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mercoledì 3 marzo 2021

 
LA POSSIBILITÀ DI UN'ISOLA 
 
Titolo originale: La possibilité d'une île 
Autore: Michel Houellebecq 
Anno: 2005
Lingua originale: Francese  
Tipologia narrativa: Romanzo 
Genere: Fantascienza 
Sottogenere: Filosofico, transumanista, post-apocalittico,
      estinzionista, suicidario
I ed. italiana: 2005  
II ed. italiana: 2009 
Editore francese: Fayard
Editore italiano: Bompiani 
Collana: Narratori stranieri; Tascabili Best Seller (n. 1013)  
Codice ISBN-10 (I ed.): ‎ 8845234932
Codice ISBN-13 (I ed.): ‎ 978-8845234934 
Codice ISBN-13 (II ed.): 978-884-525-869-5
Pagine: 398 pagg. 
Legatura: Brossura
Traduttore: Fabrizio Ascari  
 
Personaggi: 
 
Daniel 
È il protagonista, un comico dissacrante e caustico che visse prima dell'avvento dei Neoumani, ossia nel mondo che noi conosciamo. Noto anche come Daniel1, in quanto capostipite di una serie di cloni (gli ultimi due sono i copro-tagonisti!).   
 
Daniel24
È un copro-tagonista. Il suo nome indica che è il ventiquattresimo clone del prototipo umano Daniel1 (vedi sopra). 
 
Daniel25
È un copro-tagonista, successore di Daniel24. Il suo nome indica che è il venticinquesimo clone del prototipo umano Daniel1 (vedi sopra). Muore suicida. 
 
Esther
È una ragazza spagnola bionda, bellissima e dissoluta, amata da Daniel. Nutrizionalmente fragile, ha qualche problema coi reni, ma è ancora lontana dalla dialisi. Amante passionale, organizza orge e ne approfitta per mettere al suo compagno le corna, a raffica. "¡Es un party!", gli dice quando viene rimproverata per le sue numerose infedeltà. 
 
Isabelle 
È la caporedattrice di una futile rivista per ragazze. È psicorigida. Ha una relazione con Daniel. Per il comico dissacrante rappresenta la compagna ideale, ma tutto va in merda perché a un certo punto comincia a soffrire dell'ossessione dell'invecchiamento, come accade alla maggior parte delle donne. Muore suicida.    
 
Robert Macaury 
Fondatore della religione Elohimita, ha una singolare personalità caratterizzata da una sfrenata megalomania e da ossessioni sessuali. È la trasposizione di Claude Maurice Marcel Vorilhon "Raël" (1946 - tuttora vivente), il ben noto fondatore della religione Raeliana. Muore assassinato. 
 
Vincent Greilsamer Macaury 
Figlio illegittimo di Robert Macaury, lo sostituisce prontamente e con successo non appena il Destino gliene offre l'oppurtunità.  

Slotan Miskiewicz 
È soprannominato "Scienziato". In effetto è proprio uno scienziato, per giunta pazzo, che grazie al suo ingegno e alla sua dedizione alla causa della creazione artificiale della vita rende possibile la clonazione, considerata una forma di immortalità dai settari Elohimiti. Molto alto, è calvo e di una serietà impressionante, come ci dice Daniel. 

Jérôme Prieur 
È soprannominato "Sbirro". Grazie alle sue formidabili capacità organizzative e logistiche, riesce a far sì che la religione degli Elohim si diffonda sull'intero globo terracqueo. 
 
Gérard 
È soprannomiato "Umorista". È il numero 4 dell'Organizzazione Elohimita. Ha il compito di allietare del giornate del Profeta. Ecco un esempio delle sue favolose creazioni: "Ciò non ha alcula importanza", "Ho l'abitudine di prendere dei cereali a culazione". Muore suicida.

Sinossi (Note di copertina, Amazon.it)
"In un futuro inquietante, dominato da cloni che sembrano aver pagato l'immortalità con la perdita della capacità di ridere, piangere e provare emozioni autentiche, due misteriosi personaggi, Daniel24 e Daniel25, trovano i diari del loro "originale", Daniel1, vissuto ai nostri giorni. La lettura commuoverà molto Daniel25 che conoscerà così la sofferenza, distruggendo il sogno dell'immortalità dei suoi creatori. Provocatorio, ironico, il romanzo di Michel Houellebecq è una riflessione sul senso della vita che viviamo e sulla possibilità di replicarla."

Struttura: 
Il romanzo, lungo e articolato, è costruito sulla narrazione della vita di Daniel1, inframmezzata dai commenti dei suoi cloni Daniel24 e Daniel25, vissuti due millenni dopo.
Si divide in tre parti: 
 
Parte prima: Commento di Daniel24
Parte seconda: Commento di Daniel25
Parte terza: Commento finale - Epilogo. 
 
I capitoli hanno titoli pseudo-biblici consecutivi, ad esempio Daniel 1,1, Daniel 24,5. Il primo numero è quello che caratterizza il clone, il secondo è il numero del commento.  
 
Citazioni notevoli: 
 
"Chi, fra voi, merita la vita eterna?" 
 
Le donne danno un'impressione di eternità, con la fica collegata ai misteri - come se si trattasse di un tunnel che dà sull'essenza del mondo, mentre si tratta soltanto di un buco da nani, caduto in disuso. Se esse possono dare questa impressione, tanto meglio per loro; la mia parola è compassionevole.

"Mausoleo di merda...": mi ripetei l'espressione sottovoce, sentendo
crescere in me, con il calore dell'alcool, un'esultanza malvagia.
 
Questo è il testo della poesia che Daniel1 ha composto prima di suicidarsi, dedicandola a Esther, che lo aveva oberato di corna: 

Vita mia, vita mia, mia
antichissima vita,
mio primo voto mal richiuso,
mio primo amore infirmato,
sei dovuta ritornare.
Ho dovuto conoscere
ciò che la vita ha di migliore,
quando due corpi gioiscono
della loro felicità
e si uniscono e rinascono
senza fine.
Divenuto totalmente
dipendente,
conosco il tremito dell'essere,
l'esitazione a sparire,
il sole che colpisce al limitare
e l'amore, in cui tutto è facile,
in cui tutto è dato nell'attimo;
esiste in mezzo al tempo
la possibilità di un'isola.

Come si può vedere, l'ultimo verso dà titolo al romanzo.

Trama: 
Agli inizi del XXI secolo, il comico Daniel (chiamato Daniel1 dai suoi discendenti neoumani) è riuscito a ottenere un grande successo con le sue battute al fulmicotone su argomenti estremamente scomodi e perigliosi, come il conflitto tra Israele e Palestina, l'Opus Dei, la mafia, le "lolite" e la pornografia. Cinico e lucido, è soprannominato "lo Zarathustra dei ceti medi". Il suo motto è questo: "Se attacchi il mondo con sufficiente violenza, lui finisce per sputare i suoi sporchi soldi". Le relazioni di Daniel con il gentil sesso sono infelici e destinate ad essere fallimentari. Prima va a rotoli la sua storia con Isabelle, un'editrice di un pessimo giornale per ragazze che vorrebbero rimanere bambine per sempre. La crisi della coppia avviene nonostante lei sia intelligente e cinica come lui, per motivi legati all'ineluttabilità della biologia. Non va meglio con Esther, una giovane attrice spagnola dedita ai rapporti sessuali multipli, alle doppie penetrazioni, alle orge e all'inalazione di chili di bamba. L'invecchiamento incipiente spinge Daniel a entrare nella setta degli Elohimiti, che promette l'immortalità fisica ai suoi adepti, mescolando il Culto degli Alieni a baggianate New Age. Presto diventa chiaro al comico che si tratta di una possibilità concreta, anche se futuribile: entrato nella dirigenza della setta e ammesso nella ristretta cerchia del Profeta Robert Macaury, scopre che sono in corso realmente in corso esperimenti scientifici per produrre un nuovo tipo di essere umano servendosi della clonazione e dell'ingegneria genetica. Durante un soggiorno nell'isola di Lanzarote, nelle Canarie, Daniel assiste a un evento traumatico, che si rivelerà decisivo per le sorti del genere umano. Il Profeta viene ucciso da un adepto invidioso dei suoi successi sessuali. L'assassinio del capo settario viene tenuto nascosto dalla dirigenza, che gli sostituisce il suo figlio naturale, Vincent, fino ad allora tenuto nell'ombra e privo di ruoli rilevanti nell'organizzazione. Viene così inscenata la resurrezione del Profeta, evento a cui è data la massima risonanza mediatica. Robert Macaury è presentato come un novello Cristo, come l'uomo che ha sconfitto la Morte resuscitando dall'Ade. Di fronte a questo miracolo, la diffusione della setta gli Elohimiti cresce in modo prodigioso in tutto il mondo, minando le vecchie religioni, ormai fatiscenti. Tuttavia per Daniel la prospettiva dell'immortalità, anche se in un futuro ancora lontano, non è affatto soddisfacente. In seguito alla morte della madre, persa anche l'amatissima Esther, ogni cosa nella vita gli è andata in merda, così si suicida. È consapevole che le sue facoltà mentali si stanno ottenebrando. Continuare a vivere significherebbe soltanto essere condannato ad anni orribili di solitudine, disperazione e demenza, prigioniero di un corpo decrepito. 
Il clone Daniel24 e il suo successore Daniel25 conducono le loro spettrali esistenze in un'epoca molto diversa da quella in cui si è suicidato il loro progenitore. Nel mondo sono avvenuti cambiamenti drastici e non certo positivi. Il pianeta, devastato dai mutamenti climatici, da una guerra nucleare e dall'inquinamento dell'epoca precedente, è ormai quasi inabitabile. Da una parte ci sono i Neoumani, cloni degli Eletti della setta Elohimita, dall'altra ci sono i discendenti degenerati degli umani di vecchio tipo, degradati a condizioni quasi bestiali. La scarsità di risorse alimentari non preoccupa i Neoumani, che sono autotrofi, ossia in grado di sostenersi tramite un processo fotosintetico analogo a quello tipico dei vegetali. Hanno solo questi input: acqua e luce. Pisciano ma non smerdano. Il principale problema di questa stirpe potenzialmente immortale è l'assenza di emozioni e di sentimenti. Ignorano malattie e vecchiaia: la morte sopraggiunge indolore quando il ciclo vitale si è esaurito, a meno che non scelgano di suicidarsi. I cloni vivono in totale solitudine, passando la maggior parte del loro tempo davanti a un computer a visionare e ad ascoltare le memorie dei loro predecessori umani. Comunicano tra loro di rado e soltanto tramite il monitor. Cercano di capire qualcosa delle loro inutili vite, tanto distanti dalla loro da non poter essere quasi interpretate. Attendono l'avvento dei Futuri, nuovi esseri che ricomporranno la frattura tra l'individuo e le emozioni. Dopo la fine del ciclo di Daniel24, sarà Daniel25 a scoprire, grazie all'aiuto di una discendente di Esther, il resoconto della fine del primo Daniel e la poesia che ha scritto prima di porre fine ai suoi giorni. A questo punto Daniel25 abbandona ogni sicurezza e parte alla ricerca dell'isola menzionata dalla poesia di Daniel1. Si imbatte nei resti dell'antica umanità abbrutita, poi si addentra in una regione di specchi d'acqua salmastra, residui degli antichi oceani, dove si lascia morire. Finalmente è consapevole dell'impossibilità di un'isola
 
Recensione:  
Dopo Estensione del dominio della lotta (1994), suo primo romanzo, lo scrittore francese ha pubblicato Le particelle elementari (1998), Lanzarote (romanzo breve, 2000), Piattaforma. Nel centro del mondo (2001). Tre romanzi e un romanzo breve, prima di arrivare a questo capolavoro fantascientifico. Quando l'ho letto, anni fa, l'ho ritenuto notevole ed entusiasmante. Adesso non so se avrei la stessa impressione. Del resto non ho tempo né energia per imbarcarmi in una rilettura, oltre al fatto che temo di rimanerne deluso, come già mi è accaduto con numerose altre opere di questo e di altri autori. Il mio giudizio rimane comunque positivo: di libri bizzarri come questo ce ne vorrebbero a migliaia. Non capita tutti i giorni di poterne trovare uno nuovo, ci vuole una fantasia notevole per assemblare un simile intreccio narrativo. Il nichilismo di Houellebecq giunge a tali vetti di ferocia che molti lettori non lo comprendono e non vogliono nemmeno accettarne l'esistenza. Per questo si trova sempre chi etichetta questo autore come "reazionario" e nostalgico dei cosiddetti vecchi valori dell'Occidente. Si tratta di un'interpretazione forzata che a mio avviso non ha la benché minima ragion d'essere. 
 
Questo afferma Houellebecq in un'intervista a Le Monde
 
"La clonazione ci sarà. Certe cose sono irreversibili. Tutto quello che la scienza può permettere sarà realizzato, anche se ciò modifica profondamente quello che noi consideriamo oggi come umano, o come auspicabile." 
 
Houellebecq e l'amore 
 
In questo romanzo ritornano alcuni temi cari a Houellebecq, come quello del potere mortifero della mancanza d'amore. E l'amore cos'è? Semplice. Lo scrittore, che è un maestro di vita, lo insegna con chiarezza estrema e lo ribadisce in ogni suo scritto. L'amore coincide con l'atto sessuale. Un uomo e una donna si amano quando lui estrae il cazzone duro, lei comincia a prenderlo in bocca e poi se lo infila tra le gambe, dentro nella vagina, lentamente. Quando lo sperma trabocca, senza precauzione alcuna, l'amore si è compiuto, ha raggiunto la propria piena realizzazione. Quando un uomo vive senza poter accedere a queste semplici azioni, non è realmente vivo. È uno zombie, un morto vivente. Su di lui agiscono le forze della Follia e della Morte, che lo consumano fino a renderlo Morte in Vita e Vita nella Morte. In effetti le cose stanno proprio così. Non si può dare torto allo scrittore francese. Posso dirlo perché io stesso sono uno zombie, un morto vivente. Sono Morte in Vita e Vita nella Morte. C'è un piccolo problema: la putrefazione è avvertita da tutti e comporta un grave isolamento sociale. 
Cos'è dunque il sentimento che le genti chiamano "amore" e che distinguono in modo netto dall'atto sessuale? Secondo Nietzsche è un'invenzione dei deboli per far sentire in colpa i forti e mitigare la loro ferocia innata. Secondo Houellebecq è un'invenzione delle donne, che l'hanno propalato per proteggersi nella loro condizione di maggior debolezza, quella della gravidanza e del parto! Dopo millenni di sopportazione da parte del genere maschile, è giunta la pornografia ad annientare questo sentimento artificiale e fittizio, questo "amore" insensato e tanto lontano dalla belluina natura umana. Cosa può dunque essere ancora chiamato "amore" nell'epoca della Rivoluzione Pornografica? La risposta è semplice. Si può definire "amore" soltanto l'ossessione sessuale di una persona per un'altra, l'infiammazione cerebrale che la porta a voler fare sesso con lei "tutto il giorno, tutta la notte, sempre" (cit.), senza sosta, soltanto con lei. Così Daniel, l'umano che ha dato origine a una lunga serie di cloni, provava davvero "amore" per Esther, perché la desiderava follemente e non sapeva pensare ad altro che a lei, soffrendo in modo feroce quando veniva cornificato, quando lei succhiava gli uccelli degli sconosciuti nelle feste e si faceva penetrare da tutti, si faceva riempire di sperma promiscuo, dopo essersi bruciata il cervello con la cocaina. 
Come si vede, la definizione dell'amore come atto puramente ed esclusivamente sessuale non contraddice affatto l'altra definizione data dall'autore francese, che identifica l'amore con una condizione di intossicazione, di ubriachezza in cui una persona va alla deriva e si autodistrugge, sconvolta dal desiderio folle per l'oggetto della sua passione. Gli antichi Egizi erano convinti che all'origine di questo stato di insania ci fosse la condizione clinica che ai nostri giorni è conosciuta come epatite, dato che il fegato era ritenuto la sede dei desideri sessuali. Potrei riportare centinaia di aneddoti simili, forse migliaia. Ok, ok, ragazzi, non crocifiggetemi, non linciatemi! Finalmente l'ho capito. Il vero significato della parola "amore" corrisponde ai sentimenti che intercorrono tra le donne e i loro cani! 

Houellebecq e i pompini 

Nel testo è menzionata 8 volte la parola "pompino". Alcune riflessioni sul tema sono senz'altro interessanti: 
 
"La fellatio è da sempre il pezzo forte dei film porno, l'unica pratica che possa servire da modello utile alle ragazze; l'unica, inoltre, in cui si ritrovi talvolta qualcosa dell'emozione reale dell'atto, perché è la sola in cui il primo piano sia anche un primo piano del volto della donna, in cui si possa leggere l'espressione di fierezza gioiosa, l'estasi infantile che prova talvolta nel dare piacere." 

Eppure non sempre il rapporto con questa pratica è lineare e positivo. Si tratta di quello che possiamo chiamare "gusto acquisito". Una cosa che all'inizio riesce fastidiosa o addirittura ripugnante, divenendo piacevole soltanto quando  viene vinta l'impressione iniziale. Ci sono migliaia di esempi in cui il processo di acquisizione di un gusto gioca un ruolo importante: molte cose, dal vino secco al gorgonzola, possono non essere apprezzate alla prima esperienza. Ecco una morbosa descrizione di come Esther, che all'inizio non lo prendeva in bocca, è poi diventata un'abilissima fellatrice:     
 
"Esther mi raccontò in seguito che in realtà si era rifiutata di praticare il sesso orale durante il suo primo rapporto e che aveva deciso di lanciarsi solo dopo aver visto parecchi film." 

Houellebecq ama dilungarsi in descrizioni penose e disturbanti, come quella della sua frequentazione di prostitute volgari, piene zeppe di gonorrea, ma scarsamente disponibili a contatti:  

"Vissi così per due mesi abbondanti, e sperperai migliaia di euro pagando coppe di champagne francese a delle rumene abbrutite che dieci minuti dopo avrebbero rifiutato comunque di farmi un pompino senza preservativo." 

Mi affascina leggere di questo cammino dell'essere umano che si degrada, si riduce allo stato di larva passando da un angiporto all'altro, fino alla disgregazione del suo stesso Essere. 
 
Houellebecq, il cannibalismo e la pedofilia
 
Pur senza nominarlo esplicitamente, il protagonista del romanzo descrive a un suo interlocutore le gesta del cannibale Armin Meiwes: 
 
"Per alimentare la conversazione, gli raccontai la storia di quel tedesco che ne aveva divorato un altro, incontrato tramite Internet. Prima gli aveva sezionato il pene, poi lo aveva fritto con le cipolle e lo avevano gustato insieme. Dopodiché lo aveva ucciso e tagliato a pezzi che aveva riposto nel suo congelatore. Ogni tanto ne tirava fuori un pezzo, lo scongelava e lo cucinava, seguendo ogni volta una ricetta diversa. Il momento della manducazione comune del pene era stato un'esperienza religiosa intensa, di reale comunione fra lui e la sua vittima, aveva dichiarato agli inquirenti." 
 
Del resto, Daniel aveva velleità di cineasta e amava pescare nel torbido. Non ne fa mistero:  
 
"Velocemente passai in rassegna l'insieme della mia carriera, soprattutto cinematografica. Razzismo, pedofilia, cannibalismo, parricidio, atti di tortura e di barbarie: in meno di un decennio, avevo sfruttato tutte le occasioni favorevoli." 
 
Uno dei suoi soggetti cinematografici riguarda la relazione tra un pedofilo (da lui stesso interpretato) e una bambina di nove anni!  
 
Gli Elohimiti e la loro origine     
 
Anni fa descrissi la setta molto singolare che ha ispirato gli Elohimiti del romanzo di Houellebecq, che propagandano una singolare mistura di elementi New Age e di culto degli Alieni. È un ben noto gruppo religioso realmente esistente, che prospera nei paesi francofoni e anche altrove. Si tratta dei Raeliani! Invito tutti a leggere con attenzione. Ecco il link:


Forse Houellebecq ha creduto di non poter menzionare Claude Vorilhon "Raël" nella sua opera senza rischiare qualche problema legale (anche se a conti fatti ne parla soltanto bene), così gli ha cambiato nome facendolo diventare un più anodino Robert Macaury. In ogni caso, che Robert Macaury sia proprio Claude Vorilhon può essere soltanto il segreto di Pulcinella. È talmente evidente che le mie spiegazioni potrebbero essere considerate superflue. Anche un bradipo ritardato capirebbe di chi si parla, all'istante! 
In svariate pagine reperibili nel Web si parla degli Elohimiti come di un "movimento pseudoreligioso". In realtà si tratta di una religione a tutti gli effetti, come infinite altre. Cosa distingue davvero una setta da una religione? Nella sostanza proprio nulla di qualitativo. Si può al massimo fare una distinzione quantitativa: le sette sono congregazioni poco significative in quanto a numeri, mentre le cosiddette grandi religioni sono riuscite a imporsi e hanno milioni di adepti. Si tende però a dimenticare un particolare di non poco conto Tutte le cosiddette grandi religioni hanno cominciato come gruppi ristretti che erano considerati sette dai loro oppositori. Allo stesso modo, qualsiasi gruppo settario potrebbe almeno potenzialmente diventare una grande religione se le circostanze storiche lo permettono. Non sono i contenuti a fare la differenza, è bene non dimenticarselo mai. Molti credono che sia assurda una dottrina fondata sulla creazione del genere umano da parte degli alieni. E non è forse assurda allo stesso modo la favola di Adamo ed Eva? 
Detto questo, anni fa destò grande scalpore l'annuncio fatto dalla setta Raeliana di aver effettuato con successo la clonazione di alcuni esseri umani. La società Clonaid, di proprietà della congrega ufologica, ha annunciato nel 2002 la nascita di Eva, la prima bambina clonata nella storia del genere umano. Questo link potrebbe essere di aiuto: 
 
 
Ecco un estratto significativo: 
 
"La Clonaid infatti sarebbe riuscita a far partire dieci gravidanze: cinque si sono concluse in aborti spontanei, altre cinque hanno avuto successo, inclusa quella di Eva, nata ieri con parto cesareo. Il bebè fotocopia europeo nascerà  da una coppia lesbica, altri due sono attesi in Asia e uno in Nord America. Tutti e tre nasceranno a febbraio e due di loro, ha tenuto a precisare la Boisselier, saranno la copia di "bimbi morti anzitempo, le cui cellule erano state preservate" per permettere la clonazione."  
 
La cosa è poi finita in nulla, come è giusto che sia (così direbbe l'amico S.M., le cui iniziali stanno per "Seppellisco Massoni").   
 
Mind uploading e mind downloading 
 
William Gibson introdusse nel suo romanzo seminale Neuromante (Neuromancer, 1984) un caso di immortalità a mio avviso ben poco desiderabile: se la memoria non m'inganna, si trattava di un hacker morto nel corso di un evento traumatico, la cui mente era stata caricata in un computer portatile. Gli davano il soprannome di "Dixie Flatline", ossia "Linea piatta", perché alla sua mente non corrispondeva un encefalogranna con qualche segno di attività. Naturale: non aveva più un encefalo. Era soltanto un costrutto ROM. In altre parole, quando era ancora in vita, era stato sottoposto a un'operazione di mind uploading. La sua consapevolezza non corrispondeva a quella di un essere umano. Non avrebbe saputo comporre una poesia. Quando il costrutto ROM veniva disconnesso, il Flatline non ricordava più le conversazioni precendenti lo spegnimento. Houellebecq si è innoltrato in un reame ancor più fantastico, immaginando che al processo di mind uploading della mente di un essere umano in una macchina, seguisse poi il processo di mind downloading di questa mente dalla macchina a un clone. Il trasferimento della personalità tramite due passaggi sarebbe stato quindi reiterato ogni volta che un clone avesse esaurito il suo ciclo vitale, passando la sua personalità al clone successivo.    

La clonazione e l'immortalità illusoria 

Esistono problemi ontologici di non poco conto nel concetto elohimita (id est raeliano) di clonazione. L'idea di Raël è comunque molto più semplice di quella enunciata da Houellebecq, in quanto non prevede processi di mind uploading e di mind downloading con una macchina intermediaria tra l'umano da clonare e il suo clone. Secondo quanto Raël afferma nel suo libro Gli extraterrestri mi hanno portato sul loro pianeta (1975), gli Elohim sarebbero in grado di produrre direttamente un clone immortale tramite ingegneria genetica: non c'è bisogno quindi di una catena virtualmente indefinita di cloni, il che eliminerebbe il rischio di riproduzione imperfetta della personalità originaria, ad ogni passaggio. È vero però che è difficile credere all'idea raeliana sull'esistenza di una cellula nervosa che conterrebbe l'intera consapevolezza di una persona, ricordi inclusi. L'elaborata teoria formulata da Houellebecq non risolve i molti problemi filosofici insiti nella clonazione. Un clone di una persona non è la persona stessa. Non si può in alcun modo identificarlo con una prosecuzione della persona di origine. In altre parole, se vengo clonato, con qualsiasi mezzo, alla mia morte il mio Essere subirà la sua sorte, sia essa l'annientamento o altro, mentre il mio clone avrà un Essere suo diverso dal mio. Se a qualcuno la parola "Essere" non piace, diciamo allora che con essa intendo quella proprietà ineffabile che unisce la consapevolezza di esistere a una particolare visuale dell'Universo, unica per individuo. Quella cosa indescrivibile che fa sì che io sia Marco M. e non un leone in Africa. Ne consegue che la clonazione non è l'immortalità, come invece i Raeliani affermano. Se a sopravvivere fosse la mia personalità (insieme di gusti e di atteggiamenti) e non il mio Essere (ciò che definisce proprio me stesso e non altri), sarebbe una cosa irrilevante. Non ha senso che io mi senta ubiquo solo perché da qualche parte nel mondo ho un sosia con inclinazioni simili alle mie, a cui piace bere alcol e leccare l'ano alle femmine. 
 
La clonazione e l'accumulo delle informazioni 

Si produce entropia. L'entropia comporta l'accumulo di scorie, e l'accumulo di scorie aumenta a sua volta l'entropia, in un circolo vizioso. È un anello cibernetico. Il cervello è un organo complesso, che esiste in un tempo finito, limitato: la durata di una vita umana. Non abbiamo nessuna esperienza di come un cervello potrebbe durare per secoli o per millenni. Come potrebbe accumulare informazioni e ricordi all'infinito? Non soccomberebbe prima o poi all'amnesia e a demenza?    
 
Francesco Verso e i Neoumani  
 
Ricordo un discorso tenuto da Francesco Verso in occasione dei Delos Days, tenutosi alla Casa dei Giochi di Milano nel lontano 2011. Aveva vinto il Premio Urania nel 2009 col romanzo E-Doll (aka Il fabbricante di sorrisi) ed era entusiasta, anche perché aveva conosciuto Houellebecq di persona, non molto tempo prima. Prendeva molto sul serio l'evoluzione neoumana descritta dall'autore francese nel suo romanzo e sembrava credere davvero che fosse traducibile in concreta realtà. Procedeva così nelle sue argomentazioni. Per sua nonna, spiegava al pubblico, un pranzo non poteva avere meno di cinque portate. Già sua madre preparava soltanto un primo e un secondo. Nei tempi attuali, si predilige invece il piatto unico, con una riduzone significativa della quantità di cibo ingerito. Così, andando avanti di questo passo, procedendo con linearità, si sarebbe presto passati a una semplice barretta proteica, giungendo infine a eliminare la stessa necessità di alimentarsi. Ogni essere umano avrebbe avuto sulla schiena o sul collo (non ricordo bene i dettagli) una serie di cellule capaci di attuare la fotosintesi, generando dall'acqua e dalla luce i nutrienti necessari per vivere, quindi alla masticazione sarebbe stata riservata soltanto un impiego "ludico". Ricordo bene questa parola: "ludico". Non sono intervenuto su questo specifico tema. Non mi andava di evidenziare in pubblico le fallacie degli singolari ragionamenti esposti. Le nonne dei pranzi con cinque portate hanno passato un'infanzia terribile di carestia. Avevano la tessera annonaria, ai tempi del Duce. Le proteine erano severamente razionate. In Romagna sono stati visti operai affetti da cachessia, talmente denutriti da avere le costole che sporgevano sotto la pelle. Quando la guerra è finita, dopo anni di miseria è tornata l'abbondanza, e queste nonne hanno ingozzato i loro nipoti, senza far sapere nulla delle ristrettezze patite, perché avevano una grande vergogna al solo pensiero di parlarne. Non è che nella prima metà del XX secolo tutti si ingozzassero mangiando a quattro palmenti pasti di cinque portate ogni santo giorno! Siccome queste cose a scuola non le insegnano, molti credono tuttora alla favola della quantità di cibo costantemente diminuita dai tempi di Eliogabalo, quando ci si ingozzava come lupi e si beveva come cammelli, fino al moderno piatto unico, povero di calorie e striminzito, adatto ai lillupuziani!
 
Curiosità  
 
Nel 2008 il romanzo è stato adattato in un film, La possibilité d'une île, diretto dallo stesso Houellebecq. Questa pellicola è il terzo adattamento dopo Extension du domaine de la lutte (Philippe Harel, 1999) e Les Particules élémentaires (Oskar Roehler, 2006). È però la prima volta che lo scrittore francese adatta un proprio romanzo. Presentato al Festival di Locarno (10 settembre 2008), il film è stato stroncato in modo impietoso dalla critica. Non risulta che sia stato distribuito in Italia.   

Il grottesco Iggy Pop ha tratto ispirazione da La possibilità di un'isola per il suo album studio Preliminaires (2009). Alcune canzoni sono interpretate in francese. Non le ho ancora ascoltate e non ho idea della loro qualità. Ho avuto esperienze traumatiche con il francese pronunciato da anglosassoni: ricordo ancora quando Patsy Kensit cantò una canzone intitolata J'ai pas peur ("Non ho paura"), pronunciando il ritornello come "She pop-air" /ʃi: pa'pɛ:ɹ/. In ortografia italiana sarebbe qualcosa come "sci papèr", che in qualche modo evoca una papera!  

Un estratto del romanzo compare nell'album Comme si de rien n'était (2008) di Carla Bruni, la famosa modella e cantante, moglie di un ex Presidente della Repubblica di Francia (quello conosciuto con l'affettuoso soprannome "Sarkoma di Kapozy"). La traccia è la numero 2, intitolata proprio La possibilité d'une île.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web   
 
Gli osceni battibecchi dei fantascientisti italiani sono stati incentrati su un presunto sfregio arrecato alla loro comunità: "Se Houellebecq ha scritto Science Fiction fatta e finita, perché è considerato mainstream? Perché i suoi volumi nelle librerie non sono nello scaffale della Science Fiction? Perché non è rinchiuso come noi nel Ghetto della Fantascienza?" 
A queste angoscianti domande non è stata data una risposta. Non penso che sarei ascoltato se cercassi di fornirla io. 

Le reazioni della critica sono state contrastanti e simili a quelle di chi trovasse un po' di merda dentro un gelato al cioccolato che sta leccando. Anche i giornalisti hanno espresso qualche giudizio di questo genere. Eccone uno: 
 
"Ciò che si continua ad apprezzare in Houellebecq è la sua capacità di osservare con sguardo impietoso e disincantato una realtà come quella contemporanea, fatta di sentimenti degradati e mercificati, di sesso ripetitivo e meccanico, di cinismo miserevole e di patetici tentativi di coprire un grande vuoto." 
(La Stampa)
 
Riporto alcuni estratti di recensioni di utenti di Anobii.com
 
 
L'utente Yossarian 1, schifato dai Raeliani, dalle seghe e dai pompini, ha scritto questo:
 
"Il problemuccio di questi (sic) romanzo (filosofico, non ci sarebbe tecnicamente altro modo di definirlo: Houellebecq nel romanzo si richiama a Balzac, ma si crede Voltaire) sarebbe l'andamento fanta-porno-splatter, che non solo tracima continuamente nel già visto/già sentito, ma a tratti fa venire voglia di mollare un attimo il libro per andare a lavarsi le mani, per poi riprenderlo in mano con su i guanti da cucina." 
 
Questo ha scritto un anonimo: 
 
"In questo libro siamo messi di fronte all'implosione del sistema occidentale con i suoi falsi miti di eterna giovinezza e consumismo, alla solitudine che ci accompagna tutti, al desiderio inestinguibile di eternità e di amore. Houellebecq ci descrive un mondo privo di compassione, pervaso di decadimento, di dolore e morte nel quale siamo tutti dei sopravvissuti, naufraghi aggrappati all'unico relitto che possa farci dimenticare l'assurda caducità di tutto: il sesso, il vivere voluttuosamente. Eros e Thanatos, al solito. Ma quale sgomento nell'accorgersi che nemmeno il sesso offre un durevole riparo dalla morte e dal dolore." 
 
Poi si giunge al solito fraintendimento sulla natura dell'amore: 
 
"Questo scrittore straordinario, che scrive come un poeta desolato o come un disperato erotomane, ci getta addosso l'orrore del mondo moderno per dirci che, poiché la vita è solo dolore, un eterno calvario in cui non c'è posto per la felicità, non è al denaro, non al sesso, non alla vita eterna di un essere subumano, non all'eliminazione dei sentimenti che possiamo chiedere la liberazione dal terrore di vivere, no, ma solo all'amore, può salvarci solo l'amore."  

Ma l'amore è il sesso, Diabole

domenica 28 febbraio 2021

 
EXTENSION DU DOMAINE DE LA LUTTE 
(film) 
 
Titolo originale: Extension du domaine de la lutte 
Titolo internazionale: Whatever
Anno: 1999 
Paese: Francia 
Lingua: Francese 
Durata: 120 min circa  
Rapporto: 1,85:1 
Genere: Drammatico  
Regia: Philippe Harel  
Soggetto: Dall'omonimo romanzo di Michel Houellebecq
Sceneggiatura: Philippe Harel, Michel Houellebecq 
Produttore: Adeline Lécallier 
Casa di produzione: Lazennec, Le Studio Canal+, Canal+
Fotografia
: Gilles Henry
Montaggio
: Bénédicte Teiger
Scenografia
: Louise Marzaroli
Costumi
: Anne Schotte
Interpreti e personaggi:
    Philippe Bianco: Voce narrante
    Philippe Harel: Protagonista
    José Garcia: Raphaël Tisserand
    Catherine Mouchet: La psicologa
    Cécile Reiger: Catherine Lechardoy
    Marie Charlotte Leclaire: Segretaria di Henri La Brette
    Philippe Agael: Henri La Brette
    Alain Guillo: Buvet
    Yvan Garouel: Un rappresentante del Ministero
    Christophe Rossignon: Bernard
    Nicolas Simon: Schnabele
    Philippe Staw: Lo psichiatra 
    Julie Delafosse: La pseudo-Véronique 
    Roger Dolléans: L'insegnante di ballo  
    Jean-Luc Abel: Il mendicante sulla metropolitana 
    Emilie Benoît: La predicatrice sulla metropolitana
    Michka Assayas: Il capo del servizio informatico 
    Marc Bonnel: Norbert Lejailly 
Budget: 2,8 milioni di dollari US 
Box office: 420.000 dollari US
 
Trama: 
Il film parte con una musichetta irritante e la visione notturna, dantesca, della città che sembra un immenso ospedale. I palazzi spettrali sono come urne dalle mille finestre illuminate da carboni ardenti. Il faccione del protagonista, il Nostro Eroe, si staglia nell'oscurità. È in corso una festa domestica. Una milf dai capelli corvini e corti si esibisce in uno spogliarello. Quando però si tratta di togliersi le mutandine, lo spettacolo finisce. Il Nostro Eroe è sfinito dai bagordi. Fuma come un comignolo e ingurgita un distillato. Riflette sulle particelle elementari e sul Nulla della vita. Si stende sul pavimento, tra i cuscini e discorre tra sé e sé delle aberrazioni del femminismo, mentre alcune milf sul vicino divano chiacchierano di cose idiote. Si è fatto giorno, il Nostro Eroe è nel suo appartamento con vista carceraria sugli edifici ospedalieri. Reduce da una depressione a causa della fine della relazione con Véronique, continua il suo monologo senza sosta. Annusa i lezzi di decomposizione che provengono dal lavandino, in cui giacciono piatti con avanzi a cui mancano solo i cagnotti. Un annusare incalzante, fastidioso. Poi si mette sul divano e fa colazione con peperonata accompagnata da rum bianco, bevuto da una grossa tazza. I mozziconi si accumulano nel posacenere. Visioni spettrali della periferia. Le gru di un cantiere deserto, un uomo calvo coi capelli untuosi riportati, che porta a spasso un grosso cane nero. Ritorna la notte. Insonnia. Il mattino dopo, il Nostro Eroe è sulla metropolitana, diretto al lavoro. Viene infastidito da mendicanti aggressivi e da una predicatrice pazza. Entra nella sua prigione lavorativa e rimane schifato dai cinguettii delle colleghe. Nelle sue ruminazioni permanente, ci spiega che dalla separazione da Véronique, due anni prima, non ha più fatto sesso. Medita sull'elettronica e sull'automatismo. Un collega molesto, seduto nello stesso ufficio, indossa una camicia di un color blu carico e un'inguardabile cravatta gialla come un tuorlo con sopra un quadrato rossa. Il Nostro Eroe deve tenere un corso su un prodotto informatico. Ha un appuntamento con Catherine Lechardoy al Ministero dell'Agricoltura, ma una segretaria gli dice che non c'è. Si ritrova ad aspettare invano in un ufficio cadente. Rientra in sede e si becca un cazziatone dal capo. Al supermercato riflette sulla mercificazione. Compra pane di miglio e rum bianco. Rincasato, si scola la bottiglia di rum e prende alcune compresse di antidepressivi. Insonnia. L'indomani viene ricevuto dalla Lechardoy, una donna dal modo di parlare estremamente fastidioso, che esprime scetticismo sull'utilità del corso. La sera, il Nostro Eroe si ritrova a cena in un ristorante, con un amico prete, riconoscibile dal vestito nero con una piccola croce metallica appuntata sul petto. Parlano di stronzate sociali. Il giorno dopo visita un grande magazzino, dove prova un materasso e finisce con l'addormentarsi. Viene svegliato a fatica da un dipendente, che a un certo punto lo crede morto. È già sera. Altra notte insonne. Antidepressivi à gogo. Ancora una giornata di Nulla. Riunione con i funzionari del Ministero dell'Agricoltura. Durante una pausa caffé, si ritrova a fantasticare sulla Lechardoy, che immagina mezza nuda e in pose sexy, ma non raccoglie le sue avances quando lei si mostra disponibile. Anzi, va subito al cesso e vomita una massa di succhi gastrici. Nella tazza si vedono quelli che sembrano frammenti di merda. Forse aveva compiuto un atto di coprofagia e si è liberato lo stomaco! Il giorno dopo è in partenza per Rouen col collega Raphaël Tisserand, un bipolare esuberante che veste con abiti appariscenti. I due prendono il treno, il difficile viaggio ha inizio. Tutte le volte che vede una ragazza, Tisserand si lancia all'assalto e la approccia, senza rendersi conto di ruscirle irritante. Le sue avances falliscono in modo sistematico. Il Nostro Eroe attribuisce questi insuccessi del collega all'aspetto fisico, che non sembra però così mostruoso. Ha inizio l'estenuante corso di formazione, tenuto da Tisserand. Pausa pranzo, con irritanti domande di un funzionario. Esercitazione ai computer. Serata in discoteca con Tisserand, il cui umore si altera all'improvviso, quando si rende conto che ogni suo tentativo di ottenere sesso è vano e destinato a restare irrealizzabile, forse per anni, forse per sempre. Al supermercato il Nostro Eroe assiste al collasso di un vecio, che viene portato via in ambulanza nella generale indifferenza. Poi va in un cinema porno e osserva i relitti umani che lo popolano (si nota un rozzo pappone che conduce una donna nella sala per poi assaltarla sessualmente). Uscito nella notte, si reca alla stazione ferroviaria, che a quell'ora è un deserto surreale, e riflette una volta di più sull'introvabile senso dell'esistenza. Quando ormai è a letto nella sua camera, la luce spenta, corre in bagno a causa di un improvviso dolore lancinante al torace. Esce nella notte, cercando l'ospedale. Si dispera perché non riesce ad avere informazioni dagli automobilisti. Viene ricoverato d'urgenza. Si ritrova in camera con un bonaccione, un ingenuo operaio grassoccio assistito dalla moglie biondiccia. Riceve una visita di Tisserand. Quando l'incertezza raggiunge il culmine, fa irruzione nella stanza il primario dell'ospedale con una torma di medici. Il Nostro Eroe apprende così che la diagnosi è meno grave del previsto: è una pericardite, non un infarto. Quando si è un po' ripreso, telefonata in ufficio per dare notizie di sé, e alla chiamata risponde una collega, una milf fulva che fa "gnì gnì gnì". Non passa molto e viene dimesso. Ritorna nello squallore urbano, percorrendo scale mobili e tratti di strada col suo trolley bluastro. Prende un altro cazzo di treno e giunge a Parigi, in ufficio. Eccolo in riunione con Tisserand, mentre il capo blatera esponendo i propri desiderata stronzeschi. Presto i due sono di nuovo in viaggio, questa volta in macchina. Tisserand è alla guida e sembra euforico. Il Nostro Eroe fuma come al solito una sigaretta; guardando bene si nota che ha un dito sporco di materia fecale. La nuova missione, questa volta in Vandea, procede con la registrazione in albergo. A cena Tisserand rivela al collega di essere ancora vergine a 28 anni, rifiutando però di porre fine alla propria maledizione tramite i servigi di una prostituta, dal momento che vuole aspettare l'amore. In camera il Nostro Eroe inizia ad esprimere i suoi famosi pensieri sul liberalismo sessuale mentre fruga nel frigo bar e ne estrae microscopiche bottigliette di liquore. Passeggiata mattutina. Una spiaggia sotto il sole pallido. Candide strutture abitative dall'aspetto cimiteriale si estendono a perdita d'occhio. Un pescatore fruga nella sabbia cercando i cannolicchi. Il Nostro Eroe giunge a un residence deserto, pranza in un ristorante che sembra una casa degli Hobbit e poi va al supermercato, dove compra un coltellaccio. A cena con Tisserand, gli chiede cosa ha in mente di fare per Natale. Lui gli risponde di essere ebreo, anzi, che i suoi genitori sono ebrei. A notte fonda i due arrivano alla discoteca Le Malibu. Ennesimo fallimento di Tisserand, respinto da una danzatrice sculettante. Il Nostro Eroe va al cesso a vomitare, poi si masturba pensando a una fica infiammata. Tisserand si riprende e riesce a ballare con una ragazza bruna. Per un po' sembra avere successo, ma lei approfitta di un'interruzione della musica per raggiungere alcune amiche, deridendo il suo goffo corteggiatore. Tisserand, annientato dall'umiliazione, torna al tavolo dal Nostro Eroe, che nel frattempo è riuscito a procurarsi una bottiglia di Jack Daniel's e focalizza la sua attenzione su una coppia: una ragazza bionda somigliante a Véronique e un mandingo. Qualcosa scatta nella mente del Nostro Eroe, che istiga Tisserand: i due in macchina inseguono la coppia fino a giungere alla spiaggia. A questo punto il Nostro Eroe consegna al collega il coltellaccio che aveva comprato. Gli dice di vendicarsi uccidendo la ragazza bionda e il mandingo. Il bipolare afferra l'arma e si allontana nelle tenebre. Poi però ritorna e dice che non ce l'ha fatta a uccidere. Getta il coltello ancora pulito, sale in macchina e parte, lasciando il Nostro Eroe sulla spiaggia, in condizioni di abbrutimento. I due non si sentiranno mai più. Il Nostro Eroe tenta invano di contattare Tisserand per telefono, che nel frattempo è morto in un incidente d'auto. In ufficio, giunge la ferale notizia, che lascia attonito l'intero personale. Il Nostro Eroe è distrutto, la depressione ritorna. Tenta di gassare uno scarafaggio usando il fumo di tabacco. Brucia una foto di Véronique. Non è più in grado di lavorare. Piange in ufficio. Una collega magrolina e rossiccia gli chiede di spegnere la sigaretta, al che lui le tira una sonora sberla. Subito dopo si congeda dicendo che deve andare dallo psichiatra. Lo psichiatra, che ha una tipica fisionomia sefardita, gli diagnostica la depressione. Il Nostro Eroe passa il suo tempo a fare bizzarri collage coi giornali. Una notte si sveglia in preda al terrore, dopo aver avuto un incubo agghiacciante in cui si vedono molti cadaveri di donne squartate, pieni di sangue rappreso, su cui torreggia un gigantesco fallo eretto. L'indomani decide di farsi ricoverare in una clinica psichiatrica, in cui passa molto tempo. Viene infine dimesso quando la psicologa si rende conto delle sue prodigiose capacità logiche. Ripresa la sua libertà, il Nostro Eroe visita la tomba di Tisserand, una sepoltura ebraica in marmo nero, con la Stella di David sulla lapide, in alto a sinistra. Sulla tomba si trovano alcuni sassolini. Sono le pietre del lutto. Ignaro, il Nostro Eroe le spazza via, credendole sporcizia. Poi esalta il collega defunto, considerandolo un eroe, un martire morto per la coraggiosa ricerca dell'amore. Fatto questo, si iscrive a un corso di ballo. L'insegnante invita a formare le coppie, e il Nostro Eroe si ritrova con una bella brunetta, più alta di lui, che gli sorride: è l'inizio di una relazione. 
 
 
Recensione: 
Adattamento del romanzo Estensione del dominio della lotta (1994) di Michel Houellebecq, la pellicola di Philippe Harel non ha avuto alcun successo già in Francia. Al di fuori della Francia, si può dire che sia praticamente invisibile o addirittura quasi inesistente. Ha recuperato con gli incassi al botteghino soltanto il 15% delle spese. Un fallimento epocale. Anche se il titolo internazionale del film è Whatever, l'unica versione è al momento quella in francese. A quanto mi risulta dalle ricerche nel Web, esistono soltanto due versioni sottotitolate: una con sottotitoli in inglese e una con sottotitoli in olandese.
 
Lo dico usando un francesismo. Dal punto di vista tecnico il film fa cagare. Non funziona. Non può funzionare. È un mattone inguardabile di quasi due ore! La trama da me riportata è volutamente lunghissima, estenuante e iper-dettagliata, perché deve dare un'idea seppur vaga della natura di questo film di Harel. Le pause tra una rimuginazione del Nostro Eroe e la successiva sono davvero piccolissime. Lo spettatore non fa in tempo ad apprezzare il dono del silenzio e subito viene aggredito da una nuova massa di fricative uvulari e di vocali nasalizzate. Vale la pena far notare che non tutti i romanzi sono automaticamente traducibili in una pellicola. Può anche uscirne qualcosa che non è affatto godibile.  
 
Per quanto riguarda i contenuti, la trasposizione dell'opera di Houellebecq sembra abbastanza fedele, curata fin nei minimi dettagli. Eppure, analizzandola con attenzione, si notano alcune importanti differenze, non soltanto formali. Il finale del film diverge in modo drastico da quello del romanzo. Non so se questo si debba alla fantasia del regista o a una bizzarria di Houellebecq. 
Nel film il Nostro Eroe, appena dimesso dalla clinica psichiatrica, si reca al cimitero a visitare la tomba di Tisserand, descrivendo la sua infelice esistenza come una lotta eroica. Non si trova traccia di questa visita nel romanzo. Alcune parole simili al panegirico funebre del film, ma più stringate, sono tuttavia state pensate dal protagonista dell'opera cartacea quando ha ricevuto la notizia della tragica morte del collega: 
 
"Almeno, mi dissi quando seppi della sua morte, si è battuto sino in fondo. Il villaggio-vacanze, le settimane bianche... Almeno non ha abdicato, non ha abbassato la guardia. Fino in fondo e malgrado i ripetuti insuccessi, ha cercato l'amore."
 
Nel film il Nostro Eroe riesce a trovare una compagna, durante un corso di ballo. Manca qualsiasi somiglianza col finale del romanzo. Se mi è permesso, in questo caso la distanza ontologica tra le due opere è fortissima. Nel film, il protagonista crede di ritrovare un senso della propria esistenza: una donna che gli sorride è la premessa di un periodo nuovo della vita, che gli porterà gioie e dolori. Nell'opera cartacea, il protagonista perde invece completamente la possibilità di ritrovare un senso della propria esistenza: giunto tra le montagne dell'Ardèche, piange durante i pasti, va in bicicletta tra i boschi e fallisce nel tentativo di cogliere un istante di lucidità. I Wikipediani affermano che questo viaggio in Ardèche "si rivelerà solo un'altra occasione persa"
Mancano le lunghe storie morali con animali come protagonisti: sono state omesse perché avrebbero introdotto eccessive discontinuità nella narrazione, già di per sé difficile e tormentata. 
 
L'apparizione del fallo 
 
In tre occasioni si vede qualcosa di completamente inatteso: un membro virile eretto. Quando il Nostro Eroe si trova in un cinema, sullo schermo scorrono le immagini di una copula. Un grosso cazzone durissimo scivola in una vagina e stantuffa, anche se questa tensione non sfocia in un culmine e non si vede il torrente spermatico. Poi, nella squalida discoteca Le Malibu, si vede chiaramente il Nostro Eroe nell'atto di masturbarsi. Il pene è eretto ma non turgidissimo, tanto che l'esercizio manuale si fa furioso, ossessivo. Nemmeno in questo caso è mostrato il liquido seminale. Infine vediamo un fallo torreggiante nell'incubo grandguignolesco che spinge il Nostro Eroe a farsi ricoverare. Queste scene priapiche sono abbastanza inconsuete in un film non pornografico. 

Il Nostro Eroe e la coprofagia 
 
In alcune sequenze viene fatta una rivelazione importante, tale da lasciare di sasso lo spettatore. Il Nostro Eroe mangia abitualmente escrementi umani! Ha contatto con gli stronzi! Dal momento che si lamenta della propria solitudine, possiamo dedurre che lo sterco sia il suo. Avrebbe potuto usufruire di una escort per toccare e ingerire i prodotti di un intestino tanto venusto! Però in questo caso non sarebbe stato così lancinante il problema dell'assenza di contatto col corpo femminile. Quindi resta il sospetto che il Nostro Eroe raccogliesse la merda dal proprio retto e la masticasse, salvo poi vomitarla nelle latrine! A quanto pare, nessun recensore o commentatore si è mai accorto finora di questi scabrosi fatti. Nel testo scritto non ho trovato menzioni della coprofagia del protagonista: si deve trattare quindi di un'innovazione pensata appositamente per la pellicola. Dubito molto che l'idea possa essere di Philippe Harel, sarà piuttosto un frutto della mente frenetica di Houellebecq.  
 
 
Alcune riflessioni sul caso Tisserand  
 
Questo è quanto ci dice il protagonista del romanzo sulla morte del povero Tisserand: 
 
"Non avrei mai più rivisto Tisserand; si uccise con la macchina quella notte stessa, durante il viaggio di ritorno a Parigi. Dalle parti di Angers c'era molta nebbia; lui correva a tutta birra, come al solito. La sua 205 GTI si schiantò contro un camion ribaltatosi in mezzo alla carreggiata. Morì sul colpo, poco prima dell’alba. L'indomani era giorno di ferie, per festeggiare la nascita di Cristo; i suoi famigliari lasciarono passare tre giorni prima di comunicare in ufficio la notizia dell'incidente. Le esequie avevano già avuto luogo, cosa che annientò qualsiasi ipotesi di corona di fiori o di condoglianze formali. Vennero pronunciate brevi frasi sul pericolo della guida nella nebbia, si riprese a lavorare, fine." 
 
Quell'uso del verbo "si uccise" (nell'originale francese "il se tua") non sembra lasciare adito a dubbi, anche se potrebbe essere interpretato come "rimase ucciso". Nel film si vede la macchina di Tisserand frenare fino a fermarsi, senza alcuno schianto. Una rappresentazione grottesca, come se un guidatore esperto potesse rimanere ucciso da una semplice frenata. Si capisce che il suicidio del collega è una certezza, sia nel film che nel romanzo. Il protagonista è infatti straziato da questa consapevolezza, si porta un immenso peso sulla coscienza, perché sa bene di essere la causa di quella morte. Eppure, suicidarsi a 28 anni per mancanza di sesso o di amore è una cosa poco conveniente, già soltanto per il fatto che - come ci ricorda Cioran - un morto si pone in una condizione in cui ogni azione è impossibile, ogni cambiamento è precluso, per l'eternità. Anche solo respirare o muoversi nel giaciglio, per un cadavere appartiene al reame dell'impossibilità. A parte il fatto che è meglio andare con una puttana e finire devastati dalla gonorrea, piuttosto che essere umiliati in inutili corteggiamenti fallimentari, non potremmo dire di aver vissuto una vita davvero inutile neanche a 56 anni o a 112 anni, quando siamo guidati dalla Conoscenza. 
 
Il Dialogo della Disperazione

Riporto le parole, tratte dal film e tradotte, che hanno causato il suicidio di Tisserand.
 
Tisserand: "Così è senza speranza?"
Nostro Eroe: "Certamente. Lo è sempre stato. Fin dall'inizio. Tu non sarai mai il sogno erotico di una ragazza. Fattene una ragione. Non fa per te. In ogni caso, è troppo tardi. Tutti i tuoi fallimenti sessuali fin dall'adolescenza, la frustrazione che ti ha perseguitato fin dalla pubertà, ti hanno segnato per sempre. Anche se tu potessi trovare una donna, cosa che francamente dubito, non funzionerebbe. Non funzionerà mai. Sei orfano degli amori giovanili che non hai mai avuto. Il danno è già stato fatto. Diventerà peggio. Un'amarezza agonizzante ti riempirà il cuore. Non c'è redenzione. Nessuna liberazione. Questo è quanto." 

Giudizi impietosi, disumani 
 
Questo sentenzia l'autore di un articolo apparso su Wired, parlando di Tisserand:  
 
""uomo bruttissimo" ed estremamente perverso, che tratta le donne in modo bestiale".

 
Questo sentenzia l'autore di un articolo apparso su Lidenbrock.org, sempre sullo stesso argomento:  
 
"Il protagonista viaggia per lavoro con il ripugnante Tisserand, impiegato che cerca a tutti i costi la compagnia di una donna senza ottenerla: ha rinunciato all’amore, cerca soltanto l’avventura ma nemmeno questo gli riesce. Tisserand è un uomo ridicolo, grottesco, e così Houellebecq ci ricorda come l’uomo privato delle sue fedi o delle sue illusioni si abbassa al rango di un animale ma con la coscienza di essere qualcosa di più."  
 
 
Se c'è qualcosa che trovo ripugnante, sono proprio le parole di questi articolisti, che non mostrano nessun rispetto verso la sofferenza umana - anche se in ultima analisi si parla di un personaggio letterario/cinematografico, non di una persona reale. Eppure ogni personaggio di un romanzo o di un film ha il suo fondamento in un individuo in carne ed ossa. Detesto simili giudici seduti sui loro iniqui troni moralistici! Loro pensano di aver capito tutto della vita. Chi non rientra nei loro schemi è soltanto una nullità da stritolare. Forse non dovremmo stupirci più di tanto. Nella specie Homo sapiens si è sviluppata nei millenni un'inclinazione deleteria, quella di infierire sui più deboli, su chi nell'esistenza non si trova a proprio agio. 
 

Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Con mia grande sorpresa, ho scoperto che esiste una vera e propria Wikipedia degli Incel, che dedica una pagina al film di Harel. Questo è l'interessante commento che vi è riportato: "It is considered the most brutal film about inceldom ever made". Quindi la pellicola non è completamente fallimentare, perché vive di una sua inattesa vita underground. Ecco il link:
 

Che altro dire? Possano questi semi crescere, diventare alberi rigogliosi e dare frutto! 

mercoledì 24 febbraio 2021

 
ESTENSIONE DEL DOMINIO DELLA LOTTA 
 
Titolo originale: Extension du domaine de la lutte 
Autore: Michel Houellebecq 
Anno: 1994 
Lingua originale: Francese 
Tipologia narrativa: Romanzo  
Genere: Autobiografico, introspettivo 
Sottogenere: Depressivo, suicidario, ospedaliero, psichiatrico 
Ambientazione: Francia
I ed. italiana: 2000 
2 ed. italiana: 2019 
Editore (I ed.): Bompiani 
Editore (II ed.): La nave di Teseo 
Collana (I ed.): Romanzo Bompiani
Collana (II ed.): I delfini. Best seller
Traduttore: Sergio Claudio Perroni 
Pagine: 164 pagg.; 
    144 pagg. (copertina flessibile)  
Formato: Brossura 
Codice ISBN-10 (I ed.): 8845247708 
Codice ISBN-13 (I ed.): 978-8845247705  
Codice EAN (II ed.): 9788893448642 
Editore francese: Éditions Maurice Nadeau

Titoli in altre lingue: 
    Inglese: Whatever 
    Tedesco: Ausweitung der Kampfzone 
    Spagnolo: Ampliación del campo de batalla 
    Catalano: Ampliació del camp de batalla 
    Svedese: Konkurrens till döds  
    Norvegese (Bokmål): Utvidelse av kampsonen
    Russo: Расширение пространства борьбы 
    Polacco: Poszerzenie pola walki
    Rumeno: Extinderea domeniului luptei
 
Sinossi (da www.ibs.it)
"Trent'anni, analista programmatore in una società di servizi informatici, il protagonista di questo romanzo conduce un'esistenza indifferente. Il lavoro, i viaggi d'affari, le prigioni dell'amore e del sesso, l'assenza di qualsiasi sentimento che non sia di insofferenza verso se stesso, lo scivolare lento e inesorabile in uno stato di insensibilità dal quale sembra non esserci via d'uscita."

Trama:
Il protagonista è un giovane programmatore che lavora in un'azienda informatica di Parigi e si occupa in particolare di formazione. Nonostante la sua professione sia ben retribuita, conduce una vita squallida e priva di sostanza, assimilabile alla condizione di un'ombra murata in un cubicolo. Ignoriamo persino il suo nome. Il suo livello di istruzione è alto, in teoria dovrebbe avere molte possibilità, eppure il suo unico divertimento sembra essere la composizione di favole filosofiche i cui protagonisti sono animali. Sono narrazioni lunghissime, tediose, la cui lettura è defatigante. Il suo rapporto con il gentil sesso è stato caratterizzato da esperienze traumatiche, così da almeno due anni non ha avuto alcun contatto sessuale. I suoi superiori lo incaricano di andare in giro per la Francia a presentare un inutile e farraginoso programma ad alcuni enti della Pubblica Amministrazione, a cominciare dal Ministero dell'Agricoltura. Un compito snervante, annichilente, che lo porta ad avere contatti con numerosi esemplari della sottospecie Homo anaerobicus, tipica popolazione dei labirinti ministeriali. All'inizio della sua missione a Rouen tutto sembra andar bene. A un certo punto gli si presenta persino l'occasione di copulare con una funzionaria racchietta, ma lui scarta sul nascere l'idea di darle il proprio membro turgido. Nell'estenuante opera di formazione lo affianca un collega, Tisserand, che ha un aspetto fisico ripugnante e seri problemi sessuali; essendo incompetente spesso gli è più di ostacolo che di aiuto. Presto cominciano per il formatore problemi dovuti alla salute cardiovascolare, che lo portano a un ricovero in ospedale. La diagnosi è pericardite (all'inizio sembrava un grave infarto). Uscito dall'ospedale dopo un periodo di convalescenza, torna suo tour formativo, la cui seconda tappa è in Vandea. Qui si approfondisce il suo dialogo con Tisserand, che gli rivela i propri abissi interiori dovuti alla totale assenza di rapporti con l'altro sesso. In una discoteca, i due si trovano in uno stato di pesante ubriachezza e osservano una ragazza che si fa rimorchiare da un gigantesco mandingo. All'improvviso fa la sua irruzione un elemento insensato. Il protagonista parla al collega disperato, cercando di spingerlo a inseguire e a uccidere la coppietta; fallito miseramente il tentativo di fare di lui un Pacciani, ha un crollo psichico dopo aver appreso la notizia del suo suicidio. Come spesso accade ai personaggi dei romanzi di Houellebecq, finisce col farsi internare in una clinica psichiatrica, uscendone solo dopo alcuni anni. Una volta dimesso, decide di recarsi in una regione impervia dell'Ardèche, spinto da un'ispirazione insensata. Nemmeno tra quelle montagne riuscirà a dare un senso alla propria esperienza terrena.
 
Recensione:  
La prima volta che ho letto Estensione del dominio della lotta, che ha segnato l'esordio di Houellebecq come romanziere, mi sono reso conto di avere di fronte un lavoro eccellente. A distanza di anni ho sentito il bisogno di rileggere l'esile volume, ma con mia grande sorpresa non mi è piaciuto più così tanto, nonostante contenga alcuni concetti assolutamente geniali e sempre validi. Mi è parso che il costrutto fosse labile, addirittura sconclusionato, con quei racconti morali animaleschi che rovinano la continuità e sembrano blocchi di cemento abbandonati in una foresta. La trama si sfilaccia subito, si perde nei diverticoli dell'incessante ruminazione dell'autore, che a volte dà prova di un temperamento irritabile e cervellotico. Certe trovate narrative colpiscono per la loro completa assurdità, come il tentativo del protagonista di istigare il povero Tisserand a emulare il Mostro di Firenze. Forse non dovrei lamentarmi di una simile irruzione dell'insensatezza, del fatto che mi riesce incomprensibile. Se il comportamento di un individuo in quelle condizioni avesse un senso logico, non si potrebbe più attribuirgli l'etichetta di pazzia. Lo sfaldamento della personalità del programmatore procede senza sosta: possiamo dire che quando ha raggiunto l'Ardèche ogni suo processo mentale sia giunto alla dissoluzione. Il suo è uno stato crepuscolare. Questo è l'epilogo, che in qualche modo funge da epitaffio di un uomo annientato: 
 
"Sono al centro del baratro. Sento la mia pelle come una frontiera, e il mondo esterno come uno schiacciamento. L’impressione di scissione è totale; ormai sono prigioniero in me stesso. La fusione sublime non avverrà; lo scopo della vita è mancato. Sono le due del pomeriggio."  

È destabilizzante. Leggendo, si sentono le sinapsi che si sfaldano. É l'Essere che si disperde nell'Oblio.  
 
Una nuova teoria sociologica 
 
Da leggere, rileggere e incorniciare, perché sia sotto gli occhi ogni giorno e non sia mai dimenticato, è questo sublime brano che si trova nel capitolo 8 (Ritorno alle mucche):
 
"Decisamente, mi sono detto, nella nostra società il sesso rappresenta un secondo sistema di differenziazione, del tutto indipendente dal denaro; e si comporta come un sistema di differenziazione altrettanto spietato, se non di più. Tuttavia gli effetti di questi due sistemi sono strettamente equivalenti. Come il liberalismo economico incontrollato, e per ragioni analoghe, così il liberalismo sessuale produce fenomeni di depauperamento assoluto. Taluni fanno l’amore ogni giorno; altri lo fanno cinque o sei volte in tutta la vita, oppure mai. Taluni fanno l’amore con decine di donne; altri con nessuna. È ciò che viene chiamato “legge del mercato”. In un sistema economico dove il licenziamento sia proibito, tutti riescono più o meno a trovare un posto. In un sistema sessuale dove l’adulterio sia proibito, tutti riescono più o meno a trovare il proprio compagno di talamo. In situazione economica perfettamente liberale, c’è chi accumula fortune considerevoli; altri marciscono nella disoccupazione e nella miseria. In situazione sessuale perfettamente liberale, c’è chi ha una vita erotica varia ed eccitante; altri sono ridotti alla masturbazione e alla solitudine. Il liberalismo economico è l’estensione del dominio della lotta, la sua estensione a tutte le età della vita e a tutte le classi della società. Altrettanto, il liberalismo sessuale è l’estensione del dominio della lotta, la sua estensione a tutte le età della vita e a tutte le classi della società. Sul piano economico, Raphael Tisserand appartiene alla schiera dei vincitori; sul piano sessuale, a quella dei vinti. Taluni vincono su entrambi i fronti; altri perdono su entrambi i fronti. Le imprese si disputano alcuni giovani laureati; le femmine si disputano alcuni giovani maschi; i maschi si disputano alcune giovani femmine; lo scompiglio e la confusione sono considerevoli."
 
Un esempio di antiliberalismo economico, in cui il licenziamento era proibito e tutti avevano un posto: 
IL TERZO REICH. 
 
Un esempio di antiliberalismo sessuale, in cui tutti gli uomini avevano una moglie e chi non la trovava se ne vedeva assegnata una dal sovrano: 
L'IMPERO DELL'INCA. 
 
Due esperimenti sociali che si sono rivelati fallimentari. Sono stati entrambi annientati dal liberalismo, che non tollerava e non tollera tuttora alcuna vistosa eccezione al proprio dominio. E questo è quanto.  
 
Stanti le premesse sopra esposte, non ho motivo di nascondere la mia natura fallimentare. Sono un perdente che il mondo ha condannato alla solitudine e alla masturbazione. I miei pochi incontri col genere femminile mi hanno causato ferite che sanguinano ancora e che non potranno mai rimarginarsi. Le mie condizioni economiche non leniscono minimamente la mia condanna. Non c'è riscatto alla mia maledizione. Sono dannato. Rispetto alle dottrine di Marx, la teoria sociologica abbozzata da Houellebecq ha il merito di comprendere che liberalismo economico e liberalismo sessuale non sono affatto interdipendenti, come gli stolti potrebbero invece pensare: senza dubbio possiamo affermare che il secondo non è semplicemente il frutto del primo. Non solo. La stessa esistenza del liberalismo sessuale non è percepita quasi da nessuno e non è considerata un problema gravissimo da affrontare. La mia esperienza m'insegna che ci sono persone che si professano marxiste, di estrema sinistra, proletarie, rivoluzionarie, essendo però ultraliberiste in campo sessuale e senza la benché minima percezione dell'iniquità della propria condizione. In  Rete c'è persino chi è convinto che la teoria enunciata da Houellebecq non sia una novità, arrivando ad affermare che sia davvero stata applicata nel '68. Non bisogna crederci. Chi sostiene queste assurdità tira in ballo il femminismo radicale, che è un rigurgito di demenza convulsionaria i cui frutti sono aberranti. Chi sostiene queste assurdità non ha compreso affatto la portata rivoluzionaria della denuncia degli orrori dell'ultraliberismo sessuale! 
 
La sofferenza, fisica e mentale 

Houellebecq ha un'autentica fissazione per gli ospedali e soprattutto per i reparti psichiatrici. Lo attrae la macerazione nel dolore, adora descriverla, freme dalla bramosia quando comunica al lettore ogni istante di degradazione e di annichilimento dell'Essere di un individuo schiantato. Eppure sul maleficio chiamato "psicanalisi" ha le idee ben chiare fin dal principio, come mostrano questi passaggi del capitolo 8 (Ritorno alle mucche): 
 
"Con l’alibi della ricostruzione dell’io, in realtà gli psicanalisti procedono a una scandalosa demolizione dell’essere umano. Innocenza, generosità, purezza… tutto ciò viene rapidamente triturato dalle loro rozze mani. Gli psicanalisti, pinguemente rimunerati, supponenti e stupidi, annientano definitivamente nei loro cosiddetti pazienti qualunque attitudine all’amore, sia mentale sia fisico; in pratica si comportano da veri e propri nemici dell’umanità. Spietata scuola di egoismo, la psicanalisi sfrutta con agghiacciante cinismo le brave figliole un po’ smarrite e le trasforma in ignobili bagasce dall’egocentrismo delirante, incapaci di suscitare altro che un legittimo disgusto." 
 
Nonostante la sua lucidità e il suo scetticismo sulla malvagia scienza degli strizzacervelli - schifosa piaga suppurante che affligge il genere umano - il protagonista finirà stritolato in una clinica, col cervello raso al suolo da damigiane di psicofarmaci e da ogni sorta di trattamenti deleteri. Questo identico percorso infernale lo si vede nella maggior parte delle opere dell'autore francese, tanto è radicato nel suo sentire! 
 
Un clamoroso errore botanico 
 
All'inizio del capitolo 5 (Presa di contatti), è scritto quanto segue:
 
"L’applicazione di sistema si chiamava “Sicomoro”. Il sicomoro è un albero che cresce in certe regioni della zona temperata fredda, apprezzato per il legname che se ne ricava e che produce una linfa zuccherosa; il sicomoro è diffuso in particolare in Canada. L’applicazione Sicomoro è scritta in linguaggio Pascal, con taluni passaggi in C++. Pascal è uno scrittore francese del XVII secolo, autore dei celebri Pensieri. Pascal è altresì un linguaggio di programmazione notevolmente strutturato e particolarmente adatto all’elaborazione statistica, del quale avevo acquisito una notevole padronanza." 

Vediamo subito che lo scrittore francese ha fatto una marchiana confusione tra il sicomoro (nome scientifico: Ficus sycomorus) e l'acero da zucchero o acero del Canada (nome scientifico: Acer saccharum). Al sicomoro sono state attribuite le proprietà dell'acero del Canada. Una confusione non da poco. Si tratta di due alberi completamente dissimili! Com'è potuto accadere un simile errore? Si tratta di una distorsione, che ricorre quando si è soggetti a un sovraccarico cognitivo e ci si fida troppo dei concetti immagazzinati nei propri banchi di memoria stagnante, senza un costante processo di verifica. È un insidia molto subdola. Può colpire chiunque. Basta dimenticarsi di controllare ogni singolo bit di informazione e subito si insinuano contenuti distorti! E pensare che questo romanzo Houellebecq lo ha scritto nel 1994, quando il World Wide Web era ancora agli inizi e la Conoscenza la si doveva sudare!  

Curiosità 

Nel 1999 il romanzo è stato adattato in un film, Extension du domaine de la lutte, diretto da Philippe Harel. Il regista stesso è anche sceneggiatore assieme a Michel Houellebecq, oltre che attore nella pellicola, interpretando il ruolo del protagonista. Il film non è stato distribuito in Italia. Non mi risulta ne esistano versioni in lingue diverse dal francese.  

Secondo quanto riportato nella Wikipedia in inglese, il protagonista del romanzo di Houellebecq sarebbe chiamato "Nostro Eroe" ("Our Hero" in inglese, "Notre Héros" in francese). A quanto ho potuto constatare, non si la benché minima traccia di questa denominazione nella versione originale e nemmeno in quella in italiano. Ho poi potuto appurare che il wikipediano responsabile di questa informazione inesatta ha preso "Notre Héros" proprio dal film di Harel. La parola "héros" ricorre soltanto una volta, nel capitolo 3 (senza titolo):
 
"Les pages qui vont suivre constituent un roman ; j'entends, une succession d'anecdotes dont je suis le héros." 
 
Nella traduzione di Perroni, "héros" è reso con un meno poetico "protagonista"
 
"Le pagine che seguono costituiscono un romanzo; cioè, chiarisco: una successione di aneddoti di cui io sono il protagonista." 
 
Ecco un altro esempio di come le informazioni debbano essere validate, potendo contenere bachi. Purtroppo tale lavoro è molto pesante, non può essere automatizzato e non è detto che il suo esito sia sempre un successo.   
 
Possibili echi dickiani 

Durante la rilettura mi è saltato subito all'occhio il seguente brano, che appare verso la fine del romanzo: 
 
"In un altro 26 maggio, nel tardo pomeriggio di un altro 26 maggio, era avvenuto il mio concepimento. Il coito aveva avuto luogo in salotto, su un tappeto pseudo-pakistano. Mentre mio padre la prendeva da dietro, mia madre aveva avuto la malaugurata idea di allungare la mano per carezzargli i testicoli, con tanta sapienza da portarlo in breve all’eiaculazione. Mia madre aveva provato piacere, ma non un orgasmo vero e proprio. Poco più tardi, avevano mangiato del pollo freddo. Questo avveniva trentadue anni fa; a quei tempi si riusciva ancora a trovare dei polli veri." 
 
Ricordo nitidamente di essermi imbattuto in un passo del tutto simile in un romanzo di Philip K. Dick. Purtroppo non riesco più a trovare in quale. Ci sono diventato matto e ho cercato in diversi file pdf di opere dickiane, invano. Credo proprio che fosse uno dei cosiddetti romanzi "mainstream". Non era fantascienza. La descrizione era meno estesa e non vi compariva alcuna allusione a un tappeto pseudo-pakistano (che può essere solo il prodotto di manie tipicamente francesi). Vi compariva però la posizione sessuale more ferarum e la carezza sui testicoli, che produceva l'eruzione di fiotti di sperma nel canale procreativo. Era anche usata la stessa parola, "sapiente", per descrivere il massaggio gonadico. Ho avanzato l'ipotesi che la fonte dickiana fosse il romanzo "mainstream" Voci dalla strada (Voices from the Street). Tuttavia Cesare Buttaboni mi ha fatto notare che, pur essendo stato scritto nel 1952, è stato pubblicato soltanto nel 2007, anni dopo il romanzo di Houellebecq.  
 
Sottopongo la questione a chi è più esperto di me sull'opera omnia di Dick, affinché possa dirmi se quanto ho trovato è frutto di una mia memoria distorta oppure se è qualcosa di reale. In quest'ultimo caso, spero che sia possibile ritrovare l'esatto brano dickiano con la citazione completa, per poter trattare l'argomento in dettaglio in un apposito contributo.  
 
Origine del cognome Tisserand 
 
Nel capitolo 8 (L'Escale), Tisserand rivela le proprie origini ebraiche: 
 
"“A Natale non facciamo niente. Io sono ebreo,” mi informò con uno scatto di fierezza. “Cioè, i miei genitori sono ebrei,” precisò più pacatamente." 
 
In realtà Tisserand non è un cognome ebreo. Agli inizi del XIII secolo, il termine tisserand, ossia "tessitore", era sinonimo di "eretico", e più precisamente di "cataro", "dissidente dualista". Col passar del tempo questo soprannome è diventato un cognome, di cui sono note le varianti Tisserant e Tixerand. Il cognome Tisserand, particolarmente comune in Francia, si trova anche nelle Valli Valdesi del Piemonte. 
 
Dialoghi tra una mucca e una puledra 
 
Anche se le favole moraleggianti inserite da Houellebecq nel testo sono scritte davvero male, a volte vi si possono trovare contenuti molto interessanti e utili. Questo per esempio è il commento che il narratore appone a un proprio scritto, nel capitolo 2 (In mezzo ai Marcel): 
 
"Ovviamente l’allevatore simboleggiava Dio; spinto da una simpatia irrazionale per la puledra, nel capitolo successivo le avrebbe promesso la gioia eterna di numerosi stalloni, mentre la mucca, colpevole del peccato originale, a poco a poco sarebbe stata condannata ai mesti spassi della fecondazione artificiale. I pietosi muggiti del bovide si sarebbero dimostrati incapaci di mitigare la sentenza del Grande Architetto. Una delegazione di pecore mosse da spirito di solidarietà non avrebbe ottenuto risultato diverso. Il Dio messo in scena in quella novella non era, evidentemente, un Dio di misericordia."  
 
Ne condivido appieno i contenuto. Percepisco come miei fratelli tutti coloro che riescono a svelare la natura maligna del Creatore di questo Universo iniquo.