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domenica 21 novembre 2021

 
PROSPECT 
 
Titolo originale: Prospect 
Paese: Stati Uniti d'America 
Anno: 2018 
Lingua originale: Inglese 
Durata: 100 min 
Genere: Fantascienza
Regia: Zeek Earl, Chris Caldwell 
Sceneggiatura: Zeek Earl, Chris Caldwell 
Soggetto: Zeek Eark, Chris Caldwell
Fonte di ispirazione (non accreditata): Andrea Fanton,
    Sergio Asteriti
Produttori: Andrew Miano, Chris Weitz,
    Scott Glassgold, Dan Balgoyen, Garrick Dion,
    Matthias Mellinghaus 
Musica: Daniel L.K. Caldwell 
Interpreti e personaggi:
    Sophie Thatcher: Cee
    Jay Duplass: Damon
    Pedro Pascal: Ezra
    Luke Pitzrick: Numero Due, compagno di Ezra
    Arthur Deranleau: Fahr
    Andre Royo: Oruf
    Alex McCauley: Bahr
    Doug Dawson: Heshir
    Krista Johnson: Gali
    Brian Gunter: Mesur
    Sheila Vand: Inumon
    Anwan Glover: Mikken
    Trick Danneker: Jack
    Christopher Morson: Zed
    Ben Little: Prigioniero
    Shepheard Earl: Guida  
Budget: Meno di 4 milioni di dollari US
Box office: 22.777 dollari US
 
Trama: 
La giovane Cee e suo padre Damon scendono con una piccolissima astronave da trasporto sulla superficie boscosa di una luna di un gigante gassoso. Vogliono estrarre gemme. Durante la discesa, un guasto tecnico paralizza il lander, costringendoli ad atterrare a una certa distanza dal sito di prospezione previsto. Trovano uno scavo abbandonato dove estraggono un baccello carnoso dalla terra, al cui interno c'è una gemma preziosa. Cee esorta suo padre a tornare sul lander con la gemma, ma Damon insiste per proseguire verso il sito originale. Mentre la ragazza si è appartata per defecare, l'uomo incontra due cercatori rivali, il baffuto Ezra, che somiglia un po' a Lemmy dei Motörhead, con il suo partner, silenzioso e passivo. Inizialmente i ribaldi pianificavano di derubare Damon, ma riconsiderano la situazione quando lui si offre di unire le forze e rivela che è stato contattato dai mercenari - che a quanto pare avrebbero scoperto il leggendario "covo della regina", un sito di scavo molto redditizio. Ezra accetta l'alleanza, ma Cee, che era rimasta nascosta, tende loro un'imboscata con un fucile. Ciò consente a Damon di disarmare i cercatori rivali e di prenderli in ostaggio. A un certo punto il partner silenzioso e passivo di Ezra si ribella, attacca e provoca una sparatoria in cui rimane ucciso. Damon, ferito a morte, viene giustiziato da Ezra, furioso per aver perso il suo slave. Cee fugge e si ritira sul suo lander malfunzionante e incapace di avviarsi. Ezra la ritrova ore dopo e cerca di entrare: il suo intento è quello di vendicarsi brutalizzandola. Cee reagisce, gli spara al braccio e lo prende prigioniero. Ezra propone, come da piano iniziale di Damon, di unirsi ai mercenari. Lei accetta con riluttanza, così procedono verso il "covo della regina". Il braccio di Ezra intanto è stato infettato dalle spore velenose che abbondano nell'atmosfera di quel mondo. I due sono costretti a cercare aiuto medico presso un accampamento. Il problema è che le genti del campo propongono invece di scambiare le gemme con Cee: evidentemente vogliono conoscerla secondo il costume delle genti di Sodoma. Mentre Ezra chiede informazioni sull'accordo, Cee riesce a fuggire. Dopo aver vagato da sola, incontra di nuovo Ezra, la cui ferita è gravemente peggiorata. Lo aiuta ad amputargli il braccio, poi si dirigono all'accampamento dei mercenari vicino al "covo della regina". Dopo essersi assicurati un passaggio sulla microscopica nave dei mercenari, armeggiano per estrarre le gemme, ma sono incapaci e i loro tentativi vanno in merda. Quando il loro sorvegliante vuole denunciare questo fallimento, Ezra lo uccide, innescando uno scontro con i predoni rimasti. Molti vengono uccisi e anche Ezra riporta gravi ferite. Cee si prende cura dell'uomo e insieme fuggono in orbita a bordo della nave dei mercenari. C'est l'amour... 

 
Recensione: 
Una pellicola insensata, oltre che estremamente noiosa e inconcludente. L'attrice protagonista, Sophie Bathsheba Thatcher, è stata considerata la rivelazione dell'anno. Nata nel 2000 da famiglia mormone, ha dichiarato di non seguire più la religione in cui è stata cresciuta. Una giovane dotata di senso critico, non c'è che dire. Qui la vediamo al suo esordio nella Settima Arte. Le sue doti non bastano tuttavia a risollevare le sorti del film di Earl-Caldwell, che è costato molto e ha reso ben poco. Il risultato ottenuto dai registi non è comunque di poco conto, visto che sono riuscito a visionare la loro opera senza addormentarmi in poltrona, come spesso mi accade. Con mio grande stupore, mi sono reso conto che anche Prospect ha i suoi fan, pronti a giurare e a spergiurare che sia un'opera eccelsa, addirittura commovente. Inutile discutere con loro: si rischia di finire linciati! Nel secolo scorso in Occidente c'era il fanatismo politico, prima ancora c'era il fanatismo religioso. Adesso invece ci sono forme di fanatismo che non hanno nemmeno l'ombra di un costrutto e che non si riescono a capire. La gente si scannerebbe per cose come un film... o per la ricetta di un piatto di carbonara. 
 

La fonte di ispirazione 
 
Potete anche non crederci, ma la verità è questa: Prospect deriva direttamente dalla storia disneyana Topolino e la Galassia delle Sfere Essenziali, sceneggiata da Andra Fanton e disegnata da Sergio Asteriti (Topolino n. 923, 1973). Riporto qui la trama del fumetto, che in moltissimi abbiamo letto quando eravamo mocciosi.  
 
Topolino e la Galassia delle Sfere Essenziali
 
Topolino e Pippo accompagnano il Professor Moster, un simpatico ed esuberante vecchietto, nel suo viaggio tra le stelle, su un'astronave rudimentale che è poco più di un guscio ovoidale di fragile metallo. Nel frattempo uno scienziato malvagio e banditesco, Marnet, compie un viaggio simile su un veicolo meglio equipaggiato, assieme al suo fido assistente Clik. Marnet è segaligno e collerico. Leggendo tra le righe si capisce una verità scomoda: Marnet è un sodomita violento che sfoga la sua frustrazione rompendo il deretano del povero Clik! La meta di entrambe le spedizioni, quella di Moster e quella di Marnet, è un pianeta boscoso e privo di fauna, che si trova nella Galassia delle Sfere Essenziali. Raggiunto quel mondo pieno di conifere balsamiche, Marnet mette subito in atto le sue intenzioni predatorie: prima abbatte l'astronave rivale, poi paralizza Moster, Topolino e Pippo. Privo di altri fastidi, raccoglie un gran numero di gemme (che sarebbero di "uranio"), estraendole con le pinze dai tronchi degli alberi, scavati con immenso sadismo servendosi di un trapano! Gli alberi, privi delle gemme, si seccano. A un certo punto, il fido Clik estrae qualcosa di imprevisto dall'ennesimo albero: un folletto dagli abiti sgargianti, che parla e rivela di essere Gubareo, il custode della civiltà scomparsa dei Gubarei. Gubareo fa subito sfoggio dei suoi poteri magici, neutralizzando Marnet e a Clik, a cui riprende il maltolto. Dopo aver liberato Moster e i suoi compagni dalla paralisi, fa qualche futile discorso New Age e rimette le gemme negli alberi, facendoli rinverdire. Quindi convoca l'Astronave Fantasma, un immenso veicolo spaziale robotico, su cui mette Moster, Topolino e Pippo, dando istruzioni al meccanismo di riportarli a casa; costringe invece Marnet e il suo bottom a ripartire con il loro rottame, vagando tra le galassie finché non avrà capito che gli alberi sono creature viventi e non cose. Diavolo d'un Marnet!
 
La splendida storia è consultabile su Facebook in questa pagina:  
 

Come potete vedere, esistono significativi elementi in comune, che mi portano a ritenere che le due storie, quella di Prospect e quella topolinesca di Fanton-Asteriti, molto difficilmente potranno avere origini tra loro indipendenti. Il film dovrà quindi derivare, anche per ovvie ragioni cronologiche, dall'impianto del fumetto. Si ha l'impressione che la fantascienza cinematografica sia ormai tanto esaurita, snervata, sfibrata, da dover scandagliare qualsiasi fonte, anche Topolino, per poter avere qualche chance di sopravvivenza. 
 
 
Il mito del pianeta rigoglioso senza fauna  

Mi vengono in mente alcuni casi di pianeti con vita vegetale, soprattutto arborea, ma senza animali, presenti in opere di fantascienza prima di Prospect. Senza dubbio me ne sono sfuggiti diversi e di questo chiedo venia. Ecco l'esiguo elenco:

1) Spazio 1999 (serie tv) - episodio: Luton (The Rules of Luton, 1976); 
2) Capitan Harlock (serie anime diretta da Rintarō, trasmessa in Giappone su TV Asahi nel 1978-1979);
3) L'isola del tesoro (miniserie televisiva diretta da Antonio Margheriti, 1987); 
4) Alien: Covenant (Ridley Scott, 2017). 
 
In tutti questi casi si tratta di pianeti in cui la vita animale un tempo esisteva, ma è stata spazzata via da una catastrofe. Nell'episodio di Spazio 1999, i vegetali avevano sviluppato una forma di intelligenza e si erano ribellati contro gli animali, annientandoli. Allo stesso modo nella serie anime Capitan Harlock si diceva che la favorita del capitano pirata, Meeme (detta anche Meet), veniva da un pianeta chiamato Jura, la cui popolazione era stata distrutta in una rivolta di vegetali, che si erano trasformati in gigantesche piante carnivore. Nella costosissima miniserie L'isola del tesoro, una spedizione guidata dal Capitano Smollet giunge su un pianeta in cui le uniche tracce di animali sono colossali scheletri di torosauri preistorici, in pratica una specie di triceratopi extra size. Si ha l'impressione che questa scelta fosse legata più che altro a ragioni economiche: i produttori non erano disposti a far levitare ulteriormente il budget simulando animali. Nella sorgente prima di Prospect, la storia di Fanton-Asteriti di cui abbiamo parlato, la scomparsa di vita animale era dovuta a una scelta idiota dei Gubarei, che avevano pensato bene di rendere immortali gli alberi - meno male che si consideravano consapevoli dei cicli della Natura, l'ano di Clik era più intelligente di loro! Soltanto in Prospect sembra che l'assenza di vita animale sia connaturata alla luna boscosa, anche se la tossicità delle spore aerodisperse potrebbe far pensare a uno strano meccanismo di difesa.

Musica della Lettonia
 
Tra i mercenari si trova una donna proveniente da una colonia fondata da genti migrate dalla Lettonia. Questa predatrice utilizza una canzone in lingua lettone come arma, facendola suonare a volume altissimo. Il brano in questione si intitola Dūdieviņš. Un'altra canzone lettone, Pasaulīte, si sente nel corso del film, sempre nel campo dei mercenari. Riporto i testi che ho reperito nel Web.

Primo brano: 
 
Dūdieviņš 
 
Dūdieviņ, Dūdieviņ, ūdeņu dūdiniek
Sadūdo lietu!
Gulgainā sudraba dūmakā plūdini
Dūmaļo rietu!
Šalcošām šļakatām pārskalo liedagu
Pārsijā kāpas!
Pāržūžo dūksnāju, donī zem zieda guļ
Mana melna sāpe.
Dūdieviņ, Dūdieviņ, dod dūnas gaišumu
Vakara bēdām!
Visu manu rūgtumu dūkodams aizšūpo
Spārngalu vēdās!
Kā tavā atspulgā pārplaiksna ūdeņus,
Vilnājā zūdot,
Dūdiniek, pelēkais tārtiņ, mans Dūdieviņ,
Pagaisīs grūtums. 
Dūdieviņ, Dūdieviņ, ūdeņu dūdiniek
Sadūdo lietu!
Gulgainā sudraba dūmakā plūdini
Dūmaļo rietu!
Šalcošām šļakatām pārskalo liedagu
Pārsijā kāpas!
Pāržūžo dūksnāju, donī zem zieda guļ
Mana melna sāpe.
Dūdieviņ, Dūdieviņ, dod dūnas gaišumu
Vakara bēdām!
Visu manu rūgtumu dūkodams aizšūpo
Spārngalu vēdās!
Kā tavā atspulgā pārplaiksna ūdeņus,
Vilnājā zūdot,
Dūdiniek, pelēkais tārtiņ, mans Dūdieviņ,
Pagaisīs grūtums. 
 
Traduzione: 

Piviere, piviere, piccolo filatore d'acqua,
Tu fai cadere la pioggia!
Scorrendo nel fumo argentato,
Serata nebbiosa!
Lavando i campi con onde scroscianti,
Traboccando i banchi!
Oscillando l'erba piuma e sdraiandosi sotto il fiore,
Il mio dolore nero.
Piviere, piviere, dona luminosità alle dune
Con i venti della sera!
Portando via tutta la mia amarezza,
Nelle ali dei gabbiani!
Come il tuo riflesso che scintilla sulle acque,
Scomparendo tra le onde,
Piviere, piccolo grigio, mio ​​piccolo filatore d'acqua,
Si scrollerà di dosso le difficoltà.
Piviere, piviere, piccolo filatore d'acqua,
Tu fai cadere la pioggia!
Scorrendo nel fumo argentato,
Serata nebbiosa!
Lavando i campi con onde scroscianti,
Traboccando i banchi!
Oscillando l'erba piuma e sdraiandosi sotto il fiore,
Il mio dolore nero.
Piviere, piviere, dona luminosità alle dune
Con i venti della sera!
Portando via tutta la mia amarezza,
Nelle ali dei gabbiani!
Come il tuo riflesso che scintilla sulle acque,
Scomparendo tra le onde,
Piviere, piccolo grigio, mio ​​piccolo filatore d'acqua,
Si scrollerà di dosso le difficoltà.

 
Note: 
È una canzone che parla di un mito dell'antica religione pagana della Lettonia: un uccello, il piviere, che si credeva facesse piovere e che era adorato come una divinità. Nel testo sono presenti parole arcaiche, così usare il traduttore di Google non è una buona idea, dato che non riesce a riconoscerle. L'autore è il compositore popolare Imants Kalniņš (nato nel 1941). Musicista, autore di sette sinfonie e politico, fu uno dei primi a comporre un'opera rock in Unione Sovietica. Il brano fu cantato da Ilona Balina (1970). 

Secondo brano:
 
Pasaulīte

Pasaulīt’, kur tu kā sadegusi
Pasaulīt’, tik viena skrēji, pasaulīt’, pasaulīt’?
Pasaulīt’, tevi laikā nepagūsi
Pasaulīt’, teic kur tu eji, pasaulīt’, pasaulīt’

Kā lai tev, pasaulīt’, tieku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?
Kā lai tev, pasaulīt’, tieku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?
Kā lai tev, pasaulīt’, tieku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?
Kā lai tev, pasaulīt’, tieku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?

Pasaulīte, pasaulīte, kā lai es tev tieku līdzi?
Kā lai es tev tieku līdzi, pasaulīte?
Pasaulīte, pasaulīte, kā lai es tev tieku līdzi?
Kā lai es tev tieku līdzi, pasaulīt’?

Pasaulīt’, ko tu ar mani dari?
Pasaulīt’, jel bīsties grēka, pasaulīt’, pasaulīt’!
Pasaulīt’, vai tu vēl ātrāk vari?
Pasaulīt’, man nav vairs spēka, pasaulīt’, pasaulīt’!

Kā lai tev, pasaulīt’, tiеku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?
Kā lai tev, pasaulīt’, tiеku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?
Kā lai tev, pasaulīt’, tieku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?
Kā lai tev, pasaulīt’, tieku es līdz, pasaulīt’, pasaulīte?
 
Traduzione: 
 
Mondo, come se fossi bruciato, dove
stai correndo, mondo, tutto solo, mondo, mondo?
Mondo, non possiamo prenderti.
Mondo, dimmi dove stai andando, mondo, mondo?
 
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, mondo, come posso raggiungerti?
Come posso raggiungerti, mondo?
Mondo, mondo, come posso raggiungerti?
Come posso raggiungerti, mondo?
 
Mondo ! Cosa stai facendo con me?
Mondo, abbi paura di peccare così, mondo, mondo!
Mondo, puoi correre ancora più veloce?
Mondo, non ne ho più la forza, mondo, mondo!
 
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, come posso raggiungerti, mondo, mondo?
Mondo, mondo, come posso raggiungerti?
Come posso raggiungerti, mondo?
Mondo, mondo, come posso raggiungerti?
Come posso raggiungerti, mondo?
 
 
Note: 
Questa canzone è stata cantata dalla band lettone Eolika, fondata nel 1966.

giovedì 20 maggio 2021

UN SINGOLARE ESPERIMENTO ANTROPOLOGICO: IL PANINARISMO

Inizi anni '80 del XX secolo. Si stavano spegnendo gli ultimi echi del '68. La gente non voleva più saperne dell'impegno politico e sociale, il cui frutto erano stati gli anni di piombo. Ne aveva abbastanza dei comunisti, del terrorismo e della Rivoluzione. Cominciavano a vedersi i soldi, dopo un lungo periodo di stenti. Finalmente si aveva la pancia piena, la borghesia si poteva permettere spese consistenti. Così a Milano si formarono i paninari (Gallo, 1993). Erano una vera e propria tribù urbana, con proprie regole e un proprio slang (Azzali, 1993). 
Com'è specificato in modo pedantesco nella Wikipedia in italiano, per identificare il fenomeno di costume giovanile è utilizzato il termine paninaro, come se fosse un nome astratto e collettivo. Questa è la spiegazione data: "Per sineddoche, non esistendo un nome come paninarismo o paninaresimo per tutto il movimento, a cui ci si riferisce semplicemente come i paninari". Ebbene, il termine Paninarismo esiste eccome, perché l'ho fatto esistere io. "La lingua è del popolo, ed è il popolo stesso che crea le parole, le distrugge e le trasforma, con buona pace di Lavoisier" (De Benedetti, 2015). 
L'etimologia del termine paninaro viene fatta risalire al primo luogo documentato in cui si radunavano i gruppi da cui l'embrione del movimento si sarebbe formato e sviluppato: il bar Al Panino in Piazza del Liberty, nota più semplicenente come Piazza Liberty, nel pieno centro di Milano. Ci sono tuttavia opinioni discordanti e alcuni negano espressamente questa tesi, affermando che il locale in questione era piuttosto un raduno di giovani di estrema destra detti sanbabilini (Verdoia, 2013). In seguito il tempio del Paninarismo divenne il famosissimo Burghy in Piazza San Babila, un locale che può essere considerato il precursore di McDonalds.      

 
Un'interpretazione dietrologica 

Secondo la vulgata corrente, i paninari sarebbero stati l'espressione del cosiddetto "riflusso nel privato". Con questo termine del linguaggio giornalistico si intede un atteggiamento di disimpegno politico e sociale, il ripiegamento nella sfera del privato in un clima caratterizzato da estrema disillusione. Quindi un fenomeno di costume fondato sulla moda e sull'apparire sarebbe stato la conseguenza di qualcosa che era già in atto a un livello più profondo. Alcuni sostengono addiruttura che i paninari si sarebbero formati dal "vuoto pneumatico" degli anni '80 (Leggeri, 2015). Propongo un diverso modo di analizzare il fenomeno. A parer mio, il Paninarismo sarebbe invece stato la principale causa dell'affermarsi del "riflusso nel privato" e del "vuoto pneumatico", una costruzione artificiale architettata a tavolino per uno scopo ben preciso. Vediamo di esporre in dettaglio gli eventi. Era necessario disinnescare la tensione sociale, che aveva raggiunto livelli insopportabili, prossimi al punto di rottura. Bisognava seppellire per sempre gli anni di piombo e la loro eredità maledetta. Far obliare i problemi con la crescita esponenziale dei consumi. Silvio Berlusconi aveva tutti i mezzi per riuscire nell'ambiziosa impresa. Direi che ci è riuscito alla perfezione. In altre parole, il Paninarismo è stato un esperimento antropologico su larga scala, che ha impattato in modo pervasivo sui comportamenti e sui modi di pensare della popolazione italiana. Una delle sue caratteristiche fondanti era un acceso filoamericanismo di origine feticistica, puramente materialista e non ideologica. Un fatto del tutto nuovo. Non a caso si è parlato di edonismo reaganiano (D'Agostino, 1985), definito come "non solo un goliardico scherzo catodico, ma il piedino di porco per penetrare nella Weltanschauung degli Anni '80" (D'Agostino, 2011). Va detto questo: si tratta di una subcultura autoctona. Mentre i rockabilly, i metallari e i dark sono giunti dal mondo anglosassone, i paninari sono a tutti gli effetti un prodotto italiano. 
 

Drive In e il contesto mediatico
 
Qualcuno si ricorda ancora di Drive In? I Millennials non ne sanno nulla. Per farla breve, era una trasmissione andata in onda sulle reti di Berlusconi dal 1983 al 1988. Chi l'ha vista non l'ha dimenticata. Lory Del Santo incedeva sensuale, con le sue splendide tettine, con le sue gambe statuarie. Sorriso smagliante e voce vellutata. All'epoca non era ancora dedita alle assurdità New Age. Era sensualità assoluta. Nella sigla d'apertura lei passava e a Enrico Beruschi cadevano gli occhi sul pavimento (effetto speciale rudimentale). Suonava la musichetta in sottofondo e una vocina femminile faceva "saxofonofonì". Tutta la popolazione maschile italiana se ne restava davanti al video con lo sperma che premeva nei testicoli. Potremmo definire Drive In una manifestazione dei frivoli anni '80. Oppure era proprio Drive In a generare l'essenza dei frivoli anni '80? Molti troveranno stravagante la mia domanda. Consideriamo però alcune cose. La trasmissione, che andò in onda con cadenza settimanale a partire dal 1983, aveva una diffusione capillare, giungendo ovunque. Questo è un fatto che non va sottovalutato. Si avvertiva un imperativo: dimenticare la violenza. Lasciarsi alle spalle l'orrore. La Milano della mala con la sua escalation che l'aveva trasformata in feroce gangsterismo. Una scia di sangue, rapine quotidiane. Morti ammazzati. Attentati senza sosta, sequestri. Stragismo, eversione. Guardando la televisione si poteva dire basta. Basta con la strategia della tensione! Basta con Lotta Continua! Basta con le Brigate Rosse! Basta con Vallanzasca! Basta con i tumulti! Basta con i tribunali studenteschi! Basta con i coglioni che urlavano "fascista!" a chiunque non condividesse le loro stronzate! Simili atrocità erano come l'alito di un dragone infernale, sulfureo, un tanfo pestilenziale che nessuno voleva più annusare. I primi segnali di disimpegno cominciarono su finire degli anni '70, quando fu notato che moltissimi avevano abiurato Marx per abbracciare il consumismo (Montanelli, 1979). A questa urgente domanda di senso, Berlusconi diede una risposta forte che fu percepita come salvifica. Ecco quindi un po' di profumo erotico che non costava nulla. Un profumo inebriante, che non si poteva fare a meno di continuare ad annusare. Questa strategia ebbe un immenso successo. Non bisogna tuttavia dimenticare che non è tutto oro ciò che luccica. Erano i prodromi di ciò che si sarebbe sviluppato appieno anni dopo, irradiandosi dalla Reggia di Hardcore. Tempo fa ebbi a dare una definizione meno anodina del fenomeno: "prove tecniche di puttanizzazione". I frutti maturi del seme piantato in quell'epoca li si è visti nel XXI secolo col diffondersi di una nuova definizione della prostituzione: "Un'intelligente forma di imprenditoria che dà alla donna l'accesso alla ricchezza tramite la libera gestione del proprio corpo".  

 
Enzo Braschi, il Profeta del Paninarismo 
 
Proprio Drive In fu il palco migliore per la diffusione del Paninarismo, che ebbe in Enzo Braschi il suo predicatore convulsionario. Si presentava sul palco mentre suonavano le note di Wild Boys (pron. uabbòis o uabbò), una canzone dei Duran Duran, gruppo il cui cantante Simon Le Bon era idolatrato dai paninari. Imperversava, faceva faville. In seguito il comico ha affermato cose stravaganti su questo suo passato, dando l'impressione di un tentativo di rinnegarlo. Ha rifiutato l'etichetta di ideologo del movimento paninaro, facendo capire che in realtà vi si sarebbe infiltrato obtorto collo. Questo a dispetto del fatto di per sé evidente che è stato per anni il massimo promotore di quella subcultura. Si è diffusa poi una leggenda, una diceria, secondo cui alcuni paninari lo avrebbero pestato perché aveva perculato l'identità del loro gruppo. Queste sono le sue parole riportate in un'intervista: "Se è vero che un gruppo di paninari milanesi mi riempirono di botte? No. Però quelli che ci credevano veramente in quel movimento si sentirono offesi. Una volta un paio di paninari di zona San Babila, a Milano, mi inseguirono. Non ho mai capito se volessero un autografo o darmi una 'compilation di schiaffazzi'. Un'altra volta in una discoteca mi si avventarono una trentina di loro: quelli sì, volevano spaccarmi le ossa. Io mi feci grosso e li respinsi. Forse, mi salvai la vita" (Braschi, 2017). Trovo difficile credergli. Sono tutte affermazioni analizzabili tramite un famoso brocardo: "excusatio non petita, accusatio manifesta". Sarebbe sensato dirlo usando una parola genovese: "sono musse". A mio avviso Braschi non intese mai perculare un'identità che traeva vita, vigore e grandissima diffusione proprio dai suoi numeri comici. Chi può pensare che senza di lui ci sarebbero stati così tanti paninari? In realtà era il protagonista indiscusso di uno dei più importanti esperimenti antropologici di tutto il XX secolo. Credo che ne fosse consapevole, anche se non posso fornirne una dimostrazione diretta. Senza dubbio è stato notevole l'effetto dell'opera braschiana sulla codifica e sull'omologazione del gergo paninaro sull'intero territorio italiano e oltre. Qualcuno accusa Braschi di aver preso una subcultura elitaria ed esclusiva, tipica unicamente del Milanese, facendone qualcosa di nazional popolare (Sam Arko, 2007). Perché dovrebbe essere un'accusa? Diabole Domine, era proprio quello lo scopo dell'esperimento! 
 
Un sintetico glossario 
 
Il paninarese era pieno zeppo di anglismi, autentici o maccheronici; l'influenza della lingua inglese si esercitava anche sulla morfologia (esistevano plurali in -s, nomi formati col suffisso -ation pronunciato -éscion, etc.). Vi si trovavano anche tracce di ispanismi maccheronici. Riporto un certo numero di vocaboli e di locuzioni:     

appiovrare "abbordare una ragazza" 
arrapation "eccitazione sessuale" 
arterio "un vecchio" (pl. arterios)
burghino "paninaro" 
cagacazzo "chi importuna le ragazze" 
cagare il cazzo "importunare"
cannare "sbagliare" 
centenari "i genitori"  
centra "cazzotto"
cesso "brutto" 
che calfort "che cavolo" 
ciàina "comunista" (dall'inglese China)
cinese "comunista" 
cinghiale "individuo rozzo; non paninaro" 
cinghio = cinghiale (pl. cinghios)
classica catrambogia "cosa incomprensibile" 
    esempio: 
    non ci capisco una classica catrambogia "non ci capisco 
    un cazzo"
company "la compagnia" 
compilation "un insieme, una serie"
cucador "scopatore, macho" (pl. cucadores)
cuccare "fare sesso con una ragazza" 
Curma "Courmayeur"  
everyday "sempre"
falchettare "puntare una ragazza" 
fiocinare "prendere qualcosa" 
floppy "fiasco, fallimento"
fuori di melone "impazzito"  
gallata "idea geniale"
gallo "paninaro di successo" 
galloso "figo" 
gino "ragazzo inesperto, sfigato" 
Gran Gallo "capo paninaro"
grano "denaro" 
grippare "afferrare qualcosa; afferrare qualcuno" 
ingrippare "coinvolgere" 
kissettini "bacini" 
kissettoni "bacioni" 
lager "scuola"
libidine "godimento, piacere" 
    esempi: 
    libidine mongola "grande godimento";
    è una libidine, mi si rizza "è un piacere immenso" 
manzire "fare sesso con una ragazza" 
mazzulare "massacrare di botte" 
mazzulatore "picchiatore" 
megagalattico "gigantesco, immenso" 
meucci "telefono" 
mezza gamba "50.000 lire" 
must "dovere" 
    esempio: 
    è un must "è un dovere" 
naa "no" 
non me ne sdruma un drigo "non me ne frega un cazzo" 
okappa "in regola" 
pacco "inganno, bidone" 
paccoso "uno che fa i bidoni" 
pan-look "look paninaro"
panozzo "panino; paninaro" 
preppy "ragazza"
ramboso "tosto" 
ruotare "andare in giro in moto"  
sapiens "i genitori"
schizzare al brucio "muoversi velocemente"
sfitinzia "ragazza" 
slacciare "rompere" 
    esempio: 
    ti slaccio la faccia, tamarro!  
slandra "vulva, figa; ragazza"
smerigliare il gargarozzo "mangiare"  
squallor "male"  
    esempio:
    l'andazzo oggi è uno squallor "oggi va male" 
squinzia = sfitinzia  
storia tesa "lite"
suggellare lo zillo con la slandra "fare sesso con una ragazza"
tacchinare "puntare una ragazza, fare la corte" 
tamarrata "cosa da tamarro"
tamarro "individuo rozzo; non paninaro" 
tarocco "falso, imitazione" 
tarro = tamarro 
Timbe "le Timberland" 
troppo giusto "buono, in" (indica approvazione)
troppo scarso "non buono" (indica disapprovazione)
truzzo "individuo rozzo" 
truzzolone "pseudo-paninaro" 
una cifra "tanto" 
una gamba "100.000 lire" 
very arrapation "sexy" 
very original "originale"  
volpinata "cosa molto furba" 
volpino "furbo"

Come si può notare, alcune di queste parole sono tuttora di uso corrente e nessuno ne sospetta l'origine (es. pacco, tarocco, cagacazzo, cesso). Il verbo cuccare si è indebolito e viene spesso glossato come "rimorchiare, conquistare; pomiciare"; c'è persino qualche ingenuo che lo traduce con "fare colpo". All'epoca era decisamente più hard (per dire di aver cuccato, un gallo doveva ottenere almeno un rapporto orale). Altre parole e locuzioni sono cadute in un oblio profondo e nessuno si sognerebbe più di usarle (es. classica catrambogia). 
Molti si chiedono se si parlasse davvero così. Ebbene sì, c'erano molti chi lo faceva. Per quanto possa sembrare incredibile, ci sono persone che affermano di non ricordare termini essenziali come sfitinzia, attribuendoli a distorsioni e caricature cabarettistiche dello stesso Braschi (Sam Arko, 2007). In netto contrasto, c'è invece chi afferma di usare ancora questi termini nella conversazione familiare. Se devo essere franco, credo che Verdoia, che parla tuttora in questo modo, sia più attendibile degli scettici.     

 
La Milano da bere (e da annusare) 
 
L'espressione "Milano da bere" è l'ennesima trovata del linguaggio dei giornalisti. È usata per descrivere certi ambienti opulenti della metropoli lombarda degli anni '80, in cui fortissimo e pervasivo era il potere del Partito Socialista Italiano di Craxi - quello stesso milieu in cui si formò Berlusconi. Queste erano le caratteristiche salienti del contesto:  
1) percezione di benessere diffuso; 
2) rampantismo arrivista e opulento ostentato dai ceti sociali emergenti; 
3) immagine "alla moda".
(Fonte: Wikipedia). 
La locuzione Milano da bere ha avuto origine da uno pubblicitaria dell'Amaro Ramazzotti (Mignani, 1994; Santolini, 2008). Non si tiene però conto di una cosa importante. Alla Milano da bere era associata in modo indissolubile una Milano da annusare. Era il regno dei proboscidati che aspiravano un pregiato alcaloide peruviano. Nei loro cervelli nevicava sempre. Combinandosi questo alcaloide con l'alcol, nei loro fegati erano sintetizzati ingenti quantitativi di cocaetilene. Qual era il rapporto dei paninari con la droga e con l'alcol? Senza dubbio era odiatissima l'eroina, che era la droga dei tamarri. Si dice che si beveva a malapena e che la bamba fosse così costosa da essere fuori dalla portata (Verdoia, 2013). Pure so per certo che molti se la potevano permettere e che era assai diffusa, oltre al fatto che alcuni galli erano bevitori. "Nasce ed impazza la tv privata di Berlusconi, piena di programmi che mostrano una società laccata, imbrillantata. In questo clima di festini alla moda, pieni di Vip televisivi, non può che prendere piede una droga come la cocaina che, diversamente dalle droghe più utilizzate negli anni '70, che servivano ad aprire le porte della percezione, serve per aumentare le prestazioni, non ingrassare, essere falsamente sempre in prima linea" (Meroni et al., 2012). Se la Milano da bere è ormai un ricordo, la Milano da annusare esiste tuttora. 
 
Paninari e yuppies 
 
Gli yuppies erano i giovani rampanti, nella cui vita esisteva soltanto il lavoro ai fini dell'arricchimento personale. Erano ben distinti dai paninari, nonostante qualcuno li considerasse i loro fratelli maggiori. Gli yuppies producevano ricchezza, i paninari la consumavano come rampolli viziati della borghesia medio-alta. La differenza tra le due subculture non avrebbe potuto essere più grande, pur coesistendo nello stesso habitat metropolitano. Condividevano pochi valori, nonostante esista nell'immaginario collettivo l'idea di una comunanza di Weltanschauung tra yuppies e paninari, fomentata da alcuni film ambientati nella Milano da bere. Possiamo citare Yuppies - I giovani di successo (Carlo Vanzina, 1986) e Yuppies 2 (Enrico Oldoini, 1986), in cui i protagonisti si esprimono in paninarese (es. troppo giusto "buono", troppo scarso "non buono", è una gallata "è un'idea geniale"). Puramente paninaro, senza traccia alcuna di yuppismo, è invece Italian Fast Food, diretto da Lodovico Gasparini nel 1986. In questo film Enzo Braschi interpreta il capo paninaro conosciuto come Gran Gallo, che lotta perennemente contro una gang di punk. Non è affatto sicuro che un paninaro potesse metamorfosare in uno yuppie una volta diventato più maturo. 

 
Strane contraddizioni
 
Più volte è stato notato che i paninari ostentavano ricchezza, eppure in diversi casi si ispiravano a modelli di vestiario proletari, tipici di operai, boscaioli e contadini. La differenza sostanziale è che si trattava di indumenti costosissimi, essendo firmati. Un outfit tipico era costituito da giubbotto Moncler imbottiti di autentico piumino d'oca, pantaloni Levi's 501, scarpe Timberland, cintura El Charro, camicia Armani. Innumerevoli erano gli oggetti-feticcio. La stessa dieta dei paninari non era affatto sofisticata: era composta principalmente da panini con hamburger. Non esisteva a quei tempi la tirannia degli chef, con le loro porzioni da Lillipuziani meno nutrienti di una particola e i loro ingredienti selezionatissimi fatti pagare a peso d'oro. I paninari andavano nei fast food come Burghy in Piazza San Babila e "si smerigliavano il gargarozzo con una compilation di panozzi", come dicevano nel loro interessante e peculiare gergo. A quei tempi ero tanto ingenuo da pensare che i paninari si chiamassero così perché sembravano giganteschi panini deambulanti. Tutto nasceva da un equivoco. A Seregno i Moncler erano omologati e quasi tutti di un color arancione che li faceva assomigliare alla parte esterna del tipico pane molle usato dagli anglosassoni per preparere gli hamburger. In realtà c'erano Moncler di vari colori, anche viola o verdi, fluorescenti - e non c'erano soltanto i Moncler. Un'altra strana contraddizione la vedo nell'uso della lampada. Non era raro imbattersi in paninari che coltivavano il malsano costume di abbronzarsi sottoponendosi a irradiazione con i raggi UVA fino ad esibire una pelle più scura di quella di molti africani. Eppure ricordo bene che a Seregno molti di questi abbronzati ostentavano un razzismo a dir poco virulento. Mi fu persino riferito di un gallo che abusò della lampada a tal punto da sviluppare una neoplasia cutanea. 
 
La massima espansione del Paninarismo   

Ricorderò sempre che nei lontani anni del liceo, mentre ci si stava preparando a una gita scolastica a Monaco di Baviera, c'era chi temeva di trovare i paninari imperversanti nella città tedesca. "No! I panini a Monaco!", esclamavano alcuni miei compagni di classe. Poi quando andammo a Monaco, non vedemmo nemmeno un singolo Moncler (Monti, 1985). Si dice spesso che la massima espansione del Paninarismo si realizzò di lì a poco, nel 1986. L'evento determinante fu proprio la pubblicazione di un singolo dei Pet Shop Boys intitolato Paninaro, avvenuta in quello stesso anno (Falchi, 2003). Il gergo paninaro entrò nell'uso corrente e si diffuse anche tra persone estranee al movimento. Ricordo un bottegaio dei Navigli che ebbe a dirmi: "Gesù era un gallo". Sempre nel 1986 nacquero fumetti come Paninaro, edito da Edifumetto di Renzo Barbieri (un numero arrivò a vendere ben 140.000 copie), e Cucador, edito da Garden Editoriale. Esistevano anche versioni per ragazze, come New Preppy, edito da Edifumetto. In questi fumetti il paninaro era presentato come un eroe metropolitano, senza nascondere le sue inclinazioni abbastanza violente. Non dimentichiamo che i galli erano spesso coinvolti in risse. Ricordo giornalini che esaltavano le storie tese con i tamarri e altri gruppi deprecati; anche gli studenti adepti di Comunione e Liberazione venivano aggrediti. Quando studiavo a Fisica, questi fanatici religiosi erano una piaga. Peccato che non giungessero un po' di paninari agguerriti a slacciare la faccia ai ciellini!
 
Le ragioni dell'estinzione dei paninari 
 
Ho discusso a lungo con i miei coetanei della subitanea scomparsa dei paninari. Conserverò sempre memoria di queste conversazioni. L'argomento mi ha sempre affascinato. Le tesi a questo riguardo sono poche e circostanziate. I paninari si sarebbero estinti per via di un'improvvisa riduzione dei prezzi del loro costosissimo outfit, dovuta a qualche speculazione dei produttori, oppure per via di un incremento della ricchezza della Nazione - cose che avrebbero reso gli acquisti accessibili a una platea più ampia (Gallo, 1993). La questione non sarebbe però stata soltanto economica: avrebbe contribuito in modo determinante l'enorme diffusione di prodotti farlocchi. Tra questi citiamo con i loro nomi gergali i giubbotti Fintcler (imitazioni del Moncler) e le scarpe Finterland (imitazioni delle Timberland). Quando queste contraffazioni resero difficile alla massa distinguere tra paninari autentici e pseudo-paninari, sarebbero scattati dirompenti meccanismi di estinzione tempestiva (Dionisi, 1988). Verso gli inizi degli anni '90 del XX secolo, i pochissimi superstiti del movimento si sarebbero all'improvviso votati ad altre mode, rilanciando i pantaloni a zampa di elefante; alcuni sarebbero addirittura confluiti nei cosiddetti maranza (Azzali, 1993). In genere il termine maranza è glossato come "teppista"; la cosa non deve sorprendere troppo, visto il passato rissoso di molti galli - anche se resta problematico l'aspetto tamarresco dei criminali di strada. 
Tutte queste ipotesi alla fine si dimostrano incapaci di spiegare l'accaduto. La realtà è infatti ben diversa: le ragioni della fine del Paninarismo vanno rintracciate in chi lo ha fabbricato.   

 
Paninari e neopaninari in Svizzera 
 
Ho trovato un documento nel Web sulla diffusione del Paninarismo a Berna. Ecco il testo, che risale al 1988, quando a Milano il movimento si era ormai esaurito: 
 
"Ciao Italia! Noi orsi* siamo per ora il nucleo più lontano dal Durango. Tenere alta la gloriosa reputazione paninara nella Bear-city sfiora l'impossibile, ma il Pan-look muore con noi. [...] Della lingua tedesca a noi non ce ne sdruma un drigo, perché usiamo un linguaggio troppo giusto!" 
 
*L'orso è il simbolo araldico della città di Berna. Risale alla Dea Artiona degli antichi Elvezi.  
 
Questo è il link al documento con l'interessante citazione, che è stato pubblicato nel 2018: 
 
 
Un accademico studioso di linguaggi giovanili, il professor Guido Petrojetta (Università di Friburgo), si occupò del caso. Notiamo che nel testo sopra riportato si trova il termine Durango, che nel gergo paninaro indicava l'Italia. Mi sono interrogato sulla sua esatta etimologia, pensando dapprima allo stato messicano di Durango, vista la passione che molti paninari avevano per i film western. Poi all'improvviso ho avuto l'intuizione. Proprio Durango era il nome di una rinomata marca di stivali amati dai paninari. La Penisola è anche chiamata Stivale, per via della sua caratteristica forma. Così da Stivale si è arrivati a Durango. Ho trovato nel Web diverse attestazioni di questo vocabolo gergale. Su Facebook e altrove è documentata la presenza di qualche seguace tardivo del movimento: 
 
"Siamo pochi e sparsi per tutto il Durango ma ci siamo ancora"
(cit., 2020)  

"e oggi l’Italia ha disimparato a giocare col linguaggio perché non scherza più, non vuole più essere un Durango stragallosissimo di Dio."
(cit., 2016) 

Gli autori di questi interventi non sarebbero superstiti degli anni '80, ma esponenti di una nuova generazione di paninari formatisi dalla riattivazione della moda, avvenuta verso il 2012 a Milano (Benazzo, 2018). In questo contesto si è avuto l'avvistamento di un paninaro a Basilea. Dalla sua intervista si hanno indizi della presenza di seguaci del movimento anche in Germania (Benazzo, 2018). Il paninaro scoperto a Basilea è discendente di immigrati milanesi, giunti in Svizzera negli anni '70 dello scorso secolo. Tecnicamente parlando è un neopaninaro. Si dovrebbe parlare di Neopaninarismo per indicare il movimento riattivato negli anni '10 del XXI secolo. Ecco il link al documento:
 
 
Come si vede, il Paninarismo arrivò ben oltre il Canton Ticino e il Neopaninarismo è poi giunto ad allignare in Germania, dovunque ci fossero discendenti di immigrati italiani. 
 
Testimonianze dell'estinzione del Paninarismo 

Era il 1987. Un anno luttuoso per la musica: aveva fatto la sua comparsa Jovanotti e alla radio non trasmettevano quasi più brani decenti. Mi trovavo a Milano, di ritorno dalle vacanze estive. L'aria che si respirava era cambiata. All'improvviso mi resi conto che i paninari non esistevano più. Non ne vedevo più nel centro di Seregno. Non ne vedevo più in stazione, né a Seregno né a Milano. Non ce n'erano nemmeno sul treno. Vero è che quasi nessun paninaro frequentava il corso di laurea in Fisica all'università di Via Celoria, ma ormai non se ne vedevano più nemmeno nelle facoltà umanistiche di Via Festa del Perdono, dove le sfitinzie abbondavano. Nell'ateneo dove studiavo e soffrivo, ricordo soltanto una tale Barbara Duncan, che vestiva con abiti firmati e che dava feste orgiastiche esclusive - a cui non ero certo invitato. Ero un reietto e un immondo paria già a quei tempi. L'attillata Barbara Duncan non resse molto a Fisica: il suo ambiente ideale era la Milano da annusare. Per il resto, essendo quell'infelice sede universitaria infestata dai ciellini, l'estinzione dei paninari non aveva portato grandi cambiamenti. Una cosa mi ha sempre stupito: la perfetta sincronia nell'abbandono di un costume che sembrava destinato a diventare universale. Era come se tutti i paninari si fossero messi d'accordo, in un tempo in cui Internet non esisteva, in cui non c'erano smartphone, lanciando un tam tam con l'ordine di smettere all'istante l'uso dei Moncler e delle Timberland. Assurdo! Eppure questa impressione è sempre rimasta in me fortissima (Moretti, 1987). Alcuni anni dopo, nel borgo montano di Malesco, situato nell'impervia Ossola, ho potuto vedere che i paninari erano ancora presenti. In quei distretti si è registrato un ritardo nell'estinzione del Paninarismo rispetto all'ambiente metropolitano milanese (Cazzaniga, 1994).
 
Rimozione, oblio e ritornanti
 
Nel 2012 mi sono imbattuto in L., una ragazza che si era da poco laureata al Politecnico di Milano. Mentre parlavamo del più e del meno, mi ha riportato il caso di un "paninaro" che era diventato un eroe rifiutandosi di pagare il pizzo ai mafiosi. Sono rimasto allibito. Dopo alcuni minuti di malintesi imbarazzanti da parte di entrambi, è emersa la realtà dei fatti: con "paninaro", L. intendeva il venditore ambulante di panini e ignorava del tutto che esistesse un'altra accezione della parola. Nel 1982, quando si videro i primi paninari al bar Al Panino di Piazza Liberty, L. al massimo era sperma nei testicoli di suo padre. A distanza di 30 anni da allora, l'esistenza del Paninarismo era stata addirittura rimossa a Milano. Se avessi parlato a L. degli Antitrinitari, degli Anabattisti di Münster o dell'Eretico di Lacchiarella, avrei anche potuto capire il suo stupore. Meno comprensibile è che una milanese trasecolasse nel sentir parlare di una subcultura tanto recente. Tanto più che proprio nel 2012 si era svolto un raduno di paninari in Piazza San Babila. Si trattava sia di superstiti degli anni '80 che di giovani neopaninari (Benazzo, 2018). Secondo altri erano soltanto rievocazioni nostalgiche organizzate ad arte (Canziani-Crivelli, 2015). In ogni caso ne concludiamo che Milano è vasta: una giovane sbarbina come L. poteva anche non conoscere ogni diverticolo della metropoli.  
 

Il Paninarismo come religione 

Nel 1986 negli ambienti paninari si parlava troppo di Dio. Lo si menzionava troppo. Il Gallo di Dio. Il Gallo Supremo del Dio Vivente. Il Dio Galloso. Il Durango di Dio. Qualcuno cominciava a credere in un destino ultraterreno per chi seguiva i precetti dall'abbigliamento griffato: la Grande Paninoteca Celeste, dove si cuccava senza sosta. Ancora un po' e si sarebbero circolate frasi come "Tu non sei veramente morto se credi nel Grande Gallo", "Il Grande Gallo ha creato l'Universo", "Ci attendono grandi viali celesti da percorrere in Zündapp". La subcultura giovanile stava diventando qualcosa di ipertrofico, correndo il rischio di svilupparsi in una nuova religione, il Gallismo. In fondo anche il Cristianesimo aveva aveva avuto inizi modesti all'epoca dell'antica Roma - forse proprio a partire da un esperimento antropologico (Atwill, 2005). Nessuno ne avrebbe saputo prevedere gli sviluppi. Dirò di più. Il Gallismo sarebbe stato la prima religione nella storia del genere umano con questa caratteristica: l'etica coincide con l'estetica. Posso immaginare l'accaduto e lo ricostruisco sotto forma di narrazione, anche se ovviamente non ne sono stato testimone. A Berlusconi non piacque quanto gli fu riportato, così decise di far cessare in modo subitaneo l'esperimento antropologico. Il Magnate di Hardcore non voleva derive religiose tanto destabilizzanti, non intendeva permetterle, quindi staccò la spina e pose fine al progetto. Interruppe i finanziamenti da un giorno all'altro. Diede ordini a Enzo Braschi di smetterla con le sue prediche paninaresche. Così fu inventata in fretta e furia una nuova pantomima guittesca per il comico: Braschi era stato chiamato alla leva militare e cominciò a interpretare il ruolo di una recluta ottusa, che sapeva quasi soltanto recitare il ritornello "gnornò", lapalissiana contrazione di "signor no". Domanda del caporale: "Sei macaco?" Risposta della recluta: "Gnornò!" I paninari furono colti dal terrore. Sapevano che li aspettava la naja, che non potevano sottrarsi agli obblighi militari e che sarebbe stata la fine della loro bella vita. Dopo una simile agonia, Drive In chiuse i battenti, nell'aprile del 1988. Così la religione paninara non poté svilupparsi. Fu estirpata sul nascere. I paninari superstiti non si ripresero dal colpo. Il fumetto Paninaro smise di essere pubblicato di lì a poco, nel 1989. Il servizio di leva non ebbe comunque lunga vita: fu abolito nel 2004, poco più di un decennio dopo gli eventi da me descritti. I boomerang hanno la strana capacità di tornare da chi li lancia, anche se è un multimilionario.
 
Il Neopaninarismo è un culto del cargo?

Non si può evitare di notare che il contesto in cui sono comparsi i neopaninari è profondamente diverso da quello degli anni '80 dello scorso secolo. Manca del tutto l'ottimismo, la fiducia in un futuro radioso. Allora perché qualcuno sta rievocando qualcosa che non ha attinenza con la nostra epoca inquieta? Forse il fenomeno neopaninaro è una forma di culto del cargo. Alcuni pensano questo: vestendosi come nei frivoli anni '80 e riportando in vita un'estinta identità di gruppo, ritorneranno l'abbondanza e la spensieratezza di quei tempi, per magia simpatica. Il Paninarismo è stato un esperimento antropologico, come abbiamo dimostrato. Il Neopaninarismo non è un esperimento antropologico: è un imprevisto.    
 
 
Violenza, religione, ingiustizia e morte  
 
Questa è la scheda tecnica della canzone dei Pet Shop Boys, che conserva traccia di quanto ho esposto sulle derive religiose del Paninarismo: 
 
Singolo: Paninaro 
Artista: Pet Shop Boys
Album: Suburbia
Anno: 1996 
Paese: Regno Unito 
Lingua: Inglese 
Genere: Synth pop 
Produttore: Pet Shop Boys 
Etichetta: Parlophone

Testo:

Passion and love and sex and money
Violence, religion, injustice and death
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Girls, boys, art, pleasure
Girls, boys, art, pleasure
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Food, cars, travel
Food, cars, travel, travel
New York, New York, New York
New York
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Armani, Armani, ah-ah-Armani
Versace, cinque
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Armani, Armani, ah-ah-Armani
Versace, cinque
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
I don't like country-and-western
I don't like rock music
I don't like, I don't like rockabilly 
or rock 'n0 roll particularly
Don't like much really, do I?
But what I do like I love passionately
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
You, you're my lover, you're my hope, you're my dreams
my life, my passion, my love, my sex, my money
violence, religion, injustice and death
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Don't like much really, do I?
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
But what I do like I love passionately
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh

Ispirazione: 
 
"Eravamo a Milano a fare promozione, vedemmo dei ragazzi vestiti in modo curioso. Noi eravamo considerati alternativi. Loro sembravano più fan di Madonna o Wham! Ma ci arrivò l'ispirazione per un brano con un coro oh-oh che sembrava piacere tanto all'Italia in quel momento la intitolammo così".  
(Neil Tennant)
 
Il brano fu registrato nuovamente nel 1995, circa un decennio dopo l'estinzione del movimento. Gli fu dato un nuovo nome: Paninaro '95 e usato per promuovere l'album Alternative
 
La religione a cui alludono i Pet Shop Boys è il Gallismo, non certo l'agonizzante bigottismo dei vecchi o il rampante fanatismo di Comunione e Liberazione. La menzione della violenza consiste nell'ingigantimento delle tensioni tra paninari e gruppi ostili (punk, estremisti di sinistra chiamati Ciàina o cinesi, metallari, etc.). La menzione dell'ingiustizia fa riferimento all'ostentazione della ricchezza. E la morte? Mi sembra facile capirlo. Qualcuno a forza di fiutare sacchi di bamba ci sarà pure rimasto secco.
Secondo alcuni questa canzone contribuì ad esportare la moda persino in Albione. Secondo altre fonti era soltanto un'eco della subcultura giovanile italiana, che aveva raggiunto il Regno Unito come un tentacolo sporadico (Falchi, 2003). Sono abbastanza scettico sulla diffusione del Paninarismo in Albione a partire dal 1986, né mi risultano attestazioni di una sua presenza negli Stati Uniti. 
 
Riferimenti

Atwill, 2005: Caesar's Messiah
Azzali, 1993: comunicazione personale 
Benazzo, 2018: Spazio Sara (www.missprettysara.com
Braschi, 2017: Enzo Braschi, il Paninaro di Drive In: "Oggi mi occupo di indiani d’America e ufo", intervista su www.tvblog.it
Canziani-Crivelli, 2015: Raduno dei paninari a Milano: la generazione 'troppo giusta' degli anni '80, su Blasting News Italia (it.blastingnews.com)
Cazzaniga, 1994: comunicazione personale  
D'Agostino, 1985: Quelli della notte (programma televisivo di Renzo Arbore e Ugo Porcelli, trasmesso su Rai2).
D'Agostino, 2011: Gli anni dell'Edonismo Reaganiano, su La Stampa (www.lastampa.it), 6 febbraio 2011  
De Benedetti, 2015: La situazione è grammatica, Einaudi, 2015 
Dionisi, 1988: comunicazione personale
Falchi, 2003: cominicazione personale 
Gallo, 1993: comunicazione personale 
Leggeri, 2015: Trooooooppo scarsi!!! I Paninari a fumetti. (www.lospaziobianco.it)  
Meroni et al., 2012: Adolescenti di oggi e generazioni precedenti: Emo & Co., Rivista di psicoterapia relazionale: 35, 1, 2012, pag. 19 
Mignani, 1994: L'uomo che inventò la Milano da bere, su La Stampa (www.lastampa.it), 1 aprile 2008
Montanelli, 1979: I nonni del '68, su Il Giornale nuovo, 16 gennaio 1979
Monti, 1985: comunicazione personale 
Moretti, 1987: memorie
Sam Arko, 2007: Vero e falso dei paninari, thread su Narchive.com.
Santolini, 2008: L'uomo che inventò la Milano da bere, su La Stampa (www.lastampa.it), 1º aprile 2008 
Verdoia, 2013: intervista in Troppo giusto - Storia dei paninari italiani (www.vice.com)