lunedì 26 novembre 2018


LA BESTIA

Titolo originale: La Bête
Lingua originale: Francese, Inglese, Italiano
Paese di produzione: Francia
Anno: 1975
Durata: 104 minuti
Rapporto: 1,66 : 1
Genere: Erotico, drammatico
     Sottogenere: Zooerastia
Regia: Walerian Borowczyk
Soggetto: Walerian Borowczyk
Sceneggiatura: Walerian Borowczyk
Produttore: Anatole Dauman
Casa di produzione: Argos Films
Fotografia: Bernard Daillencourt,
     Marcel Grignon
Montaggio: Walerian Borowczyk,
     Henri Colpi
Musiche: Domenico Scarlatti
Scenografia: Jacques D'Ovidio
Costumi: Piet Bolscher
Trucco: Odette Berroyer
Interpreti e personaggi   
    Sirpa Lane: Romilda de l'Espérance
    Lisbeth Hummel: Lucy Broadhurst
    Elisabeth Kaza: Virginia Broadhurst
    Pierre Benedetti: Mathurin de l'Espérance
    Guy Tréjan: marchese Pierre de l'Espérance
    Roland Armontel: curato
    (Marcel) Dalio: duca Rammaendelo De Balo
    Robert Capia: Roberto Capia
    Pascale Rivault: Clarissa de l'Espérance
   
    Hassan Falle: servitore Ifany
   
    Marie Testanière: Marie
    Stéphane Testanière: Stéphane
    Jean Martinelli: cardinale Giuseppe de Balo
 
    Anna Baldaccini:
    Mathieu Rivollier:
    Thierry Bourdot:
    Julien Hanany:
Doppiatori italiani   
    Pierangelo Civera: Mathurin de l'Espérance
    Bruno Alessandro: marchese Pierre de l'Espérance
    Giuseppe Fortis: duca Rammaendelo De Balo

Trama: 

Mathurin de l'Espérance è un pagano. Non è mai stato battezzato. Com'è possibile una cosa simile in una famiglia cattolica, e per giunta in pieno XX secolo? Semplice. Non si è trovato nessun prete disposto ad impartire il sacramento all'uomo, non più giovane rampollo di una nobile stirpe francese, che per lenire i dolori dell'esistenza si dedica alla gestione di una stazione di monta di cavalli. Ombroso e taciturno, ha il fisico sgraziato, un braccio rigido sempre celato da un'ingessatura. Suo padre, il marchese Pierre de l'Espérance, si trova in una situazione economica non proprio rosea, così spera di far sposare il figlio con una ricca ereditera inglese, Lucy Broadhurst. Lo zio del marchese, il duca Rammaendelo De Balo, si oppone in modo reciso alle nozze, perché è consapevole di una terribile maledizione che grava sulla famiglia: Mathurin sarebbe destinato a morire nell'atto stesso di prendere moglie. Per neutralizzare questa terribile minaccia ai suo progetti, Pierre ricatta il congiunto, ricordandogli di essere a conoscenza dell'uxoricidio che ha commesso in passato. Così le nozze vengono organizzate. Il fratello del duca, il cardinale Giuseppe De Balo, viene contattato al telefono per celebrare le nozze. Pierre lo assicura che Mathurin è stato battezzato e che non ci sono impedimenti; in realtà, per timore che si scopra la verità sul catecumeno, amministra lui stesso il sacramento, promettendo al prete, in cambio del silenzio, la riparazione della sua chiesa e una nuova campana. Lucy Broadhurst, che ha avuto con Mathurin una corrispondenza epistolare, è ospite al castello nobiliare del suo futuro sposo. Durante il soggiorno, resta turbata da una funesta leggenda riguardante Romilda de l'Espérance, antenata di Mathurin, la quale avrebbe lottato contro una bestia mostruosa dal sembiante di lupo. Tutto precipita verso il catastrofico esito finale. Durante una colluttazione, il marchese Pierre sgozza con un rasoio il duca Rammaendelo. Lucy è rapita da un incubo spaventoso: si ritrova nei panni di Romilda e si allontana nel bosco per inseguire un agnellino che si è perduto. A questo punto si accorge di essere braccata dalla bestia, una specie di gigantesco lupo umanoide e bipede, che dilania l'agnellino ed esibisce un immenso fallo eretto da cui fuoriesce lo sperma. La donna, dapprima disgustata, si congiunge al mostro, stimolando i suoi genitali e facendoli traboccare di continuo. Il destino dell'amante ferino di Lucy-Romilda è ben misero: la morte lo coglie durante l'orgasmo. L'ereditiera si sveglia e scopre che Mathurin, che dormiva nella stanza accanto alla sua, è morto. Il suo terribile segreto viene svelato: il gesso posticcio che gli nascondeva il braccio viene tolto, rivelando un arto animalesco e peloso, dotato di artigli. Il defunto rampollo viene mostrato nei suoi caratteri teriomorfi. Cosa che sconvolge i presenti, il corpo è dotato di coda. Per questo nessun prete lo voleva battezzare. Romilda aveva ceduto alla bestia e ne era rimasta ingravidata, dando origine alla linea genetica estintasi con proprio con Mathurin. 
 

Recensione: 
Questo film di Borowczyk è caduto nelle maglie della censura ed è stato etichettato come pornografico. La domanda è legittima: è pornografia o non è pornografia? Come definire la pornografia? Ancora una volta cose che per me sono della massima chiarezza, sono invece estremamente confuse per le masse acefale. Perché un film sia da considerarsi pornografico deve a parer mio essere presente un elemento irrinunciabile: il fallo eretto da cui scaturisce lo sperma. Se questo manca, non si può definire un'opera pornografica, semmai semplicemente erotica. Siccome La Bestia mostra la creatura diabolica dotata di un priapo immane, dalla cui uretra esce abbondante liquido seminale a seguito di eccitazione e strusciamento, si deve classificare come pornografia a tutti gli effetti. Anche se ovviamente è un fallo finto. Cosa pensano invece le masse? Nella loro insipienza, sono convinte che la pornografia non debba avere una trama o un qualunque spessore intellettuale. È proprio l'assenza di un intreccio narrativo, è proprio la superficialità estrema dei personaggi, ridotti a mere estensioni degli organi sessuali, che comunemente definisce la pornografia. Come se la pornografia debba essere per forza di cose una manifestazione di odio commodiano verso l'intelletto, o addirittura una forma di gnosimachia. Della semplice comparsa del fallo eretto - mi si perdoni il francesismo - al volgo sembra non importare... un emerito cazzo. Eppure, in linea di massima, un fallo eretto può entrare a buon diritto anche in prodotto altamente sofisticato della creatività umana. Se vogliamo, nella storia della pornografia la pellicola di Walerian Borowczyk costituisce una fulgida eccezione, in quanto ricchissima di tematiche filosofiche, etiche e religiose. 
 

Pornografia equina 

Il film si apre con le sequenze mozzafiato dell'accoppiamento tra uno stallone e una giumenta. Vediamo il fallo smisurato, eretto e palpitante che si prepara alla difficile penetrazione della vulva fremente. Lo stallone deve infatti impegnarsi in una difficile operazione, mettendo le zampe anteriori sui fianchi della femmina e alzandozi fino a centrare il bersaglio. L'aria è carica di ormoni sessuali concentrati del maschio come della femmina: entrambi gli animali sono posseduti dalla bramosia, fin quasi a impazzire. Non è raro nella filmografia zooerotica assistere ad atti di bestialità tra donne e cavalli, in genere si tratta di pratiche fellatorie, ma non mancano penetrazioni, nonostante le ovvie difficoltà meccaniche. Quello che non capita di vedere sono i genitali femminili della specie equina. Borowczyk pone rimedio a questa mancanza, filmando la vulva della giumenta, che pulsa di desiderio e sembra un fiore carnivoro in procinto di catturare la preda. Si vede la sua struttura non dissimile dall'orifizio umano, ma di un rosso intenso all'interno. La maestria del regista è evidente da come riesce a catturare lo stato di tensione dello stallone nell'atto di penetrare, le froge dilatate che si aprono come voragini per poi richiudersi, senza sosta. Quando il membro durissimo eiacula nella vagina, la drammaticità dell'atto sembra interrompersi, i corpi cavernosi ritornano flaccidi e lo stallone si separa dalla giumenta. C'è però ancora qualcosa di degno di nota. Si vede lo sperma colare dal canale procreativo. A questo punto lo stallone avvicina il muso alla vulva e si mette a leccarla avidamente!
 

Il genoma della Bestia 

Che creatura è la Bestia che concupisce Romilda e che le dona tutto il suo sperma? Possiamo dire che è il Diavolo, o senza dubbio un demonio, uno tra i tantissimi spiriti immondi che affliggono da sempre il genere umano. Eppure ha un corpo fatto di carne, non se ne può liquidare l'esistenza come una semplice materializzazione ingannevole scaturita dall'inconscio della sua vittima. Infatti lo sperma del mostro è fecondo, segno che è compatibile con il genoma umano. Deve per necessità essere pieno zeppo di spermatozoi in grado di penetrare nell'ovulo, dando origine a processi meiotici. Nel Medioevo non si sapeva nulla della genetica e tutto era molto più facile. Al giorno d'oggi la stessa demonologia deve incastrarsi nel complesso edificio delle evidenze scientifiche che hanno permesso di comprendere i complessi meccanismi della procreazione. Vediamo che i caratteri di ben tre animali si combinano nella Bestia: quelli del lupo, quelli di una scimmia antropomorfa e quelli del cavallo, come è evidente dalla forma del pene. Non ci sono evidenze fossili di un simile essere nella storia evolutiva delle specie, così resta la domanda sulla sua origine ultima. Da qualsiasi antro dell'Inferno sia scaturita la Bestia, Mathurin porta in sé una parte del suo corredo genetico, quindi non è propriamente un essere umano. La cosa più inquietante è l'assenza di caratteri ferini visibili nel padre di Mathurin, il malvagio marchese Pierre de l'Espérance, che pure deve essere portatore dello stesso genoma. Il contrasto tra la natura fisica della mostruosità di Mathurin e la natura spirituale della mostruosità di Pierre è stridente. 
 

La Bestia e la teologia nicena

Le conseguenze teologiche della fecondazione di Romilda de l'Espérance da parte della Bestia sono vertiginose. Tutto ciò infatti non può essere spiegato nell'alveo della teologia cattolica e questa è la ragione ultima dello sconvolgimento, anzi, dell'annichilimento degli ecclesiastici di fronte a questo caso. I loro sguardi tradiscono i loro sentimenti. Ognuno di loro è trasformato in una statua di sale, come la moglie di Lot. Mathurin non ha trovato alcun prete disposto a battezzarlo per via dei suoi caratteri ferini, chiara prova di natura diabolica. Questo però avrebbe dovuto insinuare un sospetto gravissimo nell'intera Chiesa Romana: il demoniaco Mathurin è nato da un padre e da una madre. Quindi il padre del rampollo, il marchese Pierre, per necessità doveva essere seme del Diavolo allo stesso identico modo, pur non avendo una zampa anteriore simile a quella di un gorilla, pur non avendo la coda, pur avendo un pene perfettamente umano. Tutta la linea genetica dei De l'Espérance derivata dall'atto bestiale di Romilda ha le sue radici nell'Inferno, anche in assenza di segni visibili. Qualsiasi teologo sarebbe dunque costretto dalla forza dei fatti a dichiarare vano qualsiasi sacramento impartito a ciascun nobile che porta in sé l'eredità della copula ferina. Il marchese Pierre è pagano quanto Mathurin, a nulla ha potuto giovargli Cristo. Potessero cose simili accadere nella realtà, a quali terremoti assisteremmo! 
 

Origini leggendarie e criptozoologiche della Bestia 

Senza dubbio Borowczyk si ispirò alle leggendo popolari francesi, che spesso descrivono creature antropofaghe. Un esempio di questi mostri è la Bestia di Gévaudan, una specie di lupo gigantesco e dotato di caratteristiche fisiche aberranti, che tra il 1794 e il 1767 portò il terrore nella regione oggi chiamata Lozère uccidendo un centinaio di persone, in gran parte bambini. Nonostante siano stati impiegati contingenti militari per debellare la Bestia, la sua natura non è mai stata chiarita. I biologi hanno ipotizzato che gli attacchi siano stati condotti da più animali, che sarebbero stati lupi affetti da acromegalia, una malattia che provoca la crescita abnorme delle ossa. Questo spiegherebbe le peculiarità del criptide, dotato di testa sproporzionata, di zampe massicce e di fauci dalla potenza ben superiore a quella di un comune lupo. Evidentemente il regista polacco è rimasto profondamente suggestionato da questa leggenda, che pure deve avere un nòcciolo di verità, concependo la geniale idea di trasferire l'aggressività del mostro alla sfera sessuale, facendone così un innaturale stupratore. 
 

Ambivalenza

Se all'inizio Romilda è una preda della Bestia, presto subentra in lei l'eccitazione. Per sfuggire al suo persecutore, credendo che questi la voglia sbranare, la donna si regge a un grande ramo, penzolando nel vuoto. Ormai è quasi priva di vestiti, se ne è liberata per poter fuggire meglio nel bosco. In particolare, mostra alla luce del sole le gambe, la sua intimità e le natiche. La Bestia la afferra, ma non la fa a brandelli, si mette invece a leccarle la vulva. Mentre subisce queste attenzioni, la donna cerca di allontanare l'aggressore colpendone il fallo con i piedi e sortendo l'effetto contrario, eccitandolo. Qualcosa cambia in Romilda proprio in questo momento: i suoi piedi si mettono a masturbare la Bestia con i movimenti tipici di una amante consenziente, provocando l'eruzione di liquidi seminale, che finisce con l'impiastricciare le calze sporche di terriccio. Eco che si è compiuto il mutamento, ora è la vittima a provare un desidero incontenibile, concedendosi all'assalto del mostro. Finisce così con lo sdraiarsi offrendosi a novanta gradi all'aggressore, che le lecca l'orifizio anale e cerca di penetrare nella vagina. Il membro è troppo grande per trovare accoglienza, ma il materiale genetico continua a scaturire. A questo punto vediamo la donna diventare attiva, dando piacere al suo partner diabolico fino a consumarlo: si pone davanti a lui, esibendogli il seno. Si struscia il pene duro come il marmo tra le poppe, provocando altre eruzioni. Che non si tratti più della vittima di uno stupro lo vediamo dallo stato dei suoi capezzoli, turgidi come piccoli peni eccitati. Non correremo il rischio di vederla sbraitare nel movimento MeToo. A questo punto la Bestia muore, quale che sia la sua vera natura. Quel corpo abominevole, fosse anche stato animato dal Diavolo stesso, alla fine cade inerte. Viene inquadrata una chiocciola che striscia su una scarpa di Romilda, simbolo esoterico studiato apposta per scatenare inquietudine nello spettatore. 

sabato 24 novembre 2018



DELICATESSEN

Titolo originale: Delicatessen
Anno: 1991
Paese: Francia
Lingua originale: Francese
Regia: Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet
Genere: Commedia, grottesco
Sottogeneri: Black comedy, postapocalittico
Soggetto: Jean-Pierre Jeunet
Musiche: Carlos d'Alessio
Fotografia: Darius Khondji
Montaggio: Hervé Schneid
Scenografia: Jean-Philippe Carp
Attori e interpreti: 

     Dominique Pinon: Louison
     Marie-Laure Dougnac: Julie Clapet
     Jean-Claude Dreyfus: Clapet
     Karin Viard: Signorina Plusse
     Ticky Holgado: Marcel Tapioca
     Anne-Marie Pisani: Signora Tapioca
     Edith Ker: Nonna
     Rufus: Robert Kube
     Jacques Mathou: Roger
     Howard Vernon: Uomo delle rane
     Chick Ortega: Fattorino
     Silvie Laguna: Aurore Interligator
     Jean-François Perrier: Georges Interligator
     Dominique Zardi: Tassista
     Patrick Paroux: Puk
     Maurice Lamy: Pank
     Marc Caro: Fox
     Eric Averlant: Tourneur
     Clara: Mr. Livingston

Doppiatori italiani
    Sergio Di Giulio: Louison
    Cristiana Lionello: Julie Clapet
    Oreste Rizzini: Clapet
    Roberta Greganti: Signorina Plusse
    Claudio Capone: Georges Interligator
    Valerio Ruggeri: Tassista

In un fatiscente edificio, tra gli stravaganti condomini, ci sono i fratelli Robert e Roger Kube, dediti a fabbricare curiosi souvenir; l'isterica Aurore; la vogliosa Plusse; la famiglia Tapioca, i cui componenti (padre, madre, figli e nonna) sono sempre affamati; lo stralunato Potin, dedito all'allevamento di rane e lumache, la giovane violoncellista Julie con suo padre, il macellaio Clapet, un folle individuo intento ad accumulare mais e lenticchie avuti dai suoi clienti in cambio di carne umana. Vittima predestinata del macellaio è il candido Louison, un clown disoccupato che ha chiesto a questi vitto e alloggio in cambio di lavori di pulizia e manutenzione. Julie, innamoratasi di Louison, per salvarlo dal suo triste destino, trova aiuto in misteriosi trogloditi vegetariani, una genia di teppisti che vivono nel sottosuolo metropolitano, i quali sperano così di impossessarsi dei legumi del macellaio...

Premi: Delicatessen ha vinto il Premio César come miglior film, migliore sceneggiatura, miglior montaggio e migliore scenografia.


Recensione:

Il film è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 10 maggio 2010. Per la verità mi è sembrata una pellicola un po' squallidina, che ha deluso le mie aspettative. All'epoca mi sono astenuto dal far notare questo al carissimo Andrea, che è sempre stato animato dalle migliori intenzioni e che è una persona deliziosa come un panino alla nutella. Il lavoro di Caro e Jeunet mi è parso informe, appena sbozzato da un pastone di caos. Il tema del cannibalismo vi è appena accennato e viene affrontato con la tecnica del sottinteso, dell'off-camera, quasi del "si fa ma non si dice", anziché essere mostrato in tutta la sua raggelante natura. L'unica sequenza in cui si mostra la macellazione di un uomo si rivela una fantasia onirica carica di isterismo, prodotta dalla mente febbrile della figlia del macellaio antropofago. Per giunta, durante la proiezione tale breve scena di sgozzamento non ha neppure raggiunto i miei nervi ottici, dato che ero sprofondato in un sonno non REM. Va infatti detto che ho visto la maggior parte delle sequenze mentre mi trovavo in stato comatoso per le libagioni eccessive di whisky e per la stanchezza accumulata da mesi, cosa che ha contribuito a creare in me un senso di profonda irritazione, come quando in un sonno inquieto si è tormentati da sogni pesanti e sovrapposti, in apparenza del tutto privi di significato, in cui emergono come rigurgiti acidi vecchi ricordi immersi in un pastone di vomito. In seguito, quando ho rivisto il film nella calma della mia dimora immersa nel buio della notte, mi sono potuto fare un'idea più precisa della pellicola.

Ambientato in una città perennemente notturna, come tipico di certo cinema francese, Delicatessen può essere ascritto al genere post-apocalittico. Per la verità, nulla di sa e si può dire sulla natura della catastrofe che si è abbattuta sulla Francia - e forse sul mondo intero - salvo un dato di fatto: a causa di questo sconvolgimento si è avuta una penuria cronica di generi alimentari. Ormai non esiste più un potere centrale, non vi sono più banche e nessuna zecca di Stato che batta moneta. Al posto del denaro si usano così i cereali: l'economia è tornata al Neolitico.


Trogloditi e Troglodisti

Durante l'intero corso del film si parla dei Trogloditi, i dissidenti vegetariani che conducono le loro squallide esistenze nelle fogne. Si tratta di dementi che tesaurizzano cereali in un ambiente fetido e umido, mangiandoli quando sono ben ammuffiti, tutti impregnati dai tanfi cloacali. Si nota subito un errore marchiano commesso dai traduttori. Il termine Trogloditi non è esatto. Il francese infatti ha Troglodistes, non Troglodytes. Non conoscendo bene la lingua, anziché coniare il grottesco ma logico neologismo Troglodisti, chi di dovere ha pensato che Troglodistes e Troglodytes fossero semplicemente sinonimi. In realtà i Troglodisti sono i seguaci del Troglodismo, una dottrina derivata dall'Anarco-Primitivismo che ha alcuni seguaci anche in Facebook. Ritenere un troglodista un semplice troglodita è un abuso linguistico: il neologismo ha un valore simbolico del tutto assente nella parola da cui è stato tratto. Per far capire meglio la questione, farò un esempio tratto dalle ceneri della Blogosfera. Esisteva in Splinder un blogger il cui nick era Cattomoderasta, che egli spiegava come "cattolico moderato entusiasta", orrida parola macedonia. Alcuni troll giocavano sull'assonanza tra entusiasta e pederasta, facendone nascere flames infiniti. Ecco, tra un troglodita e un troglodista c'è più o meno lo stesso rapporto che c'è tra un moderato e un moderasta. Detto questo, l'idea di accumulare legumi e granaglie quando si può disporre di proteine nobili mi pare come minimo anticonservativa. 

 

Il guitto a tre gambe 

Vero protagonista del film è Louison, il guitto biondiccio. La cosa non deve sorprendere: la Francia ha un'immensa stima dei guitti, cui attribuisce addirittura poteri taumaturgici e salvifici. Un tempo Louison era un clown di successo, che lavorava in coppia con il Dottor Livingstone, un grosso scimpanzé. Poi era venuta la Grande Carestia e le tenebre erano calate sulla Francia. Un gruppo di facinorosi aveva teso un agguato allo scimmione, uccidendolo, macellandolo e trasformandolo in un succulento stufato. Il compagno di Louison era stato avidamente manducato e di lui in breve erano rimasti soltanto alcuni mucchietti di feci. A causa di ciò, il guitto traumatizzato si era dato alla fuga, temendo di finire anche lui cucinato come spezzatino. Giunto dal macellaio Clapet, il fuggitivo si dimostra subito un abile factotum, capace persino di sostituire le lampadine fulminate. Questo Clapet è un mostruoso energumeno, un individuo colossale, sadico e violento, che medita di uccidere Louison per venderne la carne ai condòmini. La figlia del beccaio antropofago, Julie, ha invece un carattere gentile e sensibile. Si innamora così di Louison. Proprio quando si reca nella camera di lui, vi trova una sorpresa annichilente. Il guitto ha indossato un bizzarro costume priapico, consistente in pantaloni con tre gambe, tutte complete di scarpe buffonesche: così conciato balla allegramente con la concubina di Clapet, la matrigna ninfomane di Julie. Questa donna è una milfona affetta da una cistite cronica che le provoca l'impellente necessità della pressione martellante di un poderoso fallo sulla vescica - per questo si fa trapanare per ore dal suo bestiale compagno. Julie, che avrebbe voluto fare la segaiola di Louison, si ritira piangendo nel proprio alloggio, il cuore infranto. 
 

Nemesi di un energumeno 

Il proprietario della macelleria cannibalica, il mostruoso Clapet, è gelosissimo perché Julie vorrebbe diventare la ragazza di Louison. Agisce nel suo animo fosco un tipico meccanismo freudiano. La povera Julie, in quanto femmina generata dal suo sperma, è da lui vista come una fica aperta nel suo grande ventre, come una cavità femminile preternaturale. Così chiunque concupisca quella vulva ventrale è come se attentasse alla virilità del suo portatore, come se volesse possederlo carnalmente. In realtà non si tratta di una perversione esclusiva di pochi mostri come Clapet: è proprio ciò che accade in ogni uomo che abbia una figlia! I padri vedono le figlie come parti cave del proprio corpo, per questo si sentono fottuti come qualcuno le penetra! Tale è la furia di Clapet per questa triste condizione, che alla fine si ritorce contro di lui uccidendolo. A portarlo alla morte è proprio il coltello scenico di Louison, di cui si è impadronito: lo lancia contro il comico, credendo la lama un volgare temperino. Il punto è che quell'arma, conosciuta come l'Australiano, è come un boomerang. Una volta scagliato, torna al mittente. Essendo questi un bruto ignorante, viene còlto di sorpresa dal coltello prodigioso, che gli si pianta proprio in mezzo alla fronte. 


Macellazione di una suocera 

Decisamente surreale è l'episodio in cui un'anziana residente del condominio viene destinata ad essere macellata, perché sua figlia e suo genero non possono più occcuparsi di lei. Così Clapet fa delle sue membra eduli un pacchetto di carne che consegna di persona ai parenti, proprio al banco della macelleria. Un ben triste destino per una suocera! Quasi una sottile e ironica vendetta contro un oggetto di odio universale. Gli esiti di questa trovata sono notevoli. Sembra valere una legge inderogabile: quando qualcuno viene macellato, una parte della carne appartiene ai suoi congiunti più stretti. Accade persino che un uomo, costretto all'amputazione di una gamba, si è ritrovato con un macabro fagotto di carne avvolto in carta da giornale. Che dire? Questa è l'essenza della black comedy francese. 


Epilogo 

Finito l'incubo della macelleria Delicatessen, centro di irradiazione del cannibalismo, il guitto e Julie escono alla luce del sole, che a quanto pare è spuntato per la prima volta dopo anni di opprimenti tenebre celesti. I due innamorati mostrano al mondo la loro gioia, lei suona un violoncello, lui maneggia uno strumento ben più inconsueto: una sega musicale. In pratica è una comune sega da falegname, che produce suoni striduli quando viene pizzicata con un archetto. Un finale denso di simbolismi erotici. Cos'è il violoncello se non una vulva? Cos'è la lunga sega flessibile se non un grosso fallo svettante? 

Effetto boomerang! 

Le parole si comportano spesso come l'Australiano, il coltello-boomerang di Louison: da una lingua passano ad un'altra, che le prende a prestito, le modifica, le adatta al proprio sistema fonetico, le digerisce, le assimila profondamente, ne rielabora la semantica, poi le rigurgita, così questi prodotti modificati, qualche volta quasi irriconoscibili, ritornano alla lingua di partenza. Con buona pace dei puristi, le lingue non hanno anticorpi lessicali, né sono soggette a devastanti reazioni autoimmuni: assorbono tutto come spugne, anche le proprie feci. In buona sostanza questo fato è capitato alla parola francese délicatesse "delicatezza", da délicat "delicato" (anche in senso gastronomico). È stata presa a prestito dal tedesco come Delikatesse, col regolare plurale Delikatessen. Dal tedesco la parola è giunta negli Stati Uniti d'America, dove è stata resa popolare dai negozianti ashkenaziti. Dall'inglese americano è stata quindi importata in molte altre lingue, tra le quali anche il francese. Il significato più comune è attualmente quello di "negozio dove sono vendute leccornie". 

mercoledì 21 novembre 2018


COME CE LA CAVAMMO QUANDO IL PASSATO SE NE ANDÒ 

Autore: Robert Silverberg
Anno: 1969
Titolo originale: How It Was When the Past Went Away
Aka: Quando il passato se ne andò
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo breve 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Innerspace SF, fantareligione, fantascienza
     apocalittica e post-apocalittica
1a edizione it: 1970
2a edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore
Edizioni italiane (antologie):
     1970: La fabbrica dei flagelli, Urania 551
     1984: Catastrofi!, Oscar 1767 
Traduttori:
     Beata della Frattina (1970),
     Giuseppe Lippi (1984)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!:
   Titolo originale: Catastrophes!
   Curatore: Isaac Asimov
   Sezione:
Catalogo Vegetti: 


Trama:

Un soggetto particolarmente interessante, Haldersen, è definito "psicotico" dalle autorità sanitarie. Preso da un'ispirazione divina, tenta un esperimento che ritengo meritorio e benefico in sommo grado. Egli trova il modo di rilasciare nell'acquedotto di San Francisco una droga che cancella la memoria. Coloro che si abbeverano con l'acqua del rubinetto, subiscono una rimozione di parti dei loro archivi mnemonici o vengono addirittura formattati completamente. Si segnala il caso di un nocivo guitto, che intratteneva il pubblico con esercizi di memoria e che, trovatosi privato delle sue facoltà, opta per un dignitoso suicidio. Innumerevoli sono gli effetti positivi di questa cancellazione della memoria tra le masse: in questo modo ogni ferita viene sanata, ogni cuore infranto rinasce e rifiorisce rigoglioso, ritorna l'ispirazione di chi ne era da tempo rimasto privo, tutti i debiti vengono cancellati, le fauci dell'usura vengono spezzate, decenni di bassezze politiche e di similare immondizia si avviano alla formattazione definitiva rilasciando al contempo una benefica folata di aria purissima, tutte le determinazioni delle logge massoniche si dissolvono e via discorrendo. Haldersen fonda così una nuova religione, la Chiesa dell'Oblio, che si basa su fatti concreti e non su futili dispute dottrinali: grazie alla cancellazione di ogni memoria, essa offre una Salvezza concreta, facendo tornare i sofferenti al Vuoto beato in cui stavano prima di essere gettati in questo mondo di aberrazioni!

Recensione:

Grande Silverberg! La Chiesa dell'Oblio è un concetto geniale che meriterebbe proprio di essere tradotto in pratica! Un santo lavacro in grado di ripulire una volta per tutte la Terra dalle infinite storture dei suoi abitanti! È davvero grande la mente dello scrittore ashkenazita, che irradia lampi di purissimo genio.

L'amnesia può essere molto pericolosa e insidiosa quando colpisce una singola persona, perché pone la sua vittima in uno stato di assoluta debolezza, gettandola inerme in balia di un mondo in cui il "prossimo" è un lupo vorace e un diavolo. Senza dubbio la cancellazione della memoria ha sempre colpito l'immaginazione popolare e suscitato il massimo interesse, come anche la sua simulazione - basti pensare al caso del cosiddetto Smemorato di Collegno. Meno facile è immaginare cosa accadrebbe se ad essere colpita dalla perdita della memoria fosse un'intera comunità o - perché no? - addirittura l'intero pianeta! Ebbene, proprio Silverberg si è cimentato nell'impresa con ottimi risultati. 

Posso azzardarmi a ipotizzare qualcosa sul funzionamento della droga utilizzata da Haldersen per formattare i banchi di memoria delle genti di San Francisco: con ogni probabilità attacca i corpi mammillari, di fatto agendo come la sindrome di Wernicke-Korsakoff. Oliver Sacks nel suo libro L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello descrive un caso molto interessante nel capitolo Il marinaio perduto. Questo militare, distrutto dall'etilismo, non riusciva a ricordare alcunché degli ultimi 30 anni della sua vita passata e, a complicare le cose, anche la sua memoria a breve termine era stata aggredita: i ricordi gli si dissolvevano già a distanza di poche ore o addirittura di pochi minuti. Eppure Sacks fu colpito da un comportamento religioso del paziente e discrisse con quale "piena, intensa e tranquilla disposizione d'animo, con quale calma di una concentrazione e di attenzione assolute, egli si accostò e partecipò alla Santa Comunione. Era totalmente trattenuto, assorbito da un sentimento. In quel momento non c'era smemoratezza, non c'era sindrome di Korsakoff, né la loro esistenza pareva possibile o immaginabile". Non posso fare a meno di notare la somiglianza con il rito della Chiesa dell'Oblio fondata da Haldersen, in cui l'Eucarestia è proprio l'assunzione della pozione che dona l'Oblio. Luis Buñuel, citato dallo stesso Sacks, scrisse: "La memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla". Verissimo. Va però precisato che non siamo nulla in ogni caso. 

Biblioteca galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al romanzo breve, con annessa valutazione:


Un interessante progetto 

A quanto ho appreso, la Focus Features ha acquisito i diritti di quest'opera di Silverberg e ne progetta l'adattamento cinematografico. Questa pagina del sito Comingsoon.net risale al 2014: 


Questo è quanto è riportato sul sito Cineblog.it:

"La Focus Features adatterà il romanzo sci-fi di Robert Silverberg How It Was When the Past Went Away, inizialmente pubblicato nel 1969 con l'antologia "Three of Tomorrow". Alex e David Pastor si occuperanno dello script, per una storia che si svolgerà all'indomani di un evento che causa la perdita di memoria di massa. Tutta colpa di un folle, che mette dell'anfetamina nell'acqua di San Francisco, con la città che lentamente inizia a cadere a pezzi. Gli abitanti non sanno più chi sono, con chi vivono, dove lavorano e senza memoria. Effetti devastanti della droga, per una storia raccontata come 'disaster movie'. Tra i produttori Wyck Godfrey e Marty Bowen della saga Twilight."  

Per raggiungere il frammento sopra riportato, anch'esso abbastanza datato, sono giunto su una pagina che riportava il nome di Ben Stiller, così ho pensato che il ruolo di Haldersen sarebbe stato assegnato a quell'attore - che ricordo soprattutto perché in un film rifiutava un pompino da una milf.

Nonostante l'adattamento di How It Was When the Past Went Away sia stato annunciato anni fa, dalle informazioni raccolte nel Web, sembra che il progetto non sia stato portato a compimento. Il mio timore è che possa andare alla deriva, come spesso accade alle cose in questo universo in sfacelo. 

BENEDIZIONE OSCURA

Autore: Walter M. Miller Jr.
Anno: 1951
Titolo originale: Dark Benediction
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo breve
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza apocalittica e post-
       apocalittica, fantareligione, clerical SF,
       fantapatologia, fantaerotismo
1a edizione it.: 1964
2a edizione it.: 1984
3a edizione it.: 1988
4a edizione it.: 1992
Editori (it.):
     Arnoldo Mondadori Editore (1984, 1988),
     Zillitti Editore (1964),
     Interno Giallo (1992) 
Edizioni italiane (antologie):    
    1964: Umani a condizione, Futuria 4
    1984: Catastrofi!, Oscar 1767 
    1988: Un cantico per Leibowitz - Benedizione
             oscura - Umani a condizione - Il mattatore
,
             I massimi della Fantascienza 17
    1992:
Il grande libro della fantascienza. Società
             del futuro. Romanzi brevi degli anni '50
,
             EdgarMammut 3.44
Traduttori:
     Arianna Rossi Livenzev (1964, 1988, 1992),
     Giuseppe Lippi (1984)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!:    
    Titolo originale:
 Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione dell'umanità 
Catalogo Vegetti:


Nota: Segnalo l'errato titolo originale nel Catalogo Vegetti: Dark Benedition (sic.). Manca la -c- di Benediction, come appare evidente a chiunque abbia anche soltanto una parvenza di dimestichezza col lessico inglese dotto di origine latina.

Trama: 

L'umanità è condannata a causa di una malattia che si propaga senza che nulla valga a frenarla. Le persone colpite mostrano vistose alterazioni della cute, su cui compaiono macchie grigiastre destinate ad estendersi e caratterizzate da un pullulare di terminazioni nervose ipersensibili che acuiscono i sensi. Per questo il morbo è stato battezzato neurodermatite (neuroderm). I contagiati sono chiamati volgarmente "pellaccia". Considerati immondi dalle persone sane, che li assimilano ai lebbrosi, questi "pellaccia" sono dominati dalla bramosia irresistibile di espandere il contagio. Sono dotati di papule erogene sui polpastrelli delle dita, simili alle formazioni perlacee che spesso si trovano sulla corona del glande. In pratica, è come se le dita di ogni "pellaccia" terminassero con un glande tumefatto, perennemente eccitato. Ne nasce una forma di erotismo perverso, bizzarro e macabro: questi individui mutati concupiscono le persone sane e cercano di consumare un atto di libidine palpando morbosamente ogni parte del loro corpo, traendone un indescrivibile piacere e propagando al contempo l'infezione tra le genti. In questo scenario di autolisi della società umana, il giovane Paul Harris Oberlin, non contagiato dal morbo, si innamora di Willow (Willie, in realtà sta per Wilhelmina), una ragazza che ha sviluppato la malattia. La salva da Georgelle, un dittatore genocida che vuole attuare lo sterminio di tutti i "pellaccia", pensando così di risanare l'umanità. Volendo trovare un modo per guarirla da uan ferita, Paul conduce Willie a Galveston, rendendosi presto conto di essere finito in una comunità religiosa costituita interamente da "pellaccia", guidata da monaci e suore. Qui incontra il dottor Seevers, un biochimico che gli rivela la vera natura della neurodermatite: si tratta di un'infezione causata da un parassita di origine extraterrestre, inviato sulla Terra da una lontana civiltà aliena. Paul comprende, anche se all'inizio non è facile, che si tratta di una condizione benefica, perché porta all'espansione dei sensi e a facoltà cognitive del tutto nuove. Il crollo della civiltà non è la fine del genere umano, bensì l'inizio di una nuova specie più dotata. Dopo mille esitazioni il giovane vince la sua repulsione per le condizione dei "pellaccia" e si abbandona all'amore con Willie, donando alle sue dita frementi il proprio corpo nudo e facendosi così contagiare.

Recensione:

A quanto pare Walter M. Miller Jr. (1923-1996) era fissato con un tema davvero inconsueto: la salvezza del genere umano ad opera del clero - aspetto non sfuggito a Giuseppe Lippi nella sua introduzione all'antologia. Non a caso è l'autore del famosissimo romanzo Un cantico per Leibowitz (A Canticle for Leibowitz), pubblicato per la prima volta nel 1959, che è incentrato sulla descrizione dell'opera civilizzatrice della Chiesa Romana su un mondo post-apocalittico ripiombato in una spaventosa barbarie e avvolto nelle dense tenebre dell'ignoranza. Tuttavia Benedizione oscura ha in sé anche qualcosa di profetico quanto sinistro: i ripugnanti "pellaccia", avidissimi palpatori di corpi nudi di ragazzini e di ragazzine, sembrano quasi far trasparire un simbolismo della pedofilia che infesta la Chiesa Romana! Tale piaga, che ora sappiamo connaturata al clero cattolico, all'epoca in cui Miller scrisse era qualcosa di cui non si poteva assolutamente parlare, nemmeno in un paese come gli Stati Uniti d'America, per tradizione caratterizzato da un grande pluralismo religioso e non privo di componenti fortemente antipapiste. Le ossessioni religiose di Miller non lo hanno salvato da una grave depressione: poco dopo la morte della moglie, che gli aveva dato quattro figli, terminò volontariamente la sua infelice esistenza con un colpo di fucile.  

Un medico pieno di antinomie

Quando ho letto il racconto, molti anni fa, sono rimasto particolarmente colpito dalla figura dello scienziato "pellaccia". Il dottor Seevers è una persona animata da un altissimo senso morale e al contempo un groviglio di contraddizioni insanabili. Se da una parte riconosce qualcosa di benefico nel morbo che ha annientato la civiltà e condannato la specie umana in quanto tale, come mai poi si astiene con ferreo rigore dal trasmettere tale condizione ad altri? In un passo egli rivela di sottoporsi a un doloroso quanto inutile trattamento, cauterizzandosi le papule erogene sui polpastrelli, lamentandosi della loro continua formazione e affermando la sua determinazione a non conoscere mai le delizie date dalla palpazione della pelle di persone sane. Pensa che, non sapendo cosa si perde, non avrà mai rimpianti. Si professa ateo, ma in realtà a guidarlo sembra essere la dottrina cattolica dell'abnegazione e del rifiuto del piacere, considerato peccaminoso in quanto tale - nei laici ovviamente, essendo il suo esercizio permesso invece ai membri del clero, sia pure tra mille ipocrisie e nascondimenti. Probabilmente gli effetti dell'immersione in un ambiente impregnato di religosità cattolica ha del tutto riplasmato il biochimico, senza che nemmeno se ne accorgesse.

Inquietanti interrogativi

Nonostante il giovane Paul abbia infine accettato la rivelazione del dottor Seervers sulla nascita di una nuova specie dalle ceneri dell'umanità, qualcosa in lui agita ripugnanza e dubbi spaventosi su ciò che è umano e su ciò che non lo è.

"Ma la pelle grigia... i palpi gustativi nelle dita... micro-organismi alieni che scavavano nei nervi e nel cervello umano... tutto ciò gli metteva i brividi. L'Uomo, trasformato per soddisfare i gusti di un pugno di parassiti "benevoli", era ancora Uomo? O era qualcos'altro? Piccoli agricoltori batterici sepolti nella pelle che coltivavano cellule nervose come l'uomo coltiva il grano... piccoli divoratori che mangiano uno e piantano due, che seminano nuovi sensi e rimpastano le fibre gustose del cervello..."

Mentre il protagonista è preso da queste riflessioni mortificanti, la dura realtà dei fatti non ne è minimamente toccata: la minaccia del genocida Georgelle non è scongiurata e incombe su Galveston.

Note di linguistica lippiana

Trovo divertente l'uso della parola ghenga per indicare una banda di delinquenti o come sinonimo di "feccia". Ormai il vocabolo non sembra essere più molto comune in questa lingua italiana che presenta sempre più evidenti segnali di sofferenza e che appare meno incline all'assimilazione fonetica dei barbarismi. Ecco il passo in questione: 

"Le uniformi gli ricordavano quelle delle ghenghe di teppistelli negli slum: anche loro usavano maglioni di un colore speciale e parole d'ordine."

Penso sia in ogni caso utile far notare che ghenga ha un'origine trasparente: è l'adattamento dell'inglese gang "banda, gruppo di delinquenti", da cui deriva gangster "criminale membro di una banda", formato con lo stesso suffisso -ster che si trova anche nel sinonimo mobster, oltre che in alcune formazioni come youngster "giovanotto" e songster "musicista vagabondo". Vediamo che nella traduzione di Lippi figura, non tradotta, la parola slum, che negli anni ottanta era già popolare. Non mi risulta che ci siano mai stati tentativi di adattamenti fonetici all'italiano. La traduzione lippiana ci mostra stratificazioni lessicali e sedimentazioni da cui spuntano gemme di svariati tipi.   

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giovedì 15 novembre 2018


SEMI DEL CREPUSCOLO

Autore: Raymond Z. Gallun
Anno: 1938
Titolo originale: Seeds of Dusk
Lingua: Inglese
Conlang(s): Itorloo
Tipologia narrativa: Racconto lungo 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Xeno SF, fantabotanica, fantabiologia,
    fantapatologia, fantascienza apocalittica  
1a edizione it.: 1979
2a edizione it.: 1984
Editori (it.): Editrice Nord (1979),
Arnoldo
     Mondadori Editore (1984)

Edizione italiana (antologie):
     1979: Avventure nel tempo e nello spazio, Grandi
          Opere Nord 5
     1984: Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttori:
     Giuseppe Lippi (1984),
     Rita Botter Pierangeli (1979)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione dell'umanità  
Catalogo Vegetti: 



Trama:

La Terra è ormai moribonda. Le specie più evolute che vi si trovano sono gli umanoidi Itorloo, discendenti del genere umano, e un tipo di corvi altamente sociali in grado di parlare. In questo scenario, già di per sé non troppo allegro, fa la sua comparsa qualcosa di imprevisto quanto letale: sono le spore aliene provenienti da Marte. Per la verità, nemmeno Marte era il luogo d'origine di questi temibilissimi agenti infestanti. Prima di prosperare sul Pianeta Rosso, avevano infestato Ganimede. Quando gli Itorloo si accorgono del flagello, è già troppo tardi: i tentativi di disinfestazione risultano fallimentari. Le piante aliene, dotate di prodigiose capacità di adattamento e di grandissima intelligenza, fabbricano e diffondono un patogeno studiato a bella posta per annientare gli Itorloo. Una febbre mortale divora gli eredi dell'umanità, proprio quando fervono i preparativi per la loro migrazione su Venere.  

Recensione: 

Un angosciante racconto di xenobiologia. Del resto, se un autore che tratta di xenobiologia non scrivesse cose angoscianti, farebbe meglio a occuparsi dei Puffi! Il geniale fondamento della narrazione di Seeds of Dusk è una pianta infestante i cui semi vagano tra gli spazi interstellari, cullati dai venti cosmici, programmati per attecchire su pianeti adatti e uccidere tutti i viventi autoctoni che vi si trovano. Una pianta mostruosa dotata tra l'altro di raffinati organi di senso e di una potente memoria epigenetica, essendo persino in grado di riconoscre le sagome degli umanoidi e i loro veicoli, avendone visti di simili innumerevoli altre volte in passato. Quando lessi da giovane quest'opera di Gallun ero febbricitante e sentii in me il comando del genoma che mi imponeva di sopravvivere all'infezione, proprio come Zar, il sanguigno protagonista Itorloo, che si imponeva di lottare anche quando ormai era contaminato e condannato. Adesso, a distanza di tempo, sono convinto che l'annientamento dell'umanità ad opera di una pandemia sarebbe una cosa quanto mai auspicabile, in grado di cancellare definitivamente ogni problema e ogni sofferenza. Sarebbe una delle soluzioni migliori, anche se lì per lì si soffrirebbe un po'. Ognuno di noi forse reagirebbe come Zar, che non voleva arrendersi per nessun motivo, che con i suoi ultimi barlumi di forze ancora sognava una stagione di piaceri brutali su Venere, avventure anche erotiche che non ci sarebbero mai state. Questa tensione genetica è descritta e comunicata in modo magistrale. La cosa davvero notevole è che Seeds of Dusk fu scritto nel lontano 1938, eppure non dimostra la sua età, anche se certi concetti come l'abitabilità di Venere sono ormai da tempo obsoleti.

Dinamiche involutive

Gli Itorloo, chiamati "i freddi, crudeli, astuti esserini che discendevano dagli uomini" (the cold, cruel, cunning little beings who were the children of men), sembrano il concentrato di ogni aspetto deteriore della nostra specie. Quelle che furono le doti dell'umanità si sono da lungo tempo dissolto, perché gli accoppiamenti hanno favorito i peggiori energumeni. Non è stata tanto l'intelligenza a svilupparsi, quanto la furbizia, la capacità di nuocere con l'inganno - anche se va detto che la tecnologia ereditata si è conservata abbastanza bene. Per gli Itorloo l'empatia è inesistente, la violenza anche sessuale è una somma virtù e la tortura è un genere voluttuario. Le dimensioni del corpo si sono ridotte rispetto a quelle degli antenati umani, con ogni probabilità per via della diminuzione delle risorse e dell'ostilità dell'ambiente. 

La lingua degli Itorloo

L'autore pianta i semi di una conlang che però non sviluppa. La frase "Itorloo loaaah!", pronunciata da un corvo in grado di parlare, significa "Itorloo, pericolo!"; già sappiamo che Itorloo è l'endoetnico degli epigoni degenerati dell'antica umanità (voce di etimologia incerta). Per coincidenza o per cosciente intenzione dell'autore, il termine loaaah "pericolo" richiama nella forma grafica al nome degli spiriti della religione Voodoo di Haiti e della Louisiana, anche se chiaramente il significato attribuito non ha connessione alcuna con quello del vocabolo pseudo-africano. In realtà la pronuncia è senz'altro diversa: nel linguaggio del Voodoo, loa suona /lwa/ e deriva dal francese le lois "la legge". Possiamo supporre che proprio questo termine religioso sia stato all'origine dell'ispirazione di Gallun. 

La ricerca onirica dell'Antico Kolum

Gli Itorloo compaiono in un racconto di Jordan S. Bassior, The Dream-Quest of Old Kolum, del 2013, di cui si può leggere il primo capitolo in questo blog:  


Non sono riuscito a trovare i capitoli seguenti. Il titolo dimostra un citazionismo spinto che trovo abbastanza fastidioso. Dell'autore non so praticamente nulla e quanto ho letto lo trovo poco avvincente.  

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STELLE, VOLETE NASCONDERMI?

Autore: Ben Bova
Anno: 1966
Titolo originale: Stars, Won't You Hide Me?
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza apocalittica, Space opera,
     fantacosmologia
Edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore 
Edizione italiana (antologia):
   
Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttore: Giuseppe Lippi
Dettagli dell'antologia:    
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione dell'Universo

Catalogo Vegetti:



Trama: 

L'umanità è stata annientata dalla specie aliena degli Altri, che è riuscita ad uccidere ogni singolo individuo con l'unica eccezione di Holman, a tutti gli effetti il Superstite. In fuga sulla sua astronave, Holman apprende da un alieno della specie degli Osservatori l'origine e la cronistoria di questa guerra genocidaria. In origine il genere umano si era espanso tra le stelle e aveva subìto epurazione da parte degli Altri, che l'avevano confinato sulla Terra, causando una spaventosa era glaciale per impedirgli ogni nocivo progresso. Tuttavia la glaciazione era finita e una nuova ondata di espansione cosmica dell'umanità era iniziata, provocando una nuova rappresaglia da parte degli Altri, questa volta più radicale. Qual era l'origine di tutto questo? Semplice: gli umani avevano trovato il modo di rendersi immortali tramite il genocidio di una specie aliena indifesa, il Popolo dei Fiori. Per ogni persona immortale, un individuo del Popolo dei Fiori doveva morire. Così la voce dell'Osservatore spiega al Superstite che anche durante la prima espansione cosmica l'umanità aveva individuato in un popolo alieno pacifico una fonte di composti dell'immortalità, avviandone l'annientamento. A questo punto l'Osservatore tace. Un rappresentante degli Altri si manifesta con la propria voce prendendo possesso del computer dell'astronave e afferma la necessità della totale estinzione della specie umana: ucciso Holman, il compito sarà concluso. Giudice, giuria e boia al contempo, l'araldo degli Altri sta per eseguire la sentenza, quando all'improvviso la sua voce tace. Si manifesta una catastrofe improvvisa: l'universo collassa di colpo in totale spregio della relatività gemerale. Sbalzata fuori dal cosmo, l'astronave di Holman è l'unico oggetto sopravvissuto alla forza stritolatrice della gravità. L'ultimo uomo dell'universo urla di gioia e di trionfo: egli è il peccatore che in modo del tutto inatteso è riuscito a sfuggire al Giudizio.  

Recensione: 

La natura conflittuale e aberrante della specie Homo sapiens non è davvero messa in discussione in questo racconto, nonostante le molte pecche insanabili che sono rinfacciate al Superstite, suo ultimo rappresentante, prima dalla voce di un Osservatore e poi da quella di uno degli Altri. Anche se Holman rimane in preda allo shock di fronte alla rivelazione del progetto genocidario nei confronti del Popolo dei Fiori per creare umani immortali, scatta alla fine in lui un orgoglio tipico dell'americano medio: affermare come un vanto ogni aberrazione. La sentenza degli Altri è chiara: "Appartieni a una razza maledetta. Una razza di assassini. La vostra punizione è l'estinzione. Estinzione totale. Per tutta l'umanità. Tutta. Non hai il diritto di resistere. La tua razza è malvagia." Di fronte a parole tanto chiare e condivisibili, Holman reagisce con il solito crogiolo di baggianate, facendo il panegirico di un'umanità viva e vitale, la cui natura comprende aspetti creativi e assassini indissolubilmente legati, che avrebbe quindi diritto di propagarsi a qualsiasi costo. 

Un ritmo apocalittico 

Il racconto è inframmezzato dai versi di un canto religioso di un certo interesse. Ne riporto il testo:

O peccatore, dove pensi di nasconderti 
O peccatore, dove pensi di nasconderti
 
O peccatore, dove pensi di nasconderti 
Quando sarà venuto il giorno? 
 
Ti nasconderai sulla luna: o luna, vuoi nascondermi?
Ma disse il Signore: O peccatore, la luna sanguinerà
Quel giorno.

Correrai verso il mare: o mare, mi nasconderai?
Ma il Signore disse: O peccatore, il mare sarà prosciugato
Quel giorno.

Ti nasconderai presso il Signore: O Signore, vuoi nascondermi?
Ma il Signore dice: O peccatore, dovrai a lungo pregarmi
Quel giorno. 

Ti nasconderai presso Satana: O Satana, vuoi nascondermi?
E Satana risponde: O peccatore, tira dritto
Perché è venuto il giorno.

Ti nasconderai fra le stelle: Stelle, volete nascondermi?
Ma il Signore disse: O peccatore, le stella cadranno
Quel giorno. 

Angoscia assoluta, senso di inesorabilità, Morte Eterna che incombe: il testo è un autentico capolavoro poetico. Si tratta di Sinner Man (Sinnerman), un tradizionale spiritual afroamericano, interpretato negli anni '50 da Les Baxter, the Swan Silverstones, the Weavers e altri, e nel 1965 da Nina Simone in una versione estesa. Diversi testi che ho trovato nel Web sono un po' diversi da quello riportato da Ben Bova. L'originale più aderente a quello usato dall'autore deve essere il seguente: 


(Refrain)
O sinner-man, where are you going to run to?
O sinner-man, where are you going to run to?
O sinner-man, where are you going to run to
     All on that day?

Run to the moon: O moon, won't you hide me?
Run to the moon: O moon, won't you hide me?
Run to the moon: O moon won't you hide me
     All on that day?

The Lord said : O sinner-man, the moon'll be a-bleeding,
The Lord said : O sinner-man, the moon'll be a bleeding,
The Lord said : O sinner-man, the moon'll be a-bleeding
     All on that day.

(Refrain: O sinner-man, etc.)
Run to the stars: O stars, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, the stars'll be a-falling, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to the sea: O sea, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, the sea'll be a-sinking, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to the rocks: O rocks, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, the rocks'll be a-rolling, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to the Lord : O Lord, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, you ought to been a-praying, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Sinner-man says: Lord, l've been a-praying, etc.
The Lord said : O sinner-man, you prayed too late, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to Satan: O Satan, won't you hide me? etc.
Satan said : O sinner-man, step right in, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Come si può vedere, nel racconto mancano soltanto le pietre e le stelle sono messe per ultime.

Le opinioni di Giuseppe Lippi sul racconto

Queste sono le parole del traduttore dell'antologia Catastrofi! nella sua introduzione, Le catastrofi liriche, a proposito del singolare racconto di Ben Bova:

"Parliamo della morte, allora, per differirla, per farne un oggetto di burla. Ben Bova sembra addirittura tentato di negarla: il genere umano uscirà sempre e comunque vincitore, in una visione del mondo che non fa pensare tanto a Prometeo quanto a John Campbell e ai Berretti Verdi. La morte sono gli Altri, gli alieni spietati e invisibili, mentre noi siamo "all right" anche di fronte al collasso dell'universo."

Quale nuovo inizio?

In effetti è un racconto di grande arroganza. Merita di essere segnalato per la sua natura mostruosa. Alla fine, di fronte al Big Crunch, una catastrofe cosmica che fa collassare tutte le galassie in un punto, ecco il superstite che giubila, tremando di esaltazione per essere riuscito a sottrarsi chissà come alla spaventosa forza gravitazionale. Sicuro della cessazione definitiva della minaccia degli Altri, subito pensa di poter dare un nuovo inizio al genere umano, anche in condizioni tanto avverse ed estreme. Sì, certo, tramite parto anale!

Fissismo linguistico

Notiamo un gravissimo difetto che ricorre in un numero immenso di opere fantascientifiche: la lingua dell'umanità, l'inglese americano, è considerata immutabile nei millenni e addirittura nei milioni, nei miliardi di anni. Manca la consapevolezza del mutamento linguistico, nonostante sia sotto gli occhi di tutti che l'inglese di Beowulf è tanto diverso da quello di Obama e di Trump da essere irriconoscibile. Se una lingua è tanto cambiata in poco più di un millennio, a quali stravolgimenti andrebbe incontro in tempi più lunghi? Ve lo dico io: nel giro di diecimila anni, se questo sciagurato genere umano potesse sopravvivere tanto - e mi auguro che così non sia - la lingua inglese darebbe origine a un gran numero di discendenti tra loro mutuamente inintelligibili, lontani da tutto quello che oggi conosciamo come il francese è lontano dal turco. 

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VIA DAL FUOCO 

Autore: Harry Harrison
Anno: 1975
Titolo originale: Run from the Fire
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Realtà parallele, viaggi nel tempo,
     ucronie, fantascienza apocalittica  
Edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore
Edizione italiana (antologia):
    Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttore: Giuseppe Lippi
Dettagli dell'antologia:    
    Titolo originale: Catastrophes
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione del sole

Catalogo Vegetti:


Trama:

Mark Greenberg è un avvocato ashkenazita newyorkese che viene avvicinato da Arinix, un agente di un'organizzazione in grado di viaggiare tra le linee temporali. Di colpo viene messo di fronte a una realtà sconvolgente. Esistono infiniti universi paralleli e in molti di questi esiste una copia della Terra. In moltissimi di questi pianeti gemelli non si è mai sviluppata la vita, in altri la vita è presente ma non esiste la specie umana, in altri ancora invece esiste, ma il corso storico è stato molto diverso dal nostro. Cosa inquietante, anzi, spaventosa, è il fatto che la maggior parte di queste Terre è accomunato da un evento catastrofico: il sole ha la tendenza a subire una trasformazione esiziale. Nel gergo degli astronomi e dei fisici, si definisce così il fenomeno: il sole abbandona la sequenza principale, nel suo nucleo si innesca il ciclo dell'elio (reazione di Salpeter) e avviene così l'evoluzione in una stella gigante rossa. A causa di questo, il sole si espande e la sua radiazione crescente comincia a diventare una minaccia per la vita. I viaggiatori tra gli universi paralleli provengono da un pianeta chiamato Odio, perché sfigurato dal sole mutato. Un individuo geniale di quel mondo ha trovato il modo per compiere viaggi in altre linee temporali, così ne è nata un'organizzazione votata al salvataggio del maggior numero possibile di esseri umani dalla furia del mostro solare. Arinix rivela a Mark il motivo della scelta: è dovuta al solo fatto che parla la lingua degli Oneida, essendo cresciuto tra loro. In una linea temporale in cui il sole è destinato a mutare entro la fine del secolo, l'Europa è sprofondata in una perenne preistoria a causa di religioni granitiche, la cui superstizione impedisce di uscire dal Neolitico. L'America non è mai stata raggiunta e la Lega delle Nazioni Civili Irochesi è la massima potenza sul globo. Il precedente inviato tra gli Oneida, il Mohawk Joseph Wing, è stato ucciso per essersi mostrato un po' troppo esuberante con una fanciulla, così è necessario qualcuno che, avendo le necessarie conoscenze linguistiche, possa sostituirlo. Mark si reca così nel mondo alternativo descritto, col compito di trasferire gli Irochesi in un mondo vergine, tuttora popolato dalla megafauna pleistocenica e privo di esseri umani, il cui sole è tranquillo.   

Recensione:

Un capolavoro esaltante, che mi ha profondamente colpito quando l'ho letto per la prima volta e che ha lasciato in me un segno: nel corso degli anni non l'ho mai dimenticato. All'epoca in cui venni a conoscenza di Via dal fuoco ero giovane e simili narrazioni mi aprivano la mente, proiettandola nell'Infinito, erano come boccate di ossigeno che mi mantenevano in vita, impedendomi di avvizzire nel grigio mondo che mi circondava. Bizzarramente per me l'autore, Harry Harrison (1925-2012), è finora rimasto per me soltanto un nome. Non ho mai approfondito la sua ricchissima bibliografia, che include un gran numero di romanzi e di racconti, né ho letto altre sue opere oltre a quella in analisi. Una mancanza a cui intendo porre quanto prima rimedio. Del resto non faccio mistero del fatto che la mia cultura fantascientifica è abbastanza erratica e piena zeppa di lacune che per molti appassionati sarebbero inconcepibili. Quello a cui guardo è la sostanza delle cose, che cerco di indagare con ogni mezzo, e mi faccio beffe dell'isterismo delle comunità di lettori idolatri e della limitatezza estrema dei loro intelletti.

Problemi ontologici

L'ontologia temporale presupposta dal racconto è complessa e sembra implicare l'esistenza di infiniti universi sviluppatisi a partire da un singolo evento primordiale. Non è tuttavia un multiverso del tipo presupposto dal fisico americano Hugh Everett III (1939-1982), in cui i corsi temporali si dipartono ad ogni collasso della funzione d'onda quantistica in ogni singolo universo a partire da ogni singolo evento - modello questo che è fortemente critico, come ho mostrato a suo tempo in un articolo sul problema degli infiniti eruttivi. Le linee temporali descritte da Harrison sono universi paralleli nel senso più letterale del termine: in condizioni naturali, senza influenze esterne, evolvolo l'uno accanto all'altro senza la benché minima interazione reciproca. Il passaggio da uno di questi universi all'altro, operato dagli agenti del pianeta Odio, non comporta la benché minima violazione di regole di selezione e non ha effetti deleteri sull'universo in cui i viaggiatori arrivano, né su quello da cui sono partiti. Tutto ciò è suggestivo e oltremodo interessante, anche se non privo di difficoltà concettuali. Per ottenere due universi, caratterizzati entrambi dall'esistenza della Terra e da corsi storici tra loro abbastanza simili, con entità riconoscibili come il Cristianesimo, gli Stati Uniti d'America, il Sudafrica e via discorrendo, sarebbero necessari lunghissimi periodi in cui le interazioni tra ogni singola particella sono assolutamente identiche nei due contesti, per poi cambiare a un certo punto - che possiamo chiamare Punto di Divergenza, anche se mi rendo conto che questa designazione è abbastanza arbitraria. Oppure dovremmo supporre che i due universi, pur avendo corsi storici confrontabili, si siano prodotti a partire da stati iniziali molto diversi tra loro, senza un vero Punto di Divergenza, nel qual caso le somiglianza sarebbero il prodotto di una serie di enigmatiche convergenze. Come definire i rapporti tra gli eventi nei diversi universi paralleli? Oppure dobbiamo ammettere l'esistenza di un'Entità esterna, un Cosmocratore, un Demiurgo, una spaventosa forza che ha modellato consapevolmente queste diverse linee cosmiche per far sì che assumessero un dato aspetto, insito in un progetto predefinito e per noi inconoscibile? Domande a cui per ora non c'è risposta, né sono sicuro che lo stesso autore del racconto si sia posto questi problemi filosofici. 

Note etimologiche

Nel racconto di Harrison è riportato il termine amerindiano orenda, che indica una forza soprannaturale che possiede un individuo e gli fa compiere miracoli, ossia azioni portentose, impossibili a un comune essere umano. Il concetto è diffusissimo tra le tribù del Nordamerica. L'orenda di uno sciamano determina il suo grande potere magico, la sua capacità di profetare e di leggere la sorte. L'orenda di un cacciatore determina la sua capacità di avere successo nel catturare o abbattere selvaggina. L'orenda delle nazioni determina l'esito della guerra. Anche la Natura ha orenda, ad esempio il termine è usato in riferimento a fenomeni in cui si scatena la forza bruta degli elementi, come le tempeste. Si può dire che l'orenda sia una forza panteista che innerva ogni cosa, che si manifesta dovunque, ma che è distinta dalla vita, dallo spirito delle persone e dai fantasmi. Le nazioni Mohawk, Oneida e Cayuga pronunciano la parola orenna o karenna. In Tuscarora la forma in uso è urente, presso gli Uroni (Wyandot) è - o meglio era - orenda o iarenda. In Lakota è chiamato wakd o mahopa, nelle lingue Algonchine è chiamato manitowi (è il famoso Manitou tradotto come "Grande Spirito"), nel remoto Shoshone è chiamato pokunt. La parola irochese per indicare un uso malvagio, letale e distruttivo dell'orenda è otgon.


Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto, con annessa valutazione:


Considerazioni finali

A quanto pare c'è stata un'unica edizione italiana di questo splendido e meritorio racconto. Questo ci dice il Catalogo Vegetti. Trovo che sia senz'altro il caso di riproporre Via dal fuoco: trovo inconcepibile che una simile gemma possa scivolare nell'Oblio.