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sabato 5 giugno 2021

 
LVGVS 
 
Titolo originale: Lvgvs (Lugus) 
Gruppo: Eluveitie
Album: Evocation II - Pantheon
Anno: 2017
Genere: Heavy metal, musica celtica 
Sottogenere:
Folk metal, Celtic metal 
Paese: Svizzera
Lingua: Gallico
Etichetta: Nuclear Blast
Formato: CD
Formazione Eluveitie (2017):
    Fabienne Erni – voce, arpa celtica, mandola
    Chrigel Glanzmann – voce, mandolino, flauto traverso, 
        fischio,  cornamusa, gaita, chitarra acustica, bodhràn
    Rafael Salzmann – chitarra
    Jonas Wolf – chitarra
    Kay Brem – basso
    Alain Ackermann – batteria
    Matteo Sisti – cornamusa, flauto, fischio
    Nicole Ansperger – violino
    Michalina Malisz – ghironda
Etimologia del nome del gruppo: dall'antroponimo etrusco Eluveitie, adattamento del nome celtico degli Elvezi. 
Link: 

Testo in gallico: 
 
LVGVS 
 
Ambinata in siraxta
Cailon areuedons in nemesi
Satiion branon tosagiiet uo moudas

Samali gaison exetontin
Rete pos uoretun mapon celti
Con lami nertaci cerdacipe

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Loux in aredubu, uregetiio tunceton
Cauaros uer agromagos etic bardos
Uer tenetin
Aidus laxscit in menuanbi
Suuidon
Druuis suuidbo etic lama cerdon papon

Tigerne trienepace

Lugu romeda silon
Antumni

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton 
 
Testo in inglese:  

LVGVS
[God of creation and learning]
 
Beckon in forlornness
Leading sign in the sky
Flock of ravens looming under the clouds
 
Like a flying spear
Go to Celtos' children rescue
With your strong and skillful hand
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Light in the dark, forging destiny
Warrior on the battlefield and harper
At our hearth
Fire burning bright in the thought of
The Wise!
Druid to our wise and artisan of all skills!
 
Three-faced lord,
Lugoves, astonish the children of the
Otherworld
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Traduzione in italiano: 
 
Chiamata nella disperazione
Segno che guida nel cielo
Stormo di corvi incombe sotto le nuvole
 
Come una lancia volante
Va' in soccorso dei figli di Celtos
Con la tua forte e abile mano
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Luce nell'oscurità, che forgia il destino
Guerriero nel campo di battaglia e il bardo
In casa tua
Fuoco che brucia ardentemente nel pensiero
dei Saggi!
 
Fuoco che arde splendente nel pensiero 
dei Saggi!
Druido di saggezza e artigiano di tutte le arti!
 
Signore dalle tre facce,
Lugus, stupisci i bambini
Dell'oltretomba
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino! 

Note: 
Ho preso una traduzione in italiano presente nel Web e ho notato che era piena di errori, perché fatta da un traduttore inesperto a partire dalla traduzione in inglese. Così ho visto subito che la parola gallica gariion "parola", tradotta giustamente in inglese con "word", è stata equivocata con "world" e tradotta in modo assurdo nella versione in italiano come "mondo"! Ho corretto l'aberrazione. 
 
Recensione: 
Nel panorama della musica celtica, possiamo dire che gli Eluveitie sono qualcosa di unico. Il loro impegno filologico non ha pari. È presente una grande sensibilità linguistica e un lavoro notevole per produrre testi che sarebbero stati compresi nelle Gallie dell'epoca di Vercingetorige. Tutto ciò è magnifico, sublime! Nel video a un certo punto appare Lugus con Tre Volti! Sembra di essere riportati indietro di secoli con una macchina del tempo!  
 
Glossario gallico: 
 
aidus laxscit "il fuoco brucia": 
   aidus "fuoco" 
   laxscit "brucia" 
ambinata "segnale" 
bardos "bardo" 
brane "o corvo" (vocativo) 
cailon areuedons "segno che guida": 
   cailon "segno, portento" 
   areuedons "che guida" (lett. "che conduce avanti")
cauaros "eroe; gigante"  
con lami nertaci cerdacipe "con mano forte e abile": 
   con "con" (preposizione + dativo)
   lami "alla mano" (dativo)
   nertaci "alla forte" (dativo femminile) 
   cerdaci "all'abile" (dativo femminile) 
   -pe "e" (congiunzione enclitica)
druuis "druido"
etic "e" (congiunzione) 
exete "vola" (imperativo) 
exte "vola" (imperativo, forma contratta di exete)
gariion "parola" 
in menuanbi Suuidon "nei pensieri dei Sapienti": 
   in "preposizione + dativo/strumentale" 
   menuanbi "ai pensieri, ai ricordi" 
   Suuidon "dei Sapienti" (genitivo plurale) 
lama cerdon papon "mano di tutte le arti": 
   lama "mano" 
   cerdon "delle arti" (genitivo plurale)
   papon "di tutte" (genitivo plurale) 
laxsci "brucia, ardi" (imperativo)  
loux in aredubu "luce nell'oscurità": 
   loux "luce, splendore" 
   in "in" (preposizione + dativo) 
   aredubu "oscurità" 
      (are- "davanti; per" + dubu- "nero")
Lugu "o Lugus" (vocativo)
rete "corri" (imperativo) 
rete pos uoretun "corri in aiuto"  
romeda "stupisci" (imperativo) 
samali gaison exetontin "come una lancia volante" 
   samali "come" 
   gaison "lancia, giavellotto" 
   exetontin "volante" (accusativo maschile)
satiion branon "stormo di corvi": 
   satiion "sciame" (neutro) 
   branon "di corvi" (genitivo plurale) 
silon Antumni "progenie dell'Oltretomba": 
  silon "progenie" (neutro) 
  Antumni "dell'Oltretomba" (genitivo) 
siraxta "struggimento"
suuidbo "per i sapienti" (dativo/strumentale plurale) 
tigerne "o signore" (vocativo)  
toage "sorgi"  
tosagiiet uo moudas "incombe sotto le nuvole" 
   tosagiiet "incombe, si profila"
   uo "sotto" (preposizione + accusativo) 
   moudas "nuvole"
trienepace "dalle tre facce" (vocativo): 
   tri- "tre" 
   enepo- "faccia, volto" 
tunceton "fato, destino" 
uer agromagos "sul campo del massacro" 
   uer "su, sopra" (preposizione + accusativo) 
   agromagos "campo del massacro" (accusativo neutro) 
uregepe "e fai" (imperativo)  
uregetiio "che fa" (forma verbale relativa) 
 
Forme problematiche:
 
Possiamo dedurre che 'os è evidentemente un'interiezione, anche se la sua origine resta al momento inesplicabile. Forse è connessa con la particella vocativa irlandese ó (corrispondente al latino ō e al greco ) e posposta ai nomi, anche se non è facile rendere conto del sigmatismo e dell'uso dell'apostrofo.
 
Il Mercurio dei Celti 
 
Lugus è una divinità panceltica, il cui culto era di importanza capitale nelle Gallie, in Britannia, in Ibernia e in Celtiberia. Identificato dai Romani con Mercurio ma anche con Apollo per via della sua sapienza, possedeva al contempo tutte le arti. Nulla gli era sconosciuto: si narrava che fosse al contempo fabbro, guerriero, campione, carpentiere, bronzista, arpista, poeta, storico, druido, medico e altre cose ancora. Giulio Cesare ci attesta che era considerato "inventore di tutte le arti" (omnium inventorem artium). Ecco il brano in questione: 

Deum maxime Mercurium colunt. Huius sunt plurima simulacra: hunc omnium inventorem artium ferunt, hunc viarum atque itinerum ducem, hunc ad quaestus pecuniae mercaturasque habere vim maximam arbitrantur. Post hunc Apollinem et Martem et Iovem et Minervam. De his eandem fere, quam reliquae gentes, habent opinionem: Apollinem morbos depellere, Minervam operum atque artificiorum initia tradere, Iovem imperium caelestium tenere, Martem bella regere. 
 
"Degli Dei venerano soprattutto Mercurio; di questo esistono moltissime statue, riconoscono in questo l'inventore di tutte le arti, la guida delle vie e dei viaggi, credono che questo abbia grandissima influenza per la ricerca del denaro e per i commerci. Dopo di questo, Apollo e Marte e Giove e Minerva. Su questi hanno quasi la stessa opinione degli altri popoli: e cioè che Apollo vinca le malattie, che Minerva insegni i princìpi delle attività e delle arti, che Giove regga il governo degli Dei celesti, che Marte governi le guerre."
 
Caio Giulio Cesare: La guerra gallica, Libro VI, paragrafo XVII - Principali divinità dei Galli 
 
I caratteri di Lugus erano portentosi: oltre ad avere tre facce, aveva tre peni! Esistono molte sue raffigurazioni. La molteplicità dei simboli e degli attributi a lui associati era grande. Eccone un elenco:  

- I corvi 
- Il gallo 
- La lince 
- I cani 
- I lupi 
- Il cinghiale 
- L'albero della vita 
- Il caduceo 
- Il vischio 
- Le scarpe 
- Il sacco del denaro. 
 
Il nome divino è attestato anche al plurale, ad esempio come LUGOVES in iscrizioni di una sola parola trovate nel territorio degli Elvezi (attuale Avenches). Probabilmente questo uso del plurale si deve alla natura triplice di Lugus. LUGOVES è una forma di plurale eminentemente celtica, tipica dei temi in -u- (corrispondenti in latino alla IV declinazione).  
 
Lione, la città di Lugus 

Come tutti sanno, la città di Lione in latino era chiamata Lugdūnum o Lugudūnum. Il toponimo è chiaramente celtico: *LUGDŪNON, *LUGUDŪNON, ossia "Città di Lugus". Esistevano altri centri abitati con questo nome, come Lugdūnum Clāvātum (attuale Laon). Quella che oggi è chiamata Leida, in Olanda, in epoca imperiale era nota come Lugdūnum Batāvōrum.   
 
Lugus in Spagna 
 
Il culto di Lugus è ben documentato in Iberia ed era una caratteristica fondamentale della cultura dei Celtiberi. A Peñalba de Villastar è stata rinvenuta un'importante iscrizione celtiberica. Il testo translitterato è il seguente: 
 
ENI OROSEI
UTA TIGINO TIATUNEI
EREKAIAS TO LUGUEI
ARAIANOM KOMEIMU
ENI OROSEI EKUOISUIKUE
OKRIS OLOKAS TOGIAS SISTAT LUGUEI TIASO
TOGIAS

Traduzione: 
 
Ad Orosis e nei dintorni del fiume Tigino, dedichiamo i campi a Lugus.
Ad Orosis ed Equeiso le colline, gli orti e le case sono dedicate a Lugus.

 
Il celtiberico LUGUEI "a Lugus" è un tipico dativo. In un'iscrizione latina a Osma è attestato il dativo plurale LUGOVIBUS. La corrispondente forma celtica di dativo plurale è attestata come LUCUBO o LUCOBO in iscrizioni trovate in Galizia e a Nîmes.    

Lugus in Britannia 

Nella toponomastica britannica spicca il nome di una città, Luguvalium (*LUGU-UALION), che deriva da un antroponimo *LUGU-UALOS "Potente di Lugus". In gallese moderno è chiamata Caer Liwelydd (caer significa "città, mentre Liwelydd è l'esito regolare del toponimo britannico), scritto anche Caerliwelydd. In inglese è chiamata Carlisle.
 
Lugus ha dato in gallese medio il nome dell'eroe Lleu Llaw Gyffes. La naturale evoluzione del teonimo Lugus è Lleu, mentre l'epiteto Llaw Gyffes significa "Mano Abile". La sua figura compare nei Quattro Rami del Mabinogion. Il vocabolo gallese lleu significa "luce, splendore". Con l'aggiunta di un suffisso -ad si ha lleuad "luna". Il derivato gallese medio goleu (gallese moderno golau) significa "splendente; biondo, chiaro di capelli" e deriva da *UOLUGUS, formato da *UO- "sotto" e da *LUGUS "luce, splendore". Esistono forme affini in altre lingue discendenti dall'antico britannico: cornico golow "luce" e bretone gouloù "luce".
 
Lugus in Irlanda 
 
L'esito del teonimo Lugus in antico irlandese è Lug, scritto anche Lugh, Lúg, . La sua memoria è durata ben oltre l'arrivo del Cristianesimo, portato sull'Isola Verde da San Patrizio. Questi sono gli epiteti attribuiti alla divinità in questione: 
 
Lámfada "Mano Lunga"
Ildánach "Esperto in molte Arti"
Samildánach "Egualmente esperto in tutte le Arti"
Lonnansclech "Immutabilmente feroce"
Lonnbéimnech "Feroce Colpitore"
Macnia "Giovane Guerriero"
Conmac "Figlio del Cane" 

I due epiteti irlandesi formati con l'aggettivo lonn "feroce" (< *LONDOS) ci permettono di capire che il nome della città di Londra, Londinium (*LONDINION) è derivato da un antico epiteto britannico di Lugus (*LONDINIOS, ossia "Il Feroce"). 

Declinazione di Lug e protoforme: 

nominativo: Lug (< *LUGUS
vocativo: Lug (< *LUGU)
accusativo: Lug n- (< *LUGUN)
genitivo: Logo, Loga (< *LUGOUS
dativo: Lug (< *LUGOU

L'antroponimo Lugaid, molto diffuso nell'Irlanda medievale (irlandese moderno Lughaidh), ne è un chiaro derivato; il significato originale era "Che onora Lugus", "Servitore di Lugus". Questa è la declinazione, con le rispettive protoforme: 

nominativo: Lugaid (< *LUGU-DEKS)
vocativo: Lugaid (< *LUGU-DEKS)
accusativo: Luigdig n- (< *LUGU-DEKIN)
genitivo: Luigdech (< *LUGU-DEKOS)
dativo: Luigdig (< *LUGU-DEKĪ)
 
Questo è il testo in antico irlandese sull'arrivo di Lúg a Tara (Temair), tratto dal testo mitologico La seconda battaglia di Mag Tuired (Cath Dédenach Maige Tuired), opera la cui complessità è paragonabile a quella dell'Iliade: 
 
Atbertatar risin dorsaid ara n-indised a Temruich a tiachtai. Atbert in dorsaid: "Cia fil and?"

"Fil sunn Luch Lonnandsclech mac Ciein meic Diencecht & Ethne ingine Baloir: dalta siden Taillne ingine Magmoir ri Espáine & Echdach Gairuh meic Duach."

Rofiarfaig ion dorsaid do t-Samhilldanuch: "Cia dan frisa ngneie?" al sei, "ar ni teid nech cin dan i Temruig."

"Dene mo athcomarc", ol se: "am saer." Friscort an dorsaid: "Nit-regaim i leas. Ata saer lenn cenu .i. Luchtai mac Luachadhae."

Atpert-sum: "Atum-athcomairc, a dorrsoid: am gobhae." Frisgart ion dorsaid dou: "Ata gobae liond cenai .i. Colum Cuaolléinech teorae nua-gres." 

Atpert-som: "Atom-athcomairc, am trénfer." Friscart in dorsaid: "Nid-regoim a les: ata tréinfer lend cenu .i. Oghmae mac Ethlend."

Atbert-sum diridesi: "Atom-athcomairc" ar se: "am crutiri". "Nit-regaim a les: ata crutiri lenn cenai .i. Auhcan mac Bicelmois aran-utgatar fir tri ndea i sidoib."

Atpert-sum: "Atom-athcomairc: am níadh." Friscart an dorrsoidh: "Nit-regam e les. Ata níad lion chenu .i. Bresal Echarlam mac Echach Baethlaim."

Atbert-sum iarum: "Adum-athcomairc, a dorsaid, am file & am senchaid." "Nid-regam i les: ata file & senchaid cenai lenn .i. En mac Ethomain."

Atbert-sum: "Atom-athcomairc", ol se, "im corrguinech". "Nit recom e les: Ataut corrguinigh lionn cheno: at imdou ar ndruith & ar lucht cumhachtai."

Atbert-som: "Atom-athcomairc, am liaich."

"Nit-regam a les: Ata Dien-cecht do liaigh lenn."

"Atom-athcomairc", al sé, "am deogbore." "Nit-regom a les: atat deogbaire linn cenau .i. Delt & Drucht & Daithe, Taei & Talom & Trog, Glei & Glan & Glési."

Atbert: "Atom-athcomairc: am cert maith". "Nít-regom e les: ata cert lind cenu .i. Credne cerd."

Atbert-som aitherrach: "Abair frisind rig", ol se, "an fil les oeinfer codogabai ina danu-sae ule, & ma ata les ni tocus-sa in Temraig."

Luid in dorsaid isin rigtech iar sudiu con-eicid dond riogh ulei. "Tanaic oclaech iondoras lis", al se, "Samilldánach, & na huili dano arufognot det muntir-si atat les ule a oenor, conedh fer cacha danai ule ei."

 
Traduzione: 
 
Il guardiano chiese allora al Samildánach: "Quale arte pratichi? Nessuno, se non pratica almeno un'arte, può entrare in Tara." 

"Chiedimelo", disse, "io sono un artigiano". Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un artigiano, Luchta mac Lúachada."

Disse: "Chiedimelo, guardiano: io sono un fabbro." Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un fabbro, Colum Cúaléinech delle tre nuove tecniche." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un campione." Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un campione, Ogma mac Ethlend." 

Disse allora: "Chiedimelo: io sono un arpista". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un arpista, Abcán mac Bicelmois, che gli Uomini dei Tre Dèi trovarono nel tumulo." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un guerriero". Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un guerriero, Bresal Etarlám mac Echdach Báethláim." 

Disse allora: "Chiedimelo: io sono un poeta e uno storico". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un poeta e storico, Én mac Ethamain." 

Disse: "Chiedimelo: io sono uno stregone". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già degli stregoni. Tra noi sono numerosi i druidi e gli uomini di potere." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un medico". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo Dían Cécht come medico." 

"Chiedimelo," disse. "Io sono un coppiere". "Non abbiamo bisogno di te. Noi abbiamo già dei coppieri: Delt e Drúcht e Daithe, Tae e Talom e Trog, Glé e Glan e Glésse." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un artigiano del bronzo". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un artigiano del bronzo, Crédne Cerd." 

Disse: "Chiedi al re se ha già un uomo che possiede tutte queste arti: se lo ha, io non entrerò in Tara." 

Allora il portiere entrò nel salone e disse ogni cosa al re. "Un guerriero è venuto alla tua corte", disse, "chiamato Samildánach; e tutte le arti che aiutano il tuo popolo, lui le pratica, cosicché egli è l'uomo di ciascuna e di tutte le arti." 

Qualche lettore forse si domanderà come mai la lingua di questo testo sia così diversa nell'aspetto dalla lingua della canzone degli Eluveitie. A questa domanda si può rispondere con certezza: la lingua gallica in cui è scritto il testo della canzone è molto vicina al protoceltico, mentre l'antico irlandese ha subìto nel corso dei secoli una forte evoluzione, arrivando a perdere in media una sillaba su due per usura fonetica. Se confrontiamo un testo in latino di Giulio Cesare con un testo in milanese di Carlo Porta, possiamo avere un'idea molto vaga e approssimativa di cos'è successo. Vaga e approssimativa, certo, perché il testo in antico irlandese conserva in gran parte la complessità morfologica delle fasi più antiche. Ciò è accaduto per un motivo semplice ma non banale. Nel latino volgare, poi evolutosi nelle lingue romanze, le consonanti nella coda delle parole tendevano ad usurarsi e a cadere, dando origine ad ambiguità e rendendo necessaria una riforma dell'intera morfologia. Nelle lingue celtiche invece i suoni nella coda delle parole si agglutinavano all'iniziale della parola seguente, dando origine a fenomeni di lenizione e di nasalizzazione. Sarà mia cura ricostruire il testo sopra riportato nella sua forma protoceltica. 
P.S. 
Non si deve assolutamente considerare Lugus "una latinizzazione di Lug": sarebbe come considerare il latino corvus "una latinizzazione dell'italiano corvo". La morfologia del gallico è simile a quella del latino a causa della comune eredità indoeuropea.   
 
Etimologia di Lugus 

L'etimologia del teonimo non è poi così chiara. Sicuramente la vocale tonica del teonimo era breve nelle lingue celtiche antiche: la pronuncia era /'lugus/. La vocale lunga che troviamo nell'antico irlandese Lúg, variante di Lug, è senza dubbio secondaria e sviluppatasi per compenso dalla precose caduta della consonante fricativa -g- /γ/. Dai glossari sappiamo che la parola lug nel linguaggio poetico aveva questi significati: 
 
1) guerriero, eroe; 
2) biondo; 
3) lince. 
 
Sappiamo che la lince è uno degli attributi di Lugus. Nella letteratura irlandese, si dice che i capelli della divinità erano di un intenso color giallo. 
 
In gallico doveva esistere la parola lugos "corvo", parimenti un termine poetico o druidico, documentata nello Pseudo-Plutarco all'accusativo λοῦγον (lougon), con la glossa greca κόρακα (kóraka). La vocale lunga è dovuta a problemi di adattamento alla fonetica del greco: all'epoca nella lingua ellenica esisteva soltanto il suono vocalico lungo /u:/, scritto col dittongo grafico ου. Questa parola lugos "corvo", riportata anche da Pokorny, è stata fatta derivare dal protoceltico *LUKOS "nero", nonostante il passaggio da /k/ a /g/ sia alquanto problematico. In irlandese antico esiste in ogni caso la parola loch "nero", che deriva proprio da *LUKOS. Stessa origine ha il gallese llwg "giallo scuro", sempre derivato da *LUKOS secondo una trafila assolutamente regolare. A mio avviso le protoforme *LUKOS e *LUGUS non sono tra loro imparentate.
 
Esiste poi la parola protoceltica *LUGRĀ "luna", ricostruita a partire dal gallese lloer "luna" (antico gallese loyr), analizzabile come formata a partire da una radice *lug- "lucente" con l'aggiunta di un suffisso -rā
 
Le radici indoeuropee proposte come origine del nome divino sono le seguenti: 
 
1) *leuk- "luce, splendore" 
2) *leug- "nero, scuro"; "palude"
3) *leug- "piegare, curvare" 
4) *leug'- "rompere" 
5) *leugh- "giurare" 
6) *lunk'- "lince"
 
In protoceltico non si ha la possibilità di un cambiamento di un'antica /k/ in una sonora /g/, il che fa dubitare molto di una connessione con *leuk- "luce, splendore" e con *lunk'- "lince". Tutta questa confusione di dati molteplici mi fa pensare che all'origine del nome divino Lugus ci sia una parola preceltica ma non necessariamente preindoeuropea, che ha subìto un complesso insieme di etimologie popolari. Non sarebbe un caso unico.    

Le origini di Odino 

Risulta evidente che la divinità germanica Wotan (protogermanico *Wōðanaz) altro non è che il celtico Lugus, di cui condivide molti attributi, compresa l'associazione con il corvo. Il suo culto deve essersi formato in Renania, zona in cui erano intensissimi i contatti tra i Germani e le popolazioni celtiche. Sappiamo che i Volci Tectosagi migrarono in Germania, dove ebbero una grande e splendida fama di guerrieri temutissimi. Queste cose sono state notate da Ludwig Rübekeil nel 2003, anche se già ci meditavo nel 1997. 
 
Conclusioni 

Se un celta dell'antichità fosse qui, riterrebbe nate dall'ingegno di Lugus anche molte arti che ai suoi tempi erano sconosciute, come ad esempio il cinema e la produzione di video musicali. Trovo la cosa divertente. 

lunedì 24 maggio 2021

ETIMOLOGIA DI TARTINA E SUA ORIGINE GALLICA

La parola tartina deriva dal francese tartine, che è un diminutivo di tarte "torta salata; torta ripiena di crema o di confettura" (antico francese tarte). In altre parole, si tratta di un francesismo assimilato. I romanisti, nella loro ciclopica e supponente ignoranza, hanno pensato di ricondurre la parola francese tarte a una semplice variante di tourte "torta (dolce)", senza tenere in benché minimo conto l'impossibilità di una tale derivazione, già soltanto per motivi fonetici: non se ne riesce a  spiegare il vocalismo. L'idea che tarte sia la stessa identica cosa di tourte è molto diffusa, anche se non ha la benché minima speranza di essere vera. Quando mai in francese si è vista una vocale tonica posteriore come -ou- /u/ diventare -a- /a/? Se si domanda a chi sostiene questa implausibile mutazione quali ne sarebbero mai i motivi, non è in grado di rispondere. In effetti, in letteratura non si trova nulla di sensato su questo argomento. Errano certamente coloro che citano il francese car "perché?" come esito anomalo del latino cūr "perché?" (antico qūr, quūr, quōr), dato che questo car è il semplice e regolare prodotto del latino quārē (scritto anche quā rē) "come, perché", alla lettera "per la qual cosa". 
 
Un elemento di sostrato 

Per dare una spiegazione alla parola tarte è necessario comprendere che la sua derivazione è dal sostrato gallico. Non si tratta di un termine latino, essendo giunto dalla lingua celtica che fu parlata a lungo nelle Gallie, anche in seguito alla conquista ad opera di Roma. 
 
Protoforma celtica: *tartus "secchezza, siccità; sete".
Antico irlandese: tart "secchezza, siccità; sete" 
  Irlandese moderno: tart "secchezza, siccità; sete" 

A partire dai dati storici è ricostruibile anche un aggettivo derivato. 

Protoforma celtica: *tartu-māros "assetato, che fa venir sete"
Antico irlandese: tartṁar "assetato, che fa venir sete"
  Irlandese moderno: tartmhar "assetato, che fa venir sete" 

Nelle lingue discendenti dal britannico questa radice si è estinta: è scomparsa prima della comparsa dei più antichi documenti letterari. Si sono avuti prestiti evidenti dal latino siccus e siccitās, forse per motivi tabuistici. È perfettamente confermata la pronuncia del latino -c- come consonante occlusiva velare /k/ anche davanti a vocali anteriori per l'epoca in cui avvenne il prestito. 

Britannico: *sikkus "secco" < lat. siccus "secco"
   Gallese sych "secco" 
Britannico: *sikkitās "sete" < lat. siccitās "secchezza"
   Gallese syched "sete"

Nella lingua della Gallia Celtica dovette essersi conservata la stessa forma presente in antico irlandese. Possiamo in ogni caso ricostruire la situazione. 
 
Protoforma celtica: *tartus "secchezza, siccità; sete" 
Gallico: *tartus "secchezza, siccità; sete";  
   *tartos "secco, che fa venir sete; salato" 
       femminile: *tartā
       neutro: *tarton
   *tartā "cibo che fa venir sete; torta salata; torta molto dolce"  

Credo che questa mia ricostruzione sia ineccepibile dal punto di vista morfologio e formale. Senza dubbio può spiegare ogni cosa. Credo che sia qualcosa di originale, dato che non se ho trovato traccia alcuna nella letteratura scientifica. Dovrebbe quindi essere citata così: (Moretti, 2021). 
 
La radice protoceltica *tartus "secchezza, siccità; sete" proviene direttamente dal proto-indoeuropeo *tṛstus "secchezza, aridità", derivato dalla radice *ters- / *tors- / *tṛs- "secco, essere secco". Nelle lingue celtiche compare anche in altri derivati notevoli, con diverso vocalismo: 
 
Protoforma celtica: *tīros "terra arida" (< *tēros),
     genitivo *tīresos (< *tēresos)
Antico irlandese: tír "terra; paese, territorio, suolo" 
  Irlandese moderno: tír "terra; paese, territorio" 
  Gaelico di Scozia: tìr "terra; paese, territorio" 
  Manx: çheer "terra; paese, territorio"
Britannico: *tīros "terra" 
  Gallese: tir "terra" 
  Cornico: tir "terra" 
  Bretone: tir "terra"  
 
Protoforma celtica: *tīresmis "secco, arido"
Antico irlandese: tírimm, tirimm "secco" 
  Irlandese moderno: tirim "secco"

Protoforma celtica: *torrus "secco" (< *torsus)
Antico irlandese: tur "secco"
  Irlandese moderno: tur "secco" (detto di cibo)   
 
Protoforma celtica: *terkos "misero" (< *terskos)
Antico irlandese: terc "poco, scarso" 
  Irlandese moderno: tearc "poco, scarso"
Gallico: *terkos "miserabile" 
    Elementi di sostrato: 
    => Italiano: tirchio "miserabile, avaro" (antico terchio)  
    => Bearnese: terc "crudele" 
Celtiberico: *terkos "duro, rigido" 
   Elementi di sostrato:
    => Spagnolo: terco "testardo" 
    => Catalano: enterch "rigido"  
Ci occuperemo meglio di questi resti del sostrato in un successivo intervento.
    
In latino la radice indoeuropea in questione è stata ereditata da alcune importanti parole, subendo il passaggio regolare da -rs- a -rr- davanti a vocale e da -rst- a -st-
 
terra "terra" (< *tersa
terrestris "terrestre" (< *terestris; -rr- è per analogia) 
tesquum, tescum "deserto, terra desolata" (< *terskwom)
torrēre "seccare" 
   presente indicativo: torreo "io secco" (< *torsēio), 
       torrēs "tu secchi", torret "egli secca" 
   perfetto indicativo: torruī "io seccai" 
   participio presente: torrēns "che secca", 
       gen. torrentis 
   participio perfetto: tostus "seccato" (< *torstos)
   supino: tostum "per seccare" (< *torstum) (1) 
torridus "arido, seccato" 
torris "tizzone ardente" 
torrus "tizzone ardente" 
 
(1) Il supino deriva da un accusativo sclerotizzato di un tema in -u- (IV declinazione).
 
La stessa radice indoeuropea è stata ereditata dal protogermanico, essendo ben rappresentata in tutte le lingue discendenti. Ecco le principali protoforme ricostruibili:
  *þersanan "essiccare, rendere secco"
  *þurstiz "secchezza; sete" 
  *þurstuz "secchezza; sete"
  *þurzǣnan / *þurzōnan "essere secco" 
  *þurzijanan "essere secco; essere assetato" 
  *þurznanan "diventare secco; appassire"
  *þurzuz "secco" 
  *þurskaz "merluzzo" (lett. "pesce essiccato")
Queste sono le forme attestate in gotico: 
   afþaursjan /af'θɔrsjan/ "essere assetato" 
   gaþairsan /ga'θεrsan/ "seccarsi, essiccarsi" 
   gaþaursnan "diventare secco; appassire"
   þaursjan "assetare; essere assetato"
   þaursus /'θɔrsus/ "secco" 
Queste sono le forme attestate in norreno: 
   þerra "rendere secco, essiccare" 
   þorna "diventare secco, seccarsi" 
   þorskr "merluzzo" 
   þorsti "sete"  
   þurka "diventare secco, seccarsi"
   þurr "secco" 
   þyrstr "assetato, che ha sete" 

Si potrebbe andare avanti a lungo, ma credo che esuli dagli scopi di questo contributo.

La torta salata e la prostituta 
 
In inglese esiste tart "tipo di pasticcio contenente gelatina o conserva", "tipo di torta ripiena di frutta o crema" (medio inglese tart, tarte), un chiaro prestito dall'antico francese tarte. In Albione questo termine ha subìto uno slittamento semantico notevole, giungendo a significare "prostituta" - significato attestato per la prima volta nel 1887 (fonte: Etymonline.com). Esistono attestazioni di questa parola col senso di "donna attraente" dagli inizi del XIX secolo, anche nella forma jam-tart. Non è difficile passare da "torta appetitosa" a "donna attraente". Credo che Berlusconi capirebbe alla perfezione ciò che dico. La statua di Molly Malone a Dublino è soprannominata "the tart with a cart", ossia "la prostituta con un carretto". Questo perché la famosissima pescivendola dai capelli fulvi esercitava il mestiere più antico del mondo. Dopo aver passato il giorno a vendere pesce, di notte faceva uscire lo sperma ai clienti. 
Si segnala una falsa etimologia dell'inglese tart "prostituta" da una contrazione di sweetheart "tesoro" (termine di apprezzamento). Questa proposta grottesca dovrebbe essere vista con sospetto da tutti: presenta le tipiche caratteristiche di un'etimologia popolare. La parola sweetheart ha l'accento sulla prima sillaba, non sulla seconda: in Inghilterra è /ˈswiːtˌhɑːt/; negli States è /ˈswitˌhɑɹt/, realizzato come [ˈswiɾhɑɹt̠] o addirittura [ˈswiɾɑɹt̠], col tipico rotacismo. È verosimile che l'accento fosse sul primo elemento del composto anche in passato, cosa che rende il mutamento assai implausibile. Se tart fosse un'abbreviazione di sweetheart, permarrebbe con ogni probabilità qualche traccia del suo antico; vediamo invece che in nessun caso tart e sweetheart sono usati come sinonimi. Inoltre sweetheart può essere usato per rivolgersi anche a persone di sesso maschile (nel qual caso può anche significare "innamorato", "spasimante") e persino ad animali di affezione come cani e gatti. Anche lo slittamento semantico sarebbe quindi problematico.    
Non esiste connessione tra tart "prostituta" e l'omofono tart "aspro, acido", che deriva invece dall'antico inglese teart "doloroso, severo" (detto ad esempio di punizione; è dal proto-indoeuropeo *der- "spaccare"). Si tratta ovviamente di una somiglianza fortuita. 
 
Alcune note sull'etimologia di torta      
 
Esiste un singolare problema fonologico che si trascina da epoca antica e che riguarda la parola torta. Si suppone che il latino tardo ed ecclesiastico tōrta "torta, focaccia", la cui vocale lunga è ricostruibile dagli esiti romanzi, sia un derivato del verbo torquēre "torcere": avrebbe forse tratto il suo nome dalla forma originaria della preparazione gastronomica. Molto diffusa è l'idea che sia una semplice ellissi della locuzione torta pānis, tradotta con "pane attorcigliato" - dimenticando che in latino pānis "pane" è di genere maschile. La traduzione è erronea, dato che tōrta pānis può significare soltanto "torta di pane" (con pānis al genitivo), il che è di scarso aiuto. La prima attestazione della parola è nelle Tavolette di Vindolanda (I-II secolo d.C.), in cui compare come turta, cosa che complica non poco le cose. Riporto informazioni sulla coniugazione del verbo torquēre, da cui è derivato l'italiano torcere con cambio di coniugazione, semplificazione della labiovelare e palatalizzazione: 
 
torquēre "torcere" 
    presente indicativo: torqueo "io torco", 
        torquēs "tu torci", torquet "egli torce" 
    perfetto indicativo: torsī "io torsi"
    participio presente: torquēns "che torce", 
        gen. torquentis 
    participio perfetto: tortus "tòrto" (< *torktos
    supino: tortum "per torcere" (< *torktum
    participio futuro: tortūrus "che torcerà"
 
Derivati: 

torculāris "relativo al torchio"
torculum "torchio, frantoio, pressa"
torculus "usato per la torchiatura"
tormentum "fune, corda; tormento, supplizio"
tormina (pl. n.) "coliche, dolori intestinali" 
torminālis "anticolico, che serve a calmare le coliche"
torminōsus "sofferente di coliche" 
torquēs (gen. torquis) "collana, monile" 
torquis (gen. torquis) "collana, monile" 
torsiō (gen. torsiōnis) "spasmo, colica"
tortilis "ritorto, attorcigliato, ricurvo" 
tortiō (gen. tortiōnis) "l'atto di torcere"
tortīvus "ottenuto da torchiatura"  
tortāre "torturare, martirizzare, seviziare" 
   presente indicativo: torto "io torturo", 
        tortās "tu torturi", tortat "egli tortura"  
   participio presente: tortāns "che tortura"  
tortum "corda usata come strumento di tortura"
tortuōsus "tortuoso, sinuoso"
tortūra "tormento, supplizio; l'atto di torcere"
tortus "attorcigliato" 
tortus (gen. tortūs, IV decl.) "voluta; spira di serpente" 
 
In tutti questi casi i gruppi consonantici complessi del latino arcaico si sono semplificati senza provocare allungamento di compenso della vocale -o- precedente. La vocale -o- è sempre breve. Esempi: 
 
torculum "torchio" < *torklom 
tormentum "supplizio" < *torkmentom 
tormina "coliche" < *torkmena 
tortāns "che tortura" < *torktāients 
torto "io torturo" < *torktāio  
tortum "strumento di tortura" < *torktom
tortus "attorcigliato" < *torktos 
tortus "voluta" < *torktus   

Invece in tōrta "torta, focaccia" si è avuta invece la semplificazione del gruppo consonantico con l'allungamento di compenso della vocale -o- precedente: 

tōrta "torta, focaccia" < *torkta 

Perché questa diversità? Le spiegazioni possibili sono due: 

1) Il nome della torta è il prodotto di una tradizione diversa rispetto a tutte le altre forme derivate dal verbo torquēre
2) Il nome della torta non è un derivato del verbo torquēre: si tratta di un'etimologia popolare. 

Sono incline a credere che la spiegazione 2) sia quella giusta, ma ho ancora prove decisive. Si comprende alla luce di questi fatti che la questione non è affatto banale.
 
La situazione problematica la si vede in diverse lingue neolatine. In italiano il sostantivo torta ['torta] (con la vocale tonica chiusa) deriva regolarmente dal latino tōrta /'to:rta/ (con la vocale tonica lunga) e contrasta col participio passato del verbo torcere, che è tòrto ['tɔrto], femminile tòrta ['tɔrta] (con la vocale tonica aperta).  
In altre parole, esiste un'oppposizione fonetica minima:
 
torta /'torta/ (dolciume) - tòrta /'tɔrta/ (che ha subìto torsione)

Anche in francese l'esito regolare del latino tōrta /'to:rta/, che è tourte, riflette l'antico stato di cose. 
 
Richiamo l'attenzione dell'Accademia della Crusca su questi dettagli, anche se so in pratenza che il mio appello non sarà raccolto.