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martedì 15 settembre 2020

LA TEORIA DELLE TRAIETTORIE CALDE

Si è sempre fatto un gran parlare del concetto di caso e di casualità. Posso dimostrare con pochi esempi che si tratta di un concetto comunemente inteso in modo erroneo. Mi rendo conto che si tratta di un argomento insidioso, che richiede la massima attenzione. 
 
Questa è la parte che ci interessa della definizione della parola "caso" tratta dal Vocabolario Treccani: 
 
"1. Avvenimento fortuito, accidentale e imprevisto: è stato proprio un c. ch’io me ne sia accorto; molto frequente la locuz. avv. per caso (meno com. a caso), per combinazione, accidentalmente: è avvenuto per c., l’ho incontrato per c., sono capitato lì proprio per c.; attraversando le sale per uscire, s’abbatté nel principe, il quale pareva che passasse di là a caso (Manzoni). In diritto, c. fortuito, ogni evento esterno alla volontà dell’individuo che gli impedisca di uniformarsi al precetto della legge o di adempiere a un’obbligazione (è in genere sinon. dell’espressione forza maggiore). 2. Per estens., causa irrazionale a cui si suole attribuire ciò che avviene indipendentemente dalla nostra volontà e, in genere, da un disegno o fine predeterminato (in questo senso, è contrapp. a necessità): è stato il c. che ha voluto così; io non ne ho colpa, pìgliatela col c.; Democrito, che ’l mondo a caso pone (Dante)." 

Noi diamo per consuetudine linguistica il nome di "caso" a qualcosa che è il prodotto di un nesso causale, ossia dotato di una causa, che però ignoriamo. Il caso è quindi un prodotto dell'entropia cognitiva, non una condizione ontologica in sé. 

Le genti in genere non fanno alcuna considerazione sul caso come ignoranza della vera causa di qualcosa. Credono fermamente che un evento casuale sia privo di causa. Credono fermamente che quando entra in gioco il caso potrebbe capitare di tutto, anche la comparsa dell'elefantino Dumbo che svolazza a pochi centimetri da terra servendosi delle gigantesche orecchie.
 
Immaginiamo una prima successione di eventi. Il signor A. si dirige verso l'ufficio postale della sua uggiosa cittadina per sbrigare una sua faccenda. Non appena ci arriva, ecco che entra in scena un bandito intenzionato a compiere una rapina. Tutti coloro che si trovano nell'ufficio sono minacciati e alcune commesse vengono prese in ostaggio. Siccome il signor A. è un individuo impulsivo e indisponente, fa una cazzata: cerca di intervenire, così il malvivente si agita e una contrazione delle sue dita fa partire il colpo in canna. Il proiettile colpisce il signor A. proprio in mezzo alla fronte, uccidendolo all'istante. 
 
Immaginiamo una seconda successione di eventi. Il signor B. si trova in una zona impervia di montagna e per fare ritorno al paese deve scegliere tra prendere una funivia e percorrere un certo sentiero sterrato. Volendo camminare e contemplare il paesaggio tra i boschi di conifere, decide di andare a piedi. A un certo punto sbuca fuori dalla vegetazione un grosso cinghiale furioso che lo carica, lo travolge e lo uccide. Il giorno seguente un escursionista ritrova i miseri resti del signor B., che è stato ridotto in poltiglia dall'animale. 
 
Immaginiamo una terza successione di eventi. Il signor C. deve prendere un volo per andare a un importante convegno, che si svolge in un paese lontano. Al mattino non gli suona la sveglia. Quando si alza è già troppo tardi. Si veste in fretta e furia, prende il trolley, si mette alla guida della sua autovettura, ma nonostante tutti i suoi sforzi non riesce a raggiungere in tempo l'aeroporto. L'aereo sta per partire proprio in quel momento. Non appena inizia il decollo, succede un disastro. Un'esplosione spaventosa sventra il velivolo, che viene divorato dalle fiamme. Non ci sono superstiti, ma il signor C. si è salvato. 
 
Come dare una spiegazione a queste successioni di eventi?

I tre esempi riportati mostrano l'azione delle traiettorie calde. Nel Medioevo la genta credeva che non esistessero leggi naturali capaci di spiegare gli eventi e le traiettorie. Credevano così che Dio si occupasse personalmente di dirigere ogni freccia sui campi di battaglia, di governare il moto di tutti gli oggetti secondo il proprio arbitrio. Le genti dell'epoca moderna, che hanno smesso da tempo di credere all'esistenza di Dio, ritengono che ogni evento sia il prodotto del caso, inteso come forza imprevedibile, imponderabile e sommamente capricciosa. Se i signori A., B. e C. vanno incontro al loro destino, non è a causa di Dio né ad opera del caso. Se i banditi irrompono nella vita di A., non è altrettanto probabile che all'ufficio postale faccia la sua comparsa Rita Hayworth nuda, al massimo del suo fulgore, leccandosi le labbra e mostrando ai passanti la voluttuosa linguetta. Anzi, non è proprio possibile, essendo la splendida attrice morta da tempo. Questo lo capisce chiunque. I banditi hanno fatto i loro piani, programmando l'assalto all'ufficio postale. Questa è una catena causa-effetto, non un prodotto del caso. Il signor A. ha fatto i suoi piani, programmando la visita all'ufficio postale. Questa è una catena causa-effetto, non un prodotto del caso. Né Dio né il caso. Il problema è che il signor A. non sa nulla dei piani dei banditi. A loro volta, i banditi non sanno nulla delle possibili reazioni del signor A. alla rapina. L'insieme delle catene causa-effetto che portano al triste fato del signor A., sono per lui traiettortie calde. Lo stesso dicaso per il cinghiale che uccide il signor B.: è stata la fame a muoverlo, unitamente alla guida dell'olfatto, non il caso. L'insieme delle catene causa-effetto che portano al triste fato del signor B., sono per lui traiettorie calde. Il signor C. ha invece la fortuna di scampare per un soffio alle traiettorie calde che lo avrebbero potuto stritolare e uccidere!   
 
L'Uomo Falena osserva da un'orbita satellitare la vita dei signori A., B. e C., potendo estendere il proprio sguardo su un'intero continente. La spettrale creatura può prevedere tutto ciò che accade a questi individui. Quella che per noi è entropia cognitiva, ossia un insieme di variabili sfocate, per l'Uomo Falena è invece un'osservabile. Egli vede i banditi che progettano l'assalto all'ufficio postale e sa che il signor A. verrà ucciso. Egli vede il cinghiale affamato e furioso che compie un certo percorso e sa che il signor B. lo incontrerà, facendo una brutta fine. Egli prevederà il malfunzionamento della sveglia dei signor C., oltre all'avaria dell'aereo che questi avrebbe dovuto prendere - anche se lo potrà fare solo facendo ricorso a facoltà decisamente sovrumane. Del resto, l'Uomo Falena ha sensi così acuti da poter scansionare ogni oggetto composto, pasasndolo ai raggi X e comprendendo all'istante lo stato di tutte le parti da cui è formato.
 
Illustriamo ora qualcosa di molto insidioso, in cui la traiettoria calda riguarda il mondo microscopico.   
 
Immaginiamo una quarta successione di eventi. Un frammento di materiale altamente radioattivo scaturisce da un reattore nucleare dell'impianto di Fukushima Dai-ichi. Questo frammento, invisibile ad occhio nudo, viene trasportato dai venti e percorre enormi distanze, fino a raggiungere l'Europa. Il signor D. si ritrova, completamente ignaro, ad aspirare il materiale radioattivo, che gli penetra nei polmoni senza possibilità alcuna di essere individuato per tempo e rimosso. Così gli atomi del materiale finito nei polmoni continuano a decadere sprigionando particelle alfa ed energia, lesionando i tessuti e portando nel giro di un anno alla formazione di un notevole eccesso di cellule tumorali. Ne scaturisce una metastasi particolarmente aggressiva che non tarda a manifestarsi. Il sistema immunitario non riesce a contrastare questa invasione.  Il signor D. può disporre di cure ottime, ma questo non basta a debellare il male, le cui cause non gli saranno mai conosciute. Intanto, dopo una serie di miglioramente dovuti alla chemioterapia e di ricadute, il signor D. finisce con lo spegnersi. 
 
Anche il triste fato del signor D. è determinato da una serie di catene causali, ossia di traiettorie calde. La loro definizione non è però altrettanto chiara come nelle successioni di eventi vissute dai signori A., B. e C. 
 
Dalla sua orbita satellitare, l'Uomo Falena osserva la vita del signor D., ma non è in grado di comprendere quanto è successo. La causa del tumore gli sarà per sempre oscura, non potrà tracciare il percorso della particella radioattiva che ha provocato l'insorgere di un tumore. Potrà dedurre quanto è successo, usando la potenza del proprio intelletto, ma sarà in grado di fare previsioni soltanto quando la prima metastasi avrà raggiunto dimensioni tali da poter essere scansionata. Si dice che nel mondo atomico e subatomico non sia possibile definire il tempo. Molti studiosi reputano problematico anche il concetto di nesso causa-effetto, ritenendolo fallace. Eppure è chiaro che se un nucleo atomico subisce il decadimento radioattivo, questo processo è irreversibile e genera quindi una freccia del tempo. 

sabato 12 settembre 2020

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA NATURA DEL TEMPO: LA NATURA DEL PASSATO

Propongo un semplice tentativo di formulazione matematica del presentismo legato alla freccia del tempo. Mi rendo conto di usare un formalismo rudimentale. Credo tuttavia che queste note possano avere una qualche utilità. 
 
Immaginiamo quattro eventi in successione d'ordine: 
 
a, a', a'', a''' 
 
L'evento a''' è successivo all'evento a'', che è successivo all'evento a', che è successivo all'evento a.

Immaginiamo di trovarci in un istante b, successivo a tutti i quattro eventi sopra menzionati.  

Definizione 1 
Il passato è costituito da proiezioni che appartengono al presente b e possono essere così definite: 

fb(a), fb(a'), fb(a''), fb(a''') 

La funzione è f, mentre il pedice b indica che dipende dall'istante b in cui compiamo la misura, ossia l'osservazione. Se l'osservazione è compiuta in un altro istante successivo, poniamo c, le proiezioni saranno ancora diverse:

fc(a), fc(a'), fc(a''), fc(a''')  
 
Nella pratica, ai fini della nostra discussione, possiamo anche trascurare questa dipendenza dall'istante dell'osservazione, omettendo l'indice e descrivendo così le proiezioni degli eventi passati:  
 
f(a), f(a'), f(a''), f(a''') 
 
Il passato non esiste di per sé. Il passato non ha un'esistenza separata dalla misura quantistica chiamata presente, ossia dalla nostra esperienza presentacea. Esistono solo le proiezioni degli eventi passati, come abbiamo descritto sopra.

Definizione 2
La freccia del tempo è una serie ordinata di misure quantistiche, da cui il passato si può eliminare, perché non ha alcuna definizione indipendente dal presente. 
 
In altre parole, le proiezioni di misure precedenti, che definiscono il nostro concetto di passato, sono fossili che appartengono al presente. Il destino della misura che definisce il presente è quello di fossilizzarsi. Errano coloro che accusano questa visione della realtà temporale di essere una "strategia del trasferimento" (relocation strategy), come Ingthorsson et al., a cui raccomando la lettura del mio contributo. Perché si possa trasferire qualcosa, questa deve innanzitutto esistere come realtà indipendente. Così non è. Non si trasferisce nulla perché non c'è nulla da trasferire.  

La conoscibilità del passato

A questo punto si possono enunciare i princìpi essenziali della conoscibilità del passato. Immaginiamo di scoprire le proiezioni di vecchie serie di misure (fossili, archivi, etc.): si trovano le proiezioni f(x), f(x'), f(x''), f(x''') di istanti passati x, x', x'', x''', di cui si ignorava del tutto l'esistenza. L'indagine di queste proiezioni si può fare unicamente attraverso processi cognitivi.

Domanda: Che cosa succede quando un essere appartiene al passato? 
Risposta: Questo essere non esiste più. Esistono soltanto le sue tracce nella nostra dimensione presentacea.

Natura delle proiezioni del passato 

Le proiezioni f(a), f(a'), f(a''), f(a'''), etc., hanno le dimensioni di dettagli spaziali, conoscibili non con la misura quantistica che ha generato gli eventi a, a', etc., ma con processi allocati nello spazio oltre che nel tempo: il lavorio cognitivo delle sinapsi. 

Esempi:
Giulio Cesare non viene pugnalato in eterno durante le Idi di Marzo come supposto da Penrose in un delirio degno di Caligola nel suo più furioso attacco di demenza: tutto ciò che rimane di Giulio Cesare è allocato nello spazio, è esplorabile tramite osservazione con gli organi di senso. Osservo la piazza di Lodi da cui si dice che Giulio Cesare sia partito per la sua spedizione nelle Gallie. Sfoglio e leggo una copia del De bello Gallico in latino e nella sua traduzione in italiano. Ne memorizzo i contenuti, almeno in parte. Osservo statue di Giulio Cesare e la ricostruzione della sua fisionomia, che è stata tentata da alcuni studiosi. Leggo biografie di Giulio Cesare, antiche e moderne. Mi faccio idee e opinioni su Giulio Cesare. 

Analisi delle proiezioni = Illusione di esistere

Si perde parte della struttura, nelle proiezioni si perdono i dettagli. Le proiezioni si disgregano. La loro disgregrazione è ineluttabile. Questo perché l'esperienza presentacea è impermanente: ogni misura quantistica che definisce il presente diventa all'istante passato, finisce nell'Oceano delle Proiezioni. 
 
Esempi: 
Io trovo un'iscrizione antica, ma tutto ciò che riguarda il suo significato deve essere indagato col processo cognitivo; si è perso tutto sul contesto di tale relitto, non si ha più notizia dello scriba e della sua esistenza, etc.

La proiezione f(a) ha meno dettagli di f(a') che a sua volta ha meno dettagli di f(a''), etc., ad infinitum. 
Questo definisce e misura la disgregazione ontologica.

L'ontodimamica e i suoi princìpi 
 
Possiamo enunciare una legge di "termodinamica temporale", che potremmo chiamare  ontodinamica:
Non si può avere una proiezione f(a) con una quantità di dettagli pari alla misura a che l'ha generata. 
Quello che noi chiamiamo "passato", ossia le tracce di configurazioni non più attuali, è votato alla dispersione e all'annientamento della sua ontologia, in netto contrasto con quanto affermano le religioni monoteiste, secondo le quali ogni istante sarebbe eterno ed eternamente presente agli occhi di Dio. Più vicina al vero è la filosofia dei popoli Indiani d'America, sintetizzabile in queste affermazioni: 

UNA COSA ESISTE SOLO FINCHÉ QUALCUNO LA RICORDA.

UNA COSA ESISTE SOLO FINCHÉ QUALCUNO LA SA RICONOSCERE.
 
Chiunque può osservare le prove di questa usura, di questo attrito ontologico che distrugge ogni cosa. Dell'eternità postulata da Penrose nessuno ha mai potuto osservare la benché minima prova: è il semplice prodotto del fumo di quantità colossali di cannabis. 

I princìpi dell'ontodinamica sono analoghi a a quelli della termodinamica. Esiste un'impressionante somiglianza, che spero sarà approfondita da studiosi con più mezzi di me. In particolare possiamo affermare quanto segue:

1) Non è possibile fabbricare una macchina in grado di determinare il collasso della funzione d'onda temporale prima che questo sia avvenuto.

2) Non è possibile fabbricare una macchina in grado di estrarre dalla proiezione f(a) la conoscenza piena dell'evento a che l'ha generata, da f(a') la conoscenza piena dell'evento a' che l'ha generata, etc. 

Qualcuno dirà che ho dimostrato l'inesistenza del tempo. Possibile. C'è però qualcosa che non è corretto in questa affermazione. L'inesistenza del Tempo di Newton è già stata dimostrata da Albert Einstein. Nessuno si sogna più di ritenere il tempo una dimensione assoluta, ossia un contenitore degli eventi, in grado di esistere anche senza eventi. Esiste però il tempo come ordine degli eventi. La nostra realtà è legata a questo ordine ed è intrinsecamente tensionale. Penrose e altri sostenitori dell'eternismo non tensionale negano la differenza ontologica tra presente, passato e futuro, sostenendo un Universo simile all'Iperuranio platonico, il che porta a insanabili contraddizioni. Anche se ora della fine affermo la natura illusoria dell'Esistenza, ciò che osservo mi porta a formulare la non equivalenza ontologica del presente col passato. In altre parole, la nostra esperienza presentacea è un'Illusione di cui siamo prigionieri, non è possibile dominarla. Della natura del futuro tratteremo in altra sede.

martedì 16 giugno 2020


L'IGNOTO SPAZIO PROFONDO

Titolo originale:
The Wild Blue Yonder
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito, USA, Francia, Germania
Anno: 2005
Durata: 81 min
Rapporto: 1.85:1 (16:9)
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Pseudo-documentario
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Andre Singer, Lucki Stipetić
Produttore esecutivo: Christine Le Goff
Casa di produzione: Werner Herzog Filmproduktion, West
     Park Pictures, Tetra Media
Distribuzione in italiano: Fandango
Fotografia: Henry Kaiser, Tanja Koop, Klaus Scheurich
Montaggio: Joe Bini
Musiche: Ernst Reijseger, Mola Sylla, Cuncordu e Tenore de
     Orosei
Interpreti e personaggi:
    Brad Dourif: L'alieno
    Donald Edward Williams: Astronauta (comandante)
    Ellen Baker: se stessa, come astronauta (fisico)
    Franklin Chang-Diaz: se stesso, come astronauta (fisico)
    Shannon Lucid: se stessa, come astronauta (biochimico)
    Michael McCulley: se stesso, come astronauta (pilota)
    Roger Diehl: se stesso, come matematico
    Ted Sweetser: se stesso, come matematico
    Martin Lo: se stesso, come matematico
Traduzioni del titolo: 
     Spagnolo: La salvaje y azul lejanía
     Russo: Далёкая синяя высь
Colonna sonora: 
    CD: Requiem for a dying planet 
    Contenuti:  
    1. Intro Dank Sei Dir Gott
    2. Dank Sei Dir Gott (di Georg Friedrich Haendel, cantato
         da Emmi Leisner)
    3. Longing For A Frozen Sky
    4. A Una Rosa
    5. Libera Me, Domine
    6. In Search Of A Hospitable Place
    7. Sanctus
    8. Bad News From Outer Space
    9. Su Bolu 'E S'Astore
   10. Mura/Ballu Turturinu
   11. Song Of The Desert
   12. Kyrie 
Premi e riconoscimenti:
Premio FIPRESCI, vinto il 5 settembre 2005 alla 62ª Mostra del cinema di Venezia.

Sinossi: 
Il film, suddiviso in dieci capitoli, inizia narrando l'angosciante storia di una civiltà aliena nata nella galassia di Andromeda e costretta a migrare dal proprio pianeta, l'Ignoto Spazio Profondo (The Wild Blue Yonder), reso inabitabile da una violenta glaciazione. È una storia costituita dai fallimentari tentativi intrapresi da questi extraterrestri allo scopo di comunicare e di avere rapporti commerciali con gli umani della Terra. 
 
I. Requiem per un pianeta morente
     (Requiem for a dying planet)  
II. I Padri Fondatori alieni
    (The alien Founding Fathers) 
III. Riesaminato il mistero dell'UFO di Roswell 
    (The Roswell UFO mystery re-examined)
IV. Missione oltre i limiti
      (Mission to the Outer Fringes)
V. La morte di un sogno
      (The death of a dream) 
VI. La matematica del trasporto caotico 
      (The mathematics of chaotic transport) 
VII. I misteri dello Spazio Profondo
      (Mysteries of the Blue Yonder) 
VIII. Utopia della colonia ideale
      (Utopia of the ideal colony) 
IX. Il tunnel del tempo 
     (The tunnel of time) 
X. La vera storia del loro ritorno 
     (The true story of their return) 
 
Come ci spiega l'alieno, il relitto trovato a Roswell era una sonda della sua civiltà. Riesaminato dopo 50 anni, il manufatto ha dato origine a una contaminazione batterica e a una pandemia contenuta a stento. Questo ha portato la NASA ad inviare nello spazio un equipaggio con l'incarico di trovare un nuovo pianeta abitabile, una casa per il genere umano. Scelta acuta e intelligente, proprio come quella dei benestanti fuggiti da Milano durante la peste descritta dal Manzoni. Dopo vani tentativi di esplorazione dello spazio vicino, come per incanto la nave spaziale viene ghermita da una distorsione spaziotemporale e finisce proprio nella galassia di Andromeda, sul pianeta d'origine degli alieni - ormai disabitato e ridotto a una palla di ghiaccio. L'equipaggio perfora questa crosta glaciale, tuffandosi nel sottostante oceano di elio liquido (sic!). Trovano meduse, alghe e altri organismi mucillaginosi, quindi fanno della nave la loro dimora per qualche anno. Quindi decidono di tornare sulla Terra, perché nemmeno il pianeta oceanico può offrire ospitalità duratura a un'umanità di esuli. Utilizzando la distorsione spaziotemporale, credono di viaggiare per soli 15 anni. In realtà ci mettono ben 820 anni. L'umanità nel frattempo ha abbandonato la Terra servendosi di stazioni spaziali. Il pianeta, diventato un Parco Nazionale, è ricoperto di foreste e sprofondato nella preistoria. 
 

Recensione: 
Questo non è un film di facile assimilazione. Ho dovuto vederlo due volte per comprenderlo ed apprezzarlo appieno. Spicca l'estrema povertà dei mezzi utilizzati. In pratica, il regista ha saldato svariati filmati di repertorio della NASA e di esplorazione subacquea antartica - questi ultimi opera di Henry Kaiser e girati nelle acque dell'Isola di Ross. Anche le interviste agli scienziati sono reali, per quanto siano state impiegate dando loro un significato molto diverso da quello originale. Per questo moltivo, una parte della critica cinematografica ha ritenuto "inaccettabile" questa pellicola. Spiccano alcune incongruenze marchiane, sesquipedali, che nulla tolgono al lirismo dell'opera. Ad esempio, l'ammaraggio di un astronauta americano viene presentato dal regista come se fosse il recupero di un alieno venuto dall'Ignoto Spazio Profondo. Eppure la tuta non ha affatto l'aspetto di essere di produzione aliena, tanto che mostra la bandiera degli USA su una manica. La stessa forma degli esuli si presenta come indistinguibile dalla nostra, nonostante provengano da un ambiente tanto diverso. Come avrebbero fatto ad adattarsi? A questo mistero non viene fornito neppure un abbozzo di risposta. Stupisce l'assoluta mancanza di contenuti propri nelle genti dell'Ignoto Spazio Profondo, come se si fossero assimilate interamente alla lingua inglese e agli usi della Terra dei Coraggiosi, perdendo ogni memoria della loro cultura d'origine. Un'amnesia poco credibile, anche postulando il progressivo scemare delle capacità mentali degli alieni, a cui pure il narratore fa allusione: se anche fossero diventati dementi, come avrebbero fatto ad apprendere una nuova lingua e un nuovo mondo di informazioni? Abbondano le contraddizioni logiche. In uno dei suoi interminabili monologhi, il narratore afferma che l'allevamento di animali domestici è stato il primo peccato del genere umano, avvenuto nel Neolitico. Il nome dato a questa grave colpa è "sedentarietà". Infatti dall'allevamento e dall'agricoltura deriva la fondazione di villaggi e grandi città, con tutto il degrado che ne consegue. L'allevamento di cani non è invece un peccato, perché tali intelligenti carnivori aiutano l'uomo nella caccia quando è nomade. Bene, sono d'accordo. Però l'esule cosmico non spiega come avrebbe fatto la propria civiltà ad uscire dal Paleolitico e ad arrivare a viaggiare tra le galassie. L'elogio ecologico dell'umanità di cacciatori e raccoglitori stride con i tentativi degli alieni di installare sulla Terra una città e di integrarsi nell'economia e nella politica delle sue nazioni.  

 
Un pianeta antifisico 

L'Ignoto Spazio Profondo (in inglese The Wild Blue Yonder, alla lettera "Il Blu selvaggio laggiù") dovrebbe essere un mondo oceanico fatto di acqua e ghiacciato in superficie a causa di un'improvvida era glaciale. Quando gli astronauti terrestri raggiungono la superficie candida di questo mirabile globo e ne perforano la superficie, l'oceano viene descritto dal narratore come un'atmosfera composta di elio liquido. L'elio è un gas nobile, inerte, incolore e insapore, non tossico, che si presenta allo stato liquido a temperature inferiori a -268,91 °C (si consideri che lo zero assoluto è -273,15 °C). È una pura e semplice assurdità pensare che in simili condizioni gli astronauti possano nuotare allegramente servendosi di tute da subacqueo. Le condizioni di un modo sarebbero vicine alla Morte Termodinamica, non si vedrebbero certo organismi gelatinosi nuotare allegramente. In fondo non è un problema eccessivo. I pianeti antifisici sono molto comuni nella tradizione fantascientifica. Iniziamo col gigantesco pianeta Kobol, che i Mormoni ritengono la sede di Dio (dotato a loro detta di un corpo fisico), per continuare con il celeberrimo Trantor, nato dalla fantasia di Isaac Asimov. Cosa c'è di più assurdo di un mondo ricoperto interamente da una città di metallo compatto, in barba a un'amenità chiamata "conduzione del calore"? Nella realtà, una costruzione simile sarebbe inconcepibile, eppure Trantor ha incantato intere generazioni di lettori di fantascienza, in nome di un trucchetto conosciuto come "sospensione dell'incredulità". Se si ammette un pianeta abitabile come Trantor, non si faranno troppe storie per la creazione di Herzog! 
 

L'Involuzione delle Specie 
 
Gli alieni partiti dall'Ignoto Spazio Profondo hanno subìto nel corso dei secoli un processo di degradazione cognitiva, che li ha portati a diventare sempre più incapaci e sconnessi dalla realtà. Pare proprio che sia un processo entropico ineluttabile che colpisce tutte le specie intelligenti. Prima si accende la fiammella dell'Intelligenza, che permette di accedere alla Conoscenza e ai suoi frutti. Poi accade che l'Intelligenza cominci a scemare e a mostrare sintomi di degrado, sempre più gravi. Alla fine, si arriva alla demenza generalizzata. Herzog ci mostra i desolanti risultati di questo corrosivo processo. Gli alieni avevano in mente di costruire sulla Terra una città grande e potente come Washington D.C., proprio nel territorio degli States. Una seconda Washington, con tanto di Pentagono, Congresso, Campidoglio, Corte Suprema e via discorrendo, che doveva diventare un centro commerciale di importanza mondiale. Cosa sono riusciti a realizzare? Una specie di discount in cui nessuno andava, situato in un crocicchio nel bel mezzo del deserto. Il sito istituzionale che avrebbe dovuto oscurare il Campidoglio era un piccolo edificio fatiscente alla confluenza di due stradine polverose. 
 
Questa è la traduzione in italiano del passaggio, tratta tra i sottotitoli: 
 
"Sapete, i nostri bis, bis, bis, bis, bis, bisnonni erano degli eccellenti scienziati, ma il viaggio era lungo e noioso. E quando arrivammo qui, centinaia e centinaia e centinaia di anni dopo, eravamo diventati degli incapaci."  

Questa è l'originale in inglese d'America: 
 
"You know, our great-great-great-great-great-great-great-great grandfathers were fine scientists, but the journey was long and boring and when we got here, hundreds of hundreds and hundreds and hundreds and hundreds of years later, those of us who arrived here just... sucked."
 
La pronuncia è allucinante: quella lunga successione di "great-great-great-great" suona come il verso di un papero: GWÈ GWÈ GWÈ GWÈ! Si noterà anche l'anodina "traduzione" di "just... sucked" con "eravamo diventati degli incapaci". Mancava il coraggio di tradurre correttamente con "facevamo schifo".  
 
Una fisica surreale  

Herzog cerca in tutti i modi di fornire una descrizione plausibile di come gli astronauti siano riusciti a raggiungere l'Ignoto Spazio Profondo. Non ci riesce, credo per via del fatto che ignora i princìpi della Relatività di Einstein. Uno scienziato di origine orientale, forse coreana, si lancia in una presentazione dal sapore New Age, in cui si propone di sostituire lo schema delle orbite dei pianeti del sistema solare con un labirinto neolitico come quello che si trova nella cattedrale di Chartres. Ha in testa una grande confusione. Secondo lui, se si raggiunge il punto lagrangiano L1 del sistema Terra-Luna e si imbocca la giusta "autostrada spaziale", si finisce comodamente su altre stelle o addirittura in un'altra galassia, a velocità superluminali! Per spiegare la distorsione del tempo nel viaggio di ritorno degli astronauti si invocano addirittura gli universi paralleli. Tuttavia sarebbe stato più facile postulare i cunicoli spaziotemporali detti wormholes (connettono regioni remote dell'Universo) e la presenza di una grande massa come quella di un buco nero gigante (la dilatazione temporale gravitazionale rallenta lo scorrimento delle lancette degli orologi).
 
    
Un equivoco linguistico 

Mentre le meduse passano accanto agli esploratori in pinne subacquee, una voce canta in una lingua dalla sonorità semitica, molto affine a quella dell'arabo. Lì per lì ho pensato che fosse un canto in punico conservato miracolosamente dai Tenores sardi, anche se la cosa pareva abbastanza inverosimile. Tempo fa mi è stato detto che in Sardegna ci sono persone capaci di scagliare maledizioni servendosi di formule in una lingua antica, ma non ho avuto mai la possibilità di visionarne i testi. Ovviamente c'era la possibilità che si trattasse di una lingua inventata di sana pianta, di una specie di grammelot semitico, messo a punto per dare l'impressione di una lingua ignota di origine aliena. Il punto è che una simile creazione non è poi così immediata e facile. Poi ho scoperto che il canto è in lingua Wolof. Una lingua reale, dunque, parlata in Senegal, ma anche in Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Mali e Mauritania, per un totale di quasi 5,5 milioni di locutori. Mola Sylla, che ha contribuito alla colonna sonora del film, è per l'appunto un cantante senegalese, i cui testi sono proprio in lingua Wolof. 
 
 
Cantu a tenore 

Il cantu a tenore (ossia "canto a tenore") è uno stile di canto corale polifonico, originale ed autoctono, tipico della Sardegna e in particolare dell'impervia Barbagia. In lingua sarda è chiamato anche su tenore, su cuncordu, su cussertu (su cuntzertu), su cuntrattu, su cantu a proa, s'agarropamentu. Spesso si parla di Tenores sardi, ma tale locuzione non è così semplice come potrebbe sembrare a prima vista. Infatti in sardo la parola tenore è già un plurale collettivo, che indica l'insieme di coloro che cantano in un gruppo. Ciascuno dei cantanti è detto boche "voce". Il plurale sigmatico Tenores indica i diversi gruppi che praticano il cantu a tenore. Si tratta senza dubbio di un'eredità antichissima, a parer mio preromana. Si ipotizza che questa forma di canto, tipicamente pastorare, sia nato dall'imitazione dei suoni della Natura. Così secondo alcuni su bassu (il basso) imita il muggito di un bue, sa contra (il contralto) imita il belato di una pecora, sa mesu boche (la mezza voce) imita il verso dell'agnello, mentre la voce dell'uomo è quella del solista, sa boche. Si notano sorprendenti somiglianze tra il cantu a tenore e il xöömej, un canto difonico tipico delle genti di Tuva, in Siberia, ai confini con la Mongolia. Secondo le tradizioni tuvane, il xöömej sarebbe nato dall'imitazione dei suoni della steppa: l'acqua che scorre, il trotto dei cavalli, il sibilo del vento. Lo scopo sarebbe stato quello di acquisire la forza degli spiriti degli elementi naturali. Tutto ciò è di estremo interesse e merita approfondimenti. 
 
 
Utopie e contenuti profetici 
 
Anno del Signore 2005. Tempi non sospetti. Greta Thunberg poppava ancora il latte materno: sarebbero passati anni prima del manifestarsi dei prodromi della sua condizione isterica di attivista convulsionaria. Ebbene, Werner Herzog aveva ben chiare le condizioni terminali del nostro pianeta malato, infestato dal parassita Homo sapiens, e sognava la palingenesi, il ripristino di una purezza edenica. Così ci parla del ritorno degli astronauti dall'Ignoto Spazio Profondo, mostrandoci l'immagine di un imponente acrocoro che sorge dalla foresta pluviale facendo scaturire impetuosi ruscelli dai fianchi: 
 
"Quando sono tornati, 820 anni dopo, la Terra non era più abitata. Era diventata un Parco Nazionale. L'atterraggio è avvenuto su questo altopiano, perché non c'erano più aeroporti, città, ponti, dighe, soldi, banche, tempo e vita. Era tornata alla sua bellezza originaria. Era di nuovo preistorica. E questo è il suo aspetto..." 
 
All'epoca non si sospettava che una pandemia avrebbe fatto la sua irruzione nel mondo, introducendo una discontinuità di portata storica. Eppure Herzog in qualche modo lo presentiva. Così ha immaginato la comparsa di un morbo alieno e ha preconizzato draconiane misure di contenimento. Ricordiamoci che il tanto strombazzato Contagion di Steven Soderbergh (2011), esaltato in modo fanatico da molti fantascientisti, non mostra nulla di simile a un lockdown e all'imposizione generale delle mascherine. Altra cosa prevista dal regista è il delirante titanismo di Elon Musk. A un certo punto si vede infatti uno scienziato che dice mirabilia della colonizzazione spaziale prossima ventura, teorizzando addirittura un pendolarismo tra il lavoro nelle miniere asteroidali (come se fosse una barzelletta!) e le vacanze sulle spiagge assolate della Terra.   

Nostalgia di Klaus Kinski 
 
L'interpretazione di Brad Dourif mi ha convinto che Herzog lo abbia scelto nel tentativo estremo di trovare qualcuno capace di ricordare, seppur vagamente, il mitico Klaus Kinski. Celebre come protagonista di Qualcuno volò sul nido del cuculo (Miloš Forman, 1975), Dourif è comparso anche in Dune (David Lynch, 1984), dove ha interpretato la parte di Piter DeVries, l'astuto consigliere del Barone Vladimir Harkonnen. Nel 1988 lo vediamo impegnato in Mississippi Burning - Le radici dell'odio (Alan Parker), dove rivestiva i panni di uno sceriffo affiliato al Ku Klux Klan: era un enfant terrible che prendeva a sganassoni le donne, spezzava il collo ai gatti, inveiva contro Martin Luther King chiamandolo "Martin Luther King Kong", etichettava i progressisti come "leccanegri" e vomitava sul pavimento una decina di litri di birra dopo un colossale binge drinking. È poi stato l'odiosissimo Grima Vermilinguo nel kolossal Il Signore degli Anelli: Le due Torri (Peter Jackson, 2002). È nato a Huntington in West Virginia nel 1050. Il suo nominativo esteso è Bradford Claude "Brad" Dourif. Il cognome, rarissimo, è di origine francese. L'origine più probabile è da dou "del" (dialettale per du) e rif "ruscello" (dialettale per ruisseau). Dovrebbe pronunciarsi /du'Rif/, ma negli States la pronuncia è stata bizzarramente adattata in /'dɔ:rɪf/. Ha la stessa origine il cognome Durif (anche scritto Duriff in America), come pure l'italiano Delrio. Quello che Herzog voleva era un attore grintoso e dal sembiante truce, che potesse dare l'impressione di essere chiaro di capelli, quasi albino o leucistico. In realtà le chiome di Dourif erano semplicemente ingrigite dall'età. 
 
Curiosità 
 
Quando chiedevano a Herzog dove avesse girato questo film, lui faceva il faceto e diceva che le riprese erano avvenute sulla galassia di Andromeda. 

Il titolo originale, Wild Blue Yonder, è stato ispirato dall'inno dell'Aviazione Militare degli Stati Uniti d'America (The U.S. Air Force Song). Ecco il testo originale in cui compare la locuzione (Verse I): 
 
Off we go into the wild blue yonder,
Climbing high into the sun;
Here they come, zooming to meet our thunder,
At 'em boys, Give 'er the gun! (Give 'er the gun, now!)
Down we dive, spouting our flame from under
Off with one helluva roar!
We live in fame or go down in flame. Hey!
Nothing'll stop the Army Air Corps! 
 
(helluva roar = hell of a roar)

A un artista geniale bastano poche parole per dar forma a un mondo! 
 
Herzog è rimasto folgorato dalla visione di alcuni filmati nell'archivio della NASA a Pasadena (California). Così ha detto: "C'è qualcosa di straordinario in alcune agenzie governative come la NASA. Hanno un insito senso di poesia, nessuno ci crederebbe, ma è così. E la gentilezza e il supporto che hanno dato al mio progetto erano totalmente inaspettati e senza precedenti". I filmati in questione erano stati registrati durante la missione dello Space Shuttle STS-34 del 1989, che aveva il compito di lanciare la sonda Galileo.

La squallida imitazione del Campidoglio esiste davvero e si trova a Niland, in California, proprio all'intersezione tra Niland Avenue e la East Main Street. In pratica quel luogo è un immondezzaio. La sua desolazione è insostenibile. Farebbe inorridire persino i Rom valacchi di condizione più umile.   
 
Lo stranissimo altopiano su cui avveniene l'atterraggio degli astronauti si trova in Venezuela: è il Monte Roraima. Fa subito venire in mente l'acrocoro descritto ne Il mondo perduto di Sir Arthur Conan Doyle (1912). 
 
Cineforum fantafilm 
 
Il film è stato proiettato il 19 febbraio 2007 al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro. Purtroppo non ho potuto essere presente e ho visto il film molti anni dopo, sullo schermo del portatile, in inglese americano con i sottotitoli in italiano. Solo ora vengo a sapere che in occasione della proiezione si è tenuto un dibattito sul tema dell'esistenza degli extraterrestri, a cui ha partecipato il professor Elio Sindoni, che ricordo bene dall'epoca dell'università. Cosa che ignoravo, è l'autore di un libro sul tema: Esistono gli extraterrestri? (Il Saggiatore, 1997). È stato pubblicato nello stesso anno in cui ho conseguito la laurea! Avrò cura di procurarmi il volume, di leggerlo e di recensirlo.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Questi sono alcuni interventi della critica: 
 
"Una piccola ed ecologica Odissea nello Spazio per comprendere che il cinema può essere filosofia e comunicazione dello stato delle cose."
(Pino Farinotti) 
 
"<Herzog> si perde oggi in un misticismo laico ed approda alle soglie del tempo armato di un velleitarismo filosofico, che cerca di mascherare la sua smisurata ambizione fingendo di raccontare, male, una vicenda fantascientifica che si poteva sbrigare con mezzi convenzionali. Ma Herzog, forte della sua incrollabile fiducia nei propri mezzi, ci offre uno sconnesso semidocumentario, tecnicamente inaccettabile, le cui ambizioni non sembrano né poche, né piccole. Ma è come fotografare Dio con una vecchia polaroid."
(Il Giornale) 
 
"Si segue abbacinati e coinvolti, si ringrazia il cinema che, quando è gestito da un Poeta vero, può approdare a risultati unici, del tutto estranei a tutto quanto di solito, anche i suoi autori maggiori, riescono a proporci."
(Gian Luigi Rondi, Il Tempo) 
 
Il navigatore piernelweb ha scritto su Mymovies.it:

"Per molti versi "l'ignoto spazio profondo" è un film prodigioso. Dal genio di Herzog un'esempio (sic), credo senza precedenti, di cinema sperimentale che prende forma da immagini e filmati di altra fonte che divengono agli occhi dello spettatore, per manipolazione del regista tedesco, tutt'altro. Un mix di sequenze spaziali (di provenienza Nasa) subacque e aeree surreali e di impressionante bellezza accompagnate dalla voce narrante dell'alieno Brad Dourif e dalla musica "senza tempo" dei Tenores di Orosei. L'Odissea nello spazio di Herzog in diversi momenti è pesante come un macigno, nella sua lentezza ed allucinazione ma nel complesso assume la forma di una portentosa fantascientifica fiaba ecologica di grande impatto emotivo. E' incredibile come con pochissimi mezzi si possa fare dell'ottimo cinema." 

sabato 2 maggio 2020


DONNIE DARKO

Paese di produzione: Stati Uniti d'America 
Anno: 2001 
Lingua:
Inglese 

Durata:
113 min 

               133 min (director's cut)

Rapporto:
2,35:1

Genere:
Fantascienza, thriller, drammatico

Sottogenere:
Viaggi nel tempo, paradossi temporali 
Regia:
Richard Kelly 

Soggetto:
Richard Kelly 

Sceneggiatura:
Richard Kelly

Produttore:
Adam Fields, Thomas Hayslip, Nancy Juvonen, 

         Sean McKittrick 

Produttore esecutivo:
Chris J. Ball, Drew Barrymore, Casey 

         La Scala, Hunt Lowry, Aaron Ryder, William Tyrer

Distribuzione in italiano:
Moviemax

Fotografia:
Steven Poster
Montaggio: Sam Bauer, Eric Strand
Effetti speciali:
Lorraine Fadden, Scott Garcia

Musiche:
Michael Andrews

Scenografia:
Alec Hammond

Costumi:
April Ferry

Trucco:
Merribelle Anderson, Lynn Barber, Dorinda Carey, 

     Leslie Devlin, Kathleen Freeman-Smith, Kimberly 
     Greene,
Isabel Harkins, Cammy R. Langer, Lori McCoy-
     Bell,
Barbara Olvera, Thomas E. Surprenant, Dale Brady 
Interpreti e personaggi:

    Jake Gyllenhaal: Donnie Darko 

    Jena Malone: Gretchen Ross 

    Drew Barrymore: Karen Pomeroy 

    Mary McDonnell: Rose Darko 

    Maggie Gyllenhaal: Elizabeth Darko 

    Daveigh Chase: Samantha Darko 

    Holmes Osborne: Eddie Darko 

    Katharine Ross: Dott.ssa Lilian Thurman 

    Patrick Swayze: Jim Cunningham, il pedofilo 

    Noah Wyle: Prof. Kenneth Monnitoff 

    James Duval: Frank 

    Arthur Taxier: Dott. Fisher 

    David St. James: Bob Garland 

    Jazzie Mahannah: Joanie James 

    Jolene Purdy: Cherita Chen 

    Stuart Stone: Ronald Fisher 

    Gary Lundy: Sean Smith 

    Ashley Tisdale: Kim 

    Beth Grant: Kitty Farmer 

    Seth Rogen: Ricky Danforth

    Patience Cleveland: Roberta Sparrow ("Nonna Morte") 
Doppiatori italiani: 

    Stefano Crescentini: Donnie Darko 

    Alessia Amendola: Gretchen Ross 

    Chiara Colizzi: Karen Pomeroy 

    Angiola Baggi: Rose Darko 

    Domitilla D'Amico: Elizabeth Darko 

    Veronica Puccio: Samantha Darko 

    Stefano De Sando: Eddie Darko 

    Maria Pia Di Meo: Dott.ssa Lilian Thurman 

    Roberto Pedicini: Jim Cunningham 

    Fabio Boccanera: Prof. Kenneth Monnitoff
Budget: 4,5 milioni di dollari US
Box office (mondiale): 7,5 milioni di dollari US
 
La famiglia Darko
Appartenza sociale: middle-class americana di periferia
Componenti: 
   Eddie Darko: il padre
   Rose Darko: la madre
   Elizabeth Darko: la figlia primogenita 
   Donnie Darko: il figlio secondogenito   
   Samantha Darko: la figlia minore 
 

Trama (un gigantesco spoiler!): 
Anno del Signore 1988. Middlesex, Virginia (US). Accade un evento inesplicabile: il motore di un aereo precipita dal cielo e si schianta sulla villetta della famiglia Darko, distruggendo la camera del secondogenito, Donnie, che tuttavia si salva, non essendo rincasato al momento della collisione. Donnie Darko è un ragazzo problematico, affetto da autismo e da sonnambulismo. Ha una diagnosi di schizofrenia e precedenti da piromane. Per questo è assistito da una psichiatra, che lo ha messo sotto cura farmacologica. La notte dello schianto era impegnato in una delle sue passeggiate notturne. Ignorando l'accaduto, si imbatte in un enigmatico personaggio travestito da spettrale coniglio dal volto scheletrico. Questo essere gli rivela la data esatta della Fine dei Tempi, a cui mancano esattamente 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi. Il giovane si risveglia spaesato in un campo da golf e si rende conto di avere scritta sul braccio la sequenza numerica dell'Apocalisse: 28:06:42:12. Gli eventi si intrecciano in una ragnatela difficilissima da districare. I genitori di Donnie sono coinvolti in un'indagine, dato che non si riesce a capire la genesi del disastro aereo. I motori sono censiti con la massima precisione, e quello caduto sulla dimora dei Darko non risulta mancare a nessuna compagnia aerea. Stressato dalla maestrina gnè gnè e dai compagni bulli, Donnie si vendica cadendo in un pericoloso stato di trance violenta, una sorta di berserksgangr che lo porta a devastare la scuola durante un'incursione notturna, rompendo una tubatura e allagandola, non prima di aver sparso dovunque le proprie feci. Così accade che l'insopportabile insegnante di educazione fisica, sospettando di lui, lo punisce portandolo di forza da un predicatore religioso, il biondiccio e robusto Jim Cunningham. Questi è l'odioso capo di una telesetta molto nociva, che mescola i contenuti biblici più fanatici a ogni sorta di baggianate New Age. Donnie indentifica subito questo sinistro figuro con l'Anticristo - e ben a ragione. Quando per puro caso trova il suo portafoglio per strada, anziché riportarglielo si reca nottetempo alla sua dimora e la incendia. Un'azione eroica e meritoria! I pompieri, nel tentativo di spegnere le fiamme, scoprono uno stanzino erotico pieno zeppo di immagini pedoporno e di strumenti di tortura: il predicatore è un autentico predatore sessuale, proprio come Jimmy Savile. Subito arrivano i poliziotti, che lo conducono in carcere. Nel frattempo il ragazzo schizo-autistico è afflitto dalle continue visite del fantasma-coniglio, che dice di chiamarsi Frank. Turbato da queste apparizioni, descrive ogni dettaglio alla sua psichiatra, una milf libidinosa e volitiva. Mentre tutto questo succede, ha anche il tempo di corteggiare Gretchen, la sua nuova compagna di classe. All'inizio è molto timido, ma presto riesce a far breccia nel cuore di lei e ottiene anche un certo successo. Una signora ultracentenaria, soprannominata "Nonna Morte" dai bulli, per poco non finisce stesa sotto un'auto. Più tardi Donnie scopre che quell'anziana stravagante, Roberta Sparrow, è una studiosa di viaggi nel tempo. Così le scrive una lettera e la infila nella casella della posta, da lei visitata in modo ossessivo a ogni ora del giorno e della notte, come se si aspettasse di ricevere una missiva cruciale. Il destino pian piano si definisce, stagliandosi come un mostruoso Kraken all'orizzonte. La sorella maggiore di Donnie, Elizabeth, deve recarsi all'Università di Larvard, pardon, Harvard, perché è stata ammessa in quel sacrario esclusivo di snob puzzolenti: i genitori la accompagnano in aereo, portando anche la figlia piccola, quella che non vede l'ora di sfornare figli. Mentre i suoi sono via, Donnie ha la bella idea di organizzare una sfrenata festa di Halloween, invitando anche la bella Gretchen, che diventa la sua ragazza e gli si concede, finendo deflorata. Le cose precipitano. Pensando di aver trovato il bandolo della matassa, il ragazzo smarrona biecamente. Interpreta male la scritta CELLAR DOOR "porta della cantina", lasciata dall'insegnante sulla lavagna, credendo che sia il segno di un destino fausto. Si reca dunque nella cantina della Sparrow assieme a Gretchen, ma vi trova soltanto i bulli, che vogliono distruggere le proprietà dell'anziana donna, animati dall'odio assoluto. Ne nasce uno scontro. Arriva una macchina, guidata dal fidanzato della nerd Elizabeth, che è vestito proprio come Frank, il coniglio spettrale. Gretchen finisce investita e muore stritolata dagli pneumatici, la schiena spezzata. Donnie si vendica sparando al fidanzato-coniglio della sorella e lo colpisce in un occhio, mentre il Doppelgänger, il Frank fantasmatico, osserva la scena da un ripiano terroso. Si forma un mostruoso wormhole che divora l'aereo su cui viaggia la famiglia Darko, di ritorno da Larvard: il motore precipita proprio quando Donnie torna indietro nel passato e finisce nella propria camera, giusto in tempo per godersi la collisione, finendo ucciso sul colpo. La singolarità cosmica è cauterizzata, ma restano alcune incongruenze, tracce della linea temporale che si è appena chiusa. Così il predicatore pedopornografo Cunningham si sveglia nel cuore della notte in preda al terrore: ha sognato la scoperta dei suoi orrendi segreti. Donnie Darko è morto, la comunità è sconvolta dall'insondabile disastro aereo, ma Gretchen è viva e vegeta - oltre che vergine. Viaggia in bicicletta tra le villette borghesi, si chiede chi fosse il ragazzo perito nell'incidente, il cui sperma non conoscerà mai.
 
Citazioni:  

Rose: "Ma tu pensi che Dukakis proteggerà il Paese finché tu non sfornerai dei figli?"
Elizabeth: "Sì, certo!"
Samantha: "Io quando li sforno?"
Donnie: "Non prima delle mestruazioni!"

Donnie: "Perché indossi quello stupido costume da coniglio?
Frank: "Perché indossi quello stupido costume da uomo?" 

"Pensa se uno potesse tornare indietro nel tempo, prendere tutti i momenti neri e dolorosi e rimpiazzarli con qualcosa di meglio..."
(Gretchen Ross) 

 
Recensione:
Decisamente un film difficile, ma ricchissimo di spunti di riflessione sulla natura ultima delle cose. Quando lo vidi la prima volta, al cinema, mi piacque molto e ne fui affascinato. Alla seconda visione non resse, mi sembrò insopportabilmente noioso e a tratti quasi molesto. Non so spiegarmi il perché di questa dissonanza. Sono cambiato così tanto in così pochi anni? O forse il film che ho visto la prima volta nel frattempo è cambiato, come per uno strano paradosso temporale? Sono stato colpito da una moltitudine di dettagli che mi erano sfuggiti, a cui non avevo dato peso nel corso della prima visione. Nel Web si dice che tutti hanno la pretesa di aver capito la verità ultima su Donnie Darko; altri invece affermano che l'opera di Kelly va presa per quello che è. C'è poi chi stigmatizza le recensioni più lunghe di poche righe, bollandole come spoiler. Questa è una pretesa tirannica, che vuole far venir meno persino il diritto di discutere su un film, come se si fosse prigionieri di un campo di rieducazione nella Cina maoista. 
 
Distorsione e Oblio 
 
Oggi chi si ricorda di Michael Dukakis? Ogni volta che sento il suo nome, la mia mente richiama una stupida vignetta, credo fosse di Forattini, in cui George H.W. Bush si vantava di aver ottenuto la vittoria alle presidenziali facendo al suo avversario "du kakis così" (la battuta era accompagnata dal tipico gesto italico, quello testicolare). Dukakis, candidato democratico di origine greca, è già sprofondato nel mare entropico dell'Oblio, si è dissolto in pixel grigiastri. Anche il suo aspetto è cambiato. All'epoca somigliava un po' a Paul Atreides, ma quando ho visto una sua foto non l'ho riconosciuto. Passando attraverso una serie di percezioni distorte, la mia memoria lo ha quasi rimosso, riducendolo a un mucchietto di informazioni degenerate. Il povero Dukakis ha raggiunto la stessa destinazione in cui prima o poi finiscono tutti: basti pensare che i Centennials ignorano persino chi è Pippo Baudo.  
 
Un'ontologia temporale labirintica 
 
L'ontologia temporale descritta da Kelly è eternista tensionale e a futuri ramificati. La vicenda narrata può sembrare un loop temporale, ma non è precisamente così. Quando Donnie finisce indietro nel tempo, non torna affatto al proprio cronotopo di partenza. Il wormhole, probabilmente generato da un'immensa massa stellare collassata, da una specie di buco nero senza orizzonte degli eventi, fa perdere di senso alla linea temporale in cui si manifesta. Oppure potremmo pensare che la distorsione spaziotemporale sia una specie di moltiplicatore quantistico, che genera un'infinità di copie del motore dell'aereo collassato, spedendone uno in ognuna delle linee temporali derivate. C'è da diventare matti a pensarci. Se si vogliono evitare lancinanti emicranie, è meglio lasciar scorrere la pellicola e accettarla per quello che è.   
 
Il Signore del Tempo 

Il mostruoso essere dal travestimento di coniglio cadaverico sembra qualcosa di soprannaturale, un Signore del Tempo giunto da un'altra dimensione. In realtà è proprio il fidanzato di Elizabeth Darko, colpito in un occhio da una pallottola sparata da Donnie per vendicare la morte di Gretchen. Inghiottito dal wormhole, Frank è sottratto alla sua morte biologica e mandato indietro nel flusso temporale. Diventa una specie di paradosso vivente, qualcosa che può eruttare in qualunque punto della linea di esistenza del protagonista, per affliggerlo e ricordargli l'intrinseca nullità dell'Essere. Sembra che Frank si sia svincolato dai limiti che legano i viventi alla Freccia del Tempo, come se potesse accedere a un universo infinito-dimensionale, orrendamente più vasto del nostro, che gli permette di vedere dettagli a noi inaccessibili, di accedere a una pura conoscenza di ciò che per noi è celato dall'impenetrabile caligine dell'Entropia. 
 
Graham Greene e i Distruttori  

L'insegnante Karen Pomeroy fa leggere ai suoi alunni un orrido racconto dello scrittore inglese Graham Greene, intitolato I distruttori (The Destroyers). L'opera parla di una banda di teppisti che si accaniscono contro un anziano, soprannominato "Vecchio Miseria" (Old Misery): finiscono col riuscire a penetrare nella sua casa e la allagano, distruggendola. Trovano un vaso pieno zeppo di soldi e li bruciano. La giovane insegnante chiede come mai i bulli abbiano fatto una cosa così insensata. Nessuno sa rispondere, tranne Donnie Darko, che sostiene quest'idea: i distruttori sarebbero ribelli contro l'ordine del mondo, veri anarchici che vogliono cambiare le cose. Niente di più lontano dalla realtà. I distruttori di cui ha scritto Greene agiscono così perché sono antisemiti! Il Vecchio Miseria è un ebreo, descritto come molto ricco e avaro. I suoi persecutori sono spinti da una sola cosa: un mortale odio antisemita. L'atto di dare alle fiamme i soldi esprime qualcosa di inumano, mostruoso, mai visto. Nemmeno le squadre d'assalto naziste lo facevano. I gerarchi della NSDAP non esitavano a requisire le ville degli ebrei e a farne le proprie dimore. Requisivano tutto: patrimoni, opere d'arte, persino le bottiglie di vino. Il Nazionalsocialismo metteva in pratica un principio: pecunia non olet. I vandali di Greene invece agiscono in modo diverso. Per loro pecunia olet. In sostanza rappresentano una delle massime manifestazioni di antisemitismo nella storia del genere umano. L'oro dei denti strappati ai deportati lo avrebbero gettato nelle latrine per spregio. Domanda: chi era realmente Graham Greene? 
 
Il dilemma dell'istigazione 
 
Donnie Darko allaga la scuola e porta devastazioni immani proprio dopo aver letto il racconto di Greene. Così sorge un dubbio nella fastidiosa insegnante di educazione fisica: pensa che proprio l'opera letta abbia istigato il vandalo, ossia che sussista un nesso causale tra la lettura e il danno arrecato alla scuola. È davvero così? Il problema si pone e merita una riflessione. Tempo fa mi sono domandato se fosse innocua una famosa canzone di Lucio Battisti, quella che invitava a "guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire".  Come ho espresso questo dubbio in un social, per poco non mi hanno linciato. "Interessante come un'omelia in una discoteca", mi ha detto qualcuno. Eppure mi capitò di ascoltare una storia terribile in una trasmissione, quando ancora ogni tanto accendevo la TV. Notte fonda. Una coppia di sposini percorreva in auto una stradina mal illuminata. L'indomani si sarebbero dovuti imbarcare per il viaggio di nozze. Hanno fatto un frontale con un'auto giudata da due rom minorenni, che viaggiavano a fari spenti. Gli sposini sono morti sul colpo. E se i ragazzi rom avessero ascoltato proprio la canzone di Battisti? Sono contario a qualsiasi censura e ritengo che l'arte debba essere senza limiti. Tuttavia il dilemma resta, non si risolve la questione darkiana del nesso causale tra fruizione di un'opera d'arte e azione.

Seth il bullo 
 
Trovo significativo il fatto che l'odioso bullo si chiami Seth. Certo, Seth è il nome di un figlio di Adamo, come riportato nelle Scritture. Seth è però anche il nome della divinità egiziana della distruzione. Credo che Kelly intendesse dare al bullo proprio il nome del demone furioso, di cui incarna tutte le caratteristiche. A riprova di ciò, il cognome del bullo, Devlin, richiama all'istante Devil "Diavolo". Perché Seth il Diavolo vuone annientare le proprietà della Sparrow? Proprio per lo stesso motivo per cui i Distruttori di cui ha scritto Greene hanno dato alle fiamme il denaro dell'anziano contro cui si accanivano. Che dire della Sparrow? È descritta come ricchissima, avara, geniale, studiosa della natura del tempo (è autrice del libro Philosophy of Time Travel). Vi dice nulla tutto questo? Semplice. Il regista-sceneggiatore vuole suggerire che la Sparrow fosse ebrea, proprio come il "Vecchio Miseria". Ha quindi aggiunto che la scienziata era stata una suora da giovane, anche se in seguito si era smonacata. Forse lo ha fatto per sviare lo spettatore, ma questa trovata significa ben poco. "Nonna Morte" da giovane si era convertita al cattolicesimo, anche se poi aveva abbandonato ogni religione per dedicarsi alla Scienza. Scorgo un vago riferimento ad Edith Stein, la filosofa che divenne cattolica, si fece suora e morì ad Auschwitz nel 1942. 
 
Il significato della "mascotte"   

Ebbene, la statua bronzea di un immenso cane molossoide, danneggiata da Donnie Darko con una scure, piantata nel bel mezzo del cranio, altro non è che un simulacro raffigurante il Creatore di questo Universo. Le genti lo riterrebbero blasfemo. Non è difficile capire la semantica: Dog "cane" è semplicemente God "Dio" letto al contrario. Il vocabolo appartiene al Backslang, l'inglese inverso. Erigendo il manufatto teriomorfo, le autorità scolastiche hanno voluto offrire un sacrificio al Malvagio Artefice. Potenza devastatrice ed anarchica, il giovane protagonista ha pensato bene di colpire l'idolo, anche se non è stato in grado di abbatterlo. Anche in questo caso, vediamo che Kelly delinea complessi labirinti di simbolismi esoterici, destinati a restare incomprensibili alla maggior parte degli spettatori.     

I Puffi!  

Il film di Kelly è anche un trattato di puffologia teorica e applicata. Questo dialogo, incentrato proprio sulle creaturine azzurrognole, è particolarmente significativo: 
 
Sean: "Birra e figa, io non chiedo altro. Dobbiamo solo trovarci una Puffetta per uno."
Ronald: "Una Puffetta?"
Sean: "Sì, una che te la dia... Qui a Middlesex se la tengono stretta. Ci vuole una bella biondina che allarghi le gambe ai tuoi ordini... Come fa Puffetta!"
Donnie: "Puffetta non scopa."
Sean: "È una cazzata. Puffetta si scopa tutti i Puffi: il Grande Puffo l'ha creata apposta! Stavano sempre a canna dritta gli altri Puffi!"
Ronald: "Noo, tutti tranne Vanitoso, che è omosessuale."
Sean: "D'accordo, sai che ti dico? Lei se li scopa mentre Vanitoso guarda, contento?"
Ronald: "Mmh... Sì, ma Grande Puffo? Anche lui si butta nel mucchio, o...?"
Sean: "Noo, lui sai che fa? Riprende le ammucchiate, poi in privato le rivede e si ammazza di seghe."
Donnie: "Prima di tutto, a creare Puffetta non è stato Grande Puffo, ma Gargamella. L'ha mandata dai Puffi come sua spia perché aveva intenzione di distruggere il villaggio, ma la "contagiosa bontà" della loro vita l'ha trasformata per sempre! Quanto all'ammucchiata stratosferica tra loro è... È irrealizzabile! I Puffi sono asessuati, non hanno neanche un organo riproduttivo sotto quei pantaloncini bianchi! Per questo è così illogico essere uno dei Puffi, perché...Che cazzo vivi a fare, se non hai il pisello?!"
Ronald: "Che palle, Donnie, perché devi essere sempre il più intelligente?!" 

Proprio come ho sempre sostenuto, fin dai lontani tempi del liceo! I Puffi sono sprovvisti di genitali! Sono persino incapaci di concupire. Peyo ha creato i Puffi ispirandosi alla religione di Mithra. Come già Tertulliano riportava in epoca antica, anche i devoti del Dio Tauroctono avevano i loro continenti, i loro casti. Peccato che ben pochi scandaglino la Noosfera alla ricerca di collegamenti tra informazioni tra loro solo in apparenza isolate e frammentarie! 

Origine del cognome Darko

Il cognome Darko è di origine francese. Proprio in Francia è attestato come Darco. Ad esempio si ha testimonianza di un certo Jean Darco. I romanisti sono inclini a ritenere Darco una variante di Darci, a sua volta cattiva trascrizione di D'Arcy. Questo non mi pare possibile per via della differenza della consonante trascritta con -c-: /dar'ko/ rispetto a /dar'si/. La mia ipotesi, che non posso comunque provare, è che il cognome d'origine sia D'Arc, come quello della Pulzella di Orléans. Un uomo di nome D'Arc deve essere migrato in Italia, forse in Toscana o a Roma, adattando il suo cognome in Darco. Quindi un suo discendente sarà tornato in Francia. Ecco come mai Darco con una -o finale altrimenti inesplicabile - e non riconducibile a un suffisso -ot. Un percorso un po' tortuoso. Senza dubbio questo cognome è stato scelto per via della sua assonanza con dark "oscuro". Pochi sanno che Darko è un cognome diffusissimo... nel  Ghana! La sua origine è Ashanti e ha la variante ortografica Daako. Amma Darko è una scrittrice ghanese. George Darko è un musicista ghanese. John Martin Darko è un vescovo cattolico ghanese. Kwabena Darko è un imprenditore, religioso ed ex politico ghanese, soprannominato "Il Re dei Polli". Kwame Obeng Darko è un calciatore e rapper ghanese. Ovviamente si tratta di una somiglianza fortuita col cognome Darko presente in Inghilterra e in America.  
 
La Porta degli Inferi
 
L'insegnante Karen Pomeroy a un certo punto scrive col gesso sulla lavagna della classe le parole Cellar Door "Porta della Cantina". Quando Donnie le chiede cosa significhino, la donna risponde così: "Un famoso linguista una volta disse che di tutte le frasi della lingua inglese, di tutte le infinite combinazioni di parole in tutta la storia, Cellar Door è la più bella." Richard Kelly ha attribuito erroneamente la frase ad Edgar Allan Poe, ma in realtà va ascritta a J.R.R. Tolkien, che in un suo saggio del 1955, English and Welsh (Inglese e Gallese), disse che "molti parlanti inglesi ammetteranno che 'cellar door' è 'bella', specialmente se dissociata dal suo senso (e dalla sua ortografia). Più bella, diciamo, di 'sky', e molto più bella di 'beautiful'." Qualcuno vede delle assonanze nel Signore degli Anelli, dove c'è un toponimo Eriador e il nome di un nobile elfo, Celeborn: secondo costoro entrambe le parole ricorderebbero la sonorità di Cellar Door - cosa che a me pare opinabile. Peccato che a tanta bellezza corrisponda la Nemesi di Donnie Darko.
 
Cineforum Fantafilm 
 
Il film di Kelly è stato proiettato il 12 aprile 2010 al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro. Purtroppo non ero presente. O forse c'ero? Non ricordo bene. Se c'ero, ero così pieno di whisky che non so come posso aver fatto a tornare a casa. A volte i miei banchi di memoria stagnante mi giocano brutti scherzi.