sabato 4 gennaio 2014

LA CARTA DEI CAPELLI ROSSI


Questa è un'interessantissima mappa di diffusione del rutilismo, che mostra il numero di individui dai capelli rossi per mille. Purtroppo non è affatto aggiornata (si vede che mancano Trento e Trieste). Al momento non sono riuscito a trovare mappe più recenti. In ogni caso, essendo antecedente a grandi movimenti migratori, questa mappa ha un certo valore storico. Si può notare un'alta percentuale di fulvi nella Lunigiana, mentre per contro nella provincia di Genova, comprendente l'antico territorio dei Genuati, il carattere appare nettamente meno diffuso. Siccome gli antichi nativi dell'Apuania, i Liguri Sangauni, furono deportati in massa dai Romani, dobbiamo ritenere che la diffusione del rutilismo in Lunigiana si debba ai coloni stanziati in seguito in quelle regioni, con tutta probabilità di stirpe celtica.

venerdì 3 gennaio 2014

ALBOINO

Il sovrano longobardo Alboino, il cui nome ci è noto in forma latinizzata derivata dall'originale Albwin, è letteralmente l'Amico degli Elfi. Alb- è l'Elfo, cfr. Alp, mentre -win è una parola molto arcaica che significa 'amico'. Nell'ambito delle lingue germaniche, è presente solo in longobardo e nell'antico nordico (norreno) vinr 'amico'. La radice indoeuropea ultima è *wen-, che indicava l'amore, cosa che accomuna questo termine al latino Venus, venustus.

Il Re Alboino era un sovrano generoso. Seguace della religione pagana avita, non perseguitò mai nessuno per la sua fede, e la cattiva fama che i cattolici gli attribuirono è del tutto ingenerosa. Le gesta di Alboino erano note anche in Sassonia, e in inglese esiste tuttora il nome proprio maschile Alvin.

ATTILA

Cos'aveva in comune Attila con Stalin? Quasi nulla. Non parlavano la stessa lingua, non avevano gli stessi costumi, non appartenevano allo stesso tipo etnico. Anche i rispettivi caratteri erano molto diversi. Attila era un sovrano tollerante in campo di religione, a differenza di Stalin. Eppure una cosa in comune c'è. Stalin era soprannominato Piccolo Padre, e Piccolo Padre è il significato letterale del nome Attila. Quello che più stupisce è che Attila non è un nome unno, ma trae la sua origine dalla lingua dei Goti. La sua formazione è chiara. Deriva da atta 'padre' (Atta Unsar significa 'Padre Nostro' in gotico), con un suffisso diminutivo maschile -ila. Il Vescovo Wulfila che evangelizzò i Goti aveva ad esempio un nome che significa 'Piccolo Lupo' (wulfs 'lupo'). Probabile che il sovrano unno si sia dato questo nome perché il suo regno era un esempio di stato multiculturale ove si parlavano diversi idiomi. Il padre di Attila, Mundzuc (Munduch), aveva un nome tipicamente unno (altaico), e così pure i suoi molti figli: Dengizich, Ellac, Ernac. Dengizich significa 'Piccolo Mare' (-iq era un antico suffisso diminutivo turco); sia Ellac che Ernac sono formati da er, che in mongolo significa tuttora 'uomo'. Dengizich ha una radice che corrisponde al turco dengiz 'mare', che mostra che l'unnico condivideva con gli idiomi turchi un mutamento fonetico da -r- a -z-. Il parentado del Flagello di Dio riserva però altre sorprese. Suo fratello Bleda ha un nome la cui fonetica non è altaica, ma non riesco ad individuarne l'origine. Parimenti il nome di suo nonno Rua (Ruga, Roas, Ruhas) ha una caratteristica non altaica: inizia per r-; la variante Rugila sembrerebbe provare la sua origine germanica, anche se le fluttuazioni con cui ci è stato tramandato sembrano indicare il tentativo di razionalizzare qualcosa di incomprensibile.

mercoledì 1 gennaio 2014


James S. Eriksson
1308-1590 America Vichinga
1984 Edizioni Frassinelli

Sorprendentemente rade sono le notizie su questo libro che si riescono a reperire nei motori di ricerca. Ormai è praticamente introvabile. Doveva essere il primo volume di una collana ucronica denominata Il Naso di Cleopatra, ma a quanto ne so dopo la pubblicazione di un'altra opera il progetto si estinse. È una lettura scorrevole ed entusiasmante, di un'ottantina di pagine, che può essere completata anche in una giornata. Evidentemente il nome dell'autore è nascosto sotto uno pseudonimo: cercando notizie di un eventuale originale in inglese ho trovato un sito in cui si chiarisce l'origine italiana del lavoro in questione.

Riporto l'introduzione (impressa sulla parte interna della copertina) e la nota bibliografica:

Introduzione

Tra i passati possibili d'America si annovera la sua conquista e colonizzazione da parte dei vichinghi, che nella realtà misero effettivamente piede sull'estremo lembo nordorientale del continente attorno all'anno Mille, per poi abbandonarlo subito dopo. In questo libro i discendenti di Eirik il Rosso compiono imprese ben più clamorose: abbandonata la Groenlandia sotto la minaccia del gelo, della fame e degli eschimesi, si insediano stabilmente nell'isola oggi chiamata Manhattan, fondandovi una città che diventa la capitale di un vasto regno vichingo-pellerossa esteso fino ai Grandi Laghi. Le lunghe navi dalla prua a forma di drago scendono poi le interminabili acque dei grandi fiumi verso le praterie selvagge; ma raggiunto il Mississippi si imbattono in altri conquistatori, venuti stavolta dal Pacifico sotto la guida del più celebre viaggiatore medievale... Solo dopo alcuni secoli gli spagnoli da un lato e gli inglesi dall'altro si incaricheranno di rimettere le cose a posto, annientando le prime due precoci colonizzazioni dell'America e permettendo la nascita degli attuali Stati Uniti.

Nota bibliografica

Le uniche fonti sull'insediamento vichingo nel Nordamerica sono la Einarssaga e la Snorrissagakoenunga, miracolosamente scampate all'incendio di Manhattan e conservate al British Museum. Splendidamente miniate, furono scritte da anonimi cronisti nella seconda metà del XIV secolo.
Le relazioni inviate da Marco Polo al Gran Khan furono riscoperte negli archivi di Pechino nel 1887. Stese parte in mongolo e parte in cinese, furono tradotte e pubblicate in inglese nel 1901: Marco Polo's Reports on Yuan Tun Ta Kuo or California, and on American Wales, a cura della Hakluyt Society. I rapporti dei governatori di Sho Tun-ko sono integralmente disponibili in inglese, in un altro volume della stessa benemerita Hakluyt Society: Chinese Papers on California, 1919. Tuttora fondamentale sull'impresa di Alvarado il capolavoro storiografico di William H. Prescott, History of the Conquest of Nuevo Catay, 1858.
Il resoconto del viaggio di Verrazzano, scritto in italiano, fu pubblicato col titolo Relatione al Re Cristianissimo della discoperta del Reame di Rossimania da Giovanbattista Ramusio, nel terzo volume della sua raccolta Delle Navigationi et Viaggi, Venezia 1556.
Sir Walter Raleigh spiegò e giustificò il proprio operato in The Conquest of the Large, Rich and Beautiful Kingdom of Roximania, Londra 1593