L'etimologia del nome Nerone non è affatto banale come potrebbe sembrare a prima vista. Molti tenderanno naturalmente ad associare il nome dell'inclito Imperatore all'aggettivo nero, cosa assurda per chiunque abbia anche una minima conoscenza della lingua latina.
Famoso a questo proposito è un gioco di parole che ricordo fin da quando ero un moccioso: la frase latina "Cane Nero" significa "Canta, Nerone". È un ingegnoso trabocchetto usato per scherzi e indovinelli, che si è formato tra gli studenti di latino, anche se non è facile tracciarne con esattezza l'origine. Ne esiste anche una versione estesa, "Cane Nero magna bella Persica", che in latino significa "Canta, Nerone, le grandi guerre persiane", mentre il romanesco ha tutt'altro senso, parlando banalmente di un cane nero che mangia una bella pesca.
Detto questo, Nerone non ha nulla a che fare con il colore nero, che in latino è niger (femminile nigra, neutro nigrum). Il glorioso cognomen romano Nerō (gen. Nerōnis), la cui origine è con ogni probabilità sabina, significa "Forte, Valente". Deriva dall'antica radice italica *ner-, di chiarissima origine indoeuropea, che significa "virile, forte".
Mirate tutti la potenza della Scienza linguistica! Da cose oscure e poco note, tramite le attestazioni e la forza delle ricostruzioni, fondate sulla Logica, in molti casi è in grado di illuminare l'Oscurità del passato, rendendo perfettamente comprensibile ciò che non si capiva. Riporto in questa sede ciò che serve allo scopo che mi sono prefisso. Certo, si tratta di cose acclarate da tempo. Eppure credo che sia sommamente utile divulgarle.
Protindoeuropeo: *(a)ner- "uomo"
Ricostruzione glottalica: h2nḗr "uomo; potere, forza, energia vitale"
Anatolico: Ittita innarawatar "potere vitale", innarawant- "forte"; Luvio annar-ummi- "forte" (vedi Tischler); lidio nãrs "virtù, valore".
Sanscrito: nṛ́, nár- "uomo, eroe", nára- (m.) "uomo; persona", nā́rī (f.) "donna, moglie"; nárya- "virile, umano"; sū-nára- "giovane uomo; giovanile".
Iranico: avestico nā, nar- "uomo, persona", nāirī "donna"; nairya- "virile"; curdo; ossetico næl "maschio"; persiano moderno nar /nær/ "virile, maschio; marito, stallone", nari "pene".
Armeno: ayr "uomo, persona" (gen. aṙn); aru "virile".
Frigio: αναρ (anar) "marito".
Greco antico: ἀνήρ (anḗr) "uomo", gen. ἀνδρός (andrós), acc. ἄνδρα (ándra), acc. epico ἄνέρα (anéra); epico ὴνοαέη (ǟnoréǟ) "virilità"; δυσ-ᾱ́νωρ (dus-ā́nōr) "che ha un cattivo marito".
Latino: neriōsus "forte, vigoroso; resistente" (di origine sabina); Nerō "Nerone" (antroponimo).
Altro italico: Osco niir, ner /ne:r/ "uomo", gen. pl. nerum; umbro acc. pl. nerf, dat. nerus "primi cittadini, nobili, prìncipi" (Tabole Iguvine); sud piceno nír "uomo", acc. pl. nerf "uomini" (vedi Zamponi).
Celtico: *nerto-m "forza, virilità": gallico Esu-nertus, Nerto-marus, Nertacus (antroponimi), celtiberico Nerto-briga (nome di città); antico irlandese nert "forza, virilà"; gallese nerth "forza, virilità", cornico nerth "forza, virilità", medio bretone nerz "forza", bretone moderno nerzh "forza";
*nero-s "eroe": gallese nêr "eroe"; antico irlandese ner "cinghiale" (simbolo della virilità); celtiberico Neri (una tribù celtica della Galizia).
Albanese: njeri "uomo, persona" (antico albanese njer, proto-albanese *nera).
Un'inaspettata sopravvivenza italica:
la nerchia!
La radice ner- "forte, virile" è sopravvissuta come relitto nella parola nerchia "pene, membro virile", molto diffusa nel Lazio (ad esempio si trova a Viterbo). Si può ricostruire una protoforma italica *ner-tlā- "pene, membro virile": con buona pace delle femministe convulsionarie, questo nome fallico è di genere grammaticale femminile - come spesso accade (vedi anche verga e minchia). Il Dizionario Treccani riporta la voce nerchia soltanto come una delle tante glosse di vocaboli fallici ma non la tratta, si trincera dietro il silenzio dell'ignoto. Molta gente, in modo stolto, ritiene che nerchia sia semplicemente una variante di minchia (da latino mentula "pene"), cosa impossibile per motivi fonetici. A sostenere questa pretesa derivazione di nerchia da minchia ci sono i fallocefali di Quora, è ovvio. Come di costume, stigmatizzo e fustigo i romanisti, che non hanno dedicato nemmeno mezza parola su una così importante testimonianza di un sostrato preromano indoeuropeo! Per loro, tutto ciò che non può essere ricondotto al vocabolario di latino che usavano al liceo, deve essere di "etimologia sconosciuta" o di "origine incerta". Per fortuna abbiamo trovato nel Web il meritorio sito di Aracne Editrice, in cui l'utente Nessuno ha pubblicato un interessante contributo, riportando l'etimologia di nerchia dalla radice italica *ner- e confermando la diffusione del vocabolo anche in Calabria, terra degli antichi Bruzi:
L'etimologia è inclusa in un volume dello studioso John Bassett Trumper: Geostoria linguistica della Calabria (2016). Questa è la sinossi:
"L’attuale divisione geopolitica della Calabria non corrisponde certo con esattezza alla terza Regio romana; non è quindi utile descrivere le centinaia di parlate singole della regione che oggi chiamiamo Calabria, spesso molto diverse tra loro, unite solo perché hanno una comune origine nel tardo latino. Questa regione non ha mai avuto, nella sua lunga storia, alcun centro dominante in senso culturale, politico–economico e soprattutto linguistico, nessun luogo, o luoghi, identificabile con un centro urbano, o un agglomerato consistente, che livellasse e koinizzasse l’intera area. Storicamente, il punto d’inizio sarà l’“italicizzazione” dell’odierna Italia nel periodo 3200–2800 a.C., discutendo la formazione di un gruppo italico Umbro–Sabino–Sudpiceno–Osco e considerando se una denominazione quale Enotro/Enotria sia riferita a uno stadio antico di questo stesso gruppo. L’autore si è concentrato principalmente sullo studio dei rapporti (biculturali) tra i microgruppi sabellici più meridionali e i Dori; è notevole che, mentre i Campani e gli Osci si alfabetizzano tramite le rivisitazioni etrusche dell’alfabeto greco, con la formazione dell’alfabeto detto “osco nazionale”, gli Osci più meridionali – che si chiamino Brettii o Enotri, non ha eccessiva rilevanza – ricevono l’alfabeto direttamente dai Dori, con lievi adattamenti."
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