaomby, cfr. Kiswahili si "non" e n'gombe "vacca".
Più semplice il sinonimo omby-rano, traducibile come "vacca d'acqua": in malgascio rano significa "acqua".
Si noterà che lalomena (trascritto secondo l'uso francese come laloumena) è un altro nome malgascio dell'ippopotamo. L'etimologia è al momento sconosciuta, forse a causa dell'esiguità delle informazioni a mia disposizione.  

Nel mondo accademico sono pochi gli studiosi che si sbilanciano. La maggior parte nutre un grande terrore di una possibile smentita, così si mantiene prudente. Così c'è chi ha pensato che l'ippopotamo di Belo sur Mer fosse un normalissimo esemplare di Hippopotamus amphibius che avrebbe attraversato a nuoto il Canale del Mozambico, partendo dall'Africa continentale ed approdando sulle coste del Madagascar. Anche se tecnicamente la cosa non sarebbe impossibile, una simile proposta appare come una solenne baggianata: l'attraversamento di un così vasto braccio di mare sarebbe un evento eccezionale, contrastante con la costanza degli avvistamenti del kilopilopitsofy. Un'altra strategia comune tra i detrattori della criptozoologia è quella di affermare la possibilità di "inquinamento" da parte di conoscenze moderne: anche gli indigeni di terre lontane leggono e fruiscono dei media. Peccato che questo non possa valere per i secoli passati. 


2) il kidoky 

Il kidoky ha tutte le caratteristiche tipiche di un lemure gigante. Il paleobiologo David A. Burney e l'archeologo malgascio Ramilisonina hanno intervistato alcuni anziani nativi nel corso di una spedizione nel 1995, venendo a conoscenza di questo criptide. Queste sono le parole di Burney:  

"This animal's description is decidedly lemur-like. It was compared to the sifaka by all the interviewees who described it, although all insisted that it was not the same animal... It is much larger...perhaps 25 kg. It is usually encountered on the ground and may flee on the ground rather than taking to the trees...Its whooping call is suggestive of an indri." 

Traduzione per gli anglofobi non anglofoni:

"La descrizione di questo animale è decisamente simile a quella di un lemure. È stato paragonato al sifaka da tutti gli intervistati che lo hanno descritto, sebbene tutti abbiano insistito sul fatto che non si trattasse dello stesso animale... È molto più grande... forse 25 kg. Di solito lo si incontra a terra e potrebbe fuggire lì piuttosto che rifugiarsi sugli alberi... Il suo verso stridulo ricorda quello di un indri."

Lo stesso Jean Noelson Pascou, che aveva imitato il verso dell'ippopotamo pigmeo, disse di aver osservato da vicino un esemplare di kidoky nel 1952: era un animale timidissimo e notturno, grande come una bambina di 7 anni, aveva la pelliccia scura, con una grande macchia bianca sulla fronte e sotto la bocca. Se spaventato non si arrampicava sugli alberi, ma fuggiva correndo a quattro zampe. L'attribuzione più probabile dei kidoky è al genere Archaeolemur. Sono noti resti subfossili di due specie, scomparse in seguito all'arrivo dell'uomo sull'isola: Archaeolemur edwardsi e Archaeolemur majori. Il peso stimato è di 20-25 kg. A giudicare dalla dentatura, la dieta era onnivora. Il parente conosciuto più prossimo è l'indri (Indri indri). Ovviamente, qualora si riuscisse a fotografare un esemplare di kidoky, sarebbe possibile saperne di più. 


3) il tratratratra 

Il tratratratra (trascritto in francese come trétrétrétré) è descritto come un lemure gigante dall'aspetto oltremodo spettrale: il corpo somiglia a quello di un grosso babbuino obeso, la coda è corta, mentre il volto è perfettamente riconoscibile come umano! Così l'ottimo Étienne de Flacourt lo descrive nella sua opera seminale, Histoire de la Grande Isle del Madagascar (1658): 

"Tretretretre ou Tratratratra, c’est un animal grand comme un veau de deux ans qui a la tête ronde et une face d’homme, les pieds de devant comme un singe et les pieds de derrière aussi. Il a le poil frisoté, la queue courte et les oreilles comme celles d’un homme. Il ressemble au Tanacht décrit par Ambroise Paré. Il s’en est vu un proche de l’étang de Lipomami aux environs duquel est son repaire. C’est un animal fort solitaire, les gens du pays en ont grand-peur et s’enfuient à sa vue tout comme lui aussi d’eux."  

Traduzione per i francofobi non francofoni:

"Il Tretretretre o Tratratratra è un animale grande quanto un vitello di due anni, con testa rotonda e volto umano, zampe anteriori e zampe posteriori da scimmia. Ha il pelo riccio, una coda corta e orecchie da uomo. Assomiglia al Tanacht descritto da Ambroise Paré. Un esemplare è stato avvistato vicino allo stagno di Lipomami, dove si trova la sua tana. È un animale molto solitario; la gente del posto ne ha molta paura e scappa alla sua vista, così come lui scappa da loro."

Non si riescono a trovare specie subfossili che si possano identificare in modo plausibile con il tratratratra. Si rimarca che generi come Paleopropithecus e Megadalapis non hanno caratteristiche compatibili. 
 
Peccato che non si possano vedere esemplari viventi di questa mirabile specie: il loro volto umano potrebbe servire a dare una forte scossa a scienze languenti come la filosofia e la teologia! Se esistesse un animale che ha lo stesso sembiante di un uomo, come si potrebbe negare che sia stato fatto a immagine e somiglianza di Dio? Secoli fa qualcuno disse che osservare una scimmia gli provocava mortificanti riflessioni. Non ricordo chi sia stato, non gettatemi la croce addosso. Ricordo però una cosa. Asimov commentò tali parole dicendo che le "mortificanti osservazioni" dovevano essere di questo tenore: "L'essere umano può essere considerato una scimmia più grossa e con meno peli". Benissimo. Che avrebbe detto quel tale se avesse visto un tratratratra

Note etimologiche
 
L'origine della parola tratratratra è con ogni probabilità onomatopeica. Deve essere l'adattamento fonetico del verso emesso dal lemure, considerato dai nativi una terrificante apparizione spettrale. Secondo le superstizioni malgasce, nei lemuri si reincarnano gli spiriti dei morti, in particolare in quelli di abitudini notturne e dotati di grandi occhi.  


4) l'antamba 

L'antamba è descritto come una specie simile al fossa (Cryptoprocta ferox) ma di proporzioni più grandi, che occupava la nicchia biologica predatoria dei grandi felini. Il fossa appartiene alla famiglia degli Eupleridi (Eupleridae) ed è strettamente imparentato con lo zibetto malgascio (Fossa fossana). Così l'ottimo Étienne de Flacourt descrive l'antamba nella sua opera seminale, Histoire de la Grande Isle del Madagascar (1658): 

"Antamba, c’est une bête grande comme un grand chien qui a la tête ronde, et au rapport des Nègres, elle a la ressemblance d’un léopard, elle dévore les hommes et les veaux. Elle est rare et ne demeure que dans les lieux des montagnes les moins frequentez."

Traduzione per i francofobi non francofoni: 

"L'Antamba è una bestia grande come un grosso cane, con la testa rotonda e, secondo i Negri, simile a un leopardo, che divora uomini e vitelli. È raro e vive solo nelle zone montuose meno frequentate."  

Alla luce di queste descrizioni, è possibile identificare l'antamba con il fossa gigante (Cryptoprocta spelea), di cui sono stati trovati resti subfossili. Si noti che ancora oggi i nativi sono convinti dell'esistenza di due diverse specie di fossa: il fossa rosso (fosa mena) e il fossa nero (fosa mainty). Quest'ultimo sarebbe quello di corporatura maggiore, probabilmente corrisponde al criptide. In tal caso, fosa mainty sarebbe un sinonimo di antamba.  

Negli anni '30, il cacciatore francese Paul Cazard ricevette segnalazioni di leoni giganti che vivevano nelle caverne in zone remote dell'isola, dove uccidevano sia il bestiame che esseri umani. È plausibile che si trattasse di antamba e che le descrizioni esagerate degli animali come "leoni giganti" fossero il frutto di una potente miscela di terrore, superstizione ed ignoranza. Nel novembre 1999, venuto a conoscenza di insistenti voci sulla presenza dell'antamba, il biologo conservazionista Luke Dollar guidò una spedizione nel Parco nazionale di Zahamena, ma non ebbe successo. 

Etimologia di antamba 

Stavo quasi arrendendomi. Ero convinto che non mi fosse possibile reperire nulla a proposito dell'etimologia del malgascio antamba. Invece ho insistito e qualcosa ho trovato. In un raro vocabolario online della lingua malgascia, la parola in questione è trattata. La glossa è "animal mystérieux, sorte de chat sauvage", ossia "animale misterioso, sorta di gatto selvatico". Si specifica anche qual è il significato originale e primario: "calamità, grande sfortuna". Riporto un estratto del testo e il link.  


"Ce mot a le sens général de calamité ; grand malheur. Il désigne aussi Clerodendrum alboviolaceum Moldenke (Lamiaceae). Petit arbre rare, localisé sur les sols basaltiques et qui a la réputation de porter malheur. Dans le Sud-Est, malgré la mauvaise réputation de ces arbres, les Clerodendrum (Lamiaceae), on donnerait une tisane des feuilles en cas de perte d'appetit."

Traduzione: 

"Questa parola ha il significato generale di calamità; grande sfortuna. Si riferisce anche al Clerodendrum alboviolaceum Moldenke (Lamiaceae). Un piccolo albero raro che cresce su terreni basaltici, si dice che porti sfortuna. Nel sud-est, nonostante la cattiva reputazione di questi alberi, si dice che un infuso a base di foglie di Clerodendrum (Lamiaceae) venga somministrato in caso di inappetenza." 

Evidentemente si tratta di una denominazione eufemistica e tabuistica. 

Etimologia di fossa 

Protoforma ricostruibile: *pusa 
Significato originale:
    1) donnola dai piedi nudi (Mustela nudipes
    2) gatto 
Esiti attestati: 
   Malgasy: fosa "Cryptoprocta ferox"
   Iban (Borneo): posa "gatto" 
   Malese: pusa "gatto" 
   Malese (dialettale): pusa "donnola dai piedi nudi" 
   Malese (Sarawak): pusak "gatto" 
   Tetum: busa "gatto" 
   Tagalog: pusa "gatto" 
   Ilocano: pusa "gatto" (pl. puspusa

L'origine ultima della protoforma *pusa è con ogni probabilità onomatopeica (potrebbe essere un tentativo di imitare le fusa del gatto o il verso della donnola). 

Una curiosità scatologica 

Il fossa ha una particolarità anatomica: l'ano è nascosto da una sacca anale, che contiene grosse ghiandole le cui secrezioni fortemente odorose servono a marcare il territorio. Per questo motivo il suo nome scientifico è Cryptoprocta, che alla lettera significa "ano nascosto". Non so che odore emani questo affascinante animaletto e non ho notizia di alcuno che sia andato ad annusarlo.

mercoledì 24 maggio 2023

CRIPTOZOOLOGIA IN MADAGASCAR: L'EPIORNITE E IL ROC

I miti sono costruiti attorno a un nucleo di verità ormai resa oscura dalle stratificazioni di secoli, dal rumore di fondo e dalla potenza dell'Oblio. Esistono tuttavia alcuni casi in cui è possibile scrostare la maschera che ricopre questa antica essenza, riuscendo infine a farla rifulgere. Sono più rari di quanto vorremmo, è vero, ma non dobbiamo disperare. Quando la logica permette di arrivare a una conclusione sensata, ogni cosa converge: paleontologia, zoologia, folklore, storia, linguistica. 


L'epiornite o uccello elefante
 

In Madagascar è esistita fino ad epoca abbastanza recente una specie di uccello colossale, l'epiornite (Aepyornis maximus), appartenente alla famiglia degli uccelli elefante. La sua estinzione dovrebbe essere avvenuta nel XVI secolo, forse nel XVII, tanto che se ne conservano resti di esemplari allo stato subfossile. 
Alti fino a 3 metri, questi uccelli inadatti al volo potevano arrivare a pesare mezza tonnellata. Le loro uova potevano avere una circonferenza di oltre 1 metro e un'altezza di oltre 30 centimetri: il volume, pari a circa 8 litri, equivaleva a quello di 160 uova di gallina. Le loro ossa erano prive di midollo. Gli epiorniti potrebbero essere gli uccelli più grandi mai esistiti. 
Esistevano anche alcune specie appartenenti allo stesso genere. ma di dimensioni minori (Aepyornis hildebrandti, Aepyornis gracilis, Aepyornis medius). Si deve però notare che la classificazione esatta è tuttora controversa. Secondo alcuni studiosi, potrebbe trattarsi di sottospecie da ricondursi all'unica specie Aepyornis maximus. Un altro uccello elefante era il Mullerornis modestus, che poteva raggiungere un peso di soli 80 kg. 
Il nome scientifico Aepyornis deriva dal greco αἰπύς (aipys) "alto", "a picco", "scosceso" e ὄρνις (ornis) "uccello". La parola αἰπύς non ha origini indoeuropee ed è un elemento del sostrato pre-greco. La parola ὄρνις "uccello" è invece di chiara origine indoeuropea e ha paralleli in germanico, in celtico, in balto-slavo, in armeno, in albanese e nelle lingue anatoliche.  


Il resoconto di Étienne de Flacourt

L'Ammiraglio Étienne de Flacourt (1607 - 1660), Governatore Francese del Madagascar, nel 1658 pubblicò un'opera importante, intitolata Histoire de la Grande Isle de Madagascar, in cui descrisse in modo sorprendentemente accurato diverse specie di animali dell'isola, di cui tre sono subfossili. Tra questi ultimi spicca il vorompatra, il cui nome significa "uccello degli Ampatri", ossia "uccello delle paludi". Queste sono le parole dell'Ammiraglio:  

"Vouronpatra, un grand oiseau qui hante les Ampatres et pond des œufs comme l'autruche ; afin que les habitants de ces lieux ne le prennent pas, il recherche les endroits les plus solitaires." 

Traduzione: 

"Vouronpatra, un grande uccello che infesta gli Ampatri e depone le uova come lo struzzo; affinché gli abitanti di quei luoghi non lo prendano, cerca i posti più solitari." 

Come si può capire a colpo occhio, il nome vorompatra è un composto. Il primo membro è la parola malgascia vorona, che significa "uccello". Il secondo membro è il toponimo Ampatra (francesizzato in "Ampatres"), che significa "luoghi paludosi" e si riferisce a una regione dell'Androy, un distretto situato nell'estremo meridione del Madagascar. 

Protoforma ricostruibile: *vorona-ampatra 
Esito storico: vorompatra 
Varianti ortografiche: vouronpatra, voroupatra
Sinonimi: vorombe, vorombazoho  

La robustezza delle tradizioni orali dei Malgasci relative a questi uccelli giganti, documentata dallo studioso francese, è comprovata anche dalle sopravvivenze lessicali. Se anche ammettessimo che nessun esemplare di epiornite fosse sopravvissuto all'epoca del resoconto, sarebbe oltremodo interessante questa occasione di studiare gli effetti di un'estinzione recente: le genti del luogo non si sarebbero rese conto della scomparsa di un animale di notevoli dimensioni, continuando a mantenerlo in vita nell'immaginario collettivo. In ogni caso, il perdurare di testimonianze nei secoli successivi non può essere trascurato. 

Testimonianze più recenti

Anche se il resoconto di Flacourt non fu creduto, le voci sulla presenza di uccelli giganteschi persistettero fino alla metà del XIX secolo. Nel frattempo, le foreste paludose e le zone umide del Madagascar si erano gravemente impoverite. 
John Joliffe, chirurgo a bordo della HMS Gesyer, scrisse un diario in cui è riporta una conversazione risalente al 1848 con un commerciante francese di nome Dumarele, il quale sosteneva che i commercianti malgasci di Port Leven conservassero il rum in enormi uova, che a loro dire si trovavano talvolta nelle foreste e nei canneti, deposte da un uccello gigantesco che si vedeva molto raramente nelle foreste più fitte.
Ferdinand von Hochstetter (1829 - 1884) registrò indipendentemente la stessa affermazione, sebbene nel suo resoconto i commercianti avessero visitato l'isola olandese di Mauritius. Alfred Grandidier (1836 - 1921) scoprì in seguito che i Tandroy di Androy riconoscevano ancora il termine vorompatra, anche se il suo informatore, il capo Tsifanihy di Capo St. Mary, non aveva mai visto in vita sua uno di questi uccelli, pur ritenendoli "ben noti ai suoi antenati". Tsifanihy riuscì a condurre Grandidier in una palude vicina dove scoprì resti subfossili di un uccello elefante.
Roy P. Mackal scrisse nel 1980 che alcuni informatori locali insistevano sul fatto che una specie più piccola di uccello elefante (identificabile con Mullerornis) sopravvivesse ancora in foreste molto remote, dove il suo habitat paludoso e boscoso si era ridotto, ma non era scomparso. Diverse voci più recenti spinsero l'ufficiale inglese per la conservazione Barry Ingram a tentare una ricerca di uccelli elefante addirittura nel 1997 o nel 1998. Anche Ivan Mackerle condusse una ricerca più o meno nello stesso periodo. Le premesse sono buone: mi auguro che presto si potrà fotografare un autentico epiornite vivente! 


Marco Polo e l'uccello grifone 

Marco Polo (1254 - 1324) ha parlato di un uccello portentoso e immenso, chiamato ruc, che sarebbe vissuto proprio in Madagascar. Riporto un estratto della sua opera (Milione, Capitolo 186, Dell'isola di Madegascar): 

"
Ancora sappiate che quelle isole che sono cotanto verso il mezzodí, le navi non vi vanno voluntieri per l’acqua che corre cosí forte. Dicomi certi mercatanti che vi sono iti, che v’à uccelli grifoni, e questi uccelli apaiono certa parte dell’anno, ma non sono cosí fatti come si dice di qua, cioè mezzo uccello e mezzo lione, ma sono fatti come aguglie, e sono grandi com’io vi dirò. Egli pigliano l’alifante e pòrtallo su in aire, e poscia il lasciano cadere, e quelli si disfa tutto, poscia si pasce sopra lui. Ancora dicono quelli che l’ànno veduti, che l’alie sue sono sí grandi che cuoprono 20 passi, e le penne sono lunghe 12 passi, e sono grosse come si conviene a quella lunghezza. Quello ch’io n’ò veduto di questi uccelli, io il vi dirò in altro luogo.

E ancora: 

"Lo Grande Kane vi mandò messaggi per sapere di que]le cose di quell’isola, e preserne uno, sicché vi rimandò ancora messaggi per fare lasciare quello. Questi messaggi recarono al Grande Kane uno dente di porco salvatico che pesòe 14 libbre. 
Elli ànno sí divisate bestie e uccelli ch’è una maraviglia. Quelli di quella isola sí chiamano quello uccello ruc, ma per la grandezza sua noi crediamo che sia grifone."

Certo che no, gli abitanti del Madagascar non chiamavano ruc l'uccello gigante, con buona pace del Veneziano. Il nome dovette essere un articolo d'importazione; allo stesso modo fu importato in Occidente, dove prevalse la forma roc. La fonte non è sconosciuta. Questa misteriosa creatura compare due volte nella celebre raccolta di racconti orientali Le mille e una notte (arabo: ألف ليلة وليلة‎?, ʾAlf layla wa layla; persiano: هزار و یک شب‎, Hezār-o yek šab), realizzata nel X secolo, di varia ambientazione storico-geografica e composta da differenti autori. 


Madagascar e Mogadiscio:
pretese difficoltà di identificazione

A noi lettori moderni, a volte sembra proprio che Marco Polo avesse le idee piuttosto confuse. Già avevo notato che descriveva il Madagascar come un paese di religione maomettana, quando ci si sarebbe aspettati che dicesse dei Malgasci "È sono idoli" (ossia "Essi sono idolatri"), essendo politeisti fino a tempi recenti. Il Cristianesimo è penetrato nell'isola abbastanza tardi: ancora nel corso del XIX secolo aveva notevoli difficoltà, essendo perseguitato aspramente nel corso del regno della Regina Ranavalona I, che durò dal 1828 al 1861. Va detto che in Madagascar è esistita nel corso dei secoli un'antica e radicata presenza musulmana, rappresentata soprattutto da mercanti e da loro discendenti (gli Antemoro e gli Antanosy), eppure il Veneziano non si sarebbe sbagliato in modo così grossolano trascurando le diffuse pratiche idolatriche. Dunque è sorto in alcuni studiosi il dubbio che con il toponimo Madagascar, l'autore del Milione intendesse in realtà Mogadiscio, che è ed era già all'epoca un paese di religione maomettana. Questa obiezione è comunque del tutto implausibile, proprio perché nel Capitolo 186 del Milione, il Madagascar è descritto al di là di ogni dubbio come un'isola di proporzioni eccezionali! 

"Mandegascar si è una isola verso mezzodí, di lungi da Scara intorno da 1.000 miglia. Questi sono saracini ch’adorano Malcometo; questi ànno 4 vescovi - cio(è) 4 vecchi uomini -, ch’ànno la signoria di tutta l’isola. E sapiate che questa è la migliore isola e la magiore di tutto il mondo, ché si dice ch’ella gira 4.000 miglia. È vivono di mercatantia e d’arti. Qui nasce piú leofanti che in parte del mondo; e per tutto l’altro mondo non si vende né compera tanti denti di leofanti quanto in questa isola ed in quella di Zaghibar. E sapiate che in questa isola non si mangia altra carne che di camelli, e mangiavisene tanti che non si potrebbe credere; e dicono che questa carne di camelli è la piú sana carne e la migliore che sia al mondo." 

Come si può vedere, abbiamo a che fare con un miscuglio incredibile di cose vere (il Madagascar è un'isola immensa) e di cose false (il Madagascar è pieno zeppo di elefanti e di cammelli, è governato da quattro anziani saraceni, etc.).

Una soluzione dell'enigma

L'epiornite probabilmente fu avvistato da qualche viaggiatore e creduto essere il pulcino di un uccello volante e rapace ben più grande, il roc per l'appunto. Le foglie della pianta Raphia scambiate per piume di roc, unitamente alle alette atrofiche dell'uccello elefante, dovettero rafforzare questa credenza allucinatoria. Tutto dovette nascere per via di un uccello rapace effettivamente esistito ed estinto nel XVI secolo: l'aquila coronata malgascia (Stephanoaetus mahery), di proporzioni leggermente maggiori rispetto a quelle dell'aquila coronata africana (Stephanoaetus coronatus). Nulla di paragonabile all'epiornite, ovviamente: si parla di un rapace del peso massimo stimato di circa 7 kg. In certe condizioni la fantasia umana può galoppare, così qualcuno è arrivato a concepire l'idea di un animale volante titanico, fisicamente impossibile. 


Etimologia di Roc 

La parola roc (variante ruc) deriva dal persiano رخ rokh (trascritto anche rukh o ruk), che designa un uccello immane dal piumaggio bianco, di tali dimensioni da permettergli di uccidere gli elefanti per cibarsi della loro carne. Il termine persiano non deve essere confuso con l'omofono رُخ rokh (rukh), che significa "carro" e che entrò nelle lingue europee nel contesto degli scacchi (antico francese roc, italiano arrocco, inglese rook). 

L'ipotesi più probabile è che rokh derivi dal nome del mitico uccello سیمرغ Sīmurgh (trascritto anche Simorgh, Simorg, Simurg, Simoorg, Simorq, Simourv), dal medio persiano Sēnmurw (trascritto anche Senmurv), a sua volta da un più antico Sēnmuruγ. Nei testi in scrittura Pazend si ha Sīna-mrū. In avestico era noto come mərəγō Saēnō, ossia "Uccello Saēna". Il nome in origine indicava un'aquila, un rapace: in sanscrito si ha la parola imparentata श्येन śyenaḥ significa "aquila", "falco", "rapace, uccello predatore". Dal medio persiano, il nome Sēnmuruγ è passato come prestito in armeno, dando սիրամարգ siramarg "pavone". 
La trafila che ha portato da Sēnmuruγ a rokh è ipotizzabile in questi termini: 

sēnmuruγ => *senəmruk => *mruk => ruk 

Dal persiano la parola rokh è poi passata in arabo come لرُخّ ar-ruḫḫ

sabato 20 maggio 2023


Maiali coprofagi! 

Forse lo sanno in pochi. In un’isola della Corea sono allevati maiali che vengono nutriti esclusivamente con feci umane. 

“Il termine ttongdwaeji (똥돼지) che compare sull’insegna di questo ristorante è composto dal nome volgare per “escrementi” (ttong 똥) e dalla parola “maiale” (dwaeji 돼지). È una tradizione dell’isola più meridionale della Corea, Jejudo, ma un tempo esisteva anche in altre zone della penisola. I coreani oggi preferiscono cambiare il nome di questi maiali e chiamarli semplicemente “maiali neri” (heukdwaeji 흑돼지) dal colore della loro cotenna. 
 Chi ha provato la carne di questi maiali, allevati secondo la tradizione dell’isola, ne esalta il gusto eccezionale. Chi, come lo scrivente, ha visto effettivamente come vengano allevati (in una porcilaia angusta e buia posta sotto un gabinetto primitivo), ne compatisce le condizioni in cui vengono cresciuti e forse può avere qualche reticenza ad assaporarne appieno le carni.” 

Il testo riportato è stato raccolto nel 2021; l'autore è Valerio Anselmo, un'autorità nel campo dell'insegnamento della lingua coreana. 

Con mia grande sorpresa, risulta abbastanza difficile trovare materiale nel Web su questi bizzarri porci coreani che ingurgitano quantità immense di materiale escrementizio estratto dalle latrine. L'ipotesi più plausibile è che sia scattata qualche forma di censura occhiuta da parte del governo della Corea del Sud, per cancellare ogni pubblicità a quella che è percepita come una sorta di "onta nazionale". 

Questi sono i pochi cenni ritrovati sulla Wikipedia in inglese (marzo 2023):


"Until the later twentieth century, these pigs were kept to dispose of human waste. They were housed in sites built below the outside latrines where their "food" was directly delivered. From the 1960s, this practice gave way to more conventional feeding. Some believe that the change has adversely affected the flavour of the meat." 

Ecco una traduzione per gli anglofobi non anglofoni: 

"Fino al tardo XX secolo, questi maiali venivano allevati per smaltire i rifiuti umani. Venivano alloggiati in aree costruite sotto le latrine esterne, dove il "cibo" veniva loro distribuito direttamente. Dagli anni '60, questa pratica ha lasciato il posto a un'alimentazione più convenzionale. Alcuni ritengono che questo cambiamento abbia influito negativamente sul sapore della carne." 


Indagando, si scopre che questa usanza dell'allevamento dei maiali con pastoni fecali è una cineseria, che proprio dalla Cina si è diffusa in Corea e ha raggiunto la prefettura più meridionale del Giappone, Okinawa. Un singolo ideogramma cinese, 圂 (pronunciato hùn), indica sia la porcilaia che la latrina. Un termine cinese più tecnico e recente è 猪圈茅坑 (zhūjuànmáokēng), alla lettera "latrina a porcilaia". Nella lingua di Okinawa questo tipo di latrina è chiamata 風呂 (fūru). In coreano la parola è 돗통시 (dottongsi). Strutture di questo tipo si trovano anche in India, per l'esattezza a Goa e nel Kerala, dove sono tuttora in uso - anche se le autorità hanno fatto molto per combattere la pratica di smaltire i rifiuti tramite i suini. 

Il punto è che ci sono problemi di non poco conto. Nutrire i suini con rifiuti ed escrementi umani comporta gravi rischi sanitari, sia per gli animali che per l'uomo, principalmente a causa della trasmissione di malattie. Questa pratica antica favorisce la diffusione di malattie zoonotiche, ovvero patologie che possono essere trasmesse dagli animali all'uomo e viceversa. Gli escrementi e i rifiuti umani possono contenere una vasta gamma di patogeni pericolosi, tra cui batteri, virus, parassiti e vermi. Quando i suini li ingeriscono, possono ammalarsi e fungere da serbatoi per questi agenti patogeni, che poi vengono trasmessi all'uomo attraverso la manipolazione o il consumo di carne di maiale infetta. Ecco le principali problematiche sanitarie, cose di non poco conto:

i) Parassitosi 
Il rischio di infezioni da parassiti come la trichinellosi (causata da Trichinella spiralis), la cisticercosi e la teniasi (causate da Taenia solium). Questi parassiti possono formare cisti nei muscoli del suino e, se la carne non è cotta adeguatamente, infettare l'uomo.
ii) Infezioni batteriche
Batteri come Salmonella, Escherichia coli (compresi i ceppi produttori di shiga-tossina) e Yersinia enterocolitica sono frequentemente presenti negli escrementi umani e possono causare gravi gastroenteriti nell'uomo.
iii) Infezioni virali 
I suini possono contrarre e diffondere virus come l'epatite E, che è considerata una zoonosi emergente, e vari ceppi di virus influenzali che potrebbero potenzialmente ricombinarsi e creare nuove pandemie.

Inoltre, il cibo contaminato da escrementi umani è una delle principali vie di diffusione per malattie come la Peste Suina Africana (PSA), un'infezione virale che, sebbene non sia pericolosa per l'uomo, è letale per i maiali e può decimare interi allevamenti. La somministrazione di scarti di cucina e rifiuti alimentari ai suini è per questo motivo vietata in molti Paesi, inclusa l'Europa.