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giovedì 22 luglio 2021

IL MISTERO DELLA LINGUA BANGANI

Intendo trattare la questione degli importanti resti di una lingua indoeuropea ma non indoaria, eminentemente centum, che era parlata in India settentrionale (attuale Distretto di Uttarkashi, ad est del Passo Chanshal) e di cui sopravvivono alcune parole molto interessanti nella lingua indoaria denominata Bangani (बंगाणी baṅgāṇī); il Bangani è tradizionalmente considerato come un dialetto della lingua Garhwali e si trova in condizioni di grave rischio di estinzione. Questi vocaboli di un sostrato centum sono stati raccolti negli anni '80 dello scorso secolo da Claus Peter Zoller dell'Università di Oslo, uno studioso specializzato in lingue e letterature indiane (Zoller 1988, Zoller 1989). Non m'invento nulla e posso allegare alcune letture che spero attrarranno numerosi lettori e risveglino l'interesse degli accademici, anche in Italia: 

 
 
Riporto nel seguito un elenco di parole che sono riuscito a reperire nel Web (non senza fatica) e che non dovrebbe lasciare adito a dubbi a chiunque ritenga di essere un indoeuropeista. La fonte del materiale lessicale Bangani, molto annidata nel labirinto dei siti, consiste nel lavoro sul campo dello studioso indiano Anvita Abbi della Jawaharlal Nehru University di New Delhi, che ha potuto validare gran parte dei dati raccolti da Zoller basandosi sulla testimonianza diretta di numerosi parlanti sia anziani che giovani (Abbi 1997). Una parte dei dati in questione è contenuta nel sito di Peter Hook (University of Michigan). Il materiale originale di Zoll comprendeva 59 parole, di cui 50 sono state attestate da Abbi nelle sue campagne. Purtroppo ho potuto trovare un numero minore di parole, in tutto 36. Ho normalizzato in modo minimo l'ortografia e omesso una forma che mi sembrava dubbia. 
 

 
Note ortografiche:
/ε/ e /ɔ/ sono vocali aperte;
il diacritico ~ indica nasalizzazione;
/ṇ/ è una nasale retroflessa (cacuminale).

dɔkɔ "dieci"
dɔkru "lacrima"
dukti "figlia"
ɛrkɔ "splendente" 
ɛ~rkɔ "pulce"
getu "resina"
gimia:lo "stagione fredda"
gim
ɔ~ "inverno" 
goiṇɔ "sacrificio"
gɔmbɔ, gumbhɔ (1) "molare"  
gɔmṇɔ "sacrificare"
gɔṇɔ "nato, generato"
gɔsti "ospite" 
~te:r "Creatore"
gɔ~ti "esperto"  
kairɔ "grigio, scuro, bruno; nobile"  
kapɔ, kɔpɔ "campi adiacenti che appartengono a un solo
    proprietario"  
kapuṇ "piccolo campo"
kɔlpiṇɔ "nascondersi; scomparire" 
kɔlsṇɔ "nascondere" 
kɔp "appezzamento di terra"
kɔpɔ "zoccolo" 
kɔrsṇɔ "sfregare" 
kɔsṇo "sgridare" 
kɔsta~ "storia, narrazione" 
kɔsta:r, kɔste:r "amabile, piacevole"
kɔtɔ "cento"
kɔtrɔ "battaglia" 
kɔ:~tia "centinaia; molti" 
kurɔ "forte, duro; uomo coraggioso"
lɔktɔ "latte" 
muskɔ "bicipite"
ɔgn
ɔ~ "non nato"
ɔŋkɔ "morto, cadavere"
pɔrkɔ "domanda" 
pɔ:rkɔ "l'anno scorso"
 
(1) L'aspirata -bh- sembra secondaria. 
 
Confrontiamo ora, dove immediatamente possibile, queste arcaiche parole Bangani con i corrispondenti in sanscrito (in latino, greco o tocario B dove non esistono paralleli indoarii) e con le protoforme indoeuropee ricostruibili: 
 
dɔkɔ : sanscrito daśa "dieci", IE *dek'ṃ 
dɔkru : sanscrito aśru "lacrima", IE *(d)ak'ru  
dukti : sanscrito duhitṛ "figlia", IE *dhugətēr  
εrkɔ : sanscrito arcati "splende", IE *erkw- 
ε~rkɔ : sanscrito likṣā "lendine", IE *erek-, *eregh-
getu : sanscrito jatu "lacca, gomma", IE *gwetu  
gimia:lo, gimɔ~ : sanscrito hima "inverno", IE *g'himos 
goiṇɔ : sanscrito juhoti "egli sacrifica", IE *g'hew-
gɔmbɔ : sanscrito jambha "dente", IE *g'ombhos 
gɔṇɔ : sanscrito jan- "generare", IE *g'en- 
gɔsti : latino hostis "ospite; nemico", IE *ghostis
~te:r : sanscrito janitṛ "genitore, creatore", IE g'enǝtōr 
~ti : sanscrito jña- "conoscere", IE *g'ṇtis  
kairɔ : sanscrito śāra "variegato", IE *k'oiros, *k'eiros 
kɔlpiṇɔ : greco κλέπτω (kléptō) "io rubo", IE *klep- 
kɔlsṇɔ : sanscrito śarma "rifugio", IE *k'el- 
kɔrsṇɔ : sanscrito kaṣati "egli sfrega", IE *kars- 
kɔsṇo : sanscrito śāsti "egli istruisce", IE *k'as-
kɔsta~ : sanscrito śāstra "scrittura", IE *k'as-trom   
kɔtɔ, kɔ:~tia : sanscrito śata "cento", IE *k'ṃtom 
kɔtrɔ : sanscrito śatru "nemico", IE *k'etrus  
kurɔ : sanscrito śūra "coraggioso, eroico", IE *k'ew- 
lɔktɔ : latino lac "latte", IE *g'lakt  
muskɔ : sanscrito mūṣ "topo, muscolo", mūṣa "topo", IE *mūs
ɔgnɔ~ : sanscrito aja "non nato", IE *ṇ-g'ens 
ɔŋkɔ : tocario B eṅkwe "uomo, mortale", IE *ṇk'wo-  
pɔrkɔ : sanscrito praśna "domanda", IE *p(e)rek'- 
pɔ:rkɔ : sanscrito parut "l'anno scorso", IE *peruti  

Alcune note scritte di getto. 
1) Si notano parole che non sono rappresentate nelle lingue satem, come gɔsti, lɔktɔ, etc. Queste hanno corrispondenti unicamente in lingue centum e non ci si aspetterebbe in ogni caso di trovarle in India. 
2) Tanto cristalline e chiare nella loro etimologia sono quasi tutte queste parole, che non riteniamo possibile siano frutto di fraintendimenti.  
3) Spesso, anche quando esistono corrispondenze in sanscrito, si hanno grandi differenze fonetiche; appare invece evidente che si trova una maggior somiglianza delle parole Bangani con esiti di radici indoeuropee nelle lingue dell'Occidente. 
4) Alle parole di sostrato del Bangani non si applica la legge fonetica RUKI, tipica delle lingue satem (pur con qualche eccezione), che palatalizza la sibilante s dopo le consonanti r, k, g, gh e le approssimanti y, w.

Questo è un rudimentale prospetto delle corrispondenze fonemiche che spiegano il passaggio dal protoindoeuropeo al proto-Bangani: 
 
Protoindoeuropeo > Proto-Bangani

Vocali: 
 
a > ɔ
e > ɔ, ε
i > i 
o > ɔ
u > u 
ə > ɔ 
ā > ɔ
ē > ɔ
ī > i
ō > ɔ
ū > u
 
Dittonghi 
 
ei > ai
oi > ai, oi 
eu > ɔ, o
ou > ɔ, o 
 
Sonanti: 
 
ṃ > ɔ, ɔ:~
ṇ > ɔn, ɔ~, ɔ
ṛ > ɔr, -e:r, -a:r, -i
ḷ > ɔl
 
Consonanti: 
 
bh > b
dh > d
gh > g 
g'h > g
gwh > g 
b > b
d > d
g > g
g' > g 
gw > g 
p > p
t > t
k > k
k' > k
kw > k 
m > m 
n > n, ṇ 
r > r 
l > l 
s > s 
y > y 
w > w, v
 
Alcune di queste corrispondenze sono puramente ipotetiche, dal momento che nel materiale lessicale noto non sono presenti esempi. Così l'esito delle approssimanti in Bangani non mi è affatto chiaro (abbiamo esempi di /v/ e /w/ in esiti di parole indoarie e in prestiti, come dewu "il dio" e il nome proprio femminile Sāvitrī). Le sonanti possono avere diversi esiti; in particolare è complessa la situazione della sonante rotica. Se dovessero emergere dati nuovi in grado di farmi apportare correzioni ed aggiornamenti, sarò ben lieto di farlo e di darne notizia.  
 
Ricostruzione del proto-Bangani 
 
Sono convinto che sia importante tentare di effettuare ricostruzioni a partire dalla protolingua indoeuropea, in modo tale da poter riempire le lacune create dalla Storia. Ovviamente non ci si può aspettare di ottenere risultati strabilianti. Posso cominciare con qualche semplice protoforma altamente probabile di parole non sopravvissute nel Bangani storico, ma che dovevano appartenere alla lingua d'origine: 

*bɔgu "braccio" < IE *bhāg'hus
*gɔ:~ti "egli uccide" < IE *gwhenti 
*gɔrmɔ "caldo" < IE *gwhormos 
*kɔtwɔrɔ "quattro" < IE *kwetwores
*mɔṇɔ "mente" < IE *menos
*mɔti "madre" < IE *mātēr 
*nεwɔ "nove" < IE *(e)newṃ 
*ɔkɔ "cavallo" < IE *ek'wos 
*ɔktɔ "otto" < IE *ok'tōu
*pɔŋkɔ "cinque" < IE *penkwe
*pɔti "padre" < IE *pətēr 
*sɔptɔ "sette" < IE *septṃ  
 
Queste ricostruzioni non vanno confuse con le parole realmente attestate, devono essere considerate più che altro un esercizio. Un domani potrebbero emergere documenti in grado di comprovarle e di estendere di molto la nostra conoscenza. Potrebbe tuttavia non succedere. 
 
L'importanza del proto-Bangani  
 
Ebbene, il valente Claus Peter Zoller fu perseguitato come colpevole di "eresia scientifica", perché aveva osato sfidare i dogmi dei Neogrammatici - quegli stessi che poi ricostruiscono protoforme indoeuropee anche per le scorregge e i rutti! Le sue scoperte non sono state riconosciute come valide ed è addirittura stato accusato di aver interpretato e trascritto male i suoni della lingua Bangani. Tutto questo perché queste scoperte avrebbero causato un terremoto in grado di scuotere le fondamenta di una certa religione scientista! I più accaniti negatori del sostrato centum in Bangani sono George van Driem (University of Bern) e Suhnu Ram Sharma (Deccan College Postgraduate and Research Institute). Sorprende molto che tra gli oppositori di Zoller ci sia anche Robert Beekes (1995), che pure è un valido studioso del sostrato pre-greco. 
 
Origini ultime 
 
Zoller ha riportato l'esistenza di una tradizione che fa risalire l'origine dei parlanti del Bangani a una migrazione dall'Afghanistan, ma senza fornire ulteriori dettagli. Mi sembrava importante riportarlo.   
 
L'importanza di ulteriori studi sul campo 
 
Queste sono le commoventi parole di Anvita Abbi:  
 
"Non so se il collegamento di questa lingua con qualsiasi gruppo di lingue kentum possa essere stabilito in quanto non sono un linguista storico, ma una cosa è certa: la sintassi e l'elenco delle parole di Bangani mostrano strati di strutture, alcune delle quali possono essere relitti del passato, in quanto non si adattano né a un tipico gruppo indoariano né possono essere parte di un fenomeno areale. Penso che più linguisti dovrebbero lavorare su questa lingua, soprattutto descrittivisti e sociolinguisti storici." 

Sono convinto che con nuove e approfondite indagini si possa spingere molto oltre il confine dello scibile, strappando all'Oblio informazioni estremamente utili. Trovo inconcepibile che il Web faccia di tutto per far disperdere questi studi nell'Oceano dell'Entropia.    
 
La peste della politica 
 
Purtroppo la linguistica è ben lontana dall'essere immune dalla funesta e pervasiva influenza della politica. Per mille motivi, una lingua può far paura al mondo politico anche se è morta da secoli o se ne sopravvive soltanto un pugno di parole in un contesto di estrema marginalità. I ragionamenti che stanno alla base della paura in questione sono spesso ingenui, persino banali, eppure possono fare gravi danni alla Conoscenza. Le autorità indiane, tanto per fare un esempio, potrebbero sostenere che tutto ciò che riguarda le lingue centum è connesso con l'Occidente (dimenticando il tocario) e quindi con la colonizzazione. Le parole di sostrato in Bangani potrebbero così essere negate perché a qualcuno ricordano l'Impero Britannico brutto e cattivo, o qualcosa di simile. Non intendo dire che l'Impero fosse una bella cosa e sono consapevole che Gandhi lo ha sconfitto mettendo in campo un milione di nudisti. Mi rendo però anche conto di un'altra cosa: se qualcuno sulle pendici dell'Himalaya chiama l'ospite "gɔsti" e il latte "lɔktɔ", questo non è un fatto politicamente neutro: è una mina vagante che qualcuno cercherà di disinnescare. 

sabato 10 luglio 2021

I MAESTRI ANTELAMI E L'ETIMOLOGIA DEL TOPONIMO INTELVI

Oltre ai Maestri Comacini esistevano nel Medioevo anche altre corporazioni originarie della Diocesi di Como, come i Maestri Antelami (in latino Magistri Antelami, al singolare magister Antelami), detti anche Antelamici e Mestri Intelvesi, originari della Val d'Intelvi, che furono attivi a partire dal X secolo e molto presenti a Genova. La loro menzione più antica negli atti notarili della città ligure risale al 1157. Tuttavia già nel 929 si ha la menzione di carpentieri intelvesi, in un diploma rilasciato dal Re Ugo in favore del monastero di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia. Ancora nel 1457 in un atto notarile si trova l'artista Giovanni Gagini definito "magister Antelami et intaliator marmoriorum". Questi artisti vivevano praticando costumi loro propri, diversi da quelli del volgo che abitava le terre in cui si trovavano. Esiste infatti una locuzione caratteristica e ben attestata nei documenti: "secundum morem et consuetudinem terre Antelami". Nelle fonti storiche si rileva una certa confusione tra i Magistri Antelami e i Comacini, cosa che non cessa di creare problemi non soltanto tra il pubblico, ma anche tra gli stessi studiosi (Lazzati, 2008).        
 
Un relitto celtico 
 
Si comprende subito che gli Antelamici derivano il loro nome dal toponimo Antelamus, che corrisponde alla forma moderna Intelvi. La Val d'Intelvi è una zona montuosa situata tra il Lago di Como e il Lago di Lugano, con cui questi artisti hanno sempre continuato a mantenere stretti contatti, pur lavorando in terre molto lontane. Si vede che la forma Intelvi non può essere derivata da Antelamus secondo gli sviluppi tipici delle lingue romanze: la sua evoluzione fonetica diventa invece facile a capirsi ammettendo la lenizione di /m/ intervocalica in /v/ tipica delle lingue celtiche. 
 
Antelamus > *Antelavus > *Intèlav > Intelv, Intelvi  
 
Si comprende anche che il toponimo Antemamus / Intelvi deve essere collegato etimologicamente all'idronimo Telo. Il Telo è un torrente che nasce poco sotto la Cima Orimento e che scorre in Val d'Intelvi; nel suo corso raccoglie le acque di diversi altri torrenti. Sfocia nel Lago di Como ad Argegno, creando un conoide alluvionale. Lo stesso nome Telo si applica anche a un diverso torrente che nasce vicino a Scaria e sfocia nel Lago di Lugano ad Osteno. Per questo motivo è chiamato Telo di Osteno (Fonte: Wikipedia). 
 
 
Si risale a un idronimo protoceltico *Telamos, da cui, tramite il ben noto prefisso celtico ambi- "intorno", comunissimo in gallico (imparentato col latino am-, amb(i)- e col greco amphi-), deriva il toponimo *Ambi-telamos "Che sta intorno al Telamo". Proprio da questo *Ambitelamos è derivato Antelamus. L'evoluzione di *Telamos, attestato come Telamo, fino alla forma attuale Telo, è avvenuta tramite la lenizione della nasale /m/ intervocalica nella fricativa /v/, poi scomparsa, a differenza di quanto è avvenuto nella trafila che ha portato Antelamus a divenire Intelvi. Alla luce di queste evidenze, dobbiamo supporre che nella zona della Valle d'Intelvi sia sopravvissuta fino a un'epoca sorprendentemente tarda una forma di lingua neoceltica, di cui putroppo non ci sono rimasti testi scritti.  
 
Il professor Guido Borghi si è occupato del toponimo Intelvi nel suo lavoro Continuità Celtica della Toponomastica Indoeuropea del Bacino Lariano (2012), consultabile liberamente su Academia.edu. Questo è il link:
 
 
Riporto in questa sede, per finilità di conoscenza, quanto scrive l'autore nella sua peculiare ortografia, suggestiva man ben poco pratica (pagina 119): 
 
• Val d’Intelvi, 736 Antelavo, 712 Telamo < gallico *Tĕlămŏ- (cfr. l’idronimo svizzero romando Tièle / alemannico Zil; composto (le) Toulon) ÷ *Ămbĭ-tĕlău̯ī „(abitanti) intorno al Telo“ < celtico *Tĕlămŏ-  ÷ *Ămbĭ-tĕlău̯ŏi̯ <= *Ămbĭ-tĕlău̯ūs < indoeuropeo *Tĕlămŏ-  ÷ *Ămbɦĭ-tĕlăṷȭs < *(S)tĕlh2(/4)-(ĕ)mŏ- / *Tĕlh2(/4)-(ĕ)mŏ- „(fiume) che scorre / bovino“ (cfr. greco στάλαγμα "goccia" / lituano tẽlias "vitello") → *H2ănt·bɦĭ-tĕlh2(/4)-(ĕ)u̯ŏ-h1ĕs  

Molti dettagli lasciano il tempo che trovano, ad esempio le laringali delle audaci ricostruzioni di composti che potrebbero essere sorti in epoca ben più tarda di quella in cui la protolingua indoeuropea era parlata. Tuttavia nel testo sono contenute informazioni estremamente interessanti. 
 
Pokorny ha ricostruito la radice protoindoeuropea *(s)tel- "far scorrere, orinare", che corrisponde perfettamente alla radice *(s)telh2(/4)- "far scorrere" riportata dal Borghi. Sono convinto che sia questo il raffronto giusto. Oltre al greco στάλαγμα (stálagma) "goccia", dal verbo σταλάσσω (stalássō) "far scorrere", si possono riportare anche altri raffronti. In greco esiste anche τέλμα (télma) "pozzanghera, palude", corrispondente all'armeno tełm, tiłm "fango; feci". In inglese troviamo stale "orina" e to stale "orinare", vocaboli ricercati che certo non vengono insegnati nelle scuole italiane. In medio alto tedesco abbiamo stall "orina di cavallo" e stallen "orinare", verbo che esiste ancora nella lingua moderna. Il bretone staot "orina" (medio bretone staut), potrebbe risalire al protoceltico *stalto- "orina". In lituano esistono i verbi tul̃žti "diventare umido; gonfiarsi" e ištil̃žti "ammorbidirsi". In russo esiste толстый (tolstyj) "gonfio, grasso", che stando a Pokorny indica anche il cazzone: il raffronto è utile perché dal membro virile schizza il seme.

Escluderei fin da subito la radice con semantica bovina: lituano tẽlias "vitello", che corrisponde al lettone teļš, telēns e al proto-slavo *telę "giovane bovino" (russo теленок "vitello"). Questa radice enigmatica è trattata sull'utilissimo Wiktionary.

 
Sono state fatte tre ipotesi sull'origine di questa radice baltica e proto-slava. Le elenco in questa sede: 
 
1) Origine indoeuropea diretta.
Forse dal proto-indoeuropeo *telh₂- "portare", imparentato col latino tollō "portare", forse col proto-slavo *telěga "carro". Questa ipotesi è sostenuta da Snoj. Machek ipotizza invece una semplificazione del proto-indoeuropeo *wetélas “animale di un anno” imparentato col latino vitulus “vitello”, col greco antico ἔταλον (étalon), “animale di un anno” e col proto-germanico *weþruz “agnello di un anno”.
2) Origine da un diverso strato indoeuropeo.  
Secondo Holzer, l'origine sarebbe dal proto-indoeuropeo *dʰeh₁(y)- “succhiare, poppare”, tramite un dialetto ipotetico che desonorizzava le occlusive aspirate sonore. Se questo fosse corretto, la radice sarebbe imparentata col proto-slavo *dětę “bambino”, col latino fīlius “figlio” e con l'albanese dele “pecora”.
3) Prestito dal proto-turco.
Proto-turco *tẹ̄l “vitello”, attestato in Kazakh тел (tel) e in Yakut тиил (tiil). Questa proposta è sostenuta da Matasović e mi pare particolarmente convincente. 

Ovviamente per il professor Borghi, che è un seguace dei Neogrammatici, non sarebbe d'accordo con queste conclusioni. La cosa non è per me granché rilevante: ognuno segua il proprio cammino secondo il proprio giudizio. 
 
Gli Antelamici e i Catari  
 
Un mito assai diffuso tra gli intellettuali cattolici è quello secondo cui i Comacini e gli Antelamici sarebbero stati incaricati dalla Chiesa Romana di condurre una crociata antiereticale utilizzando la propria arte come arma. Secondo questa narrazione, mostrare Cristo dalla nascita alla morte plasmandone in modo realistico ed umano le fattezze, avrebbe contribuito a combattere le idee di coloro che ne negavano alla radice la natura carnale. In altre parole, doveva essere un modo per combattere le idee dei Catari e ostacolare la loro diffusione. Sull'efficacia di simili stratagemmi, posto che siano mai stati formulati in modo esplicito e consapevole, avrei serissimi dubbi. Pensare che una persona priva di qualsiasi fede nell'essenza corporale di Cristo possa convertirsi guardando una statua, è pura e semplice stoltezza. Si ha l'impressione che questi intellettuali cerchino con ogni mezzo di ridurre la propria dissonanza cognitiva, non sopportando l'idea di un Medioevo che non fu solo ed esclusivamente cristiano e cattolico. 
 
Antelamici, Comacini e Frammassoni 
 
Trove ben singolare e tutto sommato grottesco il fatto che sia la Chiesa Romana che la Frammassoneria, congreghe in aperta ostilità reciproca, rivendichino l'appartenenza al proprio corpus dottrinale delle maestranze di architetti del Medioevo. Per gli intellettuali cattolici, gli Antelamici e i Comacini sarebbero stati crociati del Cristianesimo Niceno. Per i Frammassoni, gli Antelamici e i Comacini sarebbero invece stati precursori e padri spirituali delle Logge. Bisognerà forse attendere molto tempo prima che sia fatta la necessaria chiarezza. 

lunedì 5 luglio 2021

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL'ETIMOLOGIA DI COMO

Mi ha sempre incuriosito l'origine del toponimo Como, fin da bambino. All'epoca ero molto ingenuo. Solo per fare un esempio, credevo che il nome della cittadina chiamata Erba derivasse dall'erba verde che vi sarebbe cresciuta. Me lo aveva detto mio padre (R.I.P.). Quanto mi diceva mio padre a quell'epoca lo prendevo per oro colato. Ero convinto che esistesse un modo di ricondurre i nomi dei paesi e delle città a parole comuni della lingua parlata. Un'illusione delle più folli! Ora so che le cose sono molto diverse, perché non si può credere che nell'antichità si parlassero le lingue odierne. Capivo però già allor che con nomi di luogo come Como non funzionava nessun approccio razionale, non serviva a nulla ciò che era a me disponibile a quei tempi. Se gli studi sulla lingua celtica mi hanno in seguito permesso di capire che Erba significava in realtà "vacca" o "cerva" (ottimi i raffronti in antico irlandese evidenziati dal professor Guido Borghi), con Como le etimologie disponibili non funzionavano altrettanto bene. 

Il nome latino della città, ben attestato, è Cōmum, con la vocale -ō- lunga: il vecchio centro era chiamato Cōmum oppidum, mentre il nuovo centro fu ribattezzato da Cesare come Novum Cōmum. Il greco antico abbiamo attestata la forma Κώμον (Kṓmon), anche in questo caso con la vocale tonica -ō- lunga, scritta con una lettera omega. Sembrerebbe tutto molto semplice. Purtroppo le cose non stanno così: già la fonetica della vocale tonica presenta inaspettati e gravi problemi.

Mi sono spesso chiesto come mai in milanese e in brianzolo si pronunci Còmm /kɔm/ e non Cum /ku:m/, come avrebbe dovuto essere se il toponimo si fosse evoluto regolarmente dall'originario Cōmum. In realtà in comasco esistono sia Còmm /kɔm/ che Cumm /kum/ (secondo la Wikipedia italiana sarebbe /kʊm/, in ogni caso con vocale breve). In italiano "standard" la pronuncia è Còmo /'kɔ:mo/, con la vocale tonica aperta, mentre in italiano lombardo la pronuncia è Cómo /'ko:mo/, con la vocale tonica chiusa. In tedesco è attestata nel tardo XV secolo la forma Kam, che è considerata un prestito diretto dal lombardo Còmm (Obermair, 2008) - sebbene il vocalismo presenti innegabili difficoltà.
 
Tentativi etimologici  

Il mondo accademico anglosassone considera il toponimo Comum come originatosi dalla parola celtica cumbā "valle", le cui attestazioni sono notevoli, ad esempio in Piemonte e in Linguadoca (tra le altre cose ha dato origine alla parola inglese coomb "valle stretta"). Questa derivazione è chiaramente impossibile per motivi fonetici: non si spiegherebbero né il vocalismo né il consonantismo. La -u- breve di cumbā non può aver dato la -ō- lunga di Cōmum; il gruppo consonantico -mb- non può essersi mutati in -m- semplice già in epoca romana. Mi ha sorpreso trovare questa falsa etimologia, tanto grossolana, sul famoso dizionario etimologico della lingua inglese Etymonline.com
 
 
Pietro Pensa (1906 - 1996) ha fatto derivare il toponimo da una radice celtica *koimo-, a cui ha attribuito il significato di "abitato". L'origine sarebbe quindi dalla stessa protoforma indoeuropea *k'oimos "della casa", "appartenente alla famiglia", a sua volta dalla radice *k'ei- "giacere". La stessa protoforma ha dato regolarmente il protogermanico *χaimaz "casa, villaggio, patria", i cui esiti sono ben noti (ad es. gotico haims "villaggio", norreno heimr "mondo, patria", inglese home "casa", tedesco Heimat "patria", etc.). La cosa non è di per sé impossibile. Tuttavia non sono al momento attestate derivazioni con questa semantica nelle lingue celtiche. Si ricostruisce il protoceltico *koimos "bello, caro" (da un più antico "familiare"), a partire da questi dati:  
 
antico irlandese: cóim, cóem "caro, carino" 
   irlandese moderno: caomh "caro, carino" 
antico gallese: cum "caro, carino" 
   gallese moderno: cu "caro, carino" 
medio bretone: cunff, cuff "caro, carino" 
   bretone moderno: kuñv "caro, carino"
In gallico è attestato nell'antroponimo Coemo.

Ritengo più probabile che l'antenato diretto di Cōmum sia *Koimon "Luogo Bello", inteso come un luogo dove si è manifestato un portento particolarmente fausto, connesso al perduto mito della sua fondazione. Il passaggio dal dittongo -oi- a una vocale lunga -ō- non sarebbe impossibile.     

Il professor Guido Borghi si è occupato dell'etimologia del toponimo Como nel suo lavoro Continuità Celtica della Toponomastica Indoeuropea del Bacino Lariano (2012), consultabile liberamente su Academia.edu. Questo è il link:
 
 
La lettura dell'interessantissimo trattato è purtroppo poco agevole per via della caratteristica ortografia che marca le vocali brevi (a mio avviso in modo ridondante). A fini di conoscenza riporto questo estratto etimologico, che si trova a pagina 114: 

Como / Comm < gallico *Kōmŏn < celtico *Kŏϕŏmŏ-m < indoeuropeo *Kŏpŏmŏ-m < *(S)kŏp-ŏ-mŏ-m „della Copertura“ (cfr. Bergamo < gallico *Bĕrgŏmŏ-n < celtico *Bĕ́rgŏmŏ-m < indoeuropeo *Bɦĕ́rĝɦŏmŏ-m < *Bɦĕ́rĝɦ-ŏ-mŏ-m „del Monte“) più regolare che Como < gallico *Kōmŏn < orobico *Kōmŏ-m < indoeuropeo *Kōmŏ́-m < *Kōm(hx)-ŏ́-m „Che ha concentrazione (di insediamento)“  
 
Quello che Borghi ha compreso al volo è la stranezza della vocale lungua -ō-, da me già segnalata. Una simile vocale dell'indoeuropeo evolve in protoceltico come -ā-, tranne che nel caso in cui si trova nella sillaba finale di una parola, dove si oscura ed evolve in -ū-. Quindi una protoforma celtica *Kōmon, ricostruibile dal toponimo attestato nei documenti in latino, sarebbe decisamente anomala. Subito risulta chiaro che *Kōmon deve per necessità derivare da una protoforma più complessa. Detto questo, le ricostruzioni dell'esimio professor Borghi mi sembrano troppo complesse e improbabili. Resto convinto che un passaggio da *Koimon "Luogo Bello" a *Kōmon sia più plausibile e immediato. Spero che in futuro saranno trovate nuove evidenze in grado di portarci a una conclusione certa. 
 
I Neocomiti 
 
Molto utile è la lettura dello studio del professor Giorgio Luraschi (1991), consultabile sul sito del Comune di Como: 
 
 
Si parte dalla doppia fondazione di Como. 
 
"Como ebbe due fondazioni, nel senso che due città vere e proprie vennero fondate con lo stesso nome (Comum), sia pure in epoche e luoghi diversi. La prima fondazione risale al V sec. a.C., ed è da porsi sulle colline meridionali della convalle comasca, pressappoco dove oggi sono i borghi di Prestino e di San Fermo; la seconda cadde invece nel 59-58 a.C. e fu opera di Cesare, che la collocò esattamente sull’area della attuale città." 

L'opera di Giulio Cesare è spiegata subito dopo con maggiori dettagli, alludendo anche all'intervento di coloni giunti dall'Ellade:
 
"Che le Como fossero state due basta, d’altronde, a provarlo il fatto che il centro romano fu chiamato dai primi coloni greci Novum Comum (Strab. 5,1,6), il che lascia ovviamente ad intendere che esistesse un Vetus Comum, probabilmente quello di cui parla Livio (33,36) allorché descrive lo scontro (196 a.C.) fra Comensi e Romani e la conseguente presa di Comum oppidum e dei suoi ventotto castella da parte dei vincitori. Il problema è stabilire dove fosse situato Comum oppidum, e se ad esso potesse competere la qualifica di città in senso giuridico ed architettonico." 

Quasi commoventi sono le supposizioni sui più antichi popolamenti dell'area. Lo studioso cerca con ogni mezzo di colmare l'immenso baratro dell'ignoranza storica causata dall'assenza di fonti scritte:
 
"Per impostare correttamente la questione bisogna risalire alla fase di transizione fra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (1000 a.C. circa), quando sull’incalzare di eventi imprecisati (bellici, naturali?), piccoli nuclei di popolazioni di stirpe ligure (sia pure con precoci influenze celtiche) si stanziarono sulle colline che vanno dal Baradello al Monte della Croce (Spina Verde).
Qui si disposero in minuscoli villaggi (13 o 30 capanne nei due casi accertati), isolati gli uni dagli altri, ognuno con propri luoghi di culto, necropoli (se ne contano una quindicina), sorgenti, accessi ecc. Oltre cento anni di scavi condotti dalla Società Archeologica Comense ne hanno data ampia documentazione." 
 
E ancora su Novum Comum:  

"Siamo nel 59 a.C., Roma è dominata dai triumviari, Cesare, Pompeo e Crasso. Cesare si fa eleggere console e si accinge a costruire il suo futuro e, a ben vedere, quello del mondo. Nei suoi piani lungimiranti, che già prevedevano l’espansione transalpina, rientra anche la fondazione di Novum Comum." 
 
Viene ribadita l'eco che la fondazione della nuova colonia ebbe nel mondo romano dell'epoca:
 
"Fu un evento di formidabile risonanza, tanto è vero che, come dissi, ne parlano o vi alludono ben sei autori: Catullo, Cicerone, Strabone, Plutarco, Svetonio ed Appiano: i primi due, fra l’altro, furono testimoni diretti ed interessati, avendo entrambi amici comaschi." 

Ecco il retroscena nel complesso universo della legislazione romana, ingarbubliato a tal punto da essere comprensibile soltanto uno studioso della levatura di Luraschi: 

"Tutto trae origine nel 59 a.C., appunto, da una
lex Vatinia, cioè da un plebiscito rogato dal tribuno Vatinio, amico di Cesare, che autorizzò la fondazione e ne prescrisse i dettagli (58). Vediamo che cosa dice, al riguardo, Strabone (59): “Il divo Cesare portò a Como 5.000 nuovi coloni,di cui i 500 greci risultarono quelli più in vista; a costoro, invero, diede anche la cittadinanza e li iscrisse fra i coloni; essi tuttavia non fissarono in questo stesso luogo la residenza, ma comunque lasciarono alla fondazione il nome; infatti tutti quanti furono chiamati Neocomiti, ed il luogo, tradotto, è detto Novum Comum”."
 
Ora va detto qualcosa di estremamente scomodo. La storia dei Neocomiti (greco Νεοκωμῖται) destò immenso clamore postumo tra i parrucconi e tra i topi di biblioteca del XVIII secolo, colonne portanti del paleocomparativismo. Questa mania ellenizzante ha investito l'intera toponomastica lariana, dando origine a spiegazioni piuttosto inverosimili. Ecco alcuni esempi: 

Corenno è stato fatto risalire a Korinthos
Dervio è stato fatto risalire a Delphos
Lemna è stato fatto risalire a Lemnos
Lenno è stato fatto risalire a Lemnos
Nesso è stato fatto risalire a Naxos
Piona è stato fatto risalire a Peonia 
 
Sicuramente si ricollega alla leggenda dei Neocomiti anche il limnonimo Eupilis lacus, da cui Eupilio, tradizionalmente intrepretato come "bel luogo", dal ben noto prefisso greco eu- "bene, buono", per quanto la seconda parte del composto non sia di così facile etimologia. Sono puerili trovate della solita passione italica per le false etimologie: tutto è fondato su assonanze, senza controllare in alcun modo se siano o meno sigificative. A mio avviso nessun greco avrebbe dato a località sulla terraferma il nome di isole dell'Egeo: Lemna, Lenno e Nesso non si spiegano in questo modo. Allo stesso modo nessun greco avrebbe dato a un luogo sperduto il nome di una regione dell'Ellade: Peonia non si spiega in questo modo. Sorprende come questi toponimi, non studiati praticamente da nessuno fino a poco tempo fa, siano restati di difficilissima analisi per così tanto tempo. A volte, come nel caso di Piona, mancano tuttora proposte etimologiche convincenti. In altri casi, un'etimologia celtica è la sola spiegazione possibile. Chiunque abbia una minima dimestichezza con le lingue celtiche, comprende all'istante che Dervio significa "Luogo della Quercia" e che Nesso significa "Luogo Basso". Altrettanto evidente è che Lemna significa "Luogo degli Olmi". Non c'è proprio bisogno di tirare in ballo Delfo, che non si adatta nemmeno alla fonetica. Il problema è che in Italia la conoscenza delle lingue celtiche è disprezzata per imperativo scolastico e che per secoli hanno imperato studi classici decisamente sterili, tanto pedanti che persino una scorreggia scappata a uno studioso doveva essere ricondotta alla Grecità. Sorprende anche constatare che il mondo accademico si ostini a considere gran parte della toponomastica come un immenso buco nero. Il punto è di enunciazione semplice. Non è Como ad aver preso il suo nome dai Neocomiti. Sono i Neocomiti ad aver preso il loro nome da Como.

sabato 5 giugno 2021

 
LVGVS 
 
Titolo originale: Lvgvs (Lugus) 
Gruppo: Eluveitie
Album: Evocation II - Pantheon
Anno: 2017
Genere: Heavy metal, musica celtica 
Sottogenere:
Folk metal, Celtic metal 
Paese: Svizzera
Lingua: Gallico
Etichetta: Nuclear Blast
Formato: CD
Formazione Eluveitie (2017):
    Fabienne Erni – voce, arpa celtica, mandola
    Chrigel Glanzmann – voce, mandolino, flauto traverso, 
        fischio,  cornamusa, gaita, chitarra acustica, bodhràn
    Rafael Salzmann – chitarra
    Jonas Wolf – chitarra
    Kay Brem – basso
    Alain Ackermann – batteria
    Matteo Sisti – cornamusa, flauto, fischio
    Nicole Ansperger – violino
    Michalina Malisz – ghironda
Etimologia del nome del gruppo: dall'antroponimo etrusco Eluveitie, adattamento del nome celtico degli Elvezi. 
Link: 

Testo in gallico: 
 
LVGVS 
 
Ambinata in siraxta
Cailon areuedons in nemesi
Satiion branon tosagiiet uo moudas

Samali gaison exetontin
Rete pos uoretun mapon celti
Con lami nertaci cerdacipe

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Loux in aredubu, uregetiio tunceton
Cauaros uer agromagos etic bardos
Uer tenetin
Aidus laxscit in menuanbi
Suuidon
Druuis suuidbo etic lama cerdon papon

Tigerne trienepace

Lugu romeda silon
Antumni

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton 
 
Testo in inglese:  

LVGVS
[God of creation and learning]
 
Beckon in forlornness
Leading sign in the sky
Flock of ravens looming under the clouds
 
Like a flying spear
Go to Celtos' children rescue
With your strong and skillful hand
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Light in the dark, forging destiny
Warrior on the battlefield and harper
At our hearth
Fire burning bright in the thought of
The Wise!
Druid to our wise and artisan of all skills!
 
Three-faced lord,
Lugoves, astonish the children of the
Otherworld
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
 
Traduzione in italiano: 
 
Chiamata nella disperazione
Segno che guida nel cielo
Stormo di corvi incombe sotto le nuvole
 
Come una lancia volante
Va' in soccorso dei figli di Celtos
Con la tua forte e abile mano
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Luce nell'oscurità, che forgia il destino
Guerriero nel campo di battaglia e il bardo
In casa tua
Fuoco che brucia ardentemente nel pensiero
dei Saggi!
 
Fuoco che arde splendente nel pensiero 
dei Saggi!
Druido di saggezza e artigiano di tutte le arti!
 
Signore dalle tre facce,
Lugus, stupisci i bambini
Dell'oltretomba
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino!
 
Vola, corvo, vola
Ardi, fuoco, ardi
Sorgi, parola, sorgi
E fai funzionare il destino! 

Note: 
Ho preso una traduzione in italiano presente nel Web e ho notato che era piena di errori, perché fatta da un traduttore inesperto a partire dalla traduzione in inglese. Così ho visto subito che la parola gallica gariion "parola", tradotta giustamente in inglese con "word", è stata equivocata con "world" e tradotta in modo assurdo nella versione in italiano come "mondo"! Ho corretto l'aberrazione. 
 
Recensione: 
Nel panorama della musica celtica, possiamo dire che gli Eluveitie sono qualcosa di unico. Il loro impegno filologico non ha pari. È presente una grande sensibilità linguistica e un lavoro notevole per produrre testi che sarebbero stati compresi nelle Gallie dell'epoca di Vercingetorige. Tutto ciò è magnifico, sublime! Nel video a un certo punto appare Lugus con Tre Volti! Sembra di essere riportati indietro di secoli con una macchina del tempo!  
 
Glossario gallico: 
 
aidus laxscit "il fuoco brucia": 
   aidus "fuoco" 
   laxscit "brucia" 
ambinata "segnale" 
bardos "bardo" 
brane "o corvo" (vocativo) 
cailon areuedons "segno che guida": 
   cailon "segno, portento" 
   areuedons "che guida" (lett. "che conduce avanti")
cauaros "eroe; gigante"  
con lami nertaci cerdacipe "con mano forte e abile": 
   con "con" (preposizione + dativo)
   lami "alla mano" (dativo)
   nertaci "alla forte" (dativo femminile) 
   cerdaci "all'abile" (dativo femminile) 
   -pe "e" (congiunzione enclitica)
druuis "druido"
etic "e" (congiunzione) 
exete "vola" (imperativo) 
exte "vola" (imperativo, forma contratta di exete)
gariion "parola" 
in menuanbi Suuidon "nei pensieri dei Sapienti": 
   in "preposizione + dativo/strumentale" 
   menuanbi "ai pensieri, ai ricordi" 
   Suuidon "dei Sapienti" (genitivo plurale) 
lama cerdon papon "mano di tutte le arti": 
   lama "mano" 
   cerdon "delle arti" (genitivo plurale)
   papon "di tutte" (genitivo plurale) 
laxsci "brucia, ardi" (imperativo)  
loux in aredubu "luce nell'oscurità": 
   loux "luce, splendore" 
   in "in" (preposizione + dativo) 
   aredubu "oscurità" 
      (are- "davanti; per" + dubu- "nero")
Lugu "o Lugus" (vocativo)
rete "corri" (imperativo) 
rete pos uoretun "corri in aiuto"  
romeda "stupisci" (imperativo) 
samali gaison exetontin "come una lancia volante" 
   samali "come" 
   gaison "lancia, giavellotto" 
   exetontin "volante" (accusativo maschile)
satiion branon "stormo di corvi": 
   satiion "sciame" (neutro) 
   branon "di corvi" (genitivo plurale) 
silon Antumni "progenie dell'Oltretomba": 
  silon "progenie" (neutro) 
  Antumni "dell'Oltretomba" (genitivo) 
siraxta "struggimento"
suuidbo "per i sapienti" (dativo/strumentale plurale) 
tigerne "o signore" (vocativo)  
toage "sorgi"  
tosagiiet uo moudas "incombe sotto le nuvole" 
   tosagiiet "incombe, si profila"
   uo "sotto" (preposizione + accusativo) 
   moudas "nuvole"
trienepace "dalle tre facce" (vocativo): 
   tri- "tre" 
   enepo- "faccia, volto" 
tunceton "fato, destino" 
uer agromagos "sul campo del massacro" 
   uer "su, sopra" (preposizione + accusativo) 
   agromagos "campo del massacro" (accusativo neutro) 
uregepe "e fai" (imperativo)  
uregetiio "che fa" (forma verbale relativa) 
 
Forme problematiche:
 
Possiamo dedurre che 'os è evidentemente un'interiezione, anche se la sua origine resta al momento inesplicabile. Forse è connessa con la particella vocativa irlandese ó (corrispondente al latino ō e al greco ) e posposta ai nomi, anche se non è facile rendere conto del sigmatismo e dell'uso dell'apostrofo.
 
Il Mercurio dei Celti 
 
Lugus è una divinità panceltica, il cui culto era di importanza capitale nelle Gallie, in Britannia, in Ibernia e in Celtiberia. Identificato dai Romani con Mercurio ma anche con Apollo per via della sua sapienza, possedeva al contempo tutte le arti. Nulla gli era sconosciuto: si narrava che fosse al contempo fabbro, guerriero, campione, carpentiere, bronzista, arpista, poeta, storico, druido, medico e altre cose ancora. Giulio Cesare ci attesta che era considerato "inventore di tutte le arti" (omnium inventorem artium). Ecco il brano in questione: 

Deum maxime Mercurium colunt. Huius sunt plurima simulacra: hunc omnium inventorem artium ferunt, hunc viarum atque itinerum ducem, hunc ad quaestus pecuniae mercaturasque habere vim maximam arbitrantur. Post hunc Apollinem et Martem et Iovem et Minervam. De his eandem fere, quam reliquae gentes, habent opinionem: Apollinem morbos depellere, Minervam operum atque artificiorum initia tradere, Iovem imperium caelestium tenere, Martem bella regere. 
 
"Degli Dei venerano soprattutto Mercurio; di questo esistono moltissime statue, riconoscono in questo l'inventore di tutte le arti, la guida delle vie e dei viaggi, credono che questo abbia grandissima influenza per la ricerca del denaro e per i commerci. Dopo di questo, Apollo e Marte e Giove e Minerva. Su questi hanno quasi la stessa opinione degli altri popoli: e cioè che Apollo vinca le malattie, che Minerva insegni i princìpi delle attività e delle arti, che Giove regga il governo degli Dei celesti, che Marte governi le guerre."
 
Caio Giulio Cesare: La guerra gallica, Libro VI, paragrafo XVII - Principali divinità dei Galli 
 
I caratteri di Lugus erano portentosi: oltre ad avere tre facce, aveva tre peni! Esistono molte sue raffigurazioni. La molteplicità dei simboli e degli attributi a lui associati era grande. Eccone un elenco:  

- I corvi 
- Il gallo 
- La lince 
- I cani 
- I lupi 
- Il cinghiale 
- L'albero della vita 
- Il caduceo 
- Il vischio 
- Le scarpe 
- Il sacco del denaro. 
 
Il nome divino è attestato anche al plurale, ad esempio come LUGOVES in iscrizioni di una sola parola trovate nel territorio degli Elvezi (attuale Avenches). Probabilmente questo uso del plurale si deve alla natura triplice di Lugus. LUGOVES è una forma di plurale eminentemente celtica, tipica dei temi in -u- (corrispondenti in latino alla IV declinazione).  
 
Lione, la città di Lugus 

Come tutti sanno, la città di Lione in latino era chiamata Lugdūnum o Lugudūnum. Il toponimo è chiaramente celtico: *LUGDŪNON, *LUGUDŪNON, ossia "Città di Lugus". Esistevano altri centri abitati con questo nome, come Lugdūnum Clāvātum (attuale Laon). Quella che oggi è chiamata Leida, in Olanda, in epoca imperiale era nota come Lugdūnum Batāvōrum.   
 
Lugus in Spagna 
 
Il culto di Lugus è ben documentato in Iberia ed era una caratteristica fondamentale della cultura dei Celtiberi. A Peñalba de Villastar è stata rinvenuta un'importante iscrizione celtiberica. Il testo translitterato è il seguente: 
 
ENI OROSEI
UTA TIGINO TIATUNEI
EREKAIAS TO LUGUEI
ARAIANOM KOMEIMU
ENI OROSEI EKUOISUIKUE
OKRIS OLOKAS TOGIAS SISTAT LUGUEI TIASO
TOGIAS

Traduzione: 
 
Ad Orosis e nei dintorni del fiume Tigino, dedichiamo i campi a Lugus.
Ad Orosis ed Equeiso le colline, gli orti e le case sono dedicate a Lugus.

 
Il celtiberico LUGUEI "a Lugus" è un tipico dativo. In un'iscrizione latina a Osma è attestato il dativo plurale LUGOVIBUS. La corrispondente forma celtica di dativo plurale è attestata come LUCUBO o LUCOBO in iscrizioni trovate in Galizia e a Nîmes.    

Lugus in Britannia 

Nella toponomastica britannica spicca il nome di una città, Luguvalium (*LUGU-UALION), che deriva da un antroponimo *LUGU-UALOS "Potente di Lugus". In gallese moderno è chiamata Caer Liwelydd (caer significa "città, mentre Liwelydd è l'esito regolare del toponimo britannico), scritto anche Caerliwelydd. In inglese è chiamata Carlisle.
 
Lugus ha dato in gallese medio il nome dell'eroe Lleu Llaw Gyffes. La naturale evoluzione del teonimo Lugus è Lleu, mentre l'epiteto Llaw Gyffes significa "Mano Abile". La sua figura compare nei Quattro Rami del Mabinogion. Il vocabolo gallese lleu significa "luce, splendore". Con l'aggiunta di un suffisso -ad si ha lleuad "luna". Il derivato gallese medio goleu (gallese moderno golau) significa "splendente; biondo, chiaro di capelli" e deriva da *UOLUGUS, formato da *UO- "sotto" e da *LUGUS "luce, splendore". Esistono forme affini in altre lingue discendenti dall'antico britannico: cornico golow "luce" e bretone gouloù "luce".
 
Lugus in Irlanda 
 
L'esito del teonimo Lugus in antico irlandese è Lug, scritto anche Lugh, Lúg, . La sua memoria è durata ben oltre l'arrivo del Cristianesimo, portato sull'Isola Verde da San Patrizio. Questi sono gli epiteti attribuiti alla divinità in questione: 
 
Lámfada "Mano Lunga"
Ildánach "Esperto in molte Arti"
Samildánach "Egualmente esperto in tutte le Arti"
Lonnansclech "Immutabilmente feroce"
Lonnbéimnech "Feroce Colpitore"
Macnia "Giovane Guerriero"
Conmac "Figlio del Cane" 

I due epiteti irlandesi formati con l'aggettivo lonn "feroce" (< *LONDOS) ci permettono di capire che il nome della città di Londra, Londinium (*LONDINION) è derivato da un antico epiteto britannico di Lugus (*LONDINIOS, ossia "Il Feroce"). 

Declinazione di Lug e protoforme: 

nominativo: Lug (< *LUGUS
vocativo: Lug (< *LUGU)
accusativo: Lug n- (< *LUGUN)
genitivo: Logo, Loga (< *LUGOUS
dativo: Lug (< *LUGOU

L'antroponimo Lugaid, molto diffuso nell'Irlanda medievale (irlandese moderno Lughaidh), ne è un chiaro derivato; il significato originale era "Che onora Lugus", "Servitore di Lugus". Questa è la declinazione, con le rispettive protoforme: 

nominativo: Lugaid (< *LUGU-DEKS)
vocativo: Lugaid (< *LUGU-DEKS)
accusativo: Luigdig n- (< *LUGU-DEKIN)
genitivo: Luigdech (< *LUGU-DEKOS)
dativo: Luigdig (< *LUGU-DEKĪ)
 
Questo è il testo in antico irlandese sull'arrivo di Lúg a Tara (Temair), tratto dal testo mitologico La seconda battaglia di Mag Tuired (Cath Dédenach Maige Tuired), opera la cui complessità è paragonabile a quella dell'Iliade: 
 
Atbertatar risin dorsaid ara n-indised a Temruich a tiachtai. Atbert in dorsaid: "Cia fil and?"

"Fil sunn Luch Lonnandsclech mac Ciein meic Diencecht & Ethne ingine Baloir: dalta siden Taillne ingine Magmoir ri Espáine & Echdach Gairuh meic Duach."

Rofiarfaig ion dorsaid do t-Samhilldanuch: "Cia dan frisa ngneie?" al sei, "ar ni teid nech cin dan i Temruig."

"Dene mo athcomarc", ol se: "am saer." Friscort an dorsaid: "Nit-regaim i leas. Ata saer lenn cenu .i. Luchtai mac Luachadhae."

Atpert-sum: "Atum-athcomairc, a dorrsoid: am gobhae." Frisgart ion dorsaid dou: "Ata gobae liond cenai .i. Colum Cuaolléinech teorae nua-gres." 

Atpert-som: "Atom-athcomairc, am trénfer." Friscart in dorsaid: "Nid-regoim a les: ata tréinfer lend cenu .i. Oghmae mac Ethlend."

Atbert-sum diridesi: "Atom-athcomairc" ar se: "am crutiri". "Nit-regaim a les: ata crutiri lenn cenai .i. Auhcan mac Bicelmois aran-utgatar fir tri ndea i sidoib."

Atpert-sum: "Atom-athcomairc: am níadh." Friscart an dorrsoidh: "Nit-regam e les. Ata níad lion chenu .i. Bresal Echarlam mac Echach Baethlaim."

Atbert-sum iarum: "Adum-athcomairc, a dorsaid, am file & am senchaid." "Nid-regam i les: ata file & senchaid cenai lenn .i. En mac Ethomain."

Atbert-sum: "Atom-athcomairc", ol se, "im corrguinech". "Nit recom e les: Ataut corrguinigh lionn cheno: at imdou ar ndruith & ar lucht cumhachtai."

Atbert-som: "Atom-athcomairc, am liaich."

"Nit-regam a les: Ata Dien-cecht do liaigh lenn."

"Atom-athcomairc", al sé, "am deogbore." "Nit-regom a les: atat deogbaire linn cenau .i. Delt & Drucht & Daithe, Taei & Talom & Trog, Glei & Glan & Glési."

Atbert: "Atom-athcomairc: am cert maith". "Nít-regom e les: ata cert lind cenu .i. Credne cerd."

Atbert-som aitherrach: "Abair frisind rig", ol se, "an fil les oeinfer codogabai ina danu-sae ule, & ma ata les ni tocus-sa in Temraig."

Luid in dorsaid isin rigtech iar sudiu con-eicid dond riogh ulei. "Tanaic oclaech iondoras lis", al se, "Samilldánach, & na huili dano arufognot det muntir-si atat les ule a oenor, conedh fer cacha danai ule ei."

 
Traduzione: 
 
Il guardiano chiese allora al Samildánach: "Quale arte pratichi? Nessuno, se non pratica almeno un'arte, può entrare in Tara." 

"Chiedimelo", disse, "io sono un artigiano". Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un artigiano, Luchta mac Lúachada."

Disse: "Chiedimelo, guardiano: io sono un fabbro." Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un fabbro, Colum Cúaléinech delle tre nuove tecniche." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un campione." Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un campione, Ogma mac Ethlend." 

Disse allora: "Chiedimelo: io sono un arpista". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un arpista, Abcán mac Bicelmois, che gli Uomini dei Tre Dèi trovarono nel tumulo." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un guerriero". Il guardiano rispose: "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un guerriero, Bresal Etarlám mac Echdach Báethláim." 

Disse allora: "Chiedimelo: io sono un poeta e uno storico". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un poeta e storico, Én mac Ethamain." 

Disse: "Chiedimelo: io sono uno stregone". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già degli stregoni. Tra noi sono numerosi i druidi e gli uomini di potere." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un medico". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo Dían Cécht come medico." 

"Chiedimelo," disse. "Io sono un coppiere". "Non abbiamo bisogno di te. Noi abbiamo già dei coppieri: Delt e Drúcht e Daithe, Tae e Talom e Trog, Glé e Glan e Glésse." 

Disse: "Chiedimelo: io sono un artigiano del bronzo". "Non abbiamo bisogno di te. Abbiamo già un artigiano del bronzo, Crédne Cerd." 

Disse: "Chiedi al re se ha già un uomo che possiede tutte queste arti: se lo ha, io non entrerò in Tara." 

Allora il portiere entrò nel salone e disse ogni cosa al re. "Un guerriero è venuto alla tua corte", disse, "chiamato Samildánach; e tutte le arti che aiutano il tuo popolo, lui le pratica, cosicché egli è l'uomo di ciascuna e di tutte le arti." 

Qualche lettore forse si domanderà come mai la lingua di questo testo sia così diversa nell'aspetto dalla lingua della canzone degli Eluveitie. A questa domanda si può rispondere con certezza: la lingua gallica in cui è scritto il testo della canzone è molto vicina al protoceltico, mentre l'antico irlandese ha subìto nel corso dei secoli una forte evoluzione, arrivando a perdere in media una sillaba su due per usura fonetica. Se confrontiamo un testo in latino di Giulio Cesare con un testo in milanese di Carlo Porta, possiamo avere un'idea molto vaga e approssimativa di cos'è successo. Vaga e approssimativa, certo, perché il testo in antico irlandese conserva in gran parte la complessità morfologica delle fasi più antiche. Ciò è accaduto per un motivo semplice ma non banale. Nel latino volgare, poi evolutosi nelle lingue romanze, le consonanti nella coda delle parole tendevano ad usurarsi e a cadere, dando origine ad ambiguità e rendendo necessaria una riforma dell'intera morfologia. Nelle lingue celtiche invece i suoni nella coda delle parole si agglutinavano all'iniziale della parola seguente, dando origine a fenomeni di lenizione e di nasalizzazione. Sarà mia cura ricostruire il testo sopra riportato nella sua forma protoceltica. 
P.S. 
Non si deve assolutamente considerare Lugus "una latinizzazione di Lug": sarebbe come considerare il latino corvus "una latinizzazione dell'italiano corvo". La morfologia del gallico è simile a quella del latino a causa della comune eredità indoeuropea.   
 
Etimologia di Lugus 

L'etimologia del teonimo non è poi così chiara. Sicuramente la vocale tonica del teonimo era breve nelle lingue celtiche antiche: la pronuncia era /'lugus/. La vocale lunga che troviamo nell'antico irlandese Lúg, variante di Lug, è senza dubbio secondaria e sviluppatasi per compenso dalla precose caduta della consonante fricativa -g- /γ/. Dai glossari sappiamo che la parola lug nel linguaggio poetico aveva questi significati: 
 
1) guerriero, eroe; 
2) biondo; 
3) lince. 
 
Sappiamo che la lince è uno degli attributi di Lugus. Nella letteratura irlandese, si dice che i capelli della divinità erano di un intenso color giallo. 
 
In gallico doveva esistere la parola lugos "corvo", parimenti un termine poetico o druidico, documentata nello Pseudo-Plutarco all'accusativo λοῦγον (lougon), con la glossa greca κόρακα (kóraka). La vocale lunga è dovuta a problemi di adattamento alla fonetica del greco: all'epoca nella lingua ellenica esisteva soltanto il suono vocalico lungo /u:/, scritto col dittongo grafico ου. Questa parola lugos "corvo", riportata anche da Pokorny, è stata fatta derivare dal protoceltico *LUKOS "nero", nonostante il passaggio da /k/ a /g/ sia alquanto problematico. In irlandese antico esiste in ogni caso la parola loch "nero", che deriva proprio da *LUKOS. Stessa origine ha il gallese llwg "giallo scuro", sempre derivato da *LUKOS secondo una trafila assolutamente regolare. A mio avviso le protoforme *LUKOS e *LUGUS non sono tra loro imparentate.
 
Esiste poi la parola protoceltica *LUGRĀ "luna", ricostruita a partire dal gallese lloer "luna" (antico gallese loyr), analizzabile come formata a partire da una radice *lug- "lucente" con l'aggiunta di un suffisso -rā
 
Le radici indoeuropee proposte come origine del nome divino sono le seguenti: 
 
1) *leuk- "luce, splendore" 
2) *leug- "nero, scuro"; "palude"
3) *leug- "piegare, curvare" 
4) *leug'- "rompere" 
5) *leugh- "giurare" 
6) *lunk'- "lince"
 
In protoceltico non si ha la possibilità di un cambiamento di un'antica /k/ in una sonora /g/, il che fa dubitare molto di una connessione con *leuk- "luce, splendore" e con *lunk'- "lince". Tutta questa confusione di dati molteplici mi fa pensare che all'origine del nome divino Lugus ci sia una parola preceltica ma non necessariamente preindoeuropea, che ha subìto un complesso insieme di etimologie popolari. Non sarebbe un caso unico.    

Le origini di Odino 

Risulta evidente che la divinità germanica Wotan (protogermanico *Wōðanaz) altro non è che il celtico Lugus, di cui condivide molti attributi, compresa l'associazione con il corvo. Il suo culto deve essersi formato in Renania, zona in cui erano intensissimi i contatti tra i Germani e le popolazioni celtiche. Sappiamo che i Volci Tectosagi migrarono in Germania, dove ebbero una grande e splendida fama di guerrieri temutissimi. Queste cose sono state notate da Ludwig Rübekeil nel 2003, anche se già ci meditavo nel 1997. 
 
Conclusioni 

Se un celta dell'antichità fosse qui, riterrebbe nate dall'ingegno di Lugus anche molte arti che ai suoi tempi erano sconosciute, come ad esempio il cinema e la produzione di video musicali. Trovo la cosa divertente.