Il fitonimo latino quercus "quercia" continua quasi inalterato nel sardo kerku, senza traccia alcuna di palatalizzazione della prima consonante velare. L'italiano quercia non può risalire direttamente alla forma latina, per ovvi motivi fonetici. Deve essere invece per necessità il derivato di una forma *quercea, di chiara origine aggettivale.
Vediamo ora le forme aggettivali attestate in latino col significato "di quercia"; "di foglie di quercia". Sono le seguenti:
Evidentemente l'aggettivo più antico è quernus, formato con un suffisso *-no- di ottima tradizione indoeuropea. Le forme querqueus e querceus sono più moderne. La variante querneus proviene da quernus con l'aggiunta del suffisso di querqueus.
Vediamo di ricostruire i passaggi. La radice indoeuropea del fitonimo latino è *perkw-. In latino la consonante labiale *p- è diventata kw- per assimilazione alla kw- seguente, mutamento che vediamo anche in altri casi (lat. quinque < IE *penkwe; lat. coquo: < IE *pekw-). Una volta creato l'aggettivo querqueus /'kwerkwḙus/, la seconda labiovelare /kw/ è diventata /k/ per dissimilazione, ossia si è semplificata naturalmente. Così si è avuta la variante /'kwerkḙus/. L'occlusiva velare /k/, seguita dalla semivocale, si è quindi alterata per vari gradi, dando origine al suono palatale che troviamo nella forma italiana quercia, suono la cui natura secondaria è dimostrata dall'etimologia.
La dissimilazione /-kw/ > /-k-/ è presente anche in un derivato che ha dato origine all'italiano "querceto":
In italiano esiste la variante cerqua, ormai desueta, che trae origine da una diversa dissimilazione della forma latina, in cui è stata la prima labiovelare a semplificarsi. La sequenza dei mutamenti è la seguente: *querquea /'kwerkwḙa/ > *cerquea /'kerkwḙa/. La palatalizzazione ha quindi agito sull'occlusiva iniziale in epoca tarda, portando infine all'esito italiano.
Veniamo ora alla pronuncia ecclesiastica della lingua latina, che i nostri avversari vorrebbero proiettare agli Inizi dei Tempi. La sua incongruenza è marchiana: prescrive infatti le pronunce /'kwerkweus/ e /'kwertʃeus/; /kwer'kwetum/ e /kwertʃetum/, tutte con un'alternanza /kw/ - /tʃ/ che sarebbe assolutamente inesplicabile se la si considerasse primigenia, non potendo in alcun modo risalire a tempi remoti.
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