venerdì 24 dicembre 2021


LA GRANDE ABBUFFATA 

Titolo originale (in francese): La Grande Bouffe 
Paese di produzione: Francia, Italia
Lingua: Italiano, francese
Anno: 1973
Durata: 132 min (versione originale)
     123 min (versione distribuita in commercio italiano)
     112 min (versione censurata)
Rapporto: 1,66:1
Genere: Grottesco, drammatico, erotico
Regia: Marco Ferreri
Soggetto: Marco Ferreri
Sceneggiatura: Marco Ferreri, Rafael Azcona, Francis
     Blanche (dialoghi)
Produttore: Edmondo Amati
Casa di produzione: Mara Films S.a.r.l. (Parigi),
     Capitolina Produzioni Cinematografiche S.r.l. (Roma)
Distribuzione in italiano: Fida Cinematografica
Fotografia: Mario Vulpiani
Montaggio: Amedeo Salfa, Claudine Merlin, Gina Pignier
Effetti speciali: Paul Trielli
Musiche: Philippe Sarde
Scenografia: Roger Jumeau, Michel Suné
Costumi: Gitt Magrini
Trucco: Alfonso Gola, Jacky Bouban
Interpreti e personaggi:
    Ugo Tognazzi: Ugo
    Marcello Mastroianni: Marcello
    Philippe Noiret: Philippe
    Michel Piccoli: Michel
    Andréa Ferréol: Andréa, la maestra
    Solange Blondeau: Danielle, prostituta
    Florence Giorgetti: Anne, prostituta lesbica
    Alexandre Michèle: Nicole, prostituta lesbica
    Monique Chaumette: Monique, moglie di Ugo
    Rita Scherrer: Anulka
    Henri Piccoli: Hector
    Bernard Menez: Pierre
    Louis Navarre: Braguti
    Cordelia Piccoli: Barbara
    Giuseppe Maffioli: Lo chef
    James Campbell: Zac
    Patricia Milochevich: Mini
    Mario Vulpiani: Il copilota
    Gérard Boucarou: L'autista
    Margaret Heneywell: Una hostess
    Annette Carducci: Una hostess
    Eva Simonnet: La segretaria
Doppiatori italiani:
    Pino Locchi: Michel
    Sergio Graziani: Philippe 
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: The Great Feast 
   Tedesco: Das große Fressen
   Spagnolo: La gran comilona
   Russo: Большая жратва
   Finlandese: Suuri pamaus 
   Ungherese: A nagy zabálás 
   Greco (moderno): Το μεγάλο φαγοπότι 
   Giapponese: 最後の晩餐 (Saigo no bansan) 
Riconoscimenti: 
- Festival di Cannes 1973
- Premio FIPRESCI 


Trama: 
Quattro uomini stanchi di una vita sommamente noiosa e priva di appagamento, decidono di farla finita in un modo abbastanza inconsueto: intendono chiudersi in una villa fuori Parigi nel corso di un weekend, andando avanti a mangiare e a bere fino alla morte. Eccoli:   
   Ugo: è proprietario di un ristorante, "Le Biscuit à Soupe", oltre che un rinomato chef; la sua famiglia paterna è originaria di Carpugnino.
   Philippe: è un importante magistrato, un giudice scapolo, diabetico e pieno di complessi, che ancora vive con la balia, una donna massiccia come un armadio; la balia si occupa di soddisfare i suoi bisogni masturbandolo, per impedirgli di frequentare altre donne.
   Michel: è un produttore televisivo effeminatissimo, passivo, petomane e con gravi problemi intestinali, riconducibili a una grave sindrome del colon irritabile.
   Marcello: è un pilota Alitalia e un donnaiolo esuberante, che non può stare un solo giorno della sua vita senza penetrare qualcuna. 
Arrivati nella villa, i quattro trovano il vecchio custode, Hector, che ha preparato tutto per la grande festa, senza sapere che si tratta di un banchetto funebre. Trovano anche un visitatore cinese che vuole offrire un lavoro a Philippe nella lontana Cina; il magistrato rifiuta cortesemente pronunciando la frase "Timeo Danaos et dona ferentes", citando Virgilio. Arriva la consegna di una grandissima quantità di carne, soprattutto selvaggina, porci e manzi macellati. 
Rimasti soli, i quattro iniziano ad ingurgitare selvaggiamente. In una scena, Marcello e Ugo gareggiano per vedere chi riesce a inghiottire più ostriche. A un certo punto discutono di organizzare una piccola "presenza femminile" e decidono di invitare a casa tre prostitute la sera successiva (non quattro, perché Philippe non vuole partecipare). La colazione del giorno dopo viene interrotta dall'arrivo di una classe scolastica che vorrebbe visitare il giardino della villa per vedere il famoso Tiglio di Boileau, un albero monumentale chiamato così perché il poeta francese Nicolas Boileau (1636 - 1711) era solito sedersi alla sua ombra, in cerca di ispirazione. I quattro invitano volentieri i bambini non solo in giardino, ma anche a vedere la vecchia Bugatti blu nel garage, per poi offrire un magnifico pranzo in cucina. Cosa più importante, fanno la conoscenza della fulva Andréa, la giovane e prosperosa maestra, che invitano spontaneamente a cena quella sera. Philippe è sgomento all'idea che l'insegnante di scuola sia nella stessa compagnia di tre prostitute; lui la avverte, ma lei sembra non essere turbata. Le prostitute arrivano a tempo debito e l'atmosfera diventa frivola e sessualmente carica. Andréa è attratta da Philippe e trova il modo di sedurlo: con la scusa di attaccargli un bottone della patta, gli bacia il fallo e inizia a fellarlo. Lui rimane sconvolto da quelle attenzioni (la balia si limitava a segarlo), che le fa una proposta di matrimonio. 
Le crapule continuano senza sosta. Ugo è il responsabile della preparazione dell'incessante rifornimento per i bagordi sfrenati. Il femmineo Michel, allevato rigorosamente per non avere fiato, ha una grave indigestione e gli si occlude l'intestino. Per fortuna riesce a riprendersi e dal suo ventre scaturisce in un'emissione impetuosa di miasmi fecali. Terrorizzate e sconvolte dall'andamento degli eventi, le prostitute fuggono all'alba, in preda a nausea profonda e vomito. L'unica donna che rimane è Andréa. L'insegnante sembra intuire lo scopo ultimo dei protagonisti, così decide di aiutarli nei loro sforzi, stabilendo un tacito accordo e rimanendo con loro fino alla morte di tutti e quattro. Dopo la partenza delle meretrici, si abbandona al sesso con tutti gli uomini, anche col non troppo virile Michel, partecipando attivamente alla loro abbuffata. 
Il primo a essere ghermito dalla Morte è Marcello: infuriato per la propria improvvisa impotenza, va in bagno e fa esplodere le tubature, provocando un'inondazione di liquami. La materia escrementizia, che percola dal soffitto sottostante, lascia un fetore nauseabondo anche dopo aver ripulito. Rendendosi conto dell'inutilità della farsa, decide di uscire di casa nella notte, durante una tempesta di neve, a bordo della vecchia Bugatti blu che aveva riparato all'inizio della giornata con grande gioia. I suoi amici lo trovano la mattina dopo, morto assiderato sul sedile di guida. Philippe, essendo un giudice, fa desistere i compagni dall'idea di seppellire Marcello in giardino - avvertendo che è prevista una pena severa per la sepoltura illegale di un cadavere. Così il cadavere viene riposto nella cella frigorifera della villa, dove rimane seduto e ben visibile dalla cucina. Dopo Marcello muore Michel, che trova nel cortile un nuovo cane seduto nella Bugatti. Già sofferente di indigestione e stracolmo di cibo (non riesce nemmeno a sollevare le gambe praticando la danza, il suo passatempo preferito), è colpito da un violentissimo attacco di diarrea mentre suona il pianoforte. Scaricando flatulenze e un fiume di merda liquida giallastra, crolla sul terrazzo. I suoi amici lo mettono nella cella frigorifera accanto a Marcello. Sotto lo sguardo dei morti nella cella frigorifera, Ugo prepara un enorme ed elaboratissimo piatto composto da un'ingente massa di tre diversi tipi di fegato (oca, anatra e pollo), a cui dà la forma della cupola dell'Hotel des Invalides. Tuttavia, Philippe e Andréa non riescono a ingerirne nemmeno un boccone. Ugo è deciso a ingerire l'intera preparazione. Dopo alcuni tentativi di dissuaderlo dall'insano proposito, il magistrato e l'insegnante si occupano di lui. Philippe lo imbocca, mentre Andréa lo masturba. Di colpo l'anima di Ugo vola al cospetto di Anubi, proprio nel momento in cui esce il materiale genetico. L'ultimo a trapassare è il diabetico Philippe, sulla panchina sotto il Tiglio di Boileau e tra le braccia di Andréa, dopo aver mangiato un gigantesco e dolcissimo budino a forma di una coppia di seni, da lei preparato. Va in coma iperglicemico e muore proprio mentre arriva un'altra consegna di carne. I fattorini restano sbalorditi quando Andréa ordina loro di lasciare nel giardino la carne - animali interi e parti di maiale e manzo. Le sequenze si concludono in modo bizzarro con una scena del giardino pieno di cani che iniziano a inseguire il pollame e a ingozzarsi della carne delle carcasse.
 
Citazione del regista:
"Basta con i sentimenti, voglio fare un film fisiologico!"  


Recensione: 
Questo film di Ferreri è viscerale! VI-SCE-RA-LE! Tognazzi è pantagruelico, gargantuesco! Proprio per questo ci piace. Gli elementi sadiani sono evidenti: il tema degli uomini altolocati che si appartano in una dimora nobiliare, lontano da occhi indiscreti, compiendo atti dissoluti, è preso direttamente dal romanzo incompiuto del Divin Marchese, Le 120 giornate di Sodoma (Les Cent Vingt Journées de Sodome ou l'École du libertinage). Sono convinto che lo stesso Pasolini abbia almeno in parte tratto ispirazione dalla pellicola di Ferreri per il suo adattamento Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). Nella gerarchia delle passioni descritte da Sade, Ferreri si limita alle cosiddette passioni semplici, anzi, al loro livello più elementare: ingurgitare smodatamente cibi e bevande, compiere atti sessuali tra uomo e donna. Nel film mancano del tutto, com'è ovvio, già le passioni semplici più estreme, come l'ingestione di escrementi e di urina, oltre agli atti di pedofilia che Sade non risparmia certo nelle sue pagine. Ferreri non va oltre, non giunge ai successivi livelli delle passioni complesse (stupri, incesti, flagellazioni), delle passioni criminali (pratiche al limite dell'assassinio, necrofilia, zoofilia) e delle passioni assassine (torture efferate e altre aberrazioni). In ogni caso, è indubitabile l'impianto sadiano dell'opera. Su questa architettura fondata dal Divin Marchese, Ferreri ha innestato una corrosiva critica alla società dei consumi. Il concetto di base è questo: l'abbondanza, che dovrebbe rappresentare l'apoteosi di ogni civiltà umana, è in realtà la causa prima della decadenza e dell'autodistruzione. Una volta raggiunto il pieno soddisfacimento dei sensi, subentra una noia mortale che porta al cupio dissolvi. Un'idea senza dubbio molto interessante, anche se la vedo sempre professata da gente che la fame non l'ha mai dovuta soffrire.
 
Etimologia di Carpugnino 
 
Ugo afferma di essere partito da Carpugnino all'età di 14 anni assieme a suo padre, che portava con sé un'eccellente collezione di coltelli, comprati col ricavato della vendita di due vacche. Il borgo di Carpugnino si trova nel Verbano e mi è ben noto, perché passavo sempre nelle sue vicinanze in compagnia di amici quando eravamo diretti all'Ossola. Vedevamo il cartello con scritto "CARPUGNINO" e facevamo battute grottesche, perché quel nome ci sembrava bizzarro. Il paese attualmente si chiama Brovello-Carpugnino
Brovello deriva dal celtico: è senza dubbio da *brogellos, una variante di *brogilos "frutteto", ben attestato nell'area romanza (da cui anche il toponimo Breuil) - a sua volta formato da *brogā, *brogis "campo", "paese", "confine". Gli Allobrogi (celtico Allobroges, adattato in latino come Allobrogēs) sono stati chiamati così perché "traslati da un altro paese", come riportato da Polibio. In gallese sopravvive tuttora la forma allfro "esiliato", che è di identica etimologia. 
Carpugnino (attestato anche come Carpignino; piemontese Carpugnì), è un derivato del leponzio *karpinos "carpino" (Carpinus betulus), di origine ligure (pre-celtica), passato al latino come carpĭnus come elemento di sostrato. Dal fitonimo deve essere derivata la forma *karpiniom "bosco di carpini", da cui l'aggettivo *karpiniīnom "(villaggio) del bosco di carpini". Sorprende che nessuno si sia occupato, a quanto ne so, di studiare questo singolare toponimo. 
 
Meringhe al cioccolato!
 
Nel vocabolario tognazzesco, la locuzione "meringhe al cioccolato" indica l'atto di leccare l'ano del partner (in genere una puttana) allo scopo di dare e provare piacere. Per il resto, l'atto viene soltanto accennato, con Ugo che si china davanti alle chiappe di una prostituta con la parrucca rossiccia e crespa, dando un leggero bacio sul coccige. La donna sarà poi posseduta carnalmente da Marcello, la cui sessualità è puramente penetrativa e poco incline a fantasie morbose.  
 
 
L'insegnante libertina

Per il ruolo di Andréa, il regista aveva idee molto precise: voleva un'attrice procace, sensuale e morbidissima, con due poppe prorompenti, capaci di mandare un uomo in criticità al minimo contatto. Uno dei suoi assistenti vide a teatro Andréa Ferréol, allora sconosciuta al grande pubblico. "Mi hanno chiamato una mattina alle 9, non conoscevo affatto Ferreri, ma conoscevo gli altri attori", ha detti la Ferréol. Al primo incontro fu subito entusiasta del ruolo, solo che per assumerlo doveva crescere molto di peso. Questo ebbe a dire: "Rappresento la donna, la sorella, l'amante, l'angelo della morte. Questa donna capì che volevano morire e decise di accompagnarli. Così mi sono detta: 'Questo ruolo lo avrò', e mi sono messa a mangiare". Quando la giovane incontrò finalmente il regista, utilizzò un furbo escamotage: "A questo incontro, da cattiva che ero, avevo messo tre maglioni per ingrandirmi e degli stivali. Dovevo ancora prendere 25 chili in due mesi. Con il suo meraviglioso accento italiano, lui mi ha semplicemente chiesto se potevo ingrassare di più". Alla fine è stata assunta. Alain Coiffier si è incaricato di negoziare il contratto un po' insolito dell'attrice: "Lei veniva pagata per ogni chilo in più che prendeva, sotto controllo medico, e poi dovevamo farci carico di un programma di dimagrimento. Ferreri la invita regolarmente al ristorante per controllare la sua dieta e le chiede di cambiare colore di capelli". Detto fatto, diventata fulva e pesante 85 chili, era pronta! 

Un'erezione improvvisa 

La Ferréol ha detto che Mastroianni aveva avuto un'erezione turgidissima durante le riprese: avrebbe potuto schiacciare le noci col glande! "Era nella scena in cui mi prende da dietro", ricorda l'attrice. In parole povere, Mastroianni pressava da tergo e cercava di penetrarla con l'immenso favone. In seguito lei ha ricordato l'accaduto con un linguaggio molto sobrio: "Niente di cui vergognarsi e questo posso dirlo anche adesso. Quando ho capito che a Marcello stava succedendo qualcosa, ho fatto finta di non preoccuparmi per non metterlo in imbarazzo"
 

La farfalla e il ramo secco 
 
Il giudice Philippe appartiene a una specie di setta lucifuga, un gruppo di esclusi e reietti di cui la società sana non vuole nemmeno sentir parlare. In un mondo in cui vengono esaltati modelli di performance, abilismo, successo e iperattività sessuale, non c'è posto per i vinti. Vengono macinati. Così il magistrato è cresciuto in quasi completo isolamento, in un rapporto morboso e innaturale con la nutrice che lo aveva allattato da piccolo. Questa vecchia libidinosa lo ha plagiato nel corso degli anni, facendo di tutto perché non potesse avere il benché minimo contatto con altre donne. Gli ha indotto il terrore delle prostitute e delle malattie veneree. Per impedire ogni tentativo di fuga da questa prigionia domestica, ha provveduto a drenargli manualmente lo sperma. Quando si trova per la prima volta a contatto con una libertina, Philippe crolla. L'insegnante prosperosa gli pratica la fellatio e gli distrugge ogni traccia di volontà, rendendolo una specie di succubo. Quest'uomo, travolto da una mole ingestibile di sensazioni intensissime, si ritrova di colpo in condizioni larvali. Vuole legarsi alla donna nel matrimonio ed ecco che subito gli tocca sopportare le corna! Alla fine accetta docile di uscire dal mondo, il coma è per lui una liberazione. Qualcuno ha detto che Ferreri nel suo film dipinge la donna come elemento salvifico. Guardando l'epilogo, direi che si tratta di un'opinione valida soltanto a patto di identificare la Salvezza con la Morte. Cosa che difficilmente le genti fanno, perché non rientra nel loro modo di concepire il mondo.   


Un difficile ruolo da fallofora 
 
Tra Florence Giorgetti, che interpreta una delle prostitute, e Ferreri, i rapporti diventarono presto molto tesi. "All'inizio andavamo d'accordo con Marco...", ha detto l'attrice, "poi all'improvviso ho compreso la sua perversione". All'epoca lei era ancora alle prime armi nel suo cammino nella Settima Arte. Era sposata con Pierre Arditi ed aveva da poco partorito. Ha provato un immenso disagio per via di una scena di pasto improvvisato in cui si strozza con un osso di pollo, afflitta dalle risate del resto della squadra. "Guardo Ferreri e non taglia. Martella: 'dai, dai, dai!'", dice. Poi il suo vicino di tavolo, il libidinoso e priapico Mastroianni, le ha dato una pacca sulla spalla, facendole sputare finalmente il bolo. "Sentivo di avere davanti a me un pervertito, qualcuno che amava tutti i pericoli che possono esistere su un set cinematografico", ha ricordato, ancora indignata. La scena dello strozzamento venne finalmente tagliata in fase di montaggio, ma di fronte alla reazione rabbiosa della Giorgetti, il regista ha cercato di spingerla negli ultimi passi e di metterla in situazioni sempre più sgradevoli. A un certo punto le ha chiesto di pisciare davanti a tutti. Lei pensava ai suoi genitori iperprotettivi e tradizionalisti, quasi vandeani, sentendosi annientata. Aveva il terrore di tradire le loro aspettative: immaginavano che lei dovesse fare un film straordinario con Tognazzi, ignorando la sua provenienza dalle 120 giornate di Sodoma! Alla fine la scena della pisciata è stata interpretata da Michel Piccoli. Questi sono i terribili ricordi che la Giorgetti ha avuto delle riprese: gesti distorti, scene di sesso dolorose. Una delle cose che più mi ha colpito nell'interpretazione di quest'attrice biondiccia è stata la sua reazione di fronte a una colossale torta al cioccolato preparata da Tognazzi: prima ci ha sputato sopra, lasciando sconvolti gli astanti, poi ha afferrato la zolla su cui ha deposto la sua saliva, ne ha fatto una grossa pallottola e l'ha tira al cuoco. 
 

La medicina tognazzesca 

Ugo utilizza un metodo di cura più arcaico dei Merovingi! Secondo il suo principio fondante, ogni malattia del corpo deve essere curata tramite uno specifico cibo. La scelta del cibo-farmaco, definito pomposamente "medicamentoso", segue in un certo qual modo il principio dell'omeopatia: simile cura simile. La parola "omeopatia" non deve però essere intesa in senso quantitativo, come di solito oggi avviene, bensì qualitativo. Quando Michel cade malato con sintomi abbastanza chiari di occlusione intestinale, ecco che Ugo gli porta un immenso vassoio di "puré medicamentoso". Si tratta di puré di patate fatto senza alcuna aggiunta di burro. Perché questa scelta? Semplice: l'occlusione intestinale provoca un particolare tipo di vomito, detto fecaloide, che ha l'aspetto del puré di patate ma puzza di merda. Per curare questo pericoloso inconveniente, al malato viene somministrata una sostanza alimentare che ricorda nell'aspetto quella espulsa. Michel non vuol mangiare? Poco importa. Ugo lo imbocca. L'atto di imboccare è ritenuta una pratica taumaturgica! Infatti l'occlusione intestinale di Michel si risolve e dall'ano scaturisce una raffica di spaventosi peti! I gas intestinali, liberi di uscire, saturano la stanza asfissiando i presenti! 
 

L'esplosione delle tubature merdarie! 

Una delle sequenze più significative dell'intera pellicola è senza il minimo dubbio quella dell'esplosione delle condotte del cesso, incidente che causa la fuoriuscita di un'immensa quantità di merda. A quanto ho potuto apprendere da un veneto che ha sposato un'esuberante parigina, nella capitale francese simili incidenti non sono affatto rari. Non essendo stata rasa al suolo dai bombardamenti, Parigi conserva tuttora moltissimi edifici vetusti, spesso risalenti addirittura alla fine del XIX secolo. Come ben sappiamo, George A. Romero nei suoi film ci mostra il consumatore compulsivo trasformato in zombie, che è un morto vivente completamente privo di facoltà di pensiero e di senso critico. Marco Ferreri invece insiste sull'incessante produzione di escrementi. Il consumatore compulsivo viene a trasformarsi in una macchina il cui output consiste in montagne di merda. La domanda è questa: come smaltire tutte queste feci? Non è possibile farlo, il processo di smaltimento richiede infatti risorse ed energie che non sono disponibili. L'unica possibilità è occultare la merda in qualche recesso oscuro, in modo che non possa turbare la coscienza dello spettatore. Il problema è che da queste spelonche, da queste latebre, da questi canali, il materiale digerito ed espulso da milioni di buchi del culo compie un'opera di corrosione delle strutture, ritornando poi alla luce del sole tramite una possente eruzione. Non ci si libera di queste scorie!   


Le uova come simbolo di morte
 
A un certo punto Philippe chiede a Ugo: "Perché metti le fettine di uovo?" Ugo risponde in modo singolare e notevole: "Perché le uova, secondo i Giudei, sono il simbolo della morte". La cosa è di per sé abbastanza sorprendente. In realtà non è così semplice e potrebbe essere avvenuto qualche fraintendimento. 
Nella cultura ebraica la pietra è simbolo di lutto, perché la parola per dire "pietra", èven, somiglia nel suono alla parola per dire "lutto", èvel. L'uovo somiglia a una pietra. Un uovo è il primo alimento con cui viene rotto il digiuno praticato durante il lutto. Questo ha portato ad associare l'uovo alla morte. Tuttavia l'uovo è al contempo anche simbolo nella nascita e della vita. Una profonda ambivalenza. Nel sulfureo film Angel Heart - Ascensore per l'Inferno (Alan Parker, 1987), Louis Cyphre, ossia Lucifero, ha l'abitudine di mangiare uova sode. Spiega che l'uovo per le antiche religioni è il simbolo dell'anima. Così Lucifero divora le anime e a causa del suo atto, l'uovo viene a rappresentare la dannazione eterna, ossia la Morte dell'Essere. 
Vale la pena di vedere il film di Ferreri già soltanto per le parole pronunciate da Ugo sulle uova e sulla morte! 
 
Alcuni problemi pratici 
 
Nella realtà sarebbe molto difficile realizzare qualcosa di simile alla vicenda narrata nel film di Ferreri. Già notiamo che Philippe si oppone per motivi legali alla sepoltura clandestina di Marcello nel nudo terriccio del giardino. La morte per bagordi non è per forza un improvviso, fulmineo passaggio dalla pienezza delle viscere alla Pace. In genere non è indolore e rapida. Si agonizza come cani. Immaginamo, tanto per fare un esempio che l'occlusione intestinale occorsa a Michel non si fosse risolta, peggiorando fino ad evolvere in una peritonite fulminante. Cosa fare di fronte a tanta sofferenza atroce, se non chiamare all'istante i soccorsi? Lo stesso dicasi per gli ictus emorragici o ischemici, per gli attacchi ischemici transitori, per gli infarti cardiaci o intestinali, insomma, per ogni incidente che dovesse presentarsi. Va inoltre notato che sistono sistemi di difesa del corpo, come la nausea e il vomito, che renderebbero molto difficile masticare e ingollare fino all'exitus. Secondo Ferreri, nausea e vomito colpiscono soltanto le puttane. Insomma, l'impianto narrativo non sembra reggere. Andréa, avendo somministrato i budini a Philippe proprio per farlo morire (secondo il principio della goccia che fa traboccare il vaso), rischierebbe un'imputazione di omicidio intenzionale. Non uno scherzo, dunque. In sostanza, volendo proprio farla finita, si potrebbe ricorrere a sistemi molto più semplici ed efficaci.

L'opinione di Pasolini
 
Pier Paolo Pasolini scrisse queste parole sul film di Ferreri, apparse sulla rivista Cinema Nuovo (n. 231, settembre-ottobre 1974):
 
"Corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione, fissandoli nella ontologicità allucinatoria dell'esistenza corporea."  
 
L'idea più ricorrente è che Pasolini abbia identificato Philippe, Ugo, Marcello e Michel con i pilastri dell'ideologia borghese, che ridurrebbe la vita alle sue funzioni biologiche elementari, da cui si originerebbe proprio la merda. Poi bisognerà vedere se in una società socialista la gente non mangerebbe, non berrebbe, non copulerebbe e non cagherebbe. O forse le interiora vuote hanno il potere miracoloso di trasformare le persone affamate in intellettuali?  
 
Altri giudizi critici 
 
Morando Morandini assegna 5 stelle su 5 nel suo Dizionario, riportando il seguente giudizio: 
 
"Scritto con Rafael Azcona, è probabilmente il più grande successo internazionale (di scandalo) nell'itinerario di M. Ferreri. Questo apologo iperrealista ha gli scatti di una buffoneria salace e irriverente, i toni furibondi di una predica quaresimalista e, insieme, l'empietà provocatrice di un pamphlet satirico; e chi lo prende per un film rabelaisiano, non ne ha inteso la sacrale tristezza. C'è piuttosto l'umor nero, la salute, la disperazione di uno Swift. Con qualcosa in più: la pena. La sua forza traumatica risiede nella calma lucidità dello sguardo, e nell'onestà di un linguaggio che Ferreri conserva anche e soprattutto quando non arretra davanti a nulla. Se si esclude parzialmente Mastroianni, forse il meno riuscito del quartetto, i personaggi non sono mai volgari. Nonostante le apparenze realistiche (di un neorealismo fenomenico e irrazionalistico), sfocia nel clima allucinato di un apologo fantastico come certi segni e invenzioni suggeriscono." 

Alcune opinioni interessanti sono riportate nel sito del Davinotti: 


Daniela ha scritto nel lontano 2016:

Lo chef, il produttore televisivo, il pilota e il giudice: quattro amici di varia estrazione sociale e caratteri diversi decidono di rinchiudersi in una villa e mangiare fino alla morte... Svaporata l'aura di scandalo col passare dei decenni, il capolavoro di Ferreri mantiene però intatta la sua forza di limpida metafora: quel che divoriamo, ci divora ed il cibo, nella società opulenta veicolo di piacere fine a se stesso, è l'arma utilizzata per un paradossale suicidio causato da un'abbondanza che provoca assuefazione, noia, infine vuoto esistenziale. Banchetto sadiano con un cast memorabile.
MEMORABILE: All'arrivo alla villa, nello scaricare le merci dal furgone, vengono minuziosamente elencate tutte le vivande e le carni; il budino mammelloso
 
Homesick ha scritto nel remoto 2011:

Apologo culinario e freudiano sulla società capitalistica destinata a collassare sotto il peso della propria opulenza e a restituirsi all’Es. Commensali dell’apocalittica crapula quattro individui - variamente frustrati - che si autoannientano negli spasmi di un edonismo tragicomico, ove leccornie da gourmet si mischiano a vomito, liquami, coiti promiscui e peti, e i profumi dei cibi svaniscono in una cupa atmosfera di malinconia, dolore e morte. L’erudizione della messa in scena e la somma bravura e signorilità degli attori edulcorano il disgusto, stimolando sane risate e amare riflessioni.
MEMORABILE: Ugo e i suoi coltelli legati al ricordo del padre; l’esplosione del wc; le morti, ciascuna delle quali corrispondente a passioni o vizi dei quattro.
 
Se tanti odiano il piacere fine a se stesso e vogliono restituire il proprio essere all'Es freudiano, perché non sperimentano il contrario dell'opulenza, ovvero la carestia dura e severa? In fondo si fa presto a sentenziare davanti a uno schermo del pc, avendo la pancia ben satolla. 

 
Censura  
 
La versione originale del film, la cui durata è 132 minuti (secondo altri 135 minuti), è stata sottoposta a tagli in alcune scene di natura sessuale. Tra le sequenze rimosse, ci sono quelle in cui Andréa si mette a dare baci alla francese con vistosi slinguazzamenti. In Italia il film ha subìto una pesante censura. La versione francese dura 129 minuti, mentre quella italiana ne durava soltanto 123. Il film è stato ridotto ulteriormente ad appena 112 minuti per il commercio home video italiano. Quest'ultima versione è quella che si trova in VHS e nei DVD, dove evidenti le discontinuità causate dai tagli. Soltanto nel 2019 la CG Entertainment ha fatto uscire il DVD e il Blu-Ray del film nella sua versione integrale e restaurata. All'epoca in cui la pellicola fu fatta, il problema principale era il sesso, che oggi non sembra più destare alcuna reazione di traumatismo. Invece ci sono scene in cui vengono mostrati animali macellati, che oggi desterebbero la furia di elementi animalisti e vegani sempre più integralisti, aggressivi, violenti. 

lunedì 20 dicembre 2021

 
PSYCO

Titolo originale: Psycho
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1960
Durata: 109 min
Dati tecnici: B/N
Rapporto: Widescreen
Genere: Giallo, orrore, thriller
Regia: Alfred Hitchcock
Soggetto: Robert Bloch (romanzo omonimo)
Sceneggiatura: Joseph Stefano
Produttore: Alfred Hitchcock
Casa di produzione: Shamley Productions
Distribuzione in italiano: Paramount
Fotografia: John L. Russell
Montaggio: George Tomasini
Effetti speciali: Clarence Champagne
Musiche: Bernard Herrmann
Scenografia: Robert Clatworthy, Joseph Hurley e George Milo
Interpreti e personaggi:
    Anthony Perkins: Norman Bates
    Janet Leigh: Marion Crane
    Vera Miles: Lila Crane
    John Gavin: Sam Loomis
    Martin Balsam: Milton Arbogast
    John McIntire: Sceriffo Al Chambers
    Simon Oakland: Dottor Fred Richmond
    Vaughn Taylor: George Lowery
    Frank Albertson: Tom Cassidy
    Lurene Tuttle: Eliza Chambers, moglie dello sceriffo
    Patricia Hitchcock: Caroline, la collega di Marion
    John Anderson: Charlie
    Mort Mills: Poliziotto di pattuglia
    Fletcher Allen: Poliziotto sul marciapiede
    Alfred Hitchcock: Uomo con cappello texano
    Ted Knight: Guardia
Doppiatori originali:
    Virginia Gregg: Voce di Norma Bates
Doppiatori italiani:
    Pino Locchi: Norman Bates
    Rosetta Calavetta: Marion Crane
    Lydia Simoneschi: Lila Crane
    Giuseppe Rinaldi: Sam Loomis
    Nando Gazzolo: Milton Arbogast
    Giorgio Capecchi: Sceriffo Al Chambers
    Emilio Cigoli: Dottor Fred Richmond
    Manlio Busoni: George Lowery
    Luigi Pavese: Tom Cassidy
    Franca Dominici: Signora Chambers
    Flaminia Jandolo: Caroline, collega di Marion
    Cesare Barbetti: Charlie
    Renato Turi: Poliziotto di pattuglia
    Wanda Tettoni: Voce di Norma Bates
Titoli in altre lingue: 
   Francese: Psychose
   Spagnolo: Psicosis
   Catalano: Psicosi
   Greco: Ψυχώ
   Polacco: Psychoza
   Turco: Sapık
   Quechua: Waq'akay 
Budget: 806.947 dollari US
Box office: 50 milioni di dollari US 

Trama: 
La segretaria immobiliare di Phoenix, Marion Crane, ruba 40.000 dollari in contanti al suo datore di lavoro dopo aver sentito il suo ragazzo, Sam Loomis, lamentarsi dei debiti e del loro potere ritardante sui progetti matrimoniali. Marion parte per recarsi a casa di Sam a Fairvale, in California, poi cambia auto dopo aver incrociato un poliziotto sospettoso. Un forte temporale costringe Marion a fermarsi al Bates Motel, un edificio cadente a poche miglia da Fairvale. Norman Bates, il proprietario, la cui casa in stile Secondo Impero si affaccia sul motel, registra Marion (che usa uno pseudonimo) e la invita a consumare un pasto leggero con lui nell'ufficio del motel. Quando Norman torna a casa per recuperare il cibo, Marion lo sente discutere animatamente con sua madre, un'arpia isterica, che non vorrebbe permettergli quella cena. Norman torna da Marion e le parla della sua passione per la tassidermia, della "malattia" di sua madre e di come le persone hanno una "trappola privata" da cui vogliono scappare. Tuttavia, quando la donna suggerisce a Norman di ricoverare sua madre, lui si offende molto. Presa da paura e sensi di colpa, Marion decide di tornare a Phoenix la mattina seguente per restituire il denaro rubato. Mentre fa la doccia, una figura oscura entra nel bagno e la pugnala a morte. Poco dopo, Norman viene a controllare l'ospite, solo per scoprire il suo cadavere. Inorridito, ripulisce in fretta e furia la scena del delitto, quindi mette nella macchina della donna il cadavere, gli oggetti e il denaro nascosto. Completato il carico, affonda l'auto in una palude, come offerta ai Demoni. La sorella di Marion, Lila, arriva a Fairvale una settimana dopo e racconta a Sam Loomis del furto. Chiede con insistenza dove si trova Marion. Lui nega di sapere alcunché della sua scomparsa. L'investigatore privato Arbogast, il cui cognome ha origine dal nome di un eroe dei Franchi, si avvicina ai due, dicendo loro che è stato assunto per recuperare i soldi. Si ferma quindi al Bates Motel e interroga lo squallido Norman, che suscita i suoi sospetti a causa del comportamento nervoso e delle risposte incoerenti. Arbogast procede ad esaminare il registro degli ospiti e scopre dalla calligrafia che Marion ha trascorso una notte nel motel. Quando ne deduce che Marion aveva parlato con la madre di Norman. Chiede di parlare alla vecchiarda folle, ma Norman non glielo permette. Decide di entrare comunque nella casa fatiscente per per cercare la convulsionaria, ma emerge dalla camera da letto una figura oscura che lo pugnala a morte. Quando Sam e Lila non ricevono notizie dal detective, si dirigono al motel a cercarlo. Sam intravede una sagoma spettrale in casa e presume sia proprio la madre di Norman. I due allertano lo sceriffo locale, che dice loro una cosa inattesa quanto inquietante: la madre di Norman è morta in un omicidio-suicidio per avvelenamento da stricnina, ben dieci anni prima. Lo sceriffo suggerisce che Arbogast abbia mentito in modo da poter inseguire Marion e i soldi. Convinti che sia successo qualcosa all'investigatore, Lila e Sam ritornano al decadente motel. Sam distrae Norman in ufficio mentre Lila si intrufola in casa. Insospettito, Norman si agita e fa perdere i sensi a Sam. Mentre si reca nella dimora, Lila si nasconde nella fruttaia, dove scopre il corpo mummificato della vecchia megera: urla inorridita e Norman, indossando abiti da donna e una parrucca, entra nella cantina per cercare di pugnalarla. Giunge Sam e lo sconfigge. Alla stazione di polizia, uno psichiatra spiega che Norman ha ucciso sua madre e il suo amante dieci anni prima, mosso dalla gelosia. Incapace di sopportare il senso di colpa, ha mummificato il cadavere della madre, iniziando a trattarlo come se lei fosse ancora viva. Ha ricreato sua madre come una personalità alternativa, insopportabile, gelosa e possessiva nei suoi confronti. Ogni volta che Norman è attratto da una donna, lo spettro della madre prende il sopravvento e si impossessa del suo corpo. È una larva diabolica. Prima di Marion e Arbogast, aveva già ucciso due donne. Lo psichiatra conclude che la personalità demoniaca della madre ha ormai pervaso completamente quella di Norman, al punto che non si può più parlare di due esseri separati. Il folle si trova in una cella di prigione e sente nel suo cranio la voce della madre che gli attribuisce tutta la colpa degli omicidi, cercando di dilaniarlo col rimorso. Nel frattempo l'auto di Marion, che contiene i suoi resti e il denaro rubato, viene recuperata dalla palude. 


Recensione: 
Sicuramente tra i massimi capolavori del Maestro Hitchcock, questo film costituisce una sorta di "punto di svolta" per l'intero genere thriller, avendo portato ad altissime vette il personaggio dello psicolabile seviziatore. A partire da Norman Bates, è stato fondato il prototipo dell'Alienato nella Settima Arte! L'architettura narrativa di Psyco è di un'originalità molto spinta, direi quasi ardita. Tutto si fonda sul rapporto innaturale, morboso, aberrante tra un figlio non svezzato e una madre-carnefice che lo vede come una parte non scissa del proprio ventre. Simili atrocità non mancano affatto nel mondo reale: anzi, sono più comuni di quanto non si creda, soprattutto in una società patogena come quella americana. Riguardare a distanza di anni questo gioiello è una vera e propria boccata d'ossigeno, considerato che si soffoca in un oceano di banalità e di inutili stronzate perennemente ripetute! 


Il romanzo di Bloch e i fatti 

La pellicola di Hitchcock è basata sul romanzo Psycho, opera dello scrittore americano Robert Bloch (1917 - 1994) e pubblicato per la prima volta nel 1959. Nel novembre del 1957, due anni prima che Psycho fosse pubblicato, un certo Edward Theodore "Ed" Gein fu arrestato a Plainfield, in Wisconsin, per l'assassinio di due donne (la pronuncia del cognome è /gi:n/). La polizia, perquisita l'abitazione dell'omicida, trovò mobili, posate e persino abiti fatti usando parti di cadaveri, soprattutto la pelle. Gli psichiatri, esaminati i macabri reperti, giunsero alla conclusione che il mostro intendeva ricreare un costume femminile da indossare per impersonare ritualmente la madre morta, descritta dai vicini come un'odiosa donna puritana che lo dominava completamente. Al momento dell'arresto di Gein, che era anche un necrofilo e un profanatore di tombe, Bloch viveva a 35 miglia (56 km) da Plainfield, in un luogo chiamato Weyauwega. Sebbene lo scrittore non fosse a conoscenza del caso Gein in quel momento, né tantomeno immaginava che quell'individuo funesto penetrasse l'ano dei morti, ebbe come un presentimento e iniziò a stendere la sua opera con "l'idea che l'uomo della porta accanto potrebbe essere un mostro insospettabile anche nel microcosmo pieno di pettegolezzi della vita di una piccola città". Il romanzo, uno dei tanti scritti da Bloch su assassini pazzi, era quasi completato quando Gein e le sue attività furono rivelate, in modo del tutto insperato. A questo punto Bloch inserì una riga che alludeva a Gein in uno dei capitoli finali. L'autore rimase sorpreso anni dopo quando venne alla sua attenzione la notizia che Gein viveva in isolamento con una madre fanatica religiosa. Così, tutto d'un tratto, "ha scoperto quanto il personaggio immaginario che avevo creato somigliasse al vero Ed Gein, sia nell'atto palese che nella motivazione apparente" (Paula Guran, 1999). Nel romanzo, il personaggio di Marion era Mary Crane. Il nome è stato cambiato perché l'ufficio legale dello studio ha scoperto che due persone reali il cui nominatovo era Mary Crane vivevano a Phoenix, in Arizona. Inoltre, sempre nell'opera di Bloch, Norman Bates è basso, grasso, di mezza età e decisamente odioso. Fu Hitchcock a decidere di presentarlo giovane, bello e simpatico. Norman è molto più di un personaggio principale nelle intenzioni dello scrittore. Infatti la storia si apre con Norman e la madre che litigano, anziché seguire Mary dall'inizio. Il personaggio di Ed Gein ha avuto molta fortuna nella Settima Arte, ispirando altre tre pellicole:
 
1) Non aprite quella porta (The Texas Chain Saw Massacre, 1974), diretto da Tobe Hooper: Gein è rappresentato dal personaggio Leatherface, interpretato da Gunnar Hansen;
2) Deranged - Il folle (Deranged, 1974), diretto da Jeff Gillen e Alan Ormsby: Gein è rappresentato dal personaggio Ezra Cobb, detto Macellaio di Woodside, interpretato da Robert Blossom;
3) Il silenzio degli innocenti (The Silence of the Lambs, 1991), diretto da Jonathan Demme: Gein è rappresentato dal personaggio di Jame Gumb, detto Buffalo Bill, interpretato da Ted Levine.

Origine del cognome Gein

Il cognome del killer deriva dallo yiddish kheyn "grazia, fascino", a sua volta dall'ebraico חֵן khen "grazia, fascino, piacevolezza". Il termine yiddish è passato in olandese informale come gein "piacere, divertimento", "scherzo" (pronuncia /ɣɛɪn/), da cui si è formato il cognome in questione. 


Pronuncia di Psycho e adattamento ortografico 
 
In italiano il titolo originale del film ha subìto lievi modifiche, diventando Psyco, per evitare che qualcuno pronunciasse il digramma -ch- come un suono palatale. La pronuncia prescritta era /'psaiko/. Bastava vedere ch in una qualsiasi parola anglosassone, ed ecco che c'era chi la pronunciava come una fricativa postalveolare (detta dal volgo "c di cena"), proprio a causa dell'insegnamento scolastico pedantesco. Un altro fatto piuttosto bizzarro è il restauro nella pronuncia del gruppo consonantico /ps/, soltanto grafico nella parola inglese, la cui pronuncia è /'saɪkoʊ/, /'saɪkəʊ/. La mentalità italiana crede che la lingua scritta preceda quella parlata e parte sempre dalla forma scritta, assegnandole una pronuncia. Nel Bel Paese quasi nessuno riesce a capire che la lingua parlata è la sola vera e che la lingua scritta è un puro e semplice artificio. Così, a causa dell'inaccettabilità delle "lettere mute", si è prodotta la pronuncia semiortografica /'psaiko/.

Il glorioso nome Arbogast 

Flavio Arbogaste (Flavius Arbogastes) era un militare franco naturalizzato romano. Esercitò il potere effettivo nel corso del regno del debolissimo Imperatore Valentiniano II, opponendosi con vigore alla cristianizzazione. Finì suicida in seguito alla disfatta nella battaglia del Frigido (tra il 5 e il 6 settembre del 394 d.C.), che segnò il trionfo dell'Imperatore romano d'Oriente Teodosio I sull'Augusto d'Occidente Flavio Eugenio. Il nome Arbogast significa "Ospite dell'Eredità" (protogermanico *arbijan "eredità", *gastiz "ospite"). Non è chiaro come abbia fatto in concreto il Maestro a prendere ispirazione da un militare germanico vissuto nel IV secolo d.C., proprio allo scopo di dare questo cognome al personaggio del film. Converrete che è una cosa davvero molto strana e a prima vista sorprendente. In realtà non sembra necessario presupporre che Hitchcock fosse un appassionato di filologia germanica come il sottoscritto. Da ulteriori indagini da me condotte, risulta infatti che un cognome Arbogast esista realmente in Francia e negli Stati Uniti d'America. Ecco alcuni personaggi insigni che lo hanno portato o lo portano tuttora: 

i) Antoine Arbogast, matematico francese
ii) Carl Arbogast, federale statunitense ideatore di un metodo per il taglio selettivo (selection cutting) in silvicoltura (detto Metodo Arbogast)
iii) Luc Arbogast, cantautore francese
iv) Roy Arbogast, effettista statunitense
v) Thierry Arbogast, direttore della fotografia francese
vi) Todd Arbogast, matematico statunitense noto per i suoi lavori sulla modellazione sottosuperficiale. 

Questi invece sono personaggi immaginari che portano il cognome Arbogast

i) Detective Milton Arbogast, investigatore privato interpretato da Martin Balsam nel film Psyco (1960) di Alfred Hitchcock;
ii) Carl Arbogast, personaggio interpretato da River Phoenix nel film I signori della truffa (Sneakers, 1992) di Phil Alden Robinson - se ben ricordo era il matematico la cui amante scopava come una matta ma non gli faceva i pompini;
iii) Dr. Larry Arbogast, personaggio interpretato da Danny DeVito nel film Junior (1994) di Ivan Reitman;
iv) Finn Arbogast, fondatore della Chaos Terrain nel romanzo Armada (2015) di Ernest Cline. 

Resta ora il problema di come abbia fatto l'antroponimo Argobast a diventare un cognome. A parer mio non è necessario pensare che si tratti di famiglie discendenti da Flavio Arbogaste - nonostante si sia individuato un suo nipote (o pronipote), anch'esso chiamato Arbogaste (seconda metà del V secolo). È poi esistito un vescovo e santo di nome Arbogaste (morto nel 678 d.C.), fondatore della cattedrale di Strasburgo, inviato in Alsazia dai Merovingi. Il fatto che si sia conservata integra la fonetica del nome nel cognome Arbogast sopravvissuto in epoca contemporanea, senza alcuna forma di usura genuina del volgo, potrebbe far pensare a una reintroduzione dotta. Le alternative sono due:
1) Qualche uomo a un certo punto deve essersi fatto notare per indole anticristiana, venendo soprannominato Arbogast da un chierico antiquario. 
2) Qualche uomo doveva essere particolarmente devoto a Sant'Arbogaste di Strasburgo (in latino Sanctus Arbogastus), ricevendone quindi il nome.
L'ipotesi più credibile sembra essere la seconda. 
 
 
Elementi autobiografici

Secondo i biografi, Alfred Hitchcock aveva un rapporto travagliato con la propria madre, che era molto prepotente, quasi come la signora Bates: lo costringeva a stare ai piedi del suo letto e a raccontarle tutto quello che gli era successo durante la giornata. Era una dominatrice severissima, che schiacciava il suo figlio-schiavo, lo annichiliva. Si riporta che il rapporto di Hitchcock con la madre non fosse comunque così malsano e disturbato come quello visto nel film; si converrà che è difficile ormai accertare i fatti con la massima precisione. Sarebbe considerato scandaloso affermare che la madre del regista fosse folle come la Signora Bates, così si tende a sorvolare sull'argomento. Resta soltanto una cosa certa: Hitchcock non è mai diventato un serial killer, anche se questo si deve forse alla sua grande forza morale, che gli ha permesso di resistere a condizioni spaventose.

Curiosità 

Hitchcock acquistò i diritti del romanzo di Robert Bloch in forma anonima per soli 9.000 dollari. Quindi acquistò quante più copie cartacee gli fosse possibile, cercando con ogni mezzo di mantenere segreto il finale.
 
Dopo l'uscita di Psyco, il Maestro del Brivido ha ricevuto una lettera furiosa dal padre di una ragazza che si era rifiutata di fare il bagno dopo aver visto I diabolici (Les Diaboliques) di Henri-Georges Clouzot (1955), e ora si rifiutava di fare la doccia dopo aver visto questo film. Rischiava di emanare lezzi pestilenziali di formaggio rancido! Il geniale cineasta ha risposto con un messaggio lapidario, senza scomporsi: "La mandi in una lavanderia a secco"

Nella scena iniziale, Marion Crane indossa un reggiseno e una sottoveste di colore bianco, prima di vestirsi con un abito tutto bianco completo di borsetta bianca. Hitchcock ha fatto quella scelta di guardaroba per dimostrare che Marion era buona e pura. Dopo che la donna ha rubato i soldi al suo capo, nella scena seguente compare mentre fa le valigie ed è semivestita con un reggiseno e una sottoveste di colore nero. Si veste con un abito più scuro ed è passata dalla borsa bianca a una nera. Il cambiamento da un guardaroba tutto bianco a uno nero serve simbolicamente a dimostrare che Marion è passata dall'angelico al malvagio. Questo codice dei colori è tipicamente cattolico ed è stato scelto per questo dal regista. Per quanto mi riguarda, sono invece legato al codice Harkonnen, per cui il nero rappresenta la purezza e il bianco rappresenta il veleno. 

Uno dei motivi per cui Hitchcock ha girato il film in bianco e nero era tutt'altro che banale: pensava che sarebbe stato troppo cruento a colori. Ma la ragione principale era che voleva realizzare il film al prezzo più basso possibile, meno di un milione di dollari. Visto che così tanti "B movies" in bianco e nero, brutti e realizzati a buon mercato, erano andati così bene al botteghino, il cineasta si domandava cosa sarebbe successo se fosse stato realizzato un film in bianco e nero davvero buono, anche se a buon mercato. 

Quando Hitchcock era assente per malattia, la troupe ha girato la sequenza di Arbogast all'interno della casa mentre sale le scale. Quando il regista ha visto il filmato, si è complimentato con i responsabili ma ha deciso che la sequenza doveva essere girata di nuovo. La versione girata in sua assenza faceva sembrare che Arbogast stesse salendo le scale per commettere un omicidio. Nonostante fosse un capolavoro, non andava bene.  
 
Esistevano forti pregiudizi nei confronti di qualsiasi cosa riguardasse anche lontanamente soggetti psichiatrici. Quelli della Paramount Pictures hanno dato a Hitchcock un budget molto ridotto con cui lavorare, a causa della loro avversione per il materiale originale. Hanno anche rinviato la maggior parte degli incassi al botteghino dovuti al regista, pensando che tanto il film sarebbe stato un fallimento. Quando Psyco divenne un "successo dormiente" (qualcosa che ha scarso successo nell'immediato ma che viene rivalutato nel tempo), Hitchcock fece fortuna.
 
Walt Disney rifiutò di permettere a Hitchcock di girare a Disneyland all'inizio degli anni '60 perché non gli perdonava di aver realizzato "quel film disgustoso", ossia Psyco

Questo fu il primo film nella storia del cinema a mostrare la tazza del cesso, proprio quella che chiamiamo affettuosamente "tazza di Gianni", dal nome del nostro coprofago preferito! Ovviamente non ricordo un simile dettaglio: dovrà visionare di nuovo la pellicola per scovare l'impoirtantissimo dettaglio! 
 
La dimora dei Bates è stata in gran parte ispirata a un dipinto ad olio conservato al Museum of Modern Art di New York City. La tela si chiama "House by the Railroad" ed è stata dipinta nel 1925 dal geniale artista americano Edward Hopper (1882 - 1967). Il dipinto fu il primo acquisito dal Museum of Modern Art di New York, nel 1930. I dettagli architettonici, il punto di vista e il cielo austero sono quasi identici alla casa di questo film.

Il remake del 1998 

Psycho (1998) è stato diretto da Gus Green Van Sant Jr. ed è un remake shot-for-shot (identico o quasi all'originale ma con diversi interpreti) del film di Hitchcock del 1960. Marion Crane è stata interpretata dalla bionda Anne Heche, mentre Norman Bates è stato interpretato da Vincent Anthony Vaughn. Si segnalano poi Viggo Mortensen nella parte di Samuel Loomis, Julianne Moore nella parte di Lila Crane e William H. Macy nella parte del detective Milton Arbogast. Alcuni contenuti sono sessualmente sepliciti: Norman spia Marion che si masturba mentre si spoglia; Sam è a letto con Marion e si capisce che ha svuotato gli zebedei, eiettando almeno un litro di spermatozzi! Detto questo, non posso fare a meno di pormi una domanda. Che bisogno c'era di fare questo rifacimento? Non si potevano investire le risorse per qualcosa di più proficuo e innovativo? Dove arriveremo? Faranno un remake di Psycho di Gus Van Sant? E poi? Un remake del remake? Un remake del remake del remake? E cosi via ad infinitum?

sabato 18 dicembre 2021

 
GLI UCCELLI 
 
Titolo originale: The Birds
Paese di produzione: Stati Uniti d'America 
Lingua originale: Inglese
Anno: 1963
Durata: 120 min
Dati tecnici: Technicolor
Rapporto: 1,37:1 (negative ratio)
      1,85:1 (widescreen ratio)
Genere: Orrore, thriller
Sottogenere: Apocalittico
Regia: Alfred Hitchcock
Soggetto: Tratto dall'omonimo racconto di Daphne du Maurier
Sceneggiatura: Evan Hunter
Produttore: Alfred Hitchcock
Casa di produzione: Universal Studios
Fotografia: Robert Burks
Montaggio: George Tomasini
Effetti speciali: Larry Hampton, Ub Iwerks
Musiche: Matthew Ross
Effetti sonori: Oskar Sala
Scenografia: George Milo
Costumi: Edith Head
Interpreti e personaggi:
    Tippi Hedren: Melania Daniels
    Rod Taylor: Mitchell "Mitch" Brenner
    Jessica Tandy: Lydia Brenner
    Suzanne Pleshette: Maestra Annie Hayworth
    Veronica Cartwright: Cathy Brenner
    Ethel Griffies: Signora Bundy, ornitologa
    Malcolm Atterbury: Al Malone
    Charles McGraw: Sebastian Sholes, pescatore
    Ruth McDevitt: Signora MacGruder, commessa del negozio di
         uccelli
    Lonny Chapman: Deke Carter, il barista
    Darlene Conley: Cameriera
    Joe Mantell: Commesso viaggiatore cinico
    Doodles Weaver: Pescatore che aiuta con la barca a nolo
    John McGovern: Impiegato dell'ufficio postale
    Karl Swenson: Profeta di sventure ubriaco nella tavola calda
    Elizabeth Wilson: Helen Carter, la moglie di Deke
    William Quinn: Sam
    Doreen Lang: Madre isterica
    Alfred Hitchcock: "Cameo" (uomo che passeggia con due
       cani bianchi al guinzaglio)
Adattamento in italiano: 
   Il nome originale della protagonista, Melanie Daniels, è stato
   adattato come Melania Daniels.
Doppiatori italiani:
    Maria Pia Di Meo: Melania Daniels
    Giuseppe Rinaldi: Mitchell "Mitch" Brenner
    Rina Morelli: Lydia Brenner
    Rita Savagnone: Annie Hayworth
    Serena Verdirosi: Cathy Brenner
    Franca Dominici: Signora MacGruder
    Renato Turi: Commesso viaggiatore cinico
    Ferruccio Amendola: Impiegato dell'ufficio postale
    Wanda Tettoni: Signora Bundy, ornitologa
    Sergio Graziani: Deke Carter, il barista
    Flaminia Jandolo: Helen Carter, la moglie di Deke
    Micaela Giustiniani: Madre isterica
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Die Vögel
   Francese: Les Oiseaux
   Spagnolo: Los pájaros
   Finlandese: Linnut
   Ungherese: Madarak
   Turco: Kuşlar
Budget: 3 milioni di dollari US
Box office: 11,4 milioni di dollari US 
 
Trama: 
San Francisco, anni '60. In un negozio di animali, la socialite bionda Melania Daniels si imbatte nell'avvocato Mitch Brenner, un bellimbusto che vuole comprare una coppia di pappagallini per il compleanno della sua sorellina Cathy. In realtà l'uomo ha già visto Melania, che era comparsa in tribunale per uno scherzo finito male, ma finge di scambiarla per una commessa. Mette alla prova la sua conoscenza sugli uccelli, contando sul fatto che dovrebbe averne una notevole esperienza. Lei però non supera il test: a quanto pare non è un'ornitologa. L'uomo le rivela di averla già conosciuta e se ne va a mani vuote. Colpita dall'accaduto, Melania decide di comprare i pappagallini e di andare a Bodega Bay dopo aver appreso che Mitch intende trascorrervi il fine settimana, nella fattoria della sua famiglia. Giunta in loco, viene indirizzata a un'insegnante di Bodega, Annie Hayworth, da cui apprende il nome di Cathy per scrivere il biglietto. Annie è l'ex amante di Mitch: la loro relazione è finita in merda a causa della prepotente madre di lui, Lydia, che è una vecchia megera arcigna, autoritaria, iperprotettiva, possessiva, insopportabile e gelosa, piena di vivo odio verso qualsiasi possibile futura nuora. Melania noleggia una barca e attraversa la baia per lasciare i pappagallini alla fattoria dei Brenner senza dare nell'occhio. Mitch la vede mentre si allontana e si dirige verso il molo per incontrarla. Quando la donna si prepara ad attraccare, un gabbiano la attacca, beccandola sul capo. Mitch la porta in una tavola calda, si prende cura della sua ferita alla testa e la invita a cena. Lydia arriva e incontra i due; è angosciata dal fatto che alla fattoria le galline si rifiutano di mangiare. Alla vecchiarda non piace Melania e adduce come scusa l'esuberante reputazione della socialite, resa pubblica dalle colonne dei quotidiani di gossip; in realtà l'astio è dovuto alla propria infame natura di strega maledetta. Nel corso della serata, Mitch invita Melania alla festa di compleanno di Cathy, che si terrà all'aperto il giorno successivo. A un certo punto si sente un inquietante tonfo davanti alla porta di Annie. Sulla soglia viene trovata la carcassa di un gabbiano. Alla festa, Melania racconta a Mitch del suo passato travagliato e di sua madre, che l'ha abbandonata quando aveva l'età di Cathy per scappare col ganzo. Mentre stanno giocando, i bambini vengono aggrediti dai gabbiani furiosi. La sera stessa, mentre Melania sta cenando con i Brenner, accade un portento funesto: i passeri sciàmano per la casa attraverso il camino, spargendo il terrore. Mitch insiste perché la donna resti per la notte. La mattina dopo, Lydia fa visita al suo vicino per discutere delle cause della prodigiosa inappetenza delle galline, ma la casa sembra deserta e la camera da letto ha le finestre rotte. Presto la carampana trova il cadavere dell'uomo, a cui gli uccelli hanno cavato gli occhi becchandoli, così fugge in preda al panico. Di fronte a simili orrori, Melania si offre di andare a prendere a Cathy a scuola. Mentre la bionda aspetta fuori dall'edificio scolastico, vede uno stormo di corvi che invade la palestra dietro di lei; presentendo un attacco, avverte Annie. Gli alunni sono evacuati dalla struttura, ma non è possibile evitare l'assalto dei corvi. Mitch ritrova Melania alla tavola calda. La signora Bundy, una matura ornitologa, è incapace di dare una spiegazione scientifica di ciò che sta accadendo. Quando i gabbiani inferociti si gettano sul benzinaio, Mitch e altri uomini lo aiutano; un passante ignaro getta un fiammifero sulla benzina versata e provoca un'esplosione. Divampa un incendio. Melania e gli altri corrono fuori, ma vengono aggrediti da uno stormo di gabbiani. La socialite si rifugia in una cabina telefonica, da cui viene estratta da Mitch, che la riporta alla tavola calda, dove un'isterica sconvolta dal fanatismo la incolpa del comportamento anomalo degli uccelli, sostenendo che gli attacchi sono iniziati con il suo arrivo (post hoc ergo propter hoc). Mitch e Melania vanno a casa di Annie a prendere Cathy. Trovano il cadavere dell'insegnante: i corvi l'hanno uccisa mentre cercava di proteggere Cathy. Portano a casa la bambina superstite, tremebonda e traumatizzata. Quella notte, Melania e i Brenner si barricano nella casa di famiglia, che viene attaccata da uccelli tanto furiosi da sfondare quasi le porte e le finestre sbarrate. Durante una pausa, Melania indaga sul suono di uno strano svolazzamento che sembra provenire dalla camera da letto in mansarda. Scopre che gli uccelli sono riusciti ad entrati dal tetto. Viene attaccata e intrappolata finché Mitch non accorre tirandola fuori. L'uomo decide di condurre tutti a San Francisco per assicurare le cure ospedaliere a Melania, ridotta in gravi condizioni e in preda alla catatonia. Mentre prepara l'auto e la sposta fuori in silenzio, un'immensa massa di uccelli si accalcata intorno alla dimora dei Brenner. L'autoradio annuncia estesi attacchi di uccelli su Santa Rosa e altre comunità della zona, parlandando del possibile intervento dei militari. Cathy recupera i suoi pappagallini - i soli uccelli a non aver mai mostrato segni di aggressività -  quindi si unisce a Mitch e Lydia mentre guidano Melania dentro l'auto, oltre l'incombente marea di pennuti. Il veicolo si allontana lentamente mentre gli ostili volatili osservano.  
 
Citazioni: 
 
"Guardate gli uccelli dell'aria! Loro non seminano, né raccolgono, ma il vostro Padre Celeste li nutrica!" 
(Il profeta ubriacone)
 
 
Recensione: 
Una cosa possiamo affermare con certezza: Gli uccelli è innanzitutto una potentissima visione onirica, ineguagliata nell'intera storia della Settima Arte. Quando una persona è imprigionata in uno spaventoso incubo, non si domanda quale ne sia l'origine. Vive ogni istante nel terrore assoluto! In ciò sta la potenza della visione che ci ha donato questo capolavoro! Questa pellicola del Maestro Hitchcock è un residuo di un'epoca d'oro in cui le idee più sublimi pullulavano, si formavano come per incanto e si incarnavano in opere compiute, in modo prodigioso! Anche le cose più quotidiane potevano diventare ideogammi alieni in grado di trascrivere e di eternare la lingua dell'Orrore Assoluto. Un semplice passeraceo è una creatura innocua ed armoniosa; tuttavia, se si prendono cento o mille passeracei e li si fa agire in modo non consono alla loro natura, il loro stesso movimento trasmetterà la più spaventosa inquietudine ontologica, più della comparsa di un dragone sulfureo scaturito dalle viscere della Terra. Era un incommensurabile universo di idee, generate e diffuse da una fonte che sembrava inesauribile. Oggi invece le idee non ci sono più, le sorgenti della creatività si sono inaridite senza speranza, mentre abbondano i pavoni che si vantano delle proprie futili opere, essendo in realtà soltanto ricicciatori della stessa eterna merda! Non soltanto non nasce più un nuovo genio paragonabile a Hitchcock, ma se uno si azzarda a scrivere da qualche parte un pensiero un po' strano, glielo rubano anche, magari soltanto per averne un profitto di pochi spiccioli, come iene che strapperebbero il bolo dalla bocca di un senzatetto agonizzante, che venderebbero ai necrofili il cadavere della loro madre.  
 
 
Il racconto di Lady Browning
e la genesi del film
 
 
Gli uccelli (The Birds) è un racconto horror della scrittrice gotica britannica Daphne du Maurier, Lady Browning (Londra, 1907 - Par, 1989), pubblicato per la prima volta nel 1952, nella sua collezione di storie brevi The Apple Tree. Senza dubbio è una delle autrici inglesi più popolari e lette nel mondo. Riporto in questa due estratti di The Birds:
 
"Dal Ministero degli Interni, ore undici. Da tutto il paese giungono continue notizie sull'enorme quantità di uccelli che si affollano sulle città, sui villaggi e sulle zone più lontane, provocando intasamenti e danni e in certi casi attaccando le persone. Si pensa che il flusso d'aria proveniente dall'Artide, che al momento investe le isole britanniche, spinga gli uccelli ad emigrare verso sud in immensi stormi e che la fame li porti ad attaccare gli esseri umani. Si raccomanda alle famiglie di chiudere finestre, porte e camini e di prendere le necessarie precauzioni per garantire la sicurezza dei bambini." 
(Sellerio editore Palermo, 1977. Traduzione di Marina Vaggi)
 
"Qui Londra. Lo stato di emergenza è stato proclamato alle quattro del pomeriggio in tutto il paese... È assolutamente indispensabile che tutti rimangano in casa, stanotte, e che nessuno esca in strada o rimanga in luoghi aperti. Gli uccelli, a gruppi molto numerosi, attaccano chiunque sia in vista e hanno già iniziato l'assalto agli edifici..."
(Sellerio editore Palermo, 1977. Traduzione di Marina Vaggi)
 
Hitchcock ha mantenuto del racconto soltanto l'idea fondante, quella degli uccelli che si rivoltano contro gli esseri umani. I personaggi sono stati creati ex novo. Il protagonista dell'opera della nobildonna inglese è Nat Hocken, un bracciante che vive sulla costa della Cornovaglia. Il finale è molto più pessimistico di quello del film: resosi conto di essere l'unico superstite, il protagonista barricato e assediato da orde di volatili attende rassegnato che riescano ad abbattere la porta e a penetrare in casa; fuma la sua ultima sigaretta e getta il pacchetto vuoto nel fuoco del camino, guardandolo mentre si consuma. L'autrice aveva tratto la sua ispirazione osservando un contadino attaccato da uno stormo di gabbiani. A quanto pare, il geniale cineasta ha pensato proprio a The Birds mentre stava leggendo The Sentinel, un quotidiano di Santa Cruz, in California, ed è venuto così a conoscenza di un'invasione di uccelli nella città costiera di Capitola, avvenuta il 18 agosto 1961 e descritta come più ampia e devastante di quella dell'anno precedente. Ecco un estratto dell'articolo del cronista:

"Capitola residents awoke to a scene that seemed straight out of a horror movie. Hordes of seabirds were dive-bombing their homes, crashing into cars and spewing half-digested anchovies onto lawns". 

Traduzione: 
 
"Gli abitanti di Capitola si sono svegliati con una scena che sembrava uscita da un film dell'orrore. Orde di uccelli marini bombardavano in picchiata le loro case, si schiantavano contro le auto e vomitavano sui prati acciughe semidigerite." 
 
Il Maestro del Brivido aveva conosciuto il racconto della nobildonna inglese molti anni prima dei fatti di Capitola mentre soggiornava a San Moritz. Si può dire che un'idea sia germogliata lentamente in lui fino a produrre i suoi pieni frutti molto tempo dopo. La sceneggiatura è stata scritta dal geniale Evan Hunter.  
 
 
Il cast e la produzione 
 
I costi erano già altissimi per via dei numerosi effetti speciali necessari, che erano molto complessi per l'epoca. Per questo motivo, Hitchcock decise di non ricorrere ad attori famosi. Non dovevano essere sprecate inutilmente preziose risorse. All'inizio aveva pensato di far interpretare Mitch Brenner da Cary Grant, ma presto accantonò l'idea, dando la parte a Rod Taylor, che già faceva l'attore pur non avendo ancora ottenuto ruoli di rilievo. Al posto di Anne Bancroft, proposta dallo sceneggiatore, fu scelta Suzanne Pleshette, che si era fatta notare in alcuni programmi televisivi. Per la parte della protagonista fu scritturata Nathalie Kay "Tippi" Hedren, nota come modella e con solo qualche comparsa pubblicitaria, priva di esperienza cinematografica. Fu il regista a formarla, rendendola un'autentica attrice, tanto che la volle anche come protagonista del suo successivo film, Marnie (1964): la bionda Hedren seppe interpretare magistralmente la parte della moglie sessuofoba, che provava sommo orrore anche solo all'idea di un minimo contatto con il corpo di un uomo. Da parte di padre è di origini svedesi, da parte di madre è di origini tedesche e norvegesi. È la madre di Melanie Griffith e la nonna di Dakota Johnson, entrambe attrici. Hitchcock, che a quanto pare aveva un enorme Schwanzstücker, era ossessionato dalla Hedren: la divorava con gli occhi durante tutte le riprese, era gelosissimo e in un'occasione arrivò anche a farle delle esplicite avance, prontamente respinte. Dato che lei si era rifiutata di accogliere lo Schwanzstücker, l'eccentrico regista si vendicò rendendole la vita difficile sul set, arrivando al punto di mettere a rischio la sua incolumità fisica e mentale. Quando la figlia della Hedren, Melanie, compì 6 anni, Hitchcock le regalò un'effigie in cera della madre morta e composta in una bara. Davvero un atto di crudeltà mentale degno del Marchese de Sade.
 
 
Un finale (forse) mai realizzato

Furono presi in considerazione diversi finali. In uno di questi, particolarmente annichilente, l'auto guidata da Mitch Brenner sarebbe arrivata fino a San Francisco, trovando il Golden Gate Bridge interamente coperto da uccelli! Il regista e storico del cinema Peter Bogdanovich, che conosceva bene Hitchcock e vide Gli uccelli nella sua versione cinematografica originale del 1963, sostiene che una simile scena non sia mai stata girata. Sempre secondo Bogdanovich, a un certo punto il regista stava pianificando questa scena finale col Golden Gate Bridge infestato dagli uccelli, ma l'ha accantonata perché si è rivelata troppo costosa. Nonostante il parere dello stesso Bogdanovich, esiste una persistente leggenda metropolitana secondo cui alcune sequenze di questo finale alternativo sarebbero state realmente predisposte e girate. Secondo un'interpretazione, l'effetto sullo spettatore sarebbe stato troppo traumatizzante, perché avrebbe suggerito l'idea di un totale annientamento del genere umano ad opera degli uccelli. Così il regista optò per un finale aperto. Nella versione originale non compariva nemmeno la scritta "The End", che fu imposta dai produttori ed è visibile nella versione finale. 
 
L'incomprensibile causa dell'invasione
(la tormentata sequenza del Tides Café)

 
Nel corso del film si assiste a un complesso dialogo tra gli avventori della tavola calda, tutti incapaci di dare una spiegazione al comportamento degli aggressori volanti, piuttosto incomprensibile sia alla luce della Scienza che nell'economia cristiana della Salvezza.
 
1) L'anziana ornitologa espone (in modo grottesco e parodistico) le proprie convinzioni scientifiche, ritenendo che non sia possibile una rivolta di tutti gli uccelli contro il genere umano. Snocciola qualche numero, dicendo che esistono 8.650 specie diverse di volatili in tutto il mondo (stima abbastanza corretta, dovrebbero essere tra le 9.000 e le 10.500); quindi non è possibile che tutte agiscano di comune accordo. All'inizio la studiosa insiste col suo scetticismo pierangelista, arrivando al punto di negare l'evidenza, ritenendo che i volatili agiscano spinti dalla pura e semplice ricerca di cibo. Poi, man mano che le testimonianze si accumulano, si chiude in uno stupore inquieto, quasi solipsistico. 
2) Il predicatore alcolizzato cita passi di Ezechiele e attribuisce la catastrofica invasione all'ira di Dio, che intende punire il genere umano per i suoi peccati. La tesi fondante del fanatico è questa: uomini e donne fanno sesso sfrenato e anale, così Dio, sentendosi offeso, scatena Armageddon. Non avrebbe fatto prima a creare gli umani privi dell'ano e a farli defecare dalla bocca? Oppure a renderli focomelici come il Tyrannosaurus rex, per impedire che si masturbassero?
3) Un marinaio, più sobrio, evita sproloqui biblici, limitandosi a constatare che il suo peschereccio è stato realmente assaltato dai gabbiani. Ritiene condivisibile l'angoscia della bionda Melania e non è interessato a dare una spiegazione del fenomeno portentoso - razionale o irrazionale che sia. 
4) Un commesso viaggiatore enuncia il suo odio mortale nei confronti di tutti gli uccelli e sostiene con fermezza la necessità del loro completo sterminio. Genocidio aviario! Un olocausto assoluto, evocato con furia viscerale, in cui ogni singolo essere umano dovrebbe trasformarsi in un pistolero e sparare a ogni creatura dotata di piume. Secondo il motto "l'unico uccello buono è un uccello morto", il cinico avventore prefigura immense catene montuose interamente composte di carcasse piumate!
5) Una puritana isterica inveisce contro la povera Melania, apostrofandola come "strega" e "malvagia": la identificava con una delle Streghe di Salem, sopravvissuta ai secoli e giunta fino a Bodega per portare disgrazia! Quando la bionda reagisce ai sanguinosi insulti e assesta un ceffone alla convulsionaria, dà quasi l'impressione di essere stata toccata nel vivo, come se la sua natura più intima fosse davvero stregonica. 
 
 
Tentativi di spiegazione  

Già ci furono tentativi da parte della critica di dare spiegazioni "razionaliste" al racconto gotico di Lady Browning. Alcuni sproloquiano sull'ansietà che durante la Seconda Guerra mondiale pervadeva i cittadini britannici, terrorizzati dall'intrusione di aggressori nei propri spazi privati e dall'incapacità delle autorità governative di fornire adeguata protezione. Allo stesso modo, il film di Hitchcock fu sottoposto a un incredibile numero di analisi minuziosissime quanto vane, per cercare di farlo quadrare in schemi preconcetti più o meno ideologici. Oltre all'idea della collera di Dio tipica degli infiniti predicatori invasati d'America, già esposta e messa come dovuto in ridicolo, ne esistono altre, e alcune sono addirittura più stupide.

1) Cosmologia New Age. L'Uomo, alterando l'ordine del Cosmo e l'equilibrio degli Elementi della Natura, avrebbe provocato la furiosa ritorsione degli uccelli.
2) Ecologia profonda. L'Uomo, sfruttando e perseguitando gli uccelli per secoli o millenni, sarebbe diventato il bersaglio della loro consapevole volontà di vendetta. 
3) Politica e Storia. Il film sarebbe un geroglifico della Seconda Guerra mondiale e della successiva Guerra Fredda. L'invasione degli uccelli rappresenterebbe il terrore di un conflitto termonucleare, sentito incombente all'epoca in cui uscì questo capolavoro di Hitchcock. Secondo alcuni ricorderebbe inoltre la tremenda situazione di insicurezza a cui furono esposte le popolazioni bombardate - anche se va fatto notare che questa sorte non toccò agli Americani, fu invece da loro inflitta alla Germania, al Giappone e all'Italia (qualcuno ancora ricorda la distruzione di Dresda e i bombardamenti incendiari su Tokyo). 
4) Psicologia e tirannia famigliare. Secondo questa tesi, più scema di un mulo scorreggiante, gli uccelli aggressivi sarebbero un semplice riflesso delle tensioni che animavano i protagonisti della pellicola. In altre parole, se i corvi e i gabbiani dilaniano una vittima, qualcuno crede che la causa sia una suocera che polverizza i coglioni con il martello pneumatico! Ma va' a caghèr!
5) La psicanalisi cazzuta. Lo psicanalista e filosofo marxista sloveno Slavoj Žižek, quello che si faceva fotografare sulla tazza di Gianni mentre smerdava, ha escogitato una tesi strampalata quanto grottesca. Secondo lui, gli uccelli sarebbero il geroglifico dell'esplosione delle "forze intrapsichiche" e dei "desideri repressi". I desideri non vengono davvero repressi, semmai sono irrealizzabili per mancanza di opportunità - e non generano uccelli! 
 
Il trailer del film fornisce un indizio interessante: presenta un Hitchcock tipicamente impassibile che parla di sua prossima "lezione" sugli uccelli e sul loro rapporto con l'umanità. Poi prosegue fornendo numerosi esempi di maltrattamenti da parte dell'umanità nei confronti dei volatili, accennando all'abuso dei polli nelle fattorie e alla caccia alle anatre. L'implicazione è che gli uccelli attacchino a causa dell'indifferenza e della crudeltà dell'umanità nei confronti della Natura. Quindi, nell'intenzione del regista, la spiegazione sarebbe quella dell'ecologia profonda. 

Alcune opinioni della critica 

"Unico film fantastico nella carriera di Hitchcock, comincia in cadenze di commedia mondana e termina nei toni di un'allegoria apocalittica, basata sulle 3 unità della tragedia classica (luogo, tempo, azione). Inquietante, non soltanto impressionante."
(Il Morandini) 
 
"Gli uccelli può venire meglio apprezzato non come una narrazione lineare, ma più come un poema lirico tragico i cui episodi sono come stanze che rafforzano un singolo tema a livello emotivo."
(Federico Fellini) 
 
"Il film è chiaramente una costruzione intellettuale, una fantasia."
(François Roland Truffaut)

"Sono dell'idea che gli uccelli siano matti e lo desumo dallo sguardo. Hitchcock, nel portare sugli schermi il film Gli uccelli, aveva assolutamente ragione nel ritrarli come simbolo di paura folle."
(Maurizio Costanzo) 

"La magnifica atmosfera impressionista della scena finale cos'altro è se non l'incubo del Giudizio Universale tradotto in luce?"
(Natalino Bruzzone, Valerio Caprara)

Un cattolico decisamente inusuale 
 
Si ravvisano singolari contraddizioni nella condotta morale del Maestro del Brivido, che aderiva notoriamente alla Chiesa Romana. Da un lato ha sempre sostenuto l'importanza della castità prematrimoniale, poi però voleva che la Hedren gli ciucciasse il gigantesco sigaro. Evidentemente non agiva in lui alcuna consapevolezza della dissonanza cognitiva, fenomeno molto diffuso nella specie Homo sapiens. Chiaramente il clero papista, volendo tirar l'acqua al suo mulino, ha fabbricato narrazioni per dimostrare la perfetta aderenza del cineasta alla dottrina cattolica. Ad esempio, sul Wall Street Journal sono state pubblicate le parole del gesuita Mark Henninger: "Hitchcock era stato lontano dalla Chiesa per qualche tempo e rispondeva alla messa in latino, come si usava tempo fa. Ma lo spettacolo più notevole è stato quando, dopo aver ricevuto la comunione, ha pianto in silenzio, le lacrime gli scendevano sulle enormi guance."
Francamente, di tutto ciò m'importa ben poco. Ci fossero più cattolici della pasta di Alfred Hitchcock! Sarebbe un progresso notevole per il mondo intero. 
 
 
Curiosità  

L'ambientazione principale del film è Bodega Bay. È un villaggio del mondo reale, situato nella Contea di Sonoma, in California, che prende il nome dalla vicina insenatura rocciosa e poco profonda di Bodega Bay. L'insenatura si trova a circa 40 miglia (60 chilometri) a nord-ovest di San Francisco e 20 miglia (32 chilometri) a ovest di Santa Rosa. 

Nel film, l'ornitologa Bundy considera la parola "corvo" (in inglese crow) come un sinonimo del nome scientifico degli uccelli della specie Corvus brachyrhynchos. In realtà il termine "corvo" può essere utilizzato per tutte le specie appartenenti al genere Corvus. In particolare, Corvus brachyrhynchos (che significa "corvo dal becco corto") è la denominazione dell'uccello più noto come "corvo americano" (in inglese American crow). È una specie il cui habitat copre gran parte degli Stati Uniti, Canada, Messico settentrionale e varie isole dei Caraibi. 

Nel film, l'ornitologa Bundy considera la parola "merlo" (inglese blackbird) come un sinonimo del nome scientifico degli uccelli della specie Euphagus cyanocephalus. Questa denominazione designa il cosiddetto "merlo di Brewer", un merlo di medie dimensioni che alligna nel Nuovo Mondo. È originario degli Stati Uniti occidentali, ma durante l'inverno migra negli Stati Uniti sudorientali e in Messico. È una specie protetta negli Stati Uniti, secondo i termini del Migratory Bird Treaty Act del 1918.
 
Nella trasmissione The Dick Cavett Show (1968), il regista dichiarò che per realizzare la pellicola erano stati ammaestrati ben 3.200 uccelli. Ray Berwick si occupò di addomesticarli, addestrando gabbiani, corvi e cornacchie a colpire, a ritornare ai loro posti, per poi piombare di nuovo sulle loro vittime. I corvi erano i più intelligenti, mentre i gabbiani erano i più perversi. Si consideri che i corvi si sono dimostrati capaci di contare fino a 4, forse addirittura fino a 5, usando suoni codificati - mentre esistono popoli nelle cui lingue non esistono numerali (ad esempio quelle del gruppo Grande Andamanese). I gabbiani sono violenti e hanno inclinazioni da libertini sadiani: rapiscono e dilaniano i pulcini delle galline, per il solo gusto di infliggere dolore e morte. 
 
Un corvo di nome Archine sembrava davvero non amare Taylor, l'attore che interpretava Mitch Brenner. Il volatile ha fatto di tutto per attaccare l'uomo, anche quando le telecamere non stavano riprendendo. "Ogni mattina, se fossimo stati insieme sul set, sarebbe venuto e mi avrebbe morso", ha rivelato Taylor, "lo odiavo e lui odiava me". Non sarebbe una novità. Si dice che un sovrano della Lituania pagana, Gediminas, avesse addestratto un corvo a beccare il cranio dei cortigiani qualora vi scorgesse capelli bianchi. L'uccello, che pensava di predare vermi, andava avanti ad infierire fino a coprire di piaghe il cuoio capelluto dei malcapitati!

Le inquadrature previste erano ben 3.000, circa il doppio di quelle di un film normale, addirittura quasi il triplo di quante ne usasse Hitchcock di solito. Di queste, soltanto 400 circa contenevano trucchi e fotomontaggi. Si utilizzarono anche uccelli meccanici, costruiti apposta per le scene in cui recitavano i bambini, per ridurre la possibilità di incidenti e di lesioni. Furono utilizzate tecniche di animazione, anche se in misura molto limitata. All'inizio c'era l'idea di utilizzare soltanto uccelli meccanici e animazioni, presto però si scoprì che le riprese così ottenute erano smerdanti. Urgeva una soluzione, quindi furono acquistati, spesso in modo rocambolesco, numerosissimi esemplari vivi. 

L'uso delle tecniche standard del bluescreen per realizzare riprese degli uccelli si è rivelato inaccettabile. Il rapido movimento delle ali dei volatili ha causato un'eccessiva frangiatura blu nelle riprese. È stato deciso che il processo al vapore di sodio avrebbe potuto essere utilizzato per realizzare i compositi. L'unico studio in America attrezzato per questo processo era quello della Walt Disney. A questa produzione fu assegnato Ub Iwerks, divenuto il massimo esperto mondiale del processo al vapore di sodio.

La American Humane Society, associazione per la protezione degli animali, era presente sul set nella persona di Paul Ridge, per assicurarsi che non venisse fatto del male agli uccelli, che fossero alimentati in modo corretto e che non si abusasse del loro lavoro. In particolare, le creature non dovevano essere sottoposte a eccessivo stress. Nonostante ciò, è riportato che i gabbiani erano nutriti con una mistura di frumento e di whiskey, che infondeva loro particolare energia, non facendoli stancare mai. In altri casi, furono invece somministrati tranquillanti e fu chiuso il becco con nastro adesivo per impedire che gli attori subissero lesioni. Per dirigere il loro volo verso le macchine da presa, all'obbiettivo venivano legati pezzi di carne.  
 
La scuola di Bodega, la Potter Schoolhouse, fu attiva dal 1873 al 1961 ed era nota per essere infestata da fantasmi già quando si svolsero le riprese. Secondo la Hedren, l'intero cast era spaventato da quel luogo spettrale. A quanto ha riportato in seguito, l'attrice aveva la sensazione che l'edificio fosse immensamente popolato, anche se non c'era nessuno. Tra i Vichinghi si sarebbe detto era dotata di una seconda vista e che era in grado di vedere le "cose". Quando venne detto a Hitchcock che l'edificio era infestato, si ringalluzzì e fu ancora più incoraggiato a filmare proprio lì. Attualmente l'ex scuola è una residenza privata.  

Il cast mostra alcune coincidenze astrologiche aberranti. Tippi Hedren è nata il 19 gennaio e Suzanne Pleshette è morta il 19 gennaio. Il padre di Suzanne, Gene Pleshette, è nato il 7 gennaio e Rod Taylor è morto il 7 gennaio. Gene è morto l'11 settembre e Jessica Tandy è morta l'11 settembre. 

Nel film, Mitch Brenner usa la frase latina "caveat emptor", la cui traduzione è "che l'acquirente stia attento". Si tratta di una frase legale altamente tecnica. Significa che l'acquirente non può recuperare i danni dal venditore, in seguito alla vendita di beni difettosi. Esistono eccezioni a questa regola se la vendita comporta una frode intenzionale o se la legge riconosce una "garanzia implicita" relativa alla vendita di determinati beni. 
 
Una colonna sonora unica

La colonna sonora è originalissima: non è composta da musica, bensì dagli inquietanti versi degli uccelli. Questo ha contribuito ad instillare nello spettatore un terrore subliminale. Remi Gassmann e Oskar Sala, esperti in musica elettro-acustica, ebbero il compito di creare artificialmente i rumori degli uccelli utilizzando nastri magnetici accelerati in lettura e con uno strumento elettronico chiamato Trautonium (l'etimologia è dal nome del suo inventore, Friedrich Trautwein, realizzatore del prototipo nel 1929). A Oskar Sala si deve il merito di aver perfezionato lo strumento, creando un ibrido tra organo e sintetizzatore musicale. Secondo Norman Lloyd, l'idea di non usare musica sarebbe stata di Bernard Herrmann.
Esistono soltanto due motivetti nell'intero film: 
1) Il Première Arabesque di Claude Debussy, accennato da Melania al pianoforte; 
2) Risseldy Rosseldy, una canzone infantile che è la versione americana dell'originale scozzese Wee Cooper O'Fife. Il testo, appartenente alla tradizione anglosassone del nonsense, è questo:
"I married my wife In the month of June, Risseldy, rosseldy, Mow, mow, mow, I carried her off In a silver spoon, Risseldy, Rosseldy, Hey bambassity, Nickety, nackety, Retrical quality, Willowby, wallowby, Mow, mow, mow."
Nella versione in italiano del film, le parole della canzoncina sono state lasciate in inglese. Sembra che il fastidioso motivetto abbia dato origine a Bidibi Bodibi Bu, di cui è attestata anche una versione blasfema.

Alcuni sequel e un possibile remake

Questo film ha avuto due sequel:
1) Uccelli 2 - La paura (El ataque de los pájaros), diretto da René Cardona Jr. (1987), apocrifo;
2) Gli uccelli II (The Birds II: Land's End), diretto da Rick Rosenthal (1994), ufficiale. 
In sintesi, entrambe le pellicole ebbero meno successo del crepitio ventrale di una bertuccia. L'unica presenza comune al cast originale è Tippi Hedren nel film di Rick Rosenthal, sebbene in un ruolo diverso. 
Si deve poi menzionare una specie di remake, sommamante squallido: 
Birdemic (Birdemic: Shock and Terror), diretto dal regista vietnamita James Nguyen (2010). 
Chiaramente Birdemic è una sgraziata parola macedonia formata dalla fusione di bird(s) e di pandemic "pandemia". Anche in questo escremento di celluloide, che sarebbe stato meglio non fosse mai realizzato, troviamo Tippi Hedren. Evidentemente l'attrice non comprendeva che prestarsi a ruoli in simili produzioni era cosa dannosa, non utile ad alcuna causa, al punto che sarebbe stato più sensato se avesse realizzato un paio di video di gangbang.
 
Un remake rimasto fantomatico
 
Un remake in pre-produzione presso la Platinum Dunes doveva uscire il 3 luglio 2009 negli Stati Uniti, ma fu rinviato a tempo indeterminato a causa di numerosi problemi di produzione. Sempre ispirato al racconto di Daphne De Maurier, avrebbe dovuto essere diretto da Michael Bay, poi sostituito da Martin Campbell. Era stata confermata Naomi Watts per il ruolo di Melanie Daniels. Il rifacimento non si è fatto e possa Thor incenerire con la folgore chiunqua intenda riprendere il progetto!