domenica 8 agosto 2021

LA MISTERIOSA LINGUA TAENSA: FANTOMATICA O REALE?

All'epoca dei suoi primi contatti con gli Europei, nel tardo XVII secolo, il popolo amerindiano dei Taensa era stanziato in Louisiana, nell'area attualmente conosciuta come Tensa Parish. A causa dell'ostilità dei Chickasaw e degli Yazoo (Tunica), i Taensa migrarono lungo il corso del Mississippi. Nel 1715, protetti dai Francesi, si stanziarono nel territorio ora noto come Tensa River, nei pressi di Mobile, in Alabama. Non ebbero fortuna: nel 1763 i Francesi cedettero Mobile agli Inglesi e i Taensa dovettero ritornare in Louisiana assieme ad altre tribù di consistenza esigua. Agli inizi del XIX secolo erano un centinaio. Avrebbero dovuto intraprendere una migrazione nel Texas sudorientale, ma non lo fecero. Si sono quindi stanziati a Bayou Boeuf (Lafourche Parish) e poi a Grand Lake (Cameron Parish). In seguito si sono fusi coi Chitimacha e le loro tracce sono scomparse (Mooney 1912), anche se ancora oggi esisterebbero persone che si ritengono Taensa (Kniffen & Gregory, 1994).
 
Varianti dell'etnonimo: Taënsas, Tensas, Tensaw, Taenso, Tenza
     Tinsas, Tinza, Tahensa, Takensa, Tenisaw
Denominazione in francese: Grands Taensas ("Grandi Taensa") 
Pronuncia inglese: /'tænsə/
Significato dell'endoetnico: sconosciuto 
Lingua: Natchez  
Altre lingue: Gergo Mobiliano 
Stanziamento (tardo XVII sec.): Taensa Parish (Louisiana) 
 
Le fonti più antiche (François de Montigny, Jean-François Buisson de Saint-Cosme e Antoine-Simon Le Page du Pratz) ci assicurano che la lingua parlata da questi Taensa era una variante poco differenziata della lingua Natchez. Il Natchez è una lingua isolata, ossia priva di particolari somiglianze con tutte le altre. L'esploratore e soldato Pierre Le Moyne d'Iberville scrisse che i Taensa potevano schierare 300 guerrieri e che abitavano in sette villaggi i cui nomi erano i seguenti: Taensas, Chaoucoula, Conchayon, Couthaougoula, Nyhougoula, Ohytoucoulas e Talaspa. Questi toponimi sono in maggior parte in Gergo Mobiliano, in ogni caso non in Natchez. Tutto è molto confuso.
 
Esisteva un altro popolo della Louisiana, che i Francesi chiamavano Petits Taensas ("Piccoli Taensa"). Questi Piccoli Taensa erano anche noti come Avoyel e non è chiaro che lingua parlassero; in ogni caso non sembrano essere stati imparentati con i Grandi Taensa. Una concreta possibilità è che l'etnonimo Taensa applicato a questo popolo non abbia la stessa etimologia di quello dei Grandi Taensa e che la somiglianza sia dovuta a una serie di combinazioni (convergenza nell'evoluzione fonetica di due protoforme diverse).  
 
Varianti dell'etnonimo: Avoyel, Avoyelles 
Denominazione in francese: Petits Taensas ("Piccoli Taensa") 
Denominazione in inglese: Little Taensas 
Denominazione in Gergo Mobiliano: Tassenocogoula
      Tassenogoula, Toux Enongogoula, Tasånåk Okla
Denominazione in Tunica: Shi'xkaltī'ni ("Popolo della punta di 
       freccia di selce")  
Lingua d'origine: sconosciuta 
Altre lingue: Gergo Mobiliano 
Stanziamento (tardo XVII sec.): Confluenza tra Red River e 
     Atchafalaya River (Louisiana) 
 
Si comprende che l'etnonimo Taensa corrisponde al Tassenocogoula (e varianti) del Gergo Mobiliano. La denominazione in Tunica è semplicemente una traduzione quasi letterale di quella in Gergo Mobiliano (derivata da tasnok, tasanok "pietra"). A conferma del fatto che tutti i nomi dei Piccoli Taensa avessero a che fare con la pietra, i primi cronisti francesi scrissero che lo stesso endoetnico Avoyel avrebbe avuto il significato di "Popolo della Selce".

Da dove viene la necessità di questo approfondimento su popoli numericamente esigui e ormai dimenticati? Tutto ha origine da un fatto curioso e in larga misura inesplicabile, che merita di essere conosciuto e discusso.
Nei primi anni '80 dell'Ottocento, un giovane seminarista francese, Jean Parisot, pubblicò a Parigi un'opera intitolata Grammaire et vocabulaire de la langue Taensa, avec textes traduits et commentés par J.-D. Haumonté, Parisot, L. Adam ("Grammatica e vocabolario della lingua Taensa, con testi tradotti e commentati da J.-D- Haumonté, Parisot, L. Adam"; titolo in inglese: Material of the Taensa language, including papers, songs, a grammar and vocabulary). La lingua descritta nel lavoro in questione non ha nulla a che vedere col Natchez. Si nota subito che è essa stessa priva di parentele con qualsiasi altra lingua nota: in altre parole, è una lingua isolata. Questo fatto all'inizio ha destato un grandissimo interesse nella comunità scientifica. Tra gli studiosi che si sono occupati della lingua Taensa possiamo annoverare l'americanista francese Julien Vinson, l'etnologo svizzero-americano Albert Sammuel Gatschet e il medico, storico, archeologo ed etnologo americano Daniel Garrison Brinton. Gatschet e Brinton sulle prime sostennero l'autenticità della lingua, da cui erano rimasti affascinati. Brinton citò e lodò un componimento in Taensa riportato nell'opera di Parisot, ritenendolo addirittura "ossianico" (all'epoca imperversavano i famosi falsi del poeta scozzese James Macpherson, i Canti di Ossian). Mentre Gatschet a un certo punto si chiuse nel mutismo, Brinton arrivò a capovolgere la propria opinione dichiarando la natura posticcia della lingua Taensa e pubblicando le proprie argomentazioni nel 1885, nell'articolo The Curious Hoax of the Taensa Language. Vinson all'inizio cercò di difendere il lavoro di Parisot, ma finì anch'egli per credere che si trattasse di un imbroglio. Lucien Adam, forse perché coautore della grammatica del Taensa, me sostenne a spada tratta l'autenticità. Anche lui però dovette cedere, tanto che nel 1885 scrisse in risposta a Brinton l'articolo Le Taensa a-t-il été forgé de toutes pièces, ossia "Il Taensa è stato fabbricato di sana pianta?" Pochi anni più tardi, nel 1908 e nel 1910, l'antropologo, folklorista e linguista americano John Reed Swanton pubblicò dei contributi che posero la parola fine alla discussione, provando la natura fraudolenta del lavoro di Parisot et alteri. Per il mondo accademico si tratta di una prova definitiva, senza alcun dubbio possibile. Va tuttavia notato che le argomentazioni di Swanton erano soprattutto storiche e che non toccavano la linguistica. Né fu capace di appurare se il falsario fosse lo stesso Parisot oppure se qualche autore sconosciuto gli avesse fornito i manoscritti.
 
Sono riuscito a recuperare nel Web una raccolta di saggi accademici di Brinton, Essays of an Americanist (1839), in cui è contenuto il citato articolo The Curious Hoax of the Taensa Language. Ho letto la dettagliata una disamina critica in esso contenuta, che riassumo brevemente.  
1) Haumonté affermò di aver scoperto scritti in spagnolo sul Taensa, che appartenevano a suo nonno, sindaco di Plombières.
2) Questi scritti non avevano indicazioni sulla data e sull'autore. Haumonté avrebbe tradotto e sistemato il manoscritto.
3) Adam non vide mai il testo in spagnolo, nonostante lo avesse richiesto. 
4) I brani in spagnolo riportati nell'opera di Parisot et al. mostrano refusi (esos per estos) e parole o locuzioni erronee (para las orillas anziché por las orillas; hallados per encontrados; sentir el precio significa "rimpiangere il prezzo" e non "apprezzare"). 
5) Il nome della tribù è stato riportato dapprima come Tansa, con l'ortografia usata da Chateaubriand nella sua opera Voyage en Amerique. Solo in seguito Tansa è diventato Taensa.
6) Nella voluminosa storia delle missioni spagnole non vi è alcuna menzione dei Taensa.
7) La tribù fu sotto costante osservazione dei Francesi dalla sua scoperta ad opera di La Salle (1682) al suo annientamento (secondo Brinton nel 1730-40). Charlevoix ha documentato i dettagli, aggiungendo persino i nomi dei proprietari di piantagioni che ottennero in concessione le terre dei Taensa.
8) Impossibile che un frate spagnolo operasse nella Louisiana coloniale e che nessuna fonte francese lo abbia menzionato.
9) Si ravvisano numerose incongruenze relative alla flora, alla fauna e alla cultura (incluso il calendario). Il problema è che queste inconsistenze si trovano anche all'interno di testi in Taensa, non si tratterebbe quindi di semplici neologismi. In particolare:  
- L'acero da zucchero non è mai cresciuto nelle paludi della valle del Mississippi; 
- La canna da zucchero è stata introdotta in Louisiana verso la fine del XVIII secolo;
- Ci sono numerosi riferimenti alla neve e al ghiaccio; 
- Nessun popolo indigeno della valle del Mississippi ha mai usato bovini da traino, né ha mai consumato il latte di animali domestici. 
10) Il Taensa presenta caratteristiche grammaticali inusuali nelle lingue amerinidiane. 

A questo punto credo che sia importante riportare il materiale linguistico.
 
Note sull'ortografia usata da Parisot  

Vocali brevi: 

a /a/
e /ε/ 
o /ɔ/ 

Vocali lunghe: 

â /å:/
é /e:/
ô /o:/
ou /u:/

Vocali brevi o lunghe:

i /i/, /i:/
u /y/, /y:/ 

Consonanti: 

Le consonanti b, k, l, m, n, r, v si pronunciano come in francese. 

c, ç /ʃ/ (come ch in francese) 
d /ḍ/ (come d in inglese attuale) 
ds /d-z/
g /g/ (ha sempre il "suono duro") 
gn /gn/ è un gruppo consonantico (ha hempre il "suono duro", come 
    nel tedesco Gnade "pietà") 
h /h/ (non è mai "muta", neanche dopo alrta consonante)
hh /x/, /χ/ (come nel tedesco Bach) 
f /φ/  
ng /ŋ/ (come nell'inglese singer "cantante")
n'g /ŋg/ (come nell'italiano fungo)
p /p/ (tranne che nel gruppo mp)
mp /mb/ 
s /s/ (è sempre sorda come nell'italiano sono, tranne che nel 
    gruppo ds
ss /sts/ 
t /ṭ/ (come t in inglese attuale) 
ts /ts/ (t è come in francese, la sibilante si sente poco)
nt /nḍ/ 
w /w/, /ʊ̯/  
y /j/
 
lr e sr trascrivono suoni di difficile descrizione 
 
Dizionario Taensa - Italiano 
 
aba "salutare" (v.)
abban "nascondere; seppellire"
abbanaou, abbanavaou "caverna"  
abma, amma "rosa" (fiore)
abmwâ "essere lungo; trascinare per il lungo"
abra "lavare" 
abyomeô, abyomô "palato"
adanda "fungo" 
adsaro "balsamo" 
aéllub, âllub "era brutto, era sgradevole"
aha, âha "essere contento, divertirsi"; "ridere" 
ahhal "essere contento, gioire per qualcosa"; "ridere" 
aimib, ayimib "era rotondo"
akatak "lino"
aksoungal "fiele, bile" 
aktaka "cielo azzurro" 
aktou "disturbare, imbarazzare; ostacolare" 
alyimi "carro dalle ruote piatte"
amhak "sandalo" (calzatura)
amhakkini "i sandali" 
amhakyi "sandali"
ampôga "rete da pesca" 
ampôgani "grande rete"
amtanua "palma da olio" 
anavugal "uovo" 
a-ngeb "era arrabbiato, era malcontento"
angovo "colibrì" 
annado "sommacco" 
antanaya "biancospino"
antanu "piccola farfalla dalle ali bianche" 
aoussoral "pala" 
aouveb "ha detto; ha parlato"
apâmra "piuma"
apayatmats "specie di giunco" 
apyagigem, apyagiyem "gambero"
arankoal "ortica; cardo"
araya, interiezione di collera 
aroutsi "essere sfuggito, essere fuori, essere all'esterno"
arrâkango "oca"
arto "confinare; seguire fino al confine"
artoao, artoau "confine, costa, riva"
arwa, ârwo "abbaiare" 
ârwob "abbaiò"
arwor "cane" 
ârworoyo "piccolo cane" 
atilgyo "erba" 
atilgyo-gi "erbe; prateria"
atka "ala"
atkakayo "ala" 
atkraf "liana, tipo di pianta rampicante" 
atlahi "more" 
atlahigi-ktouv "rovi"
atra "conoscere, sapere" 
atsu, adsu "essere rapido; essere frequente; andare veloce" 
atsur "frequente; veloce"
attog "aspettare, attendere; essere paziente" 
atwe "fu, esistette; ebbe luogo, accadde"
av "e" 
avâratal, avâretal "orecchio"
avho, avo "aggiungere; continuare" 
avoungo "colibrì" 
avyathâmo "perca" (pesce) 
awôtanal "melograno" (frutto) 
awôtnab "era bello"
âyâb "si infastidì"
ayar "questo" (pronome di genere nobile)
ayaral "luppolo" (o pianta simile)
aye "guarire" 
ayerao "rimedio, medicina" 
ayôpaha "tipo di uccello tuffatore"
bâbreha "intervallo di tempo" 
bâbreha-morra "cammino fatto in un intervallo di tempo" 
bahâ "brillare; splendore; raggio"
bahhab "fragola" 
balhu "essere solo; essere libero" 
balhuoni "libertà" 
behho "ritornare; rinculare"  
bekwengu "natiche" 
be-kyaga "correre appresso"
bemmeryo "nido" 
betto "seguire; andar dietro; perseguitare; andare a caccia" 
bettorâ-hebut "domani; l'indomani"
bilho "pagare, assoldare" 
bilhôleal "denaro, moneta"
binbyo, binnyo, birbyo "saltare su qualcuno; essere geloso"
blammu "onorare, rispettare"
ble "in, dentro" 
bleabbanal "sacco" (lett. "che nasconde dentro") 
bling "goccia; sorso" 
blinggi "rugiada" 
blitki, belitki "essere vuoto"; "nessuno"; "niente"; "invano";
     "non"; "(non) più"
blôm, bloum "petto; stomaco; polmone"
blonko "essere all'interno"  
bloummôou "tempesta, temporale"  
blunnou "spingere; muovere" 
blunnou-i "rimuovere" 
bma-kente "cogliere rose"
bnâbha "essere allegro; essere tranquillo" 
bnôblô "essere paziente, attendere; esitare" 
bôbâ "nuotare"
bôbâr, bôbar "pesce" 
bre "durante"
bremte "durare, estendersi" 
bremter "sempre"
bte "vicino a, presso; fino a" 
btitki "essere vicino a"
buâ "riso; riso selvatico" 
bwens "arbusto che si crede faccia fuggire i serpenti" 
byaga, byaya "condurre, guidare"
byane "saltare, danzare; danza" 
ca "nessuno"; "niente"; "non"; "mai" 
ca-blounnou "essere tranquillo"; "pace"
çaddâbual "stoppa" 
ca-geyer "poco" (lett. "non molto") 
ca-gisse "mancare di"
cagista "cieco" (lett. "che non possiede occhi")
cagnahe "poco" 
ca-gnaheryi "qualche" (plurale)
cana "trovare; incontrare; guadagnare" 
çan-abma "falsa rosa, dalia"
çan-doukka "grigiastro" (lett. "falso bianco")
çan-e-tkati "cotone selvatico" 
çan-ikro "rossastro"  
çân-o-doukka "biancastro"
çan-pannag "rame" (lett. "falso oro") 
ca-otme "durezza di cuore"
caoung "fico"
capâno, cepâno "corvo"  
cappandya "vite" (pianta) 
ca-ravga "oscurità"
ça-vâryar "fingere di essere malato"
cawa "negare, rifiutare"   
çawab "otto (9)" (vedi wab)
cewo "essere verde"; "erba" 
ceworao, ceworaou "verdura; prateria"
cewodetrek "rana verde della prateria" 
cewoyugnur "serpente verde"
cewoyupiwamakal "gramigna" 
çlu, particella che marca il plurale inclusivo 
çlu-hog "noi" (inclusivo) 
çlu-hônigin "noi" (inclusivo)
çôn, çôno, particella che marca il plurale esclusivo
çongo "essere falso" (vedi kongo
çôn-hog, çôno-hog, çôn-hogi "noi" (esclusivo) 
çôn-hônigi "noi (esclusivo)
çon-yehônigini "noi" (esclusivo)
coukka "impastare" 
coukkabiao "pane"
cpandeterek "rana dalle zampe nere"
cpâno "essere scuro; essere nero"; "notte" 
cpâno-blinggi "rugiada della notte"
crav "lacrime, pianto" 
crava, crâva "piangere"  
ctorrô "essere pesante; peso; fardello" 
ctorroal "mazza" 
ctorroal-win "mano destra"
ctorrôao "fardello"
cvôt "garretto"
cwétamou "lucertola verde"  
cwôkedeke "pollo delle praterie"
daddat "tre a tre" 
dâman "orso bianco" (verosimilmente "orso albino") 
danda "fungo" 
dat "tre (3)" (vedi sdat
datidatki "trenta a trenta"
datimya "ragno" 
datki "trenta (30)"
datmi "tessere" 
datmial, datmibial, datmibiao "tessuto" 
datsannye, datsénnye "grosso ragno dal morso pericoloso"
déidni "formica nera"
déidnikro "formica rossa" 
deterek, detrek "rana" 
dnada "erba; fiore"
dnanda "sognare"; "sogno" 
dnoubbo "aver fame, mancare di cibo" 
donka "stendere a terra; coricare; versare"
dost, doust "fumo"; "nebbia"; "nuvola"; "polvere"  
dostô "fare fumo; fare polvere"
doukka "essere bianco; bianco" 
doukkarao "schiuma"
doukwômôs "dente bianco" 
dounga "essere fedele, essere devoto"
drobma "iniziare; inizio; mattino; aurora" 
drobma-gityanga "gatto"
drobma-tyangar "gallo" 
dsara "graffiare; rosicchiare" 
dseben, dseveng "giglio rosso"  
dserb "sgabello, sedia" 
dserbe "sedersi; far sedere"
dsia "colibrì dalla testa nera" 
dsorbimarte "stitichezza" 
dsulougnibâ "fiore effimero"
durte "abbracciare affettuosamente"
dwe "certamente" 
dwepé "prestare; affidare; raccomandare"
dwons "sangue; parente; cugino; famiglia" 
dyonô "esistere, vivere" (detto di animali) 
dyonô-lo-idso "uccidere un animale"
dyonôrogi "animali" 
eahhan "riderà" 
e-ârwon, y-ârwon "abbaierà"
eddâkam, ddâkam "vaso; secchio" 
edsorb "ventre; intestini, interiora; ano" 
egda "essere prudente, fare attenzione"  
égniaou "focolare" 
égni-i "bruciare con fiamma"
égnimilô "sole" 
égniskat "terra cotta, mattone" 
eiavo "uccello dalle piume bianche" 
eimin, eyimin "sarà rotondo"
eknat "orina" 
élhué, éllué, élué "essere simile a, somigliare"
élluk "essere brutto, sgradevole" 
éllun "sarà brutto, sarà sgradevole"
ellur "brutto, sgradevole"
ellyo "dire addio" 
éllyon "dirà addio"
elta "attaccare, assalire"
eluér me "simile a, uguale a"
emnaou "lampone"  
empyanma "farfalla bianca con grossa testa e antenne lunghe" 
e-ngen "sarà arrabbiato, sarà malcontento"
engo "essere in buone condizioni"
enguao "acacia"  
enkousens "acetosa" (pianta officinale) 
eol "luna, mese" 
eol-alougni (cpâno) "luna nuova"  
eol-ma-alougni "ultimo quarto di luna"
eol-ma-itwe "primo quarto di luna" 
eol-ma-yarai "primo quarto di luna" 
eol-ofrâ "cerchio di nubi intorno alla luna" (segno di pioggia) 
eol-pyan "luna piena"
eol-yimi "luna piena"
eouven, ouove "dirà; parlerà"
epreg "ginocchio"  
ert "contro; al contrario; altrimenti"
ertre "essere contrario; difendere; opporsi"
essorbei, essorbeyi "serpente diafano" 
essorbyo "vetro" 
etamou "lucertola" 
etbuv "bastone; asta; stelo"; "remo" 
etbuvgi "bastoni"
etsu "mangiare avidamente, divorare" 
etwe "sarà, esisterà; avrà luogo, accadrà"
é-vhon "aggiungerà; continuerà" 
evul "colibrì blu e verde"
ewéhetal "elleboro"  
eyameo "trota" (o pesce simile) 
éyân "si infastidirà"
fanma, panma "forare, perforare"
fant "cintura, cinghia; nervo" 
fawe "inviare" 
faweri "messaggero"  
fenta "essere lungo"; "lunghezza; linea; raggio" 
fentagi "griglia; recinzione"
fertso "essere ubriaco; essere abbagliato" 
fitna "tentare, provare; mirare"
fongo "essere sottile, essere delicato"
forra "corrompere" 
forra-i "ammuffire" 
fougna me ngeneg "condurre una barca"
fougne "incaricare qualcuno di qualcosa" 
furné "soffrire; essere sensibile" 
-g, suffisso del plurale
gahu "colore biondo o rosso" (traduzione incerta)
ganang "grande paniere, cestino"
ganvu "soprattutto, principalmente" 
gayénao "erba usata dalle donne per tingersi il viso di rosso"
géang, giang "salsapariglia" (vedi kéang)
gégem, gegem "due a due"  
gelensi, glensi "resina odorosa" 
geligabôbar "tipo di pesce bianco"
gelika "mammella, poppa"
gem "due (2)" 
gemens "secondo"  
gemi-gemki "di venti in venti"
gemki "venti (20)" 
gemkiens "ventesimo"
gergna "moltiplicarsi; accrescersi; maturare (detto di frutti)" 
getwa "sospendere, tenere sospeso"
getwalvuniv "magnolia dalle lunghe foglie" 
gewik "essere pastoso; incollare"
geye "essere sufficiente" 
-gi, -gini, -gin, suffisso del plurare 
gi-cana "indovino" 
gi-donkara "fiume" (lett. "che ha pendenza")
gi-dserbe "presidente" (lett. "che ha il seggio") 
gigaman, giggaman "pecora, agnello, animale da lana"
gi-gyamnang "aratore"
gikenubu "uccello da preda, rapace"
gi-kkyaga-fawe "corriere" 
gi-kyaga-m-uvlo "innamorato, spasimante" 
gilbi, gilobi "abitante" 
giloô, giloou "frassino"
gime "ricominciare; raddoppiare" 
gi-miovi "pazzo"; "pazzia"
ginankaral "nuvola" 
ginimparyé, nimparyé "pipa, calumet"
gis-, gi-, prefisso possessivo
gis-ârwa "cane" 
gis-aye "medico" (lett. "che ha la medicina") 
gis-ayerao "medico"
gisgôhoyo "tacchino selvatico" 
gis-in'galanal tereneng "essere impossibile" (lett. "avere una
    cintura al braccio"
gis-kyaga "corridore" 
gis-legengig "ricco" (lett. "che ha denaro")
gis-ohhamyo "colui che parla; oratore"
gisse "avere, possedere" 
gis-sétre "gatto"
gis-tyanga "cantante"  
gitrô, gittrô "che abita a" 
gi-v-vorte "colui che viene; straniero"
giwâkwô "grossa nuvola di pioggia"
gletno "essere ardito, essere coraggioso" 
glik "latte" 
glou "cuore" 
glouctorrô "fegato"
glou-nganne "amarsi reciprocamente" 
glou-vevlamma "sorridere con affetto"
gnabla "abbandonare, lasciare"; "essere pigro" 
gnahe, gneha "essere numeroso, abbondare"; "numero"; 
   "totalità; tutto" 
gnango "precedere, andare avanti; essere davanti" 
gnawa, gnaha "interrompere; impedire" 
gne "avanti, davanti, prima; piuttosto" 
gne-wove, gne-ouove "predire"
gnokesal, ignokesal "specie di ragù di erbe e carne"
gnoksi "mescolare; confondere" 
gn-yara "prevedere, aspettarsi"
gôgya "essere profondo; essere cavo" 
gôgyarao "abisso, precipizio"
gohhav "seno"
gôho "essere irritato, essere furioso" 
gwikou "porridge"
gyamnang "legno curvo usato come aratro" 
gyamnangyi-skat "campo"
gyéne "vivere nella dissolutezza"
ha "uno solo, unico" (vedi yeha
ha "un certo, qualcuno"
haav haki "undici"
hade "essere caldo; calore" 
hadehôu "che caldo!" 
hadeol "Luna del Calore" (il quarto mese)
haens, yehaens "primo" 
hâgwô "essere possente; dominare" 
Hâgwôr "Grande Spirito"
haha "uno ad uno" 
hakens, hakiens "decimo"
haki "dieci (10)" (vedi yehaki
hakihaki "dieci a dieci"
halalôou, interiezione di dolore 
halbâ, halvâ "puzzare" 
halvilgengig "metallo bianco che puzza" (forse "stagno") 
hâl-wâta "odiare con disprezzo"
hâlya "essere mediocre; essere piccolo; essere spregevole" (v.)
hapnal "essere vero"; "vero" 
hâstri "fare la guerra, combattere" 
hastri-lo-idso "uccidere un uomo"
hâstrir "guerriero"; "uomo" 
hâstrir-o-blammu "uomo rispettabile" 
hâstrir-o-gini "i guerrieri" 
hâstrironi "grande guerriero"
hâstriryi "popolo, tribù"
hawora "lievito" 
he "intorno"
, interiezione di stupore o di ammirazione
hebut "sole; giorno" 
hebut-alougni-bre "ieri" 
hebut-e-nrab "girasole"
hebut-myodonka "tramonto, oriente"
hebut-myololâno "levarsi del sole, oriente" 
hebut-neha "oggi" 
héfne "splendore; luce; sole"
héfne-alougni be "la vigilia di" 
héfne-betto "domani" 
hémets "ratto muschiato"
héniro "pino"
herre "lancia, giavellotto" 
herwa "portare, trasportare; sostenere" 
hha "allora"
hhalkewa "essere buono e allegro"
hham "tempo; momento; epoca"  
hhamol "rabarbaro" (o pianta simile) 
hhapka "amare appassionatamente"
hhawo "fermentare" 
hhenrô "essere nemico"; "nemico" 
hhigré, higré "gridare"; "grido"
hhol "casa, capanna" 
hholgini "case"; "villaggio"
hhurnou "essere appiccisoso; incollare" 
hhurnourao "colla" 
higbô "ricordare; ricordarsi"; "memoria"; "anniversario"
higiri "pernice"  
hitko "perdere; indurre in errore; lasciare; dispensare"
ho "io" 
hôbôl "emettere un suono grave o sordo" 
ho-dnoubbo "la mia fame"
hofma "sostituire"
hog, hogi "noi"
hokand "per me; quanto a me" 
hokandgi, hokandgin, hokandgini "per noi; quanto a noi" 
ho-nesta "il mio freddo"
hôni "io" 
hônigi, hônigin, "noi"
hôn-ista-cawa "mio malgrado" (lett. "il mio occhio che rifiuta") 
houhhayâ, interiezione di vergogna 
houlla "riempire; tracimare"; "essere ubriaco"
houyoun "nitrire" 
houyounarâ "cavalla, giumenta" 
hovesa "per me; quanto a me" 
hovesag, hovesagi, hovesagin, hovesagini "per noi; quanto
    a noi"
hub "fuoco fatuo" 
hub "piatti" (strumento musicale)
ibgye, ibbye "spiegare con iscrizioni o disegni"
ibgye-niao "libro" 
ictôrroal, ictôrrwal "mazza"
iddâman "tipo di erba tossica con fiori gialli"
idryan "convolvolo minore"
idso "morire"; "morte" 
idso-pankte "morte miserabile"
idsorbimartal "pianta che guarisce dalla stitichezza"
idso-slitla "letargia"
idunyo "grano, frumento" 
ifentaral, ipentaral "schiena"
ifro "dichiarare infame, condannare" 
igegada "talismano" 
igetwaral "gancio, uncino" 
iimir, imir "è rotondo"
ikravoungo "colibrì rosso dalla coda verde" 
ikro "essere rosso"; "rosso" 
ikro-sérup "uccello rosso", "cardinale (Cardinalis cardinalis)" 
iktoucpân "legno nero, ebano"
ikyov "pellicano" 
ilbatmaâ, ilvatmaâ "cera d'api"
iléhhâ, léhha "banana" 
ilegengi "tipo di pioppo dalle foglie bianche"
illou "soffiare; respirare" 
illourao, illouriao "soffio"; "aria" 
illukea "pipistrello" 
imantya "uccello affine al cuculo"
imouhala "ombelico" 
imraweya "vaniglia" 
imtân, mtân "muschio" 
in'galanal "cintura"
in'galani "fianco; costato; pelle dei fianchi; pelle del ventre" 
i-ngen-hôni "sono arrabbiato, sono malcontento"
inrôbekal "ascella; angolo rientrante; angolo"
ipfu "marcare; segnalare"; "segnale; segno" 
ipfurao "segno; orma, impronta; cicatrice; aspetto"
iptitoki : vedi ptitoki
ipva "donare" 
ipva, pva, vva, va "dona!"
irbyu "seppellire; fare il funerale" 
irnu "coagularsi (detto del latte che caglia)" 
isahourao "tipo di cactus di grandi dimensioni" 
issâvaral "chiave" 
i-ssohe-r-souao mho "quello mi fa piacere"
ista "occhio" 
istabte "tempo" 
istagem "due occhi"
istagi "occhi" 
istagiaral "negli occhi" 
istagioyo "piccoli occhi" 
istahhal "occhio allegro e dolce"
istahhalki "piccoli occhi"
istaktwensôgyo "palpebra" 
istaloyo "occhio allegro e dolce"
istang "con l'occhio, tramite l'occhio" 
istani "grande e bell'occhio"
istanikswa "indovinare" (lett. "pensare ai propri occhi") 
istaral "nell'occhio"
istatyulla "guardare sorridendo"
isual "bue; toro" 
isualâ "vacca" 
isultwat "trifoglio" 
itabaval "bambù" 
i-tcôb-souao "ciò è male"
iterenal "braccialetto"
iteve "frutto; mela"; "ciste"
itkansurthoo "chioma riccia" 
itwaou, itweaou "luogo elevato; collina"
itwe "essere, esistere; aver luogo, accadere" 
itwebao "avvenimento passato; avventura"
itwenao "ciò che deve essere"
itwerao "ciò che accade"; "qualcosa"
ivârang "radice" 
ivnéyi "altrimenti; non è altro che"
ivunuv "albicocca"
iwâtnalyo "corallo; gioiello" 
iwonasi "vestito" 
iwôtnar, iuôtnar "è bello" 
iwover, youver "dice; parla"
iyâ "infastidirsi"  
îyâr "si infastidisce"
kabal "pianta rampicante"
kahha "odiare fortemente" 
kâlat "tetraone" 
kalav "essere spesso"
kama "cadere" 
kangô "suonare, risuonare"; "voce; suono"
kanno "dipingere disegni; dipingere tatuaggi; scrivere" 
kannobiao, kannoviao "disegno; dipinto; scritto, libro,
     lettera"
karbat "essere aguzzo, essere appuntito"
kattaor "tamburo" 
kayar "a questo" (dativo, genere nobile)
ke "a"; "per" 
kéang, kiang "salsapariglia"
kedek, kedekâ "pollo"  
keho, kho "a me, mi" (dativo) 
kehônigin "a noi, ci" (dativo) 
kekna "a chi; a cui; al quale; ai quali" (dativo)
kente "raccogliere"
kéret, kért "pepe" 
kesoungarao "limone" 
kewa, kwa "essere buono, essere giusto" 
kewar "buono"
kilyou "deliberare; giudicare, rendere una sentenza" 
kinesi, kinyesi "gru" (uccello)
kinyo "stancare, spossare" 
kinyo-i "essere stanco; essere rilassato"
kinyossakno "riposarsi, oziare" 
kna, kn "che" (pronome relativo)
knanda "orinare" 
knande, knanede "pene, membro virile" 
knanede-ngun "testicoli" 
knub "artiglio; unghia; scaglia" 
knubya "graffiare"
kodam "specie di serpente nero e giallo" 
koltor "oltre; piuttosto che" 
koltov "salire; sorpassare; attraversare"
kongo "essere falso"; "essere perplesso, dubitare"  
kongo-wove "mentire"
konswa "trottare"
konswar "cavallo" 
konswarâ "cavalla, giumenta" 
konswaryi "cavalli"
korôbat "sasso"; "nòcciolo"  
kou-ktouv "foresta"
kour "vaso; pentola"
kroungi "dipingere"
kroungial "pittura" 
ksonga, ksounga, ksouna "essere acido, essere acre"
ksou "sale" 
ksouoni "allume" 
kswans "collo" 
kswansal "collana"
kswanserab "gola"
ktac "ruscello, fiume" 
ktacidatmya "ragno d'acqua" 
ktac-i-stiopgi "le rocce del fiume"
ktaka "essere blu"; "colore blu" 
ktakayal "tintura blu" 
kte "su, sopra; in alto"  
kte yararao-revyékki "sopracciglia"
ktouv "albero; legno" 
ktouvgi "foresta" 
ktouvokwengu "resina" 
ktouvoni "bell'albero"
ktwensôg "pelle; cuoio; scorza"
kutlôm, kutloum "fessura; apertura; porta; bocca"
kungo "baciare" 
kwango "essere puro, essere limpido" 
kwatswans "abete" (o simile conifera) 
kwa-tyanga "cantare bene"
kwengâbmwâ "lumaca, chiocciola" 
kwengal "sostanza collosa"
kwengu "essere grosso; essere spesso, denso; essere grasso" 
kwomo, kwomwo, kwowo "lodare, celebrare" 
kwov "stoppa"
kyaga "correre" 
kyaga-faweri "corriere" 
kyakedekâ "pollo delle praterie" 
kyar "a questo" (dativo)
kyevini "a te, ti" (dativo) 
kyo, kyog "a sé" (dativo)
kyolo-amrawô "avere l'abitudine di" 
kyolo-mrawô "abituarsi a" 
kyo-nikswa "pensare tra sé" 
kyo-nim-wove "parlare tra sé"
lakov "ananas"
lâno "essere diritto"
lânoal, lânwal "pioppo" 
lavsenab "cipresso" 
lavuniv, lakvuniv "magnolia" 
layo "santo, divino" 
lbala "legare, attaccare; appendere" 
lbalaral, lbalarao "gancio" 
lbonwe "muovere; distuggere; disfare; rovinare" 
le "fino a"
legengig "argento; denaro" 
lengô "chiamare, nominare"; "nome"
lenta "accendere, dar fuoco" 
lentahéfne "torcia" 
léntele, léntle "moscerino; sciame di lucciole"
lettrô "essere forte; essere coraggioso"; "forte; forza" 
lettrô-yup "sfrontatezza"
leua "essere molle come la cera"
lewed "sasso rotondo; "nòcciolo"; "talismano femminile"
lgengi "brillare di un bianco pallido come l'argento" 
ligeli "acero rosso"  
liketnu, liktnu "avvelenare"; "veleno" 
liketnu-datimya "ragno velenoso" 
liketnutyub "mosca nera velenosa" 
liléttrôal "quercia" 
limki "essere scemo, essere insensato"
lisso "sputare" 
lissuf "pianta che provoca la salivazione" 
lo-, prefisso causativo 
lo-âhâ "divertire" 
lo-âtra "far conoscere; pubblicare" 
lo-âtra-i "essere conosciuto; essere pubblico"
lo-balhu "liberare, riscattare"
lobi "abitare"  
lobiriaou "abitazione, luogo dove si abita, dimora"  
lo-égni "fare arrostire alla fiamma"
lôg "quattro (40)" 
lo-gnahe "moltiplicare"
lo-gôgya "scavare" 
lohâl-ssipla "minacciare"
lo-idso "far morire; uccidere" 
lo-iyâ "infastidire" 
lôkki "quaranta (40)" 
lo-kwango "purificare" 
lo-lâno "erigere; allineare" 
lo-layo "santificare" 
lo-lettrô "sfrontatezza"
lo-nesta "raffreddare" 
lo-ngalne "addolcire"
lonwo "mettere a nudo; pelare" 
lo-omtlou "allontanare" 
lopagyamal "purga, purgante"
lo-parre "abbellire"
lo-rakne "cullare" 
lo-routsi "far uscire, emanare"
lo-sanna "ingrandire"
lo-sanna-i "diventare grande"  
lo-sotno "essere lugubre; spaventare"
lo-ssipla "promettere" 
lo-tanwa "far produrre; fecondare"
lotecôbal "maleficio" 
lou-a-nouhô "aver finito di vivere, essere morto" 
loubro "bagnare, irrorare"
lougni "perire; finire; scomparire"  
lou-nouhô "finire di vivere, morire" 
lo-uobô "sommergere; far annegare"
lou-ousso "finire di unire" 
lo-usso "far unire, congiungere" 
lousté "portare a termine" 
lo-yoce "sporcare"
lra-dwons "parente per alleanza"
lra-mityab "patrigno" 
lra-mityabi "figlio adottivo, figliastro"
lra-nga "parente per alleanza"
lranha "fare; far diventare"
lranha-i "divenire"
lue "come; così" 
luetamou "lucertola grigia che si nasconde sotto la sabbia"
luv "sabbia" 
lwouktli "far scegliere; maritare"
lwoumme "far sembrare" 
lyémav "dragone; mostro" 
lyesamhak "racchette da neve" 
lyesse "far cadere la neve; nevicare", "neve" 
lyesseaou "nord" 
lyongou "aspirare, inalare; tirare (tabacco)"
lyonsayo, lyonsao "ostrica; cozza" 
ma-âtra "familiarizzare con qualcuno"
mahak "grande farfalla dalle ali nere e gialle" 
ma-kama "inclinare"
makayawits "specie di quaglia"
mankata "indaco" 
mâr "cento (100)" 
marâbyo "specie di papavero"  
mâr-mâr "cento a cento"
maroubôbâr "specie di piccolo pesce"
marte "chiudere" 
marterao "recipiente, scatola"
martno "rispettare, stimare" 
mâr-u-gem "duecento" 
mâr-u-gem-u-haki "duemila"
mâr-u-hak "mille"
mâr-u-mâr "diecimila" 
mâr-u-sdat "trecento"
marwo, mrâwô "essere incostante"; "volubile"
masart "remo, pagaia" 
masra "sedurre" 
mayar "questo" (accusativo, genere nobile)
meganda "mais" 
mehaki "dieci (10)" (vedi yehaki)
meho, mho "me, mi" (accusativo) 
mekna "chi; cui; quale; quali" (accusativo)
merugav, mrugav "canna"  
méshu "offrire; regalare"; "offerta"
mih "sei (6)" 
miki "sessanta" 
miki-miki "di sessanta in sessanta" 
mî-mih "sei a sei"
minma "volpe"
minma "mento" 
miovi "topo"; "cattiva sorte, maleficio"  
mithaki "dieci (10)" (vedi yehaki)
mitya "generare"
mityab "padre" 
mityabi "figlio" 
mityabigi "figli"
mnama "essere vivo; essere vigile; essere agile" 
modwe "affermare; consentire; assicurarsi che uno faccia 
     qualcosa"
mohhov "serpente" 
mohou, moou "infilare" 
mokne "buona condotta"; "essere saggio"  
morra "viaggiare"; "sentiero; strada"  
mouha "convolvolo" 
mrahha "vivere da libertino" (detto di uomo)
mrawô "essere ordinario, abituale"
mte "lontano da; dopo" 
myar "questo" (accusativo)  
myo, myog "sé" (accusativo)
myo-abra "fare il bagno" (Parisot riporta myo-albra, che deve 
    essere un refuso)
myo-donka "coricarsi"; "scendere" 
myo-dwepé "fidarsi"
myo-egda "guardarsi da; essere riservato" 
myo-lo-koltov "essere orgoglioso"
myo-lo-lâno "ergersi, levarsi" 
myo-lomtlou "allontanarsi; fuggire" 
myolo-sanna "essere orgoglioso"
myolo-uoboyo "lontra" 
myo-robne "nascondersi" 
myo-sottrô "essere fedele"
myo-uvlo "amarsi"  
myo-uvlo-wig "amatevi l'un l'altro" 
myoyarssorbyo "specchio"
nada, nâda "erba; fiore" (vedi dnada
nagaman "vello; lana"
nagonda "capriolo"  
naktwi "tipo di passeraceo"
naltahi "ramo" 
nâmme "mordere; rosicchiare; pungere; scolpire" 
nâmmebigi-mouha "pianta che guarisce dal morso dei serpenti" 
nâmme-i "morso; puntura; taglio" 
nangô "essere vecchio"; "vecchio" (agg.) 
nângor "vecchio, anziano" (n.)
nanka "piovere; far piovere"; "pioggia"
nattorbo, nottarbo "ninfea" 
navug "essere rotondo; rotolare"; "palla; testa" 
navug-e-kour "cranio" 
navug-e-nyétlal "fronte" 
navukswansal "corona"
nea "ramo; ceppo" 
néanga "salmone" 
nébtama "mirto"
neha "essere presente"
néibmo "acero da zucchero" 
nenim-wove "balbettare"
nerbir "farfalla"  
nesta "freddo" 
nestahalôou "che freddo!"
nestiop "ghiaccio" (lett. "pietra fredda") 
néulo "arancia; arancione"
neyed-hébut "equinozio di primavera"
nga "fratello"
ngaâ "sorella" 
ngaandeyo "sassafrasso"
ngaho "tacere; cessare; silenzio" 
ngalne "essere dolce, soave" 
ngalnerao "midollo"
nganne "essere in rapporti fraterni"; "commerciare" 
nganner "mercante" 
nganneriao "merce"
ngâranweki "luccio"
ngemôkroungi "arcobaleno" 
ngemôm "cielo" 
ngemôm-o-ktaka "l'azzurro del cielo"
ngen "collera" 
ngen "sii arrabbiato!"
ngene "andare in barca, navigare"
ngeneg "barca"  
ngenegigem "due barche" 
ngenegikte "sulla barca"
ngenegoni "grande barca"
ngenegyi "barche"
ngerna "essere arrabbiato, essere malcontento" 
ngôbâm "stuoia" 
ngouyou "essere piccolo" 
ngun "grano, chicco, semenza" 
ngun'gi "chicchi"
ngunoyo "pupilla dell'occhio"
nikswa "credere; pensare, riflettere" 
nim, particella diminutiva e frequentativa
nimaral "pulce"  
nim-crava "singhiozzare" 
nim-loidso "far morire di una morte lenta e crudele"
nimpa "seguire, venire dopo, essere successivo; successione" 
nim-vitra "bere a piccoli sorsi" 
nim-vitra-i "essere bevuto a piccoli sorsi"
nimwove "borbottare, biascicare"
niponkoal, niponkwal "bambù" 
nitwan "a causa di"
nogangô, noyangô "rovo"
nokse "crescere, vegetare" (detto di piante)
nôtha "vulva, utero" 
nouhô "vivere; respirare"
nouhô-bnâha "vita felice"
nouhôr "uomo"  
nouhôrâ "donna" 
nouhôr-o-gi "uomini"
nponko "grattare; pulire; usare"
nrab "fiore" 
nrab-eol "Mese dei Fiori" (il secondo mese, che corrisponde 
    a Maggio)
nrab-eol-i-tyub "maggiolino" 
nrab-i-kour "corolla"
nral, nrâl "becco, rostro" 
nral-apente "airone"
nreis "spirito, genio" 
nrôbka "rompere" 
nuneo, noneo, nouneo "scoiattolo" 
nunyo "colore rosso dello scoiattolo"  
nvanya "spiegare; interpretare" 
nwasse, nwasser "sette (7)" 
nwasse-nwasse "di sette in sette"
nyabta "essere aguzzo, appuntito" 
nyakdabaov "gelso bianco" 
nyakse "mettere; posare" 
nyamwin : vedi unnyam-win 
nyétla "estendere; sviluppare; rendere piatto"  
nyétlal "tavola; asse" 
nyétlalki "scala; scale"
nyibsérup "uccello nero dalla testa rossa"
nyitta "salutare qualcuno" 
nyobetaral, nyabetaral "punta; freccia" 
nyobetaral-i-mart "faretra, turcasso"
nyobetatyub "ape; vespa; tafano"
nyornô "volare; volar via"
nyornôr "uccello, volatile"
nyulu "avere una cattiva condotta" 
nyulur "criminale" 
oah, urlo di guerra
oc, yoc "cinque (5)" 
ociocki "di cinquanta in cinquanta"
ocki "cinquanta" 
oc-oc "cinque a cinque" 
ofrâ, ôfrâ "essere rotondo"
ofrâdidni "formicaleone" 
ofraral, ofrarao "cerchio"; "anno" 
ogôgyal "zucca; vaso"
oh, ohh, interiezione di sorpresa o di disgusto"
ohhamyo "labbro; parola; linguaggio"
omnuatsi "mandorla"
omtlou "essere lontano, essere assente" 
omtlouwove, omtlouove "diffondere una voce"
-oni, -ni, suffisso accrescitivo
onkna "scuotere" 
onoanô "vigogna" (lana)
ononâ "faggio dalla corteccia liscia"
ontwôvac, ontwôvatc "tabacco"
onwo "essere nudo" 
onyabtyé "arbusto dalle spine dure e curve"
opa "mettere in gabbia, ingabbiare"
ôpariao "gabbia"
opmu "agire, fare"  
opmu-ert "complottare contro" 
opmu-ske "aiutare" 
opyuwav "gamba di animale" 
orkta "ridurre; sottomettere, vincere" 
orktai "servitù"
osbelyu "erba molto comune nelle praterie"
otanyamu, ôtéyamu "sacrificatore, sacerdote"
otme "avere pietà di qualcuno"; "pietà"
ottenô "galletta di mais" 
ottenôgi "gallette di mais" 
ottenôgi-loaégnii "gallette di mais cotte"
otwanva, otwanwa "zampa di animale" 
ouktli "scegliere; ricercare" 
ouktlib "marito"
ouktlibiâ "donna" 
ouma, oma "mangia!"
oumme "sembrare, somigliare; apparenza, esteriorità" 
ou-rewa-i "essere amato perfettamente"
ourpe, ouvpe "donare, ridistribuire, ricompensare"
ousso "unire, congiungere; raccogliere" 
oussobiaogi "provviste"
ousta "punire, castigare" 
ousté "finire, terminare" 
ou-uvlo "amare perfettamente"
ouv "età; anno" 
-oyo, -ouyo, suffisso diminutivo
pagyam "defecare" 
pandga, pandya "spiga; grappolo" 
pandya-kente "raccogliere spighe"
pankte "essere meschino, essere miserabile; miserabile"
pannâg "oro" 
pânyemilo "setaccio"
par-âha "sorridere"
par-ikro "leggermente rosso"; "rosa" (agg.) 
parre "essere bello, essere grazioso" 
par-slitla "sonnecchiare" 
par-vitrag "bere dolcemente, bere graziosamente"
paryemilo "conchiglia di cozza o di ostrica"; "piccolo piatto"
patawona "tipo di pesce"
pen "olio" 
pengu "essere grosso, essere spesso" (vedi kwengu)
penoni "liquore" 
pigeniou "sambuco"
pignyô "piantare; premere; scavare"
pirrya "avere la febbre"; "febbre; delirio"  
pnâg "corteccia d'albero; pelle dura, corno"
pnâo, pnângo "bruciare, consumare"; "fuoco" 
pourpwour "lupo; cane" 
prigge "grandinare"; "grandine"
pringuf, pringup "spalla"
ptitoki, iptitoki "pollice"
ptug "cenere" 
pyan-lyémav "figura mostruosa"
pyag "dito" 
pyag-ofra-ral "anello"
pyuv "gamba" 
râbha "conficcare, inchiodare"
raham "tossire" 
rakne, rakene "oscillare"
ranko, rranko "essere duro, essere aspro, essere crudele" 
ranwek "divorare avidamente"
ravagal "colore giallo" 
ravga "essere bello, magnifico, glorioso"; "bellezza, gloria" 
ravgayini "glorie, onori"
re "fuori da" 
rébenha "lucciola" 
rehmu "tagliare; scheggiare; affettare" 
rehmual "scure, ascia"
reobneyo "faina"
retna "ferro" 
réutimi "tallone" 
revyék "pelo"
rewa "amare, desiderare" 
rewar, rewari "amico" 
rewariâ "amata"
rewariao "oggetto amato" 
rewar-o-gi "amici"
robne "coprire; nascondere" 
robne-i "essere nascosto, segreto" 
robne m-pnângorao "spegnere il fuoco"
roubelou "tortora"
rounak "caimano" (traduzione incerta)
routs "sorgente, fontana" 
routsi "evacuare; uscire da; sfuggire"
rrahho "vendere; consegnare"; "tradire" 
rrahhor "mercante"; "traditore" 
rranko : vedi ranko
rrankorao "scorza"; "corno"
ruha "pentirsi" 
runhu "battere le ciglia; battito di ciglia, momento"
runhugi "minuto" 
ruontwôva "bruco del tabacco, verme cornuto" 
rwinsaou "luogo dove si mette la paglia"
rwons "piccolo stelo"
rwonsigi "paglia"  
sanhâstri "vincere, trionfare"
san-kahha "odiare fortemente"
sanna "essere grande"
san-ravga "grande gloria" 
san-sannar "molto grande"
san-vitrag "bere molto, essere un grande bevitore"
san-wata "odiare fortemente" 
sda-sdat "tre a tre"
sdat, dat "tre (3)"  
sdati-sdatki "trenta a trenta"
sdatki "trenta (30)"
sédin "vite americana" (Parthenocissus quinquefolia)
seluvi "cicogna"  
semulov "tipo di asparago il cui fiore dà un succo mieloso" 
semulov-i-wâkwôrao "succo del fiore di asparago"
sénge "lumaca" 
séru-lo-idso "uccidere un uccello"
sérup "uccello" 
sétre "miagolare" 
sétrer "gatto"
séuki "pidocchio" 
sillib "cedro"
sing "capelli di donna" 
singâng "liana acquatica" 
sinkav "daino " (o cervide simile) 
sinta "essere nuovo"; "novità" 
sintar-souao "è nuovo"; "non molto tempo fa"
sisgu "giaguaro" (glossa: "une espèce de tigre"
sitri "specie di uccello"
skand "per lui; quanto a lui" 
skandâ "per lei; quanto a lei" 
skandaâg, skandaâgi, skandaâgin, skandaâgini "pr loro;
    quanto a loro" (femminile)
skandgi, skandyi, skandgin, skandgini "per loro; quanto
    a loro" (maschile) 
skat "terra, suolo" 
skatloubro "fango; palude"
skatwens "fondo" 
ske "con, in compagnia di, insieme a" 
skeherwaralki "gemelli" 
ske-morra "marciare con"
slif, slip "marrone" (traduzione incerta)
slitla "dormire; sonno" 
slup "frutto simile a una pera" 
slupigi-ktouv "albero con tronco dritto e foglie larghe"
sokino "orso nero" 
soknô, ssoknô "accompagnare; essere insieme"
sotno "tremare" 
sottrô "custodire, conservare con sé"
sou "egli"
souâ "ella" 
souâg, souâgi "esse" 
souao "quello" 
souaogi "quelle cose là"
soug, sougi "essi"  
spamad "ciliegia selvatica"
spamadgi "genitali maschili"
sperma "offendere, rattristare"; "nero" 
sr "o"
srârâ "ragliare"
srisse "segare; fendere, tagliare" 
srisseral, srisserao "coltello; lama; sciabola"
srisse-sérup "specie di uccello"
ssaka "borsa di talismani" 
ssakno "riposarsi"; "pausa, riposo"
ssav "caviglia"; "chiave" 
ssave "slegare; aprire"
sse "lungo" (preposizione)
sseaou "bordo, riva" 
ssef "numero, cifra"
ssefé "contare; valutare" 
ssefé m-penta "misurare" 
ssefér-ho "circa" (lett. "io conto")
sser "sette (7)" (vedi nwasser
sserki "settanta"
ssipla "essere certo, essere sicuro"; "solido; testardo" 
ssitsi "digrignamento; fischio" 
ssohe "essere contento di qualcosa, gioire"; "gioia, piacere"
ssoknô : vedi soknô
ssouko "comandare"
ssoukor "capo, maestro" 
ssumit "cervello" 
staka, stak "mela di maggio (Podophyllum peltatum)" 
stalâ "per lei; quanto a lei"  
stalâg, stalâgi, stalâgin, stalâgini "per loro; quanto a loro"
     (femminile")
ste "come" (preposizione) 
sté "basta!" 
sté yehôn "mi fermo"
stenetbuv "croce; forca"
stenvu "incrociare"
stertyo "imitare"
stiop "pietra" 
stiopgi "pietre"
stiopgini "pietre" 
stiop-layo "pietra sacra"
stiorranko "pietra dura"
suots "alce; cervo"  
svesa "per lui; quanto a lui" 
svesaâ "per lei; quanto a lei" 
svesaâg, svesaâgi, svesaâgin, svesaâgini "per loro; quanto
    a loro" (femminile)  
svesag, svesagi, svesagin, svesagini "per loro; quanto 
    a loro" (maschile)
swômô "dente; mascella" 
swômôgi-ktouv "albero la cui corteccia cura il mal di denti"
syamyo "osservare; ascoltare; obbedire" 
tabav "essere diritto, piantato come un albero"
tahatam "albero dal legno bianco usato per produrre vari
     utensili (piatti, coppe, armi, etc.)"
tahouat "inverno; anno"
taketa, takta "costringere a fare una cosa; violentare"
taktla, taketela "sbattere, fare rumore" 
taktlayugnur "serpente a sonagli, crotalo" 
tan "fa'!"
tândo "giglio bianco"
tankwa, tanekwa "gonfiare, gonfiarsi" 
tankwarao "ciste, ascesso"
tankwaraou "montagna" 
tânoupen, tanwepen, tanwapen "oliva; olivo" (lett.
     "che fa olio") 
tânoupenouyo "giovane olivo"
tanwa "fare, causare, produrre" 
tanwabiao "atto, opera, frutto" 
tanwa m-anavugal "deporre le uova"
tanwarao "causa, motivo" 
tânwer, tânwealne "canna da zucchero" 
tanwerwâkworao "zucchero"
taréka "specie di vite i cui frutti sembrano lamponi" 
taréka-nyornor "tordo" 
taréktanwo "frutto del taréka"
tasrâva "martin pescatore" 
tatsa "spremere; soffocare"
tatsa-i "dimagrire" 
tatsarao "pinza" 
tatsaraog "pinze"
tawo "mostrare, dimostrare, provare" 
tcôbe "essere male; malvagio" 
tcôbopmu "azione malvagia" 
tcôbopmubiao "crimine" 
tecté "digerire; sopportare la bevanda" 
téivinga "igname" (tipo di tubero commestibile) 
tematnacwo "fieno" 
té-myo-robne "essere pudico"
tenyasi, tniasi "alloro" (o pianta simile) 
tern "braccio; manico"
tido "castoro" 
tidoâ "castoro femmina"
timiyo "indumento di lana"
tinab "cervo; bisonte"
tinyob, tinyop "bisonte" 
tirtno "entrare"  
tiska "begonia"
tkans "capigliatura, capelli" 
tkara "guancia"
tkati "cotone" 
tkattu "fortificare, consolare, aiutare" (traduzione incerta)
tketno "ricevere; accogliere" 
tketnor-ho "grazie"
tlarra "essere pari a"
tmanyap "becco, caprone"
tmatna "essiccare, far seccare" 
tmatra "adornare, abbellire; mettere in ordine"
tnan "stella, astro" 
tne "sotto, al di sotto, giù" 
tnelwe "essere sotto; inferiore, minore"
tnouns, tnoungs, tenouns "interiora, viscere"
tomnam, tamnam "serpente d'acqua" 
trakmou "tuonare; tuono; irritarsi; collera" 
tripliti, triplit "cicala" 
trô "luogo, posto"
trud "trave; blocco"  
tsérab "stelo; tubo" 
tsullahhapka "amore violento"
tsullat "canapa selvatica" 
tuesômra "erba serpentaria" (Dracunculus vulgaris)
twan "piede; passo; traccia" 
twan'gi "piedi"
twanivabualâ "vento del nord" 
twanivabualaou "paese da cui viene il vento del nord" 
twans "crine vegetale"
twantitoki "alluce" 
twanyugnudi "bruco"
twat "foglia" 
twe "per mezzo di; con" 
twe "sia! abbia luogo!"
twirri "impiegare, servirsi di"
twôc "pipa, calumet" 
twôcô "fumare il calumet" 
twôcwannado "sommacco che si fuma" 
tyabanta "avena selvatica"
tyallu "essere al centro; centro" 
tyanga "cantare; canto, canzone" 
tyangsérab "specie di zufolo" 
tyobana "noce, nocciola" (traduzione incerta)
tyourou, tyour "allodola"
tyub "mosca" 
tyulla "solleticare"
uabolma "collo" 
uahayo "tipo di pino rossastro" 
uaramo "pustola"
ubhav "clima, temperatura" 
ubhavbehhoyo "beccaccia"
ubla "mancare; fallire"
ubondua "erba alta" 
ugnyô "mentire; mancare a un giuramento" 
ugnyo-i "essere infame"
ulânoal, ulânwal "pioppo"
uleuâ, uluâ "cera d'api" 
ulmou "essere diverso da" 
ulmour me "altro che" 
uluâglou-ktouv "albero della cera" (Morella cerifera
ungô "sbavare; traboccare"
unnyam "arco (arma)" 
unnyam-win, nyam-win "mano che tiene l'arco" i.e.
      "mano destra"
unuv "carne" 
unuv-doukka "carne bianca, bianco, europeo"  
uobô, uôbo, uoblô "annegare"
uôm "betulla" 
urtehoraou "bordo; orizzonte"
urtho, urteho "girare intorno; circondare; rotolare; fare; 
    formare" 
urthoral "giro; bordo; frangia"
usturb "edera" 
uts "detriti; guscio, conchiglia"
utyângoâ "canarino"
uvlo "amare"  
uvlo-i "essere amato"
uvlor "amante" 
vabua "dimenticare, obliare; cancellare"
vadyano "miele" 
vadyano-tyuboyo "ape mellifera"
vaha "volere, desiderare; amare" 
vahar "disposto a"; "di proposito" 
vahari "qualunque"
vamho "essere alterato; avere sete" 
vâmru "concepire un figlio" 
vâmrubâ "madre; donna" 
vâmrubi "figlio" 
vâmrubiâ "figlia" (in rapporto alla madre)
vâmru-i "nascere" 
vâmrunâ "bambina"
vâmrurâ "figlia; donna" 
vârang "coda; radice" 
vâratâ-ng-wou "dire all'orecchio"
vâritwat "foglia di tiglio" 
vârta "capire, comprendere; ascoltare"
vârtarao, vararao "orecchia" 
vârya "essere malato" 
vârya mwe "essere disgustato da"
vat "nove (9)" 
vatens "nono"
vativatki "novanta a novanta"
vatki "novanta" 
vatkiens "novantesimo"
vâtmwa "toccare; raggiungere; attaccare; copulare"
vâvat "nove a nove" 
vâwe "lavorare; sforzarsi"
vâwe ke, vâwe ske "aiutare qualcuno" 
vekand : forma nobile di wekand 
vekandâ : forma nobile di wekandâ 
vekandâg:  forma nobile di wekandâg
vekandgi : forma nobile di wekandgi 
vettalâ, vetalâ : forma nobile di wettalâ, wetalâ 
vettalâg, vetalâg : forma nobile di wettalâg, wetalâg
vevesa : forma nobile di wevesa 
vevesaâ : forma nobile di wevesaâ 
vevesaâg : forma nobile di wevesaâg 
vevesag : forma nobile di wevesag
vevlamma "bagliore; lampo"
vi "tu" (maschile, forma nobile di wi
viâ "tu" (femminile, forma nobile di wiâ)
viâg, viâgi "voi" (femminile, forma nobile di wiâg, wiâgi)
vidwo "dovere, bisognare"  
vig, vigi "voi" (maschile, forma nobile di wig, wigi)
vikté "dimenticare; omettere; perdonare"; "oblio"; "perdono"
vitrag "bere" 
vi-vitrag "bere molto"
vlamme "splendere"; "bagliore; lampo"
vnane "essere giovane; essere fresco; essere bello"
vnuhuvâm "naso" 
vôaye "medico"  
vô-blammu-n-i "onorevole" 
vô-kahha-n-i "detestabile"
vô-méshu-n-i "presentabile"
vô-mityan "che genererà; ragazzo"
vô-mityar "che genera; uomo"
vôpongoyo "ardesia" 
vô-rewa-n-i "amabile"
vorte "venire; arrivare" 
vôt "garretto" (vedi cvôt)
vôtanwai "essere possibile", "facile" 
vô-tanwa-n-i "fattibile; facile" 
vô-uvlo "essere capace di amare"
vôvé "potere; essere capace; essere forte" 
vôvé-i "essere possibile" 
vô-wama-n-i "mangiabile"
vu "molto"  
vu-bremter "sempre"
vu-ca "nessuno"; "niente"; "non"; "mai"   
vu-gnahe "molto numeroso" 
vu-gnaheryi "tutti"
vu-nimpa "tutto il resto; tutti" 
vu-sannar "il più grande possibile"
vyât "letto, giaciglio" 
vyâtâ "coricarsi"
wab "otto (8)" 
wabki "ottanta (80)"  
wâbwab, wawwab "di otto in otto"
waka "essere paziente, attendere" 
wakamwama "giovane"
wakeanda "pioppo che cresce vicino all'acqua"  
wakesoungal "crescione" (pianta acquatica) 
wakodatmyâ "ragno acquatico" 
wâkouatka, wâkwatka "pinna"
wâkoubyaneyo, wâkobyaneyo "mosca acquatica" 
wâkouobô "lontra" 
wâko-vitrag "bere acqua" 
wâkwôaou "fiume"
wâkwô "scorrere; corso di un fiume"
wâkwôrao "acqua"; "fiume"; "liquido"
wamabi "mangiato"
wamak, wâmak "mangiare, nutrirsi"; "pasto"
wama-ngôbâm "stuoia su cui ci si mette per mangiare"
wanwe "prendere, afferrare, tenere" 
wanwenigi "prigionieri di guerra" 
wâoukedeke "folaga"
warba "avere un buon odore" 
warbacwoyo "cerfoglio"
warba-kroungi "tintura profumata" 
wâta "non volere; rifiutare; odiare"
wehet "starnutire" 
wek "chiedi!", "cerca!" 
wekand "per te; quanto a te" (maschile) 
wekandâ "per te; quanto a te" (femminile) 
wekandâg, wekandagi, wekandagin, wekandagini "per voi;
    quanto a voi" (femminile)
wekandgi, wekandgin, wekandgini "per voi; quanto a voi" 
    (maschile) 
wekkâr "di chi?", "a chi?" (maschile) 
wekkârâ "di chi?", "a chi?" (femminile)
wekmâr "chi?" (pronome interrogativo nobile) 
wekmarâ "chi?" (pronome interrogativo non nobile) 
wekmarâg, wekmarâgi "chi?" (pronome interrogativo
    non nobile plurale)
wekmâryi "chi?" (pronome interrogativo nobile plurale)
weknu "disprezzare"
wens "tipo di fiore" 
wetalâ : vedi wettalâ 
wetalâg : vedi wettalâg 
wetki "domandare, chiedere; cercare" 
wetleyed, wetneyed "platano" 
wettalâ "per te; quanto a te" (femminile) 
wettalâg, wettalâgi, wettalâgin, wettalâgini "per voi; quanto
    a voi" (femminile)
wevesa "per te; quanto a te"" (maschile) 
wevesaâ "per te; quanto a te" (femminile) 
wevesaâg, wevesaâgi, wevesaâgin, wevesaâgini "per voi; 
    quanto a voi" (femminile)
wevesag, wevesagi, wevesagin, wevesagini "per voi; quanto 
    a voi" (maschile)"
wi "tu" (maschile) 
wiâ "tu" (femminile)  
wiâg, wiâgi "voi" (femminile) 
wig, wigi "voi" (maschile) 
wilwi "gemere, lamentarsi" 
wim "senza" 
wim "prendi con la forza!", "rapisci!"
wimma "prendere con la forza; rapire una donna" 
wimmabiaog "spoglie"
wimmari "prigioniero" 
wimpigenyo "palmo della mano"
win "mano" 
win'gi "mani"
winga "fare commercio; acquistare"
wingi "intrecciarsi; arrampicarsi"
wingitwat "pianta rampicante"
winkeswans "polso" 
winkeswansal "braccialetto" 
win-marte "pugno" 
witka "essere infelice; soffrire"
woklou "bollire"  
wokyo "ammirare; stupirsi" 
wôste "essere abile, essere capace" 
wôtna "essere bello" 
wove "parlare, dire, affermare"; "parola; linguaggio" 
woveg "parole" 
wov-tanwa "recitare racconti"
wov-wove "recitare racconti" 
yâhhal "è felice, gioisce"
yakna "essere ragionevole, essere saggio"  
yaknaroni "grande vecchio; anziano rispettabile"
yaknaryini "i saggi, gli anziani" 
yar "questo" 
yara "in tal modo" 
yara "vedere; far notare"  
yaraessorbyo, yaressorbyo "specchio"
yararal, yararao "occhio" 
yararao-revyékki "ciglia" 
y-ârwor "abbaia"
ye "verso, fino a"
yeha "uno" 
yeha av gemki "ventuno"
yeha av haki "undici"
yehaki "dieci (10)" 
yeha-yeha "uno ad uno" 
yehôn "io stesso" 
yehôni "io stesso" 
yehônigin "noi stessi" 
y-ellur "è brutto, è sgradevole" 
y-ellyor "dice addio"
yemilo, yémilo "disco; piatto"
yémilub "sole"; "scudo"; "piatti" (strumento musicale) 
yenga "proteggere; difendere; mediare" 
yengarao "arma"
yenestal-hébut "autunno" 
yeondeo "sorbo" (o pianta simile)
yerôn "corpo" 
yerôn-etbuv "membro"; "osso"  
yerônoyo "stelo"
yesounâ "essa stessa" 
yesounâgi "esse stesse"
yesounao "quello"
yesounao-sinta "è nuovo"; "non molto tempo fa" 
yesouni "egli stesso" 
yesounigi "essi stessi"
yevinâ "tu stesso" (femminile)
yevini "tu stesso" (maschile) 
yevinâgin "voi stesse" (femminile)
yevinigin "voi stessi (maschile)
yibna "sudare"; "sudore; rugiada"
yillôk, yilôk "lingua" 
yillôk-pankte "mala lingua"
yîmi "essere rotondo" 
yo, particella diminutiva
yo, yog "sé" 
yoce "essere sporco; sporcizia"
yôcou "maiale, porco" 
yogho "colpire; abbattere"
yogna "andare verso; visitare; raggiungere"; "sfidare; colpire" 
yogoano "pianta le cui foglie sono usate per bendare le ferite" 
yohôlaya, interiezione di gioia
yokondi "frassino" 
yolkô "leccare"
yomeu, yomu "patata" 
yong, young "hibiscus, grande pianta dai fiori rossi" 
yonskao-hébut "autunno"
yosblu "sposarsi"; "matrimonio" 
yosblub "sposo"
yosblubâ "sposa" 
yosblu-itewe "pesca" (frutto)
yosblupyag "dito indice"
yosbluwin "mano sinistra delle donne"
youngé "insegnare, istruire" 
youv, youve "parla!", "di!"
yugnud "strisciare"
yugnudi-bôbâr "anguilla"
yugnur "serpente" 
yugnuressorbyo "serpente diafano"
yunhurio "piccione" 
yunvinrab "fiore di prato usato per bendare le ferite"
yunvu "colpire; ferire" 
yuvhâno, yunvhâno "talismano che protegge dalle ferite" 

Alcune proprietà peculiari 
 
Sono comunissime le kennigar e i tabù linguistici. Non si trovano altro che nomi derivati per esprimere concetti come "acqua", "fuoco", "padre", "figlio", "persona", "uomo", "uccello", "pesce" e via discorrendo. Due nomi del cane sono semplici agentivi derivati dal verbo "abbaiare". Si trovano invece molte parole non analizzabili per indicare flora e fauna decisamente aliena ("banana", "ananas", "melograno", "bue", etc.). Questa è una cosa abbastanza inusuale, ma è possibile che si tratti di derivati di aggettivi non riportati nel vocabolario (es. la parola per "ananas" potrebbe avere avuto il significato di "scaglioso", etc.). 
Qua e là si notano stranezze varie. Il verbo rrahho "vendere; consegnare; tradire" sembra mostrare uno slittamento semantico di matrice cristiana. Tuttavia il passaggio da "consegnare" a "tradire" (latino tradere "consegnare" > italiano tradire, con riferimento a Giuda Iscariota che consegnò Gesù) avrebbe potuto anche prodursi in modo indipendente: il tradimento equivaleva a consegnare qualcuno agli Inglesi. Potrebbe essere una fabbricazione dei missionari oppure un'invenzione di Parisot e soci, ma le prove non sono decisive. 
 
Possibili prestiti
 
La parola ssav "chiave" potrebbe essere un prestito dallo spagnolo llave. La cosa non dovrebbe stupire, del resto numerosi prestiti spagnoli si trovano nel Gergo Mobiliano. 
La parola annado "sommacco", che indica una spezia di colore rosso (Bixa orellana), è stata adottata da una lingua Caribe, molto probabilmente dal Galibi Carib annatto. Non sono convinto che il termine sia giunto tramite la mediazione dello spagnolo, che ha adottato il nome bija dal Taino e il nome achiote dal Nāhuatl (āchiyōtl "sommacco"). La presenza del vocabolo in questione in Taensa è stata ritenuta sospetta. 

Antroponimi Taensa 
 
Sono forniti alcuni esempi di antroponimi comuni tra i Taensa:
 
Glou-pnaorâ "Cuore di Fuoco"
Illukéa "Pipistrello" 
Kutlôm-e-ngouyou "Bocca Piccola"
Makayawits "Quaglia"
Navug-e-kwengu "Testa Grossa" 
Pnuvgi-mnama "Gambe Agili"
San-gi-betto "Grande Cacciatore"
Sinkavi "Daino"
Sokinog-lo-idso "Uccisore di orsi neri" 
Tern-i-vârya "Braccio Malato"
Tern-o-lettrô "Braccio Forte" 
Tkans-i-fenta "Capelli Lunghi" 
Vâmrubâ-kango "Voce di Donna"

Sono indicati alcuni antroponimi che sono prestiti da nazioni vicine: Sasakia, Orregona, Napatilô, Tsissiya, Ossoga, Pakitinik, Tispassats, Arwens, Tenayarou, Tehakehan, Kahanions, Atcikâb, Agido, Takahetennis, Rakanaha, Ikatewens. Non è però specificata la loro origine. 
 
Un'etimologia del nome dei Taensa 
 
Parisot sostiene che il nome dei Grandi Taensa proviene dalla parola Choctaw che significa "mais, granoturco" (tárdhsie, tándshi, tannshi abé "pianta di mais"). Una tribù dei Taensa si sarebbe chiamata Tangipahoa, Tanjiboa o Tangibao, ossia "Mangiatori di Mais" (in Choctaw apa significa "mangiare"). A quanto riporta lo stesso Parisot, esistevano altri Taensa denominati Tangipahoas o Tangipahas. Se queste informazioni fossero confermate, sarebbe dimostrata la nostra idea di un'origine diversa degli etnonimi dei Grandi Taensa e dei Piccoli Taensa, simili soltanto per una mera convergenza evolutiva. Non va però taciuto che la confusione è ancora grande.  
 
Una voce fuori dal coro 

In nettissimo disaccordo con l'opinione ormai consolidata dael mondo accademico, Claire Bowern (Università di Yale, Dipartimento di Linguistica) sostiene che non esistono prove conclusive della natura fraudolenta della lingua Taensa. Su YouTube è disponibile la registrazione di un suo intervento The Mysterious Taensa Grammar: Imaginative Fiction or Poor Description? (XIII Annual Whatmough Lecture).


i) I Taensa provenivano dalla Louisiana settentrionale. In Louisiana settentrionale esistono gli aceri e il ghiaccio. 
ii) Un orso bianco non è necessariamente un orso polare: può benissimo essere un orso nero albino. 
iii) I nomi di specie vegetali aliene ("riso", "patata", "mela", "canna da zucchero", etc.) sarebbero altamente sospetti in fonti precoci (XVI secolo), ma non in fonti più tarde (XVII-XVIII secolo); il manoscritto spagnolo da cui sarebbe stato tratto il lavoro di Parisot non riportava una data. 
iv) Esistono alcune possibili somiglianze lessicali Taensa - Natchez, Taensa - Timucua, Taensa - Gergo Mobiliano e forse anche Taensa - Muskogee (gli esempi riportati non sempre convincono).
v) Swanton e Brinton insistono molto sul fatto che i Taensa parlavano Natchez. Ma il Natchez era la sola lingua che parlavano? Non esiste alcuna evidenza di questo, dato che il plurilinguismo era la norma tra i popoli amerindiani della regione. 
vi) Parisot era un linguista scadente: difficilmente sarebbe stato in grado di costruire una lingua così peculiare.
 
Mi si permetta un'ulteriore osservazione: Brinton, nella sua superficialità estrema, non considerava che il nome del ghiaccio esiste anche in Timucua (un tempo parlato in Florida) e in Nāhuatl.

Credo che possa essere di qualche utilità disporre di un confronto diretto tra la lingua Taensa e altre lingue vicine: Natchez, Timucua e Gergo Mobiliano. Mi limito a una scelta di pochi vocaboli significativi. Riporto poi le somiglianze lessicali identificate dalla Bowern e alcune altre che ho trovato.  

Dizionario Taensa - Natchez

abbanaou : PAGATSKUP
arwor : WASHKUP 
doukka : KAHAP 
etamou : SHAKOLSADSA
hhol : ET, EDA 
ikro : PAGUP 
ista : UKTUL 
ktata : HAASIP
mâr : PUP  
meganda : HAKU, HAKUYA 
mih : LAHANOF  
nerbir : SHILATKE TAFO
nestiop : KU'AYA 
nga : KAKANESHA  
ngaâ : ALAWUTCH
nimaral : TUKWATCHEN
oc : ISHPIDI  
pyag : ESH, IZHA
retna : NALKW  
sdat : NE'DI 
sérup : SORKOR, SOTHKOTH  
skat : WEE'HEE
sperma ("nero") : TSOKUP, TSOXOKUP 
ssoukor : TSUNA  
ssumit : APUXKUL'  
stiop : OFA
tido : EEMET 
tyub : SHUMKUP 
unuv : WINCHIA 
uvlo : MAITAKISHIK  
vadyano : MOM 
vat : WIDIBKADEBISH 
vitrag : HA'HKU  
 
Somiglianze lessicali: 
 
Taensa sokino "orso nero" : Natchez tsokup, tsoxokup "nero" 

N.B. La Bowern riporta erroneamente il vocabolo Taensa come sokop "black bear" [ours noir].
 
Dizionario Taensa - Timucua  

aksoungal : ATIMUCU
arwor : EFA 
ayerao : MELENI, NIYE
blammu : ABOQUA 
dnoubbo : HONO 
doukka : NAYO  
dwons ("sangue") : ISI  
glou : CUME 
glouctorrô : CHOFA
hâstrir ("guerriero") : IRI 
hébut : ELA
hhol ("casa") : PAHA, ANOTI, ELAHITI
hhol ("capanna") : PILE  
ho : HO 
hôni : HONI, HONIHE, NA
ikro : PIRA
ksou : API  
ktaka : ILCO 
mâr : CHUPI 
mih : MARECA  
minma ("volpe") : HABE, PUFI 
miovi ("topo") : NIBILIL  
morra : COESA, EYE
nestiopTOROBO, ALIMUCU
ngemôm : NUMA, NAPULA
ngeneg : TICO
nimaral : HIBE  
nouhôr : ANO
nouhôrâ : NIA  
nreis : ATICHICOLO 
oc : MARUA 
pen : UQUE 
pourpwour ("lupo") : BANEHE
sdat : HAPU 
sérup : CHULUFI
sokino : ARA
sperma ("nero") : CHUCU, LACA
sperma ("offendere") : EMO, YATI, IQUILE, YURICO
     CALUBA, MAHA, MUCU 
ssohe : HALAHA, ORABO, ISACO, QUO 
stiop : YOBO  
tenyasi : NALIQUI, TOLA
tnan : CHUBOBO 
unuv : SOBA, PICHO 
wâkwôrao ("acqua") : IBI  
wi : HOCHIE, CHI-, -YA, -YE
wôtna : SA, TERA  
yeha : YAHA, MINE, OCORA, YO 
yehaki : TUMA 
 
Somiglianze lessicali: 
 
Taensa ahhal "essere felice" - Timucua halaha "gioia"
Taensa ho, hôni "io" - Timucua ho, honi, honihe "io" 
Taensa sérup "uccello" - Timucua chulufi "uccello" 
Taensa yeha "uno" - Timucua yaha "uno" 

N.B. La Bowern non menziona le prime due somiglianze lessicali, che pure mi paiono interessanti, mentre riporta questa: 
 
Taensa isual 'cow, bull' [bouef, taureau] : cf. Timucua yanisowa
 
A parte l'ortografia usata dalla studiosa per trascrivere il Timucua, non sono riuscito a reperire la parola in questione nel materiale a me disponibile. Deduco che -sowa sia una trascrizione alternativa di soba "carne" e che yani- sia un refuso per yayi "forte, potente".  
 
Dizionario Taensa - Gergo Mobiliano  

arwor : OFE
bôbar : NANE 
cpâno : NENAK, TANKA 
doukka : HATA, ATTA
dwons ("sangue") : ESESH 
égnimilô : HASE, HASHE 
gem : TOKLO, TOKOLO
glouctorrô : SALAKHA 
ho : NO, ENO 
hog : POSHNO  
idso : ELLE 
ikro : HOMMA
ista : NESHKEN
ktouv : ETE 
ktwensôg : LHOFE, HAKSHOP
lengô : OLCHEFO
morra : HENE  
nouhôr : ATAK  
pirrya : YANHA
pnâo : TOTKA, LOWAK 
séuki : ESSAP
sperma ("nero") : LUSA  
stiop : TASNOK, TASANOK 
tnan : FOCHEK, SHOTE  
twat : HASHTAP, ETE HASHTAP 
vitrag : ESHKO, OSHKO
vnuhuvâm : MEKEL  
wâkwôrao ("acqua") : OKA, OKE
wi : ESH, ESHNO 
win : CHENKE, ELBAK 
yara ("vedere") : PESA, BESSA 
yeha : CHAFA, ACHAFA 
yerôn-etbuv : FONE 
yillôk : SOLASH, SONASH  

Possibili somiglianze: 

Taensa antanu "farfalla dalle ali bianche", antanaya "biancospino" 
    (< *at-na-n- "bianco") - Mobiliano atta "bianco"
Taensa séuki (< *sépki) "pidocchio" - Mobiliano essap "pidocchio"
Taensa wâkwôrao "acqua"  - Mobiliano oka, oke "acqua" 
 
N.B. Le prime due possibili somiglianze lessicali sono mie proposte; la Bowern cita soltanto l'ultima.

Conclusioni 

Mi schiero a spada tratta con la Bowern e arrivo a conclusioni ancora più estreme di quelle che ha espresso nei suoi studi. La lingua dei Taensa descritta da Parisot è autentica e reale!  

mercoledì 4 agosto 2021

IL SALMO CANARIO O PADRE NOSTRO GUANCHE: UN FALSO STORICO

José Barrios García è l'autore dell'articolo Las seis vidas de una frase: el salmo canario o padrenuestro guanche, ossia "Le sei vite di una frase: il salmo canario o padrenostro guanche", pubblicato nel 2016 sulla rivista Tabona. Revista de prehistoria y de archeología (Universidad de la Laguna, vol. 21). Il lavoro, presente nel sito Academia.edu, è liberamente consultabile e scaricabile al seguente link: 
 
 
Nel 1934, Emilio Hardisson y Pizarroso presentò all'Instituto de Estudios Canarios una frase che avrebbe dovuto essere la traduzione del Salmo 113 nella lingua preispanica delle Canarie. Questa frase, riportata in un manoscritto datato 1803, era la seguente: ATISA CAGNREN CHA ONDIKHUESATE ANTICHIAHA ONANDA ERARI. La presunta traduzione in spagnolo sarebbe questa: "Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor", ossia "Dall'Oriente all'Occidente è lodevole il Nome del Signore". La traduzione CEI del testo biblico è la seguente: "Dal sorgere del sole al suo tramonto sia venerato il nome del Signore". Sorvoliamo sulla discrepanza tra le varie traduzioni. Tutto molto suggestivo. Peccato che si tratti di un colossale imbroglio, come Barrios García ha potuto dimostrare con argomenti solidissimi. All'epoca, Dominik Josef Wölfel e altri studiosi non sono riusciti a concludere nulla sull'affidabilità di questo documento e sul suo significato reale, giungendo a fatica alla conclusione che potesse trattarsi della prima frase del Padre Nostro: da ciò è derivata la denominazione tradizionale di Padre Nostro Guanche. Penso che sia importante parlarne per vari motivi. Innanzitutto, nessuno in Italia a quanto pare si occupa delle lingue degli antichi Canari. Inoltre questa è la cronistoria di un falso storico particolarmente nocivo e persistente, dal momento che è persino stato utilizzato come simbolo da movimenti religiosi che possiamo soltanto definire posticci. Già è di estrema difficoltà far luce sul passato del genere umano, con tutte le lacune che minacciano la Conoscenza ad ogni passo. Se poi ci si mettono coloro che diffondono informazioni fittizie, non si può riuscire a ottenere alcun risultato utile, si viene costantemente intralciati e si rischiano conclusioni fuorvianti - come questo caso dimostra al di là di ogni dubbio.
 
L'autore dell'articolo parte dall'origine dell'equivoco che ha dato vita al falso storico del Padre Nostro Guanche, seguendone passo per passo lo sviluppo attraverso i secoli. Credo che sia più efficace compiere il percorso a ritroso. 

Nel 2011, Ignacio Reyes García, autore del famoso Diccionario Ínsuloamaziq, è partito dalla frase trasmessa dalla "tradizione orale", riportata da Fernando Hernández González nel suo libro Taucho, la memoria de los antiguos (2010), soltanto di poco diversa da quella pubblicata da Hardisson y Pizarroso:

Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari. 

Così Reyes García l'ha "trascritta", trasponendola in berbero, nella miglior tradizione dei traduttori magici

A ətti ččaš šagren ša ondi, Wassksaḍ anti išačča-ana, onan-da er ăr-i.

Quindi ne ha dato una "traduzione letterale": 

"Desde que el incremento el brillo duradero hacia el término, Dios el origen nos sustenta, el propio nominativo hasta mi objeto más preciado."
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Poiché accresce lo splendore duraturo del termine, Dio l'origine ci sostiene, il nominativo stesso al mio oggetto più prezioso."
 
Ha fatto seguito una traduzione figurata: 
 
"Desde el naciente del Sol hasta el ocaso, Dios es la causa que nos sustenta, incluso el nombre mismo [es] mi ser más querido." 
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Dal sorgere del Sole al tramonto, Dio è la causa che ci sostiene, anche il nome stesso [è] il mio essere più caro."
 
Veniamo ora alla "tradizione orale" di partenza. La frase fece la sua misteriosa comparsa verso il 1970 nel contesto dei movimenti religiosi canari fondati sul recupero della spiritualità e dei rituali degli antichi Guanche. La fonte ultima a cui Reyes García ha potuto risalire sarebbe stata un documento degli inizi del XIX secolo, che fu evidentemente consultato da un antenato dell'informatore. Credo che a questo punto sia opportuno riportare le testimonianze contenute nell'articolo di Barrios García, per necessità di conoscenza.
 
"[La frase] figura en un documento fechado en 1803 que recopila esta fórmula en diversos idiomas, aunque la versión que da entrada a este asiento fue recogida por Fernando Hernández González de su abuelo Isidro Hernández, quien la pronunciaba durante la celebración del ritual del Achún Magec."  
 
Traduzione: 
 
"[La frase] appare in un documento del 1803 che riporta questa formula in varie lingue, anche se la versione che dà accesso a questa voce è stata raccolta da Fernando Hernández González presso suo nonno Isidro Hernández, che la pronunciò durante la celebrazione del rito dell'Achún Magec." 
 
E ancora (il grassetto è mio): 

"Según el periodista y escritor Fernando Hernández González, su abuelo, Isidro Hernández, natural de Lomo Mena, en la comarca de Agache (sur de Tenerife), acudía con un grupo de amigos a las Piedras de Ayesa (Arafo) en la madrugada de cada 21 de junio para celebrar un pequeño ritual que denominaba «Achún Magec» [...]. Durante esta ceremonia solsticial, pronunciaba su propia versión del salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»..."  
 
Traduzione: 
 
"Secondo il giornalista e scrittore Fernando Hernández González, suo nonno, Isidro Hernández, originario di Lomo Mena, nella regione di Agache (a sud di Tenerife), si recò con un gruppo di amici alle Piedras de Ayesa (Arafo) nei primi anni mattina di ogni 21 giugno per celebrare un piccolo rito che chiamò «Achún Magec» [...] Durante questa cerimonia solstiziale, pronunciò la propria versione del Salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»...)" 

Ecco altre informazioni utili sulla linea esoterica fittizia:
 
"Sin embargo, no consta tampoco la línea de transmisión a través de la cual recibió esta sentencia [el abuelo de F. Hernández], aunque una fecunda tradición oral parece haber sido conocida por algún otro antepasado de su familia paterna (en particular, su abuelo, Agustín Hernández Izquierdo, cabrero en la zona de Anocheza)."  
 
Traduzione: 
 
"Tuttavia, non si conosce la linea di trasmissione attraverso la quale [il nonno di F. Hernández] ricevette questa frase, anche se sembra che una fruttuosa tradizione orale sia stata conosciuta da qualche altro antenato della sua famiglia paterna (in particolare, suo nonno, Agustín Hernández Izquierdo, capraio della zona di Anocheza)."
 
Orbene, credo che a questo punto anche un orango capirebbe che il documento del 1803 contenente la supposta frase canaria è proprio quello citato da Emilio Hardisson y Pizarroso nel 1934. A quanto pare, lo studioso non ha mai visto quel libro con i propri occhi, ne ha soltanto sentito parlare (il grassetto è mio): 
 
"En ese documento [...] descubrí la siguiente frase en canario: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari», que quiere decir en castellano: «Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor»" 
 
Traduzione: 

"In quel documento [...] Ho scoperto in canario la seguente frase: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari", che in spagnolo significa: "Dall'Oriente all'occidente è lodevole il nome del signore"."
 
L'interesse accademico per la frase riportata da Hardisson y Pizarroso e discussa da Wölfel si è estinto presto, dopo alcune sterili polemiche, ma dura tuttora la sua sopravvivenza nel panorama delle bizzarre credenze legate al ricordo degli antichi indigeni. 
 
L'inghippo 
 
Ecco che i nodi vengono al pettine! Proprio nel 1803, Francisco M.a de Ardanaz y Ormaechea (1780 - 1825), giovane custode della Biblioteca Reale che con tempo sarebbe diventato uno dei calligrafi più famosi del Regno di Spagna, preparò con la massima cura una pergamena con testi scritti nelle lettere in uso nelle nazioni delle quattro parti del mondo conosciuto. La pergamena in questione è dedicata al bibliotecario reale, don Pedro de Silva y Meneses, a Madrid, il giorno 23 dicembre 1803. Ardanaz y Ormaechea ha riprodotto liberamente un'incisione del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602 - 1680), Horoscopium catholicum Societ. Iesu, includendovi le versioni del Salmo 113 in varie lingue. A questo punto è stato commesso un errore madornale: dove il testo di Kircher riporta come nome della lingua Canadicè, ossia "Canadese", il calligrafo spagnolo ha scritto con improvvido rotacismo Canaricè, ossia "Canario"
 
L'Horoscopium catholicum di Kircher, contenuto nella sua opera Ars magna lucis et umbrae, pubblicata a Roma nel 1646, mostra Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, ai piedi di un olivo le cui ramificazioni rappresentano la divisione provinciale del suo ordine. I quattro angoli dell'incisione sono ornati con 34 frasi in altrettante lingue. Almeno dieci di queste frasi sono traduzioni del terzo versetto del Salmo 113 (112 secondo un'altra nomenclatura): "Dall'Oriente all'occidente è venerato il nome del Signore". L'angolo superiore destro dell'incisione mostra il versetto tradotto nelle seguenti lingue: Lusitanicé (Portoghese), Sardicè (Sardo), Siam (Thailandese), Chilichè (Mapudungun, un tempo detto Araucano), Canadicè (Wyandot, ossia Urone) e Mexicè (Nahuatl o Azteco). La frase contrassegnata con Canadicè è così scritta: "Atisacagnren cha ondikhucȣatè atichiahà onandaeraƨi". La si riconosce subito.
 
Il Salmo Canario è nella lingua di Magua!   
 
Qualcuno si ricorda L'ultimo dei Mohicani, il romanzo di James Fenimor Cooper? Un tempo il suo successo è stato considerevole e quasi tutti l'avranno letto quando erano bambini. Il "cattivo" del romanzo è Magua, della tribù degli Uroni. Ecco, la frase "Atisa cagnren cha ondikhuesate atichiaha onanda erari" è formulata nella lingua di Magua, non in lingua Guanche! 
 
Il testo originale si trova nell'opera del gesuita francese Jean de Brébeuf (1508 - 1649), Relation de ce qui s'est passé dans le pays des Hurons en l'année 1636 (ossia "Relazione di ciò che accadde nel paese degli Uroni nell'anno 1636"), pubblicata a Parigi nel 1637. Nelle pagine 48-49 del volume in questione, è contenuta una lunga orazione nella lingua degli Uroni (il cui endoetnico è Wyandot), con traduzione interlineare in francese. 
 
Barrios García si è limitato a riportare la fotografia di un estratto del testo originale di Brébeuf del 1637, una scelta che a me sembra poco felice, in quanto non permette di apprezzare appieno l'enorme portata della scoperta. Riporto quindi il testo integrale dell'orazione nella lingua degli Uroni (Wyandot), con evidenziate in grassetto e in rosso le parole interessate, che sono poi state utilizzate per fabbricare il falso Padre Nostro Guanche. Il carattere ȣ indica un'approssimante velare /w/, non diversamente dal carattere w dell'inglese want
 
IO SAKHRIHOTE DE SONDECHICHIAI, DINDE ESA D'OISTAN ICHIATSI, DINDE DE HOEN ICHIATSI, DINDE DE ESKEN D'OATATOECTI ICHIATSI; IO SAKHRIHOTE, ONEKINDÉ OERON D'ICȣAKERHA, ATISACAGNREN CHA ONDIKHUCȣATÉ ATICHIAHÀ, ONNE ATISATAȣAN ÀȣETI; AERHON ONATINDECȣAESTI. CAATI ONNE ȣÀTO ESÀTAANCȣAS ECHA ÀȣETI, ÀȣETI ESÀTONKHIENS, ONDAYEE ECHA ȣENDERHAY CHA ȣENDIKHUCȣATÉ OTINDEKHIEN, ȣENDERHAY AȣANDIO AȣATON EȣA TICHIAHA. IO ICHIEN NONHȣA ETSAON HATSACARATAI, ATSATANONSTAT. ENONCHE ȣATINONHȣAKÉ, ENONCHÉ ȣATIRIHȣANDERÂKÉ, AONHȣENTSANNENHAN, SERREȣA EȣA D'OTECHIENTI, DIN DE ONGNRATARRIÉ ETSESONACHIEN, SERREȣA ITONDI ; DIN DE ONRENDICH ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE ȣSKENRAETAC ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE OKI ESONIATOATA ONDAYEE D'OKIASTI. CHIA DAONONCȣAIESSA D'OKI ASAOIO, SERREȣA ITONDI. OCȣETACȣI SERREȣA EȣE D'OTECHIENTI. IESUS ONANDAERARI DIEU HOEN ONDAYEE ACHIEHETSARON DE HIAISTAN, ONEKÉ TEHIAMONSTAS, CHIA DESA ȣARIE IESUS ONDȣE DE CHIKHONCȣAN, ONDAYEE ITONDI CHIHON, TO HAYAȣAN.  

Riporto anche la traduzione in francese, che nel testo compare in forma interlineare in caratteri più piccoli rispetto a quelli usati per il testo nella lingua degli Uroni. Mantengo l'ortografia originale, che presenta alcune differenze rispetto a quella attualmente in uso (il carattere ſ variante di s; u al posto di v intervocalica e v al posto di u iniziale, etc.).
 
"Sus eſcoutez vous qui auez fait la terre, & vous qui Pere vous appellez, & vous ſon fils qui vous appellez, & vous Eſprit Sainct qui vous appellez, ſus eſcoutez car ce n’eſt pas choſe de peu d’importance que nous faiſons, regardez ces aſſemblez enfans, deſia ce ſont tes creatures tous ; parce que on les a baptiſez. Mais voicy que vne autrefois nous te les preſentons eux tous, nous te les abandonnons tous, c’eſt ce que penſent ce que voila aſſemblées femmes, elles penſent maiſtre qu’il ſoit de tous les enfans. Sus donc maintenant prenez courage gardez-les, defendez-les. Qu’ils ne deuiennent point malades, qu’ils ne pechent iamais, deſtournez tout ce qui eſt mal ; que ſi la contagion nous attaque derechef, deſtourne-là auſſi ; que ſi la famine nous attaque deſtourne-la auſſi ; que ſi la guerre nous aſſault deſtourne la auſſi ; que ſi le demon nous prouoque, c’eſt à dire le mauuais demô, & les meſchans qui par poiſon font mourir, deſtourne les auſſi. Finalement deſtourne tout ce qui eſt de mauuais. Ieſus noſtre Seigneur de Dieu Fils, c’eſt ce à quoy tu exhorteras ton Pere, car il ne te refuſe point. Et vous auſſi Marie de Ieſus la Mere qui eſtes Vierge, cela auſſi dis. Ainſi ſoit-il."  
 
Traduzione, il più possibile letterale:  

"Ascolta, tu che hai fatto la terra, e tu che voi chiamate Padre, e tu che voi chiamate suo Figlio, e tu che voi chiamate Spirito Santo, ascolta, perché non è cosa da poco quello che facciamo, guarda questi bambini riuniti, che già sono tutti tue creature; perché li abbiamo battezzati. Ma ecco, un'altra volta te li presentiamo tutti, li abbandoniamo tutte a te, questo pensano le donne riunite, esse pensano che tu sia il padrone di tutti i figli. Allora adesso prendete coraggio, conservateli, difendeteli. Che non si ammalino, che non pecchino mai, che si allontanino da tutto ciò che è male; che se il contagio ci attacca ancora, allontana anche quello; che se la carestia ci attacca, allontana anche quella; che se la guerra ci attacca, allontana anche quella; che se ci provoca il demonio, cioè il malvagio demonio, e gli empi che con il veleno causano la morte, allontana anche loro. Alla fine allontana tutto ciò che è male. Gesù, nostro Signore di Dio Figlio, per questo esorterai tuo Padre, perché non ti rifiuterà. E anche tu, Maria di Gesù Madre che sei Vergine, hai detto anche questo. Così sia." 
 
Ecco i link al testo di Brébeuf:   


 
Come fa notare Barrios García e come si può desumere da questi documenti, la corretta traduzione della frase fatidica è "Signore, guarda questi bambini riuniti". Non è la prima frase del Padre Nostro e neppure il terzo versetto del Salmo 113. Non va quindi chiamata Padre Nostro GuancheSalmo Canario. Mi si perdoni la provocazione: sarebbe più sensato chiamarla Preghiera di Magua.   
 
Conclusioni 
 
Cosa possiamo dedurre da quanto esposto? Diverse cose, tutte mortificanti, addirittura annichilenti. 
 
Le culture identitarie e i nazionalismi si nutrono spesso di mitologie fabbricate, prive di qualunque rispondenza con la realtà storica. Solo per fare un esempio, a un indipendentista canario non sembra importare molto il concreto recupero dell'autentica lingua Guanche - anche ammesso che sia possibile realizzarlo. Si crea quindi una pseudo-identità, in cui la sola cosa che conta è la contrapposizione al governo della Spagna (che a sua volta agisce come persecutore per distruggere ogni possibile resto della cultura nativa). Una triade perversa in qualche modo accomuna oppressori e oppressi: 
i) un mito fondante, 
ii) una bandiera,
iii) un nemico. 

Conseguenza: una "tradizione orale" va sottoposta a indagini rigorose. Barrios García ci ha mostrato come una "tradizione orale" sicuramente falsa possa durare molto tempo. Ha importanza il fatto che possa trattarsi di un errore fatto in buona fede? Direi di no. Essendo perdute le lingue un tempo parlate nell'Arcipelago, sono sempre possibili fraintendimenti e distorsioni. I Canari leggono libri sulla cultura e sulla storia dei Guanche, quindi accedono allo scibile anche nel campo linguistico (parole riportate, frasi documentate, tentativi di analisi). Ciascun lettore, spesso privo di basi, può dare autonomamente vita a una "tradizione orale". 
 
Come possiamo ben comprendere, non ha il benché minimo senso che una frase nella lingua di un popolo indiano d'America venga usata in cerimonie e rituali "Guanche" a Tenerife. Se questo è accaduto, e ci sono prove schiaccianti che sia così, significa che i metodi usati finora dagli studiosi sono inefficaci. Se un "traduttore magico" come Reyes García si impegnasse su un testo pornografico in giapponese, opportunamente traslitterato in caratteri rōmaji, potrebbe analizzarlo come berbero continentale, ottenendone frasi religiose ed esoteriche!

domenica 1 agosto 2021

LE MISTERIOSE ISCRIZIONI SULLA STATUA DELLA VERGINE DELLA CANDELARIA

Già parlammo della singolare mitologia connessa con la Vergine della Candelaria e con il suo culto, popolarissimo nell'arcipelago canario e in molti altri luoghi. Secondo la leggenda, una statua della Vergine Maria col Bambinello in braccio e una candela in mano fu rinvenuta da due pastori Guanche sulla spiaggia di Chimisay a Güímar, nell'isola di Tenerife, quasi un secolo prima della conquista di quella terra ad opera degli Spagnoli. L'anno del rinvenimento secondo alcuni è il 1392. Dopo varie vicissitudini, il simulacro fu riconosciuto come un oggetto divino e venerato dalla popolazione indigena. La figura femminile fu dapprima identificata con la Madre degli Dei, Chaxiraxi, e il bambino con suo figlio Chijoraji. Questo finché un nativo dell'isola, che era stato rapito in gioventù ed era cresciuto in Spagna, riconobbe l'immagine della Vergine e convinse il sovrano a trasferirla in una grotta non condivisa con idoli di divinità pagane. Quest'uomo, noto come Antón Guanche, in seguito fece da traduttore per i missionari che catechizzarono le genti di Tenerife. Tracce dell'antico sincretismo persistono tuttavia fino ai nostri giorni.
 

Riporto la descrizione dell'originale simulacro mariano, fatta da un religioso dell'Ordine Domenicano
, Frate Alonso de Espinosa (1543 - 1616), poi ripresa da un personaggio conosciuto con lo pseudonimo di Frate Juan Abréu Galindo (1535 - ?), dell'Ordine dei Frati Minori. Questo è il testo in spagnolo: 
 
La imagen es de más o menos 5 palmos de altura (aproximadamente 1 metro), contando con la peana en que apoyaba los pies. Su posición era de pie, con la cabeza recta y mirando al frente, teniendo en el brazo derecho al Niño Dios, desnudo, las piernecitas dobladas y los brazos también. Aprisionaba por las alas un dorado pajarito de moñita o peineta, y por último, la Imagen del Niño tenía la cabeza ladeada a la derecha y miraba a algo que estaba a los pies de la Madre. El brazo izquierdo de la Virgen, en posición inverosímil, sostenía al Niño, y en la mano izquierda, que se presentaba en posición cerrada y muy natural, tenía un trozo de vela como un jeme de color verde, que daba a entender podía aumentarse con otro, a voluntad, y por último apoyaba las plantas de los pies sobre una tabla redonda o peana, como de cuatro centímetros de alto, pintada de color encarnado, descubriendose la parte externa del pie izquierdo que salía un poco del diámetro de la peana. La indumentaria constituíala una túnica dorada, imitando el color amarillo, desde el cuello hasta los pies, haciendo el talle un cinturón cerrado, azul, como de dos centímetros de altura. El manto, también azul obscuro, salpicado de flores de color de oro, calíale desde los hombros por uno y otro lado del cuerpo, sujetándolo sobre el pecho una traba cuerda encarnada. La parte del pie que se dejaba ver por los bajos de la túnica, presentaba calzado un chaplín cerrado, de color encarnado. La cabeza de la Santa Imagen adornába la hermosa cabellera partida a la mitad, cayendo sobre los hombros en seis ramales tendidos por la espalda. El rostro muy proporcionado a la estatura, era ligeramenmte ovalado, adornado por rasgados ojos, boca pequeña y bien plegada y con unas hermosas rosas en las mejillas. La Imagen esta adornada en el cuello del vestido, cinturón en los extremos de las mangas y al pie de la túnica con unas letras, que aún en la actualidad, no ha podido entenderse su significado. 
 
Traduzione in italiano: 
 
"L'immagine è alta più o meno 5 spanne (circa 1 metro), compresa la base su cui poggiava i piedi. La sua posizione era in piedi, con la testa dritta e lo sguardo davanti a sé, tenendo il Dio Bambino, nudo, sul braccio destro, le gambette piegate e anche le braccia. Imprigionava per le sue ali un uccellino d'oro con arco o pettine, e infine l'Immagine del Bambino aveva la testa inclinata a destra e guardava qualcosa che stava ai piedi della Madre. Il braccio sinistro della Vergine, in una posizione inverosimile, reggeva il Bambino, e nella mano sinistra, che si presentava in una posizione chiusa e molto naturale, aveva un pezzo di candela di circa una spanna, di colore verde, che lasciava intendere potesse essere aumentata con un altro, a piacere, ed infine poggiava la pianta dei piedi su una tavola o base rotonda, alta circa quattro centimetri, dipinta di rosso, lasciando intravedere la parte esterna del piede sinistro che fuoriusciva un po' dal diametro della base. L'abbigliamento costituiva una tunica dorata, imitante il colore giallo, dal collo ai piedi, formante una cintura azzurra chiusa intorno alla vita, alta circa due centimetri. Il mantello, anch'esso blu scuro, punteggiato di fiori color oro, scendeva dalle spalle ai lati del corpo, tenendolo sul petto con un cordone cremisi. La parte del piede che era visibile attraverso l'orlo della tunica, aveva una scarpetta chiusa, di colore rosso. La testa della Sacra Immagine ornava i bei capelli divisi nel mezzo, che ricadevano sulle spalle in sei ciocche tese lungo la schiena. Il viso era molto proporzionato all'altezza, era leggermente ovale, ornato da occhi a mandorla, bocca piccola e ben piegata e belle rose sulle guance. L'Immagine è ornata sul collo della veste, sulla cintura all'estremità delle maniche e ai piedi della tunica con alcune lettere, il cui significato non è stato ancora compreso."

Vergine della Candelaria, forse opera di Nicolás de Medina Villavencio
(XVIII sec.). Si notano in rosso le lettere misteriose.

 
Nel 1826 la statua scomparve in una tempesta. L'anno seguente fu realizzata allo scultore neoclassico Fernando Estévez una sua copia, che è quella che ancor oggi si può vedere nella grotta dietro la Basilica della Candelaria. La cosa che ha subito destato il mio interesse sono senza dubbio le lettere sulla tunica del manufatto originale, trascritte dallo stesso Frate Alonso de Espinosa e da altri autori. Non mi risulta che siano visibili sul manufatto attuale. 

Queste sono le enigmatiche iscrizioni: 
 
1) Sul bavero:

(E)TIEPESEPMERI
 
2) Sulla manica sinistra:

LPVRINENIPEPNEIFANT

3) In fondo alla veste:

EAFM IPNINI FMEAREI

4) Sulla cintura:

NARMPRLMOTARE

5) Sul mantello, sul braccio destro:

OLM INRANFR TAEBNPEM REVEN NVINAPIMLIFINIPI NIPIAN 

6) Sul bordo della mano sinistra: 
 
EVPMIRNA ENVPMTI EPNMPIR VRVIVINRN APVI MERI PIVNIAN NTRHN
 
7) Sul retro della tunica:

NBIMEI ANNEIPERFMIVIFVE 
 
Esiste qualche incertezza nella trascrizione di queste sequenze di lettere. Ad esempio, alcuni riportano ETIEPESEPMERI, con E- iniziale, molti altri invece hanno TIEPESEPMERI o TIEPFSEPMERI. Allo stesso modo c'è chi legge EVPMIRNA e chi legge FVPMIRNA. La perdita del manufatto originale rende molto difficile appurare quali siano le forme corrette.  
 
Dipinto del XVIII sec. che mostra l'apparizione della Vergine ai Guanche.
Anche qui si notano le lettere misteriose in rosso.

Non appena sono venuto a conoscenza di questo materiale, subito mi sono posto alcune domande. Che lingua è mai questa? Possibile che nessuno abbia mai studiato la questione? 
 
Tentativi infruttuosi 
 
In realtà le iscrizioni della Candelaria sono state studiate da diversi autori. Prima che qualcuno arrivasse a identificare la lingua misteriosa con una forma di Guanche, sono stati fatti numerosi tentativi di decrittazione a partire dal latino e da altre lingue estranee ai primi abitatori dell'Arcipelago. Tutti questi tentativi sono insipienti e noiosissimi. Sono stati elencati e descritti da Vicente Jara Vera e Carmen Sánchez Ávila (2016, 2017, 2020). Li riporto, li riassumo e li commento brevemente in questa sede. 
 
1) Gonzalo Argote de Molina (1548–1596) interpretava le iscrizioni come acronimi di formule devozionali mariane in latino. Solo per fare un paio di esempi, forniva questa spiegazione allucinatoria della scritta TIEPFSEPMERI, risolvendola in "Illustrata Es Patri Filio Spíritu-santo Et Pia Mater Eiusdem Redemptoris Iesu", mentre NARMPRLMOTARE era interpretato addirittura come "Nostrum Altissimum Regem Maria Peperit Reddidit Libertatem Maria Omnibus Tortis A Rege Erebia". Fantasie a dir poco malate. Tra l'altro, il codice non si adatta bene: non è spiegata ad esempio l'iniziale T- della prima formula. (Abréu Galindo, 1676)

2) Athanasius Kircher (1602 - 1680), il famoso gesuita egittologo, se ne è uscito con altre inconsistenze criptiche dello stesso tenore: spiegava TIEPESEPMERI come "Insignes Matris / Tipus Matris", mentre NARMPRLOTARE è stato ridotto a viva forza a un grottesco "Pro nobis ora, vel advocatio / Pro novis ora, vel advocate" - mutilando un certo numero di lettere. (de Andrade 1664; de Béthencourt Massieu 2004; Núñez de la Peña 1676; Vera, 2016)

3) Bartolomé García Ximénez (1622 - 1690) insisteva con queste assurde chiavi di lettura: spiegava ETIEPESEPMERI come "Eccleciae Triumfantis In Excelsis {Preposita/Praeposita} Electa Sanctorum Et Patrona Militantis Ecclesiae Romanae {Infal<l>ibilis / Indefectibilis}", mentre NARMPRLMOTARE è stato ridotto a viva forza a un grottesco "Non Ambio Regnorum Magna Palatia Requiro Litora Maris Oceani {Thenerifensis / Thenerifensia} Ad Rusticos Edocendos". (Moure, 1991; Vera, 2016)

4) John Campbell (1840 - 1904) ha applicato alle iscrizioni la metodologia dei cosiddetti traduttori magici, utilizzando come chiave di lettura una lingua che gli era praticamente ignota: il basco. TIEPFSEPMERI è stato ridotto a un implausibile "ko i en tu po no en tu me ne ra au", ossia "Koi entu pono entu Menera au", tradotto come "Fa sì che la (dea) Menera ascolti la preghiera, ascolti il dolore". NARMPRLMOTARE è stato ridotto a un implausibile "mi ra er mi to ri se me ma gu re er en", ossia "mira erimi etorri seme etna gure erren", tradotto come "Venendo a far allestire uno spettacolo, per dare al figlio la nostra compassione". (Campbell, 1901; Vera, 2016)

5) Antonio María Manrique (1837 - 1907) è partito dal presupposto che le iscrizioni nascondessero una non meglio specificata lingua semitica. I contenuti sarebbero passaggi biblici devozionali. In quest'ottica, TIEPFSEPMERI è stato interpretato come "Maria, piena di grazia", mentre NARMPRLMOTARE è stato interpretato come "Dio Unico e Padre per tutti". Di certo sono "traduzioni" più sobrie di quelle di Campbell, il che non basta a garantirne la plausibilità. (Manrique, 1898; Vera, 2016)

6) Alonso Ascanio y Negrín (1855–1936) ha proposto una combinazione sincretica di spagnolo, portoghese e italiano. Così (E)TIEPFSEPMERI è stato chissà come ridotto a ME SOBRA O GAJE, mentre NARMPRLMOTARE è stato manipolato fino a diventare EVIIOJ DE NOVIA. Addirittura ci sarebbe la datazione dell'opera: NBIMEI ANNEIPERFMIVIFVE ha dato per misteriosa distorsione LA FIXE SINESIVJ ZEA MCCXLIX. Mi domando come qualcuno abbia potuto sprecare del tempo a leggere simile spazzatura concettuale. (Negrín, 1899; Vera, 2016)

7) Fidel Fita Colomé (1845–1918) ipotizza una trasposizione di caratteri di un latino molto modificato in senso biblico. Va detto che egli ha proposto una spiegazione soltanto per la prima stringa ETIEPFSEPMERI, considerata un anagramma di SEPI ET ERIPE ME ("proteggimi e liberami"). Fornisce alcuni riferimenti biblici, scelti perché si parla di una torre, da lui identificata con la protezione soprannaturale: Cantico dei Cantici, 4, 4 e Isaia, 5, 2. Quindi connette questa simbologia della torre con l'epiteto Turris eburnea, ossia Torre d'Avorio, attribuito alla Vergine nelle Litanie Lauretane. Tutto ciò è molto labile. (Moure, 1991; Tveedale, 2005)

8) José Hernández Morán (1922 - vivente) continua imperterrito la tradizione degli pseudo-acronimi multipli ottenuti in modo ingegnoso quanto vano da frasi latine e spagnole. Prende spunto dal gesuita Kircher (Morán, 1957; Vera, 2016), giungendo ad interpretare TIEPFSEPMERI in due modi diversi quanto incompatibili: il primo, TI-E-PE-SEP-MERI "Tú eres por siempre María" (ossia "Tu sei per sempre Maria"), il secondo TI-ERES-EP-MERI "Tú eres espejo de madre" (ossia "Tu sei specchio di madre"). Non so dare indicazioni su quanta bamba abbia inalato per concepire assurdità sesquipedali come queste, ma sembra verosimile che abbia rielaborato le interpretazioni di Kircher.  

Mi sono imbattuto, navigando nel Web, in un ulteriore tentativo di spiegare le iscrizioni misteriose, questa volta ricorrendo al catalano parlato nelle Baleari. Non sono più riuscito a ritrovare il documento e non ricordo il nome dell'autore. Il suo argomento portante era di questo tenore: siccome l'originale statua della Vergine della Candelaria somigliava a quella della Vergine di Montserrat, la sua provenienza doveva essere balearica e le iscrizioni dovevano essere derivate da una serie di abbreviazioni di parole catalane (es.: dove ricorreva l'arduo gruppo consonantico FM, leggeva femella "donna", o qualcosa del genere). Forse spinto dalla vergogna, questo autore ha in seguito fatto scomparire ogni traccia della sua opera dilettantesca. Non c'è alcuna logica in queste illazioni. Se un uomo delle Baleari avesse voluto scrivere qualcosa, non avrebbe fatto ricorso a una forma di scrittura così smozzicata, soltanto per risultare incomprensibile a tutti! 
 
La crittografia non funziona    
 
La dimostrazione dell'assurdità delle interpretazioni criptiche è abbastanza lineare. 
i) Se fosse esistita una tradizione criptica nella Chiesa Cattolica, in grado di formare complessi codici a partire da frasi devozionali in latino, ne saremmo al corrente: ce ne sarebbero moltissime testimonianze in tutto il mondo. Invece è riconosciuto che le iscrizioni della Candelaria sono uniche
ii) Gli ecclesiastici stessi dicono chiaramente che le lettere sulla tunica mariana sono sconosciute nel loro significato e avanzano soltanto ipotesi tenui a questo proposito. 
iii) Nessuno avrebbe usato un linguaggio criptico, che non sarebbe stato compreso neppure dai religiosi. A chi sarebbe stato rivolto? A pochi iniziati? Conosciamo bene l'avversione mostrata dalla Chiesa Romana per ogni forma di conoscenza esoterica, fin dal suo inizio. 
 
Si nota la volontà di annientare la cultura nativa dei Guanche negando alla radice la stessa esistenza della loro lingua. In altre parole, l'idea di interpretare in modo criptico le iscrizioni sarebbe in tutto e per tutto un atto politico, volto a far cadere nell'oblio persino il vago ricordo dell'esistenza di qualunque cosa non fosse ispanica. 
 
Il lavoro di Reyes García 

Il primo ad effettuare una comparazione tra le iscrizioni della Candelaria, le lingue Guanche e le lingue berbere continentali è stato Ignacio Reyes García (2010. La Madre del Cielo: Estudio de Filología Ínsuloamazighe; 2011. Diccionario Ínsuloamaziq. Islas Canarias: Fondo de Cultura Ínsuloamaziq).
 
 
Ecco in breve i risultati ottenuti dallo studioso:  

TIEPFSEPMERI
<Ti yebb f sab Meri> 
"Il Padre sotto la protezione della Vergine Maria."
 
NARMPRLMOTARE
<Narəm əbər ghər muttar>
"Condividere (il cibo) è un dovere verso i poveri."

LPVRINENIPEPNEIFANT
<Lbu rinni bab nə afa ənt> 
"Sii misericordioso nella vittoria, Signore della Luce Eterna."  

OLM INRANFR IAEBNPFM RFVEN NVINAPIMLIFINVIPI NIPIAN 
<Ul-m yən ǎr anfər Iaeb ənubi f-m ǎr fwen. Nwi-ina bib am əliffi n wibbib. Ni bi-an> 
"Il tuo cuore ospita i più importanti tesori, il Bambino Yahveh su di te, tesoro splendente. Un peso sulla nostra coscienza è come una catasta sulle nostre spalle. Controlla quel peso."  

FVPMIRNA ENVPMTI EPNMPIR VRVIVINRN APVIMFRI PIVNIAN NTRHN 
<Ffu b-mirna. Nubi am ti ewen am bir ur wiwi-n rn, abu i mǝfri. Bib-wǝn ǝyyan nut ǝrγ un>
"Albeggia, grande potere. Il figlio, come il padre e la via della perfezione, evitano la malattia, sono un balsamo per la persona che soffre. Il tuo unico peso deve essere una candela luminosa."

EAFM IRENINI FMEAREI 
<Ê af-m irenni f-əme arey>
"Oh, la tua scoperta aumenta la protezione contro la superstizione"
 
NBIMEI ANNEIPERFMIVIFVE 
<Nəbbi y əməyyi. An-năy əberref mi əwif Uf>
"Diamo rifugio a colui che ignora. Perdoneremo l'offesa quando è causata dalla paura di Dio"

Da queste elucubrazioni è possibile comporre un esiguo glossario, che purtroppo sembra altamente ipotetico. Eccolo:  
 
ENVP "figlio" 
MERI "Maria"
MOTARE "poveri" 
NARM "condividere" 
OLM "il tuo cuore" (f.)
SEP "vergine"
TI "padre" 
 
Si segnala l'enorme divergenza nella fonologia tra la lingua di queste iscrizioni e le lingue dei Guanche documentate.  
 
Il lavoro di Jara Vera e Sánchez Ávila
 
Un altro tentativo di decrittazione basato sulle lingue berbere continentali è quello di Vicente Jara Vera e Carmen Sánchez Ávila dell'Università Politecnica di Madrid. Il loro articolo Linguistic Decipherment of the Lettering on the (Original) Carving of the Virgin of Candelaria from Tenerife (Canary Islands) (2017), è consultabile al seguente link: 


Ecco in breve i risultati ottenuti:
 
TIEPFSEPMERI
[T·Y]-[F·G]-[S·P]-[M·R]
/ti-effeg-ăsap-amər-i/
=> /ti-epef-sep-meri/
"Dio Padre ha trovato in me, la Vergine, la grazia"

NARMPRLMOTARE
[M]-[R]-[M]-[F·R]-[M·Ṭ]-[R]
/m-er-m-ffer-el-məṭṭuti-ar-e/
"Sei stata benedetta con unicità tra l'intero genere delle donne"

LPVRINENIPEPNEIFANT  
[L·F]-[R]-[N]-[N·F·(Y)]-[N·T]
/əlpu-ăr-in-inifif-ən-ăy-if-ent/

"Coloro che riempiono il cuore e la vita d'amore, sono in Me"

OLM
[H·L]-[M] 
/all-m/ 
"Ti preghiamo"

INRANFR
[M·R]-[F·R]
/imran-ffer/
 
     => /inranfr/
"Proteggi il territorio" 

IAEBNPFM 
[Y]-[B·B]-[N·B·Γ]-[G·M]
/i-ebb-ənbəγ-ğəm/
     => /i-eb-npγ-ğəm/ 
"Egli è l'Autore e il Signore che fa germogliare e crescere"
 
RFVEN 
[R]-[F]-[W·N]
/ere-af-wen/ 
    => /rfuen/
"Fortunato è chi la trova" 
 
NVINAPIMLIFINVIPI 
[N]-[NḌ]-[ML]-[FNWT]
/ănnu-inaḍ-imli-fənəwwət-i/ 
"Si propone di concedere autorità ai buoni piuttosto che essere eccessivamente orgogliosi"
 
NIPIAN 
[M]-[F]-[YN]
/mi-if-əyyăn/ 
"Chi è come il Signore?"
 
FVPMIRNA 
[F]-[W·F]-[R·N]
/f-ewef-mərna/ 
"Trionfo sul terrore e sulla paura"
 
ENVPMTI 
[N·B·(W)]-[N·T]-[T·Y]
/ənubi-ent-ti/ 
"Il Figlio è lo stesso del Padre"
 
EPNPMIR 
[B·D]-[N·N]-[T·Y]-[R]
/əbdəd-ənnun-tteyr/ 
"Egli esalta l'umile e abbassa il malvagio"
 
VRVIVINRN 
[R·W]-[Y]-[W·Y]-[N]-[RN]
/uru-i-iwi-n-renni/ 
"Questa ha generato Colui che ci guida verso la vittoria (i.e. verso la Salvezza)"
 
APVIMFRI 
[A]-[F]-[N·F·R]
/a-effu-anfər-i/ 
"Questa è colei che mi illumina completamente"
 
PIVNIAN 
[F·Y]-[W]-[N·Y]-[N]
/fi-iw-ənəy-ăn/ 
"Questo qui è il Figlio nato dall'Onnipotente"
 
NTRHN 
[N·T]-[R·H]-[H·N]
/ent-arəh-ehən/
"Casa fondata sulla roccia"
 
EAFM 
[H]-[F]-[M]
/əh-af-əm/ 
"Venga il tuo Regno"
 
IRENINI 
[Y·R]-[M·N·Y]
/ayur-emnəymənəy/ 
"Tu sei come la Luna splendente"
 
FMEAREI 
[F·N]-[R·Y]
/afna-arey/ 
"Liberaci dal Male"
 
NBIMEI 
[N·D]-[N·Y]
/əndu-ənəy/ 
"La tua saggezza è perfetta"
 
ANNEIPERFMIVIFVF  
[M]-[Y]-[FRG]-[F]-[GW]-[WF]
/anna-i-ferg-f-iməggiwa-əwəf/
"Tu sei la Madre che protegge dal fallimento e dalla paura"
 
Da queste elucubrazioni possiamo comporre un breve glossario di voci selezionate a colpo d'occhio. Questo glossario purtroppo sembra altamente ipotetico - e spesso in netto contrasto con quello ottenuto da Reyes García. 

AFM "il tuo regno" (f.)
ENINI "splendente" 
ENVP "figlio"
INRAN "territorio" 
IR "luna"
LPV "accumulare"
MERI "grazia"
MOT "donne"
OLM "ti chiediamo" 
SEP "vergine" 
TI "padre" 
 
Devo essere franco. Non possiamo farcene molto. 

Problemi e criticità 
 
A molti potrebbe anche sembrare che la difficile questione sia stata risolta. Non possiamo tuttavia fare a meno di esprimere alcune importanti considerazioni. 
 
1) Le lingue Guanche avevano un vocalismo pieno, con cinque vocali /a/, /e/, /i/, /o/, /u/. Le lingue berbere continentali hanno un vocalismo ridotto, quasi rudimentale. 
2) Le lingue Guanche avevano un sistema consonantico simile a quello delle lingue romanze, non particolarmente ricco. I viaggiatori e i cronisti concordavano col dire che il loro suono era melodioso. Le lingue berbere continentali hanno un consonantismo ricchissimo. Chi le ha udite concorda col dire che il loro suono è aspro
3) Le lingue berbere continentali sono il prodotto di un "collo di bottiglia": la protolingua ricostruita dovrebbe corrispondere a una lingua parlata all'epoca dell'Impero Romano. Questo protoberbero ha fatto scomparire una grande varietà di lingue preesistenti (Blench, 2018). Le lingue Guanche appartengono a questa varietà di lingue più antiche; si sono separate prima della formazione del protoberbero di cui sopra.  
4) Nel database compilato da Alexander Militarev e contenuto nel sito The Tower of Babel sono riportate 515 protoforme berbere ricostruite a partire da vocaboli documentati delle lingue documentate - tra cui prevalgono in modo netto quelle attualmente parlate. Ci sono soltanto 19 etimologie canarie (circa il 3,7% del totale) e 3 etimologie di parole dell'antico libico (circa lo 0,6% del totale). Peggio ancora, poche tra le 19 etimologie canarie hanno corrispondenze in altre lingue trattate nel database delle etimologie berbere. Alcune poi sono scarsamente consistenti. 
 
 
5) Esistono contraddizioni tra le ricostruzioni di García e di Vera-Sánchez Ávila e le parole realmente attestate nelle isole. Ho identificato subito un esempio. Nel lavoro di Jara Vera-Sánchez Ávila MOT significa "donne", ma nel Guanche di Tenerife la parola per dire "donna" era CHAMATO. Chiaramente la radice è la stessa, ma è assai improbabile che si tratti di testimonianze di un'unica lingua. Un altro esempio: il termine IR dovrebbe significare "luna" e corrispondere al berbero continentale ayur "luna". Tale parola non è tuttavia documentata nelle Canarie. A Tenerife la luna era chiamata cel, da tutt'altra radice.
6) Potrebbe essere un gravissimo errore ritenere le lingue berbere moderne come un punto fisso di riferimento in base a cui decrittare qualsiasi attestazione delle lingue Guanche. In altre parole, sia Reyes García che Jara Vera e Sánchez Ávila potrebbero essere caduti nel tranello delle traduzioni magiche.  

Una credenza ideologica 

Alla base degli errori alla base dei lavori sopra riportati sta un presupposto dettato da ragioni essenzialmente politiche: l'idea folle secondo cui lo strano aspetto fonetico delle parole e dei nomi Guanche di cui abbiamo documentazione sia dovuto all'incapacità dei conquistatori (Spagnoli, Genovesi, Normanni, etc.) di trascrivere i suoni della lingua nativa, che di per sé sarebbero stati identici a quelli delle lingue della Barberia. Finché non si farà piazza pulita di questo terribile malinteso, non si arriverà da nessuna parte.

Conclusioni 

La mia paura è che gli studi di Reyes García e di Jara Vera-Sánchez Ávila siano da buttar via. Credo che ci vorranno ancora molti anni di indagini per arrivare a qualcosa di sicuro, possibilmente con l'aiuto della scoperta di nuovo materiale. Non si potrà purtroppo fare molto finché durerà il funesto influsso della politica, che è interessata a far sì che le lingue canarie siano perdute per sempre. Che soluzione dare al mistero? La statua si è spiaggiata recando già le iscrizioni in caratteri rossi? E in questo caso, da dove proveniva? Oppure qualcuno ha eseguito le iscrizioni in seguito? Chi era costui? Qualche missionario animato dal nobile intento di insegnare ai Guanche di Tenerife a leggere e a scrivere nella loro lingua? Sono domande al momento destinate a rimanere senza risposta.