giovedì 12 novembre 2020

 
ASSASSINIO AL CIMITERO ETRUSCO 
 
Titolo originale: Assassinio al cimitero etrusco
Titolo in francese: Crime au cimetière étrusque
Titolo in inglese: The Scorpion with Two Tails
Paese di produzione: Italia, Francia
Lingua: Italiano, etrusco
Anno: 1982
Durata: 98 min
Genere: Orrore, thriller
Regia: Christian Plummer (Sergio Martino)
Soggetto: Ernesto Gastaldi, Dardano Sacchetti
Sceneggiatura: Ernesto Gastaldi, Maria Chianetta, Jacques
     Leitienne
Produttore: Luciano Martino
Casa di produzione: Dania Film S.r.l. (Roma), Medusa Film 
    (Roma), Imp.Ex.Ci.Sa (Nizza), Les Filmes Jacques
    Leitienne (Parigi)
Distribuzione in italiano: Medusa Film
Fotografia: Giancarlo Ferrando
Montaggio: Eugenio Alabiso, Daniele Alabiso
Effetti speciali: Paolo Ricci
Musiche: Fabio Frizzi
Scenografia: Antonello Geleng
Costumi: Antonello Geleng
Trucco: Franco Rufini, Giovanni Rufini
Interpreti e personaggi:
    Elvire Audray: Joan Mulligan Barnard
    Paolo Malco: Mike Grant
    Claudio Cassinelli: Archeologo Paolo Dameli
    Marilù Tolo: Contessa Maria Volumna
    Wandisa Guida: Heather Hull
    Gianfranco Barra: Commissario
    Franco Garofalo: Fotografo Gianni Andrucci
    Maurizio Mattioli: Masaccio
    Carlo Monni: Senaldi
    Anita Sagnotti Laurenzi: Prof.ssa Sorensen
    Jacques Stany: Nick Forte
    Luigi Rossi: Vecchio suonatore di aulos
    John Saxon: Arthur Barnard
    Van Johnson: Mulligan, padre di Joan
    Nazzareno Cardinali: Guardia del corpo della Contessa
    Angela Doria: Hilda
    Antonino Maimone: Boss a New York
    Fulvio Mingozzi: Ufficiale doganale
    Lucia Monaco: Julie
    Mario Rovelli (Novelli): Guadia del corpo della Contessa
    Gennarino Pappagalli: Archeologo
    Bruno Alias 
    Giuseppe Marrocco
    Mario Cecchi
    Bruno Rosa
    Ettore Martini
    Anna Maria Perego
Doppiatori originali:
    Paila Pavese: Joan Barnard
    Pino Colizzi: Paolo Dameli
    Sandro Iovino: Arthur Barnard
    Luciano De Ambrosis: padre di Joan, Mulligan
    Vittorio Stagni: Gianni Andrucci
Location: Volterra, Cerveteri, Formello, New York, R.P.A.
     Elios Studios di Roma

Trama: 
Joan, la bionda moglie dell'archeologo americano Arthur Barnard, ha le notti sconvolte da incubi atroci in cui assiste a sacrifici umani officiati dagli Etruschi in un'orrida grotta. Le modalità dell'offerta agli Dei Inferi sono terribili: il sacrificatore afferra il cranio della vittima e lo gira a 180 gradi, facendo sì che la faccia venga trovarsi proprio sopra alla parte posteriore della spina dorsale. Joan è scossa da premonizioni e teme per la vita del flaccido marito, impegnato in importanti scavi. A un certo punto l'uomo le telefona, cercando di dirle qualcosa, ma nel corso della chiamata viene ucciso. L'assassino parla in etrusco nella cornetta: "Ecn turce Šarún". Joan, sconvolta, decide di mettersi in viaggio per l'Italia, determinata a far luce sul mistero. Giunge in una Toscana molto diversa da quella che conosciamo, caratterizzata da fenomeni di vulcanismo, abitata da un'accozzaglia di truci banditi intabarrati e tombaroli. Ne sono certo, non è un frutto di qualche distorsione percettiva: questi manigoldi hanno un aspetto rignanesco! L'aristocrazia ha cognomi di origine etrusca: una tipica nobildonna è la contessa Maria Volumna. Alcuni cognomi dei violenti popolani sono invece di origine longobarda, come ad esempio Senaldi. La statuaria Joan nel corso delle sue indagini si imbatte in diversi personaggi. Incontra l'affascinante contessa Volumna, ma non riesce a ottenere dalla sua conoscenza alcun risultato utile. In bosco trova un vecchio suonatore di flauto doppio, che sa molte cose sugli antichi abitanti di quelle terre, da lui chiamati Raséni. Pian piano emerge la verità, che ha un sapore spiritico. Joan conosce la lingua etrusca senza mai aver compiuto alcuno studio, proprio perché è la reincarnazione di una sacerdotessa. Colpo di scena, non è una vera bionda, in realtà ha i capelli castani! Grazie al potere della reminiscenza l'ardimentosa eroina riesce a ritrovare la grotta che ha visto nei suoi sogni. L'anziano auleta si rivela essere proprio il sacrificatore che all'epoca le ha girato la testa fino a spezzarle il collo. A queste arcane rivelazioni si intrecciano vicende più prosaiche: si scopre che l'ingenuo Arthur nel corso dei sui scavi archeologici è rimasto coinvolto in un brutto affare coi gangster rignaneschi, che depredavano le tombe per poi nascondervi colossali quantità di letale polvere bianca (non certo borotalco o zucchero a velo, è ovvio). Il culmine si ha quando la protagonista raggiunge un luogo occulto, il Sancta Sanctorum degli Etruschi, in cui le stesse leggi della fisica sono violate! 
 
 
 
Recensione: 
Mi si perdonino i francesismi, ma ogni volta che guardo film come questo mi sento immerso in pieno nella stagione degli escrementi di celluloide, veri e propri ammassi di scorie espulsi dall'ano della senescente Settima Arte. Un ano che non è certo sensuale e desiderabile come quello di Rita Hayworth! Credo che non sia poi un caso se lo stesso regista abbia in seguito rinnegato la sua opera, motivando la sua ardua scelta con le seguenti parole: "<Il film> non ha aggiunto nulla alla mia carriera, nemmeno dal punto di vista economico". Detto questo, la pellicola di Martino è uscita dieci anni dopo il capostipite del giallo italiano archeologico, L'etrusco uccide ancora (Armando Crispino, 1972). Sembra quasi che le due opere in questione segnino l'inizio e la fine di un'epoca. In origine Martino intendeva dirigere una serie televisiva in ben otto parti, il cui titolo doveva essere Il mistero degli Etruschi, o in alternativa Lo scorpione a due code. Negli archivi SIAE si trovano due diverse sceneggiature, una di Ernesto Gastaldi e l'altra di Dardano Sacchetti, entrambe risalenti al 1982. Il nome del produttore cinematografico francese, Jacques Leitienne, compare per ragioni legate a un'asfissiante burocrazia. Un dettaglio tecnico: nonostante l'opera martiniana sia stata concepita per essere trasmessa in televisione, è stata girata in 16mm e montata come se dovesse essere proiettata nei cinematografi. La fonte di queste informazioni è Roberto Curti, Italian Gothic Horror Films, 1980-1989, McFarland, 2019. Gli sviluppi successivi sono stati prettamente berlusconiani: il film, acquistato da Reteitalia, è stato trasformato in una miniserie TV per essere trasmesso in due puntate su Canale 5. Questo riarrangiamento, firmato da Claudio Lattanzi, non è tuttavia mai stato trasmesso, né sulle reti di Berlusconi né altrove. In buona sostanza, Assassinio al cimitero etrusco è un pastone acido che mescola elementi polizieschi e horror come se fosse stato vomitato da un gigante ingozzatosi di trash. Non ha affatto goduto dello stato di cult raggiunto dal film di Crispino, pur dando un contributo all'immagine degli Etruschi sepolcrali, lugubri, posseduti dall'ossessione del proprio annientamento nell'Ade. In realtà non tutto è da buttare, qualche trovata buona c'è: ad esempio il senso della putrefazione immanente connessa alla reminiscenza, un orrore ontologico che prende forma tramite i cagnotti. Molto bella la musica, composta da Fabio Frizzi, storico collaboratore di Lucio Fulci: a cui si deve la colonna sonora di film horror fulciani come Zombi 2 (1979) Paura nella città dei morti viventi (1980), ... e tu vivrai nel terrore! - L'aldilà (1981).
 
 
Il fantaetrusco di Gastaldi-Chianetta  

La caratteristica precipua della lingua etrusca ricostruita dagli sceneggiatori è la trasformazione delle consonanti velari in palatali davanti alle vocali anteriori -e-, -i-. Così turce "donò", che i Rasna pronunciavano /'turke/, suona invece /'turtʃe/, con la cosiddetta "c di cena". Allo stesso modo muluvanice "donò, diede in dono" viene pronunciato /mulu'vanitʃe/. Manca la benché minima nozione di grammatica. Locuzioni corrette come tular Rasnal "i confini dell'Etruria" sono ripetute durante il rito che si vede all'inizio del film, soltanto perché sono prese di peso dalle attestazioni reali e incorporate nella trama. Quando si tratta di costruire una frasettina, tutto è sbagliato: non viene nemmeno compreso il concetto di declinazione. Il capolavoro di Gastaldi-Chianetta è la frase "Ecn turce Šarún", che dovrebbe significare "Egli è stato dato a Šarún". Qualcosa non quadra: il verbo è attivo, il pronome ecn è chiaramente all'accusativo: Šarún non è il destinatario, bensì il soggetto. La frase dovrebbe quindi tradursi con "Šarun lo ha dato", che significa poco. Se ecn "lui" (complemento oggetto) e turce "ha dato" sono ineccepibili (a parte la pronuncia della forma verbale), dovremmo domandarci cosa possa essere Šarún, con quell'accento anomalo sull'ultima sillaba. Stando all'intenzione degli sceneggiatori, Šarún sarebbe una sorta di divinità ctonia dell'Etruria, che presiede ai fenomeni vulcanici. Non stupisce che non risultino corrispondenze né attestazioni, trattandosi di un'invenzione. Se gli sceneggiatori fossero stati furbi, avrebbero usato il nome estrusco di Efesto, Šeθlans, oppure avrebbero formato un teonimo dalla ben nota parola verse "fuoco", qualcosa come Versens (non attestato). Al pubblico le parole con troppe consonanti piacciono poco. Perché una parola sconosciuta che finisce con una o più consonanti possa colpire l'immaginazione, è preferibile che l'accento cada sull'ultima sillaba. Ecco com'è nato l'improbabile Šarún. Con tutti i nomi etruschi di donna che si conoscono, bellissimi e affascinanti, la sacerdotessa ne ha ricevuto uno tutto sommato banale e inverosimile: Cere. Com'è ovvio attendersi è pronunciato come in italiano. Si tratta chiaramente del nome dell'antica città di Cere, in latino Caere, attestato in etrusco come Caisra, Cisra, Ceizr-, Χaire-. Che altro dobbiamo dire? Considerato che la lingua etrusca non ha avuto un'immensa fortuna cinematografica, dovremmo accontentarci e non pretendere troppo. Magari in qualche spettatore incuriosito si sarà acceso il nobile interesse per l'etruscologia!

 
Il mito dei Criptoetruschi  
 
Pellicole di etruscheria spicciola come quella di Martino hanno contribuito a diffondere il mito dei Criptoetruschi, ossia l'idea che da qualche parte, nei distretti più impervi e selvosi della Toscana, sopravvivano ancora oggi in un segreto catacombale persone continuatrici della lingua e della religione etrusca. Ne avevo già parlato qualche anno fa in un mio brevissimo contributo pubblicato su questo stesso portale: 
 

In un paese, credo fosse nel Casentino, si era diffusa una favola. I suoi abitanti si reputavano genuini discendenti degli Etruschi, mantenutisi nei secoli senza senza alcuna contaminazione esterna. In un articolo su una rivista c'erano anche fotografie di queste persone, di cui ricordo le sembianze oltremodo grottesche - cosa che confermerebbe la presenza di una lunga tradizione endogamica. Lovecraft avrebbe di certo preso spunto da queste cose per uno sconvolgente racconto su qualche antichissimo orrore dalla Toscana. Il problema è che la rivista in questione era ben lungi dall'essere fidedigna; con ogni probabilità si trattava di una squallida trovata per attrarre turisti in un borgo remoto e non certo prospero. In ogni caso, non c'è stata alcuna rivendicazione di una pretesa conoscenza della lingua etrusca o della pratica di sacrifici pagani. Come ho già fatto notare nel 2014, si trovano alcuni individui col cognome Rasna in un'area montuosa a nord di Firenze. 
 
Elementi  di fantafisica etrusca 
 
L'accesso dantesco al Sancta Sanctorum degli Etruschi emerge a causa dei sommovimenti di Šarún. Joan vi si inoltra, arrivando a un luogo che potrebbe essere uscito dalla fantasia di H.R. Giger o di Ridley Scott, tanto ricorda il pianeta degli Ingegneri del film Alien: Covenant (2012). Si vedono alcune teste gigantesche scolpite nella nuda roccia, massi a cui sono state date sembianze umanoidi. Le loro proporzioni ciclopiche opprimono e schiacciano chiunque si trovi in quel tempio, illuminato da un enorme diamante appeso al soffitto come un sole artificiale. Arriva anche Paolo Dameli, l'archeologo, che si rivela corrotto e pericolosissimo. Anzi, è proprio l'assassino che ha ucciso Arthur, il marito di Joan. Ecco il surreale dialogo che si svolge nell'arcana cripta:
 
Joan: "L'ultimo grande potere: la Sfera Cosmica, l'Anti-Universo. La Spirale del Tempo."
Paolo: "Joan, dov'è il tesoro? Joan, Joan, il posto è questo, tu l'hai trovato. Il sacro tesoro della Dodecapoli. Dimmi dov'è il tesoro!"
Joan: "I ciechi non sanno che la luce esiste, mostrargliela sarebbe inutile, non la vedrebbero. Paolo, il tesoro è là. Là c'è la Fine e l'Inizio del Tempo e la materia ha il segno contrario e opposto."
Paolo: "Sembra un grosso diamante. Se lo fosse varrebbe più di mille Kon-ai-Noor (sic!). Se riesco..."
Joan: "Non lo toccare, Paolo! Non lo toccare! Antimateria! Antigravità! Se lo tocchi, Paolo, se tu lo tocchi!" 
(- Paolo rimane colpito da una forte scossa, accompagnata da un rumore simile a quello di un gigantesco flipper! -)
Joan: "Il cristallo è completamente avvolto dal vuoto, è protetto da una forza che è contraria alla forza di gravità e respinge via l'aria. Altrimenti non potrebbe esistere, si sarebbe dissolto all'inizio del Tempo. La materia e l'antimateria non potrebbero coesistere se non ci fossero anche la gravità e l'antigravità. Solo così l'Universo può essere."
Paolo: "Da quanto tempo sai tutto questo?"
Joan: "È come se voci antiche mi parlassero dentro. Andiamo via da qui! Qui tutto appartiene agli Immortali!" 
Paolo: "Allora sei tu l'ultima degli Immortali. Sei tu. Adesso mi dirai dov'è il tesoro! E mi dirai la verità questa volta! Altrimenti... ho già spezzato il collo a molta gente e potrei farlo anche a te!"
Joan: "Allora sei tu che hai ucciso Arthur e tutti gli altri!" 
Paolo: "Certo. A volte con l'aiuto di quelli che volevano la droga."
Joan: "E adesso tu vuoi uccidere anche me." 
Paolo: "Se tu sei veramente immortale, non dovresti avere nessuna paura, non credi?"
Joan: "Io sono la Guardiana del Sacro Tesoro!" 
Paolo: "E se non mi dici subito dove si trova, resterai qui per il resto dell'Eternità!"
Joan (esagitata): "L'ultima conoscenza è il Tesoro degli Dei!!"   
 
A questo punto arriva il Deus ex Machina, che salva una situazione catastrofica. Collega di Joan e agente segreto in incognito, Mike Grant fa la sua irruzione, vincendo il malvagio e riportando l'ordine. Direi che la lunga digressione fantafisica della sacerdotessa etrusca reincarnata non era proprio necessaria. 

Dameli o Domelli? 

L'archeologo corrotto si presenta come Paolo Dameli, ma in diversi siti del Web il suo nominativo è scritto Paolo Domelli. Probabilmente Domelli, pronunciato Dameli nella versione in inglese, è stato mantenuto anche nella versione in italiano con la pronuncia americanizzata.
 
Scene memorabili 
 
I cagnotti che escono dagli occhi di un'antica scultura raffigurante un auleta. Pullulano, spingono, trascinano con sé anche alcune ributtanti pupe rossicce, cadono in massa e si spargono dovunque, contorcendosi.
 
Mike Grant che emerge dagli Inferi, simile a uno zombie avvolto dai gas sulfurei del vulcanismo, procedendo in modo retrogrado come un gambero, guidato dalla testa girata sulla schiena.   
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Arrivati a questo punto, non resta che riportare alcuni significativi estratti davinottiani.  
 

Cotola ha scritto: 
 
"Desolante thriller di Martino (che si firma con uno pseudonimo) che non provoca il benché minimo spavento nello spettatore e non avvince per nulla. Che dire poi della pasticciatissima sceneggiatura che serve un finale a dir poco delirante e ridicolo? Meglio stendere un velo pietoso e passare avanti" 
 
Deepred89 ha scritto:  
 
"Mediocre film di Sergio Martino che combina con scarsi risultati thriller, horror e poliziesco. La regia è insolitamente rozza e la sceneggiatura arranca stancamente senza decidere che strada prendere, fino ad un finale con uno dei colpi di scena più ridicoli di tutto l'horror made in Italy. Cast interessante sfruttato nel peggiore dei modi e penalizzato da un doppiaggio indegno. Insufficiente." 
 
Puppigallo ha scritto:
 
"Pagliacciata horror poliziesca con attori dati in pasto a un copione ridicolo, che li trasforma inevitabilmente in macchiette viventi, credibili come l'esistenza di un politico onesto. Se non altro, si sorride quando subentrano le visioni della bionda e, soprattutto quando viene recitata la "raggelante" frase, o formula antica "Echen turce sciarù!". Da non dormire la notte...E non dimentichiamo le uccisioni tramite rottura del collo "Crac!" ed è tutto finito (gli etruschi erano per la rapidità). La colonna sonora è riciclata da vari zombimovie, mentre il resto è O.T. (Original Trash)."
 
Markus ha scritto:
 
"Tra le grotte degli etruschi con qualche rancore di troppo trascinato ai nostri giorni e la modernissima New York si consuma uno pseudo-horror con venature poliziesche. Sergio Martino dirige senza nerbo un film che ha la pecca maggiore nel non suscitare la benché minima paura. Resta però un certo desiderio di vedere come andrà a finire e un secondo tempo stranamente più avvincente del primo, quasi a voler tenere le scene "migliori" per il gran finale. Si nota una certa povertà di mezzi (statue di evidente cartongesso, attori perlopiù mediocri)."

martedì 10 novembre 2020

 
L'ETRUSCO UCCIDE ANCORA 
 
Paese di produzione: Italia, Germania, Jugoslavia
Anno: 1972
Durata: 105
Genere: Thriller, giallo, orrore
Regia: Armando Crispino
Soggetto: Lucio Battistrada, Armando Crispino, Bryan Edgar
     Wallace (storia breve), Lutz Eisholz
Sceneggiatura: Lucio Battistrada, Armando Crispino 
Produttore: Artur Brauner
Casa di produzione: Mondial Te.Fi, Inex Film, CCC
      Filmkunst
Distribuzione in italiano: Titanus
Fotografia: Erico Menczer
Montaggio: Alberto Gallitti
Effetti speciali: Armando Grilli
Musiche: Riz Ortolani
Scenografia: Giantito Burchiellaro
Costumi: Luca Sabatelli
Trucco: Nilo Jacoponi
Interpreti e personaggi
    Alex Cord: Jason Porter
    Samantha Eggar: Myra Shelton
    John Marley: Nikos Samarakis
    Enzo Tarascio: Commissario Giuranna
    Horst Frank: Stephen
    Enzo Cerusico: Alberto
    Carlo De Mejo: Igor Samarakis
    Nadja Tiller: Leni Schongauer Samarakis
    Daniela Surina: Irene
    Vladan Holec (Vladan Milasinovic): Otello, il custode
    Christiane von Blank: Velia
    Mario Maranzana: Brigadiere Vitanza
    Rodolfo Bigotti: Il motociclista
    Wendy D'Olive: Giselle
    Pier Luigi D'Orazio: Minelli
    Ivan Pavicevac: Poliziotto
    Cinzia Bruno: La ragazza del motociclista
    Carla Brait: Una danzatrice
    Carla Mancini
    Rosita Toros
    Alessandro Angeloni
    Pietro Fumelli
Doppiatori italiani
    Michele Kalamera: Jason Porter
    Lorenza Biella: Myra
    Roberto Villa: Nikos Samarakis
    Carlo Valli: Igor Samarakis
    Luciano Melani: Otello 
Traduzioni del titolo: 
    Tedesco: Das Geheimnis des Gelben Grabes
           (lett. Il segreto  della tomba gialla)
    Inglese: The Dead Are Alive (lett. I Morti sono vivi)
    Spagnolo: El dios de la muerte asesina otra vez
 
Trama: 
Jason Porter è un archeologo americano biondiccio ad alta gradazione alcolica, che quindi mi è naturalmente simpatico. Lavora agli scavi di una necropoli etrusca a Cerveteri, dove sono state scoperte da poco alcune tombe. Servendosi di una sonda, Porter riesce a fotografare l'interno di un grande ambiente sepolcrale, scoprendovi un affresco che raffigura il Demone della Morte, Tuchulcha, intento ad uccidere con una gigantesca mazza una coppia di giovani amanti. Presto lo studioso si rende conto di aver subìto un grave furto: la sua preziosa sonda gli è stata sottratta! Come se Tuchulcha si fosse materializzato in pieno XX secolo per un'insondabile maledizione, inizia una serie di uccisioni di coppiette in un'area che va dalla zona degli scavi a Spoleto. I corpi delle vittime sono ritrovati col cranio sfondato, disposti come per un sacrificio ai Demoni. Siccome l'arma del delitto è proprio la sonda sottratta, ecco che il corrotto e incompetente commissario Giuranna nutre il sospetto che proprio Porter possa essere l'autore dei delitti. Non sorprende che in una Toscana rignanesca e paccianesca, mostrata come un luogo più sudicio e turpe della fuliggine, qualsiasi forestiero un po' strano sia in automatico accusato delle peggiori scelleratezze, mentre le azioni dei banditi passano in cavalleria. La polizia di Giuranna, losca e brutale, sembra un'associazione di camorristi. In realtà si capisce presto che la situazione è più complessa di quanto non sembri a prima vista. Il proprietario dei terreni in cui sorge la necropoli è il famoso direttore di orchestra Nikos Samarakis, un vecchio coriaceo che con Porter ha qualcosa a che fare, avendo sposato la sua ex moglie Myra. La bellissima donna fulva aveva lasciato l'archeologo perché non ne sopportava la propensione ad alcolizzarsi e pretendeva di farlo cambiare, di renderlo un salutista. Dal canto suo, pur essendo il matrimonio finito, Porter non si rassegna, è ancora ossessionato da Myra e vorrebbe riconquistarla, arrivando in un'occasione persino a conati di violenza. Oggi, imperversando la narrazione ideologica boldrinesca, sarebbe considerato uno stalker per via della sua insistenza, quindi anche più deprecabile del serial killer. Prima che l'Ispettore Giuranna possa uscire dal buio in cui brancola, gli eventi precipitano e il moderno Tuchulcha si rivela essere qualcuno che è sempre stato vicino a Myra: il figlio pazzo di Nikos Samarakis, Igor. Scoperto e affrontato in un'epica tenzone dal coraggioso Porter, troverà la sua Nemesi, con lo stomaco perforato dall'acuminata scheggia di uno specchio infranto (e non di marmo, come pure si legge nel Web).  

 
Recensione:  
Questo film di Crispino è ricordato come un importante giallo all'italiana che dato origine del filone archeologico, fiorito negli anni '70. È stato anche tra i primi, forse addirittura il primo, ad aver tentato importanti contaminazioni con il genere horror. Senza dubbio potrebbe essere definito un capolavoro, ma del cinema grottesco, analogamente a perle radiose come Non si sevizia un paperino (Lucio Fulci, 1972), quello in cui la Bouchet interpretava il ruolo inquietante di una pedofila. Eppure c'è sempre qualcosa di interessante in questo genere di pellicole, che mi diverto a recuperare per immergermi in un mondo perduto. Qui l'antropologia criminale si fonde con una visione distorta e incubica di un'antica civiltà, da lungo tempo estinta. Non esistono realmente gli Etruschi, esistono i loro fantasmi, dotati di forza propria e in grado di schiacciare l'individuo, di annichilirlo.    

Così ebbe a dire lo stesso regista, oppresso e sconvolto dalla percezione nitida delle oscurissime forze soprannaturali emanate dai luoghi degli Etruschi: 

"Il film è nato da una visita occasionale alla necropoli di Cerveteri. Ho provato una sensazione di disagio, che di solito si prova di fronte a qualcosa che non si conosce."
(Armando Crispino) 
 
Certo, se guardiamo L'etrusco uccide ancora, a distanza di tanti anni ci appare stonato, irreale, a dir poco fragile, quasi senza traccia di coerenza interna. I personaggi non sempre sono convincenti. Talvolta sembrano appena abbozzati. Tra i più degni di attenzione c'è la figura del regista rossiccio e sodomita passivo, chiara allusione a un'importante personalità il cui nome mi astengo dal menzionare, anche se ormai da tempo appartiene ai Quondam. Non ci è difficile intuire quale sia la principale occupazione di questo bizzarro individuo: fellare gli energumeni di cui si circonda! In una sequenza lecca languidamente un gelato, pensando di dedicare le proprie attenzioni al solco balano-prepuziale di un fallo eretto. Vediamo poi Nikos Samarakis, ritratto come un turpe vecchio prostatico, che ha sposato Myra per farsi titillare con la lingua il perineo e lo sbocco naturale del "tristo sacco che merda fa di ciò che si trangugia" (cit.). Geloso e vendicativo, violento e sadiano, quest'uomo malvissuto fa una brutta fine: schiatta per un arresto cardiaco provocato ad arte, liberando l'infelice consorte dalla schiavitù e permettendole di ritornare assieme all'archeologo collerico. Poi c'è Leni Schongauer Samarakis, l'ex moglie del vetusto direttore d'orchestra. All'apparenza è una donna splendida e affascinante, di classe. Nessuno nota qualcosa di disgustoso in lei. Eppure i suoi capelli, nerissimi e pettinati a caschetto, altro non sono che una parrucca, indossata per nascondere le piaghe ripugnanti che le ricoprono il cuoio capelluto. La muove l'odio verso l'ex marito, colpevole di quelle oscene ustioni craniche che l'hanno rovinata per sempre. Questo microcosmo fosco e deforme è accompagnato da una bellissima colonna sonora, densa e penetrante, opera di Riz Ortolani. Alcune scene erotiche sono interessanti. 

Dario Argento sul film di Crispino 
 
Riporto queste parole di Dario Argento, che saranno certo notevoli e molto interessanti, per chi ha in alta stima questo genere di critica: 

"Il giallo italiano non si sa esattamente quando nacque. Uno dei primi film è quello di Camillo Mastrocinque realizzato nel 1948, L'uomo dal guanto grigio, un giallo tipicamente inglese. Nel 1959 Pietro Germi realizzò un giallo stupendo: Un maledetto imbroglio, tratto dal romanzo di Emilio Gadda. Segue La commare secca (1962) di Bernardo Bertolucci, quindi due film di Mario Bava, molto belli e interessanti: La ragazza che sapeva troppo e Sei donne per l'assassino. C'è stato un periodo di interregno, sinché sono usciti i miei film (L'uccello dalle piume di cristallo e Il gatto a nove code) e da allora c'è stato un uragano di imitazioni, sempre con gli animali nel titolo: la farfalla, la lucertola - e così via - che portarono il numero di gialli italiani a circa 200 in pochi anni. Poi, fortunatamente, questo uragano si fermò."
(Dario Argento) 

Mi rammarico di non avere una cultura cinematografica sufficiente ad apprezzare appieno questo torrente di citazioni. Ciò che so del cinema e della sua storia lo accumulo lentamente, film dopo film, recensione dopo recensione. In altre parole, non sono un adepto della religione dei Citazionisti Estremi. Comprendo però l'allusione alla cosiddetta "trilogia zoonomica" di Dario Argento, costituita oltre che da L'uccello dalle piume di cristallo (1970) e da Il gatto a nove code (1971) anche da 4 mosche di velluto grigio (1971). Crispino doveva essere consapevole del problema. Vediamo infatti Otello di Rignano, il custode della necropoli, che si diverte a bruciare animaletti come ragni e locuste, a quanto pare proprio come mezzo simbolico di insurrezione contro la dittatura della "trilogia zoonomica" e delle infinite imitazioni a cui diede origine (si parla addirittura di "generazione di un filone"). Il bellimbusto si accende una sigaretta e col fiammifero cerca di ustionare il pingue addome di esemplare di un ragno vespa (Argiope bruennichi), senza peraltro riuscire ad arrecargli gravi danni. Gode ad infliggere dolore, i suoi occhi sono illuminati dalla luce del sadismo. In realtà sembra essere stato proprio L'etrusco uccide ancora, un giallo di matrice argentiana, ad avere a sua volta influenzato lo stesso Argento, ispirandogli il motivo centrale di Profondo Rosso (1975), quello del trauma infantile di origine sessuale. Eppure pochi sembrano ricordare che proprio in Profondo Rosso c'è una scena di violenza estrema su una lucertola, che viene seviziata con uno spillo da una bambina dai capelli rossi come il fuoco, morbosa e sadica. Quindi, stando alla critica, cosa dovremmo dire? Che Dario Argento ha voluto protestare contro la sua stessa "trilogia zoonomica"? Queste tesi non mi paiono il prodotto di menti lucide.  
 

Trasmigrazioni spiritiche degli Etruschi 

Un bambino è rimasto sconvolto dall'attività sessuale della madre, che è stata scoperta dal cornuto e ha rimediato un'orrida ustione al cranio. Così il giovane cresce odiando ogni in modo viscerale ogni manifestazione della sessalità, finché la tensione insopportabile lo spinge ad uccidere coppiette il cui comportamento gli ricorda il trauma subito. Sviluppa una sua inquietante ritualità, che ha tutti i caratteri dell'ossessione. Come avviene questo passaggio? Cosa lo spinge a un certo punto a tradurre le sue fantasie in azione? Il cambiamento avviene tramite la visione dell'affresco etrusco in cui Tuchulcha ammazza a colpi di clava gli amanti. Ecco che ha luogo una trasmigrazione, a prima vista improbabile: Tuchulcha possiede il ragazzo e ne fa un omicida seriale. L'ossessione diviene azione acquisendo un carattere etrusco, pur mantenendo elementi moderni, come l'uso del Requiem di Verdi e delle scarpette rosse, riconducibili alle memorie dell'assassino. Non si ha quindi una trasmissione culturale di elementi etruschi sopravvissuti in qualche modo al trascorrere dei secoli, come in altri film, bensì un passaggio diretto, in cui la visione di un antico dipinto funge da catalizzatore. Questa trasmigrazione ha l'ontologia della possessione demoniaca: uno spirito che aleggia nell'aria entra nel corpo della vittima, utilizzandolo per muoversi ed operare nel mondo. L'annientamento di giovani vite lo sostenta e lo rafforza, proprio come il sangue offerto da Odisseo alle Ombre dell'Ade le rende dense, consapevoli, memori del proprio passato. Quando l'essenza di Tuchulcha abbandona il posseduto, su questi cade all'improvviso tutto l'immane peso delle atrocità compiute, lasciandogli come unica via di uscita il suicidio!  

Etimologia di Tuchulcha 

Raffigurato nella Tomba dell'Orco, Tuchulcha è ritratto con un aspetto ben più orribile di quello mostrato da Crispino: è un demone alato, con orecchie d'asino, becco da avvoltoio e vipere che gli escono dalle chiome; la sua pelle è giallastra e in mano tiene lunghi serpenti barbuti. Mi inoltro in alcune considerazioni sull'etimologia del nome. Nel Liber Linteus esiste la parola tuχlac, il cui significato è verosimilmente "mortale, funubre". La terminazione -c è un tipico suffisso aggettivale: la radice è tuχla- e doveva esprimere il significato di "morte", "lutto", distruzione". Con un suffisso -χa ecco formato il nome del Demone della Morte, Tuχulχa. Questo suffisso si trova anche in altri casi e doveva servire a formare sostantivi concreti. In un'iscrizione (REE 55 n91) abbiamo ali-χa con il significato di "dono", dal verbo al- "dare". Nel Liber Linteus abbiamo siml-χa, formato in modo simile a Tuχul-χa. Peccato che la radice siml- sia tuttora oscura e non si sia al momento in grado di specificarle il significato. Questo suffisso -χa deve essere nettamente distinto dal pronome ca "questo; egli": non è pensabile allo stato attuale delle conoscenze poter scambiare liberamente le consonanti occlusive con le aspirate, come tendeva a fare in modo ingenuo Pallottino. Nel film di Crispino gli attori pronunciano /tu'kulka/, con l'accento sulla seconda sillaba e la consonante /k/ non aspirata. Una chiara pronuncia ortografica. Si hanno prove del fatto che in etrusco l'accento cadeva sulla prima sillaba delle parole. La pronuncia doveva essere /'tukhulkha/, con l'accento sulla prima sillaba e la consonante /kh/ fortemente aspirata. Si capisce che la vera pronuncia etrusca sarebbe stata difficile, però immaginatevi l'effetto straniante che avrebbe avuto se fosse stata adottata in un giallo-horror italiano! 
 
Citazioni: 
 
"Figli di gran puttana, 'sti etruschi! Loro, sì, sapevano vivere, non si facevano mancare mai niente: mangiare come maiali, bere come cammelli e a letto come mandrilli!"
(Jason Porter) 
 
"Sembra un termitaio ma non lo è. Là sotto ci sono i miei amici etruschi, gli unici veri amici che ho al mondo. Non vedo l'ora di scendere laggiù tra quelle tombe per sentirmi un pò vivo. Sì, sono morti più di duemila anni fa secondo l'anagrafe della storia, ma per me sono più vivi di questa specie di robot che manovra questa trappola volante."
(Jason Porter)  
 
Altre recensioni e reazioni nel Web  
 
Sul sito del Davinotti si leggono moltissimi interventi. Ne riporto alcuni particolarmente significativi. 

 
Rebis ha scritto:

"Melodramma borghese camuffato da thriller esoterico, o viceversa… Crispino è più interessato a fomentarne il volume che la sostanza e informa il narrato in un'architettura fatta di stacchi repentini al montaggio, flashback e flashforward, immagini subliminali: ma lo sprezzo per linearità crea più inverosimiglianza che disorientamento, e il linguaggio avanguardista si fa concretamente enfatico, isterico quando non proprio ridicolo. Samantha Eggar sfoggia in ogni inquadratura un'acconciatura diversa: poteva essere valorizzata con maggiore sottigliezza. Saccheggiato da Dario Argento. Bel finale." 
 
Homesick ha scritto:

"Personale contributo di Crispino al giallo italiano, che prende le distanze dagli imperanti paradigmi di Argento - anzi, arriva a dettarne coordinate future, quali la rappresentazione del trauma infantile accompagnato dalla musica come in Profondo rosso e legato ad un paio di scarpe femminili come in Tenebre - e ammanta del fascino arcano della civiltà etrusca e delle sue necropoli. Molto feroce e sanguinario il primo delitto; personaggi adeguatamente bifronti. Rilevante e insolito per il genere l'inseguimento in stile poliziesco tra le anguste vie.
MEMORABILE: Il primo omicidio con la sonda per fotografare; gli affreschi di Tuchulcha; il confronto finale nella chiesa."

Rufus ha scritto:

"L'ambientazione nella necropoli etrusca è suggestiva (anche il tutto si limita a una superficiale fascinazione), la storia ben congegnata e adeguatamente morbosa; e Crispino sa dirigere i propri attori (bravi Marley, Frank e Tarascio) con l'eccezione del buon Cord, costantemente sopra le righe. Alcuni spunti (l'ossessivo Requiem verdiano, le scarpette rosse) faranno scuola. Peccato per alcune (brevi, ma fastidiose) cadute nella melassa (la liaison Cord-Eggar)." 
 
Markus ha scritto:

"Il grandioso titolo e la bella locandina raffigurante un ipotetico demonio etrusco lasciavan presagire un thriller straordinario, in realtà Crispino non sa gestire l'occasione: il film (tolti pochissimi momenti di tensione che durano pochi secondi) è di una noia mortale e fatica a decollare per la mancanza di ritmo, di colpi di scena che dovrebbero esserci e invece tardano ad arrivare. Lo spettatore è costretto a sorbirsi dialoghi logorroici e passaggi privi di interesse. Resta la piacevole ambientazione nel centro Italia. Mediocre."

sabato 7 novembre 2020

LA LINGUA DI YUGGOTH

Esistono lingue arcane e necromantiche diverse dallo R'lyehian ma lontanamente imparentate, come il francese lo è col tedesco, o in modo ancor più remoto e difficilmente tracciabile, essendo tra loro simili come il turco lo è all'italiano. In ogni caso si ravvisa un certo numero di parole, soprattutto di natura religiosa, prese a prestito dalla lingua di R'lyeh. Riporto un caso degno di grande attenzione.
 
Anton Szandor LaVey, che nel 1966 fondò la Chiesa di Satana, scrisse un libro intitolato Rituali satanici (The Satanic Rituals, 1972) con la collaborazione di Michael A. Aquino, all'epoca suo discepolo. Molti sono dell'opinione che in realtà il vero autore di quest'opera sia proprio Aquino, che in seguito si separò dalla Chiesa di Satana per fondare una propria congrega iniziatica occulta, il Tempio di Set (Temple of Set). Ebbene, un capitolo dei Rituali Satanici si intitola La metafisica di Lovecraft (The Metaphysics of Lovecraft). Vi sono riportati due lunghi testi rituali in una lingua sconosciuta, per fortuna provvisti di traduzione: le Invocazioni di Cthulhu (The Calls of Cthulhu) e la Cerimonia dei Nove Angoli (The Ceremony of Nine Angles). 

Il testo di The Satanic Rituals è consultabile liberamente su Archive.org, seguendo questo link: 
 
 
Aquino ammirava Lovecraft per aver scritto le opere di narrativa macabra più convincenti e profondamente terrificanti nei tempi moderni. Lo considerava un filosofo e un metafisico, il cui tema centrale era la spinta faustiana dell'Uomo alla Conoscenza fino all'autodistruzione e al cataclisma rappresentato dai Grandi Antichi. 
 
La lingua delle Invocazioni di Cthulhu e della Cerimonia del Nove Angoli non è descritta da LaVey nella sua opera, ma sono riuscito in ogni caso a trovare qualche informazione. Si tratta della lingua di Yuggoth, detta in inglese Yuggothic language (anche scritto Yugothic language). Alcuni ne attribuiscono la creazione a LaVey, altri invece ad Aquino. Fatto sta Aquino l'ha ripresa e utilizzata come lingua rituale del Tempio di Set, espandendone notevolmente il lessico. Purtroppo non ho accesso ad alcun documento della congrega Setiana e mi devo accontentare di quanto si può trovare usando Google. Riporto la fonte delle informazioni da me esposte: è l'articolo The Influence of H P Lovecraft on Occultism (L'influenza di H. P. Lovecraft sull'Occultismo), di K. R. Bolton, pubblicato nel febbraio del 2011 sulla rivista The Irish Journal of Gothic and Horror Studies (Dublino; fascicolo 9, pagg. 2-21). L'articolo in questione è consultabile a questo link: 
 
 
In questo passo si parla del processo glottopoietico: "Aquino explained in an article for Nyctalops Magazine(W) that he constructed the 'Yugothic' language by the patterns suggested in Lovecraft's incantation given in the 'Call of Cthulhu': 'Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn'." (Traduzione: "Aquino ha spiegato in un articolo per Nyctapos Magazine(W) di aver costruito la lingua Yuggothica tramite gli schemi suggeriti nell'incantesimo di Lovecraft fornito ne "Il richiamo di Cthulhu": 'Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn'.")  
 
Quindi Aquino era consapevole di aver utilizzato una lingua diversa dallo R'lyehian. Dall'analisi dei testi a mia disposizione posso garantire che non si tratta di qualcosa di improvvisato. Nel corpus delle invocazioni compare più volte la ben nota frase nella lingua di R'lyeh, ben riconoscibile: PH'NGLUI MGLW'NAFH CTHULHU R'LYEH WGHA'NAGL FHTAGN. Si distingue a colpo d'occhio dal resto del testo, come una formula in latino messa in un testo in inglese. I parlanti della lingua utilizzata nei rituali del Tempio di Set sono proprio quelle sorprendenti creature denominate Funghi di Yuggoth (in inglese Fungi from Yuggoth) o Mi-go, simili a giganteschi crostacei di un color rosa sgargiante, con un ammasso tentacolare come testa e ali membranose sul dorso!
 
Riporto un intressante glossario della lingua di Yuggoth, indicando tra parentesi le derivazioni dallo R'lyehian. Non è stato facile giungere a questo risultato: ho dovuto analizzare i testi minuziosamente, e posso garantire che non sempre la traduzione fornita è lineare. In alcuni casi ho potuto addirittura dimostrare che è fuorviante!    
 
AEM'NH, padre 
ALZ, giovane, cucciolo
ARKSH, gettando via
AZ-ATHOTH, Azathot (< Rl.)
BAHL, regno
BAHL'DYS-N'GHA, il Regno del Dio della Morte
CI-CYZB, in cui, nel cui
CTHULHU, Cthulhu (
< Rl.)
CYLTH, profondo
CYLTH-A, i Profondi
CYVAAL'K, al contempo
CYZB, cui
CYZB-NAMANTH, che regna su  

D'SYN, dimensione; il tempo  
D'YN-KHE, il cui sigillo 
DYS, divinità
DYS-N'GHA, Dio della Morte
DYS-N'GHALS, Dio del Morente 
EHN, nome
EL, terra
EL-AKA, mondo
EL-KRAN'U, questo mondo è venuto in essere
EL-UKH'NAR, l'Infinito 
FER-GRYP'H-NZA, il cui segno
FHA'GN, sonno (
< Rl. FHTAGN)  
FHA'GNU, dormire (< Rl. FHTAGN)
FHTAG'S, e ho dormito (
< Rl.)
F'UNGA, parola
F'UNGN, parlare
F'UNG'HN-KAI, noi parliamo
GH'NAA, uccidere (
< Rl.)
GH'NA-NAFH, sono morto (
< Rl.)
GHR-KHA, maledizione
GLYZ, acqua
GLYZ-NAAGHS, Abisso d'Acqua 
GLYZZ, mare
GRYENN'H, orrore
HU-, il tuo
HU-EHN, il Tuo Nome 
HU-GLYZZ, il Tuo Mare
I'A, ave, salve (< Rl. )  
I'AS, ave a te, salve a te
JNE'W, vivente, i viventi
JNUSF, paura, terrore
JNUSF'WI, nella paura
K'-, su, sopra; e
K'AEMN'H, i Grandi Antichi 
K'AEMN'H KH'R, i Grandi Antichi sono
K'AEMN'H KH'RN, i Grandi Antichi furono
K'AEMN'H KH'RMNU, i Grandi Antichi saranno di nuovo
KA-II, per me stesso
KAN'G, araldo
K'BAHL'DYS-N'GHA, attraverso il Regno del Dio della Morte
K'EL-AKA, sul mondo
KE'RU, noi stessi 
K'FUNGN, prometto di nuovo, dico di nuovo  
K'HEH, per l'eternità
KHREN, nero
KH'RENGYU, l'Oscuro
KHREN-KAN'G, Araldo Nero
KH'RENSH = ora chiamo
KH'RGS-T'HE, ho insegnato agli uomini
KI'Q, onorare
KI-QUA, mentre onoriamo
K'NARK, grande 
K'NG NAAGHA, Araldo dell'Abisso
KRELL, chiave 
KR'N, contro 
KYENN'H, desiderio 
KYL-D, senza corna
KYNO, volontà
KYNS, tramite la cui volontà
M'KHAGN, ascoltami
MNAA, tempio
NAA-, profondità
NAA-G NAAGHS, attraverso il vuoto dell'Abisso
NAAGHA, Abisso
NAAGHS, grotta; Abisso
NAKHRENG'H, oscurità, tenebra
NAL, via
NALS ZYH, Via della (Mano) Sinistra
NAMANTH, regnare
N'FHA'N-GNH, che non dorme
N'FHTAGN-GHA, morte senza sonno
N'GHA, morte (
< Rl. N'GHA)
N'GHAN, morto (< Rl. N'GHA, morte)
N'GHAN-KA, sono morto
N'KYS, non dimenticare
N'QUZ, immortale
NYG, venire (< Rl. NOG)
N'YRA-L'YHT-OTP, Nyarlathotep (< Rl.)
OT'HE, uomini 
P'GARN'H, andate ora
PHRAGN, esistere 
PHRAGN'GLU, non sarebbe; non saremmo 
PHRAGN'KA, io esisto, io sono
PHRAGN'KA PHRAGN, io sono quello che sono
QUZ-A, i Morti
QUZ-AL, i Morti
R'JARH, senza
RY'GZYN, l'Antico
RY'GZENGRHO, gli Antichi Sogni
-S, a te
S'HA-T'N, Satana
SH'B-N'YGR'TH, Shub-Niggurath (< Rl.)
TRYN'H, giocare
TY'H NZAL'S, i Magri Notturni
URENZ, principe
URENZ-KHRGN, Principe della Lama
URZ, signore 
URZ'N NAAGHA, Principe dell'Abisso 
URZ'VUY-KIN, Signore degli Angoli  
V'-, da; in 
V'EL, dalla terra
V'GLYZZ, dal mare
V'HU-EHN, nel Tuo Nome
V'JNUSF-FYH, nel suo terrore
VUY-KN, angolo
VUY-KIN'E, attraverso gli Angoli
VY'KRE, triedro (lett. "tre angoli") 
V'YN'KHE, dal sigillo
WH'FAGH, risata
WHRENG'N, splendore; gloria
WHRENGO, in allegria 
W'RAGH, colui che ride
W'RAGHNO'TH, ho riso con gli uomini
W'RAGHS, ridere
W'RAGN, che urla, urlante
WRAGNHI, urlare
W'RAGNHZY, io piango la fine
YAL'H-EL, ho camminato sulla Terra
Y'GOTH-E, che vive
Y'GS-OTHOTH, Yog-Sothoth (< Rl.)
Y'GTH, Yuggoth (
> Rl.)
Y'KH'RAIN, (essi) non sono più
YN'KHE, sigillo
Z'J-M'H, Demoni
Z'J-M'H KH'R, i Demoni sono
Z'J-M'H KH'RN, i Demoni furono
Z'J-M'H KH RMNU, i Demoni saranno di nuovo  
ZHEM'N, capro
ZHEM'NFI, Ariete del Sole
ZHEM V'MNHEG-ALZ, Capro dai Mille Cuccioli 
ZY, fine
ZYB'NOS, vincolo 
 
Fornisco alcuni esempi di traduzioni ingannevoli. In un'occasione TY'H NZAL'S "Magri Notturni" viene tradotto con "gli Sciacalli del Tempo" (jackals of time); HU-GLYZZ "il tuo mare" viene tradotto con "la Tenebra" (the darkness); K'NG NAAGHA "Araldo dell'Abisso" viene tradotto con "Araldo della Barriera" (the harald of the barrier).   

Questi sono i numerali:

TY'H, uno, primo
QUY'H, due, secondo
KRESN, tre, terzo 
HUY, quattro, quarto 
CVYE, cinque, quinto 
QUAR'N, sei, sesto  
TRY'V, sette, settimo 
NYR, otto, ottavo 
ROHZ, nove, nono 
 
Alcuni numerali hanno anche una forma abbreviata: 
 
-KRE, tre 
HY, quattro 
H'Y-, quattro
CVY, cinque
QUAR, sei 
 
Si hanno composti e formule sorprendenti costruite a partire da questi elementi: 

MNAA R'CVYEVY'KRE, il Tempio dei Cinque Triedri
D'YN-KHE CYVAAL'K H'Y-CVY-ROHZ, il cui Sigillo è al
     contempo Quattro, Cinque e Nove 

Sono poi riuscito a identificare un altro numerale, a partire dall'epiteto di Shub-Niggurath: ZHEM V'MHNEG-ALZ "Capro dai Mille Cuccioli" (Goat of a Thousand Young). Quindi possiamo esserne certi:

MHNEG, mille
 
Purtroppo la numerazione nota si ferma qui. Tramite il prefisso V'- "da" si formano gli ablativi:
 
V'TY'H VUY-KN, dal Primo Angolo 
V'QUY'H VUY-KN, dal Secondo Angolo 
V'KRESN VUY-KN, dal Terzo Angolo 
V'HUY VUY-KN, dal Quarto Angolo 
V'CVYE VUY-KN, dal Quinto Angolo
V'QUAR, nel Sesto
V'QUAR'N VUY-KN, dal Sesto Angolo 
V'TRY'V VUY-KN, dal Settimo Angolo 
V'NYR VUY-KN, dall'Ottavo Angolo 
V'ROHZ VUY-KN, dal Nono Angolo 
 
Alcune note sulla fonologia 
 
Se il sistema fonemico Yuggothico è simile a quello della lingua di R'lyeh, ben diversa è la fonotattica. Fonemi che ricorrono raramente in R'lyehian sono invece frequentissimi in Yuggothico. Ad esempio tipico è la fricativa labiodentale /v/. In R'lyehian la si trova in poche parole, come VULGTM "preghiera". In Yuggothico abbiamo /v/ nel prefisso V'- "da; in". Si noterà anche che l'occlusiva glottidale /ˀ/, trascritta con l'apostrofo ', ricorre con maggior frequenza in Yuggothico rispetto a quanto accade in R'lyehian. Noto che potrebbe non trattarsi di un fonema, dato che la sua comparsa appare arbitraria, difficile da prevedere e di incerto valore distintivo. Non riesco a dimostrare l'esistenza di coppie minime di parole distinte soltanto dalla presenza o dall'assenza di questo suono glottidale. Talvolta cambia posizione nelle parole composte. 

AEM'NH "padre" : K'AEMN'H "Grandi Antichi"
KH'RENGYU "l'Oscuro" : KHREN-KAN'G "Araldo Nero"
K'NG NAAGHA "Araldo dell'Abisso" : KHREN-KAN'G "Araldo
     Nero"

Notiamo poi la presenza in Yuggothico dell'affricata postalveolare sonora /dʒ/, trascritta con J, che sembra mancare del tutto in R'lyehian. Per contro, in Yuggothico sembra mancare l'affricata postalveolare sorda /tʃ/.
 
Per rendersi conto delle differenze fonotattiche tra le due lingue basta dare un'occhiata al materiale da me pubblicato sullo R'lyehan:
 
 
Alcune note grammaticali 
 
Il nome della cosa posseduta segue il nome del possessore. Non risulta l'uso di suffissi con funzione di genitivo: basta la semplice giustapposizione. Abbiamo così questi esempi: 

EL-AKA GRYENN'H "Mondi di Orrore";
AEM'HN EL-AKA GRYENN'H "Padre dei Mondi di Orrore"; AEM'HN KYL-D ZHEM'N "Padre dei Capri senza Corna";
ZYB'NOS Z'J-M'H, il legame dei Demoni;
ZYB'NOS ROHZ VUY-KH'YN, il legame dei Nove Angoli;
KS'ZY D'SYN, fino alla Fine del Tempo;
GHR-KHA N'FHTAGN-GHA, la maledizione della morte senza
       sonno.  
 
Un prefisso particolarmente funzionale, di cui abbiamo riportato molti esempi, è senza dubbio V'- "da", in qualche caso traducibile con "in". Esiste anche un prefisso K'- "su, sopra", utilizzato anche come congiunzione col senso di "e". Va detto però che non è sempre chiaro il suo uso. Ancor più oscuro è il prefisso N'-, che in alcune forme verbali forma la negazione, ma il cui senso è diverso se usato con sostantivi. Si hanno tracce di suffissi e di altri formanti, che però non si riescono bene a descrivere. Si ha l'impressione che la grammatica sia abbastanza rudimentale, forse perché si tratta di una lingua antichissima che ha subìto una corrosiva usura fonetica nel corso di strani Eoni.  
 
Traduzione Yuggothico - R'lyehian 
 
Riporto una breve lista di vocaboli della lingua di Yuggoth con la traduzione nella lingua di R'lyeh. Credo che sia un esercizio molto utile per capire quanto siano grandi le differenze lessicali tra le due lingue. 
 
AEM'NH = GNAIIH
BAHL
= SHUGOG
D'SYN = -YAR
EL
= SHUGG
EL-AKA = SHUGGOG
F'UNGN
= 'AI 
F'UNG'N-KAI = C'AI 
GLYZ = GN'THOR 
GLYZZ = GN'TH
GRYENN'H
= LLOIGSHOGG
-KA = YA, Y-
K'AEMN'H = R'LUHHOR  
-KAI = C'- 
K'NARK = AHOG
KHREN
= N'GHFTOG
KRELL
= CH'NGLUI
NAAGHA
= SHOGG
NAAGHS
= EPAGL
NAMANTH
= AHUH'EOG
PHRAGN'KA
= Y'AH
QUY'H
= EHYEE
R'JARH
= NALLLL
TY'H = EHYE 
URZ = UH'EOG 
V'- = HUP 
V'EL
= HUP SHUGG
 
Oltre ai prestiti dalla lingua di R'lyeh, noto la presenza di alcune parole che mi sono familiari, avendo paralleli in una lingua occulta a me nota, il Faskom, la cui origine è del tutto dissimile (i parlanti sono umani, non crostacei o xenomorfi tentacolati). 
 
HUY "quattro" : Faskom HAN, HO-, HUY- "morte; quattro" 
NAA- "profondità", NAAGHA "abisso": Faskom NA- "sotto" 

Sono pochi elementi comuni, ma abbastanza significativi. Ovviamente il Faskom HAN, HO-, HUY- nel senso di "morte" è imparentato con lo R'lyehian N'GHA "morte". Lo Yuggothico ha importato dallo R'lyehian le parole per dire "morte; morto; morire", che quindi hanno aspetto fonetico diverso dal numerale "quattro". Rimando agli elementi di lessico e di grammatica della lingua Faskom pubblicati sul mio blog Cosmonemesi, integrati con alcune ricostruzioni di protoforme Faskom-Enochiane.
 
 
Molte parole dei Funghi di Yuggoth invece sembrano appartenere a un altro Universo e non mi dicono nulla. Ho ravvisato soltanto pochi prestiti dalla lingua Enochiana o parole da essa derivate. La cosa è di per sé abbastanza sorprendente, dal momento che sia LaVey che Aquino erano in grado di comprendere l'Enochiano. 
 
Traduzione Yuggothico - Enochiano 
 
Riporto una breve lista di vocaboli della lingua di Yuggoth con la traduzione in Enochiano. Credo che sia un esercizio molto utile per capire quanto siano grandi le differenze.
 
BAHL = LONDOH
CYVE
= O
CYZB
= CASARM
DYS
= IAD 
EHN
= DOOAIP
EL
= CAOSG
FHA'GN
= BRGDA
F'UNGN
= CAMLIAX, GOHOL
GHR-KHA
= ELZAP
GLYZ
= ZIN, ZLIDA 
HUY = ES 
-KA = OL
KH'R
= CHIIS
K'NARK
= DRILPA
MHNEG
= MATB
NAKHRENG'H
= ORS
NAMANTH
= SONF
N'GHA
= TELOCH
OT'HE = MOLAP, OLLOG, CORDZIZ   
QUAR'N
= NORZ 
ROHZ = EM
TY'H = EL
URZ = ENAY
VUY-KN
= DIU, DUIV 
WHRENG'N
= BUSD, BUSDIR 
YN'KHE = EMETGIS
ZHEM'N
= LEVITHMONG 
 
Un Universo artificiale 
 
Utilizzo il Metodo Scientifico per scandagliare le profondità abissali delle lingue occulte, cosa che a quanto pare nessuno aveva mai tentato prima. Va però detto che nulla può togliermi dalla testa che questo Universo sia artificiale, il prodotto dei Creatori. Esiste quindi come sogno dei Dormienti, come fabbricazione avvenuta in un Universo che sta al nostro come questo sta al confuso mondo dei sogni. Nell'Universo che ha generato il nostro, tutte le lingue hanno una comune radice nell'Abisso degli Dei Esterni e dei Grandi Antichi e si sono diffuse per diaspora tra le galassie, tra esseri umani e non umani. Le limitate capacità di simulazione dei Creatori spiegano l'assurdo di questo Cosmo sterile in cui siamo imprigionati, questo oceano di Nulla con un unico pianeta abitabile in un'immensa moltitudine di esopianeti che sembrano il prodotto della reiterazione di un programma di screen saver, costruito a partire da pochi elementi fondanti.