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sabato 13 settembre 2014

LE DIECI PIAGHE DELLA FANTASCIENZA

Rifletto spesso sulla fantascienza e sui suoi cultori, e non manco di essere colto da mortificanti riflessioni ogni volta che rimugino sul tema. Qualcuno mi dirà che quanto ho da dire riguada soltanto la realtà italiana, che all'estero la fantascienza è fiorente e che la gente è diversa, ma a questo riguardo mantengo con costanza un sano scetticismo. Già Philip K. Dick parlava di Ghetto della Fantascienza, così sono portato a credere che quanto ho dedotto in anni di attenta osservazione possa valere per l'intero mondo occidentale. 

Sarebbe bello se ogni appassionato di fantascienza fosse libero di avere le opinioni che desidera e se tutti si rispettassero, contribuendo a qualcosa di costruttivo. Purtroppo nulla è più lontano dalla realtà dei fatti. Un fantascientista è nella maggior parte dei casi una persona indottrinata in un'ideologia tutta particolare, formata da numerosi dogmi, tabù, comandamenti, assiomi, pregiudizi e comportamenti stereotipati. Un'architettura concettuale di rara bruttura, se mi è permesso esprimere un giudizio. Per convenzione li chiamiamo fantascientisti, anche se sarebbe più giusto denominarli adoratori della fantascienza. Per colmo di paradosso, proprio tra i lettori si possono trovare i più acerrimi nemici dei nuovi autori e di ogni tentativo di far prosperare il genere con contributi innovativi. Ho stilato una lista delle principali storture di tale genia, vere e proprie piaghe pestilenziali:

1) Idolatria degli autori
2) Tecnofeticismo
3) Psicorigidità
4) Nozionismo
5) Settarismo
6) Ideologismo politico 
7) Immantentismo utopico
8) Incapacità adattiva 
9) Culto del futuro archeologico
10) Spreco di risorse

Vediamo di analizzare ogni voce in dettaglio:

1) Idolatria degli autori
I più famosi scrittori di fantascienza sono oggetti di culto semidivino, quasi fossero santi, profeti o altre entità soprannaturali. Così è ritenuta blasfema qualsiasi critica nei loro confronti. Tale è l'idolatria, che basta avanzare dubbi sulla validità di un libro di qualche mostro sacro per essere lapidati, scatenando una reazione simile a quella che si otterrebbe entrando in una moschea travestiti da maiali. Trovo doveroso precisare che l'adorazione degli autori è sommamente nociva, perché impastoia e paralizza i giovani talenti, inibendone la creatività, spingendoli a imitare i classici incriticabili, assurti a modelli di scrittura da cui non si può deviare. Non c'è spazio per il nuovo in un contesto tanto asfittico. 

2) Tecnofeticismo
La fantascienza è vista come qualcosa di sostanzialmente materialista. Quasi nessun fantascientista sembra scorgere anche lontanamente qualcosa di filosofico o di morale nelle sue letture. Tutto è incentrato sul culto del gingillo tecnologico, senza alcuna riflessione. Moltissimi leggono Philip K. Dick senza nemmeno sospettare che si tratta di un autore esoterico, ricchissimo di spunti gnostici: la stessa trama narrativa appare loro del tutto irrilevante, l'attenzione la concentrano su qualche mirabolante e improbabile marchingegno. La lettura così concepita è piatta, bidimensionale. Il crasso feticismo tecnologico e simbolico impedisce la comprensione a qualsiasi livello del testo.

3) Psicorigidità
Ricordo un documentario in cui una scimmia aveva il compito di trovare quale cavità si adattasse all'inserimento di un cilindro di legno che aveva in mano. Il primate si ostinava a voler cacciare il cilindro in un buco la cui sezione era quadrata, e di fronte all'impossibilità dell'impresa strepitava come un folle, insistendo fino a stremarsi. Qualcosa di simile avviene con molti fantascientisti. Non di rado si riscontrano forme estreme di imbecillità, come nel classico caso del fantascientista che se non vede sulla copertina di un libro un robot o un'astronave non lo compra. Gli editori si lamentano di tutto questo. A una convention mi è capitato di sentire una robusta filippica contro i lettori ottusi che sono abituati ad aprire una porta con tre borchie, e se ne viene mostrata loro una con quattro borchie non la aprono, non mostrano nemmeno una lontana e vaga curiosità verso ciò che potrebbe esserci dietro. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. La fissità del microcosmo fantascientifico ha portato ingenti guadagni agli editori negli anni del boom della fantascienza, essi l'hanno attivamente incentivata. Adesso che cercano di proporre qualcosa di nuovo, le passate strategie diventano all'improvviso esecrabili. Purtroppo la locuzione "lettore di fantascienza neofobo" non è un ossimoro.

4) Nozionismo
Il lettore medio di fantascienza divora libri uno dopo l'altro, quasi fossero schede perforate immesse in un elaboratore degli anni '50. Come facciano a leggere così in fretta migliaia di volumi non mi è dato sapere: posso soltanto fare ipotesi nel tentativo di razionalizzare il fenomeno. Siccome non credo affatto che queste persone siano affette da un particolare tipo di autismo in grado di conferire illimitati poteri mnemonici, sono più incline a ritenere che la loro lettura sia superficiale. Leggono per intero qualche pagina, poi cominciano a saltare alcuni passi qua e là, procedendo quindi in modo rapido verso il finale, e digerendo un numero di Urania in un paio d'ore. A mio parere questo non è leggere. Sono sempre più scettico sull'esistenza dei cosiddetti "lettori bulimici", che dicono con fierezza di leggere più di cinquecento libri ogni anno: a pare mio si tratta soltanto di gente che posa. Tuttavia i fantascientisti non si limitano a questo. Hanno la testa piena zeppa di ogni genere di informazioni sconnesse sugli autori e sulle loro opere. Sanno citare a menadito ogni dettaglio della biografia di ogni scrittore, tutte le vicissitudini di ogni libro, come ad esempio le varie date di pubblicazione e via discorrendo. Informazioni che a chiunque richiederebbero giorni per essere accumulate, sono per loro del tutto ovvie - al punto che chi non le sa sciorinare è considerato incolto, ignorante, out. Intere enciclopedie di date compresse in uno spazio così piccolo. C'è da meravigliarsi che nei banchi di memoria di queste persone ci sia spazio per qualcos'altro.

5) Settarismo 
I fantascientisti sono estremamente litigiosi, e questo è stato rimarcato in diverse occasioni. A mio avviso non si tratta di semplice litigiosità, ma di vero e proprio settarismo facinoroso. Mi ricordano le genti di Lilliput e di Blefescu, che si combattevano accanitamente perché non si trovavano d'accordo sul modo migliore di rompere le uova. Un'analoga futilità spinge i fantascientisti a scontrarsi. Sembra che non si possa essere lettori di fantascienza se non si è data la propria adesione alla setta di Fusco - De Turris o a quella di Curtoni, come se fossero i Verdi e gli Azzurri di Bisanzio. Se osassi rivelare che non sono stato iniziato ai Misteri di Urania all'età di dodici anni, ma che ho iniziato a leggere fantascienza molto più tardi, sarei immediatamente linciato: sarebbe come cercare di vendere carne suina alla Mecca. Questo però non basta. In Rete mi sono imbattuto in affermazioni spaventose quanto surreali, che riporto senza il nome dell'autore (si dice il peccato, non il peccatore): "La fantascienza ha un tasso di abbandoni altissimo. Un lettore perso (perché deluso o tutto quello che volete) è peggio di un lettore morto. Perché finché vivrà parlerà male del genere che ha abbandonato e cercherà di convincerti a fare lo stesso!" A tanto si è arrivati, ad augurare la morte delle persone, a minacciarle come se fossero colpevoli di apostasia. Inutile dire che simili atteggiamenti non aiutano a fermare l'emorragia di lettori di fantascienza, anzi, la accelerano. Non ci si stupisca se di fronte a questo qualcuno potrebbe ribattere che "l'unico lettore di fantascienza buono è quello morto".  

6) Ideologismo politico 
Lo zoccolo duro dei lettori di fantascienza di vecchio stampo vede ogni cosa attraverso le lenti distorcenti della politica. Vi sono non pochi antifascisti militanti che scorrono le pagine di ogni opera con il fucile in pugno: è sufficiente usare una parola sbagliata per scatenare in loro un'ira furibonda. Così sono stato sottoposto alla gogna mediatica per aver definito il Connettivismo "Avanguardia" anziché "Movimento". Il carissimo amico Giovanni De Matteo - che è tutto fuorché di destra - è stato addirittura etichettato come autore di un "elogio dello squadrismo nichilista", semplicemente perché nel suo ottimo romanzo Corpi spenti il tenente Briganti beve birra Weiss, e nel testo compare qualche parola tedesca del tutto priva di connotazioni politiche: il potere di questi vocaboli germanici sparsi sembra essere stato quello di un allergene devastante o di un sasso tirato in un nido di calabroni. "Questa è una Repubblica in cui è vietato articolare qualsiasi suono della lingua tedesca", avrebbero fatto scrivere nella Costituzione questi esaltati. Molti di costoro sono gli stessi anticlericali da operetta che ritenevano Ratzinger "nazista" per via delle sue origini tedesche, per poi inginocchiarsi davanti a Papa Ciccio, guardandolo con interesse là dove il sol tace. Però sui libri di fantascienza la scritta "vietato ai fascisti" non l'ha ancora messa nessuno. Pecunia non olet

7) Immanentismo utopico
Per quanto sia evidente che la massima parte della fantascienza degna di questo nome è pura letteratura distopica, i fantascientisti sono quasi tutti convinti immanentizzatori dell'Eschaton. Credono con fermezza che le loro letture non siano puro e semplice diletto, ma che debbano di riffa o di raffa essere una forma di impegno sociale volto a realizzare un futuro di prosperità, ipertecnologia ed espansione indefinita del genere umano. Le magnifiche sorti e progressive di cui con amarezza parlava Leopardi. Anche coloro che più sono orientati verso visioni cupe del futuro, poi sotto sotto strepitano di gioia quando viene data notizia di qualche nuova tecnologia che promette di rivoluzionare la vita di tutti i giorni, rendendo possibile colonizzare Marte, far svolgere ogni lavoro ai robot, avere chip e computer incorporati nel cervello e via discorrendo. Per quanto leggano opere in cui si delineano scenari raggelanti, al contempo essi credono a un futuro radioso, roseo, in cui ogni problema sarà risolto dai marchingegni, in cui è riposta una fede idolatrica. Il Robot come il Vitello d'Oro, la potenza di calcolo che genera l'intelligenza e la stessa anima, il genere umano che raggiungerà la Salvezza tramite la Macchina. Questo spiega l'enorme successo della delirante futurologia di Kurzweil e di iniziative aberranti come i Laboratori dell'Immortalità. 

8) Incapacità adattiva
Permane ancora come un fossile del passato la locuzione "letteratura di anticipazione", usata talvolta per riferirsi alla fantascienza. Ma cosa mai dovrebbe anticipare la fantascienza? Anni fa Ivo T. faceva notare che le possibilità della fantascienza sono tutt'altro che esaurite. Si possono esplorare campi che sono appena stati svelati dai moderni sviluppi della Scienza, come fantabiologia, fantazoologia, fantamedicina, fantapsichiatria, e via discorrendo. In realtà esistono opere che trattano questi campi, ma non sono considerate, la loro innovatività non viene colta, perché nella sua miopia lo zoccolo duro dei fantascientisti è fissato sulla tecnologia del razzo a reazione. Non si ha la capacità di adattare la visione della Scienza alla narrazione. Se Philip K. Dick in un suo racconto descriveva gli autori di fantascienza come Precog, esaltandone le capacità di previsione del futuro, oggi non si può più credere in questa fantasia. La fantascienza ha perso qualsiasi capacità di anticipazione per passare all'affannosa rincorsa del presente, come la spada di Damocle dell'obsolescenza legata a un crine sempre più labile, che anche un alito di vento può spezzare. Questi problemi non esisterebbero se la si smettesse di attribuire alla letteratura fantascientifica obblighi morali come quello di chiaroveggenza.  

9) Culto del futuro archeologico
L'aspetto più sconcertante degli adoratori della fantascienza è il loro fissarsi sull'idea di futuro tipica dell'epoca della propria formazione. Questa idea di futuro dipende quindi dalla classe di età a cui ogni fantascientista appartiene. La cosa diventa evidente come si considerano lettori di una certa età: tra loro spiccano i settari di Star Trek e di Guerre Stellari, con il loro futuro anni '70. Allo stesso modo si trovano ancora vecchi lettori fanatici che pretendono di proiettare nel futuro le farneticanti visioni della Golden Age. Più che futuro, uno pseudofuturo da archeologia. Nella loro miopia, questi soggetti neanche si rendono conto che la realtà che oggi viviamo ha già reso obsolete numerosissime opere di fantascienza. Anche i fantescientisti meno anziani hanno un archeofuturo che ha qualche nota stonata. In quest'ottica persino William Gibson col suo Neuromante è superato da tempo ed appartiene ormai al campo dello sterro di reperti fossili: chiunque dotato di un briciolo di senno non potrebbe che ridere al pensiero delle Pantere Moderne che hanno microsoft impiantati nel cervello e usano telefoni pubblici a gettoni. Sarebbe ora di svincolare la fantascienza dalle aspettative personali sul futuro, che la incatenano inutilmente a una Weltanschauung ingenua e lineare. La soluzione è adottare la "sospensione dell'incredulità", capace di fare di ogni romanzo e di ogni racconto un universo da prendere per quello che è senza la pretesa di proiettarlo nella realtà in cui viviamo. 

10) Spreco di risorse
Ovunque imperversano inutili battibecchi, come ad esempio quello sul rapporto tra fantascienza e fascismo. Decine di persone perdono tutto il loro tempo libero stilando futili classifiche di romanzi Urania, azzuffandosi in caso di disaccordo: sembra di essere all'asilo Mariuccia. Il danno più grave però lo arreca la peggiore di tutte le masturbazioni mentali: discutere ad nauseam del perché la fantascienza è moribonda, senza arrivare a nessuna conclusione. Dopo aver letto questo mio trattatello forse non c'è più bisogno di chiederselo.

sabato 3 maggio 2014

DIALOGO SULLA FANTASCIENZA, SULLE SUE DERIVE E SULLA SUA PROSSIMA MORTE

Riporto questo notevole thread dagli antri umidi di Facebook, perché lo trovo ricchissimo di spunti:

IVO T.:
"Androidi, Replicanti e Intelligenze Artificiali: la grande bufala che ha fatto deragliare la fantascienza. Essendo decisamente improbabili, se non impossibili, alla fs non è rimasta che la "metafora sociale" e il genere è morto una ventina di anni fa: oggi ci rimane uno zombie sbavante. Fate qualcosa!"

ROBERTO B.:
"beh non so...
hai provato a leggere Peter F. Hamilton, Alastair Reynolds, Robert J. Sawyer, Ken McLeod...?
Per me tanto morta non è..."

SELENE V.
"Richard Morgan..."

IVO T.:
"Non dico che sia morta del tutto. Dico solo che non riesco più a sopportare tante "sottili metafore" legate ai Golem e agli Homunculus. Perché questo sono le riflessioni su replicanti e I.A.: speculazioni su "realtà" scientifiche che non sono affatto tali, ma leggende degne della fantasy. E francamente m'hanno stufato. Sono più scientificamente corrette le "divinità lovecraftiane" degli androidi di Dick o dei robot di Asimov. E sfido qualsiasi fantascienziato a dimostrarmi il contrario."

SELENE V.
"Dipende da che epoca li guardi. Come dice Matt Ruff in Acqua Luce e Gas, quello è il futuro di quell'epoca, allora erano scientificamente credibili. E poi, che cosa conta? Quel che conta è che hanno parlato di schiavitù, di uguaglianza, di nuove forme di vita, di problemi che sono al tempo stesso attuali o che potrebbero sorgere un giorno.
Poco importa se queste forme di vita sono artificiali. Sono comunque alieni, "diversi", vittime di pregiudizi, come qualunque immigrato o omossessuale del giorno d'oggi, metafore sociali, per l'appunto, e che male c'è? Del resto Che differenza c'è fra Laputa e Urras?
E del resto, nessuno può sapere se un giorno, con nuove scoperte e nuove tecnologie, non saranno realizzabili."

IVO T.:
"Appunto, smantellata la credibilità scientifica, rimane la metafora.
Sul fatto che un giorno le IA saranno possibili possiamo dibattere per millenni, e per millenni non vederne una. Perché allora non dibattere direttamente di Puffi, Maghi Oscuri e Spade di Greyskull?
Smettiamo di chiamarla fantascienza e troviamole un altro nome. Non so: fantasy umanista."

MICHELE T.:
"C'è del vero ma il problema non è solo in quel sottogenere che indichi che fine ha fatto intanto l'hard SF spaziale? Io ne sento molto la mancanza forse perchè ho cominciato a disinteressarmi di SF con l'avvento del cyberpunk..."

SELENE V.:
"Guarda, di dibattiti sul nome da dare a queste "cose" ce ne sono a iosa. Direi di smetterla, invece, di cercare nomi tipo "techno-thriller" o "avant-pop". Fantascienza ci sta benissimo.
L'antropologia è una scienza. La meteorologia è una scienza. Anche la filosofia è una scienza, se torniamo all'origine del termine, cioè "conoscenza". E comunque, come diceva Clarke, ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia. E la differenza che io trovo nella fantascienza rispetto al fantasy è la sperimentazione: metti dei topi (i personaggi) in un labirinto (un universo, che però funziona secondo le regole fisiche che conosciamo, e non secondo regole "magiche") e vediamo che cosa succede. Questa E' scienza.
E, se proprio vogliamo essere pignoli, ti ricordo che solo qualche decennio fa c'erano illustri scienziati che sostenevano l'impossibilità di costruire personal computer. Da che cosa sto scrivendo, allora, da un folletto? (no, quello sarebbe un aspirapolvere...)
Ci son più cose in cielo e in terra, caro Orazio.."

IVO T.:
"@Michele: anche io. Considero il cyberpunk il ground-zero della fs.
Privo di contenuti, piatto nella forma, risibile nel suo monocolore ideologico.
La fs astronautica è destinata ovviamente a rivivere. La scopera dei pianeti extrasolari e le nuove frontiere della fisica devono solo essere metabolizzate al meglio dagli scrittori, poi cominceremo di nuovo a divertirci e il cyberpunk apparirà solo come una "fase" di morte apparente di un genere."

"@Selene. Vero, non dico che le IA siano impossibili, bensì altamente improbabili. Presuppongono un numero inenarrabile di basi tecnologiche oggi piuttosto leggendari (superconduttori a temperatura ambiente, nanotecnologie, computer quantici, etc.). Farne uno dei fulcri del genere oggi mi pare solo un ottimo modo per scivolare nella fantasy (come detto).
Sul fatto che la filosofia sia una scienza non mi trovi d'accordo. Non vive di fatti, ma di opinioni. Ok invece sull'antropologia: e qui volevo arrivare... esistono decine e decine di fantaSCIENZE possibili: fantamedicina, fantabotanica, fantafisica delle particelle elementari: c'è una fantascienza per ogni scienza. Però bisogna smetterla con certi luoghi comuni: Robby the robot ha fatto il suo tempo. Era carino, ok (io però gli preferivo Anne Francis), però adesso - please - evolviamo."

MICHELE T.:
"Sono propenso anch'io a non dare troppi nomi a sottogeneri appartenenti tutti ad un insieme che comunque è FANTASCIENZA. Sai poi che palle, quando devi compilare libri enciclopedici anche solo di cinema di SF, trovare giustificazioni per inserire o meno pellicole passibili di appartenenza ad altri generi... Poco tempo fa proprio qui su fb ho scoperto che oggi esistono una miriade di altri generi nominati per SF e Fantasy che neppure mi sognavo, quindi mi sono ritrovato scalzato dalla mia posizione di "esperto" a quella di "ignorante" in un nanosecondo... comunque, ripeto, non vedo solo nell'esasperazione della categoria cibernetica-robotica il blocco dell'innovazione fantascientifica e mi piace la tua definizione per cui c'è fantascienza per ogni scienza. Probabilmente, in contesti meno ripetitivi o modaioli, anche Robby the robot avrebbe ancora qualcosa da dire..."

IVO T.:
"Hai ragione, ma se oggi ci troviamo a dover dare altri nomi alla fs (lo faccio anche io, attraverso il mio blog Wunderkammer, dove porto avanti la definizione "abissale" per distinguere certe metafore antropocentriche locali da altri, e ben più "profondi" discorsi sugli abissi di infinito che ci circondano)... dicevo, se oggi dobbiamo dare altri nomi alla fs è probabilmente anche perché la fs stessa ha tradito la spettacolare "biodiversità" scientifica e si è attaccata come una patella allo scoglio della gadgetteria tecnologica e dei cyberspazi virtuali... Il che è un peccato, cmq."

SELENE V.:
"come dicevo, la parte scientifica della fantascienza io non la vedo tanto nel TIPO di scienza di cui si parla, quanto nell'aspetto sperimentale del genere.
Quanto alla vacuità del cyberpunk, mi sa che qui ne avete letto solo la spazzatura. Ha fatto più Pat Cadigan per il femminismo di dieci Le Guin..."

IVO T.:
"Okay, ma si torna all'umanesimo, Selene. Sembra che parliamo di cose diverse. Alla fs io chiedo più il Sense of Wonder degli abissi che stanno "oltre" me piuttosto che una riflessione sulla condizione umana. A quella pensa già la letteratura mainstream. Del cyberpunk ho letto Gibson e Sterling, soprattutto, e li ho sempre trovati vuoti e banali. Gibson poi - con romanzi come Aidoru e Luce Virtuale - è riuscito nella fenomenale impresa di scrivere centinaia e centinaia di pagine senza dire un accidente di niente."

SELENE V.:
"Allora cerchiamo cose diverse. Ok il sense of wonder, ma il sense of wonder senza nient'altro te lo può dare anche il fantasy, che bisogno c'è della fantascienza? Per me la fantascienza è prima di tutto politica. Bradbury diceva "Non sto cercando di prevedere il futuro, sto facendo del mio meglio per prevenirlo". Poi, sfortunatamente, invece l'ha previsto. Ma per me è questa la fantascienza: studiare i germi del futuro nel presente, o proporre presenti alternativi, "altri mondi possibili". Marge Piercy, ad esempio. Ginnastica per la mente.
Sì, andare "oltre", ma oltre nel senso del vedere al di là della nostra piccola realtà individuale, e scoprire i meccanismi dell'universo. Un'operazione di smontaggio e rimontaggio, d'ingegneria umana, filosofica, politica, storica. Umanesimo, sì, perché no? Che male c'è, a cercare di capire quello che siamo, inclusi i nostri, di abissi."

IVO T.:
"La fantasy non mi trasmette alcun Sense of Wonder perché è una camera di risonanza delle fantasie umana, e le fantasie umane sono veramente poca cosa davanti alle sconfinate possibilità del reale. Il reale mi interessa, le fantasie umane (parlino di elfi o di stratificazione sociale) meno. Citi Bradbury, un autore che grondava Sense of Wonder: il problema è che oggi si fa soprattutto politica, sociologia, "prevenzione del futuro" senza Sense of Wonder. Come ho detto altrove la fs è in crisi proprio perché insegue questo modello didattico, platealmente antropocentrico e del tutto arido sul piano dei contenuti "weird". Sfruttare le potenzialità della fs solo per fare politica è riduttivo, perché si rinuncia a quella vitale esplorazione del reale che tante sorprese ci riserva - sorprese spesso più rivoluzionarie di qualsiasi ideologia; senza contare che la politica nella fs presenta numerosi rischi: in primis quello di scadere nella parabola, farsi pistolotto. Non amo nemmeno l'effetto "cavallo di Troia", giacché ci sono lettori - come me - che guardano con sommo sospetto qualsiasi insegnamento politico (specie se basato su delle previsioni, ovvero su delle considerazioni opinabili raramente suffragate dalla complessità dei fatti) e si sono trovati spesso a gettare dalla finestra romanzoni di pseudofantascienza urlandovi dietro "se volevo leggere Marx o il Mein Kampf, compravo gli originali"."

SELENE V.:
"be', certo, se mi parli di fantascienza che vuole "insegnare", che vuole dare risposte, inevitabilmente si cade nel pistolotto. A me piace la fantascienza che solleva domande. In questo Bradbury era un maestro. Ma il sense of wonder, in Fahrenheit 451, onestamente, ce lo vedo poco. Immagino tu ti riferisca soprattutto alle Cronache marziane.
Forse hai ragione sulla riduttività dei contenuti politici, ma in questa fase la politica è quel che mi interessa personalmente, ho sete di libri che dicano cose intelligenti sulla catastrofe che stiamo vivendo, che aprano strade verso il futuro, o avvertano che potremmo andare a sbattere contro un muro oltre il quale c'è un futuro che non vedremo mai. Tutto questo, ripeto, senza pistolotti alla Orwell (che pure adoro, ma andava evidentemente bene allora, oggi quel modo di scrivere non funziona più). Penso che ci sia molto spazio per tutto questo, e non è detto che "far politica" debba escludere il sense of wonder, al contrario."

IVO T.:
"Infatti! Ci sono libri - Cronache Marziane è un ottimo esempio, oltre che uno dei dieci romanzi con cui vorrei essere sepolto - che sollevano dilemmi ANCHE politici (in quanto etici, per me l'etica è imprescindibile dalla politica). Porre domande è effettivamente una delle caratteristiche che amo, nella fantascienza. E' l'offrire risposte mi lascia sempre perplesso. Le risposte dovremmo trovarle altrove, perché una risposta valida in un romanzo - per quanto ben scritto - rimane sempre e comunque l'epilogo di una storia inventata, la conclusione di un gioco di specchi che può essere facilmente "dopato" da un uso sapiente di climax ed emozioni. Troppi scrittori hanno usato la fantascienza per scopi "altri", specie nel nostro paese, un po' con la speranza di sdoganarsi presso le varie Accademie di Serie A, un po' per mascherare il proprio analfabetismo scientifico. Potrei farti nomi e cognomi, ma preferisco vivere... ;)"

MICHELE T.:
"Il tuo problema, Ivo, è che sei evidentemente (come me) un lovecraftiano, probabilmente, se mi consenti un paragone magari banalotto, più portato per Spazio 1999 (prima serie, che terminava sempre con una domanda senza risposta) che per Star Trek (che terminava sempre con una risposta), più per la SF inglese che quella americana, più per 2001 e Solaris che per Matrix o Terminator. Il che ti renderebbe uguale a me... e decisamente fuori posto con il resto dell'attuale universo (umano)."

IVO T.:
"Direi che mi hai fotografato bene... ;)"

MICHELE T.:
"Ci vediamo sulla Stazione Solaris, il monolito nero portalo tu..."

IVO T.:
"Okay. ;)"

SELENE V.:
"e a me che vanno bene tutte le cose che avete detto (Spazio 1999 e Star Trek, SF GB e USA, 2001, Solaris, Matrix... e... be', no, Terminator onestamente non ce la faccio proprio :D), come mi inquadrate? ;-)"

IVO T.:
"Tu non sei inquadrabile. Ti va bene come inquadramento? ;)"

MARCO M. (ANTARES666):
A parer mio, Philip K. Dick se ne fregava della fattibilità o della verosimiglianza degli androidi e degli altri gingilli tecnologici. Il nucleo delle sue opere non è questo. Eppure ci sono ancora moltissime persone che leggono Dick senza capire che è un autore gnostico. Per lui la fantascienza era soltanto un artificio per dare una veste esteriore accattivante al messaggio che voleva comunicare. Le sue domande ontologiche sono sempre due: "Cos'è reale?", "Cos'è umano?".
Per quanto riguarda Gibson e Sterling, concordo nel definire vacue molte loro opere. Forse sarei ritenuto un folle perché affermo che il Gibson migliore è quello di racconti come "La razza giusta" o "Hinterland". Le opere tecnocratiche che l'hanno reso famoso mi hanno invece saturato, così sono passato da un iniziale entusiasmo a un'acuta insofferenza. In particolare la trilogia "Luce Virtuale", "Aidoru" e "American Acropolis" è inconsistente e contiene diverse contraddizioni strutturali (sull'ultimo volume ho anche scritto una recensione impietosa). "L'accademia dei sogni" secondo me non è neanche opera sua, ma della moglie, perché è scritta in modo troppo "femmineo" per risultare credibile come prodotto gibsoniano. Il problema è l'ingenuità della fede nell'Intelligenza Artificiale per come la intende il feticismo tecnocratico: nasce dal presupposto americano di scorgere intelligenza in ogni cosa che articoli suoni e risposte, non importa se automatiche e programmate. Per molti anglosassoni, il pappagallo e il magnetofono sono intelligenti, perché capaci di pronunciare verbo. La realtà è ben più dura. Di Intelligenze Artificali non ne sono state prodotte e sarebbe ora di ammetterlo senza mezzi termini: finora sono riusciti a produrre soltanto Idiozia Artificiale.

SANDRO D. F.:
"Totalmente d'accordo con Marco :))"

IVO T.:
"Il mio ragionamento iniziale però resta in piedi: c'è bisogno di una nuova generazione di scrittori di fs che sappiano rinnovare il genere attraverso il superamento dei feticci della fantascienza cyberpunk e postcyberpunk. Vorrei fantamedicina, fantageologia, fantastronomia, fantageometria, fantabotanica, fantapsichiatria. Vorrei un po' di Sense of Wonder: di meraviglia ANCHE davanti alle prospettive "disumane" dell'universo. Sembrerà anche un vaneggiamento fine a se stesso, una prospettiva di fuga, ma dal mio punto di vista non lo è: i soli abissi del tempo profondo di cui si parla in geologia e paleontologia sono una prospettiva da vertigini e febbre, uno shock mentale e filosofico, e una miniera di idee e spunti per chi scrive.
Qualcosa langue nella fs - me ne accorgo leggendo qua e là interventi, interviste, recensioni - ma le idee ci sono... a milioni... basta togliere quel dannato tappo tecnofeticista, tecnothriller, tecnopulp, cyberp-pop, avantpop, molto cool, molto pelle nera e occhiali scuri, molto bullet time, molto donnine manga mezzo nude, molto pubblicità di un televisore al plasma, molto occhialini 3D... e tornare ai libri di scienza. Lì c'è il paradiso, gente. Aria fresca, idee nuove e brividi in quantità."

SELENE V.:
"Be', detto così, ha tutto un altro appeal :) (bella, la fantageometria!)"

MARCO M. (ANTARES666):
"Certo, il ragionamento resta in piedi, in tutta la sua drammaticità. Purtroppo il tecnofeticismo è imperante e paghiamo le nostre scelte con la ghettizzazione all'interno di un ghetto. Il problema è che finché saranno gli autori a dover pagare per essere pubblicati anziché l'inverso, o a pubblicare "ad maiorem dei gloriam", non si arriverà da nessuna parte."

IVO T.:
"Sad but true.

...però che palle... chiudo sempre così questo tipo di conversazioni.

sabato 8 marzo 2014

 

ALCUNE NOTE SU NEUROMANTE DI WILLIAM GIBSON

Case, Molly, Armitage, Finn e Linda Lee sono ombre che sfarfallano e si perdono come segnali distorti in angoscianti antri onirici. A volte si reincarnano in formato metastabile nei deliri di intelligenze artificiali, nuvole di fragili faskware allucinogeni. La distopia cibernetica avvolge ogni cosa e fa sussistere una consapevolezza sfocata solo per lacerarla in un vortice frattale di lame di carborundum. Le olografie sfolgoranti e il cielo televisivo sono le più genuine manifestazioni della Tenebra Assoluta, maschere nullifiche che celano vaghe fluttazioni di vuoto pneumatico. Il Nulla Senziente è palpabile in ogni sillaba. Condizione di overflow straripante alternato a periodi di ibernazione che paiono oceani eterni. 

(scritto su Esilio a Mordor il 03/01/2008)

domenica 5 gennaio 2014

ALCUNE CONSIDERAZIONI SU AMERICAN ACROPOLIS

Oggi ho terminato la lettura di American Acropolis di William Gibson. Il libro mi ha profondamente deluso. Devo dire che avendo letto tempo fa Luce Virtuale, sono passato per errore ad American Acropolis saltando il secondo volume di quella che costituisce la cosiddetta Trilogia del Ponte: Aidoru. In ogni caso non ho avuto difficoltà di sorta a seguire il labile intreccio di American Acropolis - cosa che la dice tutta sulla solidità di questo progetto gibsoniano. I tempi della rutilante Trilogia dello Sprawl iniziata con Neuromancer sono lontani, si percepisce palpabilmente la fiacchezza dell'autore. Ci sono alcune scelte stilistiche non molto condivisibili, come la dilatazione temporale delle vicende narrate e l'incostanza dei tempi verbali. Si passa bruscamente e senza motivo dal presente al passato. Cose del tipo "Chevette dice", "Rydell carica la pistola", e dopo poche righe "Chevette andò via", "Rydell sparò". Alcuni fatti iniziano al mattino e prima della sera sembra che siano passati anni, l'effetto è di confusione. Il senso di stranimento non è costruttivo. Ho anche rilevato una grave contraddizione con Luce Virtuale. In quel libro, costruito decisamente meglio, si parla di un omosessuale chiamato Shapely e dedito alla prostituzione, che ha permesso la creazione di un vaccino anti-AIDS a partire dai suoi antigeni. Questo Shapely è diventato così una specie di Messia, e quasi tutti sono stati vaccinati. L'AIDS è passato da spauracchio a malattia curabile come tante altre. Invece nel seguito che è American Acropolis, di Shapely non esiste la benché minima traccia. L'AIDS è temuto in modo ben più paranoico di quanto avvenga nella nostra realtà, al punto che ogni traccia di sangue sparso viene cosparsa con un disinfettante chiamato Kill'Z. Le due cose non combinano. Shapely e il Kill'Z si eliminano l'un l'altro. Forse quando Gibson ha scritto il terzo volume della Trilogia del Ponte, si era persin dimenticato di aver dato vita al personaggio di Shapely. Non mi stupirebbe, a tutti capita di dimenticare qualcosa di importante quando si hanno tante cose da assemblare. Il finale è una tempesta in un bicchier d'acqua, inconsistente. Tutto il libro cerca di tener viva l'attenzione del lettore per impedirgli di cascare dal sonno, e lo stratagemma usato è il prossimo avvento di un punto nodale, un evento fantomatico a partire dal quale l'intera Storia dovrebbe subire un cambiamento repentino e decisivo. Ma quale sarebbe questo cambiamento? American Acropolis non lo dice - o almeno, sarò io tonto che non l'ho compreso. Tutto è giocato sul filo di un onirismo labile. Se devo esser franco rimpiango il Gibson vigoroso e visionario dello Sprawl. Solo al pensiero di mettermi a leggere Aidoru mi si chiudono gli occhi. Ho così iniziato Atmosfera Letale di Bruce Sterling, di cui ho divorato una ventina di pagine. Mi piace e sono contento della scelta fatta. 

(scritto su Esilio a Mordor il 04/09/2009)