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mercoledì 5 maggio 2021

LA SOLUZIONE DEL MISTERO DELL'UOMO DI TAURED

Questi sono gli eventi leggendari, per come ci sono riportati dalle fonti disponibili. Siamo nel 1954, in Giappone. Un uomo occidentale barbuto e vestito con abiti eleganti ha fatto la sua comparsa nell'aeroporto Haneda, a Tokyo. Passato alla dogana, ha dichiarato di provenire da un paese chiamato Taured e di essere giunto in Giappone per la terza volta. I documenti dell'uomo sembravano validi, ma nessuno tra i funzionari doganali conosceva una nazione con quel nome bizzarro. Il viaggiatore rispondeva al nome di Jenansfer Berhodrick e parlava molte lingue, anche se il francese sembrava essere quella conosciuta meglio. Così gli hanno portato un mappamondo, chiedendogli di indicare la sua nazione. Senza esitare, lui ha indicato il Principato di Andorra ma è rimasto molto sorpreso quando ha saputo che era chiamato con quel nome, che non aveva mai sentito prima. Ha assicurato che la nazione di Taured sarebbe esistita da mille anni. È stato anche appurato che il supposto tauredano aveva con sé denaro di molte nazioni realmente esistenti, prova dei suoi continui viaggi internazionali. A questo punto i doganieri hanno pensato che quell'individuo incongruo fosse una spia, così hanno deciso di trattenerlo in un albergo per la notte, in attesa di poter compiere approfonditi accertamenti. La stanza si trovava al quindicesimo piano dell'albergo e aveva soltanto un ingresso, senza finestre né balcone. Due guardie sono state incaricate di piantonare quell'alloggio. Eppure la mattina seguente la stanza è stata trovata sgombra, senza il suo occupante e senza alcun bagaglio che dimostrasse la sua esistenza. Sembrava essere svanito nel Nulla! Persino i documenti, che erano stati trattenuti in dogana, erano scomparsi! Davvero inquietante! La notizia della misteriosa sparizione del supposto tauredano si è molto diffusa tramite i media, divenendo la fonte di svariate teorie complottiste. Di fronte alla natura inspiegabile dei fatti descritti, molti lettori hanno creduto che l'Uomo di Taured fosse giunto da un universo parallelo, da un'altra linea temporale. In altre parole, sarebbe stato un viaggiatore interdimensionale o qualcosa di simile. Per questo motivo si è guadagnato l'epiteto di "Uomo venuto da un altro mondo". 
 
 
Pronuncia di Taured 
 
Credo che sia un punto molto importante. La pronuncia del toponimo Taured, a quanto ho potuto accertare tramite ricerche nel Web, è /'tɔ:red/ o /tɔ:'red/. Il dittongo -au- è soltanto grafico, la sua pronuncia è una vocale /ɔ:/ lunga e aperta.

Un'implausibile ipotesi
 
Il toponimo Taured mi è subito parso un nome di origine celtica e sono partito in quarta ricostruendone il significato e l'etimologia. Va detto che avevo attribuito a Taured la pronuncia /'tau̯red/, pensando che la trascrizione si fondasse sull'ortografia spagnola o catalana. Questa è la trafila da me escogitata:

Taured < *Tarwedom < *Tarwo-pedom "Suolo del Toro".
 
La variante Torda, che pure si trova (il viaggiatore si è chiesto perché "Torda" sia stata rimpiazzata da "Andorra"), a prima vista mi è sembrata il risultato di un antico neutro plurale. In realtà è più semplice pensare che sia il frutto del tentativo di un agente di trascrivere il nome della nazione sconosciuta. Eppure non si può prescindere dal fatto che la lingua madre dell'Uomo di Taured era il francese. In francese erano redatti i suoi documenti. Pur essendo multilingue, questo individuo enigmatico non si esprimeva in un idioma non identificabile. Quindi ne ho dedotto che l'ipotetico celtico tauredano si doveva essere estinto da tempo. Mi sono poi accorto che la vera spiegazione del toponimo Taured è tutt'altra, così ho abbandonato di colpo le mie elucubrazioni. 
 
La natura incoerente della linea temporale 

Avendo ipotizzato una lingua celtica tauredana, mi ero posto il problema del punto di divergenza da cui sarebbe scaturita la linea temporale in questione. Non lo sono riuscito a individuare, nonostante  gli sforzi compiuti, così ne ho dedotto che il corso fosse onirostorico più che ucronico. Tanto più che le altre nazioni del mondo dell'Uomo di Taured erano indistinguibili (si suppone anche per la loro storia) da quelle del nostro mondo. Un'anomalia non di poco conto, se ne converrà. Esisteva persino un'azienda che è presente anche nel nostro corso storico, tal quale, segno che non si può trattare di una questione di punto di divergenza, ma di diversa disposizione degli elementi esistenti ab origine
 
Problemi nella definizione di Multiverso

L'esistenza di mondi con queste caratteristiche dimostrerebbe che gli universi paralleli non nascono da divergenze a partire da un universo comune o Multiverso, come voleva Hugh Everett III. Nascerebbero invece da blocchi di componenti rimescolate. Sarebbero come tanti racconti con inserite varianti arbitrarie: simili tra loro ma al contempo dissimili, come orride sfingi. Se questo fosse dimostrato, sarebbe più verosimile l'idea di Hawking, che ammette l'esistenza di universi paralleli, ma nega che possano essere in numero così alto come era stato in precedenza stimato. Purtroppo al presente non esiste alcuna possibilità di verificare alcuna ipotesi servendosi del metodo scientifico. Non sono cose misurabili e non è possibile renderle tali, con buona pace di Galileo.  
 
L'ipotesi del crononauta 
 
Non poteva mancare la storiella del viaggiatore proveniente dal futuro. Secondo questa idea, tanto cara alle genti della Terra dei Liberi, l'Uomo di Taured sarebbe giunto nel 1954 dal nostro stesso pianeta partendo da un'epoca che per noi è il futuro, servendosi di una macchina del tempo. Secondo questa spiegazione, Andorra nel futuro sarebbe chiamata Taured o Torda. L'evoluzione fonetica non è impossibile: 
 
Andorra => 
Andorda => 
Antorda => 
Torda, Taured /'to:red/ 
 
Tre sono i mutamenti fondamentali: 
1) il passaggio dalla rotica forte -rr- a -rd-
2) il passaggio da -nd- a -nt- (desonorizzazione); 
3) la caduta della sillaba iniziale an-
 
Ci sono tuttavia alcuni problemi che non posso tacere.  

1) L'Uomo di Taured non riconosce l'antico nome Andorra, lo considera totalmente diverso. La cosa mi sembra improbabile, a meno che a Taured lo studio della storia non fosse un tabù. Sarebbe come se un lombardo non sapesse riconoscere il nome dei Longobardi (Langobardi), oppure come se un francese non sapesse riconoscere il nome dei Franchi. 
2) Se il nome di Andorra si fosse evoluto in Torda / Taured, anche le lingue nel loro insieme sarebbero molto cambiate e non sarebbero state identificabili dai doganieri. Il francese stesso si sarebbe evoluto in una lingua per noi non facilmente riconoscibile.  
 
Oltre al fatto che i viaggi nel passato non sono possibili, i problemi di cui sopra paiono un forte indizio dell'assurdità dell'ipotesi crononautica. Sarebbe più facile pensare che Torda / Taured sia soltanto il francese terre d'Andorre male udito e peggio interpretato dai funzionari nipponici, ma questa possibilità appare inverosimile se si considera che il viaggiatore non avrebbe a sua volta riconosciuto il nome di Andorra pronunciato dai suoi interlocutori. Senza contare il nome della nazione che sarebbe stato scritto sul passaporto. 

 
L'enigma spiegato:
il caso di John Zegrus
 

Infine sono riuscito a trovare in Rete la verità sull'Uomo di Taured. Una verità di una banalità disarmante. Tutto è nato, in maniera molto prosaica, da un paio di stupidissimi refusi e da qualche fraintendimento. Un utente di Reddit, u/NatanaelAntonioli, ha pubblicato nel 2019 un post su un episodio di cronaca da cui si è sviluppato il mito dell'Uomo di Taured. Un altro utente dello stesso social, u/taraiochi, è riuscito a recuperare articoli giapponesi sull'accaduto. 
 
 
John Allen Kuchar Zegrus (trascritto in giapponese come  ジョン・アレン・カッチャー・ジーグラス, Jon Aren Kacchā Jīgurasu) è il nome di un uomo realmente vissuto, che nel 1960 fu detenuto in Giappone per falsificazione di documenti. Procediamo con ordine. Nell'ottobre del 1959, un uomo di 36 anni registrato come John Allen Kuchar Zegrus entrò in Giappone con la sua moglie coreana. Tre mesi dopo fu arrestato dalla polizia di Marunouchi (un distretto commerciale di Tokyo) perché sospettato di aver compiuto una frode d'identità. Il caso fu seguito dal capo dell'Ufficio di pubblica sicurezza del Dipartimento della Polizia metropolitana di Tokyo, Atsuyuki Sassa - da non confondersi con l'omonimo sceneggiatore cinematografico. Il passaporto del detenuto riportava timbri dell'ambasciata giapponese in diverse nazioni asiatiche, eppure fu giudicato contraffatto. Furono riscontrate anche altre irregolarità. John Zegrus sosteneva di essere nato negli Stati Uniti e di essersi trasferito nel Regno Unito passando per la Cecoslovacchia e per la Germania. La biografia da lui dichiarata aveva dell'incredibile. Durante la Seconda guerra mondiale sarebbe stato un pilota della British Air Force catturato dalla Wehrmacht. Finita la guerra sarebbe migrato in America Latina per poi diventare una spia degli Stati Uniti in Sud Corea. Avrebbe fatto il pilota in Tailandia e in Vietnam, quindi sarebbe stato un agente segreto della Repubblica Araba Unita. La sua presenza in Giappone la giustificava proprio come una missione di reclutamento di volontari per la Repubblica Araba Unita. Dopo aver contattato chi di dovere nei paesi menzionati dal prigioniero, fu stabilito che tutto ciò che aveva raccontato non aveva alcun fondamento. I sigilli del suo passaporto erano stati fabbricati. Il 10 agosto 1960, la Corte Distrettuale di Tokyo condannò John Zegrus a un anno di carcere. Di lì a poco l'uomo cercò di suicidarsi tagliandosi le vene con un coccio di vetro. Una volta rilasciato, fu deportato a Hong Kong, mentre sua moglie fu deportata in Sud Corea. 
 
Distorsioni giornalistiche  
 
Il 15 agosto 1960, soltanto 5 giorni dopo il rilascio di John Zegrus, la sua storia appave sul quotidiano americano The Province. Il problema è che nell'articolo, intitolato "Man with his own country", vi erano diverse distorsioni. Secondo i giornalisti, John Zegrus sarebbe stato un cittadino naturalizzato dell'Etiopia e un agente dell'intelligence del Colonnello Nasser. Sul suo passaporto si sarebbe trovata la seguente descrizione: "rilasciato a Tamanrasset, la capitale di Taured a sud del Sahara" (originale: "issued at Tamanrasset, the capital of Taured south of the Sahara"). Si vede facilmente cos'è accaduto: 

1) Tuareg è stato scritto Tuared a causa dell'azione del demone Titivillus, Signore dei Refusi; 
2) Tuared ha subìto una metatesi divenendo Taured
 
A partire 1964 il caso è stato citato nei libri di Jacques Bergier. Secondo la sua versione della storia, un individuo di Tuared (errato per Tuareg), un paese dell'Africa orientale che "si estendeva dalla Mauritania al Sudan e comprendeva gran parte dell'Algeria", sarebbe stato arrestato nel 1954 in Giappone durante un controllo dei passaporti, finendo rinchiuso in un ospedale psichiatrico quando fu rivelato che era venuto a "comprare armi per la vera legione araba". Il paese a cui questa storia allude è la Repubblica Araba Unita, che in realtà comprendeva la moderna Siria e l'Egitto. Nel 1981, la storia è stata menzionata in un libro, The Directory of Possibilities, di Colin Wilson e John Grant, con Tuareg scritto di nuovo in modo errato come Taured. La storia della scomparsa dell'Uomo di Taured dalla camera d'albergo è stata inventata di sana pianta. Si trovano nel Web immagini del supposto documento dell'Uomo di Taured, col cognome Jenansfer, il nome di battesimo Berhodrick, la scritta in inglese "United Kingdom of Taured" e la città di origine denominata Infopolis: sono falsi clamorosi. In teoria Berhodrick dovrebbe essere il cognome e Jenansfer il nome di battesimo. Secondo alcuni utenti di Wikipedia, Berhodrick Jenansfer sarebbe invece uno pseudonimo di John Zegrus; questa informazione è stata cancellata ma risulta ancora nella cache. Come si vede, la confusione è notevole.
 
La nazione di Taured nella Wiki Fandom 
 
Esiste un Wiki dedicato alle nazioni fittizie, la Fake Countries Wikia, in cui si trova anche una pagina dedicata a Taured.  
 
 
Sono forniti numerosi dettagli di varia natura su Taured, incluse note sulla storia e sulla lingua, denominata Tauredish, che non è romanza e neppure classificabile, come accade a molte conlang ucroniche. C'è persino la foto del Capo di Stato, una donna chiamata Valentina Font-Perez, che dal somatismo sembra una filippina. Il punto è che tutte le informazioni contenute nel sito in questa pagina su Taured hanno l'aria di essere pure e semplici invenzioni ex post. Secondo questa narrazione fantastica, la nazione di Taured avrebbe avuto la sua indipendenza nel 1000 d.C. e avrebbe tratto origine dalla parola taure "valle" - che tuttavia non ha alcun fondamento. La locuzione Uniferesi Britanik deoi Taured è tradotta con "The United Kingdom of Taured". Questa è la nota dell'autore: 
 
"NOTE: This is based off of a book, but I'm adding enough original info for it to not be entirely from the story. The book is "The man from Taured." I didn't make the book, have any affiliation with it, or anything. I just want to see what a sorta Wikipedia like page would be like. Also, I understand that this is not a fictional country in the real sense, rather an unsolved mystery."   
 
Traduzione: 
 
"NOTA: Ciò è basato su un libro, ma sto aggiungendo abbastanza informazioni originali perché non sia interamente derivato dal racconto. Il libro è "The Man from Taured" ("L'uomo di Taured"). Non ho scritto il libro, non ho alcuna affiliazione con esso o altro. Voglio solo vedere come sarebbe una specie di pagina simile a Wikipedia. Inoltre, capisco che questo non è un paese immaginario nel vero senso della parola, è piuttosto un mistero irrisolto ".  
 
 
Con ogni probabilità il libro a cui allude l'autore del Wiki è stato scritto da Bryan W. Alaspa: The Man from Taured (2015). Si ispira liberamente alla leggenda metropolitana originata dalla vicenda di John Zegrus; non sembra nemmeno essere ambientato in Giappone. Questa è la pagina relativa all'opera su Amazon: 
 
 
Sinossi (tradotta): 
 
"Uno strano uomo si avvicina allo sportello doganale dell'aeroporto internazionale O'Hare. Porta passaporto, patente di guida, documenti, tutto sembra legittimo. C'è solo una cosa che spinge l'agente doganale a lanciare l'allarme: il passaporto e la licenza provengono da un paese che non esiste e non è mai esistito. Poi sparisce. Noble Randle, che lavora per la Homeland Security, viene chiamato per indagare. La soluzione, calcola, deve essere qualcosa di semplice. Quello che non sa è che la sua vita sta per cambiare, che ha un'abilità davvero unica e che il destino di questo universo e di migliaia di altri è nelle sue mani. I muri tra dimensioni e universi paralleli stanno crollando. Dietro c'è un male antico quanto il tempo stesso. Un male che vuole divorare ogni altro universo e ottenere il controllo totale su tutto e tutti. The Man from Taured è una storia che spazia dall'horror, all'azione, al mistero e alla suspense. Un racconto epico che si chiede: c'è di più in questo mondo di quanto sappiamo? Ci sono altri universi, altre dimensioni, proprio nelle vicinanze? Forse a un soffio di distanza. Dallo scrittore di suspense, horror e gialli Bryan W. Alaspa arriva un racconto che attraversa generazioni e dimensioni. Una storia che metterà alla prova la tua percezione della realtà stessa e ti terrà sveglio fino a tarda notte, timoroso di rispondere al bussare alla porta. Chi è L'UOMO DI TAURED?" 
 
 
Esiste però anche un altro romanzo intitolato The Man from Taured, scritto da Jeremy Bates (2020). Questa è la pagina relativa all'opera su GoodReads:  
 
 
Sinossi (tradotta):  
 
"Sei mai stati a Taured? No? In effetti non ne hai mai sentito parlare? Bene, nemmeno il resto del mondo, quando nel luglio del 2020 un uomo d'affari europeo si presenta all'aeroporto internazionale di Tokyo affermando non solo di provenire dal paese inesistente, ma producendo un passaporto legittimo.
Quello che segue è un racconto a rotta di collo pieno di mistero, intrighi e azione che vi farà girare le pagine ben oltre l'ora di andare a letto."

venerdì 30 aprile 2021

DUE LEGGENDE PSEUDOLONGOBARDE SULL'ORIGINE DELLA COLOMBA PASQUALE

Si conoscono con una certa precisione i dettagli della nascita della colomba pasquale: risale al 1930 e a inventarla è stata la ditta milanese Motta. In quell'anno ci fu una grande abbondanza e avanzò molta pasta madre, che non poté essere utilizzata per la produzione del panettone natalizio. Così il pubblicitario Dino Villani, impiegato alla Motta, propose la geniale idea di utilizzare la pasta madre per la produzione di un nuovo dolciume in occasione della Pasqua, apportando qualche semplice cambiamento alla ricetta. Le principali innovazioni furono queste: la forma che imitava quella di un pingue volatile, il rivestimento di glassa di amaretto e mandorle, l'assenza di uva sultanina, l'abbondanza di scorze d'arancia candite. I macchinari rimasero gli stessi che già avevano prodotto il panettone a Natale, così il risparmio sarebbe stato notevole. La colomba nacque come dolce riciclato e il suo successo fu strepitoso.  

 
Falsi storici e memetica virale 
 
Tutto sembra chiaro e tracciabile. Eppure anche su qualcosa di tanto recente si sono diffusi racconti che hanno tutta l'aria di essere stati inventati ad arte, creati per conferire alla preparazione dolciaria una tradizione solida e una grande antichità. Anche se non ho alcuna prova al riguardo, non escludo che tutto sia partito dalla stessa Motta, forse addirittura dalla fantasia di Dino Villani, come trovata pubblicitaria. 
 
1) La leggenda della colomba di Alboino 
 
Questo pacchetto memetico è relativo alla pretesa origine della colomba pasquale ai tempi di Re Alboino "Amico degli Elfi" (circa 530 - 572), figlio di Audoino "Amico della Ricchezza". Riporto alcuni testi reperiti nel Web. 
 
Testo 1: è tratto dal sito Pavia e dintorni (www.paviaedintorni.it):
 

"Nel 572, quando Alboino entrò in Pavia, dopo tre anni di estenuante assedio durante i quali più volte minacciò di radere al suolo la città dopo averla conquistata, il suo leggendario cavallo stramazzò al suolo, proprio all'altezza dell’attuale via Alboino, dove allora esisteva porta San Giovanni.
Un fornaio, per placare l'ira furente del Re, gli si avvicinò e gli offrì un dolce fumante , profumato, appena sfornato dicendo:
"Sire, domani è la Santa Pasqua e le dono questo dolce che ha la forma di una colomba che è il simbolo della pace, la prego di risparmiare e rispettare la città ".
Il cavallo, come per miracolo, si drizzò completamente rianimato ed il Re proseguì il suo percorso.
Il giorno seguente Alboino doveva incassare quanto imposto alla città: denaro, gioielli e 12 fanciulle.
La prima di queste, interpellata, disse il suo nome: "Mi chiamo Colomba, sono la figlia del vecchio fornaio e - indicando le altre undici fanciulle - anche queste sono colombe al servizio del Re".
Alboino, addolcito dalle parole e dal ricordo del dono ricevuto, fece grazia e liberò le belle ragazze pavesi."

 
Testo 2: è tratto dal sito Sogni d'Oro (www.sognidoro.net):
 
 
"Questa leggenda risale all’epoca medioevale, quando re Alboino calò in Italia con le sue orde barbariche per assalire Pavia.
Dopo un assedio durato tre anni, alla vigilia della Pasqua, riuscì ad entrare in città. Come gesto di sottomissione dai cittadini riceve vari regali, fra i quali anche dodici meravigliose fanciulle.
Fu allora che un vecchio artigiano si presentò al re donandogli un dolce a forma di colomba, quale tributo di pace. Questo dolce era così invitante che costrinse il re alla promessa di pace e di rispettare sempre le colombe, simbolo di questa delizia.
Quando il re interpellò le fanciulle donategli scoprì che il loro nome rispondeva a quello di Colomba. Alboino comprese il raggiro che gli era stato giocato, ma rispettò lo stesso la promessa fatta e liberò le fanciulle."
 
 
2) La leggenda della colomba di Teodolinda e San Colombano  
 
Questo pacchetto memetico è relativo alla pretesa origine della colomba ai tempi della Regina Teodolinda "Tiglio del Popolo"  (circa 570 - 627) e di suo marito, il Re Agilulfo "Lupo Spaventoso" (morto nel 616).  

Testo 1: è tratto dal sito Pavia e dintorni (www.paviaedintorni.it): 
 

"Narra la leggenda che, intorno al 614, il santo abate irlandese San Colombano, dalla Svizzera passò in Brianza e poi a Pavia, città scelta come capitale dai Longobardi.
La cattolica longobarda Regina Teodolinda, in accordo con il re Agilulfo, donò a Colombano il luogo di Bobbio, con la chiesa di San Pietro e un quadrilatero di quattro miglia per lato.
Secondo la loro tradizione, Colombano e i suoi monaci, restaurarono la chiesa e costruirono all'intorno modeste abitazioni per tutti loro.
Al termine dei lavori Colombano, in periodo prepasquale, si recò a Pavia con i suoi monaci per ringraziare la Regina della importante donazione ricevuta.
Al suo arrivo in città fu ricevuto con santi onori dalla popolazione pavese e invitato ad un sontuoso pranzo dalla stessa Regina Teodolinda, naturalmente con tutti i suoi monaci.
Gli furono servite numerose vivande vegetali e farinacee e anche molta selvaggina rosolata e arrostita.
Colombano ed i suoi monaci, benchè non fosse di venerdì, giorno consigliato con cibi magri, rifiutarono quelle carni troppo grasse e ricche servite in un periodo di precetto quale quello pasquale.
La Regina Teodolinda si offese non capendo il motivo del rifiuto, ma l’abate superò con diplomazia l’incresciosa situazione affermando che essi avrebbero consumato le carni solo dopo averle benedette.
San Colombano alzò la mano destra in segno di croce ed ecco, le pietanze carnacee si trasformarono in candide colombe di pane bianco molto addolcito e zuccherato.
Colombano e i suoi monaci mangiarono abbondantemente le squisite colombe unitamente alla Regina Teodolinda che considerò il pasto come una benedizione divina pensando alle colombe che festeggiarono l'ingresso di Alboino a Pavia."

Testo 2: è tratto dal sito Il Golosario (www.ilgolosario.it): 
 

"Una leggenda vuole che la tradizione della colomba pasquale sia legata a Colombano, santo abate irlandese, e alla regina longobarda Teodolinda. Si narra che la regina favorì la predicazione del santo e che attorno al 612 i sovrani longobardi lo invitarono coi suoi monaci a un sontuoso pranzo. Fu servita molta selvaggina rosolata, ma Colombano e i suoi rifiutarono quelle carni troppo ricche in periodo quaresimale; Colombano però, per non offendere la regina Teodolinda affermò che avrebbero consumato le carni solo dopo averle benedette, quindi alzò la mano destra in segno di croce e le pietanze si trasformarono in candide colombe di pane. Il prodigio colpì molto la regina che comprese la santità dell’abate e decise di donare il territorio di Bobbio dove nacque l’Abbazia di San Colombano. La colomba bianca è anche il simbolo iconografico del Santo ed è sempre raffigurata sulla sua spalla."
 
Testo 3: riportiamo infine un link a un documento che si trova sul sito San Colombano (www.saintcolumban.eu), liberamente accessibile e scaricabile: 
 
 
Ebbene, queste sono soltanto leggende fatte di aria sottile. Non hanno nessuna documentazione che ne dimostri la fondatezza, oltre al fatto rilevante che sono tra loro contraddittorie: o la colomba pasquale ha avuto origine ai tempi di Alboino o ha avuto origine ai tempi di Teodolinda. Non è possibile che siano entrambe vere, però possono benissimo essere entrambe false.  

Un sano scetticismo

Con una certa saggezza, la Wikipedia in lombardo riporta quanto segue: 
 
 
"La Colomba de Pasqua a l'è un dolz inventad de la Motta a Milan al principi del '900, inscì de podé doperà l'impast del Panaton anca foeura del period del Denedal, e che poeu el s'è spantegad in tuta l'Italia. La legenda la cunta su che 'sto dolz chi el gh'habia origin ai temp di Lombard antigh, adritura del Re Alboin, ma a bon cunt a l'è apena una legenda." 

Traduzione in italiano: 

"La colomba di Pasqua è un dolce inventato dalla Motta a Milano all'inizio del '900, così da poter usare l'impasto del panettone anche fuori dal periodo natalizio, e che poi si è diffuso in tutt'Italia. La leggenda racconta che questo dolce abbia origine ai tempi degli antichi Longobardi, addirittura del Re Alboino, ma dopotutto è soltanto una leggenda." 
 
Le genti di Lombardia non sono certo note per la natura sofisticata delle loro argomentazioni intellettuali: tutto si riduce a poche frasi stringate, ma spesso alquanto efficaci ed annichilenti. 

Problemi di continuità 

Se le due leggende avessero il loro fondamento in un testo di qualche autore, si saprebbe. Chi le sostiene userebbe infatti queste fonti per giustificare la propria narrazione. Come mai questo non viene fatto? Semplice: perché non ci sono fonti di alcun genere. In altre parole, non si può dimostrare la trasmissione senza soluzione di continuià delle due leggende attraverso i secoli. 
Sarebbe necessario ricercare nei ricettari anteriori al XX secolo l'esistenza di qualche preparazione dolciaria pasquale a forma di colomba usata nel Milanese. Il fatto che nessuna ricetta di questo tipo sia citata come fonte dai sostenitori delle leggende riportate è un fortissimo indizio del fatto che non esista nulla su cui fondarsi. In altre parole, non si può dimostrare la trasmissione senza soluzione di continuità attraverso i secoli della ricetta di un pane pasquale dolcificato.    

Elementi di incongruenza interna 

Le due leggende riportate non mostrano una conoscenza adeguata del mondo dei Longobardi e di quello dei loro sudditi all'epoca di Alboino. Siamo ai grotteschi livelli di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (Mario Monicelli, 1984), un film delirante e improbabile con Ugo Tognazzi nella parte di Bertoldo, Lello Arena nella parte di Re Alboino (non scorderò mai il suo ghigno!), Maurizio Nichetti nella parte di un Bertoldino fulvo dall'intelletto gracilissimo. Questi sono i miei commenti:  

1) Re Alboino era pagano e sostanzialmente non interessato alle dispute religiose. Non fu mai battezzato, come suo padre Audoino. Credeva che un uomo dovesse essere misurato soltanto col metro del valore sul campo di battaglia. Certamente conosceva il Crisianesimo e per motivi politici sostenne la Chiesa Ariana. Tuttavia non perseguitò mai la Chiesa Cattolica. La sua prima moglie era Clodosvinta, figlia del Re dei Franchi Clotario I, ed era cattolica. A quei tempi i matrimoni tra donne cattoliche e uomini pagani era particolarmente incentivati dal clero, nella speranza di poter ottenere conversioni. Queste disposizioni si applicavano in special quando il pagano era un sovrano. Clodosvinta tuttavia morì senza aver ottenuto il suo scopo, non riuscendo ad allontanare il marito dal paganesimo e dalla Chiesa Ariana. Fatta questa premessa, l'ideatore della leggenda della colomba pasquale di Alboino è partito dal presupposto che esistesse una situazione religiosa uniforme in tutto il Regno Longobardo, tra i nobili come tra i sudditi, essendo per lui scontato che l'unico culto fosse quello cattolico. Riteneva anche che fosse uniforme la situazione linguistica, che Alboino intendesse alla perfezione il latino volgare di un fornaio pavese e riuscisse a farsi da lui intendere con naturalezza. La cosa non è affatto scontata. Non dimentichiamoci che il latino volgare era divenuto incomprensibile tra località lontane: se anche Alboino avesse conosciuto una qualche forma di latino per necessità politiche, non gli sarebbe stato di giovamento alcuno per comunicare con un popolano di Pavia. Difficilmente il volgo pavese avrebbe inteso la lingua germanica dei Longobardi. A quale Santa Pasqua si riferiva il fornaio? A quella cattolica o a quella ariana? Essendo il suo culto quello di Godan, il Re Alboino sarebbe stato più sensibile al simbolismo del corvo, legato alla bellicosità e alla saggezza, che a quello della colomba. Un antico germano non apprezzava affatto la pace e cercava modi per rischiare la propria vita in grandi imprese, acquisendo così gloria imperitura.
 
2) La Regina Teodolinda era notoriamente cattolica, conosceva bene i monaci e sapeva senza alcun dubbio che bisognava informarsi sulle loro necessità alimentari quando si pensava di invitarne qualcuno a pranzo o a cena. I monaci irlandesi in particolare erano noti ovunque per avere regole di vita molto severe, fondate su un'ascesi rigorosa. Nessuno si sarebbe sognato di offrire loro della selvaggina rosolata, il cibo meno monastico che si possa immaginare! Trovo ridicola anche la narrazione dei monaci irlandesi che si ingozzano con pane zuccherato, per giunta anacronistico: all'epoca in Langobardia lo zucchero non lo aveva nessuno, nemmeno la corte reale. Veniamo ora a San Colombano (circa 540 - 615). Il suo nome originale irlandese era Colum Bán "Colomba Bianca", latinizzato in Columbanus. Fu un energico evangelizzatore, uomo coltissimo, abile diplomatico e gran viaggiatore, che attraversò l'Europa fondando molte abbazie, tra cui quella di Bobbio. Questi erano i dieci capitoli della Regula monachorum da lui istituita: obbedienza, silenzio, digiuno, disprezzo dei beni terreni, ripudio della vanità, castità, preghiera, discrezione, mortificazione di superbia e orgoglio, buon esempio. San Colombano non era Frate Trippa! Era un uomo di cui avere rispetto. Emergono anche altre contraddizioni. Ci furono gravi controversie tra San Colombano e Roma riguardo al calcolo della data della Pasqua. A quale Pasqua fa riferimento la leggenda? A quella calcolata da San Colombano o a quella calcolata secondo la tradizione di Roma? Mi sembra evidente che l'ideatore della leggenda della colomba pasquale di Teodolinda e di San Colombano ignorasse tutte queste cose e proiettasse nel passato un'immagine distorta del monachesimo irlandese. 
 
Un pacchetto memetico scadente
 
Si segnala infine un'altra leggenda, ancor più farlocca, che colloca l'invenzione della colomba pasquale durante la battaglia di Legnano, nel 1176, che finì la sconfitta di Federico Barbarossa da parte dei Comuni della Lega Lombarda. Durante l’attacco due colombe bianche si sarebbero fermate sulle insegne della Lega: l'accaduto, interpretato come buon augurio, avrebbe ispirato la preparazione di dolci bianchi a forma di colomba. 

Conclusioni

Il Web ha alterato la nostra percezione della realtà, rendendola offuscata e crepuscolare, dando enorme diffusione a quelle che sono pure e semplici assurdità. Riuscire a discernere il Vero dal Falso è sempre più difficile. L'Intelligenza Artificiale (meglio definibile come Idiozia Artificiale) affosserà senza dubbio questo mio contributo, bollandolo come "scarsamente originale" e "senza valore aggiunto", solo perché cito alcune fonti perché i lettori possano confrontarle e analizzarle. Me ne frego e continuo per la mia strada! 

martedì 6 aprile 2021

IL CULTO DI NERONE: ELEMENTO DI CONTINUITÀ TRA L'IMPERO ROMANO E IL MEDIOEVO

Esiste una zona di Roma chiamata Tomba di Nerone. È la cinquantatreesima zona di Roma nell'Agro Romano, indicata con Z. LIII; è nota con lo stesso nome anche la zona urbanistica 20C del Municipio Roma XV. Il toponimo è davvero singolare, ne converrete tutti. Il toponimo Tomba di Nerone trae la sua origine dalla presenza di un grande monumento sepolcrale sulla via Cassia, che la tradizione popolare attribuisce all'Imperatore Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (Anzio, 15 dicembre 37 d.C. - Roma, 9 giugno 68 d.C.), nato Lucio Domizio Enobarbo, ultimo appartenente alla dinastia giulio-claudia. In realtà è la tomba di Publio Vibio Mariano, proconsole e preside della Sardegna e prefetto della Legio II Italica, vissuto nel III secolo d.C.; nel sarcofago è sepolta anche sua moglie Reginia Maxima. Il monumento fu fatto erigere dalla figlia della coppia, Vibia Mària Maxima.  

 
L'epitaffio
 
Questo è il testo dell'iscrizione sepolcrale in latino, tuttora visibile: 

D M S  
P. VIBI P.F. MARIANI E M V PROC
ET PRAESIDI PROV SARDINIAE PP BIS
TRIB COHH X PR XI VRB III VIG PRAEF LEG
II ITAL PP LEG III GALL FRVMENTARIO
ORIVNDO EX ITAL IVL DERTONA
PATRI DVLCISSIMO
ET REGINIAE MAXIMAE MATRI
KARISSIMAE
VIBIA MARIA MAXIMA C F ET HER 

Così può essere restaurato:
 
D(is) M(anibus) S(acrum) 
P. VIBI P.F. MARIANI E(gregiae) M(emoriae) V(iro) PROC(uratori)
ET PRAESIDI PROV(inciae) SARDINIAE P(rimo)P(ilo) BIS
TRIB(uno) COHH(ortis) X PR(aetoriae) XI VRB(anae) III VIG(ilum) PRAEF(ecto) LEG(ionis) 
II ITAL(icae) P(rimo)P(ilo) LEG(ionis) III GALL(icae) FRVMENTARIO 
ORIVNDO EX ITAL(ia) IVL(ia) DERTONA 
PATRI DVLCISSIMO 
ET REGINIAE MAXIMAE MATRI 
KARISSIMAE 
VIBIA MARIA MAXIMA C(larissima) F(emina) ET HER(es)  

Vediamo subito che il sepolto era un importante politico nativo di Tortona (all'epoca Iulia Dertona). L'abbondante uso di abbreviazioni ha contribuito a rendere l'iscrizione poco comprensibile anche alle poche persone tra il volgo dotate di qualche dimestichezza con le lettere dell'alfabeto.  
 
 
Veniamo al dunque. Da dove è nata e si è diffusa la credenza popolare che in questo monumento riposassero le spoglie dell'Imperatore Nerone, a dispetto dell'iscrizione che dimostra il contrario? Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro nella Storia e proiettarci agli inizi del XII secolo. 
 
 
La tomba perduta 
 
La vera sepoltura di Nerone si trovava sul Colle degli Ortuli, dove oggi sorge la basilica di Santa Maria del Popolo, proprio a Piazza del Popolo. Questa tomba era denominata Mausoleo dei Domizi Enobarbi. Le ceneri dell'Imperatore, morto suicida il 9 giugno dell'anno 68 e cremato, vi erano conservate in un'urna di porfido sormontata da un altare di marmo di Luni. Il sepolcro era dominato da un immenso albero, un noce secolare tra le cui fronde si accalcavano corvi chiassosi in gran numero. Proprio questi sinistri volatili destarono terrore in Papa Pasquale II (regno: 1099 - 1118), che li riteneva esseri funesti e demoniaci. Il Pontefice, ossessionato da una rudimentale applicazione della scienza teologica ebraica conosciuta come Ghematriah, era convinto che Nerone fosse l'Anticristo e che sarebbe risorto presto dalla sua tomba, scatenando l'Apocalisse, portando il caos sulla Terra e riprendendosi il suo trono. Stando alla tradizione, tra il volgo correvano voci insistenti sulle streghe di Roma che si riunivano in quel luogo spettrale a mezzanotte ed evocavano gli spiriti maligni. Accadde così che nel primo anno del suo regno, Papa Pasquale ordinò di abbattere il noce e l'altare, facendo distruggere l'urna cineraria e disperdere nel Tevere i resti mortali dell'Imperatore (secondo un'altra versione ci sarebbero state ancora delle ossa, combuste insieme al noce). A consigliare il Pontefice sarebbe stata addirittura una supposta apparizione mariana avuta in sogno, in cui una figura che diceva di essere la Madre di Dio gli avrebbe chiesto di distruggere la tomba imperiale e di cancellare ogni traccia di Nerone da Roma. Questi resoconti, anche se in parte contraddittori, rendono l'idea del clima didelirio mistico e di terrore soprannaturale imperante! Come "riparazione", il Pontefice fece erigere sul luogo una cappella commemorativa dedicata alla Vergine, che secoli dopo si sarebbe sviluppata nella basilica di Santa Maria del Popolo. Secondo la narrazione ecclesiastica ufficiale, sarebbe stato lo stesso popolo romano a implorare Papa Pasquale di praticare il rito esorcistico e di demolire la tomba, versando contributi per la costruzione della cappella (che in realtà prende il nome da un albero: popolo = pioppo). C'è poi un problema di non poco conto. Per il popolo romano, Nerone era una figura molto riverita. Era ricordato come un sovrano il cui governo fu felice, illuminato e prospero: l'esatto contrario di quanto andavano sostenendo da molti secoli i Cristiani. In occasione dell'anniversario della sua morte, il 9 giugno, gli venivano portati fiori. Questo affetto per un passato imperiale tanto scomodo era considerato dal Papato uno scandalo insopportabile, da reprimere e di cui cancellare ogni memoria. La distruzione dei resti di Nerone ebbe le sue conseguenze immediate. Accadde che si scatenarono gravi tumulti. Per sedare gli insorti fu diffusa artatamente la falsa voce secondo cui le ceneri dell'Imperatore sarebbero state traslate nottetempo - per non meglio precisate ragioni di sicurezza - proprio nel sepolcro di Publio Vibio Mariano sulla via Cassia. Paradossalmente il luogo non era molto lontano da quello in cui Nerone si era suicidato. Comunque ci fu chi non credette alla voce e continuò a portare fiori nella cappella al Colle degli Ortuli. Altri intrapresero pellegrinaggi per visitare la nuova tomba del Divo, nonostante si trovasse ben al di fuori delle mura della città e non fosse agevole da raggiungere. In ogni caso il culto non si estinse e le speranze del Pontefice andarono deluse. Da questa usanza di recarsi una volta all'anno sulla via Cassia a portare fiori a Nerone nacque la famosa "gita fuori porta".  
 
Nerone e il Numero della Bestia  
 
Veniamo ora alla Ghematriah. Una delle ossessioni più potenti del Cristianesimo, associata al Libro della Rivelazione scritto da Giovanni di Patmos, è senza dubbio il cosiddetto Numero della Bestia, ossia 666 (seicentosessantasei). Ecco il passo (Apocalisse 13, 16-18): 
 
"Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della Bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della Bestia: infatti è numero d'uomo, e il suo numero è seicentosessantasei."
 
Questo è il testo in greco: 
 
"καὶ ποιεῖ πάντας, τοὺς μικροὺς καὶ τοὺς μεγάλους, καὶ τοὺς πλουσίους καὶ τοὺς πτωχούς, καὶ τοὺς ἐλευθέρους καὶ τοὺς δούλους, ἵνα ⸀δῶσιν αὐτοῖς ⸀χάραγμα ἐπὶ τῆς χειρὸς αὐτῶν τῆς δεξιᾶς ἢ ἐπὶ τὸ μέτωπον αὐτῶν, καὶ ἵνα μή τις ⸀δύνηται ἀγοράσαι ἢ πωλῆσαι εἰ μὴ ὁ ἔχων τὸ χάραγμα, τὸ ὄνομα τοῦ θηρίου ἢ τὸν ἀριθμὸν τοῦ ὀνόματος αὐτοῦ. ὧδε ἡ σοφία ἐστίν· ὁ ἔχων νοῦν ψηφισάτω τὸν ἀριθμὸν τοῦ θηρίου, ἀριθμὸς γὰρ ἀνθρώπου ἐστίν· καὶ ὁ ἀριθμὸς ⸀αὐτοῦ ⸂ἑξακόσιοι ἑξήκοντα ἕξ⸃."
 
Il latino Nero Caesar "Cesare Nerone" è stato adattato in greco come Νέρων Καίσαρ (Nerōn Kaisar). I nomi maschili latini in (III declinazione) sono adattati in come nomi maschili in -ων (-ōn). La trascrizione di Νέρων Καίσαρ in lettere ebraiche è נרון קסר. Ad ogni lettera dell'alfabeto ebraico (e allo stesso modo di quello aramaico) è associato un valore numerico, come accade anche per l'alfabeto greco. Ecco il calcolo che secondo Giovanni avrebbe dovuto fare chi ha intelligenza: 
 
נ  N (nun) = 50
ר  R (resh) = 200
ו  W (waw) = 6
ן  N (nun) = 50
ק  Q (qof) = 100
ס  S (samekh) = 60
ר  R (resh) = 200
 
Totale: 50 + 200 + 6 + 50 + 100 + 60 + 200 = 666 
 
Alcuni criticano la riportata trascrizione in lettere ebraiche, che è invece ineccepibile. La lettera samekh è la consonante adatta per trascrivere la sibilante di Caesar. La grafia קסר QSR (variante קיסר QYSR) è attestata e non è frutto di fantasia. La mater lectionis waw in נרון NRWN non deve essere omessa, mentre può essere omessa la mater lectionis yod, che è presente nella grafia קיסר QYSR.

Notiamo che alcuni codici antichi hanno 616 (seicentosedici) come Numero della Bestia. Ireneo riteneva che questa discrepanza fosse dovuta e errori di copiatura. Non è così. La dimostrazione è presto fornita. Trascrivendo la forma latina Nero Caesar in lettere ebraiche, senza passare attraverso la mediazione greca, otteniamo questo calcolo: 
 
נ  N (nun) = 50
ר  R (resh) = 200
ו  W (waw) = 6
ק  Q (qof) = 100
ס  S (samekh) = 60
ר  R (resh) = 200
 
Totale: 50 + 200 + 6 + 100 + 60 + 200 = 616

La differenza tra i due numeri è proprio il valore numerico della lettera nun finale nel nome dell'Imperatore, presente in un caso e assente nell'altro! Non c'è quindi alcuna contraddizione tra 666 e 616. Questo risultato è un fortissimo indizio a favore dell'interpretazione del Numero della Bestia come forma cifrata del nome di Nerone col suo epiteto Cesare (ossia "Imperatore"). 
 
Sono da rigettarsi tutte le infinite interpretazioni strampalate che si leggono nel Web. Non stiamo nemmeno a citarle tutte. Basterà riportare quella che vede nel numero 6 qualcosa di difettoso rispetto al numero 7, esprimente invece la perfezione; la ripetizione del 6 per tre volte indicherebbe un'imperfezione indefettibile, diabolica. Eppure Giovanni dice chiaramente che 666 è "numero d'uomo". Evidentemente molti fanatici biblici le Scritture nemmeno le leggono. Ancor più assurda è l'identificazione del 666 con i vaccini o con i chip sottocutanei: se anche Giovanni avesse visto tali cose, non avrebbe saputo interpretarle. Invece egli scrive che chi ha intelligenza sa come eseguire il calcolo. Si rivolgeva ai suoi correligionari, a cui bastava saper leggere, scrivere e far di conto. Nulla di trascendentale! 
 
Alcuni sostengono che il Libro della Rivelazione sarebbe stato composto all'epoca di Domiziano, quando Nerone era già defunto da tempo. Va detto questo: 
1) Secondo autori come Origene, Clemente di Alessandria e San Gerolamo, il Libro della Rivelazione fu invece composto all'epoca di Nerone; 
2) Esisteva l'idea secondo cui Domiziano sarebbe stato Nerone redivivo. In altre parole, Nerone era diventato per molti Cristiani (non per tutti) un epiteto dell'Anticristo.  
 
Si evidenzia uno dei gravissimi limiti della Ghematriah, che ora della fine ne dimostra l'intrinseca inconsistenza, è proprio questo: non riesce a distinguere le radici dei nomi (portatrici di significato) da elementi come suffissi e terminazioni dei casi; non riesce a tenere conto dei piccoli cambiamenti fonetici e morfologici dovuti all'adattamento di una parola da una lingua a un'altra.

Il terrore del Ritornante 

Questo afferma Agostino d'Ippona nel De Civitate Dei (20, 19, 3):

"Vi sono perciò persone che affermano che Nerone risorgerà e diventerà l’Anticristo, mentre altri suppongono che egli non sia morto, ma sia scomparso in modo da farlo credere ucciso, e sia ancora vivo e nascosto e nel pieno dell’età che aveva al tempo della sua presunta morte, finché «non venga rivelato al tempo giusto per lui» e rimesso sul suo trono. Quanto a me, sono assai stupito dalla grande presunzione di coloro che azzardano simili congetture."

Anche se l'Ipponate non approvava queste credenze, ne ha documentato l'esistenza e la diffusione ancora nella sua epoca. Sono le stesse che terrorizzavano Papa Pasquale II molti secoli dopo! 

Deduzioni su un culto di grande importanza 
 
Sono dell'idea che non si possa trascurare un fatto di per sé evidente: gli onori tributati alla memoria di Nerone dal popolo romano si sono trasmessi dall'Antichità imperiale al Medioevo in modo diretto e senza soluzione di continuità. La costumanza di portare fiori a Nerone comparve subito dopo la sua morte e la ritroviamo tal quale ai tempi di Pasquale II. La storiografia tradizionale si è affannata per lungo tempo a sostenere la discontinuità tra il Medioevo e l'Evo Antico, interpretati come due universi senza alcuna connessione, fatti di sostanze del tutto dissimili. A quanto possiamo dimostrare con questi studi, una simile concezione non è ben fondata, perché presenta almeno una grave falla.          

Alcuni siti utili 

Riporto alcuni link a interessanti siti del Web che trattano questi argomenti, purtroppo negletti dalla storiografia e non sufficientemente indagati dagli studiosi.
 
 
 
 
 
Le fonti menzionate nella Wikipedia in italiano sono le seguenti: 

1) Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1984;
2) Massimo Fini, Nerone. Duemila anni di calunnie, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1993; 
3) Edward Champlin, Nerone, Editori Laterza, 2010. 
 
Ho potuto avere accesso agli ultimi due lavori. In particolare quello di Champlin è eccellente. Una vera e propria miniera di informazioni preziose. 

 
Il Belli e il ricordo di Nerone  

Giuseppe Gioachino Belli (1791 - 1863) scrisse nel 1831 un sonetto intitolato Un deposito, in cui fa menzione della tomba di Vibio Mariano e della sua attribuzione a Nerone.
 
"Io qui ritraggo le idee di una plebe ignorante, comunque in gran parte concettosa ed arguta, e le ritraggo, dirò, col concorso di un idiotismo continuo, di una favella tutta guasta e corrotta, di una lingua infine non italiana e neppur romana, ma romanesca. Questi idioti o nulla sanno o quasi nulla: e quel pochissimo che imparano per tradizione serve appunto a rilevare la ignoranza loro: in tanto buio di fallacie si ravvolge. Sterili pertanto d’idee, limitate ne sono le forme del dire e scarsi i vocaboli." 

Questo è il sonetto:
 
Un deposito 
 
Dove nasce la cassia, 
a mmanimanca, nò a ppontemollo, tre mmía piú llontano, 
ce sta ccome un casson de pietra bbianca
o nnera, cor P. P. der posa-piano.


Lí, a Rromavecchia, ha dditto l’artebbianca, 
ce sotterronno un certo sor Mariano, 
che mmorze de ’na palla in una scianca 
a la guerra indov’era capitano.

Duncue, o cqui er morto è stato sbarattato;
e allora me stordisco de raggione
ch’er governo nun ciabbi arimediato.


O cchi ha scritto er pitaffio era un cojjone:
perché, da sí cch’er monno s’è ccreato,
questa è la sepportura de Nerone. 

Si menziona una rudimentale conoscenza del latino da parte di un fornaio (denominato artebbianca, ossia "arte bianca"), che riesce a identificare il nome del personaggio sepolto, Mariano, pur attribuendogli gesta anacronistiche: sarebbe morto sul campo di battaglia per un proiettile in una gamba. Di fronte alla stridente incongruenza tra la tradizione e i dati raccoglibili tramite i sensi, il popolano trova soltanto due spiegazioni possibili: o hanno sgombrato i resti di Nerone mettendoci dentro quelli di un certo Mariano, oppure il lapicida era un idiota che ha scritto "Mariano" anziché "Nerone" per incompetenza.    
 
Gli idioti di Quora  

Nel triste e turpissimo social network denominato Quora mi sono imbattuto in una lunghissima serie di dementi fallocefali e stolitissimi, la cui cultura è essenzialmente cinobalanica, oltre che autoreferenziale. Il loro ragionamento è questo: se una cosa non è scritta sui libri di scuola su cui hanno studiato al liceo, allora non esiste. Sic et simpliciter. Quando qualcuno riporta loro qualcosa che non hanno mai sentito, reagiscono con stizza e lo aggrediscono, accusandolo di inventare di sana pianta. Così questi saputelli gnè gnè gnè, senza alcuna cognizione di causa, negavano l'esistenza stessa del culto di Nerone, pur essendone documentata la persistenza. Mi faccio una domanda. Perché non si calano in un crogiolo di fonderia per ricevere addosso una colata di ghisa? 
 
 
Il culto non muore!
 
Alla faccia di Pasquale II e degli stolti che hanno creduto alle sue boiate, in qualche modo il culto di Nerone è sopravvissuto fino ai nostri giorni. Esistono prove inconfutabili di questo fatto. Ancora oggi qualcuno lascia fiori a Santa Maria del Popolo, per onorare il Benefattore la cui fama immensa ha sfidato i millenni, caso quasi unico in tutta la Storia. Nel 2010 è stato inaugurata ad Anzio una statua di bronzo dedicata a Nerone, opera dello scultore Claudio Valenti, con una targa commemorativa riportante la seguente iscrizione: 
 
"Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, nato ad Anzio il 15/12/37 d.C. con il nome di Lucio Domizio Enobarbo,  figlio di Gneo Domizio Enobarbo e di Agrippina Minore, sorella dell'imperatore Caligola. Nel 54 d.C. divenne imperatore per acclamazione dei pretoriani. Durante il suo principato l'impero conobbe un periodo di pace, di grande splendore e di importanti riforme. Morì il 9/06/68 d.C." 
 
Queste sono le parole di Luciano Bruschini, all'epoca sindaco di Anzio:

"Probabilmente è l'unico monumento al mondo dedicato all'Imperatore Nerone, nostro concittadino. Non a caso abbiamo posizionato la statua davanti all'antico porto neroniano e nelle immediate vicinanze del Parco Archeologico della Villa di Nerone. Infatti diverse vicende della vita dell'Imperatore Nerone sono legate al luogo natale, sede di una residenza imperiale che, nei secoli, ha assunto le dimensioni monumentali che tuttora ammiriamo nell'area tra il faro, il Porto Neroniano e l'Arco Muto".
 
E ancora: 
 
"A distanza di venti secoli finalmente gli storici seri stanno rivalutando la figura di Nerone: un grande Imperatore, amato dal suo popolo, per le sue coraggiose riforme sociali e per il lungo periodo di pace che ha caratterizzato il suo principato che con questo monumento contribuiamo a ricordare come merita, superando ridicole ricostruzioni storiche e cinematografiche."
 
Questo riporta Champlin nella nota 44 del suo utilissimo libro:
 
"Nel 1909 Lanciani osservò a proposito di Anzio, la città dove erano nati l’imperatore e la sua unica figlia: «Nerone è ancora l’eroe popolare di Anzio e il protagonista di molte leggende del suo folklore» (Lanciani 1909, 340). Si paragonino le storie sul bagno di latte di Poppea narrate ancora oggi nella zona del suicidio di Nerone a nord di Roma: Quilici e Quilici Gigli 1986, 102, n. 125."
 
Tutto ciò si contrappone all'irriverenza di Petrolini, che guittescamente schernì l'indimenticabile Cesare, ritraendolo nelle sue squallide macchiette come un decerebrato dall'aspetto oltremodo grottesco. Ancor più esecrabile è la rappresentazione fatta da Mel Brooks, che nel film demenziale La pazza storia del mondo (History of the World, Part I, 1981) ha ritratto Nerone come un odioso panzone calvo e sostanzialmente imbecille - cosa che non era affatto - e per giunta intento a spappolare pomodori che non potevano esistere! 

 
Meritoria opera di ricostruzione 
 
Uno studioso e artista spagnolo, Salva Ruano, ha prodotto una serie di statue iperrealistiche per il suo progetto Césares de Roma, dedicato ai grandi protagonisti storici dell'Urbe. La base su cui si fonda la sua opera immensa ed ingegnosa sono le raffigurazioni scultoree dell'epoca antica e le fonti letterarie, che permettono di ricreare il passato con una precisione che ha dell'incredibile. Riporto le sue commoventi parole: "Questo è il progetto artistico più importante della mia vita, unisce le mie grandi passioni: l’arte e la storia". Il volto di Nerone è stato ricostruito a grandezza naturale servendosi di silicone, acrilico e capelli naturali. Così riporta Gaio Svetonio Tranquillo: "La sua statura si avvicinava alla media, il suo corpo era coperto di macchie", aggiungendo "Gli occhi erano incavati e deboli alquanto, il collo grosso". Le macchie sul corpo erano efelidi. La chioma era di un bel colore rosso, gli occhi erano chiari.      

Conclusioni
 
Naturalmente sono un grandissimo fan dell'Imperatore Nerone e reputo che egli sia la soluzione ideale alle piaghe che affliggono Roma e l'Italia intera. Possa risorgere dall'Ade!