Visualizzazione post con etichetta dialoghi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta dialoghi. Mostra tutti i post

sabato 20 marzo 2021

 
BRIVIDO CALDO 
 
Titolo originale: Body Heat
Lingua originale
: Inglese
Paese di produzione
: Stati Uniti d'America
Anno
: 1981
Durata
: 113 min
Genere
: Noir
Regia
: Lawrence Kasdan
Soggetto
: James Cain, dal romanzo La morte paga doppio
Sceneggiatura
: Lawrence Kasdan
Produttore
: Fred T. Gallo 
Produttore associato: Robert Grand 
Produttore esecutivo: George Lucas (non accreditato)
Casa di produzione
: The Ladd Company
Distribuzione in italiano
: PIC
Fotografia
: Richard H. Kline
Montaggio
: Carol Littleton
Effetti speciali
: Howard Jensen, Hal Bigger
Musiche
: John Barry
Scenografia
: Bill Kenney, Rick Gentz
Costumi
: Renié
Trucco: Robert A. Sidell
Interpreti e personaggi:
    William Hurt: Ned Racine
    Kathleen Turner: Matty Walker
    Richard Crenna: Edmund Walker
    Ted Danson: Peter Lowenstein
    Mickey Rourke: Teddy Lewis
    Kim Zimmer: Mary Ann Simpson
    Carola McGuinness: Heather Kraft
    James Allen Preston: Detective Oscar Grace 
    Lanna Saunders: Roz Kraft 
    Jane Hallaren: Stella 
    Michael Ryan: Miles Hardin 
    Larry Marko: Giudice Robert Costanza 
    Deborah Lucchesi: Beverly 
    Lynn Hallowell: Angela 
    Thom J. Sharp: Michael Glenn 
    Ruth Thom: Sig.ra Singer 
    Diane Lewis: Glenda 
    Robert Traynor: Curatore della prigione
    Meg Kasdan: Infermiera 
    Ruth P. Strahan: Betty la governante 
    Filomena Triscari: Hostess da Tulio's 
    Bruce A. Lee: Uomo sulla spiaggia 
    Ramiro Velasco: Trio cubano 
    Thomas Choy: Trio cubano 
    Servio T. Moreno: Trio cubano
Doppiatori italiani: 
    Renato Cortesi: Ned Racine
    Rossella Izzo: Matty Walker
    Luciano Melani: Edmund Walker
    Mario Cordova: Peter Lowenstein
    Sergio Di Giulio: Teddy Lewis
    Melina Martello: Mary Ann Simpson
    Angiolina Quinterno: Heather Kraft
    Vittorio Congia: Detective Oscar Grace 
Titoli in altre lingue: 
    Tedesco: Heißblütig – Kaltblütig
    Francese: La Fièvre au corps 
    Spagnolo: Fuego en el cuerpo 
    Portoghese (Brasile): Corpos Ardentes 
    Portoghese (Portogallo): Noites Escaldantes 
    Polacco: Żar ciała 
    Russo: Жар тела 
    Finlandese: Huuma 
    Ungherese: A test melege 
    Turco: Vücut Isısı 
Budget: 9 milioni di dollari US
Box Office: 24 milioni di dollari US
 
Trama: 
Una soffocante ondata di caldo avvolge Miranda Beach, in Florida meridionale. Ned Racine è un inetto avvocato, che però la sorte ha favorito, dotandolo di un immenso cazzone. Questa palpitante e turgidissima arma di carne permette all'uomo di supplire alle sue palesi deficienze intellettive. Ha molto successo con le donne: è manipolabile. Sembra che tutto gli vada per il meglio. A un certo punto incontra la bellissima e perversa Matty Walker (interpretata in modo magistrale dalla Turner) e inizia con lei una relazione incandescente. Il marito della donna, Edmund, ha immensi mezzi finanziari ma è affetto da microfallia ed è ai confini dell'impotenza. Durante la settimana, il vecchio plutocrate è via per lavoro e lascia la moglie da sola a casa. Ecco che Ned Racine la raggiunge e sfodera la poderosa asta. Quando la tensione diventa insopportabile, lei allarga le gambe per accogliere il Priapo rubizzo nella vagina fremente. Lui la penetra e ancheggia, le entra dentro in profondità fino a riempirla di denso liquame spermatico. In un'occasione la splendida ninfomane accoglie in bocca il glande tumefatto e lo succhia con avidità. Mentre ciò accade, la nipotina la sorprende nell'atto di fellare e resta impietrita, riesce solo a sussurrare: "Zia Matty..." La cosa creerà in seguito qualche complicazione. Sì, perché l'avvocato superdotato si lascia convincere dall'amante all'omicidio. Lei vorrebbe divorziare, non sopportando più il marito cornuto. C'è però un problema: in caso di divorzio non erediterebbe nulla, avendo diritto soltanto a una provvigione per la durata di un anno. Perché possa mettere le mani sull'eredità è necessario che il marito muoia. L'avvocato si convince ad agire, dato che l'amante gli promette di condividere con lui le ricchezze che acquisirà. Così si reca a trovare Teddy, un amico specializzato in incendi dolosi (interpretato da un giovane Mickey Rourke), ottenendone una bomba artigianale. Nella notte penetra nella casa dell'amata, ha una colluttazione con il becco e lo ammazza fracassandogli il cranio con un grosso pezzo di trave. Il cadavere viene incellofanato e portato fino a un capanno nautico. La bomba viene fatta detonare e causa un incendio: il cadavere finisce cremato. La speranza dei due amanti è che la deflagrazione sia ritenuta un incidente. Il problema è che intorno a Ned Racine accorrono presto due molestissimi tafani che cominciano ad assillarlo: il detective della polizia Oscar Grace, afroamericano, e il vice procuratore Peter Lowenstein, ashkenazita. Saltano fuori di colpo decine di rogne e di cavilli legali sul testamento del defunto Edmund Walker, oltre al fatto che i suoi occhiali, da cui non si separava mai, non sono stati trovati sul luogo della sua morte. Siccome il testamento è stato redatto con un vizio di forma, non è valido, quindi tutte le proprietà vanno alla moglie, escludendo la sorella del morto, che avrebbe dovuto ereditare metà delle sostanze. I sospetti di addensano sulla coppia di amanti. Trovare una soluzione sembra impossibile. All'improvviso diventa importante persino la testimonianza della bambina che ha visto Matty con in bocca l'uccello dell'avvocato. Tuttavia non ne esce nulla, perché la piccola, che è rimasta morbosamente attratta dall'atto sessuale orale a cui ha assistito, decide di non riconoscere l'uomo fellato. Gli eventi precipitano quando Ned incontra per caso un collega che afferma di averlo raccomandato alla signora Walker, ammettendo di averle parlato delle sue limitate capacità mentali. Non basta: Teddy il bombarolo, che ha fornito a Ned l'ordigno, gli racconta di una donna bellissima che gli ha fatto una richiesta simile e a cui lui ha insegnato come costruire una trappola esplosiva. Anche se l'avvocato è un tardone, finalmente arriva alla giusta conclusione di essere stato usato dalla sua maliarda. Non soltanto lei non lo ama, ma non intende affatto dividere con lui le fortune del cornuto morto! Matty lo attira dicendogli che gli occhiali mancanti sono nella sua rimessa per le barche. Giunto sul luogo in piena notte dopo aver mangiato pane e marmellata di volpe, Ned ha acquisito di colpo un acume sovrumano: vede un filo attaccato alla porta della rimessa e capisce che è l'innesco della trappola esplosiva! Quando la donna bellissima arriva, lui le chiede di recuperare gli occhiali. Protestando la propria innocenza e dichiarando il suo amore, si avvicina alla rimessa scomparendo alla vista. Subito dopo si ha l'esplosione. La polizia trova un cadavere che viene identificato come quello di Matty Walker (nata Tyler). Ned finisce in prigione, con la tazza del cesso vicino alla branda. È convinto che Matty sia viva e che il cadavere non sia il suo. Quando riceve una copia dell'annuario della scuola della donna e vi trova le foto di Matty Tyler e della sua compagna Mary Ann Simpson. Il vero nome della donna da lui amata era Mary Ann Simpson, come mostrato dalla foto, sotto cui ci sono il soprannome ("The Vamp") e l'ambizione ("Essere ricca in un paese esotico"). Tutto diventa chiaro: Mary Ann Simpson ha scambiato l'identità con quella di Matty Tyler per poter sposare Edmund Walker, poi l'ha uccisa ed è suo il corpo trovato nella rimessa! Il finale rivela che la donna fatale è riuscita a realizzare la sua ambizione!
 
Citazioni: 
 
"La vita è come la scala di un pollaio, corta e piena di merda."
(Ned Racine) 
 
"A certi uomini basta un'annusatina, e ti seguono come segugi."
(Matty Walker) 
 
"C'è un gran casino con il caldo che fa, perché la gente si infuoca con un niente. Succede di tutto, ogni momento, da quando è arrivata quest'ondata di caldo. In un'atmosfera di crisi totale la gente si veste stranamente, si sveste, suda, si sveglia stanca e non si regge in piedi… e poi tutto va un po' di traverso. Tra un po' la gente se ne infischierà delle regole, le romperà convinta che tanto nessuno interverrà perché questo è un momento d'emergenza. E ha paura!" 
(Detective Oscar Grace)   

Dialoghi:
 
Ned: "Forse non dovresti vestire così."
Matty: "Ho una camicetta, non vedo che altro dovrei portare."
Ned: "Non dovresti portare quel corpo."

Teddy: "Puoi usare l'orologeria o lo monti su qualcosa che si muove. Il botto è forte e brucia tutto come paglia. E se vuoi un fuoco più forte, spruzzaci intorno un po' di accelerante."
Ned: "Benzina normale?"
Teddy: "Sì, normale, super, quello che ti pare, avvocato. Ma devo avvertirti che questo petardo ha un gran difetto."
Ned: "Quale?
Teddy: "Lascia tracce. Anche dopo che si è fuso del tutto scoprono che si tratta di incendio doloso."
Ned: "Non me ne frega niente. Tutto qua?" 
Teddy: "No, no, non è tutto qua. Devi trovare il posto giusto all'ora giusta. Devi entrare, poi devi uscire. E cerca di non farti notare mentre sei in azione. Se non fosse così qualsiasi frescone potrebbe farcela. C'è una cosa che voglio chiederti. E stammi a sentire, maschione! Dato che mi stai simpatico, la domanda te la faccio. Che cazzo vuoi fare? Questi ordigni non sono fatti per le tue mani. E ti dico un'altra cosa, anche se ti suona come un vecchio disco. Ogni volta che tenti un colpo decente, ci sono cinquanta maniere per mandarlo a puttane. Se ne prevedi venticinque sei già un genio. E tu un genio non lo sei."   
 
 
Recensione: 
Certo, nel descrivere la trama ho galoppato un po' con l'immaginazione, espandendo a dismisura i dettagli intimi che restano chiari, pur essendo i genitali rigorosamente off camera: è un film molto erotico ma non pornografico. Eppure l'Eros è reale e sconvolgente! Ho amato fin da subito questo capolavoro! Quando l'ho visto per la prima volta, tutto il profilo psicologico dei personaggi mi è sfuggito. Non appena ho visto la Turner sono rimasto folgorato e i ricordi si sono mescolati alla sborra. Ero troppo concentrato sul torbido sommovimento delle carni per filosofare. Quando ho deciso di scrivere la recensione, ho pensato che fosse il caso di visionare la pellicola un'altra volta. Così è stato. Brivido caldo mi è piaciuto ancora di più, anche se l'età e l'esperienza mi hanno portato a un certo distacco dagli aspetti materiali.   
 
Produzione  

Questa pellicola ha segnato l'esordio alla regia di Lawrence Kasdan, che in precedenza aveva scritto la sceneggiatura de L'Impero colpisce ancora (The Empire Strikes Back, 1980) e I predatori dell'arca perduta (Riders of the Lost Ark, 1981) per George Lucas; era in procinto di scrivere anche Il ritorno dello Jedi (Return of the Jedi, 1983). Lucas gli ha restituito il favore prestando servizio come sponsor per lo studio Ladd Company e fungendo da produttore esecutivo non accreditato di Brivido caldo
 
Lo sceneggiatore e regista "voleva che questo film avesse la struttura intricata di un sogno, la densità di un buon romanzo e la trama di persone riconoscibili in circostanze straordinarie" (fonte: IMDB.com). Il personaggio di Matty Walker è stato modellato sulla leggenda del film noir, Lauren Bacall. Kathleen Turner è stata scelta per il ruolo a causa delle sue somiglianze con la Bacall, tra cui la peculiare voce roca e le bellissime gambe, lunghe e tornite. La cosa che più mi stupisce è che questo è stato il primo film interpretato dalla Turner. Era alle prime esperienze ed era già così esperta, così morbosa!    
 
Gli adattamenti del romanzo di Cain  

La pellicola di Kasdan è ispirata sul romanzo La morte paga doppio (Double Indemnity, 1943) di James Cain, che era stato adattato nel film La fiamma del peccato (Double Indemnity, 1944), diretto da Billy Wilder. La sceneggiatura di questo adattamento era stata scritta dallo stesso Wilder e da Raymond Chandler, noto autore di narrativa hard boiled. Il ruolo della donna fatale era interpretato da Barbara Stanwyck. Kasdan ha apportato moltissimi cambiamenti, non soltanto nei nomi dei personaggi e nell'ambientazione. Secondo il vecchio modo di concepire un'opera di narrativa o cinematografica, non si poteva mostrare una persona colpevole di omicidio che la faceva franca. Pur non essendo l'autrice materiale del crimine, Matty Walker ne è stata l'istigatrice. Soltanto l'avvocato che ha commesso l'atto concreto dell'omicidio è andato incontro alla Nemesi. La donna fatale del film di Wilder andava incontro alla morte per mano del suo amante, che poi confessava tutto al detective suo socio: nel finale si sarebbe dovuto vedere l'uomo che andava verso la camera a gas, a pubblica edificazione. Matty si ritrova in Brasile a rilassarsi sulla spiaggia e servita da un uomo che sicuramente era usato anche a scopi di sollazzo.       
 
 
Bellissima fellatrice   

La Turner fella il fallo gigantesco dell'amante davanti agli occhi della nipotina di sette anni, che rimane allibita, incapace di staccare gli occhi da quell'azione tanto stravagante e portentosa. La zia lo ciuccia, come se fosse un biberon. Lo ciuccia come se non ci fosse un domani. Lo fa perché ha bisogno di affetto! Oggi una scena simile non potrebbe più essere girata e forse neppure concepita dalla mente di uno sceneggiatore. Non certo per via della fellatio, che nel frattempo è stata sdrammatizzata, essendo ormai considerata quasi come una stretta di mano o una carezza. La sequenza rischia di essere collocata oltre il confine pericolosissimo della pedofilia per via della presenza di una bambina. Va notato che questa recensione, a quanto ne so, sembra essere tra le pochissime nel Web a menzionare questo scabroso episodio: più di frequente se ne parla invece nei commenti, anche se non ne viene compresa la portata. Mi sono addirittura imbattuto in un utente che reputa l'episodio "divertentissimo e umoristico". Detto questo, possiamo notare un altro dettaglio, questa volta sfuggito proprio a tutti, che ci mostra quanto fosse diverso il modo di sentire il sesso soltanto pochi decenni fa. La donna fatale, nell'atto di andare con la bocca verso i genitali dell'amante, gli dice questo: "Lasciami fare...". È come se dovesse chiedere il permesso. È come se la cosa non fosse affatto scontata: l'uomo avrebbe potuto rifiutarsi di ricevere quelle attenzioni. Lui le dice: "Sdraiati...". È preso dall'impulso di penetrarla.      
 
Legislazione antisodomitica   

L'avvocato Peter Lowenstein (interpretato da Ted Danson) afferma che il sesso orale non è illegale in Florida. Ancora agli inizi del XX secolo, la fellatio era vietata sull'intero territorio degli degli Stati Uniti d'America, tramite specifiche leggi contro gli "atti innaturali e lascivi", che la classificavano come una forma di sodomia. Nel corso dei decenni queste leggi sono state abolite in molti Stati, resistendo soprattutto nel profondo Sud. All'epoca in cui il film fu girato, in Florida la legge contro gli "atti innaturali e lascivi" (statuto 800.02) era ancora in vigore, per quanto probabilmente ormai disattesa. Come mai questa contraddizione? Semplice. In origine la storia del film doveva svolgersi nel New Jersey, dove erano da tempo state abolite tutte le leggi antisodomitiche. A causa di uno sciopero dei piloti, fu deciso di spostare le riprese in Florida e di cambiare la sceneggiatura modificando in tal senso anche l'ambientazione. Il direttore tecnico non ha tenuto conto delle leggi locali. Nel 2003 la Corte Suprema degli USA ha abolito tutte le leggi antisodomitiche, residui di una tirannia moralista che pretendeva di espropriare il corpo alle persone.  
 
Il fallimento del Codice Hays 
 
Double Indemnity di Billy Wilder è stato girato in piena epoca di censura, sotto le prescrizioni asfissianti del Codice Hays, che per un trentennio ha dettato legge ai cineasti. Quando Kasdan ha diretto Brivido caldo, il Codice Hays era finito da tempo e non paralizzava più l'inventiva: già nei primi anni '60 era ampiamente disatteso ed è stato abolito nel '68. Nessuno ne sente la mancanza. Nessuno se ne ricorda più. Coloro che hanno imposto agli States il Codice Hays erano convinti che il pubblico dovesse essere eternamente minorenne. Erano censori abietti e bacchettoni, terrorizzati dall'idea che un personaggio al di fuori della loro etica avrebbe potuto riscuotere simpatia. Il perno della loro opera era l'incrollabile convinzione che la simpatia implicasse in automatico il desiderio di emulazione. Erano sicuri di poter moralizzare le passioni. Queste sono state le mie reazioni viscerali quando ho visto il film di Kasdan per la seconda volta:  

1) Ho simpatizzato all'istante con la femmina fatale e ho ammirato il suo nichilismo assoluto! 
2) Ho schifato all'istante quel porco cornuto e minidotato del marito della maliarda! 
3) Ho schifato quell'istituzione abominevole e obbrobriosa che è il matrimonio! La sua essenza è una delle più infami forme di tirannia!
4) Non sono stato certo afflitto nel vedere le sequenze dell'omicidio di quell'affarista maledetto, odiosissimo e peggiore dei porci più laidi!
5) Ho ammirato il finale, in cui in galera ci finisce l'idiota mentre la Dea si salva, realizzando i propri desideri!  
 
Queste cose le affermo con la massima lucidità, in spregio a chi vorrebbe la schiavitù eterna del genere umano! Bisogna sempre tenere a mente una cosa sacrosanta. Quando si schernisce e si maledice il Tiranno, il dominio del Tiranno è finito! E questo è quanto è accaduto!  
 
 
La felice traduzione del titolo 
 
Una traduzione come "Il calore dei corpi" sarebbe stata troppo volgare, avrebbe fatto rivoltare il pubblico femminile. Avrebbe richiamato alla mente qualcosa di animalesco, avrebbe ridotto le persone a bestie. Non c'erano molte alternative: "Calore corporeo" sarebbe stato troppo scientifico, quasi un referto medico, mentre "Calore corporale" sarebbe stato quasi religioso, espresso in un linguaggio da seminaristi, intriso di sensi di colpa. Ecco dunque che giunse una grande ispirazione: "Brivido caldo". La natura ossimorica del titolo italiano è soltanto apparente: tutti sanno che uno dei sintomi più comuni della febbre, oltre al calore, consiste proprio nei brividi. Questo dimostra quanto sia difficile trovare un modo convincente per rendere in una lingua diversa da quella originale anche titoli molto semplici. 
 
Etimologia del cognome Lowenstein

Il cognome Lowenstein è chiaramente yiddish e alla lettera significa "Pietra del Leone". La grafia corretta è Löwenstein. Tempo fa ne avevo già parlato in un'altra occasione, commentando la pronuncia che gli attribuiscono gli anglosassoni. Barbra Streisand aveva infatti interpretato la dottoressa Susan Lowenstein nel suo film Il pricipe delle maree (The Prince of Tides, 1991).       

 
Brivido caldo - Ieri e oggi 
 
Sappiamo tutti bene che questo cruciale film ha lanciato la carriera della Turner: nel 1995 è stata citata da Empire magazine come "una delle 100 Star più sexy della storia del Cinema". Il New York Times nel 2005 ha scritto che la sensualissima attrice, spinta dal suo "esordio cinematografico sbalorditivo in Body Heat ... ha costruito una carriera sull'avventurosità e sulla franca sessualità nata da una robusta fisicità". Eppure anche per lei tutto è finito in merda, purtroppo. Devastata dall'artrite reumatoide, è stata in cura anche per i danni provocati dall'abuso alcolico a cui si era abbandonata, credo per l'impossibilità di trovare l'affetto di cui aveva disperato bisogno. A causa dei seri problemi fisici, l'attuale aspetto dell'attrice è molto diverso da quello dei tempi di Brivido caldo. Sono rimasto colpito da un dettaglio importante della sua biografia. Ha scelto di venire a vivere in Italia, affermando che qui si dà meno importanza alle apparenze: evidentemente in America la bullizzavano senza sosta, non serbandole neppure un minimo di gratitudine per i suoi grandi meriti. Queste sono le sue parole: "In Europa prendono in maggiore considerazione tutta la carriera, tutto il tuo lavoro, e non solo il tuo aspetto attuale. In Italia credo che le donne della mia età siano più rispettate."    
 
Curiosità varie 
 
A quanto è riportato, quando il film è stato girato faceva freddo. La produzione ha dovuto simulare l'ondata di caldo della storia e gli attori hanno dovuto comportarso come se facesse caldo anche se le temperature erano rigide. Ad esempio hanno dovuto succhiare cubetti di ghiaccio prima di parlare per eliminare l'alito nebbioso. Si sono fatti spruzzare dell'acqua sulla pelle e sulle magliette per simulare il sudore corporeo. Il libro di memorie di Kim Zimmer contesta queste informazioni: l'attrice ricorda di aver recitato mentre imperversava un caldo torrido. Eppure, quando Ned e Matty sono sulla passerella, il loro respiro è visibile. 

William Hurt e Kathleen Turner volevano che la troupe si sentisse a proprio agio nel filmare le loro scene di sesso incandescente. Hanno quindi messo in fila la troupe e si sono presentati a ciascun suo membro. Quando lo hanno fatto, erano entrambi nudi.
 
La madre di Ted Danson andò a vedere il film, ma rimase disgustata dalle scene di sessualità e abbandonò la sala. Vergognandosi della cosa, in seguito fece credere al figlio di aver assistito fino in fondo alla proiezione; gli avrebbe rivelato la verità soltanto molti anni dopo. Sembra che l'attore fosse un "bamboccione", morbosamente legato alla figura materna.
 
La parte di Ned Racine fu offerta a Christofer Reeve, che la rifiutò. Così ha commentato la sua scelta: "Non pensavo che sarei stato convincente come avvocato pieno di sperma!" (testuali parole: "I didn't think I would be convincing as a seedy lawyer.")  
 
Quando Kathleen Turner fece la sua seconda lettura per lo sceneggiatore e regista Lawrence Kasdan, questi disse che era la prima volta che qualcuno leggeva la parte di Matty Walker esattamente nel modo in cui l'aveva sentita nella sua testa mentre scriveva la sceneggiatura. In un articolo sulla rivista Photoplay (Regno Unito) pubblicato nell'aprile 1982, affermava che il test sullo schermo "era troppo bello per essere ignorato e Kathleen coincideva esattamente con l'idea di Matty del regista Lawrence Kasdan"
 
Il capo della Ladd Company, Alan Ladd Jr., non amava i baffi di William Hurt, li considerava squallidi e voleva che fossero rimossi. Kasdan si è rifiutato di farlo. Ha impedito un orrido scempio!  

Nel successivo film diretto da Lawrence Kasdan in cui compare William Hurt, Il grande freddo (The Big Chill, 1983), questi interpreta un personaggio impotente, in netto contrasto con la figura dell'esuberante avvocato promiscuo e spermatoso. 
 
Errori 
 
Peter Lowenstein afferma che non vuole essere un assistente procuratore di Contea (County Prosecutor) per sempre. La Florida non ha procuratori di contea. Il suo titolo sarebbe stato vice procuratore di Stato (Assistant State's Attorney). 

Secondo le leggi in vigore in Florida all'epoca in cui si svolgono i fatti narrati nel film, il testamento di Edmund Walker sarebbe stato perfettamente valido: il "vizio di forma" contestato non avrebbe avuto alcuna rilevanza.
 
Quando Ned riceve l'annuario da Wheaton, Illinois, il timbro postale è di Marina del Rey, California. Anche il modo in cui sfoglia le pagine dell'annuario è sbagliato. Prima guarda "Tyler", poi gira la pagina in avanti per "Simpson". Poiché la "S" viene prima della "T", avrebbe dovuto girare le pagine all'indietro per vedere la foto di "Simpson".  
 
La nebbia è presente in alcune scene, come da tradizione dei film noir, ma non si è mai vista sulle coste della Florida meridionale. 
 
Per quanto possa sembrare assurdo, nessuno a Miranda Beach ha l'aria condizionata. Il caldo è un filo conduttore della narrazione, come la passione sessuale dilagante. Eppure il sudore intride ogni cosa, anche in ambienti chiusi, in quella che dovrebbe essere una comunità abbastanza benestante. Si fa presente che il film non si svolge affatto negli anni '20: in una sequenza vediamo che ci sono addirittura primitivi computer con schermo a diodi luminosi.  

domenica 28 febbraio 2021

 
EXTENSION DU DOMAINE DE LA LUTTE 
(film) 
 
Titolo originale: Extension du domaine de la lutte 
Titolo internazionale: Whatever
Anno: 1999 
Paese: Francia 
Lingua: Francese 
Durata: 120 min circa  
Rapporto: 1,85:1 
Genere: Drammatico  
Regia: Philippe Harel  
Soggetto: Dall'omonimo romanzo di Michel Houellebecq
Sceneggiatura: Philippe Harel, Michel Houellebecq 
Produttore: Adeline Lécallier 
Casa di produzione: Lazennec, Le Studio Canal+, Canal+
Fotografia
: Gilles Henry
Montaggio
: Bénédicte Teiger
Scenografia
: Louise Marzaroli
Costumi
: Anne Schotte
Interpreti e personaggi:
    Philippe Bianco: Voce narrante
    Philippe Harel: Protagonista
    José Garcia: Raphaël Tisserand
    Catherine Mouchet: La psicologa
    Cécile Reiger: Catherine Lechardoy
    Marie Charlotte Leclaire: Segretaria di Henri La Brette
    Philippe Agael: Henri La Brette
    Alain Guillo: Buvet
    Yvan Garouel: Un rappresentante del Ministero
    Christophe Rossignon: Bernard
    Nicolas Simon: Schnabele
    Philippe Staw: Lo psichiatra 
    Julie Delafosse: La pseudo-Véronique 
    Roger Dolléans: L'insegnante di ballo  
    Jean-Luc Abel: Il mendicante sulla metropolitana 
    Emilie Benoît: La predicatrice sulla metropolitana
    Michka Assayas: Il capo del servizio informatico 
    Marc Bonnel: Norbert Lejailly 
Budget: 2,8 milioni di dollari US 
Box office: 420.000 dollari US
 
Trama: 
Il film parte con una musichetta irritante e la visione notturna, dantesca, della città che sembra un immenso ospedale. I palazzi spettrali sono come urne dalle mille finestre illuminate da carboni ardenti. Il faccione del protagonista, il Nostro Eroe, si staglia nell'oscurità. È in corso una festa domestica. Una milf dai capelli corvini e corti si esibisce in uno spogliarello. Quando però si tratta di togliersi le mutandine, lo spettacolo finisce. Il Nostro Eroe è sfinito dai bagordi. Fuma come un comignolo e ingurgita un distillato. Riflette sulle particelle elementari e sul Nulla della vita. Si stende sul pavimento, tra i cuscini e discorre tra sé e sé delle aberrazioni del femminismo, mentre alcune milf sul vicino divano chiacchierano di cose idiote. Si è fatto giorno, il Nostro Eroe è nel suo appartamento con vista carceraria sugli edifici ospedalieri. Reduce da una depressione a causa della fine della relazione con Véronique, continua il suo monologo senza sosta. Annusa i lezzi di decomposizione che provengono dal lavandino, in cui giacciono piatti con avanzi a cui mancano solo i cagnotti. Un annusare incalzante, fastidioso. Poi si mette sul divano e fa colazione con peperonata accompagnata da rum bianco, bevuto da una grossa tazza. I mozziconi si accumulano nel posacenere. Visioni spettrali della periferia. Le gru di un cantiere deserto, un uomo calvo coi capelli untuosi riportati, che porta a spasso un grosso cane nero. Ritorna la notte. Insonnia. Il mattino dopo, il Nostro Eroe è sulla metropolitana, diretto al lavoro. Viene infastidito da mendicanti aggressivi e da una predicatrice pazza. Entra nella sua prigione lavorativa e rimane schifato dai cinguettii delle colleghe. Nelle sue ruminazioni permanente, ci spiega che dalla separazione da Véronique, due anni prima, non ha più fatto sesso. Medita sull'elettronica e sull'automatismo. Un collega molesto, seduto nello stesso ufficio, indossa una camicia di un color blu carico e un'inguardabile cravatta gialla come un tuorlo con sopra un quadrato rossa. Il Nostro Eroe deve tenere un corso su un prodotto informatico. Ha un appuntamento con Catherine Lechardoy al Ministero dell'Agricoltura, ma una segretaria gli dice che non c'è. Si ritrova ad aspettare invano in un ufficio cadente. Rientra in sede e si becca un cazziatone dal capo. Al supermercato riflette sulla mercificazione. Compra pane di miglio e rum bianco. Rincasato, si scola la bottiglia di rum e prende alcune compresse di antidepressivi. Insonnia. L'indomani viene ricevuto dalla Lechardoy, una donna dal modo di parlare estremamente fastidioso, che esprime scetticismo sull'utilità del corso. La sera, il Nostro Eroe si ritrova a cena in un ristorante, con un amico prete, riconoscibile dal vestito nero con una piccola croce metallica appuntata sul petto. Parlano di stronzate sociali. Il giorno dopo visita un grande magazzino, dove prova un materasso e finisce con l'addormentarsi. Viene svegliato a fatica da un dipendente, che a un certo punto lo crede morto. È già sera. Altra notte insonne. Antidepressivi à gogo. Ancora una giornata di Nulla. Riunione con i funzionari del Ministero dell'Agricoltura. Durante una pausa caffé, si ritrova a fantasticare sulla Lechardoy, che immagina mezza nuda e in pose sexy, ma non raccoglie le sue avances quando lei si mostra disponibile. Anzi, va subito al cesso e vomita una massa di succhi gastrici. Nella tazza si vedono quelli che sembrano frammenti di merda. Forse aveva compiuto un atto di coprofagia e si è liberato lo stomaco! Il giorno dopo è in partenza per Rouen col collega Raphaël Tisserand, un bipolare esuberante che veste con abiti appariscenti. I due prendono il treno, il difficile viaggio ha inizio. Tutte le volte che vede una ragazza, Tisserand si lancia all'assalto e la approccia, senza rendersi conto di ruscirle irritante. Le sue avances falliscono in modo sistematico. Il Nostro Eroe attribuisce questi insuccessi del collega all'aspetto fisico, che non sembra però così mostruoso. Ha inizio l'estenuante corso di formazione, tenuto da Tisserand. Pausa pranzo, con irritanti domande di un funzionario. Esercitazione ai computer. Serata in discoteca con Tisserand, il cui umore si altera all'improvviso, quando si rende conto che ogni suo tentativo di ottenere sesso è vano e destinato a restare irrealizzabile, forse per anni, forse per sempre. Al supermercato il Nostro Eroe assiste al collasso di un vecio, che viene portato via in ambulanza nella generale indifferenza. Poi va in un cinema porno e osserva i relitti umani che lo popolano (si nota un rozzo pappone che conduce una donna nella sala per poi assaltarla sessualmente). Uscito nella notte, si reca alla stazione ferroviaria, che a quell'ora è un deserto surreale, e riflette una volta di più sull'introvabile senso dell'esistenza. Quando ormai è a letto nella sua camera, la luce spenta, corre in bagno a causa di un improvviso dolore lancinante al torace. Esce nella notte, cercando l'ospedale. Si dispera perché non riesce ad avere informazioni dagli automobilisti. Viene ricoverato d'urgenza. Si ritrova in camera con un bonaccione, un ingenuo operaio grassoccio assistito dalla moglie biondiccia. Riceve una visita di Tisserand. Quando l'incertezza raggiunge il culmine, fa irruzione nella stanza il primario dell'ospedale con una torma di medici. Il Nostro Eroe apprende così che la diagnosi è meno grave del previsto: è una pericardite, non un infarto. Quando si è un po' ripreso, telefonata in ufficio per dare notizie di sé, e alla chiamata risponde una collega, una milf fulva che fa "gnì gnì gnì". Non passa molto e viene dimesso. Ritorna nello squallore urbano, percorrendo scale mobili e tratti di strada col suo trolley bluastro. Prende un altro cazzo di treno e giunge a Parigi, in ufficio. Eccolo in riunione con Tisserand, mentre il capo blatera esponendo i propri desiderata stronzeschi. Presto i due sono di nuovo in viaggio, questa volta in macchina. Tisserand è alla guida e sembra euforico. Il Nostro Eroe fuma come al solito una sigaretta; guardando bene si nota che ha un dito sporco di materia fecale. La nuova missione, questa volta in Vandea, procede con la registrazione in albergo. A cena Tisserand rivela al collega di essere ancora vergine a 28 anni, rifiutando però di porre fine alla propria maledizione tramite i servigi di una prostituta, dal momento che vuole aspettare l'amore. In camera il Nostro Eroe inizia ad esprimere i suoi famosi pensieri sul liberalismo sessuale mentre fruga nel frigo bar e ne estrae microscopiche bottigliette di liquore. Passeggiata mattutina. Una spiaggia sotto il sole pallido. Candide strutture abitative dall'aspetto cimiteriale si estendono a perdita d'occhio. Un pescatore fruga nella sabbia cercando i cannolicchi. Il Nostro Eroe giunge a un residence deserto, pranza in un ristorante che sembra una casa degli Hobbit e poi va al supermercato, dove compra un coltellaccio. A cena con Tisserand, gli chiede cosa ha in mente di fare per Natale. Lui gli risponde di essere ebreo, anzi, che i suoi genitori sono ebrei. A notte fonda i due arrivano alla discoteca Le Malibu. Ennesimo fallimento di Tisserand, respinto da una danzatrice sculettante. Il Nostro Eroe va al cesso a vomitare, poi si masturba pensando a una fica infiammata. Tisserand si riprende e riesce a ballare con una ragazza bruna. Per un po' sembra avere successo, ma lei approfitta di un'interruzione della musica per raggiungere alcune amiche, deridendo il suo goffo corteggiatore. Tisserand, annientato dall'umiliazione, torna al tavolo dal Nostro Eroe, che nel frattempo è riuscito a procurarsi una bottiglia di Jack Daniel's e focalizza la sua attenzione su una coppia: una ragazza bionda somigliante a Véronique e un mandingo. Qualcosa scatta nella mente del Nostro Eroe, che istiga Tisserand: i due in macchina inseguono la coppia fino a giungere alla spiaggia. A questo punto il Nostro Eroe consegna al collega il coltellaccio che aveva comprato. Gli dice di vendicarsi uccidendo la ragazza bionda e il mandingo. Il bipolare afferra l'arma e si allontana nelle tenebre. Poi però ritorna e dice che non ce l'ha fatta a uccidere. Getta il coltello ancora pulito, sale in macchina e parte, lasciando il Nostro Eroe sulla spiaggia, in condizioni di abbrutimento. I due non si sentiranno mai più. Il Nostro Eroe tenta invano di contattare Tisserand per telefono, che nel frattempo è morto in un incidente d'auto. In ufficio, giunge la ferale notizia, che lascia attonito l'intero personale. Il Nostro Eroe è distrutto, la depressione ritorna. Tenta di gassare uno scarafaggio usando il fumo di tabacco. Brucia una foto di Véronique. Non è più in grado di lavorare. Piange in ufficio. Una collega magrolina e rossiccia gli chiede di spegnere la sigaretta, al che lui le tira una sonora sberla. Subito dopo si congeda dicendo che deve andare dallo psichiatra. Lo psichiatra, che ha una tipica fisionomia sefardita, gli diagnostica la depressione. Il Nostro Eroe passa il suo tempo a fare bizzarri collage coi giornali. Una notte si sveglia in preda al terrore, dopo aver avuto un incubo agghiacciante in cui si vedono molti cadaveri di donne squartate, pieni di sangue rappreso, su cui torreggia un gigantesco fallo eretto. L'indomani decide di farsi ricoverare in una clinica psichiatrica, in cui passa molto tempo. Viene infine dimesso quando la psicologa si rende conto delle sue prodigiose capacità logiche. Ripresa la sua libertà, il Nostro Eroe visita la tomba di Tisserand, una sepoltura ebraica in marmo nero, con la Stella di David sulla lapide, in alto a sinistra. Sulla tomba si trovano alcuni sassolini. Sono le pietre del lutto. Ignaro, il Nostro Eroe le spazza via, credendole sporcizia. Poi esalta il collega defunto, considerandolo un eroe, un martire morto per la coraggiosa ricerca dell'amore. Fatto questo, si iscrive a un corso di ballo. L'insegnante invita a formare le coppie, e il Nostro Eroe si ritrova con una bella brunetta, più alta di lui, che gli sorride: è l'inizio di una relazione. 
 
 
Recensione: 
Adattamento del romanzo Estensione del dominio della lotta (1994) di Michel Houellebecq, la pellicola di Philippe Harel non ha avuto alcun successo già in Francia. Al di fuori della Francia, si può dire che sia praticamente invisibile o addirittura quasi inesistente. Ha recuperato con gli incassi al botteghino soltanto il 15% delle spese. Un fallimento epocale. Anche se il titolo internazionale del film è Whatever, l'unica versione è al momento quella in francese. A quanto mi risulta dalle ricerche nel Web, esistono soltanto due versioni sottotitolate: una con sottotitoli in inglese e una con sottotitoli in olandese.
 
Lo dico usando un francesismo. Dal punto di vista tecnico il film fa cagare. Non funziona. Non può funzionare. È un mattone inguardabile di quasi due ore! La trama da me riportata è volutamente lunghissima, estenuante e iper-dettagliata, perché deve dare un'idea seppur vaga della natura di questo film di Harel. Le pause tra una rimuginazione del Nostro Eroe e la successiva sono davvero piccolissime. Lo spettatore non fa in tempo ad apprezzare il dono del silenzio e subito viene aggredito da una nuova massa di fricative uvulari e di vocali nasalizzate. Vale la pena far notare che non tutti i romanzi sono automaticamente traducibili in una pellicola. Può anche uscirne qualcosa che non è affatto godibile.  
 
Per quanto riguarda i contenuti, la trasposizione dell'opera di Houellebecq sembra abbastanza fedele, curata fin nei minimi dettagli. Eppure, analizzandola con attenzione, si notano alcune importanti differenze, non soltanto formali. Il finale del film diverge in modo drastico da quello del romanzo. Non so se questo si debba alla fantasia del regista o a una bizzarria di Houellebecq. 
Nel film il Nostro Eroe, appena dimesso dalla clinica psichiatrica, si reca al cimitero a visitare la tomba di Tisserand, descrivendo la sua infelice esistenza come una lotta eroica. Non si trova traccia di questa visita nel romanzo. Alcune parole simili al panegirico funebre del film, ma più stringate, sono tuttavia state pensate dal protagonista dell'opera cartacea quando ha ricevuto la notizia della tragica morte del collega: 
 
"Almeno, mi dissi quando seppi della sua morte, si è battuto sino in fondo. Il villaggio-vacanze, le settimane bianche... Almeno non ha abdicato, non ha abbassato la guardia. Fino in fondo e malgrado i ripetuti insuccessi, ha cercato l'amore."
 
Nel film il Nostro Eroe riesce a trovare una compagna, durante un corso di ballo. Manca qualsiasi somiglianza col finale del romanzo. Se mi è permesso, in questo caso la distanza ontologica tra le due opere è fortissima. Nel film, il protagonista crede di ritrovare un senso della propria esistenza: una donna che gli sorride è la premessa di un periodo nuovo della vita, che gli porterà gioie e dolori. Nell'opera cartacea, il protagonista perde invece completamente la possibilità di ritrovare un senso della propria esistenza: giunto tra le montagne dell'Ardèche, piange durante i pasti, va in bicicletta tra i boschi e fallisce nel tentativo di cogliere un istante di lucidità. I Wikipediani affermano che questo viaggio in Ardèche "si rivelerà solo un'altra occasione persa"
Mancano le lunghe storie morali con animali come protagonisti: sono state omesse perché avrebbero introdotto eccessive discontinuità nella narrazione, già di per sé difficile e tormentata. 
 
L'apparizione del fallo 
 
In tre occasioni si vede qualcosa di completamente inatteso: un membro virile eretto. Quando il Nostro Eroe si trova in un cinema, sullo schermo scorrono le immagini di una copula. Un grosso cazzone durissimo scivola in una vagina e stantuffa, anche se questa tensione non sfocia in un culmine e non si vede il torrente spermatico. Poi, nella squalida discoteca Le Malibu, si vede chiaramente il Nostro Eroe nell'atto di masturbarsi. Il pene è eretto ma non turgidissimo, tanto che l'esercizio manuale si fa furioso, ossessivo. Nemmeno in questo caso è mostrato il liquido seminale. Infine vediamo un fallo torreggiante nell'incubo grandguignolesco che spinge il Nostro Eroe a farsi ricoverare. Queste scene priapiche sono abbastanza inconsuete in un film non pornografico. 

Il Nostro Eroe e la coprofagia 
 
In alcune sequenze viene fatta una rivelazione importante, tale da lasciare di sasso lo spettatore. Il Nostro Eroe mangia abitualmente escrementi umani! Ha contatto con gli stronzi! Dal momento che si lamenta della propria solitudine, possiamo dedurre che lo sterco sia il suo. Avrebbe potuto usufruire di una escort per toccare e ingerire i prodotti di un intestino tanto venusto! Però in questo caso non sarebbe stato così lancinante il problema dell'assenza di contatto col corpo femminile. Quindi resta il sospetto che il Nostro Eroe raccogliesse la merda dal proprio retto e la masticasse, salvo poi vomitarla nelle latrine! A quanto pare, nessun recensore o commentatore si è mai accorto finora di questi scabrosi fatti. Nel testo scritto non ho trovato menzioni della coprofagia del protagonista: si deve trattare quindi di un'innovazione pensata appositamente per la pellicola. Dubito molto che l'idea possa essere di Philippe Harel, sarà piuttosto un frutto della mente frenetica di Houellebecq.  
 
 
Alcune riflessioni sul caso Tisserand  
 
Questo è quanto ci dice il protagonista del romanzo sulla morte del povero Tisserand: 
 
"Non avrei mai più rivisto Tisserand; si uccise con la macchina quella notte stessa, durante il viaggio di ritorno a Parigi. Dalle parti di Angers c'era molta nebbia; lui correva a tutta birra, come al solito. La sua 205 GTI si schiantò contro un camion ribaltatosi in mezzo alla carreggiata. Morì sul colpo, poco prima dell’alba. L'indomani era giorno di ferie, per festeggiare la nascita di Cristo; i suoi famigliari lasciarono passare tre giorni prima di comunicare in ufficio la notizia dell'incidente. Le esequie avevano già avuto luogo, cosa che annientò qualsiasi ipotesi di corona di fiori o di condoglianze formali. Vennero pronunciate brevi frasi sul pericolo della guida nella nebbia, si riprese a lavorare, fine." 
 
Quell'uso del verbo "si uccise" (nell'originale francese "il se tua") non sembra lasciare adito a dubbi, anche se potrebbe essere interpretato come "rimase ucciso". Nel film si vede la macchina di Tisserand frenare fino a fermarsi, senza alcuno schianto. Una rappresentazione grottesca, come se un guidatore esperto potesse rimanere ucciso da una semplice frenata. Si capisce che il suicidio del collega è una certezza, sia nel film che nel romanzo. Il protagonista è infatti straziato da questa consapevolezza, si porta un immenso peso sulla coscienza, perché sa bene di essere la causa di quella morte. Eppure, suicidarsi a 28 anni per mancanza di sesso o di amore è una cosa poco conveniente, già soltanto per il fatto che - come ci ricorda Cioran - un morto si pone in una condizione in cui ogni azione è impossibile, ogni cambiamento è precluso, per l'eternità. Anche solo respirare o muoversi nel giaciglio, per un cadavere appartiene al reame dell'impossibilità. A parte il fatto che è meglio andare con una puttana e finire devastati dalla gonorrea, piuttosto che essere umiliati in inutili corteggiamenti fallimentari, non potremmo dire di aver vissuto una vita davvero inutile neanche a 56 anni o a 112 anni, quando siamo guidati dalla Conoscenza. 
 
Il Dialogo della Disperazione

Riporto le parole, tratte dal film e tradotte, che hanno causato il suicidio di Tisserand.
 
Tisserand: "Così è senza speranza?"
Nostro Eroe: "Certamente. Lo è sempre stato. Fin dall'inizio. Tu non sarai mai il sogno erotico di una ragazza. Fattene una ragione. Non fa per te. In ogni caso, è troppo tardi. Tutti i tuoi fallimenti sessuali fin dall'adolescenza, la frustrazione che ti ha perseguitato fin dalla pubertà, ti hanno segnato per sempre. Anche se tu potessi trovare una donna, cosa che francamente dubito, non funzionerebbe. Non funzionerà mai. Sei orfano degli amori giovanili che non hai mai avuto. Il danno è già stato fatto. Diventerà peggio. Un'amarezza agonizzante ti riempirà il cuore. Non c'è redenzione. Nessuna liberazione. Questo è quanto." 

Giudizi impietosi, disumani 
 
Questo sentenzia l'autore di un articolo apparso su Wired, parlando di Tisserand:  
 
""uomo bruttissimo" ed estremamente perverso, che tratta le donne in modo bestiale".

 
Questo sentenzia l'autore di un articolo apparso su Lidenbrock.org, sempre sullo stesso argomento:  
 
"Il protagonista viaggia per lavoro con il ripugnante Tisserand, impiegato che cerca a tutti i costi la compagnia di una donna senza ottenerla: ha rinunciato all’amore, cerca soltanto l’avventura ma nemmeno questo gli riesce. Tisserand è un uomo ridicolo, grottesco, e così Houellebecq ci ricorda come l’uomo privato delle sue fedi o delle sue illusioni si abbassa al rango di un animale ma con la coscienza di essere qualcosa di più."  
 
 
Se c'è qualcosa che trovo ripugnante, sono proprio le parole di questi articolisti, che non mostrano nessun rispetto verso la sofferenza umana - anche se in ultima analisi si parla di un personaggio letterario/cinematografico, non di una persona reale. Eppure ogni personaggio di un romanzo o di un film ha il suo fondamento in un individuo in carne ed ossa. Detesto simili giudici seduti sui loro iniqui troni moralistici! Loro pensano di aver capito tutto della vita. Chi non rientra nei loro schemi è soltanto una nullità da stritolare. Forse non dovremmo stupirci più di tanto. Nella specie Homo sapiens si è sviluppata nei millenni un'inclinazione deleteria, quella di infierire sui più deboli, su chi nell'esistenza non si trova a proprio agio. 
 

Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Con mia grande sorpresa, ho scoperto che esiste una vera e propria Wikipedia degli Incel, che dedica una pagina al film di Harel. Questo è l'interessante commento che vi è riportato: "It is considered the most brutal film about inceldom ever made". Quindi la pellicola non è completamente fallimentare, perché vive di una sua inattesa vita underground. Ecco il link:
 

Che altro dire? Possano questi semi crescere, diventare alberi rigogliosi e dare frutto! 

giovedì 12 novembre 2020

 
ASSASSINIO AL CIMITERO ETRUSCO 
 
Titolo originale: Assassinio al cimitero etrusco
Titolo in francese: Crime au cimetière étrusque
Titolo in inglese: The Scorpion with Two Tails
Paese di produzione: Italia, Francia
Lingua: Italiano, etrusco
Anno: 1982
Durata: 98 min
Genere: Orrore, thriller
Regia: Christian Plummer (Sergio Martino)
Soggetto: Ernesto Gastaldi, Dardano Sacchetti
Sceneggiatura: Ernesto Gastaldi, Maria Chianetta, Jacques
     Leitienne
Produttore: Luciano Martino
Casa di produzione: Dania Film S.r.l. (Roma), Medusa Film 
    (Roma), Imp.Ex.Ci.Sa (Nizza), Les Filmes Jacques
    Leitienne (Parigi)
Distribuzione in italiano: Medusa Film
Fotografia: Giancarlo Ferrando
Montaggio: Eugenio Alabiso, Daniele Alabiso
Effetti speciali: Paolo Ricci
Musiche: Fabio Frizzi
Scenografia: Antonello Geleng
Costumi: Antonello Geleng
Trucco: Franco Rufini, Giovanni Rufini
Interpreti e personaggi:
    Elvire Audray: Joan Mulligan Barnard
    Paolo Malco: Mike Grant
    Claudio Cassinelli: Archeologo Paolo Dameli
    Marilù Tolo: Contessa Maria Volumna
    Wandisa Guida: Heather Hull
    Gianfranco Barra: Commissario
    Franco Garofalo: Fotografo Gianni Andrucci
    Maurizio Mattioli: Masaccio
    Carlo Monni: Senaldi
    Anita Sagnotti Laurenzi: Prof.ssa Sorensen
    Jacques Stany: Nick Forte
    Luigi Rossi: Vecchio suonatore di aulos
    John Saxon: Arthur Barnard
    Van Johnson: Mulligan, padre di Joan
    Nazzareno Cardinali: Guardia del corpo della Contessa
    Angela Doria: Hilda
    Antonino Maimone: Boss a New York
    Fulvio Mingozzi: Ufficiale doganale
    Lucia Monaco: Julie
    Mario Rovelli (Novelli): Guadia del corpo della Contessa
    Gennarino Pappagalli: Archeologo
    Bruno Alias 
    Giuseppe Marrocco
    Mario Cecchi
    Bruno Rosa
    Ettore Martini
    Anna Maria Perego
Doppiatori originali:
    Paila Pavese: Joan Barnard
    Pino Colizzi: Paolo Dameli
    Sandro Iovino: Arthur Barnard
    Luciano De Ambrosis: padre di Joan, Mulligan
    Vittorio Stagni: Gianni Andrucci
Location: Volterra, Cerveteri, Formello, New York, R.P.A.
     Elios Studios di Roma

Trama: 
Joan, la bionda moglie dell'archeologo americano Arthur Barnard, ha le notti sconvolte da incubi atroci in cui assiste a sacrifici umani officiati dagli Etruschi in un'orrida grotta. Le modalità dell'offerta agli Dei Inferi sono terribili: il sacrificatore afferra il cranio della vittima e lo gira a 180 gradi, facendo sì che la faccia venga trovarsi proprio sopra alla parte posteriore della spina dorsale. Joan è scossa da premonizioni e teme per la vita del flaccido marito, impegnato in importanti scavi. A un certo punto l'uomo le telefona, cercando di dirle qualcosa, ma nel corso della chiamata viene ucciso. L'assassino parla in etrusco nella cornetta: "Ecn turce Šarún". Joan, sconvolta, decide di mettersi in viaggio per l'Italia, determinata a far luce sul mistero. Giunge in una Toscana molto diversa da quella che conosciamo, caratterizzata da fenomeni di vulcanismo, abitata da un'accozzaglia di truci banditi intabarrati e tombaroli. Ne sono certo, non è un frutto di qualche distorsione percettiva: questi manigoldi hanno un aspetto rignanesco! L'aristocrazia ha cognomi di origine etrusca: una tipica nobildonna è la contessa Maria Volumna. Alcuni cognomi dei violenti popolani sono invece di origine longobarda, come ad esempio Senaldi. La statuaria Joan nel corso delle sue indagini si imbatte in diversi personaggi. Incontra l'affascinante contessa Volumna, ma non riesce a ottenere dalla sua conoscenza alcun risultato utile. In bosco trova un vecchio suonatore di flauto doppio, che sa molte cose sugli antichi abitanti di quelle terre, da lui chiamati Raséni. Pian piano emerge la verità, che ha un sapore spiritico. Joan conosce la lingua etrusca senza mai aver compiuto alcuno studio, proprio perché è la reincarnazione di una sacerdotessa. Colpo di scena, non è una vera bionda, in realtà ha i capelli castani! Grazie al potere della reminiscenza l'ardimentosa eroina riesce a ritrovare la grotta che ha visto nei suoi sogni. L'anziano auleta si rivela essere proprio il sacrificatore che all'epoca le ha girato la testa fino a spezzarle il collo. A queste arcane rivelazioni si intrecciano vicende più prosaiche: si scopre che l'ingenuo Arthur nel corso dei sui scavi archeologici è rimasto coinvolto in un brutto affare coi gangster rignaneschi, che depredavano le tombe per poi nascondervi colossali quantità di letale polvere bianca (non certo borotalco o zucchero a velo, è ovvio). Il culmine si ha quando la protagonista raggiunge un luogo occulto, il Sancta Sanctorum degli Etruschi, in cui le stesse leggi della fisica sono violate! 
 
 
 
Recensione: 
Mi si perdonino i francesismi, ma ogni volta che guardo film come questo mi sento immerso in pieno nella stagione degli escrementi di celluloide, veri e propri ammassi di scorie espulsi dall'ano della senescente Settima Arte. Un ano che non è certo sensuale e desiderabile come quello di Rita Hayworth! Credo che non sia poi un caso se lo stesso regista abbia in seguito rinnegato la sua opera, motivando la sua ardua scelta con le seguenti parole: "<Il film> non ha aggiunto nulla alla mia carriera, nemmeno dal punto di vista economico". Detto questo, la pellicola di Martino è uscita dieci anni dopo il capostipite del giallo italiano archeologico, L'etrusco uccide ancora (Armando Crispino, 1972). Sembra quasi che le due opere in questione segnino l'inizio e la fine di un'epoca. In origine Martino intendeva dirigere una serie televisiva in ben otto parti, il cui titolo doveva essere Il mistero degli Etruschi, o in alternativa Lo scorpione a due code. Negli archivi SIAE si trovano due diverse sceneggiature, una di Ernesto Gastaldi e l'altra di Dardano Sacchetti, entrambe risalenti al 1982. Il nome del produttore cinematografico francese, Jacques Leitienne, compare per ragioni legate a un'asfissiante burocrazia. Un dettaglio tecnico: nonostante l'opera martiniana sia stata concepita per essere trasmessa in televisione, è stata girata in 16mm e montata come se dovesse essere proiettata nei cinematografi. La fonte di queste informazioni è Roberto Curti, Italian Gothic Horror Films, 1980-1989, McFarland, 2019. Gli sviluppi successivi sono stati prettamente berlusconiani: il film, acquistato da Reteitalia, è stato trasformato in una miniserie TV per essere trasmesso in due puntate su Canale 5. Questo riarrangiamento, firmato da Claudio Lattanzi, non è tuttavia mai stato trasmesso, né sulle reti di Berlusconi né altrove. In buona sostanza, Assassinio al cimitero etrusco è un pastone acido che mescola elementi polizieschi e horror come se fosse stato vomitato da un gigante ingozzatosi di trash. Non ha affatto goduto dello stato di cult raggiunto dal film di Crispino, pur dando un contributo all'immagine degli Etruschi sepolcrali, lugubri, posseduti dall'ossessione del proprio annientamento nell'Ade. In realtà non tutto è da buttare, qualche trovata buona c'è: ad esempio il senso della putrefazione immanente connessa alla reminiscenza, un orrore ontologico che prende forma tramite i cagnotti. Molto bella la musica, composta da Fabio Frizzi, storico collaboratore di Lucio Fulci: a cui si deve la colonna sonora di film horror fulciani come Zombi 2 (1979) Paura nella città dei morti viventi (1980), ... e tu vivrai nel terrore! - L'aldilà (1981).
 
 
Il fantaetrusco di Gastaldi-Chianetta  

La caratteristica precipua della lingua etrusca ricostruita dagli sceneggiatori è la trasformazione delle consonanti velari in palatali davanti alle vocali anteriori -e-, -i-. Così turce "donò", che i Rasna pronunciavano /'turke/, suona invece /'turtʃe/, con la cosiddetta "c di cena". Allo stesso modo muluvanice "donò, diede in dono" viene pronunciato /mulu'vanitʃe/. Manca la benché minima nozione di grammatica. Locuzioni corrette come tular Rasnal "i confini dell'Etruria" sono ripetute durante il rito che si vede all'inizio del film, soltanto perché sono prese di peso dalle attestazioni reali e incorporate nella trama. Quando si tratta di costruire una frasettina, tutto è sbagliato: non viene nemmeno compreso il concetto di declinazione. Il capolavoro di Gastaldi-Chianetta è la frase "Ecn turce Šarún", che dovrebbe significare "Egli è stato dato a Šarún". Qualcosa non quadra: il verbo è attivo, il pronome ecn è chiaramente all'accusativo: Šarún non è il destinatario, bensì il soggetto. La frase dovrebbe quindi tradursi con "Šarun lo ha dato", che significa poco. Se ecn "lui" (complemento oggetto) e turce "ha dato" sono ineccepibili (a parte la pronuncia della forma verbale), dovremmo domandarci cosa possa essere Šarún, con quell'accento anomalo sull'ultima sillaba. Stando all'intenzione degli sceneggiatori, Šarún sarebbe una sorta di divinità ctonia dell'Etruria, che presiede ai fenomeni vulcanici. Non stupisce che non risultino corrispondenze né attestazioni, trattandosi di un'invenzione. Se gli sceneggiatori fossero stati furbi, avrebbero usato il nome estrusco di Efesto, Šeθlans, oppure avrebbero formato un teonimo dalla ben nota parola verse "fuoco", qualcosa come Versens (non attestato). Al pubblico le parole con troppe consonanti piacciono poco. Perché una parola sconosciuta che finisce con una o più consonanti possa colpire l'immaginazione, è preferibile che l'accento cada sull'ultima sillaba. Ecco com'è nato l'improbabile Šarún. Con tutti i nomi etruschi di donna che si conoscono, bellissimi e affascinanti, la sacerdotessa ne ha ricevuto uno tutto sommato banale e inverosimile: Cere. Com'è ovvio attendersi è pronunciato come in italiano. Si tratta chiaramente del nome dell'antica città di Cere, in latino Caere, attestato in etrusco come Caisra, Cisra, Ceizr-, Χaire-. Che altro dobbiamo dire? Considerato che la lingua etrusca non ha avuto un'immensa fortuna cinematografica, dovremmo accontentarci e non pretendere troppo. Magari in qualche spettatore incuriosito si sarà acceso il nobile interesse per l'etruscologia!

 
Il mito dei Criptoetruschi  
 
Pellicole di etruscheria spicciola come quella di Martino hanno contribuito a diffondere il mito dei Criptoetruschi, ossia l'idea che da qualche parte, nei distretti più impervi e selvosi della Toscana, sopravvivano ancora oggi in un segreto catacombale persone continuatrici della lingua e della religione etrusca. Ne avevo già parlato qualche anno fa in un mio brevissimo contributo pubblicato su questo stesso portale: 
 

In un paese, credo fosse nel Casentino, si era diffusa una favola. I suoi abitanti si reputavano genuini discendenti degli Etruschi, mantenutisi nei secoli senza senza alcuna contaminazione esterna. In un articolo su una rivista c'erano anche fotografie di queste persone, di cui ricordo le sembianze oltremodo grottesche - cosa che confermerebbe la presenza di una lunga tradizione endogamica. Lovecraft avrebbe di certo preso spunto da queste cose per uno sconvolgente racconto su qualche antichissimo orrore dalla Toscana. Il problema è che la rivista in questione era ben lungi dall'essere fidedigna; con ogni probabilità si trattava di una squallida trovata per attrarre turisti in un borgo remoto e non certo prospero. In ogni caso, non c'è stata alcuna rivendicazione di una pretesa conoscenza della lingua etrusca o della pratica di sacrifici pagani. Come ho già fatto notare nel 2014, si trovano alcuni individui col cognome Rasna in un'area montuosa a nord di Firenze. 
 
Elementi  di fantafisica etrusca 
 
L'accesso dantesco al Sancta Sanctorum degli Etruschi emerge a causa dei sommovimenti di Šarún. Joan vi si inoltra, arrivando a un luogo che potrebbe essere uscito dalla fantasia di H.R. Giger o di Ridley Scott, tanto ricorda il pianeta degli Ingegneri del film Alien: Covenant (2012). Si vedono alcune teste gigantesche scolpite nella nuda roccia, massi a cui sono state date sembianze umanoidi. Le loro proporzioni ciclopiche opprimono e schiacciano chiunque si trovi in quel tempio, illuminato da un enorme diamante appeso al soffitto come un sole artificiale. Arriva anche Paolo Dameli, l'archeologo, che si rivela corrotto e pericolosissimo. Anzi, è proprio l'assassino che ha ucciso Arthur, il marito di Joan. Ecco il surreale dialogo che si svolge nell'arcana cripta:
 
Joan: "L'ultimo grande potere: la Sfera Cosmica, l'Anti-Universo. La Spirale del Tempo."
Paolo: "Joan, dov'è il tesoro? Joan, Joan, il posto è questo, tu l'hai trovato. Il sacro tesoro della Dodecapoli. Dimmi dov'è il tesoro!"
Joan: "I ciechi non sanno che la luce esiste, mostrargliela sarebbe inutile, non la vedrebbero. Paolo, il tesoro è là. Là c'è la Fine e l'Inizio del Tempo e la materia ha il segno contrario e opposto."
Paolo: "Sembra un grosso diamante. Se lo fosse varrebbe più di mille Kon-ai-Noor (sic!). Se riesco..."
Joan: "Non lo toccare, Paolo! Non lo toccare! Antimateria! Antigravità! Se lo tocchi, Paolo, se tu lo tocchi!" 
(- Paolo rimane colpito da una forte scossa, accompagnata da un rumore simile a quello di un gigantesco flipper! -)
Joan: "Il cristallo è completamente avvolto dal vuoto, è protetto da una forza che è contraria alla forza di gravità e respinge via l'aria. Altrimenti non potrebbe esistere, si sarebbe dissolto all'inizio del Tempo. La materia e l'antimateria non potrebbero coesistere se non ci fossero anche la gravità e l'antigravità. Solo così l'Universo può essere."
Paolo: "Da quanto tempo sai tutto questo?"
Joan: "È come se voci antiche mi parlassero dentro. Andiamo via da qui! Qui tutto appartiene agli Immortali!" 
Paolo: "Allora sei tu l'ultima degli Immortali. Sei tu. Adesso mi dirai dov'è il tesoro! E mi dirai la verità questa volta! Altrimenti... ho già spezzato il collo a molta gente e potrei farlo anche a te!"
Joan: "Allora sei tu che hai ucciso Arthur e tutti gli altri!" 
Paolo: "Certo. A volte con l'aiuto di quelli che volevano la droga."
Joan: "E adesso tu vuoi uccidere anche me." 
Paolo: "Se tu sei veramente immortale, non dovresti avere nessuna paura, non credi?"
Joan: "Io sono la Guardiana del Sacro Tesoro!" 
Paolo: "E se non mi dici subito dove si trova, resterai qui per il resto dell'Eternità!"
Joan (esagitata): "L'ultima conoscenza è il Tesoro degli Dei!!"   
 
A questo punto arriva il Deus ex Machina, che salva una situazione catastrofica. Collega di Joan e agente segreto in incognito, Mike Grant fa la sua irruzione, vincendo il malvagio e riportando l'ordine. Direi che la lunga digressione fantafisica della sacerdotessa etrusca reincarnata non era proprio necessaria. 

Dameli o Domelli? 

L'archeologo corrotto si presenta come Paolo Dameli, ma in diversi siti del Web il suo nominativo è scritto Paolo Domelli. Probabilmente Domelli, pronunciato Dameli nella versione in inglese, è stato mantenuto anche nella versione in italiano con la pronuncia americanizzata.
 
Scene memorabili 
 
I cagnotti che escono dagli occhi di un'antica scultura raffigurante un auleta. Pullulano, spingono, trascinano con sé anche alcune ributtanti pupe rossicce, cadono in massa e si spargono dovunque, contorcendosi.
 
Mike Grant che emerge dagli Inferi, simile a uno zombie avvolto dai gas sulfurei del vulcanismo, procedendo in modo retrogrado come un gambero, guidato dalla testa girata sulla schiena.   
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Arrivati a questo punto, non resta che riportare alcuni significativi estratti davinottiani.  
 

Cotola ha scritto: 
 
"Desolante thriller di Martino (che si firma con uno pseudonimo) che non provoca il benché minimo spavento nello spettatore e non avvince per nulla. Che dire poi della pasticciatissima sceneggiatura che serve un finale a dir poco delirante e ridicolo? Meglio stendere un velo pietoso e passare avanti" 
 
Deepred89 ha scritto:  
 
"Mediocre film di Sergio Martino che combina con scarsi risultati thriller, horror e poliziesco. La regia è insolitamente rozza e la sceneggiatura arranca stancamente senza decidere che strada prendere, fino ad un finale con uno dei colpi di scena più ridicoli di tutto l'horror made in Italy. Cast interessante sfruttato nel peggiore dei modi e penalizzato da un doppiaggio indegno. Insufficiente." 
 
Puppigallo ha scritto:
 
"Pagliacciata horror poliziesca con attori dati in pasto a un copione ridicolo, che li trasforma inevitabilmente in macchiette viventi, credibili come l'esistenza di un politico onesto. Se non altro, si sorride quando subentrano le visioni della bionda e, soprattutto quando viene recitata la "raggelante" frase, o formula antica "Echen turce sciarù!". Da non dormire la notte...E non dimentichiamo le uccisioni tramite rottura del collo "Crac!" ed è tutto finito (gli etruschi erano per la rapidità). La colonna sonora è riciclata da vari zombimovie, mentre il resto è O.T. (Original Trash)."
 
Markus ha scritto:
 
"Tra le grotte degli etruschi con qualche rancore di troppo trascinato ai nostri giorni e la modernissima New York si consuma uno pseudo-horror con venature poliziesche. Sergio Martino dirige senza nerbo un film che ha la pecca maggiore nel non suscitare la benché minima paura. Resta però un certo desiderio di vedere come andrà a finire e un secondo tempo stranamente più avvincente del primo, quasi a voler tenere le scene "migliori" per il gran finale. Si nota una certa povertà di mezzi (statue di evidente cartongesso, attori perlopiù mediocri)."