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martedì 15 settembre 2020

LA TEORIA DELLE TRAIETTORIE CALDE

Si è sempre fatto un gran parlare del concetto di caso e di casualità. Posso dimostrare con pochi esempi che si tratta di un concetto comunemente inteso in modo erroneo. Mi rendo conto che si tratta di un argomento insidioso, che richiede la massima attenzione. 
 
Questa è la parte che ci interessa della definizione della parola "caso" tratta dal Vocabolario Treccani: 
 
"1. Avvenimento fortuito, accidentale e imprevisto: è stato proprio un c. ch’io me ne sia accorto; molto frequente la locuz. avv. per caso (meno com. a caso), per combinazione, accidentalmente: è avvenuto per c., l’ho incontrato per c., sono capitato lì proprio per c.; attraversando le sale per uscire, s’abbatté nel principe, il quale pareva che passasse di là a caso (Manzoni). In diritto, c. fortuito, ogni evento esterno alla volontà dell’individuo che gli impedisca di uniformarsi al precetto della legge o di adempiere a un’obbligazione (è in genere sinon. dell’espressione forza maggiore). 2. Per estens., causa irrazionale a cui si suole attribuire ciò che avviene indipendentemente dalla nostra volontà e, in genere, da un disegno o fine predeterminato (in questo senso, è contrapp. a necessità): è stato il c. che ha voluto così; io non ne ho colpa, pìgliatela col c.; Democrito, che ’l mondo a caso pone (Dante)." 

Noi diamo per consuetudine linguistica il nome di "caso" a qualcosa che è il prodotto di un nesso causale, ossia dotato di una causa, che però ignoriamo. Il caso è quindi un prodotto dell'entropia cognitiva, non una condizione ontologica in sé. 

Le genti in genere non fanno alcuna considerazione sul caso come ignoranza della vera causa di qualcosa. Credono fermamente che un evento casuale sia privo di causa. Credono fermamente che quando entra in gioco il caso potrebbe capitare di tutto, anche la comparsa dell'elefantino Dumbo che svolazza a pochi centimetri da terra servendosi delle gigantesche orecchie.
 
Immaginiamo una prima successione di eventi. Il signor A. si dirige verso l'ufficio postale della sua uggiosa cittadina per sbrigare una sua faccenda. Non appena ci arriva, ecco che entra in scena un bandito intenzionato a compiere una rapina. Tutti coloro che si trovano nell'ufficio sono minacciati e alcune commesse vengono prese in ostaggio. Siccome il signor A. è un individuo impulsivo e indisponente, fa una cazzata: cerca di intervenire, così il malvivente si agita e una contrazione delle sue dita fa partire il colpo in canna. Il proiettile colpisce il signor A. proprio in mezzo alla fronte, uccidendolo all'istante. 
 
Immaginiamo una seconda successione di eventi. Il signor B. si trova in una zona impervia di montagna e per fare ritorno al paese deve scegliere tra prendere una funivia e percorrere un certo sentiero sterrato. Volendo camminare e contemplare il paesaggio tra i boschi di conifere, decide di andare a piedi. A un certo punto sbuca fuori dalla vegetazione un grosso cinghiale furioso che lo carica, lo travolge e lo uccide. Il giorno seguente un escursionista ritrova i miseri resti del signor B., che è stato ridotto in poltiglia dall'animale. 
 
Immaginiamo una terza successione di eventi. Il signor C. deve prendere un volo per andare a un importante convegno, che si svolge in un paese lontano. Al mattino non gli suona la sveglia. Quando si alza è già troppo tardi. Si veste in fretta e furia, prende il trolley, si mette alla guida della sua autovettura, ma nonostante tutti i suoi sforzi non riesce a raggiungere in tempo l'aeroporto. L'aereo sta per partire proprio in quel momento. Non appena inizia il decollo, succede un disastro. Un'esplosione spaventosa sventra il velivolo, che viene divorato dalle fiamme. Non ci sono superstiti, ma il signor C. si è salvato. 
 
Come dare una spiegazione a queste successioni di eventi?

I tre esempi riportati mostrano l'azione delle traiettorie calde. Nel Medioevo la genta credeva che non esistessero leggi naturali capaci di spiegare gli eventi e le traiettorie. Credevano così che Dio si occupasse personalmente di dirigere ogni freccia sui campi di battaglia, di governare il moto di tutti gli oggetti secondo il proprio arbitrio. Le genti dell'epoca moderna, che hanno smesso da tempo di credere all'esistenza di Dio, ritengono che ogni evento sia il prodotto del caso, inteso come forza imprevedibile, imponderabile e sommamente capricciosa. Se i signori A., B. e C. vanno incontro al loro destino, non è a causa di Dio né ad opera del caso. Se i banditi irrompono nella vita di A., non è altrettanto probabile che all'ufficio postale faccia la sua comparsa Rita Hayworth nuda, al massimo del suo fulgore, leccandosi le labbra e mostrando ai passanti la voluttuosa linguetta. Anzi, non è proprio possibile, essendo la splendida attrice morta da tempo. Questo lo capisce chiunque. I banditi hanno fatto i loro piani, programmando l'assalto all'ufficio postale. Questa è una catena causa-effetto, non un prodotto del caso. Il signor A. ha fatto i suoi piani, programmando la visita all'ufficio postale. Questa è una catena causa-effetto, non un prodotto del caso. Né Dio né il caso. Il problema è che il signor A. non sa nulla dei piani dei banditi. A loro volta, i banditi non sanno nulla delle possibili reazioni del signor A. alla rapina. L'insieme delle catene causa-effetto che portano al triste fato del signor A., sono per lui traiettortie calde. Lo stesso dicaso per il cinghiale che uccide il signor B.: è stata la fame a muoverlo, unitamente alla guida dell'olfatto, non il caso. L'insieme delle catene causa-effetto che portano al triste fato del signor B., sono per lui traiettorie calde. Il signor C. ha invece la fortuna di scampare per un soffio alle traiettorie calde che lo avrebbero potuto stritolare e uccidere!   
 
L'Uomo Falena osserva da un'orbita satellitare la vita dei signori A., B. e C., potendo estendere il proprio sguardo su un'intero continente. La spettrale creatura può prevedere tutto ciò che accade a questi individui. Quella che per noi è entropia cognitiva, ossia un insieme di variabili sfocate, per l'Uomo Falena è invece un'osservabile. Egli vede i banditi che progettano l'assalto all'ufficio postale e sa che il signor A. verrà ucciso. Egli vede il cinghiale affamato e furioso che compie un certo percorso e sa che il signor B. lo incontrerà, facendo una brutta fine. Egli prevederà il malfunzionamento della sveglia dei signor C., oltre all'avaria dell'aereo che questi avrebbe dovuto prendere - anche se lo potrà fare solo facendo ricorso a facoltà decisamente sovrumane. Del resto, l'Uomo Falena ha sensi così acuti da poter scansionare ogni oggetto composto, pasasndolo ai raggi X e comprendendo all'istante lo stato di tutte le parti da cui è formato.
 
Illustriamo ora qualcosa di molto insidioso, in cui la traiettoria calda riguarda il mondo microscopico.   
 
Immaginiamo una quarta successione di eventi. Un frammento di materiale altamente radioattivo scaturisce da un reattore nucleare dell'impianto di Fukushima Dai-ichi. Questo frammento, invisibile ad occhio nudo, viene trasportato dai venti e percorre enormi distanze, fino a raggiungere l'Europa. Il signor D. si ritrova, completamente ignaro, ad aspirare il materiale radioattivo, che gli penetra nei polmoni senza possibilità alcuna di essere individuato per tempo e rimosso. Così gli atomi del materiale finito nei polmoni continuano a decadere sprigionando particelle alfa ed energia, lesionando i tessuti e portando nel giro di un anno alla formazione di un notevole eccesso di cellule tumorali. Ne scaturisce una metastasi particolarmente aggressiva che non tarda a manifestarsi. Il sistema immunitario non riesce a contrastare questa invasione.  Il signor D. può disporre di cure ottime, ma questo non basta a debellare il male, le cui cause non gli saranno mai conosciute. Intanto, dopo una serie di miglioramente dovuti alla chemioterapia e di ricadute, il signor D. finisce con lo spegnersi. 
 
Anche il triste fato del signor D. è determinato da una serie di catene causali, ossia di traiettorie calde. La loro definizione non è però altrettanto chiara come nelle successioni di eventi vissute dai signori A., B. e C. 
 
Dalla sua orbita satellitare, l'Uomo Falena osserva la vita del signor D., ma non è in grado di comprendere quanto è successo. La causa del tumore gli sarà per sempre oscura, non potrà tracciare il percorso della particella radioattiva che ha provocato l'insorgere di un tumore. Potrà dedurre quanto è successo, usando la potenza del proprio intelletto, ma sarà in grado di fare previsioni soltanto quando la prima metastasi avrà raggiunto dimensioni tali da poter essere scansionata. Si dice che nel mondo atomico e subatomico non sia possibile definire il tempo. Molti studiosi reputano problematico anche il concetto di nesso causa-effetto, ritenendolo fallace. Eppure è chiaro che se un nucleo atomico subisce il decadimento radioattivo, questo processo è irreversibile e genera quindi una freccia del tempo. 

sabato 12 settembre 2020

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA NATURA DEL TEMPO: LA NATURA DEL PASSATO

Propongo un semplice tentativo di formulazione matematica del presentismo legato alla freccia del tempo. Mi rendo conto di usare un formalismo rudimentale. Credo tuttavia che queste note possano avere una qualche utilità. 
 
Immaginiamo quattro eventi in successione d'ordine: 
 
a, a', a'', a''' 
 
L'evento a''' è successivo all'evento a'', che è successivo all'evento a', che è successivo all'evento a.

Immaginiamo di trovarci in un istante b, successivo a tutti i quattro eventi sopra menzionati.  

Definizione 1 
Il passato è costituito da proiezioni che appartengono al presente b e possono essere così definite: 

fb(a), fb(a'), fb(a''), fb(a''') 

La funzione è f, mentre il pedice b indica che dipende dall'istante b in cui compiamo la misura, ossia l'osservazione. Se l'osservazione è compiuta in un altro istante successivo, poniamo c, le proiezioni saranno ancora diverse:

fc(a), fc(a'), fc(a''), fc(a''')  
 
Nella pratica, ai fini della nostra discussione, possiamo anche trascurare questa dipendenza dall'istante dell'osservazione, omettendo l'indice e descrivendo così le proiezioni degli eventi passati:  
 
f(a), f(a'), f(a''), f(a''') 
 
Il passato non esiste di per sé. Il passato non ha un'esistenza separata dalla misura quantistica chiamata presente, ossia dalla nostra esperienza presentacea. Esistono solo le proiezioni degli eventi passati, come abbiamo descritto sopra.

Definizione 2
La freccia del tempo è una serie ordinata di misure quantistiche, da cui il passato si può eliminare, perché non ha alcuna definizione indipendente dal presente. 
 
In altre parole, le proiezioni di misure precedenti, che definiscono il nostro concetto di passato, sono fossili che appartengono al presente. Il destino della misura che definisce il presente è quello di fossilizzarsi. Errano coloro che accusano questa visione della realtà temporale di essere una "strategia del trasferimento" (relocation strategy), come Ingthorsson et al., a cui raccomando la lettura del mio contributo. Perché si possa trasferire qualcosa, questa deve innanzitutto esistere come realtà indipendente. Così non è. Non si trasferisce nulla perché non c'è nulla da trasferire.  

La conoscibilità del passato

A questo punto si possono enunciare i princìpi essenziali della conoscibilità del passato. Immaginiamo di scoprire le proiezioni di vecchie serie di misure (fossili, archivi, etc.): si trovano le proiezioni f(x), f(x'), f(x''), f(x''') di istanti passati x, x', x'', x''', di cui si ignorava del tutto l'esistenza. L'indagine di queste proiezioni si può fare unicamente attraverso processi cognitivi.

Domanda: Che cosa succede quando un essere appartiene al passato? 
Risposta: Questo essere non esiste più. Esistono soltanto le sue tracce nella nostra dimensione presentacea.

Natura delle proiezioni del passato 

Le proiezioni f(a), f(a'), f(a''), f(a'''), etc., hanno le dimensioni di dettagli spaziali, conoscibili non con la misura quantistica che ha generato gli eventi a, a', etc., ma con processi allocati nello spazio oltre che nel tempo: il lavorio cognitivo delle sinapsi. 

Esempi:
Giulio Cesare non viene pugnalato in eterno durante le Idi di Marzo come supposto da Penrose in un delirio degno di Caligola nel suo più furioso attacco di demenza: tutto ciò che rimane di Giulio Cesare è allocato nello spazio, è esplorabile tramite osservazione con gli organi di senso. Osservo la piazza di Lodi da cui si dice che Giulio Cesare sia partito per la sua spedizione nelle Gallie. Sfoglio e leggo una copia del De bello Gallico in latino e nella sua traduzione in italiano. Ne memorizzo i contenuti, almeno in parte. Osservo statue di Giulio Cesare e la ricostruzione della sua fisionomia, che è stata tentata da alcuni studiosi. Leggo biografie di Giulio Cesare, antiche e moderne. Mi faccio idee e opinioni su Giulio Cesare. 

Analisi delle proiezioni = Illusione di esistere

Si perde parte della struttura, nelle proiezioni si perdono i dettagli. Le proiezioni si disgregano. La loro disgregrazione è ineluttabile. Questo perché l'esperienza presentacea è impermanente: ogni misura quantistica che definisce il presente diventa all'istante passato, finisce nell'Oceano delle Proiezioni. 
 
Esempi: 
Io trovo un'iscrizione antica, ma tutto ciò che riguarda il suo significato deve essere indagato col processo cognitivo; si è perso tutto sul contesto di tale relitto, non si ha più notizia dello scriba e della sua esistenza, etc.

La proiezione f(a) ha meno dettagli di f(a') che a sua volta ha meno dettagli di f(a''), etc., ad infinitum. 
Questo definisce e misura la disgregazione ontologica.

L'ontodimamica e i suoi princìpi 
 
Possiamo enunciare una legge di "termodinamica temporale", che potremmo chiamare  ontodinamica:
Non si può avere una proiezione f(a) con una quantità di dettagli pari alla misura a che l'ha generata. 
Quello che noi chiamiamo "passato", ossia le tracce di configurazioni non più attuali, è votato alla dispersione e all'annientamento della sua ontologia, in netto contrasto con quanto affermano le religioni monoteiste, secondo le quali ogni istante sarebbe eterno ed eternamente presente agli occhi di Dio. Più vicina al vero è la filosofia dei popoli Indiani d'America, sintetizzabile in queste affermazioni: 

UNA COSA ESISTE SOLO FINCHÉ QUALCUNO LA RICORDA.

UNA COSA ESISTE SOLO FINCHÉ QUALCUNO LA SA RICONOSCERE.
 
Chiunque può osservare le prove di questa usura, di questo attrito ontologico che distrugge ogni cosa. Dell'eternità postulata da Penrose nessuno ha mai potuto osservare la benché minima prova: è il semplice prodotto del fumo di quantità colossali di cannabis. 

I princìpi dell'ontodinamica sono analoghi a a quelli della termodinamica. Esiste un'impressionante somiglianza, che spero sarà approfondita da studiosi con più mezzi di me. In particolare possiamo affermare quanto segue:

1) Non è possibile fabbricare una macchina in grado di determinare il collasso della funzione d'onda temporale prima che questo sia avvenuto.

2) Non è possibile fabbricare una macchina in grado di estrarre dalla proiezione f(a) la conoscenza piena dell'evento a che l'ha generata, da f(a') la conoscenza piena dell'evento a' che l'ha generata, etc. 

Qualcuno dirà che ho dimostrato l'inesistenza del tempo. Possibile. C'è però qualcosa che non è corretto in questa affermazione. L'inesistenza del Tempo di Newton è già stata dimostrata da Albert Einstein. Nessuno si sogna più di ritenere il tempo una dimensione assoluta, ossia un contenitore degli eventi, in grado di esistere anche senza eventi. Esiste però il tempo come ordine degli eventi. La nostra realtà è legata a questo ordine ed è intrinsecamente tensionale. Penrose e altri sostenitori dell'eternismo non tensionale negano la differenza ontologica tra presente, passato e futuro, sostenendo un Universo simile all'Iperuranio platonico, il che porta a insanabili contraddizioni. Anche se ora della fine affermo la natura illusoria dell'Esistenza, ciò che osservo mi porta a formulare la non equivalenza ontologica del presente col passato. In altre parole, la nostra esperienza presentacea è un'Illusione di cui siamo prigionieri, non è possibile dominarla. Della natura del futuro tratteremo in altra sede.

sabato 20 giugno 2020

 
INVINCIBILE

Titolo originale: Invincible
Titolo in tedesco: Unbesiegbar

Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti
     d'America, Germania

Anno: 2001
Durata: 133 min
Rapporto: Widescreen
Genere: Drammatico, storico
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Gary Bart, Werner Herzog
Distribuzione in italiano: Ripley's Film
Fotografia: Peter Zeitlinger
Montaggio: Joe Bini
Effetti speciali: Mike Kelt, Alan Marques
Musiche: Klaus Badelt, Hans Zimmer
Scenografia: Ulrich Bergfelder, Markus Wollersheim
Costumi: Jany Temime
Trucco: Katharina Gütter, Bruny Ruland
Interpreti e personaggi:
    Tim Roth: Erik Jan Hanussen (nato Hermann Chaim 
          Steinschneider)

    Jouko Ahola: Zishe Breitbart
    Anna Gourari: Marta Farra
    Max Raabe: Presentatore effeminato
    Jacob Wein: Benjamin Breitbart
  
  Renate Krößner: Signora Breitbart
 
  Gary Bart: Yitzak Breitbart

    Gustav-Peter Wöhler: Alfred Landwehr
    Udo Kier: Conte Wolf-Heinrich von Helldorf
    Herbert Golder: Rabbino Edelmann
    Gary Bart: Yitzak Breitbart
    Alexander Duda: Heinrich Himmler
    Klaus Händl (Haindl): Joseph Goebbels
    Joachim Paul Assböck: Squadrista d'assalto
    Hark Bohm: Giudice
    André Hennicke: Investigatore
    Milena Gulbe: Infermiera
    James Mitchell: Dottore
    Juris Strenga: Insegnante
    Grigorij Kravec: Taglialegna
    Valerijs Iskevic: Giovane uomo
    Silvia Zeitlinger Vas: Signora Holm
    Hans-Jürgen Schmiebusch: Signor Peters
    Les Bubb: Rothschild (guitto che interpreta il ladro dei
        proventi della Grande Guerra)
    Tina Bordihn: Hedda Christiansen
    Rudolph Herzog: Mago
    Adrianne Richards: Ragazza del coro
    Amanda Lawford: Ragazza del coro 
    Beatrix Reiterer: Ragazza del coro
    Francesca Marino: Ragazza del coro
    Karin Kern: Ragazza del coro 
    Kristy Wone: Ragazza del coro
    Natalie Holtom: Ragazza del coro
    Sabine Schreitmiller: Ragazza del coro
    Ieva Alexandrova-Eklone: Dalila
    James Reeves: Colosso di Rodi
    Klaus Stiglmeier: Direttore del circo
    Jurgis Krasons (Karsons): Rowdy
    Rebecca Wein: Rebecca
    Raphael Wein: Raphael
    Daniel Wein: Daniel
    Chana Wein: Chana
    Guntis Pilsums: Taverniere
    Torsten Hammann: Capobanda
    Ben-Shion Hershberg: Gershon
 
Trama: 
Zishe Breitbart è un giovane e robusto fabbro che vive con la famiglia in uno shtetl della Polonia orientale, nella profonda terra ashkenazita. Il ragazzo lavora con suo padre, un uomo molto pio e osservante, un charedì. A un certo punto giunge nello shtetl un impresario teatrale tedesco, cinico e grassoccio, con i capelli radi e rossicci, che nota le grandi doti di Zishe e gli propone quindi di seguirlo per lavorare con lui a Berlino. Data la struttura della famiglia ashkenazita, molto oppressiva e soffocante, il padre del ragazzo non vorrebbe farlo partire. Tuttavia è anche vero che l'impresario mette l'anziano in una posizione insostenibile. Il patriarca non può ammettere di comandare a bacchetta il suo figlio maschio, così è costretto a lasciargli la libertà di scelta, anche perché l'impresario è uno che maneggia i soldi e promette una grande fama. Riflettendo sulla propria vita, alla fine Zishe decide di seguire l'uomo giunto dalla Germania. Il suo ragionamento è semplice e cristallino: "Dio mi ha dato molta più forza di quanta ne serve a un fabbro". Così il giovane vigoroso prepara i bagagli e parte. Viaggia verso Berlino a piedi, macinando miglia senza prendere un mezzo, se si eccettua un passaggio su un carro. Un'impresa assai degna di nota. Alla fine riesce ad arrivare dal suo nuovo datore di lavoro, l'eccentrico Erik Jan Hanussen, che ha fama di medium e di chiaroveggente: il locale di cabaret da lui gestito, denominato "Palazzo dell'Occulto" (Palast des Okkulten), è molto frequentato dagli squadristi d'assalto e dalla dirigenza del Partito Nazionalsocialista. È proprio in questo contesto che Zishe viene per la prima volta a conoscenza dell'esistenza di un violento antisemitismo in Germania. Hanussen, che è un personaggio molto ambiguo e sinistro, per convenienza sostiene Adolf Hitler, da cui sogna di essere nominato Ministro dell'Occulto. Dà al giovane ashkenazita vesti sceniche e un elmo cornuto, in modo tale che sembri un antico teutone. Quindi lo presenta col nome di Siegfried, facendolo esibire in numeri di forza particolarmente apprezzati dalle Camicie Brune - che ignorano quali siano le sue vere origini. Lo acclamano e lo identificano con il concetto di superiorità razziale ariana. Tra uno spettacolo e l'altro, Zishe si innamora della bella pianista, Marta Farra, che ha un'umiliante relazione con Hanussen. Un giorno, all'improvviso, non reggendo più l'impostura, sentendo in sé fierezza in seguito a una visita della madre e del fratellino, il ragazzo rivela in pubblico di essere ebreo, di essere un Sansone e non un Sigfrido. Alle SA la cosa non fa certo piacere (intonano all'istante Deutschland erwache!), ma Hanussen non si scompone affatto: da quella sera si moltiplicano gli spettatori della Comunità Ebraica, che vedono in Zishe un eroe. I guadagni così sono moltiplicati. Non potendo comunque permettersi di perdere i clienti con l'Armband, il mago decide di screditare Zishe tramite un grottesco numero in cui tramite il mesmerismo pretende di dare a Marta Farra una forza immensa, ma la macchinazione non ha l'effetto sperato. Il forzuto ragazzo denuncia Hanussen per truffa e la cosa finisce in tribunale. Durante il processo, si scopre che il cognome del medium è tipicamente ebraico: Steinschneider. Per lui è l'inizio della catastrofe. Gli squadristi lo prelevano e lo fanno sparire. Il corpo maciullato viene trovato di lì a poco e proprio Zishe è chiamato dalla polizia ad effettuare il riconoscimento - cosa che avviene. Non avendo altro da fare in Germania, il nerboruto giovane decide di tornare in Polonia, nel suo borgo natio. Si convince di avere una missione. Ha ricevuto da Hanussen i suoi poteri di chiaroveggenza: vede la tremenda persecuzione che si scatenerà a breve e si convince di essere stato scelto da Dio per difendere il suo popolo, come un novello Sansone. Mentre cerca di convincere i suoi compaesani, molto scettici, si ferisce a una coscia con un chiodo ed è colpito dalla setticemia. Morirà tra atroci tormenti, in un ospedale israelitico, dopo ben unidici vane operazioni. Il suo trapasso avverrà proprio due giorni prima dell'ascesa di Hitler al potere, il 28 gennaio 1933.

Alcune scene memorabili: 
1) Herr Hanussen palpa avidamente le natiche della sua infelice amante, Fräulein Farra, esclamando alla faccia dell'allibito Zishe: "Guarda, ragazzo mio, il sedere più rotondo di tutta la terra di Dio! Ed è mio! Tutto mio!"  
2) Gli incubi di Zishe, in cui innumerevoli e voraci granchi rossi invadono la terra, salendo dal mare. Non ci sono dubbi: sono portenti sinistri e spaventosi, che annunciano l'annientamento degli Israeliti europei.  
 

Recensione: 
Un capolavoro immenso e toccante, che non mi stancherei mai di rivedere. Al centro della narrazione c'è un uomo solo e disadattato che lotta contro l'insensatezza di un mondo a lui estraneo. Giunge fino all'estremo limite, con fatica e strazio, ma ecco che a quel punto interviene l'Angelo della Morte, distruggendo le sue speranze illusorie. Come in altre occasioni, Herzog mescola inestricabilmente la storia all'invenzione. Ci sono dettagli della vita dei personaggi che sono stati molto cambiati rispetto alla realtà, cosa che ha attirato numerose critiche al regista. Potremmo parlare di contrapposizione tra vero poetico e vero storico. Altri, poco clementi, parlano di falsificazione storica - accusa che mi pare davvero ingenerosa. All'eroico Zishe Breitbart sono stati attribuiti ben 7 anni di vita in più (morì il 12 ottobre 1925 e non il 28 gennaio 1933, come riportato dalla scritta che compare alla fine del film). Non penso che si tratti di una svista da parte del regista, come pure è stato ipotizzato. Con ogni probabilità è una licenza poetica intenzionale. Quando si guarda il film, è consigliabile prenderlo per quello che è, per il significato che ha, sospendendo la critica. La ricostruzione dello shtetl e della sua gente è talmente realistica che sembra di aver viaggiato con una macchina del tempo. L'attore che ha interpretato Zishe Breitbart, il finlandese Jouko Ahola, è realmente un forzuto che ha compiuto i sollevamenti e gli altri numeri visti nella pellicola herzoghiana. Direi che nel ruolo è eccellente, anche considerando che non è un attore professionista. Ottima e molto efficace è l'interpretazione di Tim Roth nel ruolo dell'inquietante Erik Jan Hanussen: certamente l'attore si è calato nel personaggio, tanto da trasmettere allo spettatore l'impressione di avere davanti l'emissario di un universo di tenebra assoluta, densissima, annichilente. 
 
 
Il vero Zishe Breitbart

Siegmund "Zishe" Breitbart (1883 - 1925) nacque a Łódź, in Polonia, da una famiglia ebraica che da generazioni tramandava di padre in figlio la professione del fabbro. I suoi genitori scoprirono presto che possedeva una forza a dir poco straordinaria: quando aveva solo tre anni riuscì a sollevare con facilità una grossa sbarra di ferro che gli era caduta addosso. A quattro anni iniziò a lavorare alla forgia. Durante la Grande Guerra fu reclutato dall'esercito russo e fu preso prigioniero dai tedeschi. Finito il conflitto rimase in Germania, dove visse esibendosi in mercati e fiere con numeri straordinari in cui piegava sbarre di ferro, tranciava catene coi denti, spezzava ferri di cavallo con le mani, sorreggeva enormi pesi che gli gravavano sul torace. Fu soprannominato Eisenkönig, ossia "Re di Ferro". Non sembravano esserci limiti alla sua forza erculea: arrivò a trainare servendosi solo dei denti un grande carro con sopra 40 persone. La morte lo colse prematuramente a 42 anni. Mentre si trovava a Berlino, si stava esibendo in un suo numero classico: piantava chiodi a mani nude in una spessa tavola di legno. Uno di questi chiodi, trapassato il legno, gli perforò una coscia, proprio come si vede nel film di Herzog - anche se il contesto era diverso. I medici non furono in grado di arrestare l'infezione. Breitbart morì dopo otto giorni di agonia, avendo subìto l'amputazione di entrambe le gambe. In realtà non era ingenuo come il personaggio herzoghiano. Aveva inventato e pubblicizzato un apparecchio per aumentare la forza fisica, il "Breitbart Apparatus", fatto di manubri e piastre di metallo, che vendeva assieme a un corso per corrispondenza. Viaggiò a lungo in Europa e in America con il Circo Busch. Divenne addirittura cittadino americano nel 1923. Non ci sono dubbi sul fatto che per un certo periodo divenne un simbolo della resistenza degli Isreaeliti all'antisemitismo rampante.
 
 
Il vero Erik Jan Hanussen 
 
Erik Jan Hanussen (Vienna, 3 giugno 1889 - Berlino, 25 marzo 1933) si presentava come nobile danese, ma in realtà si chiamava Hermann Chaim Steinschneider. Il primo nome è riportato anche come Herschmann o Herschel. Il secondo nome, Chaim, significa "Vita" ed è comune tra gli Ashkenaziti; a dispetto dell'assonanza, non è connesso con Caino, che ha una diversa etimologia. Suo padre era l'attore ebreo moravo Siegfried Steinschneider, secondo alcuni "girovago e nullatenente", secondo altri "curatore di una sinagoga". Sua madre era la cantante viennese Antonie Julie Kohn, anch'essa ebrea. È riportato che la famiglia Kohn, molto osservante, non accettava la sua relazione con un attore e costrinse la ragazza a partorire segretamente in una cella di un commissariato di Vienna. Per poco il travaglio non si risolse in un aborto: se questo fosse successo, Hanussen non sarebbe mai esistito e Adolf Hitler non sarebbe mai andato al potere. Hermann ebbe un'infanzia molto movimentata e travagliata. Dopo la Grande Guerra iniziò la sua carriera di ipnotista e mentalista a Berlino, che gli permise di raggiungere in breve tempo un'immensa fama. Ebbe grande familiarità con i Nazisti, nonostante le sue origini ebraiche. Herzog ha tratteggiato molto bene il carattere del paragnosta, tuttavia fa credere allo spettatore che Adolf Hitler e i suoi uomini non fossero al corrente della sua ascendenza. In realtà il Führer e i dirigenti della NSDAP sapevano tutto nei minimi dettagli, fin dall'inizio. Hitler volle incontrare Hanussen ugualmente, ne ascoltò con estrema attenzione le profezie che gli predicevano l'ascesa al potere. Non soltanto: apprese da lui le tecniche della mimica e dell'oratoria che gli permisero di accrescere a dismisura la propria popolarità, ottenendo così il trionfo. La morte di Hanussen non è certo stata causata dalla stizza dei Bruni per essere stati ingannati da un astuto israelita. Siamo di fronte a uno dei più grandi misteri del XX secolo. Le ipotesi fatte per portare qualche lume in questo buio sono tutte abbastanza insoddisfacenti. L'opinione corrente è che l'omicidio del mago sia stato ordinato dai gerarchi che lo odiavano perché gelosi della predilezione che Hitler gli aveva accordato. Tuttavia è molto difficile credere che qualcuno nel Partito potesse prendere la decisione autonoma di far sopprimere una persona gradita al Führer.  

 
Gli insondabili enigmi di Hanussen 

Descritto come illusionista e ciarlatano, in realtà Hanussen ha dato prova di possedere capacità inspiegabili. Anche se ha fatto ampio uso di capacità mentalistiche e di trucchi, restano pur sempre dati di fatto che non si riescono facilmente ad analizzare. Ha risolto numerosi casi di furti e omicidi, considerati estremamente difficili dalla polizia tesesca, austriaca e ceca. Ha predetto la morte di numerose persone e le sue previsioni si sono puntualmente verificate, sia nel tempo che nei modi. Non soltanto ha previsto l'instaurazione del III Reich: ha previsto anche la fine del regime tra bombardamenti e fiamme, dopo un periodo di 12 anni. Ha previsto la morte di Stalin nel 1953, sbagliando solo di pochi mesi. Ha previsto la propria morte in tempi non sospetti. Herzog dipinge i dirigenti della NSDAP come incapaci di trattenere un piano segreto, pronti a rivelare ogni cosa alle attrici e alle prostitute. Vediamo Himmler, in stato di ebbrezza, farfugliare del progetto di incendiare il Reichstag. In realtà il mago aveva predetto ripetutamente l'incendio del Reichstag pochi giorni prima che accadesse realmente. Questa profezia accadde la sera del 24 febbraio 1933 e ancora il 26 febbraio. Il Palazzo andò in fiamme il giorno 27. Diversi storici tedeschi hanno anche suggerito che Hanussen fosse proprio l'ideatore di tale piano (Gordon, 2004). La cosa non mi sorprenderebbe affatto. Il punto è che l'accaduto andava troppo oltre. Era di assoluta importanza per il Partito mettere a tacere ogni sospetto. Il medium si rese irreperibile, cambiando di continuo identità e residenza, ma fu raggiunto dalle SA, portato alla sede della Gestapo, torturato atrocemente e ucciso con tre colpi di pistola sparati a bruciapelo nel cranio. Nel giro di poco tempo, ogni traccia dello scomodo rapporto con Hanussen fu rimossa - il che non ha impedito che le evidenze siano giunte fino a noi, come un cadavere emerso dalle sabbie mobili. 

 
Heinrich Himmler e le sue bizzarrie  

Hanussen era famoso per i suoi festini, a cui erano regolarmente invitati gli esponenti della NSDAP. Nel film di Herzog assistiamo a un'orgia sfrenata, in cui Heinrich Himmler, riconoscibile all'istante dalla sua peculiare fisionomia nipponica, si prostra in adorazione dei sensuali piedi di un'attrice, versando champagne in una scarpetta e bevendo avidamente, con voluttà infinita. Non ci sono dubbi, egli è un personaggio universalmente esecrato in quanto criminale genocidario. Resta però il fatto che ha avuto una morte fulminea e senza pena, degna di grande invidia. Soprattutto invidio una morte così perché sono costretto a vivere in una nazione che rende quasi impossibile la rapida e indolore liberazione dal carcere corporale, in nome della tirannia di un abominevole culto neolitico della "sacralità della vita". Vorrei poter disporre della fatidica capsula, in caso di bisogno, con buona pace delle convulsionarie che chiamano "opportunità" l'orrore dell'Esistenza. Detto questo, ci sono molte cose che mi incuriosiscono nella figura del Reichsführer delle Schutzstaffel. Come si possono spiegare la sue caratteristiche fisiche? Avrebbe potuto benissimo essere un giapponese. Aveva la plica mongolica. All'inizio pensavo ad atavismi risalenti agli Unni, ma la cosa non mi convinceva del tutto: come poteva essersi conservato per tanto tempo un fenotipo così marcato? A un certo punto sono giunto a ipotizzare che il suo vero padre fosse un diplomatico del Sol Levante, ma ho dovuto desistere di fronte a un fatto inoppugnabile. Quando ho visto una foto del padre di Heinrich Himmler, Joseph Gebhard, mi sono reso conto all'istante che gli somigliava quasi come se ne fosse stato un clone! Resto a brancolare nel buio, senza spiegazioni attendibili.  
 

La natura del Tempo -
Conversazione tra Hanussen e Himmler 
 
Riporto in questa sede un dialogo che reputo di estremo interesse. 
 
Himmler: "Posso farvi una domanda da parte del nostro Führer, signore?"
Hanussen: "Ne sono onorato."
Himmler: "Il Führer, che apprezza le vostre predizioni per il futuro, e che riguardo alla vostra previsione storica è totalmente d'accordo con voi, signor Hanussen, l'altro giorno ha chiesto in un ristretto circolo come la chiaroveggenza possa essere in accordo con il principio di causa e di effetto, che è una legge della Natura." 
Hanussen: "Alla Natura non importa cosa pensiamo di essa, né delle leggi che le attribuiamo. Nella realtà non esiste veramente la chiaroveggenza, perché per me non c'è il futuro."
Himmler: "Cosa intendete?"
Hanussen: "Non esiste il futuro. Solo uno stato di cose e di eventi. Non si può immaginare il Cosmo come qualcosa che è stato o che sta per essere. Gli eventi sono punti fermi. Solo l'uomo corre in avanti. Immaginate il tempo come un dado e le sezioni del tempo come le facce del dado. L'essere umano comune vede solo una faccia, la faccia che ha di fronte, e che è il presente. Il chiaroveggente invece, nello stato di trance, percorre tutte le facce del dado e lo vede anche da dietro, e quella è la faccia del futuro, che con il tempo diventerà il presente. Signor Himmler, per favore dite al Führer che io ho visto il suo avvento, e che gli do il benvenuto come il redentore del popolo tedesco."
 
Hitler e Himmler sono legati alla concezione newtoniana del tempo come dimensione indipendente o contenitore delle cose e degli eventi. Quella che Hanussen illustra è invece un'ontologia temporale B-eternista, non tensionale, che non riconosce alcuna intrinseca differenza tra passato, presente e futuro. In essa la sensazione di scorrimento è illusoria e la natura del tempo è indistinguibile da quella dello spazio: gli eventi sono soltanto punti immobili in una specie di Iperuranio. 
 

La sfida tra Hanussen e Breitbart 

Un pronipote di Zishe Breitbart, Gary Bart (produttore del film assieme a Herzog), ha rilasciato un'intervista in inglese d'America spiegando come sono andate realmente le cose. Nel lontano 1924 Hanussen volle sfidare Breitbart per umiliarlo. Il suo piano era a dir poco contorto: il celebre illusionista sosteneva di essere in grado di servirsi del mesmerismo per trasmettere una forza immensa alla sua collaboratrice Martha Kohn, nota come Marta Farra (ne aveva altre due che usavano quello pseudonimo). La sfida si svolse in un ristorante. Accadde però che un ingegnere presente tra il pubblico riuscì a smascherare un sofisticato trucco, una specie di pistone idraulico nascosto, dimostrando così che Hanussen stava barando. Ne nacque una causa legale. Herzog ha preso spunto da questo episodio, ma presentandolo in un contesto del tutto diverso. La Farra ipnotizzata, a detta del paragnosta, aveva ricevuto una forza tale da permetterle di sollevare un elefante (in realtà non era debole e passiva come nel film: aveva comunque una certa forza fisica). In particolare, nel 1924 è sommamente improbabile la presenza di SA e di dirigenti del Partito Nazionalsocialista: ricordiamoci che nell'inverno del 1923 si è svolto il fallimentare Putsch della Birreria e che Hitler ai tempi della sfida tra Hanussen e Breitbart si trovava in carcere a scrivere il Mein Kampf
 
Per maggiori dettagli rimando al sito dello Yiddish Book Center
 


I 36 Giusti Sconosciuti 
 
Il Rabbino Edelmann descrive a Zishe Breitbart una singolare dottrina. Riporto in questa sede il dialogo: 
 
Zishe Breitbart: "All'improvviso mi ha colpito come una grande luce, e tutto mi si è chiarito. È stato come... come se Dio Onnipotente mi parlasse."
Rabbino Edelmann: "Hai trovato la tua fede, hai trovato Dio. Mi è stato chiaro dal primo giorno in cui ti ho conosciuto, che Lui ti aveva trovato tanto tenpo fa."
Zishe Breitbart: "E come posso diro, il mio Fato, il mio Destino, finalmente mi è stato rivelato."
Rabbino Edelmann: "E qual è, amico mio?"
Zishe Breitbart: "Vedo arrivare qualcosa di terribile. Così terribile che non trovo parole per descriverlo. Un pericolo, un terribile pericolo per noi Ebrei."
Rabbino Edelmann: "Come posso capire quello che stai dicendo?" 
Zishe Breitbart: "Non lo capisco neanch'io. È come... è come se io adesso fossi diventato Hanussen, il chiaroveggente. Voglio dire, vedo tutto qui davanti a me."
Rabbino Edelmann: "Che vuoi dire? Che intenzioni hai?"  
Zishe Breitbart: "Ho una missione, sono stato chiamato. Devo essere il nuovo Sansone per il mio popolo."
Rabbino Edelmann: "Sai, Zishe, parlo come se fossi uno dei Giusti Sconosciuti."
Zishe Breitbart: "Come sarebbe? Chi sono?"
Rabbino Edelmann: "Ecco, vedi, Zishe, In ogni generazione nascono fra gli Ebrei 36 uomini che Dio ha scelto per portare il fardello della sofferenza del mondo, e ai quali ha concesso il privilegio del Martirio. Il mondo si appoggia su 36 comuni mortali, totalmente indistinguibili da noi. Spesso non si riconoscono neppure fra loro. I più commiserevoli sono gli uomini giusti che rimangono ignoti anche a se stessi. Quando un giusto sconosciuto sale in cielo, è così congelato che Dio deve riscaldarlo per mille anni fra le sue dita, prima che la sua anima si possa aprire al Paradiso. Ed è noto che alcuni rimangono per sempre inconsolabili alle pene degli uomini, tanto che neanche Dio stesso riesce a scaldarli. E quindi, di tanto in tanto, il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, mette l'orologio del Giudizio Universale avanti di un minuto."
 
Proprio quando Zishe Breitbart crede di aver trovato il senso profondo dell'Esistenza, viene abbattuto. Le parole con cui cerca di descrivere il futuro agli abitanti dello shtetl richiamano quelle del Colonnello Kurtz. "Ascoltate! Ascoltatemi! Io lo vedo! Lo vedo!", avverte. "Che cosa?", chiede un giovane irridente. "L'Orrore... L'Orrore...", risponde Zishe. Gli astanti se ne vanno infastiditi, considerandolo un pazzo. Quando gli viene chiesto di dare una prova di quello che dice, accade l'irreparabile. Proprio quando egli in qualche modo chiama Dio a testimone della sua missione, si produce un evento infausto. Inizia a piantare alcuni chiodi in una tavola di legno, servendosi delle nude mani come se fossero martelli. A un certo punto pianta un chiodo con troppa forza. La punta acuminata e arrugginita trapassa la tavola di legno e si conficca in coscia. Uno dei presenti propone di usare della vodka per disinfettare la ferita, ma Zishe prende la cosa alla leggera, dicendo che è meglio bere il distillato anziché sprecarlo. Ormai è troppo tardi. L'Assurdo ha fatto irruzione nella sua vita, annientandola. Ma forse il Rabbino Edelmann direbbe che al povero Zishe è stato accordato proprio il privilegio del Martirio.  


I granchi rossi dell'Isola di Natale 

Esiste a sud di Giava e Sumatra una piccola isola, conosciuta col nome di Isola di Natale (Christmas Island). Appartiene all'Australia ed è il luogo di origine di una peculiare specie di crostaceo: il granchio rosso (Gecarcoidea natali). Da ottobre a dicembre, durante la stagione umida, avvengono imponenti migrazioni di questi amabili animaletti dalla parte interna e selvosa dell'isola verso le spiagge, che sono il luogo favorito per l'accoppiamento. Le uova, scaricate in mare, si schiudono a contatto con l'acqua. Le larve che non vengono trasformate in sterco dai predatori, si sviluppano fino a diventare simili a minuscoli gamberetti, il cui nome scientifico è megalope. Diventano poi piccoli granchi che emergono dai flutti, simili a creature lovecraftiane. La popolazione è decimata dall'introduzione accidentale di un insetto alloctono, la formica pazza gialla (Anoplolepis gracilipes), chiamata così per i movimenti convulsi ed erratici che compie quando viene disturbata. Questo imenottero si insinua nelle pieghe tra le placche della corazza del granchio rosso, penetrando nelle carni succulente e dilaniandole! So che il crostaceo è una specie protetta. Tuttavia quello che mi sono chiesto è perché i nativi non l'abbiano da lungo tempo estinta facendone colossali fritture e ingurgitando a quattro palmenti la polpa. Ebbene, a questa angosciante interrogativo c'è una risposta deprimente: i granchi rossi non sono commestibili, perché contengono una tossina molto velenosa che resiste alla cottura! Quanta biomassa sprecata!

Curiosità 

Invincibile è stato per Herzog il primo film dotato di trama dopo quasi un decennio di documentari. Spesso nei siti di critica cinematografica si parla di questo evento, etichettandolo come "ritorno alla fiction".
 
Pur essendo stato presentato al Festival del cinema di Venezia il 3 settembre 2001, nelle sale italiane è uscito soltanto il 26 luglio 2008, con ben 7 anni di ritardo. La scarsa considerazione che quest'opera ha ricevuto ha dell'incredibile.  

Udo Kier, l'attore che interpreta il Conte Wolf-Heinrich von Helldorf, è realmente un nobile tedesco. Grande è la somiglianza di Kier con un amico: quando l'ho visto, per un attimo ho quasi pensato che fosse lui - anche se dubito molto che sarebbe contento di un simile ruolo.

Alcune delle scene con i granchi rossi dell'Isola di Natale compaiono anche in un altro film di Herzog, il documentario Echi da un regno oscuro (Echos aus einem düsteren Reich, 1990), incentrato sulla controversa figura di Jean-Bedel Bokassa. 

Le canzoni d'epoca sono cantate realmente da Max Raabe, fondatore e bandleader del gruppo Palast Orchester: nel film interpreta l'antipatico presentatore degli spettacoli del Palazzo dell'Occulto. Ho subito notato il suo strano e ambiguo portamento. 
 
Il tavolo usato da Hanussen per le sedute spiritiche è identico a quello visto nel film Il dottor Mabuse, di Fritz Lang (1922).
 
Citazioni 

"In un paese lontano, non so bene quale, comunque una terra lontana, un principe impazzì e si convinse di essere un gallo. Si nascondeva sotto il tavolo, stava nudo e mangiava solo grano. Il Re suo padre chiamò per guarirlo dottori e stregoni, ma invano. Un giorno arrivò a corte un saggio che nessuno conosceva; si spogliò e andò sotto il tavolo con il principe, dicendo che era anche lui un gallo; e alla fine lo convinse a vestirsi e a sedersi a tavola con gli altri. "Ma non crediate - disse il saggio - che solo perché mangia seduto a tavola con gli altri un gallo smetta di essere tale." Qualunque cosa tu faccia con gli uomini, o per gli uomini, rimani sempre il gallo che eri prima."
(storiella raccontata da Zishe al fratellino, Benjamin)

giovedì 28 maggio 2020

UN CASO DI PRECOGNIZIONE

Stavo camminando al parco, quando ho visto davanto a me un bambino intento a mangiare una brioche. La madre seguiva a pochi metri di distanza. All'improvviso ho saputo per certo cosa sarebbe accaduto di lì a poco: non solo mi sono visto la scena con gli occhi della mente, ma ho anche udito i suoni delle parole rimbombare nel mio cranio. Al bambino la brioche sarebbe caduta, e si sarebbe chinato per raccoglierla. La madre sarebbe intervenuta subito, prendendo il resto del dolciume e buttandolo nel vicino cestino dell'immondizia, dicendo: "Lascia stare, te ne do un'altra". Di lì a pochi secondi, la sequenza si è verificata esattamente, come se avessi visto in anticipo una sequenza del film della vita, con un semplice sfasamento. 
 
Marco "Antares666" Moretti, giugno 2014

mercoledì 6 maggio 2020


SEPOLTO VIVO

Titolo originale: The Premature Burial
AKA: Sepolto vivo!; Il sepolto vivo
Paese di produzione:
Stati Uniti d'America

Anno:
1962 

Lingua:
Inglese 

Durata:
81 min 

Genere:
Orrore 

Regia:
Roger Corman

Soggetto: Edgar Allan Poe 
Fotografia:
Floyd Crosby

Montaggio:
Ronald Sinclair
 
Musiche: Les Baxter Ronald Stein
Interpreti e personaggi: 

    Ray Milland: Guy Carrell 

    Heather Angel: Kate Carrell 

    Hazel Court: Emily Gault 

    Alan Napier: Dr. Gideon Gault 

    Richard Ney: Miles Archer 

    John Dierkes: Sweeney 

    Dick Miller: Mole 

    Clive Halliday: Judson 

    Brendan Dillon: Prete

Doppiatori italiani: 

    Emilio Cigoli: Guy Carrell 

    Renata Marini: Kate Carrell 

    Andreina Pagnani: Emily Gault 

    Bruno Persa: Dr. Gideon Gault 

    Giuseppe Rinaldi: Miles Archer 

    Mario Pisu: Sweeney 

    Amilcare Pettinelli: Judson 

    Manlio Busoni: Prete 
Titoli in altre lingue: 
   Spagnolo: La obsesión 
   Tedesco: Lebendig begraben
   Francese: L'Enterré vivant

 
Trama: 
Londra, prima epoca vittoriana. Una notte nebbiosa. Due rudi esumatori scozzesi fischiettano con ossessiva insistenza la canzoncina Molly Malone mentre spalano il terriccio molle. Numerosi gentiluomini intabarrati, neri come corvi nelle tenebre, assistono allo sterro. A un certo punto uno degli energumeni caccia un urlo spaventoso. L'ameno canto smette all'istante non appena la bara viene aperta e tutti possono constatare l'orrore: i resti sono quelli di un uomo che è stato sepolto vivo! Il volto è ancora contratto in una raggelante smorfia, la bocca spalancata in un urlo eterno, sembra che le mani stiano ancora lottando nel disperato tentativo di sollevare il coperchio della cassa, graffiandolo fino a riempirsi di schegge. L'aristocratico Guy Carrell, che è tra i presenti, sviene, sopraffatto dal marasma. La sua esistenza è un incubo da cui cerca invano di sfuggire. Ossessionato dal terrore di essere sepolto vivo, a causa dell'incidenza della catalessi nella sua famiglia, il nobile crede di poter rinascere a nuova vita sposandosi con la bellissima Emily Gault, il cui viso radioso e le cui chiome rossicce sarebbero in grado di allietare anche la persona più cupa, misantropa e odiatrice della vita. Le cose però non vanno come sperato. Il giorno stesso del matrimonio, la sposa si mette a suonare al pianoforte proprio il motivetto fischiettato dagli esumatori scozzesi. La reazione di suo marito è improvvisa e violenta: subito le chiede di smettere, quindi ha un grave crollo nervoso. Un portento funesto che turba la festa nuziale, ponendovi fine. Tutto ciò non preannuncia nulla di buono. La verità è chiara ma scomoda. I Carrell, di cui Guy e l'astiosa sorella sono gli ultimi superstiti, sono una stirpe tarata, segnata da numerosi episodi di pazzia a causa dell'endogamia in vigore da molti secoli. Sangue chiuso, stagnante, elevatissimo coefficiente di consanguineità, paragonabile soltanto a quello degli Asburgo di Spagna. Lo sperma ormai è infecondo, ci sono soltanto handicap e stramberie insopportabili. Lo spettatore non capisce proprio perché Emily possa perdere il proprio tempo con un uomo tanto problematico (sembra tra l'altro che il matrimonio non sia stato nemmeno consumato). Eppure la leggiadra donzella insiste nella sua determinazione. Guy sembra riprendersi dal suo crollo nervoso, ma i suoi atteggiamenti bizzarri si moltiplicano. Recuperate le forze, passa tutto il tempo a progettare il proprio sepolcro, concepito come un mausoleo perfetto a prova di sepoltura prematura. I sistemi di sicurezza progettati sono innumerevoli, in modo che se uno dovesse guastarsi o non funzionare, subito è possibile passare al successivo. L'extrema ratio sono i candelotti di dinamite, in grado di squarciare dall'interno le pareti. In caso di mancato accendimento della miccia per una somma sfortuna, ecco pronta una nicchia con una coppa di veleno, in grado di uccidere all'istante. Nella labile mente dell'aristocratico partono continui "film" sul proprio risveglio nella tomba. Un suo incubo, mostrato in ogni dettaglio, è un vero e proprio trip allucinogeno, che si riuscirebbe difficilmente a sperimentare con un sovradosaggio di acido lisergico o trangugiando abbondanti fritture di psilocybe. Risvegliatosi nella tomba adagiata su un tavolo di marmo, il sepolto vivo la rompe e riesce a liberarsi, seppur con fatica. Tutti i sistemi di sicurezza si guastano, le vie di fuga sono bloccate. La dinamite non esplode, finché al culmine dell'orrore, al posto del veleno c'è un immane massa di grassi cagnotti! L'incubo spinge l'uomo a sforzarsi di ideare altri sistemi ancora per impedire la concomitanza di circostanze sfortunate. La moglie si lamenta e lo accusa di passare più tempo nel mausoleo che con lei. Gli dà il tormento. Un giorno entra in quel luogo funereo e lo scopre intento a dipingere un quadro che ha come soggetto un gran numero di persone suppliziate in modo atroce e bruciate dai diavoli all'Inferno. Egli afferma che persino quella condizione sarebbe da lui sommamente desiderata, piuttosto che finire sepolto vivo. Emily va su tutte le furie e mette in atto un ricatto, spingendo il poveretto a scegliere tra lei e quel morboso culto della Morte, rinfacciandogli che non gli sarà possibile avere entrambe le cose. Così a un certo punto Guy si decide e davanti alla donna rossiccia fa esplodere il sepolcro con la dinamite. Tutto sembra procedere bene. Forse addirittura lo sposo riesce a penetrare la sua consorte. L'idillio non dura molto. Presto l'ombra della demenza torna a fare la sua comparsa e rovinare la vita, sotto forma di inquietanti allucinazioni. Guy ne è sicurissimo: gli esumatori scozzesi lo perseguitano e continuano a mostrarsi dovunque fischiettando Molly Malone, ricordandogli il suo fato di soffocamento ctonio. La situazione precipita, fino al completo abbandono della vittima tra le braccia del Mostro della Follia! Presto si capisce che la rossiccia Emily non è una santa e della vergine ha solo l'aspetto. Non è stata certo deflorata dal marito, posto che abbia mai accettato il suo glande tra le gambe. Ecco la sua vera natura: è un'arrampicatrice sociale, talmente astuta, malvagia e determinata da far nascere il sospetto che sia venuta dall'Ucraina. Facendo leva sulla suggestionabilità del marito, finisce con l'indurgli uno stato di catalessi. Riesce a farlo inumare vivo, e già pregusta il festino che farà quando avrà incamerato tutte le sostanze del defunto. Qualcosa però le va storto. Il sepolto vivo si sveglia sottoterra ma riesce a liberarsi grazie al miracoloso intervento degli esumatori, quindi emerge in preda al furore del berserk in cerca di vendetta. Non si capisce bene se sia davvero vivo o se sia una specie di zombie sanguinario, dotato di parola e di intelletto, ma frenetico e allucinato. Prima uccide suo suocero, il medico che lo ha fatto dichiarare morto, bruciandolo vivo con un arco voltaico che ricorda quello del dottor Frankenstein. Poi riesce a sopraffare Emily, la getta nella fossa e la sepellisce nel terriccio bruno, simile a sterco grasso, facendola soffocare in modo laido in quella sporcizia e uccidendola. Mentre si erge vittorioso e brancola urlante, viene abbattuto da un colpo di arma da fuoco sparatogli nella schiena da sua sorella. Manca il solito incendio catartico, tanto tipico della produzione cormaniana. 
 
Citazioni:

"Ma prova un po' a immaginare... l'insopportabile oppressione dei polmoni, i soffocanti effluvi della terra umida, l'abbraccio rigido della bara, l'oscurità, la più assoluta oscurità... il silenzio, che ti schiaccia col suo peso... e poi, invisibile nel buio, ma orribilmente presente agli altri sensi, il ripugnante verme distruttore."
 
 
Recensione:

Il film di Roger Corman è liberamente ispirato al racconto La sepoltura prematura (Premature Burial, 1844) di Edgar Allan Poe, appartenente alla raccolta dei Racconti del Terrore. La struttura narrativa sviluppata dal regista è molto diversa da quella dell'opera dello scrittore di Boston, che inizia enumerando alcuni sconvolgenti casi di gente inumata viva, per poi proseguire con le vicende di un uomo in preda alla tafofobia. Il protagonista, che espone la storia in prima persona, è anonimo. Dopo aver fatto promettere agli amici che non avrebbero mai permesso di farlo seppellire vivo, costruisce un elaborato sepolcro per evitare uno spiacevole risveglio nel regno dell'eterna notte sotterranea. La sua bara è dotata di un una campanella per avvertire i vivi. Nel corso di un viaggio, tuttavia gli capita di destarsi in uno spazio angusto e buio, in cui gli è quasi impossibile muoversi per poi accorgersi, solo dopo un'angoscia inaudita, di trovarsi in una cuccetta su un'imbarcazione. Quell'episodio traumatico riesce a guarirlo. Quanto ho lodato la maestria di Poe nel descrivere la straziante disperazione del tafofobo risvegliatosi nella cuccetta oscura: "Non ero nella cripta. Ero caduto in trance mentre ero lontano da casa, mentre ero fra estranei (quando o come non riuscivo a ricordare), ed erano stati loro a seppellirmi come un cane, inchiodato in una bara comune e a cacciarmi a fondo, a fondo e per sempre in una qualche fossa normale o anonima." Interi universi cristallizzati in poche parole. Cosa che a Corman non sempre è riuscita.  
 
 
Young, Novalis e la necrofilia 
 
Il protagonista del racconto di Poe compie un volo infero e in questo rapimento percepisce la Terra come un immenso cimitero dalle cui tombe si levano spaventosi gemiti. Vede una necropoli popolata da sepolti vivi! Non sembra esserci limite a un terrore così totalizzante, che pervade ogni fibra del suo essere. Tuttavia, quando riesce a superare il trauma del viaggio in un'angusta cuccetta, l'uomo rinasce a nuova vita. Le sue fobie sono scomparse. Torna a respirare e smette di pensare alla sepoltura prematura. A questo punto ammette di essere stato un lettore di Night-Thougts di Young. Ecco uno dei moltissimi riferimenti dotti del Bostoniano, come al solito privi di glossa o di note. Il lettore si chiederà: "Chi era Young?" Quando il racconto fu scritto non era necessaria alcuna spiegazione, perché tutti conoscevano Edward Young (1683 - 1765), il poeta preromantico inglese della Graveyard School, la Scuola Cimiteriale. Gli argomenti cantati erano questi: teschi, bare, cimiteri e vermi. Che dire poi del tedesco Georg Philipp Friedrich Freiherr von Hardenberg, detto Novalis (1772 - 1801), che per ispirarsi inalava i lezzi di un cranio putrefatto e contemplava masse di cagnotti brulicanti nella carne marcia? Corman non menziona questo universo di necrofilia. Nulla è concesso all'estetica. Le fobie di Guy Carrell non nascono dalla lettura dei Poeti Sepolcrali, bensì dalla sua storia familiare, dalla sospetta sepoltura prematura di suo padre, che soffriva di catalessi. Quando era bambino, gli sembrava di sentire suo padre chiamare aiuto dalla cripta: queste percezioni incubiche erano poi maturate in lui corrodendolo dall'interno. Mentre l'anonimo personaggio del racconto di Poe si libera di colpo delle proprie afflizioni, per Guy Carrell non esiste redenzione possibile. 
 
Una profezia autoavverante? 
 
Può il terrore avere origine nel proprio futuro? Può uno squarcio del tessuto spaziotemporale fare intravedere in sogno, o in un altro stato alterato, una visione di ciò che ci dovrà accadere? Può questa visione del futuro atroce, per quanto rimossa dalla censura della mente, fungere da profezia autoavverante? Può questa profezia condizionare totalmente le nostre azioni e i nostri pensieri, ponendo di fatto un circuito temporale ineluttabile? Il film mi ha lasciato con queste domande angoscianti, a cui forse non ci sarà mai risposta.    

Molly Malone  

La musichetta fischiettata dagli esumatori è descritta dalla bella e perfida Emily come una ballata scozzese, almeno nel doppiaggio italiano, ma in realtà è notoriamente irlandese: è Molly Malone (nota anche come Cockles and Mussels e In Dublin's Fair City). Non ho potuto appurare se l'errore è stato introdotto col doppiaggio in italiano o se era già presente nell'originale. Ecco il testo della canzone: 
 
In Dublin's fair city,
Where the girls are so pretty,
I first set my eyes on sweet Molly Malone,
As she wheeled her wheel-barrow,
Through streets broad and narrow,
Crying, "Cockles and mussels, alive, alive, oh!"

"Alive, alive, oh,
Alive, alive, oh,"
Crying "Cockles and mussels, alive, alive, oh".

She was a fishmonger
But sure 'twas no wonder
For so were her father and mother before
And they each wheel'd their barrow
Through streets broad and narrow
Crying "Cockles and mussels alive, alive oh!"
(chorus)

She died of a fever,
And no one could save her,
And that was the end of sweet Molly Malone.
But her ghost wheels her barrow,
Through streets broad and narrow,
Crying, "Cockles and mussels, alive, alive, oh!"
(chorus) ×2
 
La canzone parla di una pescivendola di eccezionale leggiadria, fulva e dalla pelle tempestata di efelidi, come molte ragazze irlandesi. Vendeva cozze e altri molluschi ed era molto amata da tutti. Purtroppo è morta giovane, a causa di una febbre maligna, forse causata dalla setticemia. La tradizione vuole che sia vissuta nel XVII secolo. Le hanno anche fatto un monumento, proprio a Dublino. Cosa curiosa, la canzone è attestata per la prima volta nel 1876, quando fu pubblicata proprio a Boston, nella città natale di Poe. Senza dubbio l'associazione tra la musichetta e la sepoltura prematura fa parte delle manifestazioni del Corman più geniale. Direi che ha qualcosa di subliminale, disturbante e destabilizzante. 
 
Sepoltura prematura e santità  

Mi sia permesso di riportare una memoria della mia gioventù, risalente ai tempi beati in cui l'aneddotica aveva ancora qualche valore. Ricordo il professor C., che morì fulminato dalla leucemia. Ci raccontò la storia stravagante di un vescovo di costumi integerrimi, al punto che tutti lo consideravano in odor di santità. Fu avviata la procedura canonica, che andò avanti finché venne il momento dell'esumazione. Lo spettacolo che si presentò agli astanti fu atroce, come quello che sconvolse Guy Carrell: il cadavere del vescovo, contorto in orrendi spasmi, sembrava ancora lottare per uscire dalla sua sepoltura. Terribile! Le sue unghie si erano spezzate contro il coperchio ed erano piene di schegge. Constatato questo, la procedura canonica fu interrotta, perché per essere dichiarati beati non deve essere dimostrato alcun turbamento di fronte alla morte, per quanto orrenda possa essere. Così C. ci spiegò che l'ecclesiastico soffriva di catalessi e che per questo motivo era stato sepolto vivo. Un caso sorprendentemente simile a quello del protagonista del film di Corman!  
 

Tafofobia 

Nella parola tafofobia (dal greco τάφος "sepoltura" e φόβος "paura") non si è verificata l'aplologia, che avrebbe dovuto produrre una forma più breve, *tafobia. Allo stesso modo, il raro aggettivo tafòfobo, indicante chi soffre di tafofobia, non è diventato *tàfobo. Come mai invece abbiamo mineralogia anziché l'atteso *mineralologia? Come mai si trova, seppur di rado, mineralogo anziché *mineralòlogo? Potrebbe dipendere da due fattori:
1) la brevità di tafofobia rispetto a mineralogia;
2) la rarità di tafofobia rispetto a mineralogia.
Più una forma è sulla bocca del popolo, più ha la tendenza a mutare, specialmente per favorire una pronuncia più facile. Più una forma è letteraria e poco usata, più è facile che si conservi inalterata anche se suona male.
 
Ingegno sprecato e macabre usanze
 
La diffusione della tafofobia nel XIX secolo è stata a dir poco pervasiva, in Inghilterra, in America e altrove. Sono stati escogitati innumerevoli sistemi per prevenire la sepoltura di persone vive. Sarebbe interessante raccogliere questi bizzarri brevetti e discuterli. Si va dalla semplice campanella collegata a un filo a pertugi ovali nelle pareti dei mausolei, apribili soltanto dall'interno. Dubito che uno solo dei brevetti in questione sia mai servito. Se un individuo dovesse risvegliarsi nella tomba in un immenso campo di inumazione ventennale, se anche potesse tirare il filo della campanella, non servirebbe a nulla: non ci sarebbe nessuno ad ascoltare. Inoltre il poco ossigeno disponibile verrebbe presto trasformato in anidride carbonica dalla respirazione, rendendo impossibile la sopravvivenza. Non credo esista una sola testimonianza affidabile di un uomo o di una donna che siano usciti vivi dalla tomba, salvandosi grazie a un dispositivo di questo genere o in altro modo. La stessa casistica citata da Poe andrebbe verificata (ricordo il terribile episodio di un ufficiale uscito dal terriccio scavando con le mani). È documentato il discutibile costume vittoriano delle sale di attesa della morte, luoghi in cui i defunti venivano distesi per un certo periodo prima della sepoltura, proprio allo scopo di evitare tragici errori. Questi spazi erano persino provvisti di viveri e di bevande inebrianti, nel caso il caro estinto, dichiarato morto troppo presto, si decidesse infine ad alzarsi dal giaciglio funebre per farsi un bello spuntino. Comunque non risulta che ci siano stati risvegli in queste sale di attesa. Incredibile a cosa possano arrivare le genti per esorcizzare il terrore dei Ritornanti. Un esorcismo tutto sommato vano: se proprio qualcuno tornasse in vita, come faremmo a sapere di non avere a che fare con uno zombie o con un vampiro? 
 
Curiosità
 
The Premature Burial è il terzo della serie di otto film cormaniani che costituiscono il cosiddetto Ciclo di Poe (denominazione informale), dopo I vivi e i morti (House of Usher, 1960) e Il pozzo e il pendolo (The Pit and the Pendulum, 1961). Non ha però avuto il successo sperato e le reazioni della critica cinematografica non sono state positive. Anche in Italia sono molti a credere che questo sia il film meno riuscito del Ciclo di Poe, opinione che non condivido. Francis Ford Coppola ha lavorato alla pellicola come direttore dei dialoghi.

Corman avrebbe voluto che il protagonista del suo film fosse interpretato dal mitico Vincent Price. Purtroppo, l'attore era stato scritturato dall'American International Pictures (AIP), che gli aveva imposto un contratto esclusivo, vietandogli di lavorare per qualsiasi altro soggetto. Con molto malanimo, Corman si è infine rassegnato, assumendo il tremebondo Ray Milland nel ruolo dell'aristocratico tarato Guy Carrell. Se devo essere sincero, riconosco che la scelta non è poi stata tanto cattiva. 
 
Si segnala un interressante anacronismo: l'uso della dinamite, che ai tempi di Poe non esisteva. Infatti il micidiale esplosivo è stato inventato da Alfred Nobel nel 1867, mentre la morte dello scrittore è avvenuta nell'ottobre del 1849. Eppure Guy Carrell ne parla come di una "nuova invenzione". Chi ha fatto notare questa incongruenza afferma però che si tratterebbe più di una curiosità che di un vero errore concettuale, dal momento che non esiste alcun riferimento temporale reperibile nella trama del film.  
 
A quanto riportato nel database IMDb, c'è un'incongruenza che si può notare soltanto nella versione in lingua originale. Quando mostra ai suoi ospiti la coppa ricolma di veleno, Guy ne parla come del coup de grace, ossia del "colpo di grazia", usando una locuzione francese. Il punto è che pronuncia la parola grace in modo erroneo, senza alcuna consonante finale, proprio come in foie gras e in Mardi Gras. In pratica il veleno nella coppa sarebbe stato il "colpo di grasso". Non è affatto probabile che un inglese di nobile nascita e di buona istruzione potesse compiere uno strafalcione tanto marchiano. Non avendo visto il film in lingua originale, non ho potuto ascoltare con le mie orecchie il francesismo in questione!