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lunedì 10 agosto 2020

I GARAMANTI, UN POPOLO MELANOLIBICO

I buonisti fautori del politically correct cercano di cancellare il passato facendo becero revisionismo, impegnandosi con ogni mezzo per far passare per verità cose che sono soltanto crasse e sudicie bugie. Ogni tanto salta fuori da qualche angiporto un decostruzionista postmoderno con una folle idea da imporre, pena essere considerati "razzisti" o addirittura "suprematisti bianchi". Così accade qualcosa di portentoso: in quel che resta della Settima Arte, Achille, Heimdall e Anna Bolena diventano nativi dell'Africa subsahariana. Secondo alcuni "studiosi", l'Impero Romano sarebbe stato retto da persone dalla pelle più scura del carbone e del fumo delle fucine. A detta loro sarebbero stati neri persino Romolo e Remo. Non ci sono limiti a questa bramosia di riscrivere la realtà. Andando avanti di questo passo, faranno un film sul III Reich in cui Heinrich Himmler sarà ritratto come "colorato". 
 
Detesto la politica e ho in abominio i media che deformano anziché informare. Vediamo come stavano davvero le cose. Vediamo come sono documentate e cosa possiamo dedurne. Nell'Antica Roma le persone che oggi sono chiamate "di colore" erano considerate simili alle ombre del Tartaro. Il loro colore della pelle e i loro tratti somatici erano associati a Caronte e all'Ade. Non siamo di fronte a quello che i moderni chiamano "razzismo", perché non esistevano le stesse categorie concettuali, eppure era un odio ancora più forte di quanto possiamo immaginare. Si pensava che i neri portassero sventura, dato il legame che veniva loro attribuito con gli Inferi. Durante una parata, Settimio Severo nel corso di una campagna in Britannia fece nascondere un militare di colore perché era convinto che fosse un sicuro presagio di sconfitta (Historia Augusta, cap. 22). Proprio quella Britannia che i giornalisti del Fuffington Post considerano un avamposto dell'Africa. Qualcuno fa notare che Settimio Severo era nato in Libia. Vero, ma la sua famiglia era di origine romana, anche se aveva adottato da tempo la lingua numidica. Non è lecito dipingerlo come un Obama del mondo antico! 

Ecco il testo dell'Historia Augusta, tanto per avere un'idea: 

Signa mortis eius haec fuerunt: ipse somniavit quattuor aquilis et gemmato curru praevolante nescio qua ingenti humana specie ad caelum esse raptum; cumque raperetur, octoginta et novem numeros explicuisse, ultra quot annos ne unum quidem annum vixit, nam ad imperium senex venit. cumque positus esset in circulo ingenti aereo, diu solus et destitutus stetit, cum vereretur autem, ne praeceps rueret, a Iove se vocatum vidit atque inter Antoninos locatum. die circensium cum tres Victoriolae more solito essent locatae gypseae cum palmis, media, quae ipsius nomine adscriptum orbem tenebat, vento icta de podio stans decidit et humi constitit; at quae Getae nomine inscripta erat, corruit et omnis conminuta est; illa vero quae Bassiani titulum praeferebat, amissa palma venti turbine vix constitit. post murum apud Luguvallum visum in Britannia cum ad proximam mansionem rediret non solum victor sed etiam in aeternum pace fundata, volvens animo quid ominis sibi occurreret, Aethiops quidam e numero militari, clarae inter scurras famae et celebratorum semper iocorum, cum corona e cupressu facta eidem occurrit. quem cum ille iratus removeri ab oculis praecepisset, et coloris eius tactus omine​ et coronae, dixisse ille dicitur ioci causa: "Totum fuisti, totum vicisti, iam deus esto victor". et in civitatem veniens cum rem divinam vellet facere, primum ad Bellonae templum ductus est errore haruspicis rustici, deinde hostiae furvae sunt adplicitae. quod cum esset aspernatus atque ad Palatium se reciperet, neglegentia ministrorum nigrae hostiae et usque ad limen domus Palatinae imperatorem secutae sunt.
 
Questi sono alcuni versi tradizionalmente attribuiti al poeta africano Publio Annio Floro (detto anche Lucio Anneo Floro o Giulio Floro, 70/75 d.C. - 140 d.C.), che descrivono uno schiavo nero come "feccia dei Garamanti": 
 
Faex Garamantarum nostrum processit ad axem
et piceo gaudet corpore verna niger,
quem nisi vox hominem labris emissa sonaret,
terreret visu horrida larva viros.
dira, Hadrumeta, tuum rapiant sibi Tartara monstrum:
custodem hunc Ditis debet habere domus. 

Traduzione: 
 
"La feccia dei Garamanti è giunta alla nostra parte del mondo e lo schiavo nero gioisce del suo corpo del color della pece,
terribile fantasma che spaventerebbe col suo aspetto, se solo il suono delle sue labbra non allontanasse gli uomini. 
Hadrumeta, lascia che l'oltretomba porti via questo mostro: egli dovrebbe far la guardia alla casa del Dio degli Inferi." 
 
Questi versi sono contenuti nell'Anthologia latina, un'opera composta verosimilmente nel VI secolo d.C.; il loro autore è denominato Floro. Non è scontato che si tratti proprio di Lucio Anneo Floro. Per alcuni i due autori sono ben diversi e quello dei versi sui Garamanti deve essere considerato ignoto. Se passiamo al contenuto, notiamo subito che il significato letterale di faex è "merda". Un insulto ben violento. Va detto che in ogni caso non esistevano lavori o incarichi per principio interdetti agli Africani dalla pelle scura. 
 
Dall'analisi delle fonti emerge un forte disprezzo misto a paura verso i Garamanti (in latino Garamantes, Garamantae, in greco Γαράμαντες). Eppure si parla di un popolo glorioso, che costruì un impero nel Sahara, caratterizzato da avanzate opere di ingegneria idraulica. I Garamanti erano considerati da un'antica tradizione gli inventori dell'apicoltura e con ogni probabilità anche dell'idromele, che di tale arte nobilissima costituisce il miglior frutto. Coltivavano uva, fichi, orzo e frumento, che costituivano la base della loro alimentazione. Lucio Cornelio Balbo li sottomise nel 69 d.C., per punire una loro spedizione contro Leptis Magna. Da allora furono clienti di Roma.  

 
Le fonti dell'Antico Egitto del Medio Regno ci parlano dei Libi come di un popolo dalla pelle chiara, con capelli rossicci. Questo non contraddice il fatto che i Garamanti avevano un aspetto molto diverso, come tra l'altro è ben attestato dall'iconografia di epoca romana. Esistevano popoli Leucolibici, con pelle, occhi e capelli chiari, e popoli Melanolibici, con pelle, occhi e capelli scuri. I Garamanti erano per l'appunto Melanolibici. La cosa piacerà molto poco ai fautori del politically correct, eppure la devo riportare: i neri Garamanti, che usavano i carri da guerra, davano la caccia ai Trogloditi, anch'essi scuri di pelle, li riducevano in schiavitù e ne facevano mercato, vendendoli ai Romani. La triste verità è questa: un sistema sociale complesso edificato in un ambiente sommamente ostile necessita di manodopera per poter sussistere. Si può capire con facilità che questa manodopera non può essere prestata volontariamente e con gioia, potendo essere soltanto il frutto di una feroce coercizione. 
 
Etimologia del nome dei Garamanti 
 
Ebbene, i Garamanti traevano il loro nome da quello della loro capitale, Garama (l'odierna Germa, 150 km a ovest di Sebha). Questo stanziamento aveva sostituito un nucleo abitato più antico, denominato Zinchecra, che comunque non era situato molto lontano. Il toponimo Garama trova corrispondenza nel proto-berbero. Nelle attuali lingue berbere è tuttora vivo il vocabolo iγerman "castelli, fortezze". Certo, questa radice potrebbe anche essere entrata in proto-berbero da una lingua perduta parlata in precedenza.  

L'antica lingua perduta dei Garamanti
 
Come ci ricorda Roger Blench (2014), sono note numerose iscrizioni attribuibili ai Garamanti. Sono scritte in caratteri berbero-libici, eppure soltanto poche sono comprensibili. Il perché è presto detto: sono redatte in una lingua non berbera. Si può ipotizzare che si tratti di una lingua nilo-sahariana, anche se potrebbe essere una lingua isolata e perduta. La traduzione delle iscrizioni dei Garamanti è stata indicata dallo stesso Blench come una priorità per il mondo scientifico. Purtroppo ho fondate ragioni di dubitare che il suo appello sarà raccolto. 
 
 
Epigoni 
 
I discendenti dei Garamanti sono le genti del Fezzan (in italiano anche Fasania), il cui aspetto è ben compatibile con quanto affermato dalle fonti antiche sopra esposte. La loro lingua è berbera. A quanto ho appreso su un manuale della lingua araba parlata in Libia (Griffini, 1913), nel Fezzan si produce una birra fatta coi datteri - o almeno la si produceva in tempi non troppo lontani dai nostri.

domenica 28 giugno 2020

UNA CONLANG PALEOBERBERA DALL'ASPETTO BASCOIDE

Mi sono cullato nella mia immaginazione, facendo prendere forma a scene di vita di un antico popolo delle montagne dell'Atlante. Genti biondicce e rachitiche, che vivevano in condizioni quasi bestiali, abitando spesso in caverne, pur avendo qualche contatto con popolazioni più avanzate. Spinto da una forza irresistibile, ho trascritto qualcosa della loro lingua, che è chiaramente di ceppo berbero, ma dotata di una sonorità molto anomala. Non saprei classificare bene questa mia ispirazione, tanto che l'opera sembra essere a metà strada tra la glossolalia e la consapevole costruzione di una conlang. Ho scorso un lungo elenco di radici protoberbere con i loro esiti nelle lingue attestate di quel ceppo: a per ognuna di queste radici ho fornito l'equivalente nella lingua dei cavernicoli dell'Atlante. Come mi è capitato altre volte, nel trascrivere le parole, ho avvertito in me un senso di pace cristallina, come se stessi attingendo a qualcosa di realmente esistito. 
  
La fonologia di questa lingua è infatti molto simile a quella del basco (Euskara), con poche differenze (sono presenti le geminate -ll- e -nn-, la rotica r è sempre trillata). L'ortografia che ho utilizzato per trascriverla si basa su quella del basco, a cui rimando (z è la sibilante laminale, s è la sibilante apicale, g è sempre un'occlusiva velare). Ecco una lista di vocaboli: 

abairru, cane selvatico; volpe
aballu, pene, fallo 
abar, fossa 
abaun, otre di cuoio 
aberkan, nero 
aborri, grillo 
adambain, bruno rossiccio 
agerda, topo
agorro, recinto 
ahal, parola magica; immunità  
ahamban, acque
aharra, recinto 
aharro, ventriglio 
ahodar, muro 
ahu, ginocchio 
ahulli, asino, onagro 
ain, bocca 
aiun, venire
ambu, bocca
anga, palato 
angargur, rana 
angur, naso 
arbide, sentiero, via 
argut, corvo 
arren, città 
ataun, andare 
atsil, vipera  
atzar, capelli
aulen, cuore 
aurak, giallo, verdognolo 
autz, struzzo 
azoha, valletta; rivolo  
azpe, giorno 
azullu, clitoride 
ba, madre  
bal, occhio 
ballen, occhi 
ban, persona, uomo 
barai, farina  
barra, figlio 
bat, madri 
bizkar, fianco di una collina 
bor, leone
borgu, zanzara 
bortamban, minerale di rame 
botson, sciacallo 
botzar, tortura 
buts, limaccia 
dingal, nano
ebaen, irrigare
ebegau, bue 
ebennen, disporre pietre, costruire
eberkau, vitello 
eboken, affrettarsi 
eborgen, innalzare 
edamben, sangue 
egaen, fare, mettere 
egordan, scorpione 
egordu, pulce  
elbe, pelle 
embirren, piovere  
emborren, correre 
embuden, chiedere 
embuten, morire 
ennain, vedere 
ennun, attraversare, passare 
ennutun, camminare 
entzun, starnutire 
ergen, bruciare 
errau, schiena 
errun, partorire, far nascere 
ezumben, succhiare 
ezun, bere
gaintz, arco (arma) 
gambur, labbro 
gan, albero 
gandutz, torello
giba, elefante 
gosi, cane 
gugan, molti 
guntza, cagnolino 
haina, pecora 
harui, cinghiale 
haura, giovane cammello 
hauren, farina 
heuren, giungere, arrivare  
idari, antilope, orice 
idau, gente, uomini 
iharren, essere buono 
ihe, seno di donna 
ikorren, essere secco   
ilbe, maiale 
illin, essere, stare 
illit, figlia
iltz, lingua 
imbaben, bocche 
inda, tutto 
innin, dire
intz, giovane uomo 
ipe, testa
itz, osso 
itzan, mosche 
itzi, mosca 
izamban, gazzella 
izpe, parola; nome 
jambi, mia madre 
jausen, giungere 
joan, uno 
magarda, collo; curva, ansa 
makoran, grande 
maspibir, farfalla 
matatak, lucertola 
mazaur, grande 
naho, vento fresco e umido 
nannak, che parla col naso (nome dato a ominidi microcefali che
     vivevano in valli molto isolate)
nil, acqua 
nir, fronte
taba, canale d'irrigazione
tabarrut, quaglia, pernice 
tagoga, macigno 
tahuri, lebbra 
taini, dattero 
talbaut, valle 
tambent, miele
tebegaut, vacca 
teberkaut, vitella 
tegordant, scorpione femmina 
teheri, coltello 
temba, mosca sarcofaga 
tillit, luna
tizizpit, ape
uha, fuoco 
uhuts, mano
urruts, vetta, cima di un'altura 
uzpe, faccia; apparenza
zauk, rosso
zuzpi, sputo

Elementi grammaticali: 
 
I nomi con il prefisso t- e il suffisso -t sono femminili. Si tratta di una delle catatteristiche più tipiche delle lingue berbere.  
 
Prefiggendo la particella en- ai nomi si ottengono le forme del genitivo. Spesso avvengono alcuni mutamenti eufonici. 
 
ahamban endalbaut, le acque della valle 
aulen endingal, il cuore del nano 
ipe enintz, la testa del giovane uomo 
itz engiba, avorio (lett. "osso di elefante") 
nil endaba, l'acqua del canale    

Gli aggettivi sono collocati dopo i sostantivi: 

ahamban gugan, molte acque
banaberkan, uomo nero; fabbro 
bantzauk, uomo dai capelli rossi
 
Pronomi personali: 

nik, io 
ki, tu (masch.) 
kin, tu (femm.) 
anda, egli, ella  
nikain, noi 
kauni, voi 
andain, essi, esse  
 
Come si può notare, solo i pronomi di seconda persona singolare sono distinti per genere. Quelli di terza persona singolare non mostrano questa distinzione. Una simile caratteristica è tipica delle lingue berbere.  

Suffissi possessivi: 

-i, mio 
-k, tuo (masch.)
-(e)n, tuo (femm.)
-tz, suo (masch., femm.)
-na, -da, nostro 
-bin, vostro 
-zen, loro (masch., femm.) 
 
Aggiunti ai nomi, questi suffissi possono subire svariate modificazioni eufoniche. Ecco alcuni esempi. 

nili, la mia acqua 
nilk, la tua acqua (masch.) 
nillen, la tua acqua (femm.)
niltz, la sua acqua
nilda, la nostra acqua 
nilbin, la vostra acqua 
niltzen, la loro acqua

bail, il mio occhio, la mia vista
balk, il tuo occhio, la tua vista (masch.)
ballen, il tuo occhio, la tua vista  (femm.)
baltz, il suo occhio, la sua vista
balda, il nostro occhio, la nostra vista
balbin, il vostro occhio, la vostra vista 
baltzen, il loro ogghio, la loro bista

ballein, i miei occhi
ballenk, i tuoi occhi (masch.)
ballannen, i tuoi occhi (femm.) 
ballentz, i suoi occhi
ballanda, i nostri occhi 
ballembin, i vostri occhi 
ballantzen, i loro occhi 

idabi, la mia gente 
idauk, la tua gente (masch.)
idaben, la tua gente (femm.)
idautz, la sua gente 
idauna, la nostra gente 
idaubin, la vostra gente 
idauzen, la loro gente 
 
tebegauti, la mia vacca 
tebegauzk, la tua vacca (masch.)
tebegauten, la tua vacca (femm.)
tebegautz, la sua vacca
tebegaunna, la nostra vacca 
tebegaupin, la vostra vacca 
tebegautzen, la loro vacca  

Sono possibili alcune ambiguità. Così itzi "il mio osso" si pronuncia proprio come itzi "mosca".

Gli stessi suffissi si usano per coniugare i verbi. La distinzione tra suffissi di seconda persona singolare maschile e femminile si trova anche in basco (e i suffissi stessi sono identici: -k per il maschile e -en per il femminile). Ecco alcuni esempi di forme verbali coniugate: 

aiui, io vengo 
aiuk, tu vieni (masch.)
aiuen, tu vieni (femm.)
aiutz, egli viene, ella viene 
aiuna, noi veniamo 
aiubin, voi venite 
aiuzen, essi vengono, essi vengono 
 
inni, io dico 
innik, tu dici (masch.)
innien, tu dici (femm.) 
innitz, egli dice, ella dice 
innida, noi diciamo
innibin, voi dite 
innizen, essi dicono 
 
illi, io sono, io sto 
illik, tu sei, tu stai (masch.)
illien, tu sei, tu stai (femm.)
illitz, egli è, ella è, egli sta, ella sta
illina, noi siamo, noi stiamo 
illibin, voi siete, voi state 
illizen, essi sono, essi stanno, etc.

Per curiosità, forniamo qui una brevissima lista di traduzioni in Euskara: 

abairru - basco azeri "volpe"
aberkan - basco beltz "nero"  
ahamban - basco urak "acque"
bal - basco begi "occhio"  
ebegau - basco idi "bue" 
ilbe - basco urde, zerri "maiale" 
iltz - basco mihi "lingua"
ipe - basco buru "testa" 
makoran - basco handi "grande" 
nil - basco ur "acqua"  
talbaut - basco haran "valle" 
tambent - basco ezti "miele" 
tebegaut - basco behi "vacca"  

Come si vede, non sembra esserci molta corrispondenza. Possiamo tuttavia fare un certo numero di significativi parallelismi:

bizkar "fianco di una collina" : basco bizkar "schiena" 
bortamban "minerale di rame" : basco urdin "blu"
botson "sciacallo": basco otso "lupo" 
ebegau "bue", tebegaut "vacca" : basco behi "vacca" 
ebennen "disporre pietre" : basco ipini "porre" 
egaen "fare" : basco egin "fare" 
errun "partorire, far nascere" : basco errun "deporre uova" 
hauren "farina" : basco irin "farina"  
ikorren "essere secco" : basco ihar, agor "secco"
izpe "parola; nome" : basco hitz "parola", izen "nome"  
tillit "luna" : basco ilargi "luna", ilabete "mese"  

Spero che questo mio esercizio attragga l'attenzione di qualche studioso interessato ad accertare i legami tra il basco e le lingue berbere, quale che sia l'origine delle assonanze. Che si tratti di legami genetici o dovuti a prestiti occorsi nel Neolitico, l'argomento è senza dubbio oltremodo stimolante!

mercoledì 20 novembre 2019

NOTE SUL LAVORO DI MILITAREV

Alexander Militarev (Московский государственный лингвистический университет, МГЛУ, Moscow State Linguistic University) è l'autore del lavoro Tamâhaq Tuaregs in Canary Island (Linguistic Evidence), pubblicato nel 1989. Attualmente l'articolo in questione non è più consultabile nel Web; com'è ovvio ne ho conservato una copia in formato pdf sul computer, ma non posso diffonderla. Poco male. Militarev nel 2018 ha pubblicato un nuovo lavoro, che è la revisione e l'ampliamento del precedente: Libyo-Berbers – Tuaregs – Canarians (Tamâhaq Tuaregs in the Canary Islands in the Context of Ethno-Linguistic Prehistory of Libyo-Berbers: Linguistic and Inscriptional Evidence). Per consultare e scaricare l'articolo, ospitato su Academia.edu, basta seguire questo link:

 
Questa è la sinossi tradotta in italiano del lavoro del 2018: 
 
"Ci sono pochi paralleli lessicali stupefacenti tra le lingue estinte degli indigeni delle Isole Canarie e una delle lingue dei Tuareg dei Sahara, appartentente al gruppo dialettale Tamâhaq (Ahaggar, Taitoq e alcune altre). A parte il fatto che tutti questi idiomi delle Canarie appartengono alla famiglia linguistica Berbero-Canaria (la cui posizione all'interno della macrofamiglia Afroasiatica e la cui preistoria ricostruita sono presentate nell'interpretazione dell'autore), e, quindi, hanno un lessico ereditato comune, i paralleli Canario-Tamâhaq presentano sviluppi fonetici comuni che sono talmente non banali e unici che la loro sola spiegazione consiste in contatti etno-culturali, e per la precisione prestiti lessicali dal Tamâhaq al Canario. Una serie di tali prestiti, riportati e analizzati nel seguito, dà fondamento all'ipotesi di una migrazione di Tuareg di lingua Tamâhaq nelle Isole Canarie, databile approssimativamente tra il VII e il XIV secolo d.C. Basando le sue idee su questa ipotesi, l'autore tenta di decirare alcune iscrizioni nell'Isola di Ferro (Hierro) scritte in tifinaɣ, la sola esistente delle varietà di scrittura Libica, con l'aiuto del dizionario Ahaggar, dimostrando che sono state composte in Tuareg Tamâhaq. A parte questo, si cerca di ricostruire la preistoria linguistica ed etno-culturale e la storia dei parlanti Berberi, Tuareg e Canari." 
 
Nel suo secondo articolo Militarev rigetta l'uso del termine Guanche, solitamente usato come sinonimo di Canario, dato che tecnicamente parlando è appropriato soltanto per indicare le genti di Tenerife. La parola, è derivata da Guanchinech, ossia "Gente di Chinech", essendo Chinech (varianti Achinech, Chinet) il nome nativo di Tenerife. A prima vista è molto convincente l'analisi del prefisso guan- come *wa-n-, derivato dal pronome protoberbero *wa- e dalla particella genitivale n-. Così *wa-n- sarebbe traducibile come "quello di". Il problema è che in origine questo *wan- doveva significare "figlio", "figlio di" e anche "uomo". Nelle lingue di Fuerteventura e di Lanzarote è attestato guamf "uomo" (varianti: guam "uomo", guang "figlio, ragazzo"). Nella lingua di Gran Canaria guan significa "figlio", mentre in quella di Tenerife guan significa "uomo", talvolta "figlio". Le fonti sono Bory e Pizarroso. Bethencourt ha guan col significato di "uomo di" e "figlio di" sia per la lingua di Tenerife che per quella di Gran Canaria. Ignacio Reyes García riporta i dati in questione nella seguente pagina del suo Diccionario histórico-etimológico del amaziq insular (DHEAI):
 
 
Le forme di Fuerteventura e Lanzarote sembrano in qualche modo cozzare con la tradizionale interpretazione berberologica. Occorre stabilire se davvero questo guan- è soltanto un mero prefisso e se il significato di "uomo; figlio" deve essere sempre allo stato costrutto, oppure se ricorreva anche allo stato assoluto, come sospetto. A partire da tutti questi dati, analizzati a fondo, sono incline a ricostruire una protoforma *wampk "uomo (giovane)", la cui origine ultima sarebbe però sconosciuta. Un bel problema anche dal punto di vista della fonotattica!  
 
Questa è la sintesi del lavoro di Militarev: 

1) Le lingue canarie sono geneticamente imparentate con le lingue berbere del Nord Africa.
1.1) Le unità linguistice canarie e berbere sono considerate dall'autore come due rami tassonomicamente eguali della famiglia berbero-canaria, che include il libico epigrafico e che a sua volta è parte della famiglia afroasiatica.
La dicotomia genetica berbero-canaria è sostenuta da:
  i) poche caratteristiche morfologiche arcaiche assenti in berbero;
  ii) un numero di radici afroasiatiche ereditate assenti in berbero;
  iii) presunti prestiti in proto-canario da varie lingue afroasiatiche e non afroasiatiche, non attestati in berbero, che sembrano prestiti "continentali" anteriori alla divisione del proto-berbero in dialetti (fine del II millennio a.C.). 
2) Ci sono fatti che apparentemente sembrano contraddire la suddetta dicotomia: 
   i) isoglosse tra le lingue canarie e le lingue berbere settentrionali (Cabilo, etc.);
   ii) isoglosse tra le lingue canarie e le lingue berbere meridionali (Tuareg).
   Le isoglosse del primo tipo consistono in pochi vocaboli culturali, ritenuti irrilevanti ai fini della classificazione. Le isoglosse del secondo tipo mostrano tratti fonetici compatibili soltanto con le lingue Tuareg. 
3) Esiste una serie di isoglosse che legano le lingue canarie a un particolare sottogruppo delle lingue Tuareg, un gruppo dialettale chiamato Tamâhaq, che ha /h/ come esito del proto-berbero /z/. La sola spiegazione plausibile è che queste parole siano state importate nell'Arcipelago da immigrati di lingua Tamâhaq. 
4) Esistono parole arabe nelle varie lingue canarie. Si noterà che non sono state trovate tracce di Islam nelle Canarie all'epoca del contatto con navigatori europei, mentre sembrano esserci stati vaghi residui di Cristianesimo.
5) Una lingua berbera non Tuareg, responsabile degli arabismi, deve essere stata portata nelle Canarie da un'ulteriore ondata migratoria, anteriormente alla conversione delle genti berbere all'Islam. Un ulteriore indizio sono termini canari non attestati in Tuareg, che non possono risalire al proto-berbero-canario (ad esempio prestiti dal latino). La migrazione non potrebbe essere avvenuta prima dell'VIII secolo d.C. 
6) Le vestigia di Cristianesimo nelle Canarie devono essere state portate dai migranti di lingua Tamâhaq, visto che proprio tra i Tuareg è presente un interessante sostrato religioso preislamico (ad esempio prestiti dal latino cristiano), possibile eredità del popolo dei Garamanti. Con ogni probabilità la migrazione è avvenuta nel VII secolo d.C. Altra eredità Tuareg nell'Arcipelago è la scrittura tifinaγ, documentata da brevi iscrizioni rupestri che l'autore riesce a tradurre senza difficoltà.  
 
Questi sono gli esempi di parole canarie che Militarev considera ereditate dal proto-afroasiatico ma assenti in berbero:

1) aganeye "braccio tagliato" (La Palma)
      proto-afroasiatico: *ginaʕ- "braccio, mano"
2) cuna "cane" (Gran Canaria), cancha "cane; cagnolini" (Tenerife)
      proto-afroasiatico: *kʷahin- "cane"
3) lia "sole d'estate" (Gran Canaria), alio "sole" (Lanzarote), lion
      "sole" (Hierro)
      proto-afroasiatico: *lVʕ(lVʕ)- "luce, luminaria"
4) abora "divinità celesti, Dio" (La Palma)
      a) proto-afroasiatico: *bVr(ʔ)- "creare"       
      b) proto-afroasiatico: *bVry- "spirito maligno; mago"
5) achaño "anno" (Tenerife)
      proto-afroasiatico: *san- "anno"
6) hirguan "demonio (dall'aspetto di uomo lanuto)" (Gomera),
         irvene "demonio (dall'aspetto di cane lanuto)" (La Palma)
      proto-afroasiatico: *hirgʷan- "cane" ("sciacallo dorato, iena e
         simili")
7) haña, jana, ana "pecora, agnello" (Tenerife) 
      proto-afroasiatico: *(ʔa)wVn- / *(ʔa)yVn- / *(ʔa)nay- "tipo di
         piccolo bovino / ovino"
8) afaro "chicco di grano" (Tenerife)
      proto-afroasiatico: *pir- / *par- "frutto, chicco di grano, seme"
9) beñesmer "stagione del raccolto (agosto)" (Tenerife)
     proto-afroasiatico: *čVmVr- "maturare, produrre un buon
        raccolto"
    Il prefisso della parola canaria è ricostruito come *we-n- (variante di *wa-n-).

La lista in questione non è priva di criticità. Riporto nel seguito alcuni miei commenti. 
 
cuna, cancha "cane":
Militarev ritiene queste parole connesse al chadico, al kushitico e all'omotico. In realtà questi sembrano prestiti indoeuropei relativamente recenti. La forma cuna viene a mio avviso dal celtiberico (accusativo *kunam). La forma cancha non può essere celtica, per cui la riconduco a una forma di indoeuropeo non celtico con le antiche vocali /a/ e /o/ confuse in /a/. Ipotizzo che si tratti della lingua dei Germani di Oretania, in cui si avrebbe *kantas "cane" (< *kwon-t-os). Il passaggio da -t- a -ch- è ben documentato nella lingua di Tenerife e di altre isole. A Tenerife è riportato gucancha, jucancha "demonio (dall'aspetto di cane grande e lanuto)", che ricondurrei a un composto *gū-kanta- (< *gwou-kwontos), alla lettera "cane-bue". 

abora "divinità celesti, Dio":
Militarev è incerto tra due etimologie possibili, una da una radice proto-afroasiatica col signficato di "creare", l'altra da una diversa radice proto-afroasiatica col significato di "spirito maligno". Non è possibile che entrambe le etimologie proposte siano vere. Invece potrebbe darsi che siano entrambe false. A parer mio è possibile che abora stia per *agʷoran e che sia identico alla forma acoran, alcoran, alcorac "Dio" attestata a Gran Canaria, a sua volta corradicale della forma acoron, achoron attestata a Tenerife. In ultima analisi potremmo ricostruire *amḳʷoran e ritenere che sia derivato dal proto-berbero *a-mVḳḳʷar-an "grande" (cfr. Ahaggar amɣar "grande", Cabilo amǝqʷran, etc.).
 
achaño "anno":
Militarev riporta anche acano "anno" (Gran Canaria), aggiungendo l'etimologia sarebbe corretta se stesso per *açano (< *asan- e non *akan-). Questo è ben possibile, in fondo si trovano casi analoghi, come ad esempio acof /a'sof/ "fonte" (Hierro, cfr. Cabilo asif, tasift, "corso d'acqua", Mzab suf, etc.), con -c- che sta per -ç-

hirguan "demonio (dall'aspetto di uomo lanuto)":
Sembra che in realtà questa parola si trovi anche in berbero: Senwa argu "diavolo, genio maligno", pl. iruggwán (ortografia tradizionale argou, irouggouan). La forma della lingua di Gomera (che Militarev attribuisce a quella di La Palma), sarebbe dunque un plurale berbero fossilizzato. 
 
Questi sono gli esempi di parole canarie che Militarev considera prestiti da altre lingue afroasiatiche ma assenti in berbero:
 
1) jubaques, juvaque "pecore grasse" (Gomera, Hierro)
    varianti: juhaque, fubaque, tabaque  
       < kushitico orientale (Saho, Afar subaḥ "burro"),
       a sua volta dal proto-afroasiatico *ĉVbVḥ- "grasso"
2) atazaykate "grande cuore, coraggioso" (Gran Canaria)
    varianti: atacaycate, athacaite, atacayte, altacaite, altaycayte,
    etc. 
       < chadico occidentale (Hausa zukata "cuori")
3) belingo "divertimento, festa, baldoria" (Gran Canaria)
       < semitico (ebraico blg "gioire")
       a sua volta dal proto-afroasiatico *bVlVg- "splendere"
4) chacerquem, chacerquen "miele" (Tenerife), tacerquen "birra o
     vino (di palma)", azarquen "coagulo di mocanes" (Gran
     Canaria) < *(t)a-SVrḳ-Vn
       < semitico *ŝrḳ "essere rosso" (ebraico ŝōrēḳ "uva pregiata
      rossa")
5) axo "cadavere secco e imbalsamato, mummia" (Tenerife)
    varianti: xaxo, haho
    < egiziano 3ḫw "spirito, deceduto" 
    Questo importante prestito testimonia l'origine egiziana della mummificazione, diffusa nelle Canarie in epoca preispanica. Non va nascosto che la parola canaria non può essere un derivato diretto di quella egiziana, che aveva una vocale tonica /i:/, essendo la pronuncia agli inizi del Medio Regno ricostruibile come /'Ri:χu/. Probabilmente si tratta di un derivato del verbo /Ra:χ/, formato dalla stessa radice, ma attestato col significato di "diventare utile; diventare splendido".    
6) tarja, tarha, tara "segni mnemotecnici" (Tenerife)
   < egiziano hrb "scrivere una lettera"
   Questa radice egiziana è stata presa a prestito dal protoberbero *Hirab "lettera, messaggio", *Harab "scrivere". La forma canaria mostra invece un prefisso ta- e presuppone una protoforma *ta-Hrab
7) salema "tipo di pesce (Sparus cantharus)"
    (voce comune a varie isole)
   Questa radice, comune a tutte le lingue berbere (protoberbero *sVlmay "pesce", pl. *i-salm-an / *a-salm-an), è confrontara dall'autore all'egiziano del Medio Regno nšmw.t "tipo di pesce" (< *lVšm-Vw-t). La forma berbera plurale è passata in lingue del sostrato preindoeuropeo d'Europa, finendo poi in celtico e passando anche in latino. Questo è il percorso del famoso nome del salmone.  

Esiti della sibilante sonora /z/ del proto-berbero in isoglosse berbero-canarie (parole native o prestiti importati nelle Canarie da popolazioni non Tuareg):
 
1) azeca "muraglia" (Lanzarote, Fuerteventura)
    proto-berbero *t-ā-zaqqāw "muraglia"
    Ghadames tazəqqa "muro", etc.
    In Ahaggar si ha invece tăhaqqa "magazzino per viveri", con /h/.
2) zeloy "sole" (La Palma)
    proto-berbero *ā-zayl "luce diurna"
    Cabilo azal "luce diurna", etc. 
    In Ahaggar si ha invece ahəl "luce del sole", con /h/.
   Si noti che a Tenerife è documentato cel "luna", quindi la radice doveva avere il significato più antico di "luminaria celeste", perduto nelle lingue berbere continentali.
3) azuquahe "nero; bruno, rossiccio" (La Palma)
    varianti: azuquache, azaquache, asuquahe, etc.
    proto-berbero *ā-zVwwāɣ "rosso"
    Cabilo azəggʷaɣ "rosso"
    In Ahaggar si ha invece ihwaɣ "essere rosso", con /h/.
4) mencey, mencei, menzei "re, sovrano, difesa" (Tenerife)
    proto-berbero *ā-manzuy "primo, primogenito, colui che viene
       prima"
    Senwa amənzu "primogenito" 
    In Ahaggar si ha invece eməñhi "antesignano, araldo", con /h/

Esiti dell'aspirata /h/ prodotta dalla sibilante sonora /z/ del proto-berbero in prestiti importati nelle Canarie da popolazioni di lingua Tuareg Tamâhaq (Ahaggar):
 
1) hyguyeres "tipo di pianta (Euphorbia canariensis)" (Lanzarote)
    Ahaggar ăhəqqor "trave fatta di legno di palma"
    In Cabilo si ha invece azəqqur, con /z/.
    La terminazione -es sembra un francesismo, data la nazionalità del glossatore.
2) apio, hapio, gapio, gapo "fontana" (Hierro)
    Ahaggar tăhaft "canale d'irrigazione"
    In Ghat si ha invece tazəft "canale d'irrigazione", con /z/.
3) taharenemen "fichi secchi" (Gran Canaria)
    Ahaggar âhâr "fico (frutto)", tâhârt "fico (albero)"
    In Ghat si ha azar "fico (frutto)", con /z/.
4) tahuyan "gonnellini di pelle tinta" (Gomera), tahuy "pelle" (La
       Palma)
    Ahaggar tehayhayt "sacco di pelle dalle lunghe frange"
    In Tawllemmet si ha ašăyha "sacco di pelle speciale", con /ʃ/.
5) maho, maxo, majo "scarpa, calzatura" (Lanzarote, Fuerteventura)
    Ahaggar tamhit "sacco di pelle di capra"
    In Tadghaq si ha tamsit "sacco di pelle di capra", con /s/.
6) ahuar "terra" (La Palma),
    forma possessiva: benahoare, benahorare, benehoare "la mia
    terra, la mia patria" (La Palma)
    Ahaggar: ăhaggar "parte centrale del pianoro di Kel-Ahaggar"
         < *ā-hawwār, corradicale di əhwər "precedere, essere il
           primo" 
    Ghadames ezwər "precedere, essere il primo", Cabilo zwir, etc.,
           con /z/.
    Il raffronto proposto da Militarev sembra un po' tirato per i capelli.
    Il termine canario usato a La Palma definiva chiaramente la stessa isola ("terra" = "patria"), data la mentalità fiera degli abitanti. I geografi arabi medievali menzionano la tribù berbera libica degli Hawwara, il cui nome viene dalla stessa radice.
7) eraoranhan "un idolo maschio" (Hierro)
    varianti: eranoranhan, erahoranhan, eraoranzan
    orahan, oranjan, orojan "una divinità; Dio" (Hierro, Gomera)
    Ahaggar yorəhən "che dà (qualcosa) in cambio"
    Il composto eraoranhan è formato dal teonimo oranjan con l'aggiunta di un prefisso era-, che corrisponde perfettamente all'Ahaggar ere- "colui che". La variante eraoranzan è un doppione, con ogni probabilità importato da una lingua non Tamâhaq.
8) añepa "scettro" (Tenerife)
    varianti: anepa, anzpa 
    Ahaggar ăñhəf "bastone grosso e lungo"
    Ghat anžəf "tizzone" 
   La variante anzpa è un doppione, con ogni probabilità importato da una lingua non Tamâhaq.
 
Esiti dell'aspirata /h/ del proto-berbero in isoglosse berbero-canarie:

1) fayahuracan "capitano" (Gran Canaria)
    faya "uomo poderoso" (Gran Canaria)
    Ahaggar ufu "essere migliore"
    Ayr afu "essere migliore"
    Cabilo if "essere migliore"
    Seconda parte del composto:
    Ahaggar hərəkkət "rispettare"
    Tawllemmet hərəkkət "rispettare, aver paura"
    La forma fayahuracanes "capitani" è un plurale ispanizzato.
2) guaire, guayre "nobile, consigliere" (Gran Canaria)
    Ahaggar tihorar "essere molto rispettato"
    Tawllemmet ihar "meritare"
    < proto-berbero *ihwar
   Forme come guaires "capitani valorosi", guayres, gayres "consiglieri di guerra" sono  plurali ispanizzati. 
3) aala "acqua" (Gomera, Hierro)
    Ahaggar tăhala "fonte"
    Snus tala "stagno alimentato da una fonte"
    Cabilo tala "piccola fonte" 

Esiti dell'aspirata /h/ prodotta dal proto-berbero /β/ o /hw/ (possono essere parole native o prestiti importati nelle Canarie da pololazioni di lingua Tamâhaq): 
 
1) güiro "segno d'amore" (lingua non specificata)
    Ahaggar ər "amare, volere"
    Ghadames ebri "amare, volere"
    L'autore ricostruisce la forma proto-berbera del verbo come *ihwar / *yahwir.
2)  hero "fonte; cisterna" (Hierro)
     hera "sabbia dove sta l'acqua" (Hierro)
     hieri, hero, jierro "Hierro" 
     Ahaggar ahir "sorgente alimentata da flussi molto deboli"
     Ghadames ebär, īber "canale d'irrigazione" 

 Arabismi 
 
Cosa che può sembrare sorprendente, nelle lingue delle Canarie si trovavano interessanti arabismi. Militarev elenca le seguenti voci e ipotizza, a parer mio giustamente, che siano passate nell'Arcipelago per tramite berbero (ma non Tuareg):   

1) badanas "pelli spesse di pecora" (La Palma), badanas "pelli
     conciate di color cannella" (Gran Canaria)
    < arabo baṭn "ventre; ventriglio"
    La -s finale è un evidente ispanismo.
2) sabor "consiglio di guerra" (Gran Canaria)
    < arabo šawr "consiglio" (variante di šūrā)
3) taifa "riunione" (Gran Canaria)
     < arabo ṭāʔifat "famiglia, stirpe"
4) arba "quattro" (Tenerife)
     < arabo ʔarbaʕa "quattro"
5) cansa "cinque" (Tenerife)
     < arabo ḫamsa "cinque"
6) támaras "frutti, datteri sul ramo", támara "palma da datteri
    (Phoenix canariensis)" (Tenerife, Gran Canaria e altre isole)
    < arabo tamr "dattero"
    La -s finale è un evidente ispanismo, come riscontrato in molti altri casi. 
 
L'autore non sembra aver riconosciuto il numerale cansa "cinque" come un arabismo, pur citandolo nella discussione: ho provveduto io a inserire questa voce nella lista. Non mi stupisce troppo che la consonante araba /χ/ sia stata adottata come una semplice occlusiva velare /k/.   

Iscrizioni Tuareg nelle Canarie 
 
Una delle notizie che difficilmente si leggeranno sui quotidiani riguarda i recenti rinvenimenti un numero crescente di iscrizioni rupestri nelle isole dell'Arcipelago, e in particolare a Hierro. Questi documenti, redatti in scrittura tifinaγ derivata in via diretta da quella degli antichi Numidi, sono la più eloquente prova materiale di quanto affermato dall'autore sulla migrazione di Tuareg di lingua Tamâhaq nelle Canarie. Rimando senz'altro all'articolo di Militarev per approfondire questo affascinante argomento: è riportato il confronto di ogni segno canario con l'equivalente in varie forme di tifinaγ (antico Tuareg, Ahaggar) e in numidico orientale. Un'iscrizione trovata in Libia, a Ghirza (Wadi Zemzem), risalente al X secolo d.C. è stata usata come confronto con il materiale canario. I risultati sono sorprendenti: diverse iscrizioni trovate a Hierro sono riportate, traslitterate e tradotte semplicemente utilizzando la lingua Ahaggar.     

Appendici 

Nella prima appendice all'articolo, l'autore riporta alcune tavole col confronto tra le scritture libiche (Tuareg, numidico orientale) e alcune scritture semitiche (fenicio, neopunico, sud-arabico, etc.). 
 
Nella seconda appendice all'articolo, l'autore riporta una lista Swadesh di 100 parole delle lingue berbere. I vocaboli sono ammassati e la consultazione non è agevole. Sono presenti diverse ricostruzioni di protoforme, non sistematiche e mescolate al materiale presentato.

Nella terza appendice all'articolo, l'autore mostra un albero genealogico delle lingue berbere, basato sulla lessicostatistica di 17 lingue.
 
Nella quarta appendice all'articolo, l'autore riporta uno studio oltremodo interessante sui prestiti punici nelle lingue berbere. Purtroppo lo spazio non mi consente di trattare l'argomento col dovuto approfondimento. Pubblicherò in altra occasione il mio contributo in merito.  

Nella quinta appendice all'articolo, l'autore riporta uno studio oltremodo interessante sui prestiti berberi in nubiano. Purtroppo lo spazio non mi consente di trattare l'argomento col dovuto approfondimento. Pubblicherò in altra occasione il mio contributo in merito. 

Conclusioni
 
Tutto splendido, certo, eppure potrebbe essere meglio. Forse sarebbe innanzitutto il caso di cercare di ricostruire il protoberbero in modo più solido e di rendere reperibile a tutti gli studiosi il materiale. Dato che si tratta di un argomento spinoso, reputo essenziale favorire una consultazione agevole delle protoforme ricostruite. Esiste un database relativo al protoberbero, ad opera dello stesso Militarev, consultabile sul sito The Tower of Babel (https://starling.rinet.ru) al seguente link: 
 
 
Certo è un buon inizio, anche se mi pare incompleto e in generale poco soddisfacente. Deve essere anteriore agli studi compiuti dallo stesso autore, perché sembra considerare le lingue delle Canarie come semplici output del proto-berbero. Una volta risolto il problema della ricostruzione del proto-berbero si dovrebbe procedere, tramite i dati interni e il confronto con altre protolingue afroasiatiche, a ricostruire con maggior sicurezza il proto-canario e il proto-berbero-canario. Senza questo processo, faticoso ma necessario, si corre il rischio di prendere cantonate e persino di sprofondare in qualcosa che somiglia pericolosamente a un paleocomparativismo basato su semplici assonanze. Purtroppo la vera piaga in questo genere di studi è la carenza di conoscenza sulle lingue un tempo parlate nelle Canarie, le cui attestazioni sono frammentarie e spesso confuse.