domenica 5 gennaio 2014

ALCUNE CONSIDERAZIONI SU AMERICAN ACROPOLIS

Oggi ho terminato la lettura di American Acropolis di William Gibson. Il libro mi ha profondamente deluso. Devo dire che avendo letto tempo fa Luce Virtuale, sono passato per errore ad American Acropolis saltando il secondo volume di quella che costituisce la cosiddetta Trilogia del Ponte: Aidoru. In ogni caso non ho avuto difficoltà di sorta a seguire il labile intreccio di American Acropolis - cosa che la dice tutta sulla solidità di questo progetto gibsoniano. I tempi della rutilante Trilogia dello Sprawl iniziata con Neuromancer sono lontani, si percepisce palpabilmente la fiacchezza dell'autore. Ci sono alcune scelte stilistiche non molto condivisibili, come la dilatazione temporale delle vicende narrate e l'incostanza dei tempi verbali. Si passa bruscamente e senza motivo dal presente al passato. Cose del tipo "Chevette dice", "Rydell carica la pistola", e dopo poche righe "Chevette andò via", "Rydell sparò". Alcuni fatti iniziano al mattino e prima della sera sembra che siano passati anni, l'effetto è di confusione. Il senso di stranimento non è costruttivo. Ho anche rilevato una grave contraddizione con Luce Virtuale. In quel libro, costruito decisamente meglio, si parla di un omosessuale chiamato Shapely e dedito alla prostituzione, che ha permesso la creazione di un vaccino anti-AIDS a partire dai suoi antigeni. Questo Shapely è diventato così una specie di Messia, e quasi tutti sono stati vaccinati. L'AIDS è passato da spauracchio a malattia curabile come tante altre. Invece nel seguito che è American Acropolis, di Shapely non esiste la benché minima traccia. L'AIDS è temuto in modo ben più paranoico di quanto avvenga nella nostra realtà, al punto che ogni traccia di sangue sparso viene cosparsa con un disinfettante chiamato Kill'Z. Le due cose non combinano. Shapely e il Kill'Z si eliminano l'un l'altro. Forse quando Gibson ha scritto il terzo volume della Trilogia del Ponte, si era persin dimenticato di aver dato vita al personaggio di Shapely. Non mi stupirebbe, a tutti capita di dimenticare qualcosa di importante quando si hanno tante cose da assemblare. Il finale è una tempesta in un bicchier d'acqua, inconsistente. Tutto il libro cerca di tener viva l'attenzione del lettore per impedirgli di cascare dal sonno, e lo stratagemma usato è il prossimo avvento di un punto nodale, un evento fantomatico a partire dal quale l'intera Storia dovrebbe subire un cambiamento repentino e decisivo. Ma quale sarebbe questo cambiamento? American Acropolis non lo dice - o almeno, sarò io tonto che non l'ho compreso. Tutto è giocato sul filo di un onirismo labile. Se devo esser franco rimpiango il Gibson vigoroso e visionario dello Sprawl. Solo al pensiero di mettermi a leggere Aidoru mi si chiudono gli occhi. Ho così iniziato Atmosfera Letale di Bruce Sterling, di cui ho divorato una ventina di pagine. Mi piace e sono contento della scelta fatta. 

(scritto su Esilio a Mordor il 04/09/2009)

2 commenti:

X ha detto...

Ciao Antares, e innanzitutto bentornato. Io ho invece molto apprezzato il libro, ma non faccio testo, essendo un gibsoniano incallito (se fossi un liquore, "gibsoniano dal 1997" potrei far scrivere sulla mia etichetta).
Tornando al libro, se non ricordo male una parte dell'ambiguità temporale era voluta: i capitoli dedicati a uno dei personaggi erano al presente, tutti gli altri al passato. Non ricordo varianti in corsa nello stesso capitolo, e quindi sullo stesso punto di vista. E non saprei dire se si tratti quindi di un effetto intenzionale o di una svista del traduttore. Ma una scelta analoga l'ho vista adottata da Altieri in diversi suoi racconti e nell'ultimo Juggernaut, e nel suo caso funziona decisamente.
Non ricordo la vicenda di Shapely, ma il punto nodale se non ricordo male è costituito dalla commercializzazione di un replicatore nanotech. Sto andando a memoria. Ho letto il libro alla sua uscita, nel 2001 o giù di lì. Non il miglior Gibson, comunque.
Ciao!
X

Antares666 ha detto...

Ciao carissimo X, grazie e benvenuto in questo spazio! Potrò sbagliarmi, ma mi sembra che la produzione di Gibson abbia perso colpi. La sua opera più recente che ho letto è stata l'Accademia dei Sogni, ma ho avuto la netta impressione che a scriverla sia stata una mano femminile, forse quella della moglie. Non ho letto Guerreros e Zero History; dell'ultimo non avevo mai sentito parlare prima di oggi.   
Un abbraccio! 
Antares