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domenica 25 marzo 2018

NOTE SUL LAVORO DI JACQUES

Guillaume Jacques (Centre des Recherchers Linguistiques sur l’Asie Orientale, Paris) e Johann-Mattis List (Max Planck Institute for the Science of Human History, Jena) sono gli autori del lavoro Save the Trees: Why We Need Tree Models in Linguistic Reconstruction (and When We Should Apply Them). Il manoscritto degli autori è consultabile al seguente link:


L'articolo è etichettato come "Authors manuscript" (sic). Si precisa altresì che "This article will appear in the Journal of Historical Linguistics in 2018, Volume 8".

Questa è la traduzione dell'abstract:

"Lo scetticismo verso il modello ad albero ha una lunga tradizione nella linguistica storica. Anche se gli studiosi hanno enfatizzato che il modello ad albero e la sua teoria concorrente, la teoria dell'onda, non sono necessariamente incompatibili, ha sempre goduto di una certa popolarità l'opinione secondo cui gli alberi genealogici non sono realistici e dovrebbero essere abbandonati completamente dalla linguistica storica. Questo scetticismo si è ulteriormente accresciuto con la tecnica, recentemente proposta, per una visualizzazione dei dati che sembra confermare che possiamo studiare la storia delle lingue senza gli alberi genealogici. Mostriamo che gli argomenti concreti addotti a favore dei modelli di onda anacronistica non reggono. Confrontando il fenomeno dell'ordinamento del lignaggio incompleto (incomplete lineage sorting) in biologia con i processi in linguistica, mostriamo che i dati che non sembrano risolvibili in alberi genealogici, possono essere ben spiegati senza rivolgersi alla diffusione. Nello stesso tempo, i limiti metodologici nella ricostruzione storica possono facilmente portare a una sovrastima della regolarità, che può a sua volta emergere come schemi conflittuali quando si tenta di ricostruire una filogenesi coerente. Illustriano con diversi esempi come gli alberi genealogici possono portare beneficio alla comparazione linguistica, ma facciamo anche notare i loro svantaggi nel modellizzare le lingue miste. Mentre riconosciamo che non tutti gli aspetti della storia della lingua sono rappresentabili con alberi genealogici, e che i modelli integrati che catturano le relazioni sia verticali che laterali di una lingua possono dipingere la storia della lingua in modo più realistico, concludiamo che sono essenzialmente erronei tutti i modelli che sostengono che le relazioni verticali di una lingua possono essere del tutto ignorati, sia che essi ancora usino implicitamente gli alberi genealogici, o che forniscano uno schema statistico di dati e quindi falliscano la modellizzazione degli aspetti temporali della storia della lingua." 

Dendrofobia e dendrofilia in linguistica 

L'autore fa una panoramica sull'origine dei modelli linguistici ad albero e delle reazioni scettiche che questi hanno generato. Il primo studioso che divulgò l'idea di classificare le lingue in alberi genealogici fu August Schleicher (1821-1866), da non confondersi con il fantomatico Egon Schleicher inventato da George Steiner. Egli partì dall'assunzione che il modo migliore per rappresentare la nascita e lo sviluppo delle lingue consistesse nell'usare l'immagine di un albero ramificato. Grazie a lui divenne comune l'uso del termine Stammbaum in linguistica. Le prime critiche giunsero da Johannes Schmidt (1843-1901) e da Hugo Schuchardt (1842-1927). Il primo di questi studiosi rimase molto sul vago, mentre il secondo cominciò a far notare che nelle varie lingue indoeuropee sono presenti distribuzioni molto irregolari di vocaboli. Le mappe delle isoglosse lessicali presentano lacune e solo poche caratteristiche sono presenti in tutte le lingue indoeuropee contemporaneamente. Da una stima fatta, risulterebbe che il greco antico e il sanscrito hanno in comune il 39% di parole imparentate, mentre si arriverebbe al 53% considerando il greco antico e il latino. Per quanto riguarda il latino e il sanscrito, la percentuale scende addirittura all'8%. Le percentuali reali possono essere più basse, dato che esistono etimologie fallaci da molti considerate valide (es. latino cālīgō "oscurità" - sanscrito kāla- "nero" sono falsi parenti). Come conseguenza, il modello ad alberi genealogici andò in crisi. Nacquero modelli alternativi che in realtà non spiegano nulla. Prevalse l'idea delle convergenze multiple che avrebbero portato realtà dissimili ad assomigliarsi per mutua influenza nel corso dei secoli. Tra l'altro, solo per fare un esempio, l'influenza dei sostrati preindoeuropei era gravemente sottostimata. Gli attuali dendrofobi hanno diversa origine: sono convinti che partendo col considerare una lingua come un organismo biologico si arrivi ineluttabilmente al darwinismo sociale e al razzismo. Il presupposto politico è l'associazione degli alberi genealogici con la genetica. Rimando all'articolo per un'approfondita disamina del moderno dibattito sugli alberi linguistici e sulla necessità di salvare il modello in questione dagli attacchi di studiosi ipercritici. 

L'identificazione delle innovazioni

Per identificare le innovazioni del lessico ereditato e distinguerle da prestiti recenti, il metodo della glottometria storica usa un criterio che non dovrebbe essere controverso: le etimologie i cui riflessi seguono corrispondenze fonetiche regolari sono da considerarsi ereditate (François, 2014). Così, quando una protoforma comune può essere postulata per un particolare insieme di parole in numerose lingue e può essere derivata dall'applicazione meccanica di leggi fonetiche, è considerata parte del vocabolario ereditato. Tuttavia in questo modo non si tiene conto di un fatto molto importante: il criterio di attribuzione sopra enunciato riguarda una condizione necessaria, ma non sufficiente. Questo perché esistono prestiti e prestiti nativizzati.

Prestiti non identificabili  

Jacques riporta esempi molto interessanti per mostrare come non sia sempre possibile discriminare tra lessico ereditato e lessico preso a prestito. Un caso già noto nel tardo XIX secolo riguarda i prestiti iranici in armeno. Nel 1897, Hübschmann scriveva: "In casi isolati, le forme iraniche e quelle armene genuine coincidono foneticamente, e la questione se si tratti di prestiti [o di eredità comune] deve essere decisa da un punto di vista non linguistico". In una tabella contenuta nell'articolo, sono riportati alcuni esempi, già evidenziati da Hübschmann ai suoi tempi, poi confermati da Martirosyan e da Martzloff nel XXI secolo. 

Armeno naw "barca" - Proto-iranico *nāw-
Armeno mēg "nebbia" - Proto-iranico *maiga-
Armeno mēz "orina" - Proto-iranico *maiza-
Armeno sar "testa" - Proto-iranico *sarah-
Armeno ayrem "bruciare" - Proto-iranico *Haid-

Anche nelle lingue Pama-Nyungan, che costituiscono gran parte delle lingue aborigene australiane, si notano tanti e tali casi di sospetti prestiti, da spingermi a pensare che il gruppo linguistico in questione possa non essere valido. Gli idiomi in questione hanno così poche innovazioni fonologiche che il riconoscimento dei prestiti si presenta davvero complesso - se non impossibile. Aggiungerò un esempio che ho potuto trovare nel corso dei miei vagabondaggi nel Web (Alpher, 2004). La radice proto-Pama-Nyungan *ngulu- dovrebbe significare "fronte". In una moltitudine di lingue derivate troviamo parole che sarebbero ottimi derivati da tale radice, se non fosse per la varietà dei significati: "fronte", "faccia", "guancia", "testa", "nuvola", "tuono", "pene", "copulare", "primo", "presto", "suolo", "creta", "scogliera", "montagna", "cielo". Ciò implicherebbe una serie di slittamenti semantici a volte abbastanza discutibili, con buona pace di Alpher e di altri: è chiaro che alcuni dei significati sono difficilmente compatibili, anche se si potrebbe dire che la parola per "nuvola" venga da qualcosa come "fronte nuvoloso", mentre la parola per "pene" potrebbe essere da un equivalente aborigeno del nostro "testa di cazzo". Sarà, comunque non mi convince.

Nativizzazione dei prestiti

Quando una lingua contiene un cospicuo strato di prestiti da un'altra lingua, i parlanti bilingui possono sviluppare l'intuizione delle corrispondenze fonologiche tra i due idiomi, applicandole a parole prese a prestito di recente. Jacques discute due esempi di questo fenomeno, noto come nativizzazione dei prestiti:  

1) Ci sono casi ove prestiti recenti dal finnico al Saami presentano corrispondenze indistinguibili da quelle del lessico ereditato, come barta "cabina", dal finnico pirtti, a sua volta dal russo dialettale pert' "un tipo di cabina", che mostra la stessa corrispondenza vocalica CiCi : CaCa della parola per "nome" (finnico nimi : Saami namma) e di altre simili. Ancora una volta, l'origine straniera della parola è una chiara indicazione che barta "cabina" non può aver subìto la serie di cambiamenti fonetici regolari che hanno portato dal proto-ugrofinnico *CiCi al Saami CaCa, e che invece la comune corrispondenza CiCi : CaCa è stata applicata al finnico pirtti.

2) La nativizzazione dei prestiti può occorrere tra lingue senza parentela genetica. Un chiaro esempio è il caso del basco e dello spagnolo (Trask 2000, Aikio 2006). Una corrispondenza ricorrente è quella tra spagnolo -ón e basco -oi in fine parola. Il protoromanzo *-one (< latino -ōnem) dà in spagnolo -ón. Tuttavia nei prestiti protoromanzi nel basco, questa uscita ha subìto la regolare perdita della *-n- intervocalica (un mutamento fonetico interno al basco): *-one ha dato *-oe e quindi -oi. Un esempio di questa corrispondenza è fornito dallo spagnolo razón e dal basco arrazoi "ragione", entrambi dal protoromanzo *ratsone, a sua volta dall'accusativo latino ratiōnem. Questa corrispondenza comune è stata applicata a prestiti recenti dallo spagnolo, come kamioi "camion" e abioi "aereo" (da camión e da avión risp.). Questo adattamento non ha giustificazione fonetica, visto che parole uscenti in -on sono attestate in basco, e può essere spiegato solo con l'iper-applicazione della corrispondenza -oi : -ón. È chiaro che in proto-basco all'epoca di Cesare non esistevano *kamione e *abione!

Posso citare altri casi. Un'anziana cugina di Milano, tumulata da tempo, in un'occasione disse: "L'altréer u tòlt un rüm inscì bun al süper", ossia "L'altro ieri ho preso un rum così buono al supermercato". Il termine rüm ha ricevuto la vocale bemollizzata -ü- /y/ a partire da corrispondenze come italiano muro - milanese mür; italiano culo - milanese ; italiano venuto - milanese vegnü. Allo stesso modo supermercato è stato adattato in süpermercàa e quindi abbreviato in süper. Nel comune di Valmadrera mi capitò di udire l'anziano R., già all'epoca quasi decrepito e ormai defunto, dire menü per indicare il menù - inteso come lista di desiderata. Lì per lì rimasi basito. "Caspita", pensai, "sembra un vecchietto così poco istruito e conosce il francese". Subito dopo sentii che chiamava ÜSL /yzl/ la USSL (ossia Unità Socio-Sanitaria Locale: all'epoca le ASL avevano questo nome). Si trattava di nativizzazione dei prestiti, così spinta da intaccare persino le sigle pronunciate come se fossero parole. È chiaro che nel latino volgare diffuso in Insubria non esistevano *rūmu(m), *sūpperu(m) e *ūsle(m)!

Il problema delle lingue miste

Esistono casi di inapplicabilità del modello ad albero genealogico. Ciò accade quando una lingua risulta dalla fusione di due lingue tra loro mutuamente inintelligibili (non importa se siano o meno tra loro imparentate). In questi casi, il lignaggio della lingua ibrida dovrà essere rappresentato da due radici. Jacques riporta il caso del Michif, una lingua di contatto basata sul francese del Canada e sul Cree. I parlanti sono detti Métis e sono discendenti di franco-canadesi che si sono uniti in matrimonio con donne native Cree e di altre nazioni native come gli Ojibway. Un parlante Michif che non conoscesse altra lingua, non sarebbe in grado di comprendere né il francese né il Cree. I sostantivi sono in prevalenza presi dal francese. I verbi e la grammatica sono invece per lo più di origine nativa, a parte i verbi "essere" e "avere", presi dal francese con tutta la loro coniugazione irregolare. Nell'articolo sono riportate due frasi, con le parole di origine francese in grassetto:

1) o-pâpa-wa êtikwenn kî-wîkimê-yiw onhin la fâm-a "suo padre evidentemente ha sposato quella donna".
2) stit=enn pchit orfelin "lei era una piccola orfanella".

Numerose altre frasi in questa lingua possono essere raccolte nel Web, con un po' di pazienza.  Jacques, sconsolato, afferma che "l'applicabilità del modello ad albero genealogico su scala globale dipende in modo cruciale dalla rarità di lingue come il Michif". La vedrei in un modo un po' meno drammatico. In qualsiasi modo si formi una lingua, a partire dalla sua piena definizione, la sua evoluzione è in ogni caso descritta da un albero, quali che siano le sue radici. Questo perché appena qualcuno la parli, la lingua prende ad evolvere naturalmente, cambiando, dando vita a nuove varietà, prendendo a prestito parole da altre lingue, etc. Anche se una lingua nuova fosse creata da uno stregone che porta agli uomini la voce degli Spiriti, nel momento in cui cominciasse a essere la lingua parlata da un gruppo, diverrebbe una lingua naturale ed evolverebbe dando origine a lingue discendenti, a diramazioni.

sabato 15 luglio 2017

CONTRO LA TEORIA PSEUDOSCIENTIFICA DELLA CONTINUITÀ PALEOLITICA

Mentre passavo il mio tempo libero sul Faccialibro, mi è capitato - ahimè - di imbattermi in un individuo che era un accesissimo fautore di una teoria che con la Scienza non ha proprio nulla a che vedere. Questo individuo sommamente molesto riteneva che l'Europa sia stata abitata da genti indoeuropee fin dal Paleolitico senza alcuna interruzione. Non menzionerò nemmeno l'iniziale del suo nome o del suo cognome: riporterò il peccato ma non il peccatore. Suo referente era Mario Alinei, le cui teorie appartengono al campo della Pseudoscienza proprio come l'idea della Terra piatta, oltre a essere viziate dalla politica. Sosteneva, come il suo mentore Alinei, che la preistoria fosse caratterizzata da assoluto immobilismo delle popolazioni. Senza avere alcuna evidenza delle sue baggianate invereconde, egli agiva in modo trolloso. Prima faceva spiegare le cose in dettaglio, facendo perdere tempo, poi faceva saltare i nervi dando prova di non aver tenuto nemmeno una sillaba in alcun conto, spesso e volentieri aggiungendo una battutina irritante. Deve ringraziare che non mi è consentito di professare la Legge dei Longobardi, o ne sarebbero seguite rappresaglie fisiche. Ho potuto soltanto espellere quell'arga dalla lista dei miei contatti di Facebook. Gli alineisti sono come i complottisti più fanatici: i dati di fatto non hanno su di loro la benché minima presa. Vediamo a questo punto di passare in rassegna alcune evidenze che smontano il loro castello di fanfaluche, a beneficio delle persone che amano la Conoscenza.

1) Le lingue indoarie sono incompatibili con l'idea di immobilismo preistorico postulato dagli alineisti e assimilati. Non è possibile che l'indoeuropeo si sia al contempo nativo dell'Europa e del subcontinente indiano: in uno di questi domini o in entrambi deve essere migrato. Viene quindi a cadere l'idea di continuità e di indigenismo.

2) Le lingue tocarie sono incompatibili con l'idea di immobilismo preistorico. Tra l'altro è attestato storicamente che i Tocari, stanziati nel Turkestan cinese, sono migrati nella regione oggi nota come Afghanistan, distruggendo il regno ellenistico della Battriana.

3) Le lingue amerindiane sono incompatibili con l'idea di immobilismo preistorico: l'America non ha generato da sé l'Uomo, che vi è giunto da fuori già nella preistoria, portando con sé corredo genetico denisovano e neanderthaliano. Va rimarcato che non si sono mai trovati fossili di Neanderthal nelle Americhe.

4) L'uomo di Denisova era un bizzarro ominide che viveva in Siberia. Il suo corredo genetico è stato ritrovato in gran parte delle popolazioni dell'estremo oriente, in Australia e in Papua Nuova Guinea - il che prova che l'ibridazione è avvenuta in luoghi lontanissimi da quelli in cui gli epigoni dei primi ibridi sono attualmente stanziati.

5) Le lingue austronesiane sono incompatibili con l'idea di immobilismo preistorico. Inoltre è chiaro che il malgascio è stato importato in Madagascar in epoca non troppo remota, dato che mostra prestiti dal sanscrito.

6) La migrazione dei Bantu è avvenuta in epoca storica e recente. Tali popolazioni hanno cominciato a migrare dalle loro sedi ancestrali circa 3.500 anni fa, procedendo verso sud. Quando sul finire del XVII secolo gli Olandesi hanno fondato l'insediamento noto come Città del Capo (Kaapstad), le tribù Bantu non erano riuscite a raggiure la costa: il primo scontro tra i Boeri e gli Xhosa avvenne nel 1779. 

7) Somali, Etiopi e Khoisan mostrano sequenze genetiche in comune (cfr. Cavalli-Sforza). Questo a dispetto del fatto che le lingue dei Somali e degli Etiopi sono di tipo afroasiatico. I Khoisan, ossia gli Ottentotti (Khoi) e i Boscimani (San), sono sopravvissuti perché abitavano in aree non appetibili ai Bantu. Popoli di lingua non Bantu come gli Hadza e i Sandawe (Tanzania) hanno perso gran parte delle loro peculiarità genetiche, non somigliano più ai San e mostrano scarse differenze genetiche rispetto alle popolazioni Bantu confinanti - secondo Cavalli Sforza a causa di sostituzione graduale dei geni. Nella lingua Dahalo, di ceppo cuscitico, esistono parole di sostrato che contengono suoni apneumatici simili a quelli delle lingue Khoisan.  Non è mai esistito immobilismo né isolamento assoluto, nemmeno nelle aree più remote.

8) Il movimento demico denominato Back to Africa, avvenuto in una gigantesca ondata circa 3.000 anni fa, ha portato genti dell'antica Europa anche nelle zone più lontane del Continente Nero. Le tracce di corredo genetico neanderthaliano presenti nella popolazione dell'Africa subsahariana (< 0,5%) hanno questa origine. 


9) Il popolamento dell'Australia è una prova lampante che nega l'immobilismo preistorico. Infatti l'Australia non ha generato da sé l'Uomo, che vi è giunto da fuori già nella preistoria, portando con sé un abbondante corredo genetico denisovano e neanderthaliano. Si noterà che non si sono mai trovati fossili di Neanderthal in Australia.

Questa lista potrebbe essere molto espansa, fino a raggiungere un centinaio di punti. Credo tuttavia che quanto riportato sia sufficiente a dare un'idea della questione.

Genetica e linguistica sono indipendenti e non vanno mai confuse. Notiamo invece che gli alineisti e molti altri elementi stravaganti delle regioni di frangia del mondo pseudoscientifico sostengono a spada tratta il dogma dell'identità tra determinati aplogruppi e la lingua parlata. Per questi avversari, sarebbe sufficiente una mappatura genetica per risalire alla lingua di un individuo, senza tener conto del fatto che nel corse dei secoli e dei millenni interi popoli cambiano lingua.

Evidenza 1. Basti prendere un afroamericano di Harlem che parla inglese. Tecnicamente parlando, egli è un indoeuropeo, quando in realtà la lingua da lui parlata non mostra traccia alcuna che aiuti a comprendere le sue origini genetiche. 

Evidenza 2. Si dispone della prova di una migrazione in Australia dall'India, priva di corrispondenze linguistiche identificabili. Questo movimento demico è avvenuto all'incirca 40.000 anni fa, molto prima della diffusione delle lingue Pama-Nyungan, avvenuta 4.000 anni fa. 


Evidenza 3. Si sono scoperti i resti di una ragazza di epoca neolitica vissuta nella Selva Nera, che si è sposata in Danimarca e ha viaggiato diverse volte facendo la spola. 


Evidenza 4: Si è scoperto che un nobile che dalla regione alpina è giunto fino a Stonehenge per curarsi - e va aggiunto che lo fece in assenza di animali da locomozione.


Evidenza 5: Il caso di Limone del Garda, la cui popolazione discendente da un singolo danese, portatore di un rarissimo gene che impedisce l'accumulo di colesterolo. A questo esempi, il troll ha cercato di opporre un'argomentazione idiota, affermando che in tutta la popolazione italiana c'è sangue germanico a causa delle invasioni cosiddette "barbariche"

Evidenza 6. Il caso della "razza Piave". In seguito ad alcune vergognose polemiche seguite all'esaltazione dell'origine autoctona dell'etnia veneta, è stata eseguita una mappatura genetica su alcuni individui. I risultati sono stati sorprendenti: la popolazione di quei distretti discendeva da genti deportate in loco dai Romani, con un genoma che comprende elementi mediorientali, iberici e persino africani. 

Non si può confrontare una migrazione recentissima di cui si conosce ogni dettaglio con una migrazione preistorica di cui non si conosce sostanzialmente quasi nulla. L'incredibile complessità di questi movimenti vanifica spesso ogni pretesa di comprensione sistematica. Invito i fanatici dell'identità genetica-linguistica a produrre una mappa dei vari aplogruppi dell'India e dell'Iran. Li invito anche a produrre una mappa degli aplogruppi più significativi della popolazione amerindiana. Anche se lo facessero, non arriverebbero da nessuna parte.

Rammento ancora le follie proferite dal troll alineista. A detta sua, quanto studiato sui libri di storia a scuola sarebbe vero perché attestato, mentre i movimenti demici avvenuto in epoche precedenti o in contesti diversi sarebbero frutto di fantasia: il motivo secondo lui era "l'inesistenza dei voli Ryanair". Sono stato preso dall'impulso di cambiargli i connotati. Mi immaginavo all'opera con un caestus rinforzato con placche e borchie di bronzo massiccio, il modo migliore di trattare i molestatori, se non fosse che le leggi in vigore lo vietano.

Quello che i cultori delle teorie della continuità paleolitica non possono e non vogliono capire è un fatto elementare: un movimento demico nella preistoria non implica per necessità esodi di proporzioni bibliche, essendo piuttosto caratterizzato da piccoli spostamenti progressivi. L'integrazione di piccoli movimenti su lunghi periodi porta a raggiungere territori remoti. Allo stesso modo gruppi poco consistenti possono crescere nei millenni. Anche in assenza di Ryanair, si danno esempi di lunghi percorsi fatti a piedi fino a tempi recenti o ancora nel presente: i viaggi in Terra Santa, il pellegrinaggio a Santiago di Compostela e via discorrendo. 

venerdì 7 luglio 2017

NOTE SUL LAVORO DI BLENCH O IL LIVELLAMENTO LINGUISTICO

Non posso fare a meno di pronunciarmi su alcune perigliose idee di Roger Blench (Kay Williamson Educational Foundation), espresse nel suo lavoro Language levelling challenges all mathematical methods of language classification, ossia Il livellamento linguistico sfida tutti i metodi matematici di classificazione linguistica. Lo scritto può essere consultato e scaricato gratuitamente in formato di bozza al seguente url: 


Tutto ciò che Blench riporta a proposito di singoli casi ad esplicazione del fenomeno del livellamento linguistico è rigorosamente esatto. Se in un territorio vi è una varietà di lingue parlate, capita che per un mutamento demografico, politico o religioso, una di queste lingue, all'inizio parlata in un ambito locale, riesca ad imporsi ben oltre i suoi confini d'origine, estendendosi su tutto il dominio in questione. Questo processo porterà infine all'estinzione di tutti o di quasi tutti gli altri idiomi parlati in precedenza. Per questo motivo il mutamento descritto prende il nome di livellamento linguistico. In alcuni casi, delle lingue scomparse non ci resta alcuna traccia, altre volte rimangono residui vari come ad esempio isole alloglotte o testimonianze scritte. 

Blench fornisce diversi esempi di livellamenti avvenuti in epoca storica o preistorica, aggiungendo alcune considerazioni sulle cause più probabili.

1) Causa: Autorità politica centralizzata     
Esempi: Proto-sinitico, mongolo, malgascio 
 

L'Impero di Gengis Khan ha promosso il dialetto chiamato Khalkh, che ha fatto scomparire tutti gli altri. L'Impero Cinese ha imposto nell'arco della sua storia plurimillenaria un'unificazione linguistica. Verso il 200 a.C. c'è stato un collo di bottiglia che ha eliminato le varietà precedenti. La Rivoluzione Comunista ha semplicemente completato ciò che era stato iniziato dal Primo Imperatore. Per quanto riguarda il Madagascar, si noterà la sua sorprendente uniformità linguistica, a dispetto del fatto che il suo popolamento austronesiano risale a 1500-2000 anni fa: il responsabile di questo livellamento è il clan dei Merina, detentore del potere assoluto sull'isola.
 

2) Causa: Espansione di una lingua franca   
Esempi: Berbero
 

Le lingue berbere attualmente parlate discendono da una lingua franca usata all'epoca dell'Impero Romano, che fece scomparire le varietà più antiche. Il collo di bottiglia è collocato verso il 200 d.C., all'epoca di Settimio Severo, in cui il limes romano in Africa raggiunse la sua massima estensione e ci furono profonde innovazioni: domesticazione del dromedario, introduzione dell'aratro, incremento del commercio dovuto alla richiesta di nuove merci. In seguito, come conseguenza delle invasioni dei Vandali e degli Arabi, la lingua franca dei Berberi ha cominciato a diversificarsi.
 

3) Causa: Dominanza culturale    
Esempi: Lingue Pama-Nyungan in Australia
 

La maggior parte delle lingue australiane è riconducibile a un'unica protolingua, denominata Pama-Nyungan. Soltanto nel nord si sono conservate lingue non appartenenti al phylum Pama-Nyungan. A quanto si è potuto accertare, il livellamento deve essere avvenuto all'incirca 4000 anni fa. Ritengo per certo che tale evento, che deve aver portato alla perdita di un immenso numero di lingue, sia stato soltanto l'ultimo di una lunga serie.
 

4) Causa: Mezzi di comunicazione di massa
Esempi: Diffusione dell'inglese nel mondo 
 

Stiamo vivendo questo processo ai nostri giorni e le sue manifestazioni ci sono così ben note da non necessitare approfondimenti in questa sede.

Pur lodando la disamina dei fatti elencati da Blench, non sono tuttavia condivisibili le sue assunzioni di base, che peccano di grave mancanza di logica e sono contaminate dalla politica. Basti analizzare questi passaggi:

"From the sixteenth century, when large catalogues of the languages of the world begin, attempts accelerated, using a quasi-genetic framework, although often without explicit justification." 

E ancora: 

"What, however, was the point of such classifications? Why not just list languages alphabetically, or by region? Classification is something that particularly appeals to middle-aged white males, and can be of the same genre as categorising tracks on an iPod or knowing an unsettling amount about train timetables (Masters 2011). Often, as in the biological sciences, justifications for classification have followed significantly later than the exercises themselves."

Dunque Roger Blench nega alla radice ogni classificazione delle lingue. Solo per fare un paio di esempi della portata delle sue affermazioni, egli nega che sia possibile tracciare l'origine e la parentela delle lingue germaniche, romanze, semitiche e via discorrendo. Per lui affermare che l'arabo e l'ebraico sono lingue imparentate è qualcosa di "privo di giustificazione", a dispetto dell'immensa mole di studi che dimostrano il contrario. Non contento di professare queste inconsistenze, ecco che Blench si rivela un astioso seguace dell'isterica Hillary Clinton, dal momento che accusa di razzismo e di sessismo chiunque non corrisponda ai propri schemi ideologici. Quando un accademico tira fuori l'espressione "middle-aged white males", possiamo star certi che appartiene a quella congrega di buonisti radical shit e autorazzisti che di questi tempi infestano l'Occidente.

In sostanza lo schema del ragionamento portante di Blench è il seguente:

Le lingue subiscono livellamento => Non ha senso studiare la parentela genetica delle lingue => Le lingue non hanno origine genetica.

Peccato che questo sia un marchiano esempio della fallacia logica denominata non sequitur. Appurato che le lingue subiscono livellamenti nel corso della loro storia e che moltissime si estinguono, nostro compito è quello di ricostruire come questi processi sono avvenuti, non negare l'esistenza di qualcosa che è un dato di fatto.

domenica 22 marzo 2015

UNA SINGOLARE TEORIA DI VARG VIKERNES SULLA DIFFUSIONE DELLE LINGUE INDOEUROPEE


Un video davvero interessante, in cui Varg Vikernes espone il proprio punto di vista sulla diffusione delle lingue indoeuropee, ipotizzando che la loro adozione su vasti territori sia stata promossa da matrimoni esogamici. Secondo il noto cantante, quando un popolo non indoeuropeo sposava donne di una tribù indoeuropea, queste insegnavano la loro lingua d'origine ai figli, facendola quindi prevalere. 

Va fatto notare che se si ammettesse questa teoria, oggi dovremmo avere in Europa una situazione linguistica di una complessità estrema, come quella degli aborigeni dell'Australia. Questo perché si sarebbe trattato di un processo imperfetto, in cui non si sarebbe giunti a una sostituzione completa delle lingue precedenti, ma alla produzione di un gran numero di lingue creole. Nel contesto australiano, in cui le dinamiche di espansione delle lingue tramite matrimoni hanno giocato davvero un ruolo fondamentale, le radici si sono rimescolate fino all'oscuraramento della loro origine. In uno scenario di questo tipo, ricostruire con accuratezza le protolingue sarebbe sostanzialmente impossibile.

Per capire meglio il concetto allego il link a un articolo di Ilia Peiros del Santa Fe Institute, in cui si parla di alcune lingue australiane che condividono parte del vocabolario. Tradizionalmente raggruppate in una famiglia chiamata Gunwinyguan, a un'analisi approfondita non si riesce assolutamente a capire se siano diversi output di una stessa protolingua o lingue non imparentate che hanno scambiato consistenti porzioni di lessico. 


Le lingue prese in considerazione sono le seguenti: Jawoyn, Mayali, Ngandi, Ngalakan e Rembarrnga. Sono stati fatti confronti tra diverse coppie di queste lingue.

1) Jawoyn e Mayali:
270 radici in comune.
Tra queste, 174
 sono radici monosillabiche, di cui circa 65 sono radici verbali.
96 sono invece radici bisillabiche, tra cui molti nomi relativi alla flora, alla fauna e a concetti culturali, facilmente presi a prestito.

2) Ngalakan e Ngandi:
218 radici monosillabiche, bisillabiche e trisillabiche. Le radici trisillabiche sono principalmente relative a flora, fauna e a concetti culturali, facilmente presi a prestito.

3) Jawoyn/Mayali e Ngalakan/Ngandi/ (Rembarrnga):  
67 radici in comune, di cui una quarantina monosillabiche e le altre bisillabiche, con l'unica eccezione di un
 trisillabo. 

4) Jawoyn/Mayali e Rembarrnga: 
11 radici in comune, monosillabiche con l'unica eccezione di un bisillabo.

5) Jawoyn/Mayali e Ngandi:
17 radici in comune. 

6) Jawoyn/Mayali e Nagalakan:  
26 r
adici in comune. 

7) Jawoyn e Ngandi/Ngalakan:  
19 radici in comune.

8) Jawoyn e Rembarrnga:  
Un'unica radice in comune, relativa al concetto di "mano; braccio"
.

9) Jawoyn e Ngandi: 
Due radici in comune.  

10) Jawoyn e Ngalakan: 
23 radici in comune. 

11) Mayali e Ngalakan/Ngandi/(Rembarrnga):
34 radici in comune. 

12) Mayali e Rembarrnga:
5 radici in comune.

13) Mayali e Ngandi:
13 radici in comune.

14) Mayali e Ngalakan:
13 radici in comune.
 

Non è possibile a partire da queste corrispondenze stabilire quali siano i reali rapporti tra le cinque lingue analizzate, e va notato che alcune delle radici catalogate da Peiros si trovano anche in altre lingue, il che rende la situazione ancor più aggrovigliata. 

Se la teoria di Vikernes non spiega la distribuzione e la natura delle lingue indoeuropee note, potrebbe in ogni caso essere di qualche aiuto per capire meglio come si è formata la protolingua indoeuropea, a monte di ogni processo di diffusione.