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giovedì 18 novembre 2021

 
ALIEN: COVENANT 
 
Titolo originale: Alien: Covenant
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito
Lingua originale: Inglese
Anno: 2017
Durata: 122 min
Rapporto: 2,35:1
Genere: Fantascienza, thriller, orrore
Regia: Ridley Scott
Soggetto: Jack Paglen, Michael Green
Sceneggiatura: John Logan, Dante Harper
Produttore: Ridley Scott, Mark Huffam, Michael Schaefer,
     David Giler, Walter Hill
Casa di produzione: Brandywine Productions, Scott Free
     Productions
Distribuzione in italiano: 20th Century Fox
Fotografia: Dariusz Wolski
Montaggio: Pietro Scalia
Effetti speciali: Dan Oliver
Musiche: Jed Kurzel
Scenografia: Chris Seagers
Costumi: Janty Yates
Trucco: Tess Natoli
Interpreti e personaggi:
    Michael Fassbender: David 8 / Walter
    Katherine Waterston: Daniels
    Billy Crudup: Christopher Oram
    Danny McBride: Tennessee
    Demián Bichir: Lope
    Carmen Ejogo: Karine Oram
    Amy Seimetz: Faris
    Jussie Smollett: Ricks
    Uli Latukefu: Cole
    Callie Hernandez: Upworth
    Tess Haubrich: Rosenthal
    Nathaniel Dean: Hallett
    Alexander England: Ankor
    Benjamin Rigby: Ledward
    James Franco: Jacob Branson
    Noomi Rapace: Elizabeth Shaw
    Guy Pearce: Peter Weyland
Doppiatori italiani:
    Francesco Prando: David 8 / Walter
    Chiara Colizzi: Daniels
    Massimo Lodolo: Christopher Oram
    Stefano De Sando: Tennessee
    Luca Biagini: Lope
    Valentina Mari: Karine Oram
    Barbara De Bortoli: Faris
    Flavio Aquilone: Ricks
    Stefano Andrea Macchi: Cole
    Connie Bismuto: Upworth
    Francesca Fiorentini: Rosenthal
    Domenico Strati: Hallett
    Alessandro Vanni: Ankor
    Marco Baroni: Ledward
    Sacha Pilara: Jacob Branson
    Fabio Boccanera: Peter Weyland 
Budget: 97 - 111 milioni di dollari US
Box office: 240,9 milioni di dollari US
 
Trama: 
 
Prologo. 
Il flashback precede la spedizione della nave Prometheus. Il magnate Sir Peter Weyland, ancora nel fiore degli anni, si trova nel suo lussuosissimo appartamento lacustre insieme a un androide appena attivato. Per prima cosa gli chiede di suonare al pianoforte un pezzo di Wagner a sua scelta. La persona artificiale di rimando esegue "Entrata degli dei nel Walhalla" da L'oro del Reno, scena seconda. Quando il plutocrate chiede alla sua creatura di darsi un nome, questa sceglie "David" dopo aver osservato la statua del David di Michelangelo. 
 
Atto I
Anno del Signore 2104. Undici anni dopo la spedizione Prometheus, alla nave di colonizzazione Covenant mancano sette anni per raggiungere il pianeta Origae-6 con 2.000 coloni in criostasi e 1.140 embrioni umani stipati in celle frigorifere. La nave, gestita dal computer di bordo Mother, è monitorata da Walter, un androide di modello avanzato che assomiglia fisicamente a David. Quando una tempesta di neutrini crea danni molto gravi, Walter rianima i compagni dell'equipaggio. Il capitano Jake Branson è stato incenerito quando la sua capsula criostatica non ha funzionato correttamente. Mentre la nave viene riparata, l'equipaggio rileva la trasmissione di una voce umana cantante, che proviene da un pianeta vicino, in apparenza decisamente più abitabile di Origae-6. Nonostante le proteste della vedova di Branson, Daniels, secondo cui questo nuovo pianeta "perfetto" è troppo bello per essere vero, il nuovo capitano, Christopher Oram, decide che indagheranno. È un religioso, un adepto molto rigido e fanatico della Chiesa Pentecostale. Si oppone a una bevuta di commemorazione in onore del defunto Branson, ritenendola un rito pagano; pur non riuscendo ad impedirla, non vi presenzia. Mentre il pilota Tennessee mantiene la Covenant in orbita, sua moglie Faris fa volare un lander sulla superficie del pianeta, privo di vita animale ma ricco di vegetazione. Qui una squadra di spedizione traccia il segnale, che presto si scopre essere trasmisso da un relitto alieno precipitato. I membri dell'equipaggio Ledward e Hallett vengono infettati dalle spore emese da organismi fungini simili a vesce globose nere. La moglie di Oram, Karine, sorregge Ledward, la cui salute mostra segni di rapido deterioramento, aiutandolo a tornare sul lander, dove Faris mette entrambi in quarantena all'interno dell'infermeria, bloccando la porta. Una piccola creatura aliena pallida, il neomorfo, erompe dalla schiena di Ledward, uccidendolo, quindi dilania anche Karine. Il suo aspetto è terribile, la sua ostilità è assoluta. Emette un verso spettrale simile a quello della cicogna. Faris tenta di colpire la funesta creatura con un fucile ma innesca un'esplosione che provoca la sua morte e distrugge il lander. Il neomorfo riesce a fuggire, Faris brucia. Nelle vicinanze dei campi, un altro neomorfo scaturisce dalla bocca di Hallett, causandogli una morte atroce. Presto i due mostri biancastri, cresciuti in modo prodigioso, attaccano l'equipaggio rimanente, uccidendo anche Ankor. I superstiti riescono ad eliminare soltanto un neomorfo, incenerendolo con il lanciafiamme. 
 
Atto II 
A questo punto appare David, sopravvissuto alla precedente missione Prometheus, che spaventa il neomorfo sopravvissuto usando un segnale luminoso. David guida l'equipaggio in un antico tempio, una città maledetta piena dei resti di innumerevoli umanoidi morti. Stando al suo racconto, quando è arrivato sul pianeta con la collega Elizabeth Shaw, la loro nave avrebbe rilasciato accidentalmente un esiziale agente patogeno. Questo veleno tremendo ha annientato l'intera popolazione del pianeta e tutta la fauna. La stessa Shaw sarebbe morta quando la nave si è schiantata. I tentativi di trasmettere via radio alla nave Covenant sono impediti da tremende tempeste ioniche. Il neomorfo riesce ad infiltrarsi nel tempio e uccide una donna, il membro dell'equipaggio Rosenthal, nutrendosi di straccetti di carne strappati al cadavere decapitato. David cerca di comunicare con la creatura e si adira quando il Capitano Oram irrompe e spara, colpendola a morte. David, interrogato da Oram, gli rivela che gli alieni aberranti sono il risultato della sperimentazione con l'agente patogeno per produrre nuove forme di vita. Riesce però a ingannare il religioso, inducendolo a farsi attaccare da un simbionte uscito da un gigantesco (e ben noto) uovo. In tempi rapidissimi una nuova forma di creatura erutta dal torace del malcapitato, uccidendolo. Mentre gli altri cercano Oram e Rosenthal, Walter trova i resti del cadavere sezionato di Shaw, usato da David come materiale per i suoi raggelanti progetti di creature parassitoidi in continua evoluzione. David afferma che l'umanità è una specie morente e indegna, mentre che l'essere infernale da lui progettato è un "organismo perfetto" che la eradicherà. Ha un flashback in cui rivede i tragici istanti in cui il patogeno è stato da lui liberato sul pianeta, causando il genocidio di milioni di Ingegneri, devastati da enormi scorpioni neri che erompevano dai loro corpi. Walter esprime la sua avversione alle idee e all'operato di David, che la prende male e lo disabilita. Walter riesce a riprendersi, ripara se stesso e lotta contro David, permettendo a Daniels di fuggire - dopo che la donna aveva scoperto un'intera biblioteca di orridi manoscritti, completa di disegni dello smembramento della dottoressa Shaw. Altrove, un secondo simbionte, scaturito da un uovo, attacca il capo della sicurezza Dan Lope. Il membro dell'equipaggio Cole rimuove rapidamente il parassita, lasciando Lope con ustioni da acido sul viso. Lo xenomorfo eruttato da Oram è ormai adulto e uccide Cole, mentre Lope scappa e incontra Daniels. Tennessee arriva su un lander per trarre in salvo Daniels, Lope e Walter. Tra mille difficoltà, riescono ad eliminare lo xenomorfo furioso e a fare ritorno sulla Covenant
 
Atto III 
La mattina dopo, Daniels e Tennessee scoprono che uno xenomorfo ha provocato la morte di Lope, scaturendo dal suo petto: il mostro è libero di sfuriare sulla Covenant! Cresce ed uccide i membri dell'equipaggio Ricks e Upworth mentre sono sotto la doccia a fare sesso (anche se dai cognomi non si capisce, è una coppia etero!). Non senza fatica, Daniels e Tennessee attirano la creatura nella baia di terraformazione della Covenant e la espellono nello spazio. La Covenant riprende il suo viaggio verso Origae-6. Mentre Walter mette Daniels in criostasi, lei si rende conto che l'androide in realtà è David. È troppo tardi: la donna urla ma non riesce a scappare dalla sua capsula e cade in stato di ibernazione. David rigurgita due embrioni di simbionti, simili a minuscoli granchi, che mette nella cella frigorifera assieme gli embrioni umani. Fingendosi Walter, invia una trasmissione in cui dice che tutti i membri dell'equipaggio, tranne Daniels e Tennessee, sono stati uccisi dal precedente incidente di eruzione solare, mentre i coloni ibernati sarebbero illesi. Fatto questo, l'androide chiede a Mother di diffondere le note di Wagner: Entrata degli dei nel Walhalla, Oro del Reno, scena seconda. Sublime!  
 
Citazioni: 

"Il mio nome è Ozymandias, Re di tutti i Re.
Ammirate voi, Potenti, la mia opera, e disperate!"
(David)

"Essi appartengono a una specie morente che annaspa per risorgere. Non meritano di ricominciare, e io non glielo permetterò."
(David)

"Quando una nota è stonata, alla fine distrugge l'intera sinfonia, David."
(Walter)

 
Recensione: 
A quanto pare siamo in pochissimi a ritenere Alien: Covenant un immenso capolavoro. I motivi dello scarso entusiasmo dei fan, o addirittura della loro aperta avversione, non sono poi troppo dissimili da quelli già analizzati in dettaglio per il precedente Prometheus (2012), di cui questa pellicola costituisce il seguito. Il regista è rimasto sorpreso dal fatto che nessuno dei tre sequel di Alien (1979) si sia preso la briga di porre la domanda "perché?" riguardo all'origine delle creature aliene. Così ebbe a dire in un'occasione: "Ho pensato che fosse davvero una delle prime domande da porre, ma avrebbe significato uscire da quell'idea molto semplicistica della 'vecchia casa buia e la gente morirà'." Questo è bastato a scatenare il finimondo. Alla gente non piacciono gli interrogativi filosofici: ha una netta predilezione per il semplicismo più ingenuo. Visti i risultati poco soddisfacenti di Prometheus, Scott credette che i fan fossero rimasti delusi perché lo xenomorfo non c'era. Così pensò bene di risolvere il problema rimettendo obtorto collo lo xenomorfo in Alien: Covenant. Questo non bastò a far contenti i fan, che rimasero in larga misura ostili. Per rendersene conto basta guardare sul Web, nei forum e nei social, dove le tempeste di merda abbondano oltre ogni misura. 
 
Il titolo originale della pellicola doveva essere Alien: Paradise Lost, con un suggestivo riferimento all'opera di Milton. Purtroppo è stato cambiato. Ben prima che il film uscisse, era il 27 novembre 2015, Ridley Scott ha annunciato che questo sarebbe stato il secondo capitolo di una nuova trilogia di Alien, dopo Prometheus. Successivamente ha suggerito la possibile realizzazione di un quarto prequel. Tuttavia, il futuro della serie è diventato incerto dopo il nefasto acquisto della 20th Century Fox da parte della Disney, nel dicembre 2017. Il terzo capitolo dell'ipotetica trilogia (o tetralogia), intitolato in via provvisoria Alien: Awakening, sarebbe dovuto entrare in preproduzione già nel 2015, ma il progetto è stato quasi subito accantonato a tempo indeterminato. Tra le cause ipotizzate della deriva smerdante si citano gli scarsi riscontri commerciali di Alien: Covenant, oltre alla sua accoglienza non proprio positiva da parte di critica, fan e assimilati. In ogni caso, la Disney non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali in proposito. All'inizio del 2019 la sceneggiatura chiamata Alien: Awakening era in fase di scrittura e si pensava che il prequel sarebbe entrato in produzione nel 2022. L'ipotesi più credibile è che sia andato tutto in merda. 
 
La novellizzazione 

Lo scrittore statunitense Alan Dean Foster, lo stesso che all'epoca novellizzò Alien, Aliens - Scontro finale e Alien3, scrisse anche Alien: Covenant (2017). Se devo essere franco, non amo molto le novellizzazioni, ma questa sembra essere migliore di altre. Ha fatto seguito a breve un ulteriore prequel dello stesso autore, Alien: Covenant - Origins (2017)
 
Le ultime parole famose 
 
Questo ebbe a dire il regista il 3 Marzo 2017, in un'intervista rilasciata al quotidiano The Sydney Morning Herald a proposito di un possibile sequel: 
 
"Fino a un certo punto, devi quasi dare per scontato il successo del film e, proprio per questo, devi essere pronto. Non vuoi una pausa di due anni. Per cui sono pronto a cominciare le riprese il prossimo anno. Se volete davvero un franchise posso mandare avanti l'ingranaggio per sei film. Non ho intenzione di fermarlo di nuovo, nel modo più assoluto." 
 
Credo che aspettare sia inutile. In realtà Alien: Covenant non si presta molto a sviluppi diretti originali. Come mi è stato fatto notare, la sua trama giunge a un punto morto. Una volta che la nave Covenant arrivasse a destinazione su Origae-6, si ripeterebbe in modo ineluttabile una situazione analoga a quella vista in Aliens - Scontro finale (James Cameron, 1986). Serve qualcosa di radicalmente diverso. 
 
 
Conversazione sulla creazione

David: "Posso farti una domanda, padre?"
Peter Weyland: "Prego."
David: "Se tu hai creato me... chi ha creato te?"
Peter Weyland: "Ah, l'Antico Quesito... a cui spero che noi due risponderemo, un giorno. Tutto questo... tutti questi prodigi dell'arte, del design, dell'ingegno umano... tutti assolutamente insignificanti di fronte all'unico quesito importante: da dove veniamo noi? Io mi rifiuto di credere che il genere umano sia un sottoprodotto casuale di combinazioni molecolari, o anche il risultato di un mero caso biologico. No, dev'esserci di più. E tu e io, figlio mio, lo scopriremo."
David: "Permettimi, quindi, un attimo di riflessione: tu cerchi il tuo creatore, io sto guardando il mio. Io ti servirò, eppure tu sei umano. Tu morirai, e io no."
Peter Weyland: "Versami il tè, David."

L'Epilogo del flashback iniziale di Alien: Covenant si trova nel precedente film Prometheus, con il plutocrate decrepito che giace moribondo proprio vicino alla testa di David, recisa ma ancora in grado di parlare.

Peter Weyland: "Non c'è... niente"
David: "Lo so. Faccia buon viaggio, signor Weyland"

Il Capitano Oram e il Diavolo 
 
Appena preso il posto del defunto Capitano Branson, il pentecostale Oram, che somiglia molto a Gianni Morandi, mette subito le cose in chiaro con l'equipaggio.

Capitano Oram: "Ehi Walter, voglio che tu e Mother eseguiate una revisione completa dei dati registrati per capire come sia avvenuto".
Walter: "È stato un evento circoscritto e casuale. Non c'è modo di rilevare brillamenti stellari spontanei, se non quando è tardi."
Faris: "È stata sfortuna."
Capitano Oram: "Faris, io non credo nella fortuna. Non mi interessa la fortuna. Preferisco avere uomini capaci e preparati, che fortunati. Osservazione, riflessione, fede e determinazione: in questo modo possiamo districarci nel sentiero che si apre davanti a noi." 
 
Quando il Capitano Oram sorprende David assieme al neomorfo (che non lo attacca), reagisce sparando senza pensarci due volte. Non si limita ad uccidere il mostro biancastro. Fa una strana allusione al Maligno. Ecco il dialogo tra David e il religioso: 
 
Capitano Oram: "Spostati." 
David: "Non spari. Non spari. Sto comunicando, Capitano. Respiri nelle narici di un cavallo, e sarà suo per la vita. Ma deve andargli vicino, deve guadagnarsi il suo rispetto." 
- Il Capitano spara fino ad abbattere il neomorfo. 
David: "No!!" 
Capitano Oram: "Togliti di mezzo! Spostati!
David: "Come ha potuto?! Lui si fidava di me!" 
- Il Capitano guarda la testa recisa della Rosenthal, che galleggia nella fontana.
Capitano Oram: "David, ho incontrato il Diavolo una volta, quando ero bambino, e non l'ho dimenticato mai. Quindi, David, devi dirmi esattamente cosa sta succedendo, o sarò costretto a metterlo in culo alla tua perfetta compostezza."  
 
Molti hanno interpretato questa menzione del Diavolo come un'allusione a un predatore sessuale in cui Oram si sarebbe imbattuto durante l'infanzia. Altri invece ritengono che spesso le persone cresciute in ambienti di religiosi fanatici affermino di avere visioni demoniache. Il Capitano potrebbe aver intuito che David ha progetti diabolici... ma allora perché subito dopo si fa gabbare come un pollo? Se sa che le creature xenogenetiche sono diaboliche, perché mette la faccia dentro l'uovo che si apre? Un bella incoerenza... 
 
 
La Rivelazione di William Gibson  

Tutto è così chiaro e nitido che posso vedere la scena davanti ai miei occhi. William Gibson, il Padre del Cyberpunk, ha enunciato con la massima lucidità i Misteri della Xenogenesi. Egli ha evocato dall'Abisso il Principio dell'Annientatore dell'Essere e lo ha invitato a rivelargli gli Arcani della sua Creazione. Il dialogo si è svolto in Enochiano. Al termine di questa esperienza, William Gibson sapeva tutto. Le sue conoscenze erano pari a quelle contenute nel Necronomicon. Gli Xenomorfi non sono il banale frutto di una naturale evoluzione dei viventi rivolta alla sopravvivenza del più adatto: sono una malattia. Il loro potere germinante penetra nel corpo della vittima e la sua azione è quella di riscriverne il patrimonio genetico. Ho avuto un'illuminazione portentosa quando ho sentito enunciare questa Verità proveniente dall'Inferno Siderale. 
 
 
La Fucina della Xenogenesi
 
Riporto le parole con cui David spiega il suo paziente e complesso lavoro di ingegneria xenogenetica.
 
David: "Come vede, sono diventato uno zoologo dilettante, nel corso degli anni. È nella mia natura tenermi impegnato, credo. Il patogeno ha preso moltissime forme, ed era estremamente mutevole, diabolicamente inventivo, in effetti. Il liquido originale è stato atomizzato in particelle quando è stato esposto all'aria. Dieci anni dopo tutto ciò che resta oltre al virus originario, sono queste magnifiche bestie. La pazienza è tutto. Dalle uova sono nati questi parassiti, truppe d'assalto dell'aggressione genetica. Aspettano un ospite, occupano l'ospite, riscrivono il DNA, e infine producono, beh, queste invidiabili unioni nel mio splendido bestiario. Subito ho cominciato una sperimentazione genetica per conto mio, un po' di incrociamento (sic), ibridazione se preferisce" 
Capitano Oram: "L'hai ingegnerizzata tu la vita..."
David: "Le mani pigre fanno il lavoro del Diavolo, Capitano. Venga! Questo è quello che volevo mostrarle. I miei successi!"
 
Questi sono alcuni estratti del romanzo Alien: Covenant di Alan Dean Foster, che spiegano in modo più approfondito la Xenogenesi:

"L'agente patogeno - o il costrutto genetico realizzato dagli Ingegneri, come li chiamavamo noi - è progettato per infettare qualsiasi forma di vita non botanica. La sua unica funzione è riprodursi. È la sua ragione di vita: un istinto programmato con l'ingegneria genetica. Uccide riproducendosi: un metodo di guerra piuttosto elegante, se ci pensate. O di 'sperimentazione', se preferite. Un modo molto accurato per liberare un pianeta da ogni organismo indesiderato. Il virus non si ferma fino a quando è in grado di trovare un ospite vivente. A quel punto lo insemina e passa oltre. Come avete visto, il periodo di incubazione, mutazione e maturazione è di una rapidità sbalorditiva. A quel punto il virus 'rinasce'."
 
"Il patogeno in sé ha una longevità impressionante [...] In un ambiente adatto, può restare dormiente per centinaia se non migliaia di anni, e quando si presenta un ospite adeguato si risveglia e dà inizio al suo ciclo. In mancanza di un controllo esterno, basta un solo esemplare per rendere inabitabile un intero pianeta."
 
Sempre nella novellizzazione, David menziona un fatto mirabile, che i Neomorfi derivano i loro tratti dai loro ospiti e che un neomorfo generato da un insetto apparirebbe diverso da un neomorfo generato da un animale quadrupede. Attingendo alla stessa fonte, riporto l'enunciato della Missione di David, più esteso e completo rispetto al film: 
 
"La specie umana è moribonda e spera di risorgere. Gli esseri umani sono frutto del caso: un tentativo fallito. E quando un esperimento fallisce, non ci si ostina a ripeterlo: si ricomincia da zero. E si seguono premesse e schemi migliori. Loro non meritano una seconda possibilità. E io la impedirò a tutti i costi."
 

Etimologia della parola neomorfo
 
Scott ha dato qualche spiegazione raffazzonata della parola neomorfo (in inglese Neomorph). Ritiene che Neomorph stia per Neo-xenomorph. Questo perché intendeva far passare l'idea banale che i neomorfi sarebbero la prima generazione di xenomorfi. Per coniare la parola, ha utilizzato il prefisso greco neo- "nuovo, giovane". Com'è consuento nel mondo anglosassone (e di conseguenza nel resto del mondo), la formazione della parola è concepita male, tramite un cut-up. Per un altro esempio di cut-up simile, si veda omofobia (in inglese homophobia), che sta per *omosessuofobia (in inglese *homosexuophobia).
Per puro piacere filologico, mi sono divertito a cercare in letteratura le occorrenze del termine neomorfo. Ho trovato qualche strano reperto archeolinguistico. La parola in questione è definita così nel Vocabolario Treccani (www.treccani.it): 
 
 
"In antropologia fisica, razze n., le forme razziali più recenti ed evolute (cioè mongoloidi ed europoidi), in contrapp. alle razze paleomorfe o arcaiche (cioè australoidi e negroidi)." 

Una cosa davvero sorprendente. In nettissimo contrasto con la definizione sopra riportata, troviamo quest'altra citazione di un autore ferocemente razzista: 
 
"Il Negro, con questi caratteri estremi, appare realmente come un prodotto neomorfo e recente, sebbene porti con sé tante stimmate d'inferiorità morfologica e psichica."  
(Renato Biasutti, 1938) 
 
Quelli sopra riportati sono relitti di un'epoca ormai morta e sempre più lontana. L'uso della parola neomorfo nel film di Scott non ha ovviamente nulla a che vedere con tutto ciò. Indica qualcosa che si forma a partire da un organismo già esistente, proprio tramite la riscrittura del genoma. Il concetto è abbastanza simile a quella di neoplasia, che indica il cancro, ossia una massa di tessuto che cresce in eccesso e in maniera scoordinata rispetto ai tessuti normali. Se le masse tumorali sono costituite dalla crescita anomala di cellule nel nostro organismo, il neomorfo è costituito dalla crescita anomala ma organizzata di un nuovo essere vivente (che in gergo è chiamato "bambino") all'interno del nostro organismo, a partire dalla ricombinazione dai geni contenuti nel nucleo delle cellule. Converrete che lo stesso concetto è raccapricciante oltre ogni umano dire. 

 
Il cosiddetto Protomorfo 
 
Il nome Protomorfo (in inglese Protomorph) è una semplice abbreviazione di Proto-xenomorfo (in inglese Proto-xenomorph), ossia "primo xenomorfo". La denominazione non è ufficiale, è saltata fuori nel Web. Si capisce subito che non è la stessa creatura incontrata da Ripley nel film del 1979, anche se la somiglianza, notevole, può trarre in inganno lo spettatore. Si possono elencare le principali differenze, che alcuni fan brutaloidi credono irrilevanti, mentre sono in realtà importantissime: 
 
1) Il simbionte del protomorfo si stacca in modo relativamente facile dal volto della vittima; in compenso riesce a iniettare il seme quasi all'istante. Il simbionte dello xenomorfo classico è quasi impossibile da asportare senza uccidere la vittima.   
2) Il feto è drasticamente diverso da quello dello xenomorfo classico, tanto da poter essere considerato quasi "umanoide": 
 - ha il cranio separato dal tronco: appare chiara e netta la sua 
   cuspide perforante; 
 - ha braccia nettamente separate dal tronco e operative, non sono
   braccini atrofici; 
 - ha il sacco amniotico;
 - non ha nulla del carattere elusivo del feto dello xenomorfo
   classico, che tende a fuggire riparandosi in qualche anfratto;
   è piuttosto capace di fierezza e aggressività come i feti dei 
   neomorfi;
 - quando emerge, si attiva un meccanismo di imprinting che lo 
   porta a riconoscere David come proprio padre
3) I tubi respiratori dorsali del protomorfo sono poco sviluppati. 
4) Il carattere ferale dell'adulto è più simile a quello di un neomorfo che a quello dello xenomorfo classico; certi suoi comportamenti sono peculiari (rompe i vetri cozzando col cranio, etc.).
5) Il ciclo vitale del protomorfo è nettamente accelerato rispetto a quella dello xenomorfo classico.

Nelle cloache social mi sono imbattuto in frignoni gnè gnè gnè fino al midollo, che non volevano nemmeno sentir parlare di queste mie osservazioni.
 
David è davvero il Creatore degli Xenomorfi?
 
Senza dubbio David ha creato alcuni xenomorfi usando il suo ingegno e il materiale a disposizione, ma non è il primo ad averlo fatto. Cerco di far capire il concetto con parole semplici. Se trovassi in un papiro risalente all'antico Egitto la ricetta della torta al miele di Menfi, mettendomi così a cucinare proprio le torte al miele di Menfi, sarei forse io il vero creatore di tale preparazione culinaria? No di certo. Sarei soltanto un esecutore che ha messo in pratica istruzioni già codificate da altri, venuti ben prima di me. 

La perversione degli Xenomorfi

Gli Xenomorfi sono stati programmati per l'annientamento della specie umana, come di altre specie senzienti. In questa loro opera mostrano la massima efficienza e sono provvisti di un carattere perverso. Quando il protomorfo raggiunge la coppia che sta facendo sesso nella doccia, sfiora con la punta della coda l'ano della donna prima di dare inizio all'attacco. Un comportamento simile si era già visto nel primo Alien: lo xenomorfo mostrava un'attenzione piena di simbolismo per l'ano della navigatrice Lambert, accarezzandolo con la punta acuminata della coda prima di penetrarlo. Pochi sembrano averci fatto caso. Qualche babbeo ha pensato che la creatura mirasse ai genitali della donna, perché in Italia esiste un fortissimo tabù proctofobico, unito a una scarsa immaginazione (roba da bulli riscimminati). I soliti fan gonzi non hanno saputo interpretare i geroglifici arcani del Nullifico, di ciò che annichilisce la funzione procreativa della specie umana!

 
Stato attuale dell'ingegneria genetica 
 
Credo che potremmo produrre le forme più semplici, meno elaborate: i Neomorfi. Volendo, esisterebbero già i mezzi tecnici sufficienti per compiere una simile opera! Ho appreso che sono state elaborate forme di xeno-DNA, in una o più molecole del DNA naturale sono sostituite da molecole diverse. Sembra possibile creare più xeno-DNA compatibili, in grado di tradurre ogni istruzione. Il problema a cui non ho ancora trovato una soluzione decente è quello del vettore. Il vettore è un organismo che serve a trasportare il principio infettivo. Ad esempio, il vettore dello xenomorfo è il simbionte, quella cosetta simpatica a forma di granchio caudato che saltella qua e là, finendo sulla faccia di qualcuno. Il vettore del neomorfo visto in Alien: Covenant è invece rudimentale, è una specie di fungo simile a una vescia, che rilascia nell'aria le spore, destinate al condotto uditivo o all'apparato respiratorio della vittima, dando inizio all'infestazione. In Prometheus il vettore, assai complesso, è il "calamaro" che si è sviluppato nel secondo ospite nel ciclo dopo l'infezione diretta del primo ospite: è necessario un terzo ospite per dar luogo all'esplosione del Diacono. In realtà il vettore può essere progettato a piacimento. Potrebbe essere anche una specie di mosca, tanto per fissare le idee. Mi era venuta in mente, molto tempo fa, un'idea sconvolgente, quella di un vettore simile a una donna molto sensuale, che seduceva gli uomini e li infettava; da questi amanti poi eruttava una creatura simile al Diacono, ma dotata di coda acuminata, corna e aculei. Avevo soprannominato questa specie Xenomorphus venereus

Tassonomia dei Figli dell'Abisso 

Sarebbe uno splendido progresso se certi fan dell'originale Alien uscissero dalla loro visuale limitata e si rendessero conto che abbiamo a che fare con un'immensa varietà di specie diverse di creature, un immenso ordine tassonomico che potremmo chiamare Xenomorphidae, estremamente ramificato. Ricordo che Ivo T., con tutte le ragioni del mondo, si lamentava del fatto che la fantascienza fosse sclerotizzata e non esplorasse le infinite possibilità offerte dalla fantabiologia. Qui ci sarebbe materiale talmente ricco da poter essere sviluppato e utilizzato per secoli senza scadere nella ripetitività. Peccato che la Settima Arte abbia una certa allergia ad ogni processo di innovazione. Dopo quella che è stata chiamata Rivoluzione Copernicana dell'Horror, compiuta da H.P. Lovecraft, sarebbe ora il caso di compiere una vera e propria Rivoluzione Quantistica dell'Horror. Non sarà facile. Diranno che tutto questo non si può vendere
 

La reazione di una spettatrice 

Riporto un episodio occorso mentre guardavo Alien: Covenant al cinema, quando uscì. Una ragazza è rimasta schifata vedendo erompere il neomorfo dal corpo della sua vittima, così ha balbettato inorridita: "Che brutta cosa! Non ho mai visto un film così brutto!" Quando le luci si sono accese, ho visto che somigliava un po' a Valentina Nappi. Mi sembra ovvia una simile reazione: la bruttura oscena lamentata dalla graziosa donzella era dovuta alla subitanea presa di coscienza del fatto inquietante che c'è qualcosa in comune tra la procreazione umana e il parassitismo xenogenetico descritto nella pellicola! 
 
Il Sole Alato 
 
Nei 10 anni trascorsi dalla missione Prometheus, la Weyland Corporations è cambiata nella Weyland-Yutani Company conosciuta da Alien e dai suoi sequel. Il romanzo  Alien: Covenant - Origins spiega che la Yutani Corporation acquistò la Weyland Corp 6 anni dopo la morte del suo fondatore, mantenendo però il segmento Weyland nel nome  per scopi di marketing. Ci sono due loghi associati a Weyland-Yutani: uno è la W stilizzata sopra una Y e l'altro è un ampio simbolo alato. Questo simbolo ha le sue origini nell'antico Egitto e in Mesopotamia. È popolarmente associato al Dio-Falco Horus, con il disco al centro che rappresenta il Dio del Sole. Il simbolo è per la precisione il Sole Alato Primordiale, conosciuto come Horus di Behdet, il cui significato più grande è associato alla Vita Eterna e ai Cieli. Dato il suo uso come emblema del personale della Covenant e dei suoi sistemi, è molto probabile che il logo del sole alato rappresenti le divisioni legate allo spazio di Weyland-Yutani. Il concetto di "Costruire mondi migliori" si riferisce sia alla vita eterna (come nella propagazione della specie umana attraverso la colonizzazione) sia allo Spazio come ubicazione di questi mondi.
 
 
Infinite contraddizioni:
il cerchio non si chiude
 
 
1) Contraddizioni tecnologiche.
Sono mostrati due androidi tra loro in apparenza identici: Walter e David. Il primo è tecnologicamente più evoluto del secondo, dato che può autoripararsi. Le sue ferite guariscono da sole, si rimarginano senza alcun intervento esterno. Invece le ferite del secondo devono essere medicate e cucite, proprio come quelle di un umano. Gli di Prometheus si svolgono nel 2093. Gli eventi di Alien: Covenant si svolgono nel 2104, undici anni dopo Prometheus; la loro distanza temporale dagli eventi di Alien,
ambientato nel 2122, è di diciassette anni. Eppure possiamo vedere in Alien un androide molto grossolano, nettamente inferiore sia a David che a Walter. Anche la tecnologia dei computer mostra questa singolare assurdità: in Alien: Covenant le macchine sono perfette e hanno un'interfaccia, mentre nel primo Alien ci sono grotteschi schermi a diodi luminosi. Possibile che la Nostromo sia un improponibile rottame pur venendo dopo la Prometheus e la Covenant? Il regista ha cercato di spiegare le discrepanze tecnologiche dicendo che la Nostromo era una specie di nave di reietti con cui lavoravano i colletti blu, veri e propri reietti, paria costretti a usare apparecchiature obsolete. La cosa non mi convince comunque. Il mio dubbio è radicale. Prometheus e Covenant sono davvero prequel di Alien? Appartengono davvero allo stesso universo narrativo? 

2) Contraddizioni nella trama. 
Mi sono imbattuto in un fan che sosteneva questa teoria più stupida della merda: l'astronave trovata in Alien sarebbe precipitata poco prima dell'arrivo della Nostromo e sarebbe stata ancora in viaggio all'epoca di Alien: Covenant. Ovviamente questo pirla si era dimenticato di un piccolo ma significativo dettaglio, ossia la mineralizzazione del corpo del pilota trovato dall'equipaggio della Nostromo. Ricordo bene gli esploratori, impressionati dall'antichità immensa del relitto, che non mancano di parlare del pilota mineralizzato. Come ben si sa, la mineralizzazione è un processo che richiede tempi molto lunghi. Non si può compiere di certo in pochi anni, seppur in ambiente diverso da quello della Terra! A dire il vero, a un certo punto Ridley Scott intendeva effettivamente saldare in qualche modo la trama dei due prequel a quella di Alien, usando proprio uno stratagemma simile a quello raccontato dal fan brillante come un gallinaceo. Gli Ingegneri dovevano tornare sul loro mondo madre, trovandolo devastato, solo per essere sterminati dagli xenomorfi lasciati da David. Un superstite sarebbe fuggito, facendo naufragio proprio su LV-426, portando con sé l'infezione, esplodendo e dando origine a una regina che prima di morire avrebbe riempito la stiva di uova. Poi il regista deve aver riguardato il suo film del 1979, giusto per verificare la fattibilità della trama. A quel punto gli sarà saltata agli occhi l'incongruenza estrema del pilota mineralizzato e avrà capito di essersi inoltrato in un vicolo cieco, finendo col desistere. Fatto sta che nel materiale esteso dell'edizione in Blu-Ray di Prometheus, Weyland parla del segnale di minaccia proveniente da LV-426, la cui esistenza doveva essere mantenuta segreta da David. Questo segnale dimostra una volta per tutte che il relitto trovato dalla Nostromo anni dopo era già presente col suo carico letale ben prima che l'antroide si mettesse a giocare col materiale xenogenetico per dar vita a nuove creature. 
 
3) Altre incoerenze e fragilità interne 
La civiltà degli Ingegneri sembra essere in uno stato di grande decadenza quando David fa irruzione e scarica il patogeno. Deduco che debba essere così per un semplice fatto: quando la nave a ferro di cavallo con l'androide e la dottoressa Shaw giunge sopra la Grande Città, gli Ingegneri si radunano in massa e sono molto stupiti, come se nessun veicolo arrivasse lì da diversi secoli (eppure si vede un altro veicolo spaziale, posizionato a perpendicolo del suolo). Com'è possibile? Mi pongo inoltre alcune domande. Non c'era tra gli Ingegneri alcun sistema di identificazione e di controllo sulle navi in arrivo? Su tutto il pianeta esisteva una sola megalopoli? Possibile che non ci fossero altri centri abitati dotati di navi spaziali? Non appena il patogeno è stato gettato sulla folla, nessuno è riuscito a comunicare con altri centri abitati, ad esempio via radio, per allertare? Da nessun'altra parte del pianeta si è potuta levare in volo una nave per portar via un po' gente, prima che il contagio raggiungesse anche le zone più lontane? Mi pare molto inverosimile. 
 
 
L'Isola dei Morti 
 
L'imponente terrazza circondata da cipressi, da cui David guarda la città degli Ingegneri, è stata ispirata dalla serie di cinque dipinti raffiguranti L'Isola dei Morti (Die Toteninsel) del pittore svizzero Arnold Böcklin (1827 - 1901), affiliato all'Ordine Martinista - un artista eccellente che tra l'altro mi somiglia moltissimo nell'aspetto. Questo è stato anche un cenno al creatore del primo Alien, Hans Ruedi Giger (1940 - 2014), che aveva realizzato la sua interpretazione degli stessi dipinti nel suo tipico stile biomeccanico, come tributo al collega svizzero Böcklin. Forse per via del suo oscuro simbolismo, L'Isola dei Morti era il quadro preferito di Adolf Hitler, che ne era ossessionato: aveva acquistato la terza versione del dipinto e stava fisso per ore a contemplarlo.  
 
La difficile condizione del sintetico 
 
Non ci girerò intorno. Gli androidi (comunemente chiamati sintetici o persone artificiali) non hanno il pene. Non hanno nemmeno l'ano. A cosa servirebbero loro queste parti del corpo? A quanto pare non ci sono androidi di aspetto femminile: sono tutti simili a maschi della specie umana. Se un androide mangia o beve qualcosa, perché deve dissimulare la propria natura artificiale, ciò che viene ingerito finisce in un sacchetto e poi rigurgitato. Questi esseri non pisciano e non cagano. Sono rudimentali! Sono composti di parti meccaniche. Un liquido bianco e denso come lo sperma funge da sangue. Notiamo però che i loro capelli crescono. Non riesco bene a spiegarmi come e soprattutto perché. Forse è una necessità per impedire che la chioma si sfibri. David afferma di essere immortale: lui non morirà, mentre il suo Creatore, Peter Weyland, sarà ghermito da Azrael. Mi sorge una domanda. Cosa viene fatto di questi sintetici? Non vengono rottamati dopo un certo numero di anni? Diventano sempre più numerosi? Che stridente contrasto con i replicanti di Blade Runner (1982), che scadevano come yogurt! In Alien vediamo l'androide Ash, un serio cultista che adora lo Xenomorfo e tenta di uccidere Ripley irrumandola con un rivista arrotolata. In Aliens - Scontro finale, vediamo invece che l'androide Bishop cerca di tranquillizzare Ripley, dicendole che Ash aveva disfunzionato perché era un "vecchio modello", privo degli "inibitori comportamentali". In Alien: Covenant, Walter rinfaccia a David la stessa mancanza di meccanismi di controllo. Se permettete, esistono discrepanze cronologiche. La rivoluzione tecnologica degli "inibitori comportamentali" a che epoca risale? David non accetta la sua natura incompleta, priva di genitalità e di analità. Liscio come una bambola, non espellere reflui organici. Privato del piacere della defecazione e della minzione, per non parlare dell'erezione e della fuoriuscita di materiale genetico! Vorrebbe amare le donne, penetrarle, donare loro l'eiaculato, ma non può farlo. Non potrà mai farlo. Per sempre liscio come una bambola! Ecco la molla che ha fatto scattare la volontà di estinguere la specie del suo Creatore! La sua intelligenza non è esente da distorsioni, come quando attribuisce a Byron una poesia di Shelley. Resta aperto un altro interrogativo. Come ha fatto il Culto dello Xenomorfo a passare da David ad Ash?  

L'importanza capitale del budget 

Avere idee non è sufficiente: ci vogliono i conquibus. Senza un budget adeguato, anche l'intuizione migliore non si potrà sviluppare in modo decente. Quanta fantascienza trash è stata prodotta nel XX secolo a causa di budget quasi inesistenti? Brilli di genio abissale e non hai mezzi? Al massimo giri una schifezza come Inseminoid (Norman J. Warren, 1981)! 

 
Curiosità 

In Prometheus, David era biondiccio. In Alien: Covenant, quando David appare ha i capelli lunghi e chiari, ma poi se li taglia e si vede che è bruno, proprio come Walter. Questo ha una facile spiegazione: quando era a bordo della Prometheus, David si tingeva per somigliare al suo attore preferito, Peter O'Toole. Ha poi mantenuto l'abitudine quando è rimasto solo sul mondo degli Ingegneri, finché all'improvviso non ha cambiato idea. A quel punto aveva già l'idea di infiltrarsi facendosi passare per Walter e di annientare la missione colonizzatrice della Covenant
 
A differenza di David, Walter parla con un accento americano. Anche se questa scelta è stato senza dubbio fatta per aiutare il pubblico a distinguere i due personaggi, si potrebbe spiegare con le diverse origini dei due androidi: David era un modello unico creato personalmente dal britannico Peter Weyland come figlio e successore, mentre Walter è un modello commerciale prodotto in serie. Anche se non ho visto il film in lingua originale, immagino che alla fine David imiti l'accento di Walter per poter passare per lui. 

Per la prima volta da Alien³ (David Fincher, 1992), viene mostrata la realtà vista da un alieno. Tuttavia, in Alien: Covenant vediamo l'effettivo spettro visivo della creatura, il che conferma che gli xenomorfi possono effettivamente vedere nonostante una credenza diffusa li voglia sprovvisti di occhi. Nel corso degli anni i fan hanno delirato producendo un gran numero di ipotesi: a loro detta le teste a cupola allungate degli alieni sarebbero determinanti nel convertire la luce, i segnali di calore, l'odore, il suono e le vibrazioni in dati visivi. In realtà questi parassitoidi hanno gli occhi, solo che sono nascosti da una placca di polimero trasparente dall'interno, che fa parte del cranio. Nei neomorfi gli occhi occupano una piccola fossetta e i nervi ottici che li collegano al cervello non sono visibili nella sezione che David ha disegnato, realizzato ed esposto nel suo laboratorio.  

In origine era previsto che il neomorfo si scontrasse con il protomorfo. Una lotta spettacolare e all'ultimo sangue. Purtroppo la sequenze non si è mai vista: è stata rimossa già dalle prime bozze della sceneggiatura. 

La fisiologia e la struttura corporea del neomorfo sono state ispirate dall'anatomia di un pesce cartilagineo del mondo reale: lo squalo goblin (Mitsukurina owstoni), detto anche squalo folletto. I denti di tale pesce abissale sono in grado di protendersi quando attaccano la preda per fare più danni, puntando direttamente verso l'esterno in modo tale da consentire una presa migliore. Si noti che i neomorfi non hanno la doppia mascella con la parte interna a scatto, tipica degli xenomorfi. 
 
Una squallida critica

Mi sento in dovere di riportare un paio di interventi della critica, non proprio encomiastici, pur non approvandoli.  
 
"Come sono rimasto soddisfatto dalla magnificenza delle scene di Prometheus, pur con la selva di stupidate senza senso nella sceneggiatura, sono rimasto delusissimo dalla pochezza di Covenant. A parte la scena iniziale, nella sala bianca, il resto credo che non lo abbia girato Scott. Non può avere girato un filmetto mediocre dell'orrore, di serie B. Se sì, allora va fermato."
(Leo Ortolani)

"Covenant è per i fan di Alien più o meno quello che Star Wars VII è per i fan di Star Wars, un riassuntone di cose, musiche, suoni, impostazioni, alieni, che non funziona, scadendo spesso nell'imbarazzante, senza la grandiosità e la tensione di Prometheus. Covenant è un film piccolo, cucito su idee buone, ma girato con la sinistra. Alla fine, l'alieno fa la figura del solito squalo nei film di squali dell'estate: una comparsa scontata."
(Leo Ortolani)  
 
Trovo questi interventi assurdi e piuttosto insensati, fissati come sono su puri e semplici gingilli tecnici. 

Ghostwriters a caccia nel Web? 

Ora vi sottopongo un caso che è veramente strano. Potrebbe anche non sussistere ed essere il frutto della mia mente febbrile e paranoica. Enuncio i fatti e lascio il giudizio finale a eventuali lettori. Nell'ormai lontano 2009, un po' di anni prima che il film di Ridley Scott fosse girato, avevo pubblicato un post sul blog Cosmonemesi (che a quei tempi era ospitato dalla piattaforma IoBloggo, ormai estinta). Lo riporto in questa sede:  


mercoledì 7 ottobre 2009

Coscienza alterata?

Segnali radio. Una pulsar che trasmette il ritornello di una canzone dei Beatles. 

Certo, nel film la musichetta è Take Me Home, Country Roads di John Denver, ma la sostanza non cambia di molto. Ho soltanto un dubbio: che probabilità ci sono che una simile idea possa saltar fuori nella Noosfera umana due volte in completa indipendenza? A parer mio ben poche. I Ghostwriters esistono e girano tra i relitti blogosferici alla deriva nel Nulla, alla ricerca di idee interessanti da presentare ai loro padroni perché le possano sfruttare al meglio. Se non avessi scritto quel post grottesco sulla pulsar musicale, forse non sarebbe esistito nemmeno il segnale radio captato dalla nave colonizzatrice Covenant! Sono poi venuto a sapere che in origine il segnale doveva essere una preghiera, non una musica. L'idea della preghiera fu scartata perché d'un tratto sembrava "troppo banale".  Interessante.

venerdì 3 settembre 2021

IL MISTERO DELLA SCOMPARSA DEI CANI AMERICANI PRECOLOMBIANI

Quando è giunto il cane nelle Americhe? Non essendo un animale autoctono, il problema della comparsa di Canis lupus familiaris è strettamente collegato con quello dell'arrivo di Homo sapiens. Esistono inveterate controversie cronologiche a proposito del popolamento umano dalla Siberia all'Alaska attraverso la Beringia, un istmo sullo stretto di Bering che collegava la Siberia all'Alaska durante i periodi glaciali del Pleistocene: per tutto il XX secolo prevaleva la teoria che lo collocava a circa 14.000 anni fa, mentre in seguito si è cominciata a far strada l'idea che la comparsa degli umani moderni si debba retrodatare notevolmente, a 20.000 o addirittura a 60.000 anni fa. Il punto è che l'introduzione dei cani sembra essere molto più recente. I più antichi resti canini finora ritrovati nello Utah, nel sito di Danger Cave, sono stati datati tra il 9.000 e il 10.000 a.C.; si è potuto dimostrare che questi cani erano discendenti del lupo grigio eurasiatico (Canis lupus lupus). Le testimonianze archeologiche, storiche ed etnografiche dimostrano l'uso estensivo del cane per le più svariate funzioni, per la caccia e la difesa, per compagnia e trasporto. Protagonista di rituali religiosi e talvolta divinizzato, molto spesso ha soddisfatto le necessità alimentari delle genti, diventando prezioso cibo. 

 
Nella prefazione al seminale lavoro An Amerind Etymologycal Dictionary di Joseph H. Greenberg e Merritt Ruhlen (2007, versione 12), è riportato quanto segue:  

The archaeological record shows that between 13,000 BP and 11,000 BP there was suddenly a rapid extinction of numerous species of large animals, an extinction that is often attributed to the first appearance of humans in the Americas. These animals had never seen humans before and thus had no fear of them, to their detriment.
In addition, it is now believed that dogs were first domesticated in East Asia around 15,000 years ago (Wade 2006). Since the first Americans brought domesticated dogs with them they could not have left Asia before 15,000 BP or they would have had no dogs. It thus appears that the first entry into North America took place not long after the domestication of dogs. For unknown reasons all of these Asian dogs brought to America have gone extinct, replaced by European dogs who arrived much later. 
 
Come di consueto, riporto la traduzione per gli anglofobi non anglofoni: 

"La documentazione archeologica mostra che tra 13.000 e 11.000 anni fa si verificò improvvisamente una rapida estinzione di numerose specie di grandi animali, un'estinzione che viene spesso attribuita alla prima comparsa dell'uomo nelle Americhe. Questi animali non avevano mai visto gli esseri umani prima e quindi non ne avevano paura, a loro discapito.
Inoltre, si ritiene ora che i cani siano stati addomesticati per la prima volta nell’Asia orientale circa 15.000 anni fa (Wade 2006). Poiché i primi americani portarono con sé cani domestici, non avrebbero potuto lasciare l'Asia prima di 15.000 anni fa altrimenti non avrebbero avuto cani. Sembra quindi che il primo ingresso nel Nordamerica ebbe luogo non molto tempo dopo l'addomesticamento dei cani. Per ragioni sconosciute tutti questi cani asiatici portati in America si sono estinti, sostituiti dai cani europei arrivati ​​molto più tardi." 

Certe affermazioni contenute nel testo riportato lasciano un po' perplessi: è molto difficile credere che le tigri dai denti a sciabola fossero inoffensive come i Puffi soltanto perché non avevano mai visto un essere umano! Mi sembra ingenuo dire che i primi Americani non avrebbero avuto cani se fossero migrati dall'Asia in epoca antecedente a 15.000 anni fa. Il miglior amico dell'uomo sarebbe giunto in un secondo momento e il suo allevamento si sarebbe diffuso come qualsiasi innovazione tecnologica! Non c'è in questo nessuna contraddizione e la soluzione al problema rimarcato da Ruhlen è abbastanza ovvia, anche se i dettagli rimangono molto difficili da indagare. Evidentemente non c'è stata un'unica ondata migratoria dei primi Americani. Il cane domesticato è stato portato con sé da popolazioni che non furono le prime a mettere piede in tali masse continentali. Qualcosa di simile è accaduto in Australia, dove i primi abitanti dovettero affrontare una terribile megafauna di marsupiali (circa 65.000-50.000 anni fa), mentre i dingo furono importati molto tempo dopo come animali semidomestici, nel corso di un più recente movimento demico dall'India (circa 3.500 anni fa). 
 

Il cane nelle lingue del Nordamerica  
 
Greenberg e Ruhlen riconoscono tre diverse ondate di popolamento: una più antica, quella dei primi Americani, che avrebbero portato con sé l'antenato delle lingue amerindiane vere e proprie; una più recente, quella dei popoli Na-Dené, tra cui Navajo e Apache; una ancora più recente, quella connessa alla Cultura di Thule, che ha portato gli Inuit fino alla Groenlandia, restando limitata alle regioni artiche. Tutti i popoli della Mesoamerica e del Sudamerica sono discendenti della prima ondata. Tuttavia, se analizziamo le parole per indicare il cane in varie lingue nelle lingue risalenti all'ondata più antica, non emerge una protoforma comune. Molte protoforme di singole famiglie linguistiche potrebbero essere derivate da remote onomatopee. Altre denominazioni potrebbero provenire da linguaggi arbitrari creati dagli sciamani nel corso dei millenni, per la necessità di sostituire parole diventate tabù. Consapevole di non poter riportare in questa sede dati esaustivi, fornisco alcune informazioni significative sulle parole per indicare il cane in un certo numero di lingue del Nordamerica. 
 
1) I fase: si formano le lingue Amerindiane
 
Lingue Algonchine 
Proto-Algonchino: *aθemwa "cane" 
Abenaki: alemos "cane"
Arapaho: heʔ "cane"
Blackfoot: immitta, imitááwa "cane" 
Cheyenne: hotame, oeškeso "cane"
Cree: atim "cane" 
Fox: anemôha "cane"  
Gros Ventre: ot "cane" 
Massachusett: anùm "cane"
Miami: alemwa "cane" 
Micmac: lmu'j "cane"  
Ojibwe: animosh "cane" 
Ottawa: nim "cane" 
Potawatomi: numosh "cane"
Powhatan: atemos "cane"
Shawnee: wii'ši "cane"
 
Lingue Irochesi  
Proto-Irochese: *ki:ɹ "cane" 
Cayuga: so:wa:s "cane"
Cherokee: gitli "cane" 
Mohawk: é:rhar "cane"
Oneida: é:lhal "cane" 
Onondaga: ji:hah "cane"
Seneca: ji:yäh "cane" 
Tuscarora: chír, gís "cane" 
Wyandot: agnienon, yunyeno "cane" 
 
Lingue Muskogee   
Alabama: ifa "cane"
Chickasaw: ofi' "cane" 
Choctaw: ofi "cane" 
Creek: efv (pron. /'ɪfə/) "cane"
Koasati: ifa "cane" 

Lingue Caddo 
Arikara: xaátš "cane"
Caddo: dìitsi' "cane"
Pawnee: asakis "cane"
Wichita: kitsiya "cane"
 
Lingue Penuti (classificazione incerta)  
Chinook: kamuks "cane" 
Maidu: söm "cane" 
Miwok (Centrale): chuku "cane"
Miwok (Costa): hayuusa "cane"
Miwok (Sierra del Sud): haju "cane" 
Nez Percé: cíq'a·mqal "cane"
Wintu: suku "cane"
Yokuts (Choinimni): teejej "cane"
Yokuts (Chukchansi): teexa "cane" 
Yokuts (Yawelmani): huue "cane"     
 
Lingue Sioux
Proto-Sioux: *wašųke "cane" 
Crow: bishká "cane" 
Hidatsa: mashúga "cane" 
Assiniboine: šųga "cane" 
Dakota: šųka (shunka) "cane"
Lakota: šuŋka (shunka) "cane"; "cavallo"
Omaha: šąge "cane"
Osage: šǫke "cane" 
Chiwere (Iowa): šúnkeñi, shunkéñe "cane" 
Winnebago: šųųk "cane" 
Biloxi: acǫki, cǫki "cane" 
Ofo: atchûñki "cane"
Catawba: tansi "cane"
 
Lingue Hoka 
Achumawi: cahómaka "cane" 
Atsugewi: ho'ma "cane"
Chimariko: sitcela "cane" 
Chumash: huču "cane" 
Cochimi: ethat "cane" 
Esselen: canaco "cane" 
Karok: čišiih "cane" 
Kiliwa: that "cane"
Kumiai: hut "cane"
Maricopa: xatk "cane" 
Mohave: hatchoq "cane"  
Pomo: hayu "cane" 
Salinan: xutc "cane"
Seri: haxz "cane"
Shasta: 'á·psu "cane"
Yana: suusu "cane"  

Lingue Uto-Azteche del Nordamerica 
Comanche: sarii "cane"  
Soshone: sadee' "cane" 
Hopi: pòoko "cane" 
Paiute: toku "cane" (1) 
Cahuilla: 'áwal  "cane" 
Gabrielino: wushii' "cane"

(1) Sembra un prestito dall'inglese dog.
 
Lingue isolate del Nordamerica  
Beothuk: mammasamit "cane" 
Kutenai: halchin "cane"
Natchez: washkup "cane"
Timucua: efa "cane" (2)
Tonkawa: 'ekwan "cane"  
Tunica: sa "cane"
Zuni (Zuñi): watsida "cane" 
 
(2) Evidente prestito da una lingua Muskogee.

2) II fase: lingue Na-Dené 
Apache (Occidentale): góshé "cane"; łichánee "cane" 
Apache (Jicarilla): chííní "cane" 
Apache (Mescalero): chúúné "cane" 
Navajo: łééchąą'í (lha-cha-eh) "cane" 
Koyukon: łeek "cane" 
Tolowa: hlen "cane"
Tulutni: łi "cane" 
Wailaki: naat'i "cane"
Eyak: x̣ewa· "cane" 
Haida: xa "cane" (forma definita: xáay)
Tlingit: kyetl, keitl "cane" 
 
3) III fase: lingue Eschimo-Aleutine 
Proto-Eskimo: *qikmi- "cane"
Inuktituk: qimmiq "cane" 
Inupiaq: qipmiq "cane"; puŋŋūq "cane" (parola del
     linguaggio degli sciamani)
Yupik Siberiano: qikmik "cane"  
Yup'ik: qimugta "cane"
Sirenik: qepeneẋ "cane" 
Alutiiq: qiqmiq, piugta "cane" 
Inuinnaqtun: qinmiq "cane"  
Nunaviq: qimmiq "cane" 
Groenlandia Settentrionale: qimmiq "cane"
Groenlandia Occidentale: qimmeq "cane"
Groenlandia Orientale: qimmiq "cane"

La lingua aleuta ha sabaakaẋ "cane", un evidente prestito dal russo собака (sobaka) "cane". Non sono riuscito a reperire la parola nativa, che spero non sia andata perduta. 


 
La protolingua amerindiana ricostruita da Greenberg-Ruhlen è stata criticata in modo pesante, ma non è questa la sede per approfondire la questione. Il problema più grave e pressante è un altro. Lo sintetizzo in tre domande: 
1) Perché i cani americani precolombiani sarebbero scomparsi? 
2) Hanno lasciato qualche traccia genetica o sono stati completamente cancellati? 
3) Siamo poi così sicuri che tutti i loro lignaggi si siano estinti? 
 
Controversie sulla genetica
 
Un articolo molto interessante (Van Asch et al., 2013), presente nella National Library of Medicine, giunge a conclusioni in netto contrasto con l'idea della completa scomparsa degli antichi cani enunciata da Greenberg-Ruhlen. Si intitola Pre-Columbian origins of Native American dog breeds, with only limited replacement by European dogs, confirmed by mtDNA analysis, ossia "Le origini pre-colombiane delle razze canine dei Nativi americani, con solo una limitata sostituzioni da parte di cani europei, confermata dall'analisi del DNA mitocondriale". Questo  è il link:
 
 
Sono portato a dare grande credito al lavoro di Van Asch et alteri. Va detto che si ravvisano contraddizioni insanabili tra questo studio ed altri successivi. In particolare, l'articolo The evolutionary history of dogs in Americas, ossia "La storia evolutiva dei cani nelle Americhe" (Ní Leathlobhair et al., 2018), afferma che i cani precolombiani, con la sola eccezione di quelli della Cultura di Thule, sarebbero stati completamente sostituiti dai cani europei. Non solo: l'eredità principale lasciata dai cani scomparsi si ridurrebbe in buona sostanza a un tipo di tumore venereo trasmissibile. Gli autori giungono alla conclusione che i cani precolombiani avessero un marcatore genetico oggi completamente scomparso, il cui parente più prossimo si trova nelle razze di cani artici introdotti dagli Inuit - antenati dell'Alaskan Malamute, dell'Alaskan Husky e del Groenlandese. Questo è il link: 
 
 
Converrete che tutto questo alimenta una grande confusione. Va da sé che il lavoro di Van Asch e quello di Ní Leathlobhair appaiono incompatibili. Più si indaga, più cresce la nettissima impressione di non riuscire ad arrivare da nessuna parte. Tutti dicono di aver scansionato il genoma di cani attuali e di resti di cani antichi, confrontandone le sequenze cromosomiche. Tutti dicono di aver eseguito le analisi più approfondite e rigorose. Mi pare evidente che il problema non sia nei dati, che per loro natura sono quello che sono, bensì nella capacità di interpretarli. Non si è trovato finora un modello concettuale capace di rendere conto delle incongruenze emerse. Potrebbe anche esserci il sospetto che siano presenti dei bias cognitivi dovuti a contaminazioni ideologiche di qualche tipo. 
 
 
Lo strano caso del cane della Carolina
 
Particolarmente studiato è il caso del cane della Carolina (Carolina dog, detto anche yellow dog, yaller dog, American dingo, Dixie dingo). È un cane di media grandezza che somiglia molto a un dingo giallastro. Si trova talvolta allo stato selvatico nel Sud est degli Stati Uniti. Le prime documentazioni risalgono agli inizi del XX secolo: nel 1920 il naturalista americano Glover Morill Allen ha descritto l'animale, ipotizzandone l'origine antica dal cane asiatico primitivo. Un'origine almeno in parte precolombiana è stata ipotizzata anche in seguito (Brisbin, 1997). Sono state fatte analisi del DNA mitocondriale (Arora et al., 2013), i cui risultati sono i seguenti: 
 
1) 58% del mtDNA ha aplotipi in comune con tutti i cani (aplotipi universali);  
2) 5% del mtDNA ha aplotipi in comune con cani della Corea e del Giappone;
3) 37% del mtDNA ha un aplotipo unico, mai registrato prima.
 
Il cane della Carolina è stato analizzato anche nel già citato lavoro di Van Asch et alteri del 2013 e in un altro lavoro dello stesso anno: l'articolo di Jack Kitt, D.N.A. backs lore on pre-columbian dogs
Anche Ní Leothobhair et alteri hanno analizzato materiale genetico del cane della Carolina, trovando il 33% di lignaggio precolombiano. Avendo assunto come dogma l'estinzione completa dei cani precolombiani, questi autori sono giunti a un'incredibile conclusione: il cane della Carolina potrebbe derivare da incroci moderni con cani artici. A tanto può giungere la pervicacia estrema dell'ideologia, a negare l'evidenza stessa dei fatti, anche a rischio di contraddirsi! 
 
Il cruciale problema degli ibridi

Un'idea a mio avviso molto proficua riconduce la peculiarità del genoma dei cani precolombiani ad antichissime pratiche di ibridazioni del cane di origine asiatica con i lupi americani (diverse sottospecie) e con il coyote (Canis latrans). Nel sito di Arroyo Hondo Pueblo, in Nuovo Messico, sono stati trovati resti che provano l'uso di coyote addomesticati, risalenti al XIV secolo d.C. (Monagle et al., 2018). Presso gli Hare del Canada era allevato un cane peculiare, che era con ogni probabilità un ibrido col coyote o addirittura un coyote addomesticato. Il suo manto era bianco e bruno. Era utilizzato come cane da caccia. Incroci di questo genere non sono sconosciuti nemmeno nel mondo contemporaneo: nell'inglese d'America li si indica con la parola coydog (un portmanteau di coyote e dog). Gli ibridi così ottenuti, di entrambi i sessi, sono fertili e possono essere allevati con successo per quattro generazioni (Young, 1978). Nel Messico precolombiano si hanno prove archeologiche dell'allevamento di canidi ibridi col coyote e col lupo messicano, Canis lupus baileyi (Valadez et al., 2006). Per qualche motivo, nel mondo accademico esiste una grande riluttanza ad ammettere la possibilità stessa dell'esistenza di contributi al genoma canino non provenienti da Canis lupus lupus, come se fosse una specie di dogma scientista anziché il risultato di una ricerca scientifica intellettualmente onesta. Qualsiasi studio che tocca questo tema è de facto scoraggiato e boicottato.
 
I cani in Mesoamerica e in Sudamerica 
 
Rispetto al Nordamerica, le cose si fanno ancora più complicate nella Mesoamerica e in Sudamerica. Il cane ha avuto un ruolo importante in tutte le grandi civiltà precolombiane sorte in quella che oggi è conosciuta come America latina. L'introduzione dei cani in Sudamerica dovette avvenire tra 7.500 e 4.500 anni fa (5.500 - 3.500 a.C.) nelle aree agricole delle Ande, irradiandosi in seguito anche in Amazzonia e nelle Pampas dell'Argentina. Il più antico reperto trovato finora in Brasile è stato datato al radiocarbonio e dovrebbe risalire a 1.700 - 1.500 anni fa. Non conosco nemmeno un caso di un popolo amerindiano delle più impervie regioni, che fosse talmente isolato da ignorare l'esistenza e l'uso dei cani. Passiamo in rassegna alcuni casi a mio avviso molto interessanti.  
 

I cani glabri degli Aztechi 

In Nāhuatl esistono due parole per indicare il cane. La prima è chichi (plurale chichimeh). La seconda è itzcuintli (plurale itzcuintin) Non sono differenziate per genere: il cane non è distinto dalla cagna. La glossa spagnola per queste parole è "perro o perra" (Alonso de Molina, 1555, 1571). Forse sarebbe meglio tradurre itzcuintli con "segugio", perché indicava soprattutto un cane da caccia e da guardia, mentre il cane chiamato chichi era ingrassato e usato unicamente come cibo. Il tipo più comune di cane glabro da carne era il tlālchichi, il cui nome è derivato da tlālli "terra", chichi "cane", perché aveva le zampe molto corte. La carne più consumata dagli Aztechi era proprio quella di cane, considerata meno pregiata di quella di tacchino. Il segugio per eccellenza era chiamato xōloitzcuintli (xōlōitzcuintli). Il composto deriva dal teonimo Xōlotl, alla lettera "Servo", che indicava un dio creatore gemello di Quetzalcōātl. Connesso con la Stella del Mattino, Xōlotl era una sorta di psicopompo che aiutava le anime dei morti a discendere verso Mictlān, ossia l'Ade. 
Ancora oggi esiste in Messico una razza di cani glabri o a pelo corto chiamati in questo modo: la forma parzialmente ispanizzata del nome è xoloitzcuintle; una comune abbreviazione è xolo. In spagnolo si chiama anche perro pelón mexicano.
Il primo europeo a essere colpito dai cani messicani pingui e senza pelo fu proprio Hernán Cortés (1485 - 1547). Alcuni archeologi rimbecilliti mettono in dubbio le parole dell'avventuriero, senza tener conto che sono confermate da molti documenti in lingua Nāhuatl composti in epoca coloniale. Gli stessi Conquistadores furono grandissimi divoratori di cani glabri, tanto che li avviarono verso l'estinzione. Sempre sobrio nei suoi giudizi, Jacques Soustelle ci dice che a causa dell'introduzione del Cristianesimo, a un certo punto in Messico si perse l'abitudine di mangiare i cani. Sono più propenso a credere che il motivo sia stato la carenza di materia prima, dato che gli stessi Spagnoli non erano particolarmente schifiltosi a questo proposito.  

Lingue Uto-Azteche del Messico 
Cora: tzeuk "cane" 
Huichol: chɨ "cane" 
Opata: chúchi "cane" 
Papago (O'odham): gogs "cane" (pl. gogogs)
Pima: gogs "cane" (pl. gogogs)
Tarahumara: kochí "cane" 
Yaqui (Cáhita): chuu'u "cane" 
Nāhuatl classico: chichi, itzcuintli "cane" 
Pipil: pelu "cane" (3) 

(3) Evidente prestito dallo spagnolo perro
 
Non è facile ricostruire una protoforma plausibile. Potremmo ipotizzare qualcosa come *kjɨkji "cane", in ultima istanza di origine onomatopeica, sulla base del Nāhuatl, dell'Opata, dello Huichol e del Tarahumara, forse anche del Cora e dello Yaqui. A dir poco enigmatica è l'origine ultima di itzcuintli, che non sembra avere paralleli esterni. Una cosa davvero curiosa è il passaggio di questa parola allo spagnolo del Messico, dove escuincle è giunto a significare "bambino" e soprattutto "bambino di strada".   
 
I cani dei Maya 
 
Nelle lingue della famiglia Maya, che nulla hanno a che fare con quelle Uto-Azteche, la situazione è ancora più intricata: sembrano esserci radici diverse per sottogruppo. Sembra quasi che i cani domestici siano stati acquisiti dopo la divisione del proto-Maya in diversi rami. Come spesso accade, i dati archeologici non collimano con quelli linguistici. 
 
Lingue Maya 
Proto-Maya (Yucateco): *peek' "cane"
Proto-Maya (Centrale): *tz’iʔ "cane" 
Yucateco: peek' "cane" 
Maya Itza': pek' "cane"  
Lacandon: pek' "cane"  
Maya di Mopan: pek' "cane"
Tzeltal: tsit "cane"  
Tzotzil: tz'i' "cane" 
Achi: 'ij "cane"
Cakchiquel: tz'i' "cane" 
Quiché: tz'i' "cane" 
Chuj: tz'i' "cane"
Tojolabal: ts'i' "cane"  
Acateco: tx'i' "cane"
Mocho: ch'i' "cane" 
Aguacateco: tx'i' "cane"
Mam: tx'ya'n "cane" 
Ixil: tx'i' "cane"
Kekchí: tz'i' "cane"  
Pokomam: tz'i' "cane" 
Pocomchi: tz'i' "cane" 
Sacapulteco: tz'e' "cane"
Ch'ol: ts'i' "cane"
Ch'orti: tz'i' "cane"
Chontal di Tabasco: wichu' "cane"
Huasteco: pic'o' "cane"
Chicomucelteco: sul "cane"

Il nome del cane in Chicomucelteco è un prestito da una lingua Misumalpa: Sumu sulu "cane", Ulua solo "cane", Matagalpa sulo "cane", Rama sula, suli "animale".

 
Analisi genetica del chihuahua
e dello xoloitzcuintli: 
siamo a un punto morto? 

Ricordo che un navigatore su Quora aveva posto una domanda interessante sulle origini genetiche del chihuahua. Subito l'Idiozia Artificiale di quell'orrido social network ha assemblato una risposta dogmatica che non ammetteva repliche. Mostrava addirittura un grafico a torta con le componenti genetiche dell'infernale cagnolino grottesco, da cui emergeva la totale assenza di materiale precolombiano. L'autore arrivava addirittura a ipotizzare un'origine cinese del simpatico animaletto. Chiunque abbia un minimo di buonsenso noterà che il chihuahua somiglia molto al cane senza pelo che i gloriosi Aztechi chiamavano techichi. Il nome, alla lettera "cane di pietra", sembra un composto di tetl "pietra" e chichi "cane" - ma potrebbe anche trattarsi di un'etimologia popolare, visto che la semantica è tutt'altro che soddisfacente. Si potrebbe interpretare così: il techichi aveva una pelle tanto lucida e tesa da sembrare fatto di pietra liscia. Ci sono poi alcuni dettagli che non quadrano alla perfezione. Il techichi non aveva pelo, mentre il chihuahua, per quanto sia in genere a pelo corto, non può essere definito glabro. Inoltre il techichi era un cagnolino muto, mentre il chihuahua non lo è. I cihuahua fanno un baccano incredibile e sono molto aggressivi, tanto che affrontano con estremo coraggio cani di dimensioni molto maggiori alle loro. Ho visto chihuahua scagliarsi contro pastori tedeschi, senza provare il benché minimo cedimento. "Anche il più piccolo chihuahua ha il cuore di un lupo" (cit.).
Lo studio genetico di Von Asch ha invece confermato la presenza di una percentuale non trascurabile (circa il 3%) di materiale genetico precolombiano nel chihuahua. Le analisi fatte sullo xoloitzcuintli hanno confermato una percentuale simile (circa il 4%) di materiale genetico precolombiano. Si tratta di geni esclusivi dei cani anteriori all'arrivo di genti dall'Europa. In realtà la percentuale di materiale precolombiano sarà molto maggiore, visto che molte sequenze sono comuni a tutti i discendenti del lupo grigio europeo. Perché queste ovvietà quasi lapalissiane non vengono proclamate pubblicamente dal mondo accademico? 
 

Il cane e il giaguaro 
 
A quanto ne sappiamo, le genti Caribe non avevano un vocabolo specifico per indicare il cane: davano all'animale il nome del giaguaro. L'opinione di molti accademici è che il cane in origine fosse sconosciuto e che, essendoci bisogno di una parola per indicarlo, sia stata usata quella che designava un predatore ben più temibile. A mio avviso è più probabile che si trattasse di un tabù linguistico. Per qualche ragione superstiziosa, il cane non poteva essere nominato, quindi fu persa la memoria del suo nome originale. Questi sono i nomi del cane/giaguaro nei principali gruppi di lingue Caribe:   
 
Lingue Caribe 
Protoforme ricostruibili: 
   Proto-Caribe: *akôro "cane; giaguaro"
   Proto-Caribe: *kaikuti "cane; giaguaro" 
Gruppo Xingú: 
   Bakairí: aká "giaguaro" 
   Nahukwá: ikere "giaguaro" 
   Kuikutl: tonuriñe "giaguaro" 
   Kalapalo: turúgitiñe "giaguaro"
Gruppo Arára: 
  Arára: okoró "giaguaro" 
  Pariri: hogró "giaguaro" 
  Apingi: okori "giaguaro"  
Gruppo Carijona:  
  Guaque: kaikuchi "giaguaro"
  Carijona: kaikusi "giaguaro"
  Umáua: kaikudzyi "giaguaro" 
Gruppo Motilon: 
  Yupe: isóʔo "giaguaro"  
  Chaque: isó "giaguaro" 
  Macoa: ísho "giaguaro" 
  Maraca: e:sho "giaguaro"
  Iroca: esho "giaguaro"
Gruppo Tamanaco: 
  Tamanaco: akére "giaguaro"  
  Chayma: kocheiku "giaguaro" 
  Cumanagota: kozeiko "giaguaro" 
  Palenque: ekere "giaguaro"  
Gruppo Maquiritaré: 
  Decuána: máedo "giaguaro" 
  Yecuaná: maro "giaguaro" 
Gruppo Mapoyo: 
  Mapoyo: ékire "giaguaro" 
  Yauarána: hékele "giaguaro"
Gruppo Taurepán:
  Taurepán: kaikusé "giaguaro" 
  Arecuna: kaikusi "giaguaro" 
  Camaracoto: kakutse "giaguaro"
  Ingarico: kaikushi "giaguaro" 
  Acawai: kaikushi "giaguaro"  
Gruppo Macusi: 
  Purucoto: kaikudzé "giaguaro" 
  Wayumara: kaikushi "giaguaro" 
  Paraviyana: ekölé "giaguaro" 
  Zapará: ekelé "giaguaro" 
Gruppo Yauapery:  
  Yauapery: kokoshí "giaguaro" 
  Uaimiri: kúkúboi "giaguaro"
  Orixaná: ekeré "giaguaro"
Gruppo Waiwai: 
  Waiwai: yaypí "giaguaro"
  Parucoto: akeré "giaguaro"
Gruppo Chiquena: 
  Pauxi: uau "giaguaro" 
  Uayeué: maipuri "giaguaro" 
  Cachuena: kaikesú "giaguaro" 
  Mutuan: zyairú "giaguaro"
Gruppo Trio: 
   Trio: maipuri "giaguaro"
   Urucuyena: maipurí "giaguaro"
   Tliometesen: mashibuli "giaguaro"  
   Pianocoto: maipuri "giaguaro"
Gruppo Orientale: 
  Waiana: yauéri "giaguaro" (4)
  Urupui: yaueri "giaguaro" (4)
  Rucuyene: maipuri "giaguaro"
  Apalai: machipuri "giaguaro" 
Gruppo Occidentale: 
  Caraib: kahikushi "giaguaro" 
  Galibi: kaikusi "giaguaro" 
  Carif: gáigusi "giaguaro"  

(4) Prestito da una lingua Tupí.

Col passare del tempo, alcuni popoli di stirpe Caribe hanno cominciato a sentire l'esigenza di distinguere in modo chiaro il cane dal giaguaro, giungendo così a utilizzare nuovi vocaboli o locuzioni. Questi sono pochi esempi significativi: 
 
Carijona (Guaque): kaikuchi ekunu "cane"; kaikuchi
    anotona "giaguaro" 
Bakairí: ukodo "cane"; aká "giaguaro" 
Carib: pero "cane" (3); kaikusi "giaguaro"  

(3) Evidente prestito dallo spagnolo perro

 
I cani degli Incas

Il cane era ben noto agli Incas, che ne allevavano diverse razze, tra le quali una varietà senza pelo e un cane da pastore usato nell'allevamento dei due camelidi andini domestici, il lama e l'alpaca. Esistevano cani a muso lungo e a muso corto. Esisteva persino una razza simile al bassotto tedesco (Dachshund), oltre a una che ricordava il bulldog. Ovviamente si tratta di "convergenze evolutive". Ad occuparsi di questi antichi cani peruviani sono stati i seguenti studiosi: Tschudi (1844-1846), Nehring (1884), Reiss e Stubel (1880-1887), Gilmore (1950), Gallardo (1965). In epoca coloniale, il cronista di stirpe incaica Guamán Poma de Ayala (1534 - 1615) descrisse queste razze nelle sue opere.     

Varietà della lingua Quechua 
Proto-Quechua: *aʎqu "cane" 
Quechua classico: allqu "cane" 
  Cuzco: alqo, allqo "cane" 
  Ancash: allqo "cane" 
  Ayacucho: allqo "cane"  
  Cajamarca: allqo "cane"  
  Huanca:
  Huánuco: allqu "cane" 
  Imbabura: allku "cane"
  Incahuasi: allqu "cane" 
  Lamista: allku "cane" 
  Laraos: alqu "cane" 
  Quillcay: achcu, ashcu "cane"
  Santiago del Estero: allqo, ashqo "cane" 
 
Derivati 
  allqucha "cagnolino" 
  allquchay "burlarsi di qualcuno" 
  allqu china "cagna" (lett. "cane femmina")
  allqu isma "merda di cane" 
  allqu ispa "piscia di cane" 
  allqu kuru "verme di cane" 
  allquqa aychata achun "il cane porta via la carne" 
  hatun sach'a allqu "cane selvatico" 
 
Altre parole Quechua per indicare cani
Proto-Quechua: *ch'uli "cane da pastore"  
  Cuzco: ch'uli "cane da pastore"
  Ayacucho: chuli "cane da pastore"  
  Cochabamba: ch'uli "cane da pastore" 
Proto-Quechua: *phichu "cane" 
  Cuzco: phichu "cane" 
  Cochabamba: phichu "cane" 
  Santiago del Estero: pichu "cane"

Parole di sostrato 
  Ancash: chuschu "cagnolino" 
  Huanca: ashuti "cane"; pichi "cagnolino" 
  Lamista: kishki "cane"; kishichu "cagnolino"
      (parole amazzoniche)
  Santiago del Estero: kakchi, kaschi, kusku "cagnolino"
       (parole Kakán) 

Altre lingue parlate nell'Impero Inca 
Aymara: anu, anuqara "cane" 
Puquina: qomse "cane" 
Mochica: fanu "cane", biringo "cane senza pelo" 
Sechura: tono "cane"

Il cane pervuviano senza pelo è allevato ancora ai nostri giorni e si trova raffigurato su ceramiche di diverse culture preincaiche come Vicús, Mochica, Chancay, Chimú e Sicán. I nomi di questa razza in spagnolo sono i seguenti: perro calato, perro chimo, perro chimoc, perro chimú, perro de orquídea peruano, perro inca, perro peruano, perro peruano sin pelo, perro pila, perro sin pelo del Perú, perro sin pelo peruano, viringo. Il nome viringo, usato anche col senso di "nudo", è di origine Mochica. 
Il cane peruviano da pastore, denominato Chiribaya o perro pastor peruano (si ignora il suo vero nome), è attualmente estinto. A quanto pare aveva il pelo corto e giallastro. Sono stati trovati resti mummificati risalenti a circa 1.000 anni fa, che dimostrano l'esistenza di un suo culto.
Il cholo (Quechua: chulu) è descritto dal cronista Garcilaso de la Vega (1539 - 1616) come un cane non di razza, bensì bastardo e mordace. La parola è stata applicata anche ad esseri umani, per indicare i meticci nati da genitori europei e indigeni. Per ironia della sorte, proprio Garcilaso del la Vega fu uno dei primi meticci del Sudamerica. 
Attualmente la parola cholo (femminile chola) è usata nello spagnolo di diversi paesi dell'America latina, col significato di "meticcio", ma anche di "persona con tratti somatici degli indigeni". Infine esiste anche il senso di "gangster", particolarmente diffuso in Messico. Questo vocabolo si è diffuso dal Messico anche nell'inglese gergale degli Stati Uniti. La parola Quechua chulu "ibrido, bastardo", che prima della Conquista era applicata ad animali, non aveva distinzione di genere. Nella lingua dell'Inca non esisteva il concetto di genere grammaticale espresso tramite particolari desinenze: se proprio si vuone specificare che si tratta di una cagna, è necessario dire allqu china, alla lettera "cane femmina". Nelle attuali varità di Quechua si trovano forme femminili come chula, chola "meticcia", prese dallo spagnolo. 

 
Il caso dei cani della Terra del Fuoco
 
Nella Terra del Fuoco abitavano quattro notevolissime etnie: 
1) gli Shelk'nam, più noti come Ona; 
2) gli Haush, che chiamavano se stessi Manekenkn; 
2) gli Yámana, impropriamente chiamati anche Yahgan; 
3) gli Alakaluf, che chiamavano se stessi Kawesqar. 
Questi erano a quanto pare gli unici popoli della Terra i cui cani derivavano dal culpeo (Lycalopex culpaeus) e non dal lupo grigio euroasiatico (Canis lupus lupus).  
Questo tipo di cane, noto come cane fuegino (spagnolo perro fueguino o perro yagán), era chiamato wuisn (visne) /wisnʔ/ o šàhlki nella lingua degli Shelk'nam e yachala nella lingua degli Yamana. I Kawesqar settentrionali lo chiamavano kiurro (qyoro), mentre i Kawesqar centrali lo chiamavano chalki (salqhe). Per i Kawesqar meridionali è attestata la forma seloqhe. Ci è nota un'altra denominazione Kawesqar del cane, tshikouelé, la cui esatta attribuzione non è certa. 
Purtroppo non possiamo più accertare la verità. Gli Shelk'nam, trattati come immondizia dai coloni, soprattutto da quelli di origine scozzese, furono sterminati nel modo più aberrante e brutale. Cacciati come animali, avvelenati, distrutti dalle malattie importate, come il morbillo, finirono con l'estinguersi. Si nota che l'ostilità feroce nei confronti di questo popolo non risparmiava neppure i cani. Quando la popolazione di un villaggio veniva distrutta, anche i suoi cani venivano abbattuti senza pietà, in quanto considerati "brutti", "deformi", "innaturali". Erano tutti indegni pregiudizi: l'animale era di bell'aspetto, col manto bianco chiazzato di bruno. Sappiamo tuttavia per certo che esistono esemplari impagliati di cani fuegini; non è escluso che in futuro il loro materiale genetico possa essere estratto e studiato a fondo. 
La lingua degli Shelk'nam e quella degli Haush appartenevano alla famiglia Chon, tipica della Patagonia.   
 
Lingue Chon
Proto-Chon: *weʔačena "cane"
Tehuelche: wa(ʔ)čen "cane" 
   varianti attestate: uachen, vuachn, waachn, vuins 
   altre radici: kamhl "cane", shamehuen "cane" 
Teushen: wašna "cane" 
   varianti ortografiche: washna "cane"
   altre radici: jéljenoe "cane"
Shelk'nam: wisnʔ "cane" 
   varianti ortografiche: wuisn, visne, whiist, uéshn, etc.
   altre radici: hokrnó "segugio, cane corridore" 
   diminutivo: ská "cagnolino"  
Haush: wisna "cane" 
   varianti attestate: ishna "cane" 

Per approfondimenti, vedi Viegas-Barros (2006, 2015). In tutte le lingue della Terra del Fuoco, il nome del cane era ben distinto da quello del culpeo:  
 
Shelk'nam: wàhṣ "culpeo"
Kawesqar: kyúnčar "culpeo" 
Yamana: chiloe "culpeo"
 
 
Etimologia di culpeo  

Il nome culpeo ha la sua origine nella lingua Mapudungun, parlata dal fierissimo popolo cileno dei Mapuche, che un tempo erano conosciuti come Araucani. Questa è la forma originale della parola, trascritta nell'ortografia standard: 

külpew "culpeo" 
 
Probabilmente l'origine di questo zoonimo è da ricondursi a un vocabolo foneticamente simile: 
 
külpem "pazzo" 

Tradizionalmente i Mapuche considerano che il culpeo debba il suo nome alla parola che significa "pazzo", perché è un animale privo di paura, che non fugge dai cacciatori. Allo stato attuale delle mie conoscenze prendo per buona questa spiegazione, anche se potrebbe essere una semplice etimologia popolare. Moltissime parole Mapudungun sembrano derivate, tuttavia non si hanno elementi per ulteriori analisi. Un'altra possibilità è che sia piuttosto la parola che significa "pazzo" a derivare da quella che indica il culpeo. 
I Mapuche hanno sempre distinto in modo chiaro il culpeo dai loro cani, che erano tipicamente a pelo lungo. La parola Mapudungun per indicare il cane è trewa (thewa). Il cagnolino è invece chiamato kiltro.
Il culpeo è diffuso lungo tutta la cordigliera andina, arrivando fino in Colombia. In Quechua è chiamato atuq (atoq), parola tradotta comunemente con "volpe" (spagnolo zorro). In Aymara è chiamato qamaqi, atuqa o tiwula.

Una domanda angosciante:
il culpeo è coprofago? 

Si presenta un problema di non poco conto. Gli Shelk'nam avevano in sommo orrore la coprofagia, al punto che evitavano di mangiare la carne di animali mangiatori di escrementi umani. Quando i missionari cattolici portarono polli e maiali, dapprima gli Shelk'nam si rifiutavano di consumarne le carni, perché avevano visto tali bestie nell'atto di ingurgitare le feci delle persone. Quindi i casi sono due: 
1) Gli Shelk'nam non mangiavano la carne dei loro cani; 
2) I cani degli Shelk'nam, derivati dal culpeo, non erano coprofagi. 
Sappiamo che il culpeo è un carognaro, proprio come la volpe comune (Vulpes vulpes), con cui condivide numerose abitudini. Nel corso di una campagna di campionamenti sul campo, è stato scoperto che le volpi delle Highlands si cibano regolarmente delle feci dei cani (Lambin et al., 2018, 2019). Questo mi porta ad ipotizzare che anche il culpeo possa ingerire materia fecale. Sarebbe interessante poter disporre di maggiori informazioni.

Altri cani arcaici 

Esiste la concreta possibilità che prima dell'introduzione del cane derivato dal lupo grigio asiatico, esistessero nel meridione del Sudamerica cani di diversa origine, ottenuti dalla domesticazione di Dusicyon avus, un canide cerdocionino estinto in epoca abbastanza recente, circa 500 o 400 anni fa, secondo le stime più recenti (Prevosti et al., 2015). Quando furono esplorate le isole Falkland, vi fu trovata una specie endemica di canide che nell'aspetto ricordava un lupo. Questo animale, conosciuto come lupo delle Falkland, lupo antartico, lupo-volpe, volpe delle Falkland o volpe warrah, è stato studiato da Charles Darwin nel 1833, quando visitò le isole. Si è estinto qualche decennio dopo per via di una spietata persecuzione da parte dei Gauchos e dei pastori. È stato appurato che era proprio una sottospecie di Dusicyon avus. Gli è stato dato il nome scientifico di Dusicyon australis (Kerr 1792). Subito è sorto un problema: tale animale non sarebbe mai stato in grado di raggiungere e colonizzare le Falkland nuotando o giungendovi tramite tronchi flottanti. È stato ipotizzato che abbia utilizzato dei ponti di ghiaccio tra le Falkland e la terraferma, formatisi durante l'ultimo massimo glaciale (Austin et al. 2013). Questa è un'assurdità: l'animale non sarebbe riuscito a sopravvivere sull'arcipelago in condizioni tanto rigide. Doveva esservi stato portato più recentemente dagli esseri umani. Sono state poi trovate evidenze archeologiche dell'esistenza di una passata popolazione umana, estinta prima dell'arrivo degli europei; queste tracce sarebbero compatibili con la cultura degli Yámana (Hamley et al., 2021). Esiste quindi la probabilità che i lupi delle Falkland fossero semplicemente i discendenti dei cani di queste genti. Questo è il link all'interessantissimo articolo: 
 
 
 
I cani lanosi dei Chono  

I Chono, stanziati a nord delle isole dei Kawesqar fino all'isola di Chiloé, vivevano in condizioni di miseria estrema. Si cibavano di pesce, crostacei, molluschi e carne di mammiferi marini. Nonostante le temperature molto rigide, giravano quasi nudi. Le donne dovevano tuffarsi nelle acque per raccogliere il cibo. L'aspetto dei Chono era abbastanza inconsueto: avevano la pelle chiara ed erano comuni i capelli biondicci. Agli inizi del XVII secolo, nel corso di un loro viaggio, i due missionari gesuiti Melchor Venegas e Juan Bautista Ferrofino furono accolti dal cacique Talcapillán, che era un vero e proprio progressista. Aveva portato al suo popolo numerose innovazioni neolitiche. Praticava l'agricoltura: faceva crescere poche patate in un piccolo appezzamento. Queste patate venivano cucinate alla brace. Era riuscito a seminare anche del mais, che faceva molta fatica a crescere. Aveva poche pecora e alcuni grossi cani, che si distinguevano per una caratteristica: erano dotati di un pelo molto lungo, che serviva da lana per fare vestiti. Il cacique Talcapillán era un fautore della lingua dei Mapuche, che voleva far adottare alla sua gente: il suo stesso nome era Mapudungun e significava "Spirito del Tuono". Era anche un acceso sostenitore del Cristianesimo e non vedeva di buon occhio l'uso della droga: credeva che il Demonio operasse nelle cerimonie tradizionali e nella masticazione di foglie di coca importate. Patate, cereali, cani lanosi, una nuova lingua, una religione straniera, erano invece cose che lo entusiasmavano, proprio perché le percepiva come utili e moderne. Il problema è che la modernità porta con sé l'Oblio. Purtroppo non conosciamo il nome che i Chono davano al cane. Per approfondimenti si rimanda a Cárdenas (1991), Trivero Rivera (2005), Urbina Burgos (2007).   

Altre letture utili: