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lunedì 17 maggio 2021

INGLESE CUCKOLD, FRANCESE COCU 'CORNUTO', GERGO PANINARO CUCCARE 'FARE SESSO'

Una parola inglese è diventata molto famosa: cuckold "cornuto". La si trova moltissime volte nei siti pornografici come xHamster. Come lemma tecnico del mondo del porno, l'epiteto cuckold indica un uomo passivo che presta volentieri la sua compagna a estranei perché ne godano sessualmente. In genere si tratta di energumeni che si fanno praticare sesso orale e la penetrano, arrivando infine a coprirla di sperma. Il costume è attecchito, tanto che si trovano bizzarri commenti dovunque. Ne ricordo due in particolare. Un marito portava la moglie a fare pompini gratuiti a sconosciuti e stava a spiarla, lamentandosi poi del fatto che lei si sentiva a disagio. Un altro marito sospirava e scriveva: "Non riesco a convincere la mia compagna a realizzare il mio sogno, quello di essere reso cornuto". Molti sono riusciti nell'intento. Godono a tal punto nel vedere la moglie fare le gangbang spermatiche, che eiaculano senza nemmeno toccarselo. Questo è quanto. Tramite la pornografia, l'ennesimo anglismo è stato importato in italiano: cuckold, pronunciato in modo approssimativo come /'kakold/. Perché importare cuckold se già abbiamo le parole cornuto e becco? Perché cuckold non è davvero un "prestito di lusso". C'è infatti una sfumatura particolare nella parola inglese: il cuckold desidera essere un cornuto, spasima, vuole che la consorte sia posseduta da altri. Il cornuto classico invece è ignaro delle attività che lo hanno reso tale, potendo reagire con furia nel caso ne venisse al corrente.

Quando ero uno scolaretto, mia madre mi insegnava alcune parole di francese, che ricordava dai tempi della scuola. Cose molto semplici, come table "tavolo", ville "città", garçon "ragazzo", fille "ragazza", rien "niente" etc. Qualche anno dopo, avendo visto un film in cui Cary Grant interpretava il ruolo di un becco, le chiesi come si dicesse "cornuto" in francese. Lei prontamente mi rispose: "Si dice cocu". All'epoca dell'università, studiando su un dizionario Nahuatl-Francese, appresi che in Francia il verme cornuto del tabacco è chiamato ver cocu. È un bruco verdognolo e pingue, molto odiato dai coltivatori di tabacco per la sua voracità. È la larva della sfinge del tabacco (Manduca sexta), una bella falena grigiastra e setosa. La glossa francese dell'azteco ocuilin cuācuahueh (pronuncia /o'kwilin kwa:'kwaweɁ/) è proprio "ver cocu". Quindi in alcuni contesti la parola cocu allude a protuberanze fisiche, non soltanto alla condizione del marito becco. Questo è un caso curioso e di difficile soluzione.

Si capisce a colpo d'occhio che l'inglese cuckold (pronuncia /ˈkʌkəʊld/, /ˈkʌkoʊld/, /ˈkʌkəld/) "cornuto" è connesso strettamente al francese cocu (pronuncia /kɔ'ky/) "cornuto", femminile cocue "cornuta", plurale maschile cocus "cornuti", plurale femminile cocues "cornute". Basta poco a comprendere che la parola inglese è stata presa a prestito dal francese. 

1) Questa è la trafila che ha portato alla parola inglese moderna:

Antico francese: cucuault => 
Medio inglese: cokewold =>
Inglese moderno: cuckold
Varianti in medio inglese: cockewold, cokolde, kukwald, kukewald, kukeweld.   

2) Questa è l'analisi della parola sorgente: 

Il suffisso antico francese -ault deriva direttamente dalla lingua dei Franchi, in cui suonava -wald, ben attestato nell'onomastica e adottato in romanzo come accrescitivo/peggiorativo.
Protogermanico: 
*-waldaz "dominatore, condottiero", 
*waldanan "dominare".
Gli adattamenti in medio inglese somigliano molto alla forma germanica originaria, segno che esisteva ancora tra i parlanti una capacità di riconoscere questo elemento. 
In antico francese il suffisso -ault è aggiunto a cucu "cuculo", con allusione alle abitudini di parassitismo procreativo dell'uccello. 
 
2) Questa è la trafila che ha portato alla parola francese moderna: 
 
Antico francese: cucuault => 
Francese moderno: cocu

3) Si sono venute a formare queste contrapposizioni: 

Inglese:  
cuckoo /'kʊku:/ "cuculo" : cuckold /'kʌkǝld/ "cornuto"
 
Francese: 
coucou /ku'ku/ "cuculo" : cocu /kɔ'ky/ "cornuto" 
 
Una miniera di informazioni utili 
 
Questo riporta il dizionario etimologico della lingua inglese Etymonline
 
 
cuckold (n.)
 
"derisive name for a man whose wife is false to him, "husband of an adulteress," early 13c., kukewald, cokewold, from Old French cucuault, from cocu (see cuckoo) + pejorative suffix -ault, of Germanic origin. So called from the female bird's alleged habit of changing mates, or her authentic habit of leaving eggs in another bird's nest."

Traduzione in italiano: 
 
"nome derisorio per un uomo la cui moglie è falsa nei suoi confronti, "marito di un'adultera", primo Trecento, kukewald, cokewold, dall'antico francese cucuault, da cocu (vedi cuckoo) + suffisso peggiorativo -ault, di origine germanica. Così chiamato dalla supposta abitudine femminile dell'uccello di cambiare compagno, o dell'autentica abitudine di lasciare uova nel nido di un altro uccello."
 
E ancora: 

"In Modern French the identity is more obvious: Coucou for the bird and cocu for the betrayed husband. German Hahnrei (13c.), from Low German, is of obscure origin. The second element seems to be connected to words for "ardent," and suggests perhaps "sexually aggressive hen," with transferal to humans, but Kluge suggests rather a connection to words for "capon" and "castrated." The female equivalent, cuckquean, is attested by 1560s."
 
Traduzione in italiano:  

"In francese moderno l'identità è più ovvia: coucou per l'uccello e cocu per il marito tradito. Il tedesco Hahnrei (Tredicesimo secolo), dal basso tedesco, è di oscura origine. Il secondo elemento sembra essere connesso a parole per "ardente", e suggerisce forse "gallina sessualmente aggressiva", con trasferimento agli umani, ma Kluge suggerisce piuttosto una connessione a parole per "cappone" e "castrato". L'equivalente femminile, cuckquean, è attestato dagli anni '60 del Cinquecento." 

Il Paninarismo e l'imperativo di cuccare

I paninari degli anni '80 dello scorso secolo facevano uso ed abuso del termine cuccare "fare sesso con una ragazza". Da tale verbo, che potremmo definire braschiano in quanto promosso dal comico Enzo Braschi, deriva per retroformazione il sostantivo cucco "atto di fare sesso con una ragazza". Si noterà che il verbo cuccare può essere intransitivo (es. "ieri sera ho cuccato") oppure transitivo (es. "sono riuscito a cuccare la sfitinzia arrapation"). Pochi sanno che queste parole erano già in uso nel gergo dei cicisbei del XVIII secolo. In origine il verbo cuccare significava "ingannare" ed è derivato da cucco "cuculo". Rimangono ancora alcune tracce dell'uso originario. La frase "non mi cucchi" significa "non m'imbrogli"
 
1) Questa è una possibile trafila semantica: 
 
cuccare "ingannare" => 
cuccare "convincere con l'inganno una donna a fare sesso"
cuccare "fare sesso con una donna"  
 
2) Questa è una trafila semantica alternativa: 

cuccare "agire come il cuculo" (= *cuculare)
cuccare "sedurre una donna, rendendo cornuto suo marito"
cuccare "fare sesso con una donna" 

Il fatto che cuccare possa essere un verbo transitivo fa pensare che la trafila 2) sia migliore della trafila 1).

Ai nostri giorni pochi usano la parola cucco per indicare il cuculo (Cuculus canorus). Ormai è diventata obsoleta e si conserva essenzialmente in una frase fatta: si dice "vecchio come il cucco" o "vecchio come il cucù", con riferimento al mitico pseudo-piccione strabico e parassitario. Forse il riferimento è al fatto che non c'è nulla di nuovo sotto il sole, come  scritto nell'Ecclesiaste. In quest'ottica il trucco del cuculo è il più antico di tutti, proprio come la prostituzione è il più antico di tutti i mestieri. Ricordo ancora che l'amico Giovanni "X" De Matteo inveiva giustamente contro la Marvel, rea di aver trasformato Capitan America in una specie di neonazista affiliato all'organizzazione terroristica Hydra. Così scriveva (non ricordo tutte le parole in modo perfetto): 
 
"Come possono pensare che i fan rivorranno indietro il personaggio se ha commesso crimini contro l'Umanità? Come credono di uscirne? Con qualche trovata vecchia come il cucco, del tipo 'me lo hanno fatto fare gli alieni' oppure 'è stato un sogno'? Saluti, Casa delle Idee!" 
 
Vorrei riportare il testo nella sua forma originale, ma purtroppo è sparito da FB e dall'intero Web. Si noterà che cucco e cucù non sono due parole del tutto intercambiabili. Si dice orologio a cucù, non orologio a cucco (anche se nel Web si trova qualche attestazione). Mi affascinano queste sottigliezze della lingua italiana. 

mercoledì 12 maggio 2021

ETIMOLOGIA DI CICISBEO

Il cicisbeo era il cavalier servente, una figura oggi inconcepibile ma molto diffusa nel XVIII secolo. Ogni dama sposata aveva un gentiluomo che la seguiva dovunque e attendeva alle sue necessità corporali, col benestare del marito, che non si sarebbe mai sognato di svolgere compiti che reputava degradanti. Solo per fare un esempio, una delle incombenze del cavalier servente era quella di occuparsi della pulizia e della cura dell'ano della sua Signora. Quando lei defecava, lui le puliva con amore lo sfintere. In tale contesto ambiguo e pruriginoso, non era raro che simili morbosità avessero come conseguenza una relazione sessuale. Ai figli nati da queste unioni era attribuita la paternità del marito, in modo automatico. Va detto che esistevano anche cicisbei omosessuali, cosa di cui esiste esplicita documentazione (Steegmuller, 1991). Quando il marito della dama era cornuto, lo sapeva e tuttavia non se ne curava. Era cornuto e contento. Ogni cosa era alla luce del sole. Il cicisbeo abitava nella dimora dei coniugi. Accompagnava la dama persino in chiesa. Qualsiasi manifestazione di gelosia da parte del marito della dama lo esponeva allo scherno generale: sarebbe stato coperto di ridicolo. Si tenga conto del fatto che all'epoca i matrimoni tra aristocratici non erano altro che contratti sociali gravosi dettati da ragioni politiche, le cui motivazioni escludevano per definizione l'amore e la passione. Sappiamo che Giovanni Verri servì come cicisbeo Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni. L'illustre scrittore milanese potrebbe essere stato concepito tramite le corna! Giovanni Verri era fratello di Pietro Verri, famoso economista, storico e letterato. Giulia Beccaria si dava parecchio da fare e rimediò come amante Carlo Imbonati, a cui lo stesso Manzoni dedicò una poesia. Un altro cicisbeo illustre fu Vittorio Alfieri, che servì la marchesa Gabriella Falletti per un periodo di due anni. Le regole del cicisbeismo stabilivano che un cavalier servente non poteva avere relazioni con donne diverse da quella a cui prestava i suoi servigi. La dama poteva troncare la relazione in qualsiasi momento, nel qual caso il cicisbeo cacciato via era definito spiantato. La diffusione del fenomeno includeva diverse grandi città italiane, tra cui Venezia, Milano, Firenze, Roma e Genova, oltre a Nizza, che attualmente si trova in Francia. In Francia questa pratica non era amata e poneva gravi problemi legati all'infedeltà coniugale e soprattutto alla legittimità della filiazione. Il cicisbeismo contribuì a far sì che in Francia fosse diffusa una cattiva opinione degli Italiani. Non a caso il mondo dei cavalier serventi andò in crisi quando furono introdotte nella Penisola le idee della Rivoluzione Francese; il Risorgimento contribuì attivamente alla sua estinzione. La sfrontatezza dell'aristocrazia decaduta fu sostituita dalla ripugnante ipocrisia borghese. 
 
 
Derivati:
cicisbeare "fare da cavalier servente a una dama"; "fare il galante con le donne", "agire come un corteggiatore o un seduttore"  
cicisbeatura "atto e abitudine da cicisbeo"
cicisbea "donna vanitosa e futile che ama farsi adorare"
cicisbeismo "atteggiamento proprio dei cicisbei"; "il costume dei cicisbei" 

Sinonimi del termine nell'accezione moderna: 
attillato 
bellimbusto 
damerino 
galletto 
vagheggino 
zerbinotto 

Proverbio toscano: 
Cicisbei e ganzerini fanno vita da facchini.
 
Qual è l'etimologia della parola cicisbeo? Notiamo subito la presenza di un gruppo consonantico particolare, sb. Nella lingua italiana il gruppo consonantico sb /zb/ non è eccezionale ma nemmeno comunissimo. Ricorre in quattro casi: 
 
1) Parole che iniziano con sb-, in cui il prefisso s- è l'esito del prefisso latino ex-. In molti casi sono verbi e loro derivati, meno spesso sono sostantivi e aggettivi non derivati da verbi, in cui il prefisso in questione funge da peggiorativo o intensivo.
Esempi: 
    sbadigliare (da cui sbadiglio)
    sbagliare (da cui sbagliato, sbaglio
    sballare (da cui sballo
    sbalzo 
    sbaraccare
    sbarrare (da cui sbarrato)
    sbellicarsi 
    sberla (non deverbale) 
    sberleffo (non deverbale)  
    sbilenco (non deverbale)
    sbirciare  
    sbirro (non deverbale)
    sboccare  
    sboccato "volgare" (non deverbale) 
    sbocciare
    sbolognare  
    sbornia (non deverbale) 
    sborone (non deverbale, da boria)
    sborrare "eiaculare" (da cui sborra "sperma", sborrata 
        "eiaculazione") 
    sborrare "togliere la lanugine" (caduto in disuso)
    sbudellare 
Raramente abbiamo un gruppo consonantico più complesso, sbr- /zbr-/.
Esempi: 
    sbraitare 
    sbranare 
    sbriciolare  
    sbrinare 
    sbrogliare 
    sbruffone (dal verbo sbruffare "darsi arie", caduto in disuso)
Il gruppo consonantico sbl- /zbl-/ è ancor più raro. 
Esempio: 
    sbloccare (da cui sblocco)
2) Prestiti dotti dal greco classico o neologismi formati a partire da tale lingua. In questo caso il gruppo consonantico sb compare all'interno della parola.
Esempi: 
    asbesto "amianto" 
    Lesbo (nome di un'isola)
    lesbica "omosessuale femmina"
    olisbo "dildo, fallo finto" 
    Tisbe (nome proprio femminile)
3) Parole prese a prestito da altre lingue. Spesso sono toponimi e antroponimi, ma non sempre. 
Esempio: 
    casba, kasba (dall'arabo qaṣba "fortezza")
    Lisbona 
    nisba "niente" (colloquiale, dal tedesco nichts
    Ozzy Osbourne
4) Formazioni onomatopeiche. 
Esempio: 
    bisbigliare 

Si nota subito una cosa: se togliamo le parole in cui il gruppo consonantico in questione ricorre in posizione iniziale, rimane veramente poco. In quale categoria dovrebbe essere inserita la parola cicisbeo? L'ipotesi più accreditata tra gli accademici è che sia una formazione onomatopeica, proprio come bisbigliare. In veneziano esisteva la parola espressiva cici, che indica il cicaleccio, il chiacchericcio delle donne. Il cicisbeo avrebbe ricevuto questo nome che era una sorta di trascrizione fonetica del chiacchiericcio in cui viveva immerso. Gli ambienti in cui prestava i suoi servigi erano pervasi senza sosta da un monotono brusio di pettegolezzi femminili. La vita del cavalier servente doveva essere incredibilmente frivola, anche se ricca di soddisfazioni sensuali.  

Le prime attestazioni 

La parola cicisbeo è riportata per la prima volta nel 1708 nell'opera del predicatore Giovanni Maria Muti, Quaresimale del Padre Maestro Fra Giovanni Maria Muti de Predicatori. Dieci anni più tardi, nel 1718, compare in una lettera della meritoria nobildonna Lady Mary Wortley Montagu, la stessa che documentò le ultime sopravvivenze dei Pauliciani a Plovdiv, in Bulgaria.

Cicisbeo e birignao 
 
Esiste un caratteristico modo di parlare che ha avuto origine proprio nell'ambiente dei cicisbei del XVIII secolo. È il cosiddetto birignao. Cos'è il birignao? Semplice: è una pronuncia artificiosa caratterizza da vocina nasale e da vocali finali allungate. Alcuni la definiscono "pronuncia leziosa fino al ridicolo, affettata, malamente teatrale" (cit.). Il termine è senza dubbio di origine onomatopeica: altro non è che un tentativo di trascrivere foneticamente questo tipo di pronuncia, che in qualche modo imita il miagolio dei gatti. Si narra che i Greci antichi, sentendo qualcuno parlare in una lingua diversa da quella dell'Ellade, udissero soltanto "bar bar" - da cui avrebbe tratto origine la parola barbaro (greco βάρβαρος, latino barbarus). In modo del tutto simile, quando le dame settecentesche e i loro adoratori parlavano, un uomo comune doveva sentire soltanto "miao, miao, birignao, birignao". Il fatto che la parola birignao sia onomatopeica deporrebbe a favore di un'origine onomatopeica anche della parola cicisbeo, dato che le due si sono formate fianco a fianco, per descrivere una stessa realtà.
 
Cicisbeo e Chichibio 
 
Senza dubbio è merito di Lovarini (1940) l'aver notato una strana somiglianza tra la parola cicisbeo e il nome di un personaggio della VI novella del Decameron di Boccaccio, Chichibio, che era un lussurioso ragazzotto esercitante la professione di cuoco. L'esatta pronuncia del singolare antroponimo è andata perduta: c'è chi dice Chichìbio e chi dice Chichibìo. Lovarini ha sostenuto questa idea: essendo questo Chichibio veneziano, il suo nome deve essere stato trascritto secondo la consuetudine veneziana, con il digramma ch che è pronunciato come un suono palatale. Così Chichibio viene a coincidere con cicibìo, che è la trascrizione fonetica del canto del fringuello o del beccafico. Questo cicibìo somiglia un po' a cicisbeo e ne potrebbe essere l'origine. Un'altra possibilità è che Boccaccio abbia ipercorretto la parola cicibìo in Chichibio, con un suono occlusivo velare: in fondo, secoli dopo il veneto còcio "tipo di carrozza" è stato ipercorretto in cocchio. La trovo un'idea sommamente interessante e meritevole di indagini approfondite. Di questo argomento si è occupata la vetusta Accademia della Crusca. Riporto il link: 
 
 
Alcune etimologie implausibili

Navigando nel vasto Web sono venuto a conoscenza alcune singolari leggende, tra loro molto simili. Le riporto senza indugio.
 
1) Il cicisbeo sarebbe stato chiamato così da un adattamento veneziano del francese chiche-beau, il cui corrispondente italiano è "cece bello" (non un ingannevole "ciccio bello"!). Siccome chiche è anche un termine colloquale per dire "piccolo" (cfr. spagnolo chico), la traduzione più idonea potrebbe invece essere "piccino bello". Questa proposta etimologica è sostenuta particolarmente dagli accademici tedeschi (la traduzione in tedesco è "schöne Kichererbse"). Non ha tuttavia fondamento alcuno, come dimostriamo nel seguito, con argomenti solidissimi. 
2) Secondo altri il cicisbeo sarebbe stato chiamato così dal toscano bel cece pronunciato al contrario, quasi come se fosse un "cece bello", che alcuni traducono come "bel pulcino" o "bel pisello". Questo cece bello sarebbe poi stato adattato in veneziano rendendo l'aggettivo bello con beo, producendo quindi cicisbeo attraverso un'incomprensibile mutazione. C'è sempre questo benedetto gruppo consonantico -sb- di cui nessuno sa render conto. 
3) A quanto sostiene la scrittrice e poetessa spagnola Carmen Martín Gaite, la parola cicisbeo in italiano significherebbe "in un sussurro". Non esiste alcun fondamento che possa giustificare questa "traduzione", è un po' come quando Walter Matthau sosteneva che Trabucco in latino significasse "Perdonatemi Padre perché ho molto peccato" (Buddy Buddy, Billy Wilder, 1981) o come quando Christian De Sica sosteneva che Ruòppolo in bolognese significasse "Per Bacco non lo so" (I pompieri, Neri Parenti, 1985). 
4) Secondo un grecista che segue la tradizione pedantesca, cicisbeo sarebbe una parola puramente ellenica, che qualche parruccone avrebbe formato dalle parole κῖκυς (kîkys) "forza, vigore" e σβέννυμι (sbénnymi) "estinguersi". Il cicisbeo sarebbe quindi un uomo effeminato, in quanto privo di forze virili. Si trova a malapena il tempo di deridere una simile baggianata.
 
Adattamenti in altre lingue 
 
Analizziamo ora il modo in cui la parola cicisbeo è stata importata in altre lingue d'Europa. 
 
1) Francese 
In francese il cicisbeo è chiamato sigisbée. La pronuncia più usata è /siʒis'be/, con un inesplicabile gruppo consonantico /sb/ la cui sibilante è sorda. La pronuncia /siʒiz'be/ esiste senz'altro, ma è meno prestigiosa. La variante cicisbée /sisis'be/ è desueta. Gli accademici francesi concordano nel ritenere questa parola un prestito dall'italiano cicisbeo. Non soltanto è falsa la derivazione di cicisbeo dal francese chiche-beau (la cui pronuncia sarebbe /ʃiʃ'bo/ o al limite /ʃiʃə'bo), ma possiamo vedere che è stato invece il francese a prendere a prestito sigisbée dall'italiano. Chi ha fabbricato l'etimologia di cicisbeo dal fantomatico chiche-beau non ha semplicemente controllato le parole usate in altre lingue per esprimere il concetto. Nell'immaginario collettivo italiano, ogni bizzarria sessuale sarebbe stata importata dalla Francia. Si è quindi portati a credere che il cavalier servente fosse una figura che prosperava proprio oltralpe. Non è così. Le anomalie fonetiche della parola sigisbée sono con ogni probabilità spiegabili tramite una complessa serie di dissimilazioni spontanee, generatesi allo scopo di minimizzare le difficoltà di pronuncia. 
 
/*ʃiʃis'be/ => 
/*ʃiʒis'be/ => 
/siʒis'be/.  

Sinonimi di sigisbée sono chevalier servant e galant. Per maggiori informazioni si rimanda al sito La langue française (www.lalanguefrancaise.com):
 
 
Possiamo trarre da tutto ciò un'informazione della massima utilità. La pronuncia raccomandata in italiano è cicisbèo /tʃitʃiz'bεo/, anche i dati della lingua francese fanno pensare che un tempo fosse cicisbéo /tʃitʃis'beo/, con la vocale /e/ chiusa e con la sibilante sorda /s/
 
2) Inglese 
Nella lingua di Albione troviamo prestiti dall'italiano e dal francese per indicare il cicisbeo. Abbiamo queste forme: 
cicisbeo /ˌtʃɪtʃɪzˈbeɪəʊ/ (UK), /ˌtʃɪtʃɪzˈbeɪoʊ/ (USA)
cicisbee /sisiz'bi:/ 
sigisbeo /sidʒiz'beɪəʊ/ (UK), /ˌsɪdʒɪzˈbeɪoʊ/ (USA) 
Il celebre Lord George Gordon Byron servì come cicisbeo la contessa Teresa Gamba Guiccioli, che successivamente divenne marchesa di Boissy. Era una donna bellissima. Il suo servitore e amante la conobbe in senso biblico, lasciandole dentro il materiale genetico, come già aveva fatto con la sorellastra Augusta.       

3) Spagnolo  
La parola cicisbeo è stata adattata in spagnolo come chichsveo (variante ortografica: chichisbeo). Nel Diccionario de Autoridades (1729) è contenuta la seguente definizione: 

Chichisveo. Especie de galanteo, obsequio, y servicio cortesano de un hombre a una muger que no reprehende el empacho; pero le condena por peligroso la conciencia. Es voz italiana, de donde se ha introducido en España. 
 
Traduzione della glossa: 
 
"Una sorta di civetteria, dono e servizio cortese da parte di un uomo a una donna che non rimprovera l'imbarazzo; ma la coscienza lo condanna come pericoloso. È una voce italiana, da dove è stata introdotta in Spagna."

Si ritiene che questa sia una delle poche parole italiane entrate come prestiti nello spagnolo degli inizi del XVIII secolo. Non è giunta dalla Francia. Come notato da Luciana Gentilli (Università di Macerata, 2017), la voce citata nel dizionario è relativa al mestiere del cavalier servente piuttosto che alla sua concreta persona; vi trapela un bilioso astio moralistico fondato sull'invidia. 
Nello spagnolo del Messico esiste un'ulteriore evoluzione, sia fonetica che semantica, dell'italianismo chichisveo
chichifo /tʃi'tʃifo/ "prostituto omosessuale" 
Si nota la retrazione dell'accento, nata con ogni probabilità in contesti gergali.

4) Tedesco 
Oltre al prestito non assimilato cicisbeo, si trova in tedesco il calco dienender Kavalier "cavalier servente". La professione è detta Cicisbeat. Un altro sinonimo è Hausfreund, alla lettera "amico di casa" (si noterà che questa parola è un eufemismo per Liebhaber "amante"). Dal francese è giunta anche la denominazione Galan, alla lettera "galante".

Alcune note antropologiche

Il Divino Marchese Donatien Alphonse François de Sade, era molto scettico sulla natura carnale della relazione tra il cicisbeo e la sua Signora. Nella sua opera Histoire de Juliette, ou les Prospérités du vice, ha scritto quanto segue:

"Ceux qui croient que le sigisbée est un amant sont dans une grande erreur : il est l’ami commode de la femme, quelquefois l’espion du mari, mais il ne couche point, et c’est sans doute, de tous les rôles, le plus plat à jouer en Italie."

Traduzione: 

"Sbaglia di grosso chi crede che il cicisbeo sia un amante: è l'amico di comodo della moglie, a volte la spia del marito, ma non dorme <con lei>, e questo è senza dubbio, fra tutti i ruoli, il più piatto da recitare in Italia." 

Questo perché il Divino Marchese, che pure era un libertino sfrenato, doveva avere poca esperienza di certi aspetti della vita mondana delle città italiane, nonostante avesse viaggiato nella Penisola, non mancando di notare fenomeni come la corruzione a Firenze e la prostituzione infantile a Napoli. Molto strano. Probabilmente non lo interessavano affatto le vicende dei cavalier serventi, delle dame e dei mariti cornuti. Cercava cose più sanguigne e più turpi. Non si deve dimenticare un dettaglio di non poco conto: esistono numerose immagini pornografiche d'epoca che ritraggono i cicisbei itifallici in azione! 
 
Così scriveva Montesquieu, che ebbe occasione di vedere cicisbei in un suo viaggio a Milano: 
 
"Je ne vous ai parlé des sigisbées. C'est la chose la plus ridicule qu'un sot peuple ait pu inventer : ce sont des amoureux sans espérance, des victimes qui sacrifient leur liberté à la dame qu'ils ont choisie. Enfin, après les chevaliers errants, il n'y a rien de si sot qu'un sigisbée. On ne peut s'empêcher de rire en voyant passer une femme dans les rues dans sa chaise et un sénateur qui lui conte ses raisons, fait des gestes, et sa souveraine aussi, au milieux de la rue ; on ne peut s'empêcher de rire la première fois que l'on voit cela. Le sigisbée ne quitte pas sa dame d'un pas: il est toujours auprès d'elle et à ses ordres ; le crime d'indifférence est un crime impardonnable."
 
Traduzione: 
 
"Non vi ho parlato dei cicisbei. È la cosa più ridicola che un popolo stupido abbia potuto inventare: sono innamorati senza speranza, vittime che sacrificano la loro libertà alla dama che hanno scelto. Per me, dopo i cavalieri erranti, non vi è nulla di più sciocco di un cicisbeo. Non si può trattenere il riso alla vista di una signora che passa per strada, sulla portantina, e di un senatore che le (racconta le sue ragioni), gesticola come la sua sovrana, in mezzo alla strada; non ci si può trattenere dal sorridere la prima volta che si vede una simile scena. Il cicisbeo non si allontana dalla dama di un passo: è sempre vicino a lei ed ai suoi ordini; il delitto di indifferenza è un crimine imperdonabile."  
 
Charle Dupaty nelle Lettres sur l'Italie en 1785 (Volume 1, Lettera XX), attesta che il cicisbeismo era diffusissimo a Genova. Non era sconosciuto nemmeno in Francia, nonostante le furibonde polemiche che scatenava.  

"Qu'est-ce en apparence qu'un sigisbée? qu'est-il dans la réalité? comment une femme en prend-elle? comment un homme veut-il l'être? comment les maris en souffrent ils? est-ce le lieutenant d'un mari? jusqu'à quel poin le représente-t-il? quel est l'origine de cet usage? quelle cause l'entretient ou l'altère? quelle influence a-t-il sur les mœures? en trouve-t-on des traces ou des approximations dans les mœurs des autres peuples? Questions difficiles è résoudre! En deux mots, le sigisbée représente à peu près à Gênes l'ami de la maison à Paris." 
 
Traduzione:  
 
"Che cos'è in apparenza un cicisbeo? Che cos'è in realtà? Come una donna lo accetta? Come un uomo vuole esserlo? Come i mariti lo sopportano? È il sostituto del marito? Fino a che punto lo rappresenta? Qual è l'origine di questa usanza? Quale motivo la mantiene o la modifica? Che influenza ha sui costumi? Se ne trovano tracce o somiglianze nei costumi degli altri popoli? Domande a cui è difficile rispondere! In due parole, il cicisbeo rappresenta, più o meno, a Genova, quello che, a Parigi, è l'amico di casa."

A Genova si scopava liberamente e l'amore platonico non esisteva. Scopavano anche i preti. A quei tempi le cose erano così un po' ovunque, non soltanto nella città ligure. Incredibile come abbia potuto avvenire una restaurazione di precetti matrimoniali rigoristi. 

Il cicisbeismo in Spagna

Nella moderna Spagna esiste la radicata convinzione che quello del cicisbeo fosse amore puramente platonico, addirittura spirituale. Di fronte alla benché minima insinuazione del contrario, gli accademici iberici esclamano stizziti: "¡No es posible!", "¡No es posible!" Tutti i loro argomenti si riducono a questo. La realtà del XVIII secolo era ben diversa e ne è stata completata la rimozione. Questa è una delle tante manipolazioni ideologiche portate avanti dalle autorità spagnole. Possiamo trovare indizi del fatto che il cicisbeismo fu importato in Spagna dall'Italia, vi prosperò e destò immenso scandalo, conducendo quindi a una reazione violenta: una vera e propria campagna moralizzatrice anticisisbeale! 

"Orbene al di là delle diverse registrazioni linguistiche, il cavalier servente di dama d’alto lignaggio con la sua ritualità cogente, con i suoi nuovi paradigmi comportamentali è al centro di una vera e propria trasformazione epocale, che nella Spagna settecentesca ingenererà vivaci proteste e prese di posizione sessuofobe." 
(Gentilli, 2017) 

Nella citata opera di Luciana Gentilli (Il cicisbeismo screditato. Tra satira misogina e intransigenza religiosa), è riportato anche che un certo Abad de Cenicero scrisse addirittura una "Impugnación católica y fundada a la escandalosa moda del chichisveo, introducida en la pundonorosa nación española" (Madrid, 1737). Si tratta di un testo assolutamente illeggibile, che testimonia tuttavia due cose: 
1) Il fenomeno del cicisbeismo ebbe gran corso e diffusione in Spagna; 
2) I cicisbei avevano contatti carnali con le dame e vivevano in grande sfrenatezza, con buona pace di Sade. 

Riporto il link all'articolo: 
 

domenica 9 maggio 2021

LA VERA PROTOFORMA DI CONDOM: *GUANTONE

Anni fa ci siamo occupati dell'etimologia dell'inglese condom e dei suoi derivati: francese gondon e italiano goldone. Questo è il sintetico post pubblicato all'epoca e intitolato "Esiti dialettali di condom e un cavaliere inesistente", che ripropongo all'attenzione di eventuali lettori: 
 
 
Ricordo che l'amico Watt (non so se sia ancora vivo, non si è mai più sentito) non aveva preso troppo bene il mio intervento. Non apprezzava i miei innovativi lampi di genio. Sul suo blog Etymos aveva affermato, non nascondendo un certo disagio, che il Cavalier Goldoni sarebbe esistito realmente e che si sarebbe davvero occupato di produrre condom. Riteneva che i miei contenuti fossero in qualche modo "dissacranti" nei confronti delle autorità accademiche e della loro tradizione, tutto sommato per lui indiscutibile. Eppure bisogna avere il coraggio di sfidare i luoghi comuni e i dogmi dei parrucconi! La posizione di Watt all'epoca giunse per me come un fulmine a ciel sereno. Torno ad affermare che nessun Cavalier Goldoni può essere stato all'origine della parola goldone, perché questa è senza dubbio una dissimilazione di un più antico gondon. Quante parole di aspetto fonetico tanto simile potrebbero mai essersi prodotte in modo indipendente? Non avrebbe il benché minimo senso. Chiamo Thor a testimone, che possa colpirmi con la folgore e uccidermi sul colpo se pronuncio il falso! 
 

La soluzione di un caso annoso 
 
Abbiamo risolto dopo tanto tempo l'enigma dell'origine ultima della parola condom. Si tratta di un vocabolo che è nato in Inghilterra come lontano prestito dall'italiano. La protoforma della bizzarra parola è semplicemente questa: *GUANTONE. Si tratta chiaramente di un accrescitivo di guanto, che doveva essere usato in ambito gergale. I mutamenti occorsi non sono poi così difficili da comprendere. Eccoli:

*GUANTONE > QUONDAM > CONDOM 
 
Cerco ora di ricostruire l'esatta trafila a partire da *GUÀNTON, forma adattata di *GUANTONE
 
1) Prima si è avuta una metatesi vocalica: 
 
*GUÀNTON > *GUÒNTAN 

Una cosa simile è avvenuta almeno in un caso, in tempi più recenti: l'italiano ricatto è diventato racket "organizzazione malavitosa dedita all'estorsione". Questa è la trafila: 

RICATTO > *RICKATT /'rıkæt/ > *RACKET /'rækıt/
 
Potrebbe anche trattarsi di un effetto della consonante labiovelare /gw/ sulla vocale /a/, che ne avrebbe provocato il passaggio a /ɔ/. Una cosa simile è avvenuta almeno in un caso, in tempi più recenti: il napoletano guappo è diventato wop (termine denigratorio per indicare gli immigrati italiani e le persone di discendenza italiana). Questa è la trafila:

GUAPPO > *GUAPP > WOP

Non so decidere quale delle due spiegazioni sia quella corretta, il risultato però è il medesimo.

2) Poi c'è stato un altro peculiare mutamento, che ha però colpito le consonanti: 
 
*GUÒNTAN > *QUÒNDAN 
 
La sequenza labiovelare sonora /gw/ + gruppo consonantico con occlusiva dentale sorda /nt/ è diventata la sequenza labiovelare sorda /kw/ + gruppo consonantico con occlusiva dentale sonora /nd/.
 
3) La pronuncia *QUÒNDAN è divenuta QUONDAM, perché già esisteva tale parola ed era molto comune - anche se il significato era diverso (popolarmente indicava i Morti, dal latino quondam "un tempo, una volta", passato a significare "coloro che vissero un tempo"). 
 
4) Infine la consonante labiovelare /kw/ si è semplificata in una semplice /k/ per effetto della vocale posteriore: 
 
QUONDAM > CONDOM 
 
Si tenga presente che non è una novità o un fatto eccezionale la pronuncia indistinta delle vocali atone nelle sillabe finali. 
 

Alla ricerca delle origini del guantone
 
Il condom è a tutti gli effetti un guanto e c'è ancora chi lo chiama così. Ricordo un detto trovato su un giornale porno all'epoca universitaria, "godere tanto ma con il guanto", da me non condiviso per la mia insofferenza al sesso di gomma. Il condom era un guanto anche nelle sue prime versioni, che coprivano soltanto il glande, essendo assicurate alla vita da rudimentali legacci. Poteva essere realizzato con diversi materiali. Forse un medico italiano era migrato in Albione e aveva avuto l'idea di realizzare un commercio di budelli o di vesciche di agnello. Non ho informazioni più dettagliate: anche se la mia fervida fantasia vorrebbe che il medico in questione fosse siciliano (non dimentichiamoci che Palermo ha generato Cagliostro), non ho al momento prova alcuna che mi permetta di sostanziare questa mia intuizione. Potrebbe anche darsi che all'origine ci sia uno scienziato mai emigrato, come l'illustre medico e anatomista Gabriele Falloppio (Modena, 1523 - Padova, 1562), che condusse interessanti esperimenti sulla contraccezione e sulle malattie veneree, utilizzando panni di lino, la cui efficacia è stata ben verificata con esperimenti rigorosi: i test coinvolsero più di un migliaio di uomini sani, di cui nessuno finì infettato dalla sifilide (Youssef, 1993). Una cosa singolare è che Falloppio raccomandava di indossare il condom con il prepuzio tratto in avanti a coprire il glande. Potremmo anche pensare che "Guantone" fosse un soprannome che qualcuno affibbiò proprio a Falloppio e che poi fu portato in Inghilterra tramite l'emigrazione anche di una singola persona dotata di una vasta rete sociale. Il dispositivo non era comunque una novità: era conosciuto già da Egizi, Greci e Romani (Collier, 2007; Youssef, 1993). Certo, non era molto diffuso, dal momento che si rompeva abbastanza facilmente. Persino dagli antichi Germani sapevano della sua esistenza, anche se era severamente vietato dalla religione pagana (Fischer-Fabian, 1978). La trovata intelligente di un medico italiano, sia esso Falloppio o qualcuno il cui nome ci sarà forse sconosciuto per sempre, fu quella di rilanciare un'idea vetusta migliorandola in modo notevole. Conobbe un tale successo che anziché il suo nome si tramandò quello del guantone

domenica 24 gennaio 2021

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI RUM

Qual è l'etimologia di rum? Quanti se lo saranno chiesto? Ricordo che un tempo in italiano si scriveva addirittura rhum, con una consonante -h- intrusiva e inutile, ma per fortuna questa ortografia bizzarra è poi caduta in disuso. Molti si accontentano di dire che la parola in questione viene dall'inglese rum (pronuncia /ɹʌm/; inglese scolastico italico /ram/). Questo non è il punto d'arrivo, ma il punto di partenza: il problema è capire da dove l'inglese ha preso un termine tanto strano. Ebbene, indagare l'argomento significa immergersi in acque torbide e profonde, in cui all'inizio si ha l'impressione di annaspare senza certezza di ottenerne alcunché di utile. Il percorso per arrivare a un'ipotesi verosimile è abbastanza tortuoso, come spesso accade nel chimerico regno delle etimologie di vocaboli inglesi che sembrano fatti di aria sottile. Questo è ciò che riporta il dizionario Etymonline.com a proposito del nome del famoso liquore (traduzione del sottoscritto): 
 
 
rum (n.) 
 
"liquore distillato dal succo della canna da zucchero o dalla melassa", anni '50 del Seicento, evidentemente un'abbreviazione di rumbullion (1651), rombostion (1652), tutte parole di incerta origine, ma i sospetti cadono su rum (agg.) "eccellente, buono, pregiato"; la frase rum bouse "buon liquore" è attestata dagli anni '60 del Cinquecento e per tutto il Settecento. La parola inglese è stata data in prestito all'olandese, al tedesco, allo svedese, al danese, allo spagnolo, al portoghese, all'italiano, al francese e al russo. 

Questa è un brano riportato sempre nella stessa fonte: 
 
"In the Library of Trinity College, Dublin, is a manuscript entitled "A briefe description of the Island of Barbados." It is undated but from internal evidence it must have been written about the year 1651. In describing the various drinks in vogue in Barbados, the writer says : "The chief fudling they make in the Island is Rumbullion alias Kill-Divill, and this is made of sugar canes distilled, a hot, hellish, and terrible liquor."
["The Etymology of the Word Rum," in Timehri, 1885]
 
Traduzione: 

"Nella Biblioteca del Trinity College, a Dublino, c'è un manoscritto intitolato "A briefe description of the Island of Barbados" ("Una breve descrizione dell'Isola di Barbados"). Non è datato, ma dall'evidenza interna deve essere stato scritto all'incirca nell'anno 1651. Descrivendo le varie bevande in voga a Barbados, l'autore dice: "Il principale intossicante che producono nell'isola è il Rumbullion, anche detto Kill-Divill*, ed è fatto con canna da zucchero distillata, un liquore caldo, infernale e terribile." 
 
*Sta per kill-devil, chiamato così perché avrebbe una tale potenza da uccidere persino il Diavolo (N.d.T). 
 
C'è un'altra interessante testimonianza: 

"Rum is a spirit extracted from the juice of the sugar-canes, commonly, twice as strong as brandy, call’d Kill-Devil in New England, whither 'tis sold, at the rate of twelve pounds of sugar per gallon."
["An impartial description of Surinam upon the continent of Guiana in America", George Warren, 1667

Traduzione: 

"Il rum è uno spirito alcolico estratto dal succo delle canne da zucchero, comunemente, due volte più forte del brandy, chiamato Kill-Devil nel New England, dove viene venduto, alla tariffa di dodici libbre di zucchero per gallone".

Già agli inizi del XIX secolo, negli Stati Uniti d'America è ben attestato l'uso della parola rum per indicare in generale qualsiasi bevanda intossicante. Si tratta di un uso spregiativo, ostile. Questa semantica è frutto del moralismo puritano tanto radicato in quella nazione, e ha dato origine a numerosi vocaboli gergali in uso nell'epoca del proibizionismo, come rum-runner "contrabbandiere di alcolici". Questa è una testimonianza riportata su Etymonline.com:  

"Rum I take to be the name which unwashed moralists apply alike to the product distilled from molasses and the noblest juices of the vineyard. Burgundy in "all its sunset glow" is rum. Champagne, soul of "the foaming grape of Eastern France," is rum. ... Sir, I repudiate the loathsome vulgarism as an insult to the first miracle wrought by the Founder of our religion!"
[Oliver Wendell Holmes, "The Autocrat of the Breakfast-Table," 1871] 
 
Traduzione: 
 
"Considero rum il nome che gli sporchi moralisti applicano allo stesso modo ai prodotti distillati dalla melassa e ai più nobili succhi del vigneto. Il Borgogna in "tutto il suo splendore del tramonto" è rum. Lo Champagne, anima "dell'uva spumeggiante della Francia Orientale" è rum. ... Signore, ripudio l'odioso volgarismo come un insulto al primo miracolo operato dal Fondatore della nostra religione!" 
 
L'origine di rum "distillato di canna da zucchero" va quindi ricercata nell'aggettivo gergale rum "buono, eccellente". Sono sicuro che quest'ultimo vocabolo non sia molto familiare ai lettori. Certamente non viene insegnato nelle scuole italiane ai branchi di bulli somari e di stronze che le infestano. Questa è la spiegazione approssimativa e grossolana riportata da Etymonline.com (la traduzione è sempre mia):  


rum (agg.)

"eccellente, bello, buono, pregiato", gergo dei ladri, anni '60 del Cinquecento, anche rome "bello", che si ritiene derivare dal Romaní rom "maschio, marito" (vedi Romany). Una parola furbesca molto comune del XVII secolo (opposta a queer), come in rum kicks "Pantaloni di broccato d'oro o d'argento, o riccamente allacciati con oro o argento."
[Grose, "Dictionary of the Vulgar Tongue," 1785]
 
E ancora:

"Entro il 1774 è venuto a significare piuttosto l'opposto: "bizzarro, strano, cattivo, omosessuale, spurio", forse perché era stato usato tanto spesso in modo positivo dai furfanti rifendosi gli uni agli altri. O forse questa è una parola diversa. Questo era il senso comune dopo il 1800 circa.
 
"Rom (o rum) e quier (o queer) entrano largamente in combinazione, così -- rom = coraggioso, bello, furbo, eccellente, forte; rom-bouse = vino o bevanda forte; rum-bite = un espediente furbo o una frode; rum-blowen = una bella signora; rum-bung = un borsellino pieno; rum-diver = un borseggiatore abile; rum-padder = un bandito ben equipaggiato, etc.: anche queere = ignobile, criminale; queer-bung = un borsellino vuoto; queer-cole = soldi cattivi; queer-diver = un borseggiatore maldestro; queer-ken = una prigione; queer-mort = una prostituta malata, e così via."
[John S. Farmer, "Musa Pedestris," 1896] 
 
A partire da questi dati pur tanto disomogenei, si riesce comunque a trovare il bandolo della matassa. L'origine del rum è sicuramente dalla lingua Romaní e può essere ben tracciata. Riportiamo a questo proposito i dati relativi all'importantissimo vocabolo rrom, con alcune forme declinate, derivati di vario tipo, oltre a qualche frase notevole d'uso corrente: 
 
rrom "uomo (zigano), marito, maschio" 
    accusativo singolare: rromes 
    genitivo singolare: rromesko  
    dativo singolare: rromeske  
    locativo singolare: rromeste 
    ablativo singolare: rromestar
    comitativo singolare: rromesa 
    privativo singolare: bi rromesko  
    vocativo singolare: rromeja  
  plurale: rroma "uomini (zigani), mariti, maschi" 
    accusativo plurale: rromen  
    genitivo plurale: rromengo 
    dativo plurale: rromenge  
    locativo plurale: rromende 
    ablativo plurale: rromendar
    comitativo plurale: rromensa  
    privativo plurale: bi rromengo 
    vocativo plurale: rromale
rromní "donna (zigana)" 
    accusativo singolare: rromnja 
    vocativo singolare: rromnile
  plurale: rromnja "donne (zigane)"
    accusativo plurale: rromnjen  
    vocativo plurale: rromnjale, rromnale  
aggettivo maschile: rromanó "zigano" 
aggettivo femmile: rromaní "zigana" 
   rromani čhib "lingua zigana"
avverbio: rromanes "in lingua zigana" 
altri derivati: rromanipen "identità zigana", 
   rromanimos "identità zigana"  
fraseologia:  
maškare Rroma "tra gli Zigani" 
e rromeskro kher "la casa dell'uomo (zigano)" 
rrom rromensa, gadjé gadjensa "gli Zigani con gli Zigani, i non Zigani con i non Zigani"

Nel gergo tipico dei ladri inglesi (Thieves' cant), il nome di Londra era Romeville (varianti: Rumville, Rum-ville, Rome-vile, Rome vyle, Rum File, etc.), alla lettera "Città Eccellente". In origine il significato era senza dubbio "Città degli Zigani".
 
Questa è la catena degli slittamenti semantici che hanno portato dal rom al rum
 
"uomo (zigano), marito, maschio" => 
"maschile, virile" => 
"forte" => 
"valente, coraggioso" => 
"buono" 
 
Quindi:  
 
"liquore forte", "liquore buono" => 
"distillato di canna, rum" 

Una seconda catena di slittamenti, generata da un certo puritanesimo antialcolico anglosassone, è questa: 

"liquore forte" =
"ubriachezza"; "pieno di liquore" =>  
"deviante, anormale, perverso"  

Se pensiamo poi che la parola rrom "uomo (zigano), marito, maschio" è derivata in ultima analisi dal sanscrito डोम्ब ḍomba (ḍumba, ḍoma) "uomo di bassa casta che esercita il mestiere di musico", possiamo avere un'idea di come le parole siano soggette a profondi mutamenti nel corso dei secoli e di come sia complicato tracciarle.

Questo per me è tutto ciò che si può dedurre di sensato dai dati a disposizione. È la reale etimologia della parola rum, per quanto non abbia un'apparenza molto lineare.  

Il termine rumbullion, citato nelle fonti del XIX secolo, appartiene all'insieme delle parole gergali formate a partire da rum "forte, buono". Il secondo elemento di questo composto è il francese bouillon "bevanda calda" (da bouillir "bollire", stessa radice dell'italiano bollire e dell'inglese to boil). Alla lettera è "qualcosa che ribolle". Sbagliano quindi coloro che ritengono rumbullion un'alterazione popolare di revolution "rivoluzione". Nel Devonshire rumbullion significava in effetti "grande tumulto, rivolta", ma era senza dubbio una metafora proveniente dal significato originario di "liquido che ribolle fortemente". Simile a questo vocabolo e sempre della stessa origine era il termine marinaresco rumbowling "grog". Nelle Barbados ci fu lo stanziamento di coloni inglesi provenienti proprio dal Devonshire, e questo spiega l'attestazione di rumbullion per designare il distillato di canna. 
 
Un'altra serie di vocaboli simili deriva dall'uso dell'aggettivo rum associato a booze (variante: bouze) /bu:z/ "bevanda alcolica": rum booze, rum bouze "bevanda forte", "bevanda eccellente". In epoca elisabettiana rum booze significava "vino" (attestazione del 1567). Secondo gli accademici, la parola booze è di origine controversa. A me sembra chiaro che l'origine è dal turco boza, che indica vari tipi di bevande alcoliche, dall'idromele a una specie di birra di miglio. La parola dovette entrare in inglese in epoca abbastanza precoce: già nella metà del XIV secolo abbiamo l'attestazione di bous "bevanda intossicante". Secondo il British Council, si tratterebbe invece di un derivato del medio olandese būsen "bere in eccesso". Sono farneticanti i tentativi di ricondurre booze a nomi di distillatori più o meno fantomatici, come un certo E.G. Booz di Filadelfia. Avevo reperito persino una storiella che parlava di importanti distillerie il cui nome era Ramboozle. Quando ho cercato di nuovo l'informazione, non ho trovato più nulla - a ulteriore riprova che era un fake. Sono state persino fabbricate bottiglie false con il nome di E.G. Booz o delle distillerie Ramboozle! Queste sono etimologie popolari studiate ad hoc, che meritano soltanto di essere irrise e schernite. Nel vocabolario di Johnson (1755) troviamo rambooze, glossato come "Una bevanda fatta di vino, birra, uova e zucchero in inverno, o di vino, latte, zucchero e acqua di rose in estate". Il prefisso ram- è una variante di rum-. Si capisce subito che ramboozle è una semplice variante di rambooze; una bevanda con questo nome è tuttora prodotta dalla ditta Hard Way Cider Co., anche se nella sua ricetta non sono più incluse le uova. In Nuova Zelanda, durante la Seconda Guerra Mondiale, boozeroo significava "abbuffata alcolica".

La locuzione rum booze "bevanda forte", sarebbe stata scritta anche rumboes. Data la sua forma, sarebbe stata scambiata per un plurale, donde avrebbe avuto origine per retroformazione la variante rumbo "punch forte". Non sembra essere una spiegazione plausibile, data la differenza della vocale nell'ultima sillaba: rum booze /'rʌmbu:z/ rispetto a rumbo /'rʌmbəʊ/. Si dovrebbe immaginare l'origine di rumbo da una pronuncia ortografica, cosa che di per sé pone l'ipotesi in dubbio (i contesti in cui sorgevano queste forme gergali erano agrafi). 
 
Da rumbullion derivano formazioni arbitrarie come rumbustion, rombostion e rugumption per influenza di rum booze, ma anche di boisterous "rude, grossolano; turbolento, chiassoso (detto di persone)", robustious "id." e bumptious "offensivamente assertivo". Un aggettivo rumbustious, sinonimo di boisterous, è documentato con numerose varianti come rambunctious, rambumptious, rambustical, rugumptious, rambuskious, etc., con significati che vanno da "rude, violento" a "scaltro, audace, avventato". Esiste anche gumption "senso comune", abbreviazione di un precedente rumgumption nel senso originale di "rude senso comune". L'aggettivo berummaged "confuso" (lett. "pieno di liquore") è stato attestato a Dartmoor, nel Devon, nel 1885.
 
In francese abbiamo i seguenti termini argotici di origine inglese, connessi col materiale esposto: 
 
rogomme "bevanda forte" (< ingl. rugumption)  
guildive "rum industriale" (<  ingl. kill-devil)

Una serie di false etimologie 

Riporto le proposte etimologiche fallaci che sono riuscito a reperire:

1) rum sarebbe derivato dal greco rheuma "flusso", da cui provengono anche le parole rheumatic "reumatico", rheumatism "reumatismo";
2) rum sarebbe derivato dal greco aroma, conservando soltanto la sillaba tonica; 
3) rum sarebbe derivato dal latino saccharum "zucchero" (di origine greca), conservando soltanto la sillaba finale; 
4) rum sarebbe derivato dall'olandese roemer /'ɹu:məɹ/ "grande bicchiere per bevande alcoliche" (variante rummer); 
5) rum sarebbe derivato dal malese beram "bevanda alcolica, vino di riso", con caduta della prima sillaba atona (Skeat, 1882); 
6) rum sarebbe derivato dal sanscrito रोम roma "acqua" (parola tecnica che ha diversi altri significati, come "buco", "cavità").

Adattamenti in altre lingue 

Il francese è il responsable dell'ortografia rhum, per via dell'errata credenza nella derivazione da rheuma. La pronuncia in francese è /ʁɔm/. Lo spagnolo ha adattato il vocabolo inglese in ron, non amando la consonante finale -m. In molte altre lingue, tra cui l'italiano e il tedesco, si è avuta una pronuncia ortografica. Per questo motivo in italiano rum si pronuncia /rum/, che è molto più simile nel suono all'inglese room "stanza" /ɹu:m/ che non all'originale rum "distillato di canna" /ɹʌm/. Del resto non dobbiamo stupirci troppo. Accade anche il percorso inverso. Gli antenati di Donald Trump erano prussiani e pronunciavano il loro cognome /tʁʊmp/, mentre oggi suona ortograficamente /tɹʌmp/. Deleterio quanto duraturo è il brutto vizio di apprendere le parole dalla forma scritta senza avere idea della loro vera pronuncia. In questo modo le genti di Milano e di vasti distretti della Lombardia hanno addirittura attribuito a rum la pronuncia /rüm/

Reperti blogosferici
 
Nel lontano 2010, Anatoly Liberman ha pubblicato un interessante articolo sul rum e sulla sua storia: