Oltre ai Maestri Comacini esistevano nel Medioevo anche altre corporazioni originarie della Diocesi di Como, come i Maestri Antelami (in latino Magistri Antelami, al singolare magister Antelami), detti anche Antelamici e Mestri Intelvesi, originari della Val d'Intelvi, che furono attivi a partire dal X secolo e molto presenti a Genova. La loro menzione più antica negli atti notarili della città ligure risale al 1157. Tuttavia già nel 929 si ha la menzione di carpentieri intelvesi, in un diploma rilasciato dal Re Ugo in favore del monastero di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia. Ancora nel 1457 in un atto notarile si trova l'artista Giovanni Gagini definito "magister Antelami et intaliator marmoriorum". Questi artisti vivevano praticando costumi loro propri, diversi da quelli del volgo che abitava le terre in cui si trovavano. Esiste infatti una locuzione caratteristica e ben attestata nei documenti: "secundum morem et consuetudinem terre Antelami". Nelle fonti storiche si rileva una certa confusione tra i Magistri Antelami e i Comacini, cosa che non cessa di creare problemi non soltanto tra il pubblico, ma anche tra gli stessi studiosi (Lazzati, 2008).
Un relitto celtico
Si comprende subito che gli Antelamici derivano il loro nome dal toponimo Antelamus, che corrisponde alla forma moderna Intelvi. La Val d'Intelvi è una zona montuosa situata tra il Lago di Como e il Lago di Lugano, con cui questi artisti hanno sempre continuato a mantenere stretti contatti, pur lavorando in terre molto lontane. Si vede che la forma Intelvi non può essere derivata da Antelamus secondo gli sviluppi tipici delle lingue romanze: la sua evoluzione fonetica diventa invece facile a capirsi ammettendo la lenizione di /m/ intervocalica in /v/ tipica delle lingue celtiche.
Antelamus > *Antelavus > *Intèlav > Intelv, Intelvi
Si comprende anche che il toponimo Antemamus / Intelvi deve essere collegato etimologicamente all'idronimo Telo. Il Telo è un torrente che nasce poco sotto la Cima Orimento e che scorre in Val d'Intelvi; nel suo corso raccoglie le acque di diversi altri torrenti. Sfocia nel Lago di Como ad Argegno, creando un conoide alluvionale. Lo stesso nome Telo si applica anche a un diverso torrente che nasce vicino a Scaria e sfocia nel Lago di Lugano ad Osteno. Per questo motivo è chiamato Telo di Osteno (Fonte: Wikipedia).
Si risale a un idronimo protoceltico *Telamos, da cui, tramite il ben noto prefisso celtico ambi- "intorno", comunissimo in gallico (imparentato col latino am-, amb(i)- e col greco amphi-), deriva il toponimo *Ambi-telamos "Che sta intorno al Telamo". Proprio da questo *Ambitelamos è derivato Antelamus. L'evoluzione di *Telamos, attestato come Telamo, fino alla forma attuale Telo, è avvenuta tramite la lenizione della nasale /m/ intervocalica nella fricativa /v/, poi scomparsa, a differenza di quanto è avvenuto nella trafila che ha portato Antelamus a divenire Intelvi. Alla luce di queste evidenze, dobbiamo supporre che nella zona della Valle d'Intelvi sia sopravvissuta fino a un'epoca sorprendentemente tarda una forma di lingua neoceltica, di cui putroppo non ci sono rimasti testi scritti.
Il professor Guido Borghi si è occupato del toponimo Intelvi nel suo lavoro Continuità Celtica della Toponomastica Indoeuropea del Bacino Lariano (2012), consultabile liberamente su Academia.edu. Questo è il link:
Riporto in questa sede, per finilità di conoscenza, quanto scrive l'autore nella sua peculiare ortografia, suggestiva man ben poco pratica (pagina 119):
• Val d’Intelvi, 736 Antelavo, 712 Telamo < gallico *Tĕlămŏ- (cfr. l’idronimo svizzero romando Tièle / alemannico Zil; composto (le) Toulon) ÷ *Ămbĭ-tĕlău̯ī „(abitanti) intorno al Telo“ < celtico *Tĕlămŏ- ÷ *Ămbĭ-tĕlău̯ŏi̯ <= *Ămbĭ-tĕlău̯ūs < indoeuropeo *Tĕlămŏ- ÷ *Ămbɦĭ-tĕlăṷȭs < *(S)tĕlh2(/4)-(ĕ)mŏ- / *Tĕlh2(/4)-(ĕ)mŏ- „(fiume) che scorre / bovino“ (cfr. greco στάλαγμα "goccia" / lituano tẽlias "vitello") → *H2ănt·bɦĭ-tĕlh2(/4)-(ĕ)u̯ŏ-h1ĕs
Molti dettagli lasciano il tempo che trovano, ad esempio le laringali delle audaci ricostruzioni di composti che potrebbero essere sorti in epoca ben più tarda di quella in cui la protolingua indoeuropea era parlata. Tuttavia nel testo sono contenute informazioni estremamente interessanti.
Pokorny ha ricostruito la radice protoindoeuropea *(s)tel- "far scorrere, orinare", che corrisponde perfettamente alla radice *(s)telh2(/4)- "far scorrere" riportata dal Borghi. Sono convinto che sia questo il raffronto giusto. Oltre al greco στάλαγμα (stálagma) "goccia", dal verbo σταλάσσω (stalássō) "far scorrere", si possono riportare anche altri raffronti. In greco esiste anche τέλμα (télma) "pozzanghera, palude", corrispondente all'armeno tełm, tiłm "fango; feci". In inglese troviamo stale "orina" e to stale "orinare", vocaboli ricercati che certo non vengono insegnati nelle scuole italiane. In medio alto tedesco abbiamo stall "orina di cavallo" e stallen "orinare", verbo che esiste ancora nella lingua moderna. Il bretone staot "orina" (medio bretone staut), potrebbe risalire al protoceltico *stalto- "orina". In lituano esistono i verbi tul̃žti "diventare umido; gonfiarsi" e ištil̃žti "ammorbidirsi". In russo esiste толстый (tolstyj) "gonfio, grasso", che stando a Pokorny indica anche il cazzone: il raffronto è utile perché dal membro virile schizza il seme.
Escluderei fin da subito la radice con semantica bovina: lituano tẽlias "vitello", che corrisponde al lettone teļš, telēns e al proto-slavo *telę "giovane bovino" (russo теленок "vitello"). Questa radice enigmatica è trattata sull'utilissimo Wiktionary.
Sono state fatte tre ipotesi sull'origine di questa radice baltica e proto-slava. Le elenco in questa sede:
1) Origine indoeuropea diretta.
Forse dal proto-indoeuropeo *telh₂- "portare", imparentato col latino tollō "portare", forse col proto-slavo *telěga "carro". Questa ipotesi è sostenuta da Snoj. Machek ipotizza invece una semplificazione del proto-indoeuropeo *wetélas “animale di un anno” imparentato col latino vitulus “vitello”, col greco antico ἔταλον (étalon), “animale di un anno” e col proto-germanico *weþruz “agnello di un anno”.
2) Origine da un diverso strato indoeuropeo.
Secondo Holzer, l'origine sarebbe dal proto-indoeuropeo *dʰeh₁(y)- “succhiare, poppare”, tramite un dialetto ipotetico che desonorizzava le occlusive aspirate sonore. Se questo fosse corretto, la radice sarebbe imparentata col proto-slavo *dětę “bambino”, col latino fīlius “figlio” e con l'albanese dele “pecora”.
3) Prestito dal proto-turco.
Proto-turco *tẹ̄l “vitello”, attestato in Kazakh тел (tel) e in Yakut тиил (tiil). Questa proposta è sostenuta da Matasović e mi pare particolarmente convincente.
Forse dal proto-indoeuropeo *telh₂- "portare", imparentato col latino tollō "portare", forse col proto-slavo *telěga "carro". Questa ipotesi è sostenuta da Snoj. Machek ipotizza invece una semplificazione del proto-indoeuropeo *wetélas “animale di un anno” imparentato col latino vitulus “vitello”, col greco antico ἔταλον (étalon), “animale di un anno” e col proto-germanico *weþruz “agnello di un anno”.
2) Origine da un diverso strato indoeuropeo.
Secondo Holzer, l'origine sarebbe dal proto-indoeuropeo *dʰeh₁(y)- “succhiare, poppare”, tramite un dialetto ipotetico che desonorizzava le occlusive aspirate sonore. Se questo fosse corretto, la radice sarebbe imparentata col proto-slavo *dětę “bambino”, col latino fīlius “figlio” e con l'albanese dele “pecora”.
3) Prestito dal proto-turco.
Proto-turco *tẹ̄l “vitello”, attestato in Kazakh тел (tel) e in Yakut тиил (tiil). Questa proposta è sostenuta da Matasović e mi pare particolarmente convincente.
Ovviamente per il professor Borghi, che è un seguace dei Neogrammatici, non sarebbe d'accordo con queste conclusioni. La cosa non è per me granché rilevante: ognuno segua il proprio cammino secondo il proprio giudizio.
Gli Antelamici e i Catari
Un mito assai diffuso tra gli intellettuali cattolici è quello secondo cui i Comacini e gli Antelamici sarebbero stati incaricati dalla Chiesa Romana di condurre una crociata antiereticale utilizzando la propria arte come arma. Secondo questa narrazione, mostrare Cristo dalla nascita alla morte plasmandone in modo realistico ed umano le fattezze, avrebbe contribuito a combattere le idee di coloro che ne negavano alla radice la natura carnale. In altre parole, doveva essere un modo per combattere le idee dei Catari e ostacolare la loro diffusione. Sull'efficacia di simili stratagemmi, posto che siano mai stati formulati in modo esplicito e consapevole, avrei serissimi dubbi. Pensare che una persona priva di qualsiasi fede nell'essenza corporale di Cristo possa convertirsi guardando una statua, è pura e semplice stoltezza. Si ha l'impressione che questi intellettuali cerchino con ogni mezzo di ridurre la propria dissonanza cognitiva, non sopportando l'idea di un Medioevo che non fu solo ed esclusivamente cristiano e cattolico.
Antelamici, Comacini e Frammassoni
Trove ben singolare e tutto sommato grottesco il fatto che sia la Chiesa Romana che la Frammassoneria, congreghe in aperta ostilità reciproca, rivendichino l'appartenenza al proprio corpus dottrinale delle maestranze di architetti del Medioevo. Per gli intellettuali cattolici, gli Antelamici e i Comacini sarebbero stati crociati del Cristianesimo Niceno. Per i Frammassoni, gli Antelamici e i Comacini sarebbero invece stati precursori e padri spirituali delle Logge. Bisognerà forse attendere molto tempo prima che sia fatta la necessaria chiarezza.
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