martedì 8 gennaio 2019


DISSIPATIO H. G.

Autore: Guido Morselli
Prima pubblicazione: 1977

Editore: Adelphi
Genere: Romanzo 
Sottogenere: Fantascienza post-apocalittica 

Trama:
Nella solitudine della sua casa di montagna, un uomo di mezza età fa un bilancio impietoso della sua esistenza. Giunge alla deprimente conclusione che il 70% di cose sgradevoli e moleste che la compongono non compensa affatto il 30% di cose piacevoli. La decisione che trae da questo cupo quanto razionalissimo elucubrare è l'impellente necessità del suicidio. Si reca quindi in una profonda caverna nelle viscere di un'impervia montagna, con l'intento di gettarsi in un pozzo naturale, che tramite una struttura simile a un sifone giunge fino nelle viscere del Tartaro. È mezzanotte. Immerso nell'oscurità ctonia e nel silenzio assoluto, seduto sul bordo dell'abisso, l'uomo ha un repentino ripensamento. Qualcosa di incomprensibile si muove in lui, spingendolo a non uccidersi, a rifuggire quella voragine più profonda dell'Averno. Ritorna in superficie, ma presto capisce che c'è qualcosa di strano in tutto ciò che lo circonda. Ogni traccia delle persone viventi sembra essersi dissolta nel nulla. Le evidenze dell'evaporazione dell'intero genere umano sono sempre più cogenti. Dopo vari e infruttuosi tentativi di trovare qualche suo simile ancora in vita, il protagonista capisce di essere il Superstite, l'ultimo uomo sulla Terra.


Recensione: 
Il titolo di quest'opera immaginifica è di una chiarezza sconcertante. L'abbreviazione H. G., solo a prima vista enigmatica, sta per Humani Generis. Così il titolo esteso è Dissipatio Humani Generis, ossia Evaporazione del genere umano. Notevoli sono le allusioni alle dottrine del neoplatonico Giamblico (250 d.C. - 330 d.C.) e del cristiano Salviano da Treviri (circa 400 d.C. - 451 d.C. o succ.), più noto come Salviano di Marsiglia, su cui Morselli costruì questo suo romanzo. No, Salviano non è un improbabile incrocio tra Salvini e Saviano. Ci tengo a precisarlo. Ecco la citazione a cui alludo, che reputo di fondamentale importanza e riporto in questa sede:

Faccio ritorno alla mia prima ipotesi. Volatilizzazione - sublimazione. Sublimazione - assunzione (nei cieli).
Vediamo. C'è una mia vecchia lettura, un testo di Giamblico che ho avuto sott'occhio non ricordo per che ricerca. Parlava della fine della specie e s'intitolava
Dissipatio Humani Generis. Dissipazione, non in senso morale. La versione che ricordo era in latino, e nella tarda latinità pare che dissipatio valesse 'evaporazione', 'nebulizzazione', o qualcosa di ugualmente fisico, e Giamblico accennava nella sua descrizione appunto a un fatale fenomeno di questo tipo. Rispetto a altri profeti era meno catastrofico: niente diluvio, niente olocausto «solvens saeclum in favilla», assimilabile oggi a un'ecatombe atomica. Gli esseri umani cambiati per prodigio improvviso in uno spray o gas impercettibile (e inoffensivo, probabilmente inodoro), senza combustione intermedia. Il che, se non glorioso, perlomeno è decoroso.

Ho dei trascorsi eruditi di cui, dopo un'astinenza di anni, non mi pento.
Sino a Ezechiele (10 secoli circa dopo Mosè) nessun indizio, nello stesso Ebraismo, del concetto di una vita ultraterrena riservata dopo il soggiorno nel mondo degli umani. I giusti venivano premiati con la prosperità (terrena) e con la longevità; così di Abramo è detto che morì
«sazio di anni». In seguito, il compenso ultraterreno divenne, come è noto, uno dei fondamentali ingredienti della ricetta religiosa per Ebrei, Cristiani, Mussulmani, e argomento prediletto della teologia e letteratura annessa. Fra gli innumerevoli, un Salviano da Treviri, vissuto nel III o IV secolo. Autore cristiano di non larga fama, agiografo e apologeta. In una lettera al vescovo della sua citta, De Fine Temporum (mi sembra: ora non ho modo di verificare), preso di pietà evangelica per i patimenti degli uomini, Salviano parla di una loro, auspicata «sublimatio» generale.
  Cosa da apprezzare, il finale riscatto lui lo accordava persino ai pagani, e consisteva in un'assunzione al cielo dopo che i corpi, vivi, fossero resi eterei in un unico portentoso evento. Repentino e inatteso. Cito a memoria:
«Mundus permanebit». (E in questo, ci siamo). «Viri, mulieres, pueri, humani viventes cuiuscumque aetatis, ordinis vel nationis, raptim sublimabuntur». (Salviano non ha ispirato Freud; la sublimazione di Freud è una blanda metafora).
  Senonché, Salviano univa alla clemenza una discriminante giustizia.
«Nihil huius gloriae decet peccatorem». I pagani come tali possono sublimarsi, i peccatori no. Sarebbe interessante sapere a quale delle due categorie appartenga io. Supposto che non le cumuli tutt'e due. Ma la mia scienza, e autocoscienza, non arrivano a tanto. Rinuncio. 

Queste descrizioni morselliane sono semplicemente sublimi! Con buona pace di Giamblico, non credo tuttavia che il gas derivante dalla dissipazione dell'umanità sarebbe inodoro. Ho ragione di ritenere che olezzerebbe piuttosto di scorregge sulfuree! Scavando nella carcassa del mondo antico, possiamo dire qualcosa di più sul concetto che Salviano da Treviri aveva dei peccatori che, stando a quanto riportato dal Morselli, non avrebbero conosciuto la Pace nell'imminente Grande Sublimazione. Quando parlava di peccatori, il presbitero gallo-romano alludeva ai sodomiti, ossia a coloro che praticavano, in modo attivo o passivo, l'immissio penis in anum. Pagani o cristiani che fossero. Possiamo dedurlo da altri scritti di tale autore, in cui le invasioni dei popoli germanici (volgarmente detti "barbari") sarebbero state provocate dalla collera divina per l'uso romano di eiaculare negli intestini, in mezzo alle feci. Evidentemente gli erano sconosciuti gli usi degli Eruli e dei Franchi, che sodomitavano assai. A minare le fondamente degli edifici concettuali attribuiti a Giamblico e a Salviano sta in ogni caso un fatto pesante come un macigno: la dissipazione del genere umano non si è verificata!

Salviano o un moderno pseudo-Salviano?

Perché parlo di edifici concettuali attribuiti a Salviano? Lo faccio per un semplice motivo: a questo punto viene infatti da porsi una cruciale domanda. Morselli ha citato davvero Salviano da Treviri? Oppure si tratta di una sua ingegnosa fabbricazione? Il dubbio è senz'altro legittimo. Cercando nel Web i brani riportati in latino, gli unici risultati ritornati da Google sono relativi proprio a Dissipatio H. G.! Abbiamo la possibilità di verificare ogni cosa. 
Questa è la procedura adottata:
    1) Cerchiamo in un formato utile l'opera omnia di Salviano;
   2) Cerchiamo in essa parole significative dei passi riportati (es. sublimabuntur). 

Risultati: 
Nihil inventum est. Non è stato trovato nulla. 
Questo è un sito in cui è possibile trovare quanto serve alla dimostrazione:


Le opzioni si scaricamento del file con l'opera omnia del presbitero sono molteplici. Se si usa il file di testo (.txt) occorre fare attenzione perché spesso i caratteri sono alterati. Nel file in formato .pdf la lettura è della massima chiarezza, ma non è attiva l'opzione di ricerca, occorre quindi scorrere tutto il testo, cosa che pur mi riuscirebbe agevole, se non fosse per il fatto che non ho a disposizione grandi risorse di tempo. In ogni caso, questa benedetta sublimazione delle scorie umane non sembra proprio esserci, né nelle Epistolae, dove a rigor di logica dovrebbe stare, né nel De gubernatione Dei. Che seccatura questo "vero poetico"

Un mondo intellettuale canagliesco e vile

Dissipatio H. G. è l'ultimo romanzo di Guido Morselli (Bologna, 1912 - Varese, 1973), scritto pochi mesi prima del suo suicidio. Quasi il suo testamento. L'autore, che pure era un convinto nichilista, non ha potuto reggere la totale indifferenza da parte dell'arido mondo delle case editrici, che si rifiutavano con pervicacia di pubblicare le sue opere - anche adducendo scuse assolutamente inverosimili. La colpa prima attribuita a Morselli era, se così si può dire, l'essersi discostato dal romanzo italiano tradizionale. L'intero mondo intellettuale italiano gli ha vilmente voltato le spalle. Soltanto dopo la sua tragica morte, le sorti dei suoi potenti scritti sono cambiate. Come erano sordi e sprezzanti quando l'autore era in vita, a un certo punto gli stessi che lo spinsero alla morte gli tributarono grandi e meritatissimi onori, seppur con un ritardo ben colpevole. A un certo punto fu persino definito Il Gattopardo del Nord. Si potrebbe quasi pensare che l'editoria pulluli di sciacalli necrofili che leccano l'orifizio anale ai morti, disdegnando al contempo la carne dei viventi. Oggi si è scesi ancora più in basso, con editori che strepitano e istigano a compilare liste di proscrizione per chi si autopubblica! 

Qualche nota filologica 

La grande città di Crisopoli, è stato fatto notare più volte dalla critica, altro non è che Zurigo. Il nome che Morselli ha coniato, usando vocaboli dell'antica lingua ellenica, significa Città dell'Oro e di certo allude all'importanza del suo sistema bancario. Si scorgono tracce di toponomastica di sostrato, di cui non sono riuscito a trovare riscontro nella geografia reale. Così viene menzionato un torrente Zemmi, forse un microtoponimo, che però trova nel Web solo menzioni associate proprio a Dissipatio H. G.! Al momento non mi riesce di azzardare un'etimologia. Un monte si chiama Mountàsc: questo nome ha tutta l'aria di essere un relitto della Romània sommersa, una prova del fatto che un idioma romanzo era parlato a Crisopoli-Zurigo prima che vi si imponesse la lingua degli Alemanni. Un altro monte, noto per i suoi ghiacciai, è chiamato Karessa: direi che contiene la radice preindoeuropea *kar- "roccia", ben documentata su vaste aree. Abbiamo quindi la Malga dei Ross. Il termine malga è ben noto come relitto preindoeuropeo e indica un riparo di pastori: deriva certo da *mal- "monte". I Ross sono i proprietari dell'alpeggio, credo che il loro cognome sia derivato da un antico termine tedesco indicante il cavallo - posto che non sia un'etimologia popolare ingannevole. Due toponimi germanici: Widmad e Alpa. Di certo Widmad è formato dal protogermanico *wiðu- "legno; bosco" (donde l'inglese wood). Questa radice si è persa in tedesco durante il medioevo, ma aveva subito la rotazione consonantica: antico alto tedesco witu, wito "legno", medio alto tedesco wite, wit. Anche -mad è chiaro: viene dal protogermanico *mēðwō- "pascolo", che ha dato l'inglese meadow "prato" e il tedesco Matte "pascolo montano". Ancora una volta, la consonante non ha la seconda rotazione. Quindi da dove è stato tratto questo Widmad? Mistero. Alpa sarà da alp "incubo", dalla stessa radice di elfo (protogermanico *alba-, *albi-). Oscurissimo resta invece Lewrosen. Resta da capire se Morselli fosse consapevole di queste perle. Era un esperto di filologia germanica? Forse non lo sapremo mai. Numerosissime sono poi le citazioni in lingue diverse dall'italiano, incastonate come gioielli nel testo. Oltre al latino, ad esempio nelle frasi attribuite al presbitero Salviano, troviamo il francese: « toutes choses sont déjà dites, mais comme personne n'écoute il faut toujours recommencer », etc. Ecco una splendida frase, in cui la lingua di Roma si mescola all'italiano: "Ci torno per un esperimento, in cerca del metus silvanus, dell'antico, favoloso pavor montium." Ciò esaspera non poco alcuni lettori, stizziti dalla mancanza di traduzione. Stupiscono alcune convenzioni ortografiche che appaiono ben superate. Così troviamo un improponibile Hiroscima (sic) per il più sensato Hiroshima. In un'epoca in cui imperversava il dannato malcostume delle pronunce ortografiche, spesso si rendevano indispensabili simili espedienti per impedire spropositi. 

Recensioni e reazioni nel Web 

Questa recensione è opera di Alessandra Fontana: 


Nel testo della blogger-giornalista è citato un passo del romanzo, che trovo geniale per i paradossi ontologici che introduce:

"(…) come storico registrerò che si è instaurata l’Anarchia con l’abbattimento del suo nemico primordiale, il principio di proprietà. E si è instaurata nello stesso tempo la Monarchia nel valore categorico del termine, tutto il potere a Uno solo. Anarchia e Monarchia coincidono, ora e in me. Nessuno dispone di me, io dispongo di tutto." 

Un gran numero di recensioni, il più delle volte brevi o brevissime, si trova su Anobii.com:


Ne riporterò una in particolare, opera di una certa LAI LAI HEI:

"Purtroppo, una prosa troppo complicata, non mi ha permesso di apprezzarlo."

Che dire? Anche questo è un segno dei tempi!

sabato 5 gennaio 2019


METODO DELLA SOPRAVVIVENZA 

Autore: Dante Virgili
Anno: 1990 
Genere: Romanzo
Sottogenere: BDSM, diario, pseudo-autobiografico, apocalittico 
Prima pubblicazione: 2008
In commercio da: 20 marzo 2007
Casa editrice: Pequod
Collana: Pequod
Pagine: 224, Brossura
Seconda pubblicazione: 2016
Casa editrice: ITALIA Storica
Collana: Off Topic
Pagine: 182, Brossura

Codice EAN (2008): 9788860680341
Codice EAN (2016): 9788894226515


Sinossi (da www.ibs.it):
Duecento pagine in cui si rincorrono disordinatamente (apparentemente) temi politici nazionali e internazionali, quotidianità allucinate e citazioni dal tedesco. Nessuna trama. Solo pensieri, annotazioni, incontri sessuali in bilico tra la realtà e la fantasia. Il protagonista è un professore di tedesco in pensione, un «misero Ulisse corrotto inabissato nella perversione». È l'estate del 1990 a Milano. L'anno del mondiale di calcio giocato in Italia. «Il gioco più idiota che l'umanità abbia inventato» ruggisce la voce narrante, sia pure senza potere fare a meno di tifare per la Germania. «Nell'anno della riunificazione sarebbe un grande dono. Se la Germania vince chiudo in bellezza. Ormai le fortune sono affidate al calcio - osserva con il solito rimpianto - mentre un tempo l'obiettivo era l'Europa». Già, Hitler! «E ora apprendo che il condottiero è Matthäus...». Si compiace nel vedere sventolare la bandiera tedesca sotto il Duomo, anche se si tratta della solitaria bancarella di un ambulante. L'Italia perde e lui ghigna: «Se gli azzurri avessero vinto, un'esaltazione ulteriore del calcio avrebbe allontanato ancor più l'italiano dai problemi».


Riassunto:  
Siamo nell'anno della caduta di quello che Luca Giurato chiamava Mudo li Merlino. Intrappolato nella canicola di una desolante, spettrale estate milanese, un attempato professore di tedesco vegeta nel suo microcosmo bizzarro. La sua principale attività consiste nell'adescare donne che trasforma in schiave sessuali, reclutando anche ragazzi per realizzare fantasie orgiastiche. Sullo sfondo aleggia l'atmosfera di enthusiasmos che pervade le acefale masse italiote per via dei mondiali di calcio.

Recensione:  
Abbiamo mostrato che Dante Virgili non è mai esistito, che è una fabbricazione letteraria. Passiamo quindi ad analizzare i testi a lui attribuiti per scoprirne le incoerenze interne. 

C'è una differenza abissale tra Metodo della sopravvivenza e La distruzione. Innanzitutto dal punto di vista dello stile. Mentre il primo romanzo di Virgili era dominato dal cut-up, tanto da sembrare il prodotto di una narrazione collassata, poi fracassata in più punti e riattaccata assieme con l'adesivo in disposizioni grottesche, nel secondo romanzo la lettura è infinitamente più scorrevole. La distruzione, soprattutto avvicinandosi al finale, sfoggia un cut-up tanto spinto da far impallidire quello usato da William S. Burroughs. In Metodo della sopravvivenza si potrebbe semmai parlare di residui di cut-up, incorporati in una struttura la cui razionalità è quasi perfetta. Questi residui sembrano motivati dalla necessità di porre in essere una parvenza di continuità col passato dello scrittore. Vediamo di fare un esempio concreto. Nel linguaggio tipico de La distruzione, un periodo può interrompersi in modo brusco senza considerazione alcuna per la sintassi e per la comprensibilità del testo, finendo persino con una preposizione, con un pronome relativo, con una particella, etc. Così possiamo imbatterci in capolavori come: 

Perché vivo se non. 

Dopo avere precisato che essi portavano con sé una valigia di pelle nera nella quale hanno posto il denaro, la signorina Bianca Salinari ha affermato che 

La sola donna che 

Prendo in mano il coltello comincio a  

E.  

Questa amputazione delle frasi, lasciate finire in modo folle, non è affatto tipica di Metodo della sopravvivenza. Ne ricordo pochissime occorrenze e tutte hanno l'aspetto di elementi incongrui incorporati in un contesto per il resto abbastanza omogeneo. Anche l'uso della punteggiatura è decisamente migliorato.

Non è soltanto la forma ad essere cambiata. C'è anche una differenza ontologica tra le due opere virgiliane. Il protagonista del primo romanzo era un uomo sessualmente insoddisfatto. Agognava di realizzare fantasie morbose, atti erotici che tuttavia non si materializzavano mai. La scusa era la cronica penuria di liquidità. Mancando i soldi, le giovani prostitute si sottraevano alle sue attenzioni, non ne volevano sapere di lui. Soltanto le masturbazioni che faceva ai ragazzi restavano alla sua portata, per quelle erano sufficienti pochi spiccioli. Il protagonista del secondo romanzo è invece un uomo sessualmente soddisfatto, che ha trovato il modo di irretire un gran numero di donne con cui realizzare ogni desiderio. Così vediamo Anna, una giovane moglie cornificatrice che rende becco il marito. Si reca nell'appartamento del vecchio professore e si presta a fare da schiava. Striscia ai piedi del suo master e glieli lecca, passando la lingua tra le dita. Poi gli prende in bocca il fallo, per passare quindi a lambirgli le emorroidi con voluttà, infilando nell'ano la punta della lingua. Dice al padrone che se vuole può anche sodomizzarla, ma lui le dice che farlo sarebbe troppo faticoso. Anna ha diversi amanti a cui concede la propria intimità anale. Si fa sfondare il retto dai focosi stalloni, mentre nega tutto ciò al marito, a cui è permesso al massimo di deporre un po' di albume nella vagina, lui sopra e lei sotto. In realtà al professore sadico non piace tanto farsi praticare il sesso orale: ama invece moltissimo costringere le sue schiave a praticarlo ai ragazzi reclutati di volta in volta. La sua morbosità è infinita. Ha sempre cura che le fellatrici mandino giù tutto lo sperma emesso loro in bocca, affinché lo digeriscano e lo trasformino in sterco. Al giorno d'oggi tutto ciò è ordinario, qualsiasi casalinga si eccita guardando video con simile materiale su YouPorn, Xvideos, Pornhub o in altri siti similari. Nell'epoca pre-Internet si trattava invece di autentiche perversioni sadiane, in grado di sconvolgere anche persone abbastanza disinibite. 

Sopravvivenza e parazzolitudine 

L'idea che non posso togliermi dalla mente è questa: la paternità di Metodo della sopravvivenza è da attribuirsi per intero a Ferruccio Parazzoli, uno degli artefici dell'entità memetica conosciuta come Dante Virgili. In questo si differenzia da La distruzione, che era opera di un'altra mano, anzi, con ogni probabilità di più autori - di cui uno doveva essere proprio Antonio Franchini. Più mi immergo nella lettura della produzione letteraria del Parazzoli, più mi convinco della fondatezza della mia ipotesi. Metodo della sopravvivenza non è tanto virgiliano, posto che l'aggettivo abbia un reale senso, quanto parazzoliano nell'essenza più profonda. Franchini ci parla anche delle vicissitudini di questo romanzo, sempre in Cronaca della fine. Stando a quanto sostiene, in Mondadori ci sarebbero state forti perplessità sulla pubblicazione: la cosa andò per le lunghe, trascinandosi per tutto il 1991, finché l'anno successivo la morte dell'autore avrebbe bloccato ogni progetto editoriale. Mi pare invece plausibile che il testo controverso sia stato prodotto in fretta e furia in seguito all'esumazione del primo romanzo attribuito a Virgili, La distruzione, ripubblicato nel 2003.

Analisi del testo e inconsistenze varie

N.B. I numeri di pagina delle citazioni si riferiscono all'edizione del 2008, quella della Pequod.

Benissimo, cominciamo con i pompini. 

Le variazioni, impasto di voluttà. Blow-job. Le immagini mi esaltano. al risveglio pieno vedo la camera invasa dal giorno chiaro.
pag. 121 


Frustavo Mirella mentre in ginocchio faceva un blow-job a Franco in poltrona.
pag. 205 

Commento: 
Come mai compare il termine blow-job (attualmente scritto blowjob) negli anni 1990-91? 
Nel doppiaggio del film Insatiable con Marilyn Chambers, del 1980, l'inglese blowjob è tradotto in italiano con "lavoro di soffio", in modo letterale nonostante il palpabile nonsenso. Eppure in Metodo della sopravvivenza, che dovrebbe risalire al 1990, troviamo il termine blow-job, scritto col trattino, già nell'uso corrente, incorporato senza troppi problemi nel patrimonio lessicale della lingua italiana. Parazzoli, cui Franchini sembra attribuire in Cronaca della fine una certa dimestichezza col materiale hard, deve avere avuto familiarità con questo termine, che suppongo abbia inserito nella narrazione attribuita a Virgili. Il fatidico vocabolo blowjob è diventato di pubblico dominio a causa dell'affaire Clinton-Lewinsky, risalente al 1998, ma solo sporadicamente compare in testi in italiano: non è riuscito a spiazzare il nativo pompino o il latino fellatio. Questi sono indizi, anche se non prove inconfutabili, del fatto che Metodo della sopravvivenza sarebbe stato scritto più tardi del 1990.

Dai pompini passiamo ora alla letteratura. 

"Interessante, vado avanti. A sessantotto anni Carlo Levi si toglie la vita gettandosi nella tromba delle scale. Thomas Mann ha avuto due sorelle suicide; nel 1949 si uccide il figlio Klaus."
"Ricordiamo che dobbiamo un gallo ad Asclepio, fu l'ultima frase di Socrate dopo aver bevuto la cicuta", aggiunge il dermatologo. "Si dice che Diogene si sia suicidato trattenendo il respiro. Come va la schiena?"
"Male, mi gratto".

pag. 213 


Commento: 
Com'è possibile che Virgili confondesse Primo Levi (1919-1987) con Carlo Levi (1902-1975), ma ricordasse quanti anni aveva lo scrittore torinese quando si è suicidato? Per inciso, Carlo Levi, autore di Cristo si è fermato a Eboli, è morto di polmonite. Il commento del carissimo amico Sergio quando gli ho fatto notare la stranezza è stato: "Un cialtrone, questo Virgili." Ok. Il punto è che la cialtroneria non risolve il mio interrogativo. Sembra quasi che  Parazzoli abbia lasciato scientemente nel testo un'esca per il lettore, come a dire: "Vediamo se capisci che si tratta di una beffa letteraria".

Anche se non contiene elementi di prova, riporto un dialogo tra il protagonista e il suo psicologo, che è un autentico capolavoro: 

"Non riesco a intuire le cause del suo odio direi biologico per gli americani. Forse c'è un rapporto con la guerra, ne parlammo allora ma lei era insensibile, assente".
"In parte. La casa di mio padre andò distrutta nel corso di un bombardamento. Gli americani distruggono, poi diventano i liberatori. Le racconto un fatto, se ha voglia di ascoltarmi".
"Volentieri, noto che oggi ha tendenza all'espansività, ma non esageri".
"Nell'ambiente in cui vivo il dialogo è impossibile, dovrei approfondire il calcio".
"A me piace, a lei no, suppongo". Guarnieri ride: "Vado spesso alla partita".
"Come spettacolo, giusto, non come centro della cultura collettiva. Per evitare il servizio di leva accettai durante l'ultimo anno di guerra un posto d'interprete presso un reparto dell'esercito di occupazione. Furono giorni rischiosi ma animati da eventi insoliti... Scomparsi i tedeschi non volli reintegrarmi subito nella vita civile.
Viaggiai per l'Italia, mi fermai a Napoli. Ho una conoscenza approssimativa dell'inglese e venni assunto come aiuto interprete da un ufficiale britannico."
"Cerco di convincere mio figlio a perfezionare inglese e tedesco, ma è svogliato. A lei le lingue sono state utili".
"Sì, mi hanno portato nel mondo dell'avventura. Dopo qualche mese, non ricordo perché, l'ufficiale mi prese a calci. Da allora cominciai a rimpiangere il mancato annientamento degli inglesi a Dunkerque. Non mi restava che abbordare gli americani. Andai a Livorno, che rigurgitava di yankee. Alle italiane piacevano, e cominciai a divertirmi in qualche compagnia estrosa. a favore della guerra gioca l'abbondanza di sesso. Fu questo che mi portò nella pineta di Tombolo. ne ha mai sentito parlare?"
"Vagamente, ero nella culla allora".
"La vita quasi selvaggia che si svolgeva a Tombolo era tollerata dalla Military Police. I soldati vi andavano a trascorrere il weekend o una breve licenza trascinando donne. Avevano provviste inesauribili di scatolame, alcol. Vivevano in capanne, in rifugi sugli alberi. Ballavano, orgiavano, erano in lite continua fra loro. Anch'io bevevo. I particolari di quella notte non li ricordo con chiarezza. Il litigio iniziò a causa di due toscane che volevano accoppiarsi soltanto coi loro boys e i militi erano quattro. Mi ero unito a loro masticando un po' d'inglese e interessato, divertito. La contesa degenerò in pugilato furibondo. A un tratto vidi nell'oscurità la lama di un coltello, sentii una donna urlare. Un soldato si accasciò al suolo, un altro fuggì. Un terzo orinava accanto a un pino, reggendosi in piedi a stento, ubriaco. È il momento, pensai. Estrassi il coltello a serramanico che avevo tolto al cadavere di un tedesco, arma appena sufficiente per questi tempi. Il quarto traballava tra le foglie aghiformi chiamando a squarciagola una donna. Pisciamo insieme, dissi avvicinandomi. Poi gli piantai nel ventre la lama, la estrassi rapido. Si afflosciò lungo il tronco con un borbottio, un sibilo. Non so se lo uccisi, lo spero, non vidi il sangue".
"Non sa se è o se non è un omicida" soggiunge Guarnieri sorridendo. "Un caso pirandelliano".
"Uccidere un americano con un'arma tedesca non è un omicidio, è un atto di guerra".

pag. 134-135 

Che dire? Questo è puro parazzolismo letterario! 

Il nostro Dante Virgili inciampa sul latino, lingua che non padroneggia affatto. 

Questo brano l'ho ricopiato al volo dal libro di Antonio Franchini, l'ormai familiare Cronaca della fine, dopo che avevo riconsegnato alla biblioteca il libro di Virgili, così non sono riuscito a recuperare il numero della pagina: 

Era oltre i sessanta, grassa, elegante, una collana di perle al collo, imbellettata, gli occhi le brillavano. Gli uomini di una certa età, mi disse, hanno un fascino speciale coi capelli quasi bianchi. Mi elargiva sorrisi, un giorno mi prese la mano che ritirai. A sentirla parlare dubitai che fosse laureata. Mi vide con alcuni quotidiani sotto il braccio, mi domandò: "Lei non è di Torino. Perché compra La Stampa?" Una sera il caso volle che ci incontrassimo, soli, sul pianerottolo. Nell'ombra mi baciò, mi accarezzò. Stavolta non ritirai la mano ed ebbi un'eiaculazione silenziosa. Mi pentii di essere stato al gioco. Si fece sempre più insinuante, più ardita. Come liberarmene. Eravamo nel gabbiotto. Confessò di annoiarsi spesso vivendo sola. "Hai il gatto nero" risposi. "Io acquisterò un cane per liberarmi del tedium vitae." Dalla sua perplessità compresi che non aveva afferrato, conclusi che era stata una bidella. Si ammalò, per tre mesi fu ricoverata. Al ritorno la vidi salire spesso sull'auto di un vecchio adiposo, calvo. Non mi importunò più, zum Glück, per fortuna. 

In pratica il protagonista si è sburrato addosso, eccitato dal contatto con la mano di una vecchia carampana, ma non è questo quello che mi preme evidenziare. La locuzione latina che indica la noia di vivere ritorna ancora nel romanzo: 

Un giorno mi scappò un tedium vitae e non capì.
pag. 65 

Commento: 
Se ammettiamo che una persona in carne ed ossa, di nome Dante Virgili, abbia scritto il romanzo, dobbiamo allora porci una domanda. Com'è possibile che un autore colto scriva tedium vitae anziché taedium vitae? Non doveva quindi conoscere bene il latino. Doveva aver appreso a scrivere correttamente vitae dalla locuzione curriculum vitae o dal titolo dell'enciclica Humanae vitae. Non era stato in grado di scrivere taedium col dittongo perché non aveva mai letto la locuzione taedium vitae in un testo: l'aveva soltanto sentita dalla viva voce di qualcuno! Se però ammettiamo che l'autore sia Parazzoli, dobbiamo vedere nel tedium vitae senza dittongo un'altra esca rivolta al lettore, per rivelare tra le righe la beffa letteraria.  

Sopravvivenza e Nazionalsocialismo

Sono evidenti gli inganni relativi alla politica. Il professore di tedesco sembra incapace di distinguere Helmut Kohl da Adolf Hitler: basta che una persona parli tedesco e diventa subito una divinità ai suoi occhi. Legge persino le opere di Thomas Mann, cosa che come minimo disgusterebbe un autentico eguace del Nazionalsocialismo tedesco. Non dobbiamo dimenticare che Mann esaltò gli esecrabili stupri compiuti dagli uomini di Ilya Ehrenburg ai danni delle donne tedesche, gioì per le immani devastazioni apportate dall'Armata Rossa e per i bombardamenti che incendiarono le città tedesche. Se ci mettiamo nei panni di un patriota tedesco che ha assistito alla riduzione in cenere della Germania, Mann può soltanto essere un lupo vorace e un demonio, un traditore che ha rinnegato il proprio Sangue (Blut) e il proprio Suolo (Boden), squarciando il ventre stesso della Patria (Heimat). Il protagonista di Metodo della sopravvivenza, così come il suo autore, dovrebbe condividere il medesimo sentire. Applico quindi la logica consequenziale. Se fosse vera la favola di Virgili "scrittore nazista", questi avrebbe potuto fare soltanto una cosa con i libri di Mann: bruciarli. 

Conclusioni:
Il Male incarnato da Dante Virgili nella teologia parazzoliana non è un principio creatore funesto. Non è un Demiurgo. Non è Ahriman. Tuttavia non è nemmeno l'assenza di Bene di cui parlava Agostino d'Ippona. Si tratta di qualcosa di assai più simile al Lato Oscuro della Forza nella mitologia di Guerre Stellari. Il cardine del parazzolismo ha tutta l'aria di essere una strana forma di panteismo influenzato in modo profondo dalla religione dei Cavalieri Jedi, cosa sorprendente per uno scrittore che per anni è stato presentato come un pilastro della Chiesa di Roma. In quest'ottica, Virgili è concepito come una specie di Sith, un Darth Vader, una massa di oscurità scaturita dagli abissi di quell'Energia Cosmica che costituisce e tiene insieme tutte le cose. Come uno sciamano nel corso di una catabasi, il vero autore di Metodo della sopravvivenza avrebbe affrontato un'impresa densa di rischi, misurandosi con questa idea di Male. Alla fine, dopo tanto tempo, le falle in questa architettura concettuale cominciano a rivelarne la natura posticcia. 

LA DISTRUZIONE 

Autore: Dante Virgili
Anno: 1970 

Genere: Romanzo
Sottogenere:
Apocalittico, flusso di coscienza, cut-up, BDSM,
    pseudo-autobiografico   
Nuove edizioni:
2003, 2016 
Editori:  
   Mondadori (1970)

   Pequod (2003, collana Pequod)
   Il Saggiatore (2016, collana La cultura)
Pagine (2003): 247, Brossura

Pagine (2016): 318, Brossura 
Codice ISBN (1970): A000202600 
Codice EAN (2003): 9788887418491
Codice EAN (2016): 9788842822219


Sinossi (da www.ibs.it): 
"Un uomo repellente e luciferino, abbandonato a se stesso nell'orrore di un'estate milanese, sogna l'apocalisse nucleare e rimpiange il Terzo Reich. È stato interprete per le SS, ha amato e perduto una donna di nome Bianca. Adesso che la guerra è finita, lavora come correttore di bozze per un giornale, insegue giovani cameriere e garzoni spinto da un'ossessione sadomasochista e da ciò che resta di una turpe volontà di potenza. È il 1956, la crisi di Suez gli sembra il preludio alla Terza guerra mondiale, una guerra che agogna, igiene di un Occidente immondo che odia, come odia se stesso. "La distruzione", primo romanzo italiano apertamente nazista, apparve per Mondadori nel 1970, mentre il mondo celebrava l'illusione di un futuro di pace e di palingenesi collettiva. Nei due anni precedenti, alcuni dei maggiori intellettuali italiani - tra loro Sereni, Giudici e Parazzoli - valutarono l'opportunità della sua pubblicazione. Doveva essere una bomba a orologeria, accendere polemiche, stanare benpensanti, rivitalizzare come un elettroshock la scena letteraria nazionale con l'irruenza di Celine (sic) o de Sade. Non se ne accorse nessuno. Da allora, però, l'opera di Virgili riemerge ciclicamente come un incubo, interrogando con le sue sinistre profezie, con la sua bruciante inattualità. Prefazione di Roberto Saviano."

Riassunto:  
Un edificio esploso composto da deliri simili a schegge impazzite di una mente in disintegrazione. In buona sostanza è il flusso di coscienza di un attempato signore che per passatempo fa le pippe ai giovani, finendo con l'identificarsi con Adolf Hitler assediato nel bunker di Berlino. La dialettica del protagonista percorre binari immutabili e tragici. 

Premesse: 1) Ho inclinazioni sadiane
2) Sono povero
3) La Germania ha perso la guerra 


Segue:
i) Non posso soddisfare le mie inclinazioni
ii) Sono uno straniero nel mondo 


Conclusioni: 
a) Non dovevo nascere;
b) Il mondo deve ardere.


Diciamo che questa catena logica incarna quanto il volgo, nella sua pochezza mentale, pensa delle pulsioni apocalittiche.

Peculiarità linguistiche: 
Estremo cut-up. La punteggiatura è quasi assente, intere frasi coordinate e subordinate sono agglutinate tra loro con un collante invisibile, per poi subire improvvise fratture. Si aprono abissi ogni volta che una frase si conclude nel bel mezzo, spesso con una preposizione, senza un verbo. Si fatica a scorgere un filo conduttore, perché mondi diversi sono messi tra loro in contatto saldando discontinuità che si potrebbero pensare ineliminabili. Così mentre si trova in un locale, nel bel mezzo di un pasto fa irruzione la Guerra e ci si trova proiettati nel bel mezzo di uno scontro, con tanto di bombe che esplodono. Sperimentalismo che va al di là di ogni orizzonte concepibile, inumano, abissale, ma privo di qualsiasi nesso con la Germania del Terzo Reich e con il suo concetto di arte.

Recensione:  
Abbiamo mostrato che Dante Virgili non è mai esistito, che è una fabbricazione letteraria. Passiamo quindi ad analizzare i testi a lui attribuiti per scoprirne le incoerenze interne.

La distruzione è stato definito dalla critica "Il primo romanzo apertamente nazista pubblicato in Italia". Allo stesso modo, Dante Virgili è stato più volte definito "l'unico scrittore italiano nazista". Simili giudizi ricorrenti sono di per sé colossali stronzate. Colui che ha scritto questo singolare romanzo è tutto fuorché un nazionalsocialista tedesco. Anzi, diciamo che il personaggio Dante Virgili può essere definito in un modo soltanto: anarchico individualista stirneriano. L'anarchia traspare da ogni sillaba da lui proferita, mentre non si trovano tracce convincenti della complessa mitologia nazionalsocialista. Dante Virgili has no Nazi beliefs. Così direbbe un compatriota di Sir Jimmy Savile.

L'inesistente antisemitismo di Virgili  

Una domanda cruciale quanto scomoda. Dov'è l'antisemitismo in Virgili? Diciamolo pure. Der Judenhass des Dantes Virgilis existiert nicht. L'antisemitismo di Dante Virgili non esiste. A contraddire questo dato di fatto non basta di certo un riferimento al "martirologio ebraico" che oggi andrebbe tanto di moda, o una fugace allusione ai campi di sterminio: ho sentito ben di peggio da persone di sinistra. Ricordo ancora una pantomima su un rabbino descritto come un tappo col nasone, fatta da un convinto antinazista ma degna della retorica di Streicher, e altre similari trovate di buontemponi. L'antisionismo di sinistra è ben più feroce e virulento della menzione virgiliana del "martirologio ebraico". Questa è la frase esatta: 

"È di moda il martirologio ebraico. Tant’è, non si può andare contro il proprio tempo. Come se fossero vittime solo i morti gassati non quelli arsi con le bombe al fosforo. E gli atomizzati in Giappone. Già, non fu un crimine. Ma quei lanci si ritorceranno presto su loro, eh eh ALTRE Enola Gay." 

Benissimo. Passiamo dunque alle opinioni di Vittorio "Vik" Arrigoni, quello il cui motto era "restiamo umani" - e che al contempo definiva gli Israeliani "demoni sionisti" invocando su di loro la dannazione. Opinioni non troppo dissimili a quelle della dirigenza della NSDAP e dello stesso Adolf Hitler, che non esitava a definire il popolo ebraico come "anti-razza demoniaca". Pochi al giorno d'oggi ricordano la tipica locuzione hitleriana Ein Volk von Dämonen "un popolo di demoni". Ebbene, sono tra quei pochi. Ora, l'antisemitismo hitleriano non è una semplice forma di razzismo nell'ambito di una "gerarchia delle razze", come insegnano nelle scuole italiane e altrove. È qualcosa di molto più virulento, che nasce dall'idea di ritenere gli appartenenti al popolo ebraico abitati da un'ontologia altra, non umana, come quella degli insetti, ad esempio. Non è soltanto un'insieme di invettive o di battute: è una Weltanschauung, una visione del mondo. Non è soltanto parte integrante delle dottrine nazionalsocialiste: è la particolare lente attraverso cui un nazionalsocialista vede ed interpreta ogni cosa presente nell'Universo. Mi sembra quasi inutile rilevare che di tutto questo nell'opera di Virgili non esiste la benché minima traccia. Ergo, er ist kein deutscher Nationalsozialist. Non è un nazionalsocialista tedesco. Punto.

L'esibizione del mostro

La descrizione o meglio l'invenzione di Dante Virgili come "nazista" è strumentale. Nella teologia parazzoliana e franchiniana, questo personaggio svolge il delicato incarico di incarnare il Male. Per questo motivo indossa la pelle del mostro. Non è importante che per svolgere questa funzione Virgili sia un vero e fanatico credente del Nazionalsocialismo tedesco. Basta che egli rappresenti tutto ciò che il popolo italiano crede a proposito di Adolf Hitler e dei suoi adepti. Qui entra in gioco il collegamento con la sfera della sessualità. Quando ero ancora un liceale, mi capitò tra le mani un giornale pornografico abbastanza squallido - se ben ricordo era Caballero - che dedicava alcune pagine a Hitler e ai suoi vizi bestiali. La tesi dell'articolista era la seguente: per essere un simile mostro, il Führer doveva avere pulsioni sessuali davvero aberranti, vomitevoli, spaventose. L'immaginazione era però scarsa. Le foto che corredavano quelle pagine erano pietose, mostravano un uomo truccato coi baffetti che toccava morbosamente una donna nuda tanto obesa da avere i cassetti di adipe sulle braccia, sulle gambe e sul ventre. L'uomo che impersonava il dittatore somigliava un po' a Charlie Chaplin; indossava l'uniforme e sfoggiava al braccio una vistosa Armband con la svastica. In realtà non si vedeva alcuna scena sessuale. L'articolista si limitava a suggerire che gli atti erotici dovessero consistere nell'inserimento del fallo eretto nei cassetti di lardo della chubby, con sfregamento fino all'eiaculazione. Beata ingenuità da oratorio! Quello che conta è l'idea portante che sta dietro la visione del genocida come di un soggetto sessualmente disturbato, le cui mostruosità e la cui pazzia derivino proprio dalle turbe della sessualità. Siccome la gente era traumatizzata dalle amenità del sadomasochismo, ecco che proprio questa forma di sessualità era ritenuta la causa diretta delle dottrine genocidarie. In realtà il sadomasochismo (BDSM), per come è concepito dalle masse, è una semplice collezione di amenità. Il contesto che ha visto l'invenzione del personaggio di Dante Virgili non era così disinibito come quello attuale: bastava poco per traumatizzare il lettore. Al giorno d'oggi nessuno crederebbe che un uomo possa diventare un genocida perché gli piace frustare o essere frustato, o perché ama qualche forma di umiliazione sessuale, ma all'epoca in cui La distruzione vide le stampe tutto ciò bastava e avanzava per sconvolgere le persone. Vediamo poi l'attribuzione al protagonista del romanzo di pulsioni ambigue, che sconfinano nella pederastia: egli paga alcuni ragazzi perché si facciano da lui masturbare fino all'eiaculazione. Assieme al BDSM, la bisessualità era nell'immaginario degli anni '70 un altro dei marchi del mostro. Lo studio delle pulsioni sessuali di Adolf Hitler e dei principali dirigenti della NSDAP meriterebbe un volume di densissima trattazione, cosa che esula dalle finalità di questo post. Eppure non è così immediato scorgere un nesso di causazione lineare tra le parafilie dei nazionalsocialisti e l'edificio politico del Terzo Reich, che trae la sua origine dall'hegelismo e dal darwinismo. Non è nemmeno scontato che tali parafilie fossero per necessità di natura sadica. Uomini come Heydrich e Eichmann, responsabili di un immenso numero di morti, potrebbero non aver mai dato nemmeno un buffetto a un bambino in tutta la loro esistenza. Himmler aborriva la vista del sangue, tanto che svenne quando a Minsk dovette assistere a una fucilazione di un centinaio di ebrei: sembra che ci fosse una grande dissociazione, un abisso tra l'edificio ideologico che reputava necessario lo sterminio e la personale sensibilità di coloro che lo hanno organizzato con glaciale determinazione. Un ipotetico superstite nazionalsocialista, avendo la possibilità di scrivere un romanzo autobiografico per diffondere la propria ideologia in un contesto abbastanza ostile, non avrebbe ritenuto opportuno parlare proprio della sessualità e della sua torbida natura: avrebbe impostato i suoi scritti in modo assai diverso rispetto a Virgili. Diciamo che non ne sarebbe uscito qualcosa come La distruzione.

Fraintendimento di una profezia apocalittica    

Ciò che ha permesso il rilancio dell'opera di Virgili dopo tanti anni dalla sua prima comparsa è questo brano: 

"Mi lecco le labbra pensando all'ammasso di pietre cui si ridurranno le loro città. Colonne di fuoco alte come i grattacieli torri crollanti in un orizzonte sconvolto il cielo brucia sopra New York. Broadway Manhattan Fifth Avenue i quartieri dei ricchi CHICAGO le zone delle fabbriche il centro Montrose Hyde Park mutati in magma ardente mai il loro suolo fu devastato urla raccapriccianti torme impazzite corpi a brandelli spoglie orride ATOMTOD la guerra è giusta dispensiera di vendetta."

Tutto è stato molto semplice: si è detto che lo scrittore bolognese aveva profetizzato gli attentati dell'11 settembre 2001, che hanno provocato il crollo delle Torri Gemelle di New York. Un'occasione editoriale davvero molto ghiotta, una volta che i fatti sono accaduti! Infatti nel 2003 La distruzione viene pubblicata dalla casa editrice Pequod. In realtà, se leggiamo con attenzione il testo sopra riportato, vediamo che vi è descritta tutt'altra cosa: una guerra termonucleare globale! Cosa che, purtroppo, non si è affatto realizzata, mi sia consentito aggiungere. Un fraintendimento davvero bieco, non trovate? 

Virgili, Saviano e il Web

La casa editrice Il Saggiatore nel 2016 ha pubblicato La distruzione con una prefazione di Roberto Saviano. Il testo è consultabile nel sito di Repubblica:


Mi sia consentito dirlo: nello scritto savianesco trovo poche idee e confuse, non facili da enucleare in mezzo alla massa dei semplici dati descrittivi (Virgili è un brutto e cattivo nazista che non ha avuto moglie né figli, etc.). A quanto ho potuto intendere, secondo l'autore di Gomorra, il testo di Virgili sarebbe una sorta di vaccino in grado di prevenire l'attecchimento dell'odio - sentimento del tutto naturale ma sommamente temuto dai fautori del politically correct, che vorrebbero un'umanità lobotomizzata. Stando alle aspettative, La distruzione dovrebbe operare la metamorfosi dei lettori in Puffi! Blog e siti con recensioni del romanzo virgiliano ce ne sono a bizzeffe. In genere sono concentrati di banalità e di opinioni scontate. Riporto il link a un articolo di Alberto Grandi, apparso su wired.it, sui cui contenuti forse sarebbe meglio stendere un pietoso velo:


Davvero singolare l'opinione secondo cui uno spaccato cerebrale di un autore fantomatico e anarchico individualista stirneriano sarebbe la miglior chiave per comprendere Adolf Hitler, il Mein Kampf e... l'autore della strage di Orlando! Forse anche Gambadilegno e Macchia Nera, perché no? 

Conclusioni
Non è che Sereni, Giudici, Parazzoli si limitarono a valutare le opportunità editoriali di questo stravagante romanzo. Diciamo piuttosto che Sereni, Giudici, ma soprattutto Parazzoli - e Franchini, non dimentichiamolo - sono gli artefici dell'esistenza stessa di Dante Virgili, coloro che hanno concepito e organizzato questa ingegnosa beffa letteraria. Questo io credo: essi hanno creato il personaggio per provocazione politica. Forse pensavano di gettare il sasso nella piccionaia e di sconvolgere l'intera società, già pervasa da parossismi rivoluzionari, seminando il caos, agendo come Nyarlathotep. O forse hanno operato solo per il gusto della goliardia? Certo pensavano che Eco, Arbasino and company avrebbero urlato scandalizzati all'apparire di uno scrittore "nazista", pontificando come papi infallibili e lanciando fulmini. Invece Eco, Arbasino e gli altri hanno risposto alla creazione di Virgili, di cui hanno subito compreso la natura fraudolenta, con un silenzio tombale, assoluto - cosa che ha destato la grande irritazione di Franchini, come si può dedurre dalla lettura del suo libro "documentario" virgiliano Cronaca della fine

martedì 1 gennaio 2019

L'ENIGMATICO CASO DI DANTE VIRGILI

Dante Virgili (Bologna, 21 marzo 1928 - Milano, 20 maggio 1992) costituisce senza dubbio non soltanto un'anomalia stridente nel panorama letterario italiano, ma anche un grande mistero. Fatto più unico che raro per un uomo vissuto in Italia settentrionale nella piena luce del XX secolo, non esiste di lui nemmeno una fotografia. Questo almeno racconta la vulgata corrente. Scarse le notizie biografiche. Da bambino sarebbe stato un balilla e un campione di dama, cose non insolite per un bambino nato ed educato nel Ventennio. Le descrizioni fatte da chi lo conobbe sono a dir poco impietose. Un ometto repellente, fisicamente e moralmente ripugnante: così viene definito questo personaggio che sembra un incrocio tra Louis-Ferdinand Céline e Albert Caraco, il cui nome ha tutta l'aria di essere uno pseudonimo fabbricato ad arte accostando il nome di Dante Alighieri al nomen gentilitius di Publio Virgilio Marone. Secondo il giornalista Antonio Franchini, il bizzarro scrittore avrebbe avuto qualche somiglianza col grottesco pupazzo Provolino, famoso negli anni '70. La sua caratteristica principale sarebbe stata la dentatura difettosa, formata dai soli incisivi, cosa che l'avrebbe costretto a una peculiare dieta carnivora a base di prosciutto e di carne trita cruda. C'è però un'altra caratteristica di Virgili che balza subito agli occhi, più delle sue peculiarità fisiche e dietetiche: il fatto che egli sia stato definito come l'unico scrittore italiano nazista. Una costante della sua produzione è infatti la nostalgia di Adolf Hitler e del III Reich, innestata sul tema apocalittico: l'invocazione di un conflitto termonucleare globale che vendichi l'onore della Germania distrutta. Altra etichetta spesso applicata all'autore in questione è nichilista, che mi sembra nettamente più sensata rispetto alla forzata attribuzione all'ideologia hitleriana. Oltre all'anelito apocalittico, una notevole peculiarità virgiliana è l'ossessione per le pratiche sessuali sadomasochistiche, che permea in modo capillare ogni pagina dei suoi scritti.

Le opere pubblicate di Dante Virgili sono due romanzi, in apparenza ricchissimi di elementi autobiografici: 

1) La distruzione, scritto nel 1969 e pubblicato nel 1970; 
2) Metodo della sopravvivenza, scritto nel 1990 e pubblicato quasi un ventennio dopo, nel 2008.


Sorge a questo punto una domanda destabilizzante. Ma è poi esistito davvero Dante Virgili? Perché vedete, l'ipotesi che quest'uomo senza nemmeno una fotografia non sia mai esistito non è poi così peregrina e non si tratta nemmeno una mia perversa invenzione. Questo è infatti quanto è riportato su Wikipedia (dicembre 2018): 

"All'epoca della riedizione de La distruzione, pubblicizzata come la riscoperta di un grande autore emarginato per ragioni ideologiche, fu sollevato il dubbio che Dante Virgili non esistesse nemmeno."

Va detto però che da nessuna parte, nel Web o altrove, si menziona il nominativo anche solo di una delle persone che hanno sollevato il dubbio sull'esistenza del nostro eroe letterario. La circostanza mi appare assai singolare. Non si può lanciare il sasso e nascondere la mano. Manca quindi una parte importante del dibattito. Come mai? Cosa si vuole nascondere con questa strategia dell'ambiguità? 

Nell'edizione del 1970 de La distruzione, sul retro del volume si possono leggere alcune note biografiche sulla vita adulta dell'autore, che sono comunque assai scarne e con qualche venatura di improbabilità. Riporto il testo senza indugio: 

"Dante Virgili è nato a Bologna nel 1928. Oltre a essersi occupato di lavoro editoriale, ha scritto, sotto vari pseudonimi, libri di avventure e gialli per ragazzi. Attualmente risiede a Forlì, presso la Fondazione Garzanti, dove ha potuto scrivere e portare a termine questo suo primo romanzo." 

Come mai il controverso autore aveva la sua residenza presso la Fondazione Garzanti? Ne era il guardiano? Il suo soggiorno a Forlì contrasta con notizie della sua presenza continuativa a Milano, dove avrebbe condotto un'esistenza spettrale, inumato in un monolocale simile a un loculo cimiteriale. 

Nell'introduzione al secondo romanzo di Virgili, Metodo della sopravvivenza, Pietrangelo Buttafuoco ci spiega:

"Dante Virgili è un fiore di quel giardino delle impossibilità qual è il cattiverio anarchico-fascista, ritiene, infatti, disastrosa la scoerta dell'America, odia l'americanismo e condanna definitivamente gli americani per i crimini commessi contro gli indiani cui nessun tribunale oserà mai dare una sentenza agli occhi dei "fratelli umani"." 

Nel Web di questi tempi è tutto un pullulare di individui assai singolari che si definiscono anarchico-fascisti. Ne ho persino trovato uno che si definisce anarco-nazionalsocialista. Si converrà che tutto ciò presenta qualche elemento di incoerenza definitoria.   


Cronaca della fine 

Il sopra menzionato Antonio Franchini, giornalista di Napoli, è l'autore dell'importante libro Cronaca della fine, pubblicato nel 2003 da Marsilio nella collana Farfalle (262 pagine, codice EAN: 9788831782487). Il volume mi è stato menzionato per la prima volta dall'amico C., un convinto sostenitore dell'esistenza storica di Dante Virgili, che vedeva con grande fastidio il mio profondo scetticismo. Nulla poteva farlo arrabbiare più della mia affermazione "Dante Virgili è un personaggio letterario, non una persona realmente esistita". Ebbene, secondo C. il libro di Franchini avrebbe dovuto contenure tutte le informazioni necessarie per farmi cambiare idea, per convincermi dell'esistenza fisica dello scrittore nichilista. Pur presentendo come sarebbero andate le cose, mi sono recato in biblioteca e ho preso in prestito il volume in questione, immergendomi nella lettura. Le aspettative di C. non si sono materializzate. Non soltanto i miei dubbi non sono venuti meno, ma quando sono giunto alla fine del testo franchiniano ero ancor più convinto della fondatezza delle idee da me sostenute. Questa è la sinossi di Cronaca della fine, reperita sul sito www.ibs.it


"Nel 1970, in piena rivolta giovanile, la Arnoldo Mondadori Editore pubblicò un romanzo in lode di Hitler, "La distruzione" di Dante Virgili. Franchini comincia ripercorrendo il tormentato iter che portò i funzionari editoriali di allora alla decisione di pubblicare l'unica opera apertamente, dichiaratamente nazista della letteratura italiana. Poi ricostruisce, attraverso testimonianze di chi lo conobbe e ricordi personali, la figura del'autore, "demone meschino" ma soprattutto scrittore potente e visionario. "Cronaca della fine" è un'inchiesta su un caso editoriale, ma anche un'opera sul giudizio e sui suoi labili fondamenti, sui giudici e sulle loro debolezze, sui sommersi e i salvati della letteratura." 

Certo, Franchini riporta non poche notizie di considerevole interesse. Ad esempio parla dei ricoveri di Virgili in istituti psichiatrici e cita alcuni aneddoti stravaganti. Tuttavia i buchi, anzi, le voragini nella biografia dello scrittore non vengono colmati, le informazioni restano frammentarie e affogate in un mare di considerazioni fumose. Cosa avrebbe fatto il nostro eroico Dante durante la Seconda Guerra mondiale? Non è dato sapere: di certo non era un interprete delle SS come il protagonista de La distruzione, così come non ha potuto assistere alla trionfale entrata di Adolf Hitler a Vienna in seguito all'Anschluss. Resta soltanto la vaghissima notizia di una sua infanzia in Germania col padre (ma come, non era un balilla e campione di dama in Italia??). La cronologia non torna, i pur pochissimi elementi che la compongono non si incastrano, non combinano. Si capisce lontano un miglio che si tratta di un personaggio costruito a tavolino.

Il caso Dean Blackmoore 

Uno dei luoghi comuni più diffusi su Virgili riguarda un fatto ben curioso: sotto pseudonimo avrebbe scritto un gran numero di libri western per ragazzi. Nel libro di Franchini sono riuscito a risalire al fatidico nom de plume, ovviamente americaneggiante: Dean Blackmoore. Qualche breve ricerca nel Web e sono riuscito a risalire alla vera identità di Dean Blackmoore. Non era Dante Virgili, bensì Giuseppe Calanchi. Questo Calanchi era un prolificissimo autore di libri per ragazzi che scrisse sotto svariati pseudonimi e che ebbe fama ben oltre i confini nazionali. Non era un mostro e ha generato una figlia, Alessandra. Se Virgili fosse stato Calanchi, non sarebbe certo stato povero in canna. Le rendite derivate dalle vendite avrebbero dovuto garantirgli un certo agio e di certo l'indipendenza economica. Sapete come è andata? Dovendo per forza menzionare lo pseudonimo di Virgili, ecco che Franchini ha rischiato il tutto per tutto, contando sul fatto che ormai gli autori della letteratura per ragazzi non li conosce più nessuno. Ha rischiato e ha perso. 

Seguite questo link: 


Alcuni pseudonimi di Giuseppe Calanchi: J. William Sheridan; W. Flowe... e Dean Blackmoore! Una coincidenza interessante: Giuseppe Calanchi nacque a Bologna, come si dice di Dante Virgili, ma nel 1889. Impiegato statale, fu attivo in una brigata partigiana e riconosciuto patriota. 


Fu anche un attivissimo traduttore. Sue sono le traduzioni in italiano delle avventure di Huckleberry Finn (Mark Twain) e dei tre romanzi del Ciclo dei Moschettieri (Alexandre Dumas padre). Interessante, nevvero?

Il caso Silone 

A quanto riporta Franchini nel suo volume, per aiutare Virgili, oppresso da dure condizioni di indigenza, sarebbe stato scomodato Ignazio Silone (nato Secondo Tranquilli). Questo è quanto: 

Anche qui si presenta il solito ostacolo burocratico.
Virgili ha pubblicato un solo libro e per essere presi in considerazione dalla Cassa Scrittori ce ne vogliono almeno due.
"Vecchie regole che non si riesce a superare", si dispiace lo stesso Silone.
Ma il curriculum di Virgili conta ben ventiquattro romanzi western per ragazzi pubblicati dalla casa editrice Capitol con lo pseudonimo di Dean Blackmoore.
Si cerca di far passare la tesi per cui entiquattro pseudonimi possono valere un nome e il tentativo ha successo.
Silone comunica che è riuscito a far assegnare a Dante Virgili la somma di L. 200.000.

(Antonio Franchini, Cronaca della Fine) 


Silone è defunto nel 1978 e non può confermare né smentire, dal momento che nel paese di Urugal le ombre non proferiscono verbo. Tuttavia, se Dean Blackmoore è Giuseppe Calanchi, tutta la storia non può che essere una fabbricazione.

I miseri resti e il loro strano destino 

Franchini ci parla della morte di Dante Virgili e delle sue vicende postume. Ecco la narrazione. Lo scrittore morì nel suo triste alloggio, in completo stato di solitudine e di abbandono. Fu trovato il suo corpo orrendamente tumefatto e sfigurato, in un bagno di sangue. Il corpo di quello che è stato sempre descritto come un "ometto" veniva addirittura ad assumere proporzioni gigantesche! La salma fu quindi inumata in fretta e furia al Cimitero Maggiore di Milano. I pochi parenti marchigiani del defunto non hanno voluto sapere niente di lui. In Cronaca della fine viene descritta un'angosciante visita domenicale alla tomba di Virgili, da parte dello stesso Franchini e di Ferruccio Parazzoli, lo scrittore che - come si vedrà - tanta parte ha avuto nell'articolazione del mito memetico virgiliano. Si descrive il lotto cimiteriale in cui, sotto una semplice croce, sarebbe stato sepolto l'autore de La distruzione. Sarebbe interessante compiere una verifica sul campo, per controllare ad esempio la reale presenza della tomba pacchiana di un uomo in carrozzina e della sua consorte. Il destino ha voluto che le cose non finissero in modo così semplice, con quei resti mortali dimenticati sotto una croce. A distanza di anni, nel 2012, ecco che le spoglie sono state riesumate, con la minaccia incombente della loro dispersione nell'ossario comune. Contenute in una cassetta di zinco, le ossa di Virgili attendevano il loro fato di oblio eterno nell'entropia. A questo punto fu indetto un appello con crowdfunding per trovare le risorse necessarie per una sistemazione più dignitosa a quei resti. L'iniziativa fu lanciata dall'anarchico individualista Gerardo de Stefano e dal militante di CasaPound Andrea Lombardi, che si professa céliniano. Al termine del lungo iter, ecco un loculo assicurato e le ossa salvate. Per maggiori informazioni sulla complessa vicenda rimando agli articoli apparsi nel Web, come questi: 



Inumato nel 1992, ecco che dopo vent'anni, nel 2012, un corpo si sarebbe decomposto interamente, lasciando le ossa nude e facilmente collocabili in una cassetta di zinco. Sono un po' scettico su un così rapido disfacimento. Sarebbe interessante verificare la collocazione della nuova sepoltura (mi sembra che non sia indicata da nessuna parte) e il suo effettivo contenuto, ma non credo che sia necessario spingersi a tanto. 

Un'epidemia di fontite acuta 

Ora mi chiedo una cosa. Sostengo l'inesistenza di Dante Virgili, ed ecco che vengo aggredito nel Web, apostrofato col solitu urlo stridulo imperante dall'inizio della presidenza di Donald Trump: "Fonti?!?" Ormai se anche uno sostenesse che l'acqua pura è diafana e incolore, subito verrebbe aggredito. "Fontiiii?!!!!!?", gli strillerebbero senza sosta, come se avesse proferito una proposizione tra il pazzesco e il cervellotico. Ma, Sant'Iddio, le fonti semmai le dovete portare voi, che sostenete con tanta sicumera l'esistenza fisica di Dante Virgili su basi così insostanziali come quelle reperibili nel Web e nel libro di Franchini. Tanto più che quando qualcuno chiede le fonti all'epoca di Trump, spesso si scopre che trangugiava pentole di diarrea di Obama solo pochi anni prima. 

In sintesi: 
1) Non crediamo possibile che di Dante Virgili non esista nemmeno una foto. Pretendiamo quindi che ce ne venga esibita una. Non ci accontentiamo di un'immagine photoshoppata di uno stortignaccolo reperito nei bassifondi della Rete: la foto deve essere autenticata da un ufficiale.
2) Pretendiamo l'esibizione di copie autenticate dei certificati di ricovero negli istituti psichiatrici che avrebbero ospitato l'augusto nichilista.
3) Pretendiamo l'esibizione di tutta la documentazione dell'iter burocratico relativo all'interessamento di Silone per il curriculum virgiliano e alla concessione del finanziamento della Cassa Scrittori.
4) Pretendiamo l'esibizione di tutta la documentazione mortuaria sulla prima sepoltura dei suoi resti e sulla loro successiva riallocazione. 


Se queste richieste non potranno essere soddisfatte, sarà scritta la parola conclusiva su un'invereconda beffa letteraria che per decenni ha tratto in inganno migliaia di persone. Certo, vorrei essere stato vittima di un colossale abbaglio, vorrei che l'eroico Dante fosse davvero esistito in carne ed ossa. Devo però aggiungere questo. Franchini, Parazzoli e gli altri demiurghi che a mio avviso hanno suscitato Virgili dalle tenebre, forse non sanno che esistono davvero uomini come il sottoscritto, interamente pervasi dall'anelito apocalittico, che realmente desiderano la combustione del genere umano in un conflitto termonucleare globale!