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martedì 30 agosto 2022


IL CEKISTA
(ČEKIST)

 
Titolo originale: Чекист
Titolo in francese: Le Tschékiste
Lingua originale: Russo  
Paese di produzione: Russia, Francia
Anno: 1992
Durata: 91 min
Genere: Drammatico 
Sottogenere: Genocidario, torture porn  
Formato: Colore - 35 mm - Mono 
Regia: Aleksandr Rogožkin 
Produttore: Oleg Kon'kov 
Casa di produzione: Sodaperaga (Parigi), La Sept (Parigi), 
    Troitsky Most (San Pietroburgo) 
Soggetto: Vladimir Zazubrin (racconto) 
Fotografia: Valerij Mjul'gaut
Musiche: Dmitrij Pavlov
Interpreti e personaggi:
    Igor' Sergeev: Andrej Pavlovič
Srubov
    Aleksej Polujan: Ian Karlovič Pepel
    Mikhail Vasserbaum: Isaak "Isa" Katz
    Sergej Isavnin: Semjon Khudonogov
    Vasilij Domračev: Efim Solomin 
    Alexandr Medvedev: Ivan Mudynja 
    Alexandr Kharaškevič: Boje 
    Igor Golovin: Comandante 
    Nina Usatova: Spazzatrice 
    Sergej Zamorev: Dottore 
    Ivan Švedov 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Der Tschekist 
   Polacco: Czekista 

Trama: 
Il film è ambientato durante la guerra civile russa nel periodo del Terrore Rosso. In un ufficio provinciale della Čeka, la Commissione di emergenza tutta russa per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio, in una cittadina senza nome, si svolge il lavoro burocratico di routine. Un lavoro genocidario, che consiste nel trucidare con ferocia davvero satanica chiunque non vada a genio al Partito. Ogni giorno il tribunale della troika della Čeka, composto dal direttore Srubov e dai suoi assistenti, Pepel e l'ashkenazita Katz, legge un lungo elenco di tutti i tipi di controrivoluzionari (reali e presunti) e di "nemici di classe". Gli arrestati vengono sempre giudicati immediatamente colpevoli e la pena, indipendentemente dall'accusa, dal sesso e dall'età della persona imputata, è sempre la stessa: la fucilazione
Nel seminterrato, sotto la supervisione di Srubov, opera il terribile Trasportatore della Morte: i prigionieri vengono sistematicamente portati fuori dalle celle, costretti a spogliarsi, messi contro il muro in cinque e abbattuti a fucilate, di solito alla nuca. In seguito alle uccisioni segrete, i cadaveri nudi vengono poi trascinati a piedi attraverso un'apposita finestra della cantina, caricati su un camion e portati via, per scomparire per sempre senza lasciare traccia (il fondato sospetto è che alimentino un mercato di carne umana). 
Srubov, un giovane di famiglia intellettuale, parla filosoficamente della necessità storica dello Sterminio al servizio della Rivoluzione Bolscevica. È altamente organizzato, rispettoso, spietato e assolutamente fedele alla causa: opera incessantemente come genocida. Alla fine, tuttavia, i rimorsi di coscienza diventano così insopportabili per lui che, dopo l'uccisione di suo padre per mano del compagno della Čeka e amico personale Katz, sperimenta una condizione di sempre più forte instabilità mentale. Un giorno incontra un gruppo di contadini ribelli, sono ancora i servi della gleba dell'epoca dei tempi dello Zar, solo formalmente liberati dalla loro condizione di schiavitù. Il Čekista sentenzia che sono innocenti e li lascia liberi; quelli fuggono in modo disordinato. Dice che la Rivoluzione non è confisca, non è fucilazione, non è la Čeka: la Rivoluzione è la fratellanza tra lavoratori. A questo punto ha un gravissimo crollo nervoso e viene internato in un manicomio. L'esame medico rivela uno stigma a forma di cicatrice da proiettile sulla parte posteriore della testa. In una sequenza minacciosamente simile alle esecuzioni a cui ha condannato così tante persone, gli ordinano di spogliarsi, quindi viene messo contro il muro e spruzzato con acqua gelida che scaturisce con violenza da un tubo. Il finale è surreale: si vede Srubov a cavallo nella steppa innevata con i suoi uomini, come in un sogno in bianco e nero. Si capisce benissimo che si tratta di una visione di pre-morte.  

Citazioni: 

"Sì, la Rivoluzione è crudele e povera. E avida di sangue. Succhia la linfa delle persone migliori. Ma è indispensabile spegnere la sua sete con la linfa e con il sangue. Per scuotere e rinnovare questo mondo... ..bisogna passare attraverso tormenti, sudiciume e sofferenze. Il nuovo non nasce senza tormenti e sangue." 
(Srubov) 

"Per reprimere il caos serve un potere forte, persino crudele. Ecco perché lo scantinato. In Francia tutti vedono la ghigliottina. Il condannato è come un attore in un teatro. Qualunque stupidaggine dica... colpisce lo spettatore e dà forza morale alla lotta. Invece l'esecuzione nello scantinato, nascosta, segreta... senza annunci di condanna, senza conseguenze... distrugge l'individuo moralmente. Dopo la morte non rimane niente."  
(Srubov)

Dialoghi: 

Srubov: "Pepel, ha mai riflettuto sul terrore? Non le hanno mai fatto pena i fucilati?" 
Pepel: "Io sono un operaio e lei un intellettuale. A me l'odio, a lei la filosofia." 


Sequenze memorabili: 

Una coppia di giovani amanti, messi al muro, si tiene per mano. Tra loro c'è una seconda donna, verosimilmente estranea, ma le mani della coppia si congiungono dietro la sua schiena. Un esecutore spara un colpo proprio nel cranio della donna tra i due amanti, abbattendola. 

Una ragazza sensuale e nuda, già pronta per l'esecuzione, si gira verso i carnefici e cerca di sedurli. Ha i capelli castani e dice che vuole vivere, che ha tanta voglia di vivere. Gli assassini esitano, sono come paralizzati di fronte alle sue tette, al triangolo di peli neri del pube. Abbassano le armi. Srubov estrae la pistola e spara a sangue freddo alla giovane, aprendole un terzo occhio nella fronte. Una ragazza bionda vicino a lei si ribella urla: "Bestia!" Viene messa al muro, le viene forato il cranio e cade esanime.  

Un uomo scalciante viene portato al muro. Si dimena, impreca e urla: "Canaglie! Vermi! Siate maledetti! Tanto non potete uccidere tutti!" Non era un controrivoluzionario. Era un anarchico venutosi a trovare di fronte al crollo di ogni illusione sulla bontà innata del genere umano. Il plotone spara e lo abbatte. 

Il prete ortodosso che cerca di conservare una dignità religiosa, dicendo agli esecutori che non può spogliarsi davanti alle donne; la signora matura che va al muro cercando di convincere i carnefici ad occuparsi della sua gattina grigia, rimasta a casa da sola e senza cibo (loro la tranquillizzano, dicendo che se ne occuperanno, ma figuriamoci che gliene frega a loro dei gatti, quelli macinano esseri umani, li fanno a polpette). 


Recensione: 
Questo è cinema iper-realistico. È torture porn a tutti gli effetti. La sua visione mette a dura prova la salute mentale dello spettatore. L'opera di macelleria è incessante, a ciclo continuo. Giudizio sommario, sancito dalla parola rasstrél "fucilazione", condannati messi al muro nudi come vermi, esecuzione, rimozione dei cadaveri tramite carrelli su binari. Al termine del ciclo, i corpi sono issati con ganci, come carcasse di porci, sparendo alla vista dello spettatore tramite una finestra simile a una botola. Sembra di essere in un loop infinito, in un circuito temporale chiuso che si ripete, uccidendo le vittime "fino ai limiti dell'Eternità, se l'Eternità potesse avere dei limiti". È l'Inferno. Il Terrore Rosso è stato un genocidio nel senso più stretto della parola, senza nessuna possibilità di fraintendimento. La definizione giuridica di genocidio, in base al Diritto Internazionale, è questa: "atto commesso con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso". In questo caso si tratta di un gruppo nazionale. Se dipendesse da me, utilizzerei, anziché "distruggere, in tutto o in parte", l'espressione "annientare" (tedesco: vernichten). L'intenzione genocidaria è in ogni caso l'annientamento (tedesco: Vernichtung). La distruzione parziale è solo dovuta all'impossibilità pratica, in  un dato contesto, di portare a termine l'annichilimento del gruppo perseguitato. Un gruppo nazionale può anche essere una classe sociale, come ad esempio i kulaki (contadini abbienti) fatti annientare da Stalin. Di fronte alla potenza delle sequenze mostrate da Rogožkin, alcuni critici cinematografici reagiscono con argomenti capziosi. Ci sono quelli che parlano di "decontestualizzazione" o di "pseudo-ricostruzione", attestandosi su posizioni negazioniste e revisioniste, affermando in buona sostanza che la Čeka non avrebbe mai ucciso nessuno (proprio come si trovano adepti di Comunione e Liberazione pronti a giurare sull'innocuità dell'Inquisizione).  Non osano dire esplicitamente queste cose allucinanti, ci girano però attorno di continuo. Poi ci sono critici cinematografici che usano un argomento di altro genere: sostengono che anche se qualcuno è stato ucciso, non si sarebbe trattato di un vero e proprio omicidio, perché la Rivoluzione "esprimeva la potenzialità di un'utopia". Quindi l'omicidio per motivi utopistici, sarebbe pienamente giustificabile, la sua colpa sarebbe del tutto irrilevante. Anche in questo caso, hanno paura di dirlo in modo esplicito, nei termini crudissimi da me usati, ci girano però attorno di continuo. 
Consigliato a tutti, anche a chi ha lo stomaco debole! L'ideale è guardarlo prima di mangiare un ricco piatto di frattaglie! 


Etimologia di Čeka 

L'origine del famigerato nome del corpo di polizia sovietico è semplicemente la pronuncia delle due lettere che compongono la sigla ЧК, che a sua volta è l'abbreviazione di чрезвычайная комиссия (črezvyčajnaja komissija) "Commissione straordinaria". Simili formazioni lessicali sono comuni nei regimi totalitari: rispondono all'esigenza di creare un linguaggio nuovo, qualcosa che faccia tabula rasa del mondo preesistente.

Etimologia di rasstrél "fucilazione",
rasstrelját' "fucilare" 

расстрел (rasstrél
sostantivo  
genere: maschile inanimato
declinazione: genitivo расстрела (rasstréla),
     nominativo plurale расстрелы (rasstrély),
     genitivo plurale расстрелов (rasstrélof
traduzione: fucilazione, esecuzione
      (da parte di un plotone); abbattimento; raffica 
note fonetiche: la consonante -l finale è pronunciata in modo velare, "oscuro", tanto da sembrare quasi una -u

расстрелять (rasstrelját'
verbo transitivo 
imperfettivo: расстреливать (rasstrélivat')
traduzione: fucilare, sparare a morte a qualcuno; esporre qualcuno a fuoco pesante (di artiglieria, etc.) 
formazione:
раз (raz-), prefisso che indica disgiunzione o allargamento di un'azione + стрелять (strelját') "far fuoco, colpire", a sua volta derivato da стрела (strelá) "freccia". Prima dell'introduzione delle armi da fuoco, il verbo indicava l'esecuzione tramite frecce. Il nome russo della freccia, strelá, è di origine germanica (gotico *strela /'stre:la/). 


Un genocidio che ha fatto scuola

Quello di Braunau scrisse 
nel Mein Kampf a proposito delle mattanze del Bolscevismo e del Terrore Rosso, attribuendo la responsabilità agli ebrei, ossia a Lenin, Trotskij (nato Bronštejn) et alteri. Così diceva, che essi avevano sterminato milioni di persone con una ferocia davvero satanica. Ebbene, quando si decise ad emulare tale ferocia, rivolgendola contro lo stesso popolo ashkenazita che accusava, ci riuscì alla perfezione. È singolare constatare che si presentasse come Alfiere della Libertà nella lotta contro il Tiranno e poi agisse come il Tiranno stesso che condannava. Ecco il testo originale in tedesco: 

"Nun beginnt die große, letzte Revolution. Indem der Jude die politische Macht erringt, wirft er die wenigen Hüllen, die er noch trägt, von sich. Aus dem demokratischen Volksjuden wird der Blutjude und Völkertyrann. In wenigen Jahren versucht er, die nationalen Träger der Intelligenz auszurotten, und macht die Völker, indem er sie ihrer natürlichen geistigen Führer beraubt, reif zum Sklavenlos einer dauernden Unterjochung.
Das furchtbarste Beispiel dieser Art bildet Rußland, wo er an dreißig Millionen Menschen in wahrhaft fanatischer Wildheit teilweise unter unmenschlichen Qualen tötete oder verhungern ließ, um einem Haufen jüdischer Literaten und Börsenbanditen die Herrschaft über ein großes Volk zu sichern."  

Questa è la traduzione riportata nell'edizione a cura dello storico Giorgio Galli (pagg. 290-291): 

"Infine comincia la grande rivoluzione finale. Quando ha raggiunto il potere politico, egli getta la maschera. L'ebreo popolare e democratico si trasforma in ebreo sanguinario e tiranno del popolo. In pochi anni egli tenta di sradicare i portatori della "intellighenzia" nazionale, e togliendo ai popoli la loro guida naturale e spirituale li fa maturi per una eterna soggezione. 
Il più spaventoso esempio di ciò ci offre la Russia, dove l'ebreo lasciò morire di fame o uccise circa 30 milioni di uomini con una rabbia fanatica e selvaggia e dopo tormenti inumani; e ciò per assicurare a un mucchio di ebrei letterati e banditi di Borsa il dominio sul popolo."  

Ed ecco alcune spiegazioni storiche molto interessanti: 

"Il concetto centrale, su cui Hitler sarebbe tornato più volte in Mein Kampf, può essere espresso mediante l’espressione bolscevismo giudaico. Per Hitler, i marxisti sono solo delle marionette, dei burattini. I veri registi del movimento comunista, infatti, sono gli ebrei, che sfruttano il malcontento operaio per scatenare rivoluzioni, al termine delle quali essi, e solo essi, saranno al vertice del potere." 
(Fonte: Regione Emilia-Romagna, Cittadinanza attiva in Assemblea)

"Hitler si convinse che gli ebrei stessero da secoli congiurando segretamente per la conquista del mondo. Come dimostravano sia la rivoluzione russa sia la disfatta tedesca del 1918, la principale arma di cui essi si servivano era il marxismo, per mezzo del quale gli ebrei distruggevano la coesione interna di una nazione, la portavano alla catastrofe e infine se ne impadronivano."
(Fonte: Regione Emilia-Romagna, Cittadinanza attiva in Assemblea


Lo strano caso di Katz, ebreo antisemita 

A un certo punto nel film, l'ashkenazita Katz si trova di fronte Zigelman, un membro del suo stesso popolo, intabarrato nelle vesti tradizionali e rappresentato con i tipici tratti grotteschi degli stereotipi streicheriani: fisico ingobbito e macilento, nasone prominente, lineamenti caricaturali. Si ha l'impressione che quell'anziano ashkenazita riesca facilmente ad essere liberato da ogni capo di accusa e tratto in salvo. La sua fucilazione è impensabile, dato che il potere della Tribù dei Numeri doveva essere esteso e trasversale in quel contesto. In ogni caso un malore lo stronca all'improvviso e risparmia a Katz una grossa bega. Riporto in questa sede il grettissimo dialogo.

Katz: "Cognome, nome e patronimico" 
Zigelman: "Karl. Genrichovic. Marx."  
Katz: "Scherza, cittadino Zigelman!"
Zigelman: "Non capisco quello che volete da me. Che danno ho arrecato al vostro potere? Tutto quello che avevo ve l'ho dato." 
Katz: "Ve l'hanno tolto" 
Zigelman: "L'ho dato senza fare resistenza. Qual è la mia colpa? Suo padre ha lavorato nel mio negozio... ..e lei ha potuto studiare."
Katz: "Mio padre ha sgobbato tutta la vita per lei!" 
Zigelman: "Suo padre mi ha rubato 500 rubli!"
Katz: "Che cosa?" 
Zigelman: "E se non fosse per lei, sarebbe in galera. Lei ha studiato con i soldi della comunità!"
Katz: "Lei per tutta la vita ha succhiato il sangue del popolo!" 
Zigelman: "Il popolo non veniva nella mia gioielleria. È successo solo una volta, e da allora non ho più il negozio. Voi me lo avete tolto."
Katz: "Giudeo! Sì, tu!"
Zigelman: "Io?"
Katz: "Sei un giudeo." 
Zigelman: "Ma tu stesso lo sei! Guardati allo specchio! Invece di farti studiare, dovevamo riempirti di botte!" 
(si adira, prende il capo di Katz e lo sbatte contro il tavolo) 
Katz: "Lasciami, mi fai male!"
(Zigelman, colpito da infarto, muore) 

Cosa sarebbe successo se Zigelman non fosse morto di colpo per l'attacco cardiaco? Sarebbe successo che Katz l'avrebbe mandato libero. Il regista non se l'è sentita di scavare troppo argomenti tanto controversi e sensibili, che avrebbero potuto fruttargli l'accusa di essere antisemita. 


Evacuazione, smaltimento 

Di fronte alla grande massa di cadaveri, per giunta in un paese afflitto da una grave carestia, non si può credere allo spreco di tanta carne. Rogožkin allude in modo indiretto alla pratica dell'antropofagia, pur senza citarla in modo esplicito. Srubov al ristorante, di fronte a un piatto carneo, esclama: "Ti avevo detto di non preparare la carne!" Come mai? Lo spettatore può credere che sia per via del disgusto provocato dalla vista di tanti morti. Si potrebbe però, più facilmente, pensare che sia per la conoscenza della provenienza della materia prima di quei piatti, ricavati dal prodotto delle carneficine.  
Esiste una proteina tipica di ogni specie, che identifica il tessuto muscolare: la miosina. Se viene rinvenuta negli escrementi la miosina umana, è assolutamente certo che qualcuno ha compiuto atti di cannibalismo. Forse un giorno saranno rinvenuti resti dei corpi scomparsi durante i massacri compiuti dalla Čeka e si potranno trovare nel terriccio tracce di questa proteina tracciante del cannibalismo, ad esempio nei luoghi in cui c'erano pozzi neri.  

Altre recensioni e reazioni nel Web

Girando nelle vastità immense della Rete, mi sono imbattuto in alcuni frammenti meritevoli di grande considerazione. Li riporto in questa sede. 

Nessuna apparizione della "pietas" cristiana ; solo il progressivo decadimento del nostro "eroe della rivoluzione" , mentalmente sempre più a disagio e distrutto dall'abbandono della moglie , ci da la parvenza dello scorrere del tempo in questo film che non è altro che un giretto all'inferno ... senza ritorno .
(tabula rasa elettrificata, Filmtv.it

La teoria e la fisicità delle esecuzioni enfatizzano l'anima violenta della nascita dell'Unione Sovietica, non è possibile nessuna evasione dalla realtà disumana in cui Rogozhkin ci ha condotto di forza. La sua messa in scena è inesorabile, programmatica ma capace di sfiorare ed evitare lo stucchevole puntando diritto al buio della Storia. Un'opera dura e politicamente necessaria che se ne frega del revisionismo storico e in una manciata di set, distrugge l'utopia della dittatura del proletariato, lasciandoci senza fiato. Tante le frasi ad effetto, tanti i pugni nello stomaco... 
(luca826, Filmtv.it

Le esecuzioni di cui siamo testimoni sono sconcertanti, “Chekist” sembra infatti una catena di montaggio inarrestabile che prevede un interrogatorio farsa, un colpo di pistola in testa e un corpo nudo buttato su un carretto insieme agli altri cadaveri. In quello scantinato, piccoli plotoni attendono soltanto il turno successivo, la prossima famiglia da sterminare. Questo cinema disumano si rivela (ancora una volta) fondamentale per sbatterci in faccia l’indole più infima dei nostri simili, al di là del periodo storico, degli schieramenti o delle ideologie. 
Estremo come un horror, scenograficamente scarno come giusto che sia, “Chekist” rappresenta l’ennesima faccia di un male incurabile ben radicato sul nostro pianeta. Un male chiamato uomo. 
(Paolo Chemnitz, cinemaestremo.wordpress.com)

Oggi sarebbe estremamente difficile girare un film del genere in Russia, in un clima di conformismo intellettuale imposto. Per quanto la Russia attuale sia molto diversa da quella sovietica, pure il regime di oggi non ama le critiche di quello di ieri. Oggi la Russia non si interroga più criticamente sul passato, ma lo mitizza: cancella la memoria delle persecuzioni staliniste come i gulag, e chiude l’associazione Memorial International, che si occupa di mantenere vivo il ricordo dei crimini comunisti, mentre Putin si diletta di revisionismo storico. 

In questo caso non mi è stato di alcuna utilità il sito Il Davinotti, che mostra nella pagina dedicata al film pochissimi commenti di scarso valore.

martedì 12 aprile 2022


CONFUTAZIONE DEL LIBRO
DEL BATTESIMO DI FUOCO 

Un singolare falso di origine massonica, presentato come Regola Segreta dei Cavalieri Templari, circola da qualche secolo. È noto come Libro del Battesimo di Fuoco o Regola Segreta; il titolo completo è Il Libro del Battesimo di Fuoco o riguardo gli Statuti segreti redatti per i Fratelli dal Maestro Roncelinus. Incredibile a dirsi, qualcuno lo ha anche preso sul serio. Lo stesso Runciman, ottimo autore, sembra che l'abbia ritenuto autentico e che abbia pubblicato un libro sull'argomento. Questo a dispetto delle gravi inconsistenze che la Regola in questione contiene. 

Il testo fu ritrovato negli archivi del Vaticano verso la fine del XVIII secolo da Friederich Münter, il vescovo cattolico di Copenhaghen (alcuni riportano nel 1780, altri nel 1794). In quell'epoca la Massoneria fioriva, e documenti di questo tipo venivano chissà come alla luce un po' dovunque. La Regola non mi è nota nella versione originale in latino, ma soltanto in alcune sue traduzioni reperibili in rete, compilate in inglese, in francese moderno e in castigliano. Tuttavia, va notato che queste diverse versioni sono congruenti: in alcuni casi saltano all'occhio grossolani errori di trascrizione che fanno pensare ad un'unica fonte.

Il Libro del Battesimo di Fuoco sarebbe opera di Matthieu de Tramlay e di Robert de Samfort, Procuratore del Tempio in Inghilterra. Secondo quanti lo reputano autentico, dovrebbe risalire al XIII secolo. È diviso in due parti, una formata da 31 articoli e l'altra da 20. La prima parte è la Regola dei Fratelli Eletti (firmata Matthieu de Tramlay), datata 1205, mentre la seconda è la Regola dei Fratelli Consolati (firmata Robert de Samfort), datata 1240. 

Cominciamo ad analizzare il titolo dell'opera. Chi è il Maestro Roncelinus? Il nome è una latinizzazione di Roncelin de Fos. Questo personaggio vive una vita spettrale nel fantomatico cosmo della Disinformazione. Scarse le sue attestazioni in documenti autentici dell'epoca, è poco più di un nome, un capro espiatorio che vegeta rivestito di pixel negli antri cyberspaziali. Mentre è arduo trovare notizie di questo nobile negli archivi, è oltremodo facile imbattersi in una sua menzione in un qualsiasi sito misteriologico.

Secondo la versione più comune, questo Roncelin sarebbe stato testimone degli orrori della crociata di Simon de Montfort, in particolare al massacro di Béziers e alla battaglia di Muret, e avrebbe quindi maturato la convinzione che ad avere la Verità non fosse la Chiesa di Roma, ma la Chiesa Catara. Avrebbe allora cominciato ad importare nell'Ordine Templare gli insegnamenti dei Buoni Uomini. Quest'ipotesi sarebbe tra l'altro difficile da sostenere, dato che anche se si reputasse genuina la Regola degli Eletti, questa sarebbe stata redatta qualche anno prima del bando stesso della nefasta crociata. Siccome sembra che Roncelin de Fos sia nato nel 1198, così quando Montfort cominciò la guerra avrebbe dovuto avere undici anni!  

Dato che molti reputano il documento come la prova del nesso tra Templari e Catari, è necessario passarlo al vaglio. Evidenziamo i punti più contraddittori della Regola degli Eletti.

L'articolo 10 afferma: "Saranno esclusi rigorosamente i discendenti di Arefasto, servitore del Duca di Normandia Riccardo II, che, per suo tradimento, ha causato il martirio di Stefano e di Lisoio a Orléans: chierici o laici, che essi siano esclusi dalla Fratellanza degli Eletti fino alla settima generazione."

I fatti ai quali allude l'articolo 10 sono avvenuti nel XI secolo. Per saperne di più si rimanda all'articolo "Lo strano caso dei Canonici di Orléans". Orbene, se ammettessimo per vero questo testo, dovremmo dedurre che tra i Templari sopravviveva proprio la setta dualista di Stefano di Orléans. Purtuttavia ci sarebbe da chiedersi come mai la Regola non escludesse anche i discendenti del Duca di Normandia e del Re Roberto il Pio che aveva materialmente ordinato il martirio dei Protocatari in questione. Sarebbe anche interessante capire come mai di tutti gli assassini macchiatisi dell'uccisione di Buoni Uomini, soltanto questi meritassero l'interdetto. Visto che il pronipote di un compagno di Ugo di Payns ha perseguitato con ferocia i Catari di Reims nel XII secolo, sembra come minimo profilarsi una certa incoerenza.

L'articolo 11 afferma: "Rituale di ricevimento degli Eletti: giuramento di custodire il segreto dell'Ordine, la minima indiscrezione sarà punita con la morte. L'Iniziatore bacerà successivamente il neofita sulla bocca, per trasmettergli il soffio, sul plesso sacro, che comanda la forza creatrice, sull'ombelico, e infine sul membro virile, immagine del principio creatore maschile."  

Tutto ciò è incompatibile con il Catarismo, che reputa ogni giuramento malvagio, e che identifica nel principio creatore della sessualità il Male Assoluto. Già Stefano di Orléans e Lisoio vedevano nella carne e nella sua generazione la radice dell'universo di Satana, quindi se ammettiamo per vera la Regola, dobbiamo ammetterne anche l'insostanzialità.

Gli articoli 12 e 13 sono di stampo docetista: si afferma che Cristo non è nato, né morto né resuscitato, e si prescrive il calpestamento della croce. Eppure l'articolo 14 definisce Cristo "Figlio di Maria" in netto contrasto con il dogma cataro. Dio viene definito Creatore. Inoltre si afferma: "Noi pieghiamo le ginocchia davanti al Padre di Tutto, dal quale viene la paternità del Cielo e della Terra". Sembra una riedizione del Simbolo di Nicea, che definisce Dio creatore del Cielo e della Terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Il Catarismo invece afferma che Dio creò le cose visibili al cuore e invisibili agli occhi.

L'articolo 22 afferma: "È inutile digiunare. Il Templare è esentato dalla quaresima e dagli altri digiuni, ma deve stare attento a non scandalizzare altre persone. Tutto è puro per i puri. Mangiate la carne e ringraziate Dio che vi dona l'abbondanza."  

In questo passo della Regola si rilevano forti influenze del Libero Spirito a proposito del consumo di carne: inutile far notare che tale impostazione è assolutamente incompatibile con il Catarismo. Come si può vedere, queste prescrizioni ricalcano come se fossero fotocopie le dottrine di Amalrico di Bène, quando affermano che tutto è puro per i Puri. Quanto diversa è l'impostazione ideologica rispetto a quanto affermavano i Buoni Uomini! Se per i Catari è inutile che un semplice credente digiuni, per chi ha ricevuto il Consolamentum l'astinenza dalla carne vale sette giorni su sette. Inoltre la dottrina catara afferma che è inutile pregare o ringraziare il Vero Dio per l'abbondanza terrena, perché è Satana che genera il cibo per nutrire il corpo degli uomini.

L'articolo 24 menziona ancora Stefano di Orléans e Lisoio: "Se voi passate da Orléans, andate piamente verso le mura della città dove i gloriosi martiri della Scienza Divina, Stefano e Lisoio, assieme ad altri dieci figli dei nostri Padri, sono stati cremati su ordine del Re, Roberto il Pio, e dei vescovi."  

Quegli stessi Protocatari condannavano il consumo di carne. La loro Scienza Divina era la stessa identica predicata e messa in pratica dai Catari di Reims, non si vede cosa potesse distinguerli.

L'articolo 25 cita Tertulliano, che condannava Marcione e ironizzava raccomandandogli di lasciarsi morire di fame per curare il suo orrore verso il mondo materiale. "Noi laici, non siamo noi stessi dei preti?" Ma per i Catari è il Battesimo di Spirito che fa il Cristiano, mentre il credente è sotto il potere di Satana. Non si capisce perché questi Templari Eletti, se la loro fede fosse davvero stata catara, avrebbero citato Tertulliano, nemico della Conoscenza del Bene, e negato la struttura stessa di ogni società dualista.

L'articolo 28 parla dei libri che la Biblioteca del Tempio deve possedere, citando tra questi gli scritti di Amalrico di Bène, a conferma del già citato articolo 22, e le ritiene "tesori di saggezza". Nessun Buon Uomo avrebbe questa opinione di una qualsiasi opera panteista.  

Passiamo alla Regola dei Consolati.

L'articolo 5 dice: "Voi che siete il vero Tempio di Dio, costruito sulle fondamenta della saggezza e della Santità antiche, sappiate che Dio non fa alcuna differenza tra le persone: Cristiani, Saraceni, Giudei, Greci, Romani, Franchi e Bulgari, perché ogni uomo che prega Dio è salvo."

Il Catarismo afferma il contrario: esiste Salvezza solo nella Chiesa di Dio tramite il Consolamentum. Solo i Catari sono salvi, mentre gli altri o sono demoni (dannati in eterno) o sono esseri umani privi della Conoscenza del Bene (che quindi trasmigreranno finché non rinasceranno Catari). Solo i Buoni Uomini possono recitare il Pater, mentre i non consolati e i cattolici che lo fanno sono in peccato mortale.

Per l'articolo 7, "A voi che siete Santi, tutto è permesso. Nonostante ciò, non dovete abusare di questa licenza."

Questa è ancora una volta dottrina del Libero Spirito, non Catarismo. Un Buon Uomo perde il Consolamentum se rompe un uovo, se si masturba o se ingerisce anche una minima particella di carne. Invece un Templare Consolato sembra che possa abbandonarsi ai piaceri carnali essendo immune dal peccato, proprio come affermava Amalrico di Bène.

L'articolo 8 dice che "Ci sono Consolati in ogni parte del mondo", e cita tra questi "i Buoni Uomini di Tolosa, i Poveri di Lione, gli Albigesi, quelli di Verona e di Bergamo, i Bajolesi di Galizia e di Toscana, i Begardi e i Bulgari".  Inoltre sostiene che "Là dove costruirete grandi edifici, fate i segni di riconoscimento e troverete molte persone istruite da Dio e dalla Grande Arte."

Costruttori, segni di riconoscimento, Grande Arte, siamo in pieno dominio massonico. Sorvoliamo pure sul fatto che Valdesi e Fratelli del Libero Spirito non sono affatto Consolati e le loro dottrine non equivalgono affatto a quella dei Buoni Uomini.

Il rituale del Consolamentum descritto nell'articolo 13 è molto fantasioso e non ha nulla di cataro. Si prescrive la recita di un'antifona tratta dal Deuteronomio, che notoriamente era ritenuto dai Buoni Uomini un testo diabolico. Il giuramento di silenzio, obbedienza e fedeltà è pur sempre un giuramento, e in questa forma non avrebbe mai potuto essere pronunciato.

Articoli 14, 15 e 16: "La prima preghiera è quella di Mosè: Magnificetur, fortitudo Domini..., seguita dalle parole: Dixit que Dominus vivo ego et implebitur gloria Domini universa terra. Quindi il Precettore tagli un pelo della barba, dei capelli e l'unghia dell'indice destro del neofita, dicendo: Servi Dio, e soffrirai più nel tuo cuore che nel tuo corpo in segno dell'Alleanza di Dio con lo Spirito dell'uomo".

Per i Catari Mosè era un demone. Il concetto di Alleanza implica un patto tra forze tra loro incompatibili perché di diversa origine. In questo senso si parla dell'Alleanza tra un popolo della terra e il Dio Straniero (Iehova Satanas).

Naturalmente non poteva mancare qualche menzione di Baphomet. "La terza preghiera detta di Baphomet è quella di apertura del Corano, che porta il nome di Fatiha". L'ipotesi sposata dall'autore del manoscritto è quella che identifica Baphomet con Maometto. Allora come mai si usa la forma alterata del suo nome mentre si riporta correttamente la parola araba Fatiha?  

L'articolo 18 afferma in buona sostanza il Principio della Convergenza delle Fonti Dottrinali, su cui si fonda l'esoterismo massonico: "Il neofita è condotto agli archivi dove gli si insegna la Scienza Divina, di Dio, di Gesù Bambino, del vero Baphomet, della Nuova Babilonia, della natura delle cose, della Via Eterna della Grande Filosofia, Abrax(as) e i talismani."

Curioso è l'articolo 19, che parla esplicitamante dell'Alchimia: "È proibito nelle case in cui tutti i Fratelli non sono Consolati o Eletti di lavorare certi materiali mediante la Scienza Filosofica, e dunque di trasformare i metalli vili in oro e in argento."

Sembra davvero poco credibile che i Cavalieri del Tempio fossero interessati alla fantomatica Pietra Filosofale: l'idea di Templari alchimisti sembra molto più consona all'immaginario del XVIII secolo.

Il testo della Regola è intessuto su anacronismi, incoerenze e luoghi comuni vetusti. Ha in altre parole tutte le caratteristiche di un falso storico di bassa qualità. 

Il nesso tra Catari e Templari è illusorio.  

venerdì 8 aprile 2022


LA CARTA DI LARMENIUS E IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ OCCULTA DEL TEMPIO 

Sfogliando un dizionario che riporta molte informazioni su società occultiste di ogni genere (Greer, 2008), mi sono imbattuto nella voce Johannes Marcus Larmenius. Su questo argomento l'utile volume riporta quanto segue:  

Secondo le tradizioni elaborate nei circoli massonici francesi di inizio Ottocento, Larmenius, un Cavaliere Templare, fu segretamente nominato Gran Maestro dell'Ordine nel 1314 da Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro storicamente riconosciuto. 

Larmenius presumibilmente scrisse e trasmise ai suoi successori un documento, la Carta di Trasmissione, che concedeva loro i poteri di Gran Maestro dei Templari. La Carta emerse nel 1804 nelle mani di Bernard Favré-Palaprat, un massone francese, che la utilizzò come base per un ordine templare rinnovato. 

La Carta di Trasmissione è stata esaminata da esperti ed è chiaramente ritenuta essere un falso settecentesco, anche se l'identità del falsificatore non è in alcun modo certa. La Carta è l'unico documento in cui viene citato il cavaliere templare chiamato Johannes Marcus Larmenius, e le prove suggeriscono in modo definitivo che lo stesso Fabré-Palaprat, o il falsificatore da cui ottenne il documento, semplicemente si inventarono di sana pianta la figura di Larmenius. Fatto questo non inusuale nella creazione di storie sulle origini di società segrete. 

(Dal Dizionario Enciclopedico dei Misteri e dei Segreti, di John Michael Greer, pag. 306, edito da Mondadori) 

Il nome di questo misterioso personaggio di pura finzione è in realtà un appellativo derivato da una sua presunta origine armena: è infatti nota anche la variante Jean-Marc de l'Armenie. La forma Larmenius contenuta nel manoscritto implicherebbe un'agglutinazione dell'articolo francese, cosa un po' strana, dal momento che un autore del XIV secolo avrebbe piuttosto usato forme come Armenus o Armeniacus (una variante della seconda in effetti ricorre nella Carta, ma è riferita a due personaggi diversi e forse sta per D'Armagnac). Larmenius è descritto come nato in Palestina da genitori cristiani la cui origine ultima, armena o meno, non è precisata. 

Questo è l'inizio della Carta di Trasmissione, scritta in un latino ineccepibile al punto da sembrare libresco e sospetto: 

"Ego frater Johannes Marcus Larmenius, hierosolymitanus, Dei gratia et secretissimo venerandi santissimisque martyris supremi Templi militiae magistri (cui honos et gloria) decreto, communi fratrum concilio confirmato, super universum Templi ordinem, summo et supremo magisterio insignitus, singulis has decretales litteras visuris, Salutem! Salutem! Salutem! .........Fiat sicut dixi. Fiat! Amen! Ego Johannes-Marcus Larmenius, dedi die decima tertia februari 1324." 

Consultando documenti dell'epoca alla quale la Carta è ascritta dai sostenitori della sua autenticità, troviamo tutta una varietà di  forme bizzarre e sgrammaticate, che spesso ripugnano a chi ha studiato il latino a scuola (ad esempio, molto spesso il dittongo -ae- è ridotto a -e-, compare -y- dove dovrebbe esserci -i- e viceversa, a volte manca la h-, ecc.). 

Il documento contiene una lista di tutti coloro che avrebbero nei secoli ricoperto la carica occulta di Gran Maestro. Johannes Marcus Larmenius avrebbe ricoperto il suo incarico fino al 1324, quindi avrebbe scelto come successore Franciscus Theobaldus (da altri è riportato come Thomas Theobald), che avrebbe retto il Priorato di Alessandria fino al 1340. A questi sarebbero succeduti Arnaud de Braque (1340-1349), Jean de Claremont (1349-1357), Bertrand de Guesclin (1357-1381), Bertrand Arminiacus (1381-1392), Jean Arminiacus (1419-1451),
Jean de Croy (1451-1472), Bernard Imbault (1472-1478), Robert Leononcourt (1478-1497),  Galeatius de Salazar (1497-1516), Phillippe Chabot (1516-1544), Gaspard de Galtiaco Tavanensis (1544-1574), Henri de Montmorency (1574-1615), Charles de Valois (1615-1651),  Jacques Ruxellius de Granceio (1651-1681), Jacques Henri Duc de Duras (1681-1705), Phillippe, Duc d'Orleans (1705-1724), Louis Augustus Bourbon (1724-1737), Louis Henri Bourbon Conde (1737-1741), Louis-Francois Bourbon Conti (1741-1776), Louis-Hercule Timoleon, Duc de Cosse Brissac (1776-1792), Claude-Mathieu Radix de Chavillon (1792-1804), Bernard Raymond Fabre Palaprat (1804-1838). 

Cosa possiamo dedurre da questa lista? Innanzitutto mi balza agli occhi un membro di una famiglia legata alla stirpe di Simon de Montfort, la cui moglie aveva il cognome De Montmorency. Un'altra cosa notevole è una lacuna nella successione tra Bertrand Arminiacus e Jean Arminiacus: il primo avrebbe dismesso il suo incarico nel 1392, e un successore sarebbe stato trovato solo nel 1419. A questo fatto non viene a quanto mi consta data alcuna spiegazione. Dulcis in fundo, la lista si conclude proprio con il nome del suo scopritore/autore!  

In alcuni siti massonici sono date forme lievemente diverse dei nominativi, e la trasmissione del titolo di Gran Maestro viene fatta continuare dopo Palaprat con nomi anglosassoni. 

A parer mio, la Carta di Trasmissione fu creata in risposta a una richiesta di nobilitazione delle origini della Massoneria, inizialmente fatta derivare dalle Gilde dei Muratori della Scozia (risalgono alla sua fase più antica le leggende sull'Architetto Hiram). Quando la società segreta fu importata nel continente, molti nobili sentirono con disgusto ogni connessione con una qualche forma di lavoro manuale. Fu così ideata la connessione all'Ordine dei Cavalieri Templari, sentito come la quintessenza del mistero per via delle orribili ed oscure circostanza della sua scomparsa. Non dimentichiamoci che non era estranea alle società segrete del XVIII secolo una dimensione goliardica (basti pensare alle inverosimili leggende dell'Ordine dei Gormogons). In seguito la goliardia degenerò in falso storico, e ancora oggi ci si imbatte abbastanza spesso in residui di questa attività di mistificazione. 

Le conseguenze a lungo termine del falso in questione si sono rivelate macroscopiche: è di certo in quella lista di pretesi Maestri Segreti l'origine dell'odierna pullulazione di associazioni neotemplari. 

mercoledì 6 aprile 2022


I TEMPLARI, IL BAPHOMET E LA SINDONE 

Un articolo sui Templari è apparso recentemente sui quotidiani, recando un sunto degli studi di una studiosa vaticana che ha libero accesso agli archivi segreti della Chiesa di Roma: Barbara Frale. L'idea portante - da lei presentata come una sconvolgente scoperta - è l'adorazione tributata dai Cavalieri del Tempio a un manufatto di incerta origine, già tacciato di falso dalle autorità ecclesiastiche non appena la sua esistenza è stata resa manifesta: la Sindone

Secondo questa ipotesi, il famoso idolo barbuto denominato Baphomet e presumibilmente oggetto di culto da parte dei Templari altro non sarebbe che il dubbio sudario custodito oggi a Torino (dagli anglofoni noto appunto come Shroud of Turin). Eppure la stessa Frale non può nascondere che l'identificazione con la Sindone era già stata fatta nei tardi anni settanta del novecento, da parte di uno studioso di nome Oxford Ian Wilson. Aggiungo che tale ipotesi è stata subito bollata come pseudoscienza, così come al reame della fantasia sono state assimilate molte altre proposte. Q
uindi la storica del Vaticano non ha inventato proprio nulla: ha solo attinto a materiale preesistente datato di almeno un ventennio, e per giunta neppure di buona qualità. 

L'immagine più diffusa del Baphomet è quella che lo identifica con il Capro di Mendes, una divinità egizia connessa con la fertilità. Non c'è alcun fondamento storico per questa iconografia: si tratta del frutto della fantasia del massone Eliphas Lévi in pieno XIX secolo. Fu nel suo Dogma e rituale dell'alta magia, edito nel 1845, che questo autore produsse un'immagine di questa divinità ermafrodita cornuta dal vello nero. I suoi attributi sono densi di significati esoterici, basti pensare alle ali, alla torcia fallica sulla fronte, alla posizione delle mani. Non c'è nulla di tutto questo che abbia la benché minima connessione con i Templari; tra l'altro le fonti dell'epoca non alludono mai a corna, ma solo al fatto che si trattava di una testa barbuta. 

Le etimologie proposte per il nome Baphomet sono tante, una più assurda dell'altra. Ne citerò soltanto alcune. Friedrich Nicolai, un libraio tedesco, ha collegato il nome al verbo greco che significa 'immergere' e che è anche l'origine della parola 'battesimo'. In questo caso resterebbe in ogni caso un residuo suffisso -met, inanalizzabile. Invece Elipas Lévi sostenne un anagramma da un fantomatico TEM.O.H.P.AB, che starebbe per Templi omnium hominum pacis abbas (ossia 'Abate del Tempio della Pace di tutti gli uomini'). Alesteir Crowley, che in preda all'esaltazione orgiastica aveva assunto Baphomet come epiteto, arrivò a proporne l'origine da una frase bizzarra da lui inventata e tradotta come 'Padre Mitra'. 

Qualcuno afferma che Baphomet derivò dalla pronuncia popolare del nome Maometto, di cui si registrano molte varianti, dal veneziano Malcometto fino all'inglese Mahound, ora usato soltanto in Scozia. Esiste però una difficoltà. Com'è risaputo, l'Islam è una religione che rifiuta il culto delle immagini, al punto che rappresentare Maometto è assolutamente vietato ai suoi fedeli. Tra i musulmani non c'è mai stato un culto dell'immagine di Maometto, né dipinta né scolpita. I fautori di questa origine del Baphomet affermano che Filippo IV di Francia considerava del tutto irrilevante questo fatto: a lui importava solo inculcare l'idea che i Templari avessero tradito la Cristianità per servire segretamente l'Islam, insozzando così la loro integrità morale. 
 

Se inseguire un manufatto a forma di testa non ci porta da nessuna parte, le cose non vanno meglio con l'immagine impressa su telo. Stando sempre al racconto della Frale, "I Templari si procurarono la
sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie"

Inizierei col mettere i puntini sulle i, precisando che soltanto il Catarismo nega la corporeità di Cristo. Le altre forme di dissidenza religiosa note all'epoca, come il Valdismo, affermano la natura carnale del corpo di Cristo esattamente come fa la Chiesa Romana.
L'idea della Sindone come 'antidoto' all'eterodossia non regge affatto, anche perché per un cataro un idolo è soltanto il Nulla. Nessun docetista si convertirebbe all'idolatria vedendo l'immagine di un uomo barbuto stampata su un telo, e nessun cattolico di una certa levatura avrebbe bisogno di un idolo per dimostrare la sua teologia. Siamo ai livelli degli strani racconti sulla mummia di Cristo che si trovano nella Rete. 

Se i Templari avessero avuto tutto questo terrore dell'eresia, difficilmente avrebbero mantenuto una posizione di neutralità nei confronti dei Catari, ma anzi avrebbero partecipato attivamente alla crociata di Montfort. 

Non contenta, la Frale insiste. Aggiunge che "L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo". 

Incredibile. Forse nessuno ha detto all'autrice che anche i Catari dei secoli XIII-XIV erano uomini del Medioevo?  

Inoltre vale la pena di riportare che nel 1353 la Sindone fu esibita a Lirey, in Francia, da Goffredo di Charny. Il vescovo di quella regione ne fu scandalizzato e ordinò subito un'indagine. Risultato: fu stabilito che il telo era un falso ed è anche riportato che il vescovo riuscì a contattare il suo autore! Non dimentichiamoci che i Sudari di Cristo proliferavano, tanto che ci sono notizie di una quarantina di reliquie di questo tipo. Come distinguere un vero dai tanti falsi? Impossibile. Tant'è che calmatesi le acque, Goffredo di Charny rimise in mostra l'idolo, provocando una nuova inchiesta, con lo stesso esito. Gli ecclesiastici dell'epoca avevano le idee più chiare di quelli odierni? Si direbbe di sì. D'altronde spopolavano anche i prepuzi rinsecchiti detti reliquie della Circoncisione di Gesù. Bisogna credere che simili contraffazioni costituissero un antidoto al Catarismo? Lascio al lettore le conclusioni. 

In contrasto stridente con l'idolatria della Sindone è il rituale eminentemente docetico del calpestamento del crocifisso. Difficile negare l'esistenza di questa strana pratica richiesta alle reclute dei Templari. La
Frale propone un'interpretazione goliardica del rituale, assimilandolo persino a un atto di nonnismo malinterpretato e ingigantito. La cosa è tanto assurda che non vale nemmeno la pena di sforzarsi a deriderla: la verità è su queste basi la studiosa non può dare una spiegazione consistente con le sue premesse.   

D'altro canto, si può smentire con certezza l'appartenenza dei Templari al Catarismo. Se ci fosse anche stata l'ombra di un sospetto, i nemici dell'Ordine avrebbero sicuramente colto l'occasione. L'inquisitore Bernardo Gui, che studiò approfonditamente la distruzione del Tempio, non menziona mai una sola traccia del Catarismo - e se avesse avuto anche solo una mezza idea della presenza di Catarismo tra i Templari l'avrebbe certamente menzionato nella sua opera (non dimentichiamoci che i Domenicani sono molto precisi). 
Si deduce quindi che il calpestamento del crocifisso, pur di essenza docetica, doveva avere un'origine diversa. Ritorneremo su questo affascinante argomento.  

In buona sostanza, concordo con la Frale soltanto su una cosa, che il 99% di ciò che si dice sul Tempio è spazzatura. Comprese molte cose che lei afferma.
Non so ancora dire quasi nulla in positivo a proposito della strana vicenda dei Templari, mentre non riesce difficile confutare assurdità dette da altri. 

Meditando su tutto ciò si arriva a una conclusione desolante: il destino più orribile dei Poveri Cavalieri di Cristo non furono le torture e i roghi, ma la caduta del loro nome nell'abisso della Disinformazione. Che il Dio dei Buoni Spiriti protegga la Conoscenza del Bene e la Chiesa dei Buoni Uomini da un simile fato. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 13 aprile 2009) 

sabato 2 aprile 2022


 
L'INSIDIA DEI FALSI STORICI NEOTEMPLARI:
IL CASO MALNIPOTE

La carenza di informazioni può essere meno problematica della loro sovrabbondanza, perché spesso queste risultano essere fondate sul nulla. Se la Rete rende agevoli le ricerche, introduce al contempo grandi incertezze, perché così come si può condividere un'informazione vera, è altrettanto agevole e immediato pubblicare falsità. Tra i tanti, a farne le spese sono i Catari e il Tempio, forse a causa dell'alone di mistero che li circonda. Soprattutto sui Cavalieri Templari si trova una pletora impressionante di falsi storici non sempre grossolani, al punto che è davvero difficile districarsi per ogni navigatore che voglia accrescere la propria conoscenza.

Mentre discutevamo sul controverso argomento dei rapporti tra i Buoni Uomini e i Templari, io e la carissima amica Krak abbiamo scoperto in diversi siti una corrispondenza tra da Roncelin (Roncelinus) de Fos e Richard de Vechiers, entrambi Poveri Cavalieri di Cristo. Vale la pena di analizzare queste lettere, perché sembra che abbiano incuriosito e tratto in inganno diverse persone. Tutte le informazioni disponibili concordano nel collocare il carteggio e in una biblioteca nota come Fondo Malnipote, aggiungendone a volte anche un codice identificativo. La traduzione, non si sa se dal latino o dal francese antico, è ascritta a Opizzo Malnipote, mentre uno studio sui testi in questione è a nome di un certo professor Umberto Cardini. 

Riporto i testi in versione integrale:

MANOSCRITTO 1

A Richard de Vichiers da Roncelin de Fos

Mio caro fratello in Cristo,
qui ad Acri, posso oggi scriverti per riferirti il successo della missione che mi affidasti il giorno della nascita del Nostro Signore nell'anno 1243 quando il diacono dei Buoni Uomini, Pierre Bonnet, giunse alla nostra Casa e chiese il nostro aiuto per proteggere il loro Tesoro. Tu mi affidasti l'impegno di accompagnare e scortare le Buone Dame e la loro Reliquia al nostro Tempio e consegnarla segretamente a tuo fratello. Partii la sera stessa dalla nostra casa di Pieusse e fui guidato dal Buon Uomo Bonnet fino alla grotta fortificata di Niaux, dove protette da un Buon Uomo trovai sette Buone Dame. La notte stessa ci separammo: mentre i due Buoni Fratelli continuavano il loro cammino per nascondere il resto del loro tesoro, le dame viaggiarono, protette da me, su un carro con la Reliquia di Giuseppe. Seguendo il tuo suggerimento, per confondere gli eventuali inseguitori non ci dirigemmo verso i nostri porti del Mediterraneo ma andammo fino a La Rochelle dove ci imbarcammo per Bari; ritenni infatti più prudente sbarcare in Terra Santa proveniente dalla Sicilia e non dalla Francia. Alcuni mesi dopo, nonostante la tragica notizia della  caduta di Gerusalemme decidemmo di imbarcarci da Bari per la Terra Santa ma quando sbarcammo ad Acri sapemmo della tragedia: un mese prima le forze cristiane erano state massacrate a La Forbie, dove perì anche il nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia in gloria; la speranza di recuperare Gerusalemme era perduta. Arrivato, fortunatamente, seguii di nuovo il tuo consiglio: invece di rivolgermi al Gran Maestro mi rivolsi direttamente a tuo fratello Renaud e questi, quando seppe di cosa si trattasse, mi fece giurare di non farne parola al nuovo Gran Maestro, Richard de Bures, uomo molto amico (e secondo tuo fratello prezzolato) del signore di Tiro, Filippo Montfort, nipote di quel Simone che sta combattendo contro i Buoni Uomini. La crociata contro il conte di Tolosa, mi spiegò tuo fratello, è stata scatenata da forze malvagie per impossessarsi della Reliquia di Giuseppe e tuo fratello sospetta addirittura che la nomina del Gran Maestro sia stata favorita da queste forze per recuperare altri potenti oggetti che noi Templari proteggiamo, custodiamo e nascondiamo dai nemici perché non siano rivelati prima dall'ora designata. Tuo fratello si rivolse invece ad un altro fratello, Guillaume de Sonnac, di cui aveva assoluta fiducia; la tremenda situazione in cui si trovano oggi i cristiani sotto gli attacchi di Satana è dimostrata dal fatto che tuo fratello decise, con l'avvallo di Guillaume, di chiedere aiuto agli infedeli, ai seguaci del Saggio della Montagna. Per calmare i miei scrupoli per questa alleanza con i nemici, non solo mi convinse che il Saggio era più amico nostro che il Montfort, ma mi mostrò un documento straordinario: in esso il nostro fondatore racconta che alla sua morte il Saggio della Montagna gli aveva inviato un sigillo di grande potere magico chiedendogli di nasconderlo e proteggerlo dai seguaci di Satana; perplesso il nostro fondatore era partito per la Francia per consegnarlo al santo uomo che ha redatto la nostra regola. Ma il santo abate ebbe parole di onore per il Saggio e ordinò al nostro fondatore di custodire questo oggetto. Sappi che il sigillo e la documentazione alla morte del nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia in gloria, sono stati nascosti da tuo fratello e da Guillaume che temono le trame del Montfort. Tale sono gli intrighi di Satana che per difendersi bisogna essere "prudenti come serpenti". I seguaci del Saggio della Montagna, contattati da tuo fratello accompagnarono lui, me e le sette Buone Dame fino alla Valle di Mosè. Lì vidi una meraviglia che mi lasciò senza fiato: una montagna in cui sono stati scolpiti e scavati templi e palazzi e chiese e tombe. Lì i seguaci del Saggio ci guidarono ad un altare scavato sul fianco della montagna sulla cima del quale era inciso un simbolo che ti disegno:

(Il disegno è quello del simbolo dell'infinito; ognuno dei due cerchi contiene il simbolo di un otto; ognuno dei quattro cerchi degli otto contiene un punto spesso. N.d.E.)

I seguaci del Saggio ci mostrarono come l'altare può aprirsi: è necessario introdurre contemporaneamente in ognuno dei quattro buchi al centro dei cerchi un medaglione dalla foggia curiosa. Consegnarono quindi una di queste chiavi a ciascuna delle sette Buone Dame che deposero nella tomba la Reliquia di Giuseppe. Voglia Dio che resti per sempre nascosta e protetta dagli attacchi di Satana fino all'ora designata per la sua rivelazione, nonostante una possibile minaccia. Una delle sette Buone Dame fu infatti catturata dal signore di Tiro e torturata a morte, che Dio abbia pietà della sua anima. Il signore è venuto quindi in possesso di una delle chiavi ed è a conoscenza del ruolo di tuo fratello, mio e dei seguaci del Saggio a fargli perdere per sempre la reliquia per la quale la sua famiglia ha versato tanto sangue innocente. 

MANOSCRITTO 2 

A Richard de Vichiers da Roncelin de Fos

Mio caro fratello in Cristo,
devo scriverti notizie dolorose e che straziano il mio ed il tuo cuore. Forse ti è già giunta la notizia della tragica morte di tuo fratello, che Dio lo abbia in gloria, insieme a malevoli commenti. Sappi che tuo fratello è immune delle macchie di cui è accusato: la sua sola colpa è quella di aver seguito il compito che ci era stato affidato dal sant'uomo Bernando che scrisse la nostra regola e ci impose di proteggere, custodire e nascondere dai nemici di Dio e dai servi di Satana quegli oggetti potenti che non devono essere rivelati prima dall'ora designata. Quando Re Luigi sbarcò a Cipro si crearono subito degli scontri nella gestione delle operazioni tra il Re che voleva agire immediatamente e i nobili locali (tra cui il nostro Gran Maestro Guilleume) che suggerirono prudenza. Lo scontro divenne più duro quando il re ordinò al Gran Maestro di cessare le trattative col sultano di Damasco. La campagna in Egitto del Re, fu una follia militare e causò la morte  del nostro Gran Maestro Guilleume, che Dio lo abbia in gloria, e si concluse con la cattura del Re.

Liberato il Re e tornato ad Acri, Luigi, istigato da Filippo Montfort, pretese che il maresciallo del Tempio, Ugo di Jouy, il quale aveva trattato col sultano per ordine del Gran Maestro Guilleume, venisse rimosso e bandito dalla Terra Santa. Tuo fratello fu costretto a cedere ed Ugo divenne maestro in Catalogna. Quando il Re lasciò Acri e tornò (finalmente!) in Francia, Filippo Montfort colpì di nuovo: i suoi seguaci nel Capitolo, nel corso di una deliberazione segreta, deposero tuo fratello. Due giorni dopo, tuo fratello fu trovato ucciso. Non ho dubbi su chi abbia mosso la mano dei sicari. Come non ho dubbi su chi ha fatto girare voci sui rapporti tra tuo fratello e i mussulmani. È vero che tuo fratello da sempre ebbe stretta collaborazione con i seguaci del Saggio della Montagna, ma io, che fui il suo amico e il suo servitore, ti giuro che il suo obbiettivo in ciò era difendere la Terra Santa e seguire il compito segreto affidato a noi dal sant'uomo Bernardo. E sappi che tuo fratello mi insegnò che noi, i Buoni Uomini e il Saggio della Montagna in questo santo compito siamo stati da sempre alleati. Sappi dunque che tuo fratello è morto per compiere il nostro compito segreto ed è stato ucciso dall'uomo della stirpe che Satana ha generato sulla terra per recuperare quegli oggetti di potere che non devono essere rivelati prima dall'ora designata.

MANOSCRITTO 3

A Richard de Vichiers da Roncelin de Fos

Mio caro fratello in Cristo,
mi sembra doveroso farti sapere che tuo fratello è stato vendicato. Alcuni giorni fa un seguace del Saggio della Montagna, fingendosi un convertito al cristianesimo entrò nella cappella dove Filippo di Tiro e suo figlio Giovanni stavano pregando e pugnalò entrambi. Giovanni è sopravvissuto mentre l'anima di Filippo ha raggiunto il suo sovrano Satana. Si dice qui che la mano è stata armata dal sultano dell'Egitto ma io credo che il Saggio abbia voluto vendicare il suo fratello e proteggere ulteriormente il segreto della reliquia di Giuseppe.

Il prezioso contributo di Krak permette di mettere a fuoco alcune significative criticità:

1) Un professor Umberto Cardini non è mai esistito, esiste un Franco Cardini che è uno storico e un saggista specializzato in studi sul Medioevo.

2) Il Fondo Malnipote, che dovrebbe essere una biblioteca contenente manoscritti inestimabili, si è rivelato inesistente.

3) Opizzo Malnipote, da cui l’omonimo Fondo, è una figura inconsistente: non esiste nessuna traccia storica della sua esistenza.

4) L’autenticità dei manoscritti sarebbe stata confermata da verifiche scientifiche preliminari - che sono tuttavia inaccessibili.

5) Si dice che le lettere sono databili 1245, 1256, 1270 – ma non si specifica da chi… nel testo che si trova in rete non ci sono queste date.

6) Le lettere sono state scritte da Roncelin de Fos a Richard de Vichiers, ma il tono con cui parla il Templare è quello di una persona che in questi 25 anni in cui sono distribuite le lettere non si è mai mossa da Acri. Nella presentazione del personaggio si parla invece di vari incarichi che ha ricevuto anche in Europa.

7) Richard de Vichiers è storicamente sconosciuto: non vi sono conferme storiche che fosse fratello del Gran Maestro Rinald de Vichiers, né che fosse vissuto nella domus Templare di Pieusse.

8) La scelta di Gerusalemme risulta alquanto bizzarra, considerando le disfatte subite dai crociati in quegli anni. La Città Santa non era di certo un luogo sicuro per nascondere “una reliquia così importante”. Lo dimostra il fatto che nel 1244 ad agosto Gerusalemme cade in mano ai Turchi.

9) Le lettere giungono ad Acri, un mese dopo la sconfitta della Forbie (17 ottobre), quindi presumibilmente intorno alla metà di novembre. Ora mi chiedo se effettivamente il viaggio era dovuto alla “reliquia”, se si può stare un anno in giro con un oggetto talmente importante, a rischio che venisse catturato dai “nemici” da cui lo stavano nascondendo…. Mi sembra altamente improbabile e rischioso. Si notino le incerte conoscenze di geografia: “non ci dirigemmo verso i nostri porti del Mediterraneo ma andammo fino a La Rochelle dove ci imbarcammo per Bari; ritenni infatti più prudente sbarcare in terra santa proveniente dalla Sicilia” (Bari è in Puglia non in Sicilia).

10) Acri in quegli anni era una degli ultimi presidi crociati, mi sembra anche in questo caso altamente improbabile che un’operazione di tale portata rimanesse segreta.
 
11) I rapporti tra Fos, Vichies, Sonnac (1247-1250) e gli Assassini sono problematici. Secondo la lettera questi ultimi offrono un nascondiglio tra le rovine di Petra, azionata con un meccanismo segreto che viene rivelato alle sette custodi, ognuna delle quali ha consegnato un medaglione - anche in questo caso a parte la storia del meccanismo segreto mi sa tanto di storiella, mi sembra molto pericoloso avere così tante “chiavi” per accedere alla “reliquia”. Una di loro viene catturata dal signore di Tiro, quindi si presume che il nipote dell’infame Simone di Montfort fosse entrato in possesso di una delle “chiavi” e quindi conoscesse il segreto e le persone che lo avrebbero occultato………allora perché non impegnarsi per trovarlo? O per eliminare chi ne era a conoscenza?

12) Si fa poi riferimento a Richard de Bures (1244-1247), Guillaume de Sonnac (1247-1250), Rinaldo di Vichiers (1250-1256) e Tomas Bérard (1256-1273) - Molti studiosi tra cui Runciman e Malcom Barber nella lista dei Grandi Maestri del Tempio omettono il de Bures.

13) Il de Sonnac racconta la pia leggenda (dove e quando?) secondo la quale il Vecchio della Montagna avrebbe consegnato al fondatore dei Templari un “sigillo di grande potere” perché lo consegnasse a San Bernardo - Storicamente i rapporti tra i Templari e gli Assassini non sono mai stati provati tanto meno ritengo fossero possibili all’origine dell’Ordine. Inoltre se tutto ciò fosse stato portato al cistercense ci si dovrebbe domandare com’è possibile la seguente affermazione: “Sappi che il sigillo e la documentazione alla morte del nostro Gran Maestro Armand… sono stati nascosti da tuo fratello e da Guillaume che temono le trame di Montfort” (perché questi oggetti dalle mani di San Bernardo sarebbero stati di nuovo portati in Terra Santa?).

14) Quando i Templari, hanno perso definitivamente i presidi in Terra Santa che ne hanno fatto della reliquia…. In ultimo il contenuto delle presunte lettere fosse stato reale, sarebbe stato di vitale importanza, per cui è impensabile che tali notizie vengano scritte in modo così esplicito, potevano cadere in mano del nemico in qualsiasi momento….
Saluti
Krak

Per quanto mi riguarda, sono stato quasi immediatamente assalito da dubbi sull'intera struttura narrativa anche senza verificare date, personaggi ed avvenimenti. La menzione della Reliquia di Giuseppe mi ha subito convinto che questi testi non sono genuini, ma interamente costruiti ad arte. Infatti il Catarismo non ha mai ammesso il culto di qualsiasi reliquia, idolo o simulacro. E' chiara la posizione dei Buoni Uomini: quando un sant'uomo muore, il suo spirito abbandona il carcere materiale, che ritorna agli elementi diabolici da cui è stato generato. Nessuna elevazione spirituale può venire da un resto mortale mummificato o conservato altrimenti, non più di quanta ne possa venire dalla carcassa di un asino o da una latrina. Anche ammettendo che non si tratti di resti umani, non appare credibile che un oggetto di qualsivoglia natura possa essere stato tanto importante per i Buoni Uomini da giustificare una simile perigliosa impresa.

Alla fine io e Krak siamo riusciti a svelare l'arcano: abbiamo trovato le lettere di Roncelin de Fos e Vechiers in un
sito che riportava nell'url la dicitura "giochidiruolo".

http://www.mclink.it/com/agonistika/giochidiruolo/
pathos2/archivio/a1/graal.htm 

Il cammino dello studioso è irto di difficoltà, ma per fortuna esistono criteri che permettono di non lasciarsi ingannare. Di fronte a un testo è buona norma cercare di reperirlo in lingua originale. Se la cosa non è agevole, si può avere il sospetto che si tratti di un falso. Capita che dei testi siano scritti in un linguaggio moderno, seguendo un'ordine di idee moderno: questa potrebbe essere frutto di una traduzione troppo libera, oppure la firma di un falsario. Bisogna avere una conoscenza di base del soggetto che si sta studiando, in modo da scoprire incongruenze. Per quanto riguarda i Catari la cosa è più facile: la dottrina è così peculiare e inconfondibile che qualsiasi frode viene immediatamente scoperta. Nel caso del Tempio le cose sono più complicate, perché la dottrina segreta di cui tanto si parla non è nota con altrettanta certezza. Deve esistere inoltre un potere nascosto, sulla cui vera natura non ho potuto avere certezza, che mira a diffondere su questo argomento confusione. Si ha come l'impressione che questo marasma cognitivo sia deliberatamente coltivato. Forse la cosa è da mettere in relazione alla galassia delle associazioni cosiddette Neotemplari. Di queste una cosa sola so per certo: non ne esiste neanche una che possa veramente affermare di rappresentare il Tempio. Un autentico cavaliere non persegue infatti menzogna ed inganno, ma verità.

Di Roncelin de Fos avremo occasione di occuparci ancora in altra sede, perché il suo nome compare in relazione a un documento controverso: la Regola Segreta

La pseudostoria è un nemico subdolo. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 18 gennaio 2008)

Nel gennaio 2011 i contenuti di questo post hanno attratto l'attenzione lodevole dei gestori del blog Tradizione Templare, ospitato sulla piattaforma Blogspot, che hanno pubblicato il post Quando i polli scrivono la storia. A loro va tutta la mia gratitudine! Questo è il link:  

Anche se nel frattempo le pagine del sito di giochi di ruolo sono diventate inagibili, resta la prova della creazione fraudolenta. Il post di Tradizione Templare è tuttora accessibile e spero ardentemente che lo resterà a lungo!

domenica 27 marzo 2022


IL LIBERO SPIRITO  

Nel panorama delle forme di eterodossia che si sono sviluppate nel XII secolo, un posto particolare occupa la filosofia del Libero Spirito. Essa non fu appariscente come il Catarismo, ma le sue conseguenze sull'Occidente furono profonde e durature. A determinare la sua sopravvivenza e il suo rigoglio fu la sua incoerenza organizzativa: il Libero Spirito non si è manifestato come un movimento definito, ma come una galassia di gruppuscoli numericamente poco consistenti.

La natura di questa religiosità era utopica e affondava le sue radici nel Neoplatonismo.
L'iniziatore del Libero Spirito fu Amalrico (Amaury) da Bène. A pochi anni dalla sua morte, nel 1209 (singolare coincidenza con l'inizio della luttuosa crociata contro gli Albigesi) i suoi insegnamenti erano già diffusi, e di questo abbiamo documentazione dagli atti dell'Inquisizione. Silenziosamente era iniziata una nuova era, e ad essa dovrebbero far riferimento i razionalisti, gli atei, i materialisti, i libertini come anche i crowleyani (thelemiti) e la maggior parte dei neopagani. Cosa accomuna una simile varietà di ideologie? La risposta è semplice: sono tutte forme di monismo estremo, in cui l'universo è considerato indistinguibile dalla sua causa (Dio, l'Uomo, la Materia o il Nulla). 

La dottrina della Chiesa di Roma ammette un solo principio all'origine di tutte le cose visibili ed invisibili, ma ritiene che Dio sia nettamente distinto dalle sue creature. In altre parole, pur essendo Dio onnipresente, il suo essere non coincide affatto con le cose da lui create ex nihilo. La dottrina del Libero Spirito invece fa cadere questa distinzione. Dio non è soltanto l'onnipresente Creatore di ogni cosa, ma È ogni cosa. Si identifica con le sue creature, con l'intero universo. In altre parole la filosofia amalriciana è una forma di panteismo (dal greco antico pan = tutto + Theos = Dio: tutto è Dio).

Già Scoto Eriugena scrisse che "ogni uomo può considerarsi una teofania, una manifestazione divina al pari dello stesso Cristo". Queste parole ritornano in Aleister Crowley, che sosteneva che "non vi è altro Dio oltre all'Uomo" e che "ogni uomo e ogni donna è una stella".

Per il Libero Spirito ogni essere umano è chiamato a credere di rappresentare una parte tangibile del Corpo di Cristo, e che qualsiasi atto compiuto senza peccare da chi ha raggiunto questa consapevolezza. Da qui scaturisce un marcato individualismo.

La Chiesa di Roma indisse persecuzioni contro questa nuova religiosità, ma non ritenne mai di dedicarle l'attenzione che invece rivolgeva alla soppressione del Catarismo.

I seguaci del Libero Spirito seguivano alla lettera il passo di San Paolo che dice "Tutto è puro per i puri" (Tt 1, 15), e argomentavano che nulla di peccaminoso e di impuro potesse esistere nel corpo, neppure l'accoppiamento o le funzioni escretorie. Nella pratica si abbandonavano a rituali orgiastici. La metafisica serviva da maschera e da copertura per attività sessuali sfrenate e promiscue. Altra caratteristica era l'antinomismo, ovvero l'opposizione alle leggi degli uomini, che erano ritenute un ostacolo alla realizzazione del Regno dello Spirito. Le differenze tra il Catarismo e il Libero Spirito sono totali, stridenti: le due tradizioni si collocano alle opposte estremità di uno spettro religioso. Anche quando i comportamenti potevano sembrare simili, erano dettati da motivi assolutamente diversi, incompatibili. Il credente cataro poteva anche avere una sessualità incoercibile. Tuttavia non riteneva tale attività pura o addirittura santa, ma dovuta all'influsso di Satana che governava chi non aveva ricevuto il Consolamentum. Il Catarismo era spesso antinomico come il Libero Spirito, ma il motivo di ciò era dovuto a una totale sfiducia nei confronti di un ordine costituito emanante dal Creatore Malvagio. Se per l'amalriciano nulla è impuro nel mondo, tutto ciò che è mondo è impuro per il cataro. Se per l'amalriciano il corpo è il tempio dello Spirito, per il cataro è invece il suo carcere. Il movimento faceva presa dovunque fosse sentita la necessità di una spiritualità puramente mistica, non soggetta a dogmi e a regole. 

Si infiltrò anche in molti ambiti monastici, soprattutto tra i Beghini e tra i Francescani, al punto che la Chiesa Romana decise di non concedere la fondazione di nuovi ordini monastici mendicanti. In particolare i Beghini e i Begardi furono sempre al confine con l'eterodossia, e guardati con estremo sospetto a causa del loro rifiuto delle regole. Mentre il Catarismo si riduceva a un'esistenza catacombale nel più stretto segreto, il Libero Spirito continuava a prosperare e a dare nuovi esiti macroscopici. Nel XVI secolo iniziarono a proliferare le sette dei Libertini: un cambiamento inarrestabile era ormai avviato nell'intero Occidente.