mercoledì 4 dicembre 2019


ULTIMATUM ALLA TERRA
 
Titolo originale: The Day the Earth Stood Still
Anno:
1951

Paese:
Stati Uniti d'America

Lingua originale:
Inglese, lingua franca galattica

Durata:
92 min

Colore:
B/N

Genere:
Fantascienza 

Regia:
Robert Wise

Soggetto:
dal racconto Addio al padrone (Farewell to the 

     Master
), di Harry Bates

Sceneggiatura:
Edmund H. North

Produttore:
Julian Blaustein

Casa di produzione:
Twentieth Century Fox

Distribuzione in italiano:
Fox

Fotografia:
Leo Tover

Montaggio:
William Reynolds 

Effetti speciali:
Fred Sersen 

Musiche:
Bernard Herrmann
 
Scenografia: Addison Hehr, Lyle Wheeler
Costumi:
Perkins Bailey 

Trucco:
Ben Nye 

Interpreti e personaggi: 

    Michael Rennie: Klaatu/Carpenter 

    Patricia Neal: Helen Benson 

    Hugh Marlowe: Tom Stevens

    Sam Jaffe: Prof. Jacob Barnhardt 

    Billy Gray: Bobby Benson 

    Frances Bavier: Sig.ra Barley 

    Lock Martin: Gort 

    Frank Conroy: Harley 

    Olan Soulé: Sig. Kurll 

    Elmer Davis: Se stesso 

    Drew Pearson: Se stesso

Doppiatori italiani: 

    Emilio Cigoli: Klaatu/Carpenter 

    Giovanna Scotto: Helen Benson 

    Adolfo Geri: Tom Stevens 

    Lauro Gazzolo: Prof. Jacob Barnhardt 

    Enrico Olivieri: Bobby Benson 

    Wanda Tettoni: Sig.ra Barley 

    Mario Besesti: Harley 

    Giovanni Saccenti: Sig. Kurll 

    Amilcare Pettinelli: Elmer Davis 

    Gaetano Verna: Drew Pearson

Titoli in altre lingue:

   Tedesco: Der Tag, an dem die Erde stillstand
   Francese: Le jour où la Terre s'arrêta
   Spagnolo (Spagna): Ultimátum a la Tierra
   Spagnolo (America Latina): El día que la Tierra se detuvo
   Portoghese: O Dia em que a Terra Parou
   Rumeno: Ziua în care Pământul s-a oprit
   Polacco: Dzień, w którym zatrzymała się Ziemia
   Russo: День, когда остановилась Земля
   Svedese: Mannen från Mars
   Finnico: Uhkavaatimus Maalle
   Turco: Dünyanın Durduğu Gün
   Ebraico (moderno): היום בו עמדה האדמה
   Persiano: روزی که دنیا از حرکت ایستاد
   Giapponese: 地球の静止する日
   Cinese: 地球停转之日
   Coreano: 지구 최후의 날
Budget: 995.000 dollari USA (fonte: Solomon, 1989)
Box office: 1.850.000 dollari USA 
 

Trama:

Un'astronave dalla tipica forma di disco volante sfreccia nei cieli della Terra raggiungendo Washington, dove atterra in un parco. La gente, seppur in preda allo shock, si accalca attorno al velivolo alieno. Sopraggiungono prontamente i militari con tanto di carri armati. Nello scafo metallico del disco volante si apre una porta, da cui scende un extraterrestre umanoide avvolto in una tuta argentea, col volto celato da un casco. Questo emissario alieno dice di essere venuto come amico e invita gli astanti a non aver paura. Quando estrae e attiva un piccolo marchingegno, un soldato giovane e coi nervi a fior di pelle si lascia prendere dal panico e spara, ferendo l'umanoide a una spalla. Dall'astronave emerge un gigantesco robot che con un raggio disintegratore colpisce le armi dell'esercito, facendole scomparire nell'aria. Accasciatosi, l'umanoide ordina al robot di fermarsi. Poi si alza e spiega che il congegno che aveva estratto era un dono per il Presidente degli Stati Uniti, qualcosa che gli avrebbe permesso di studiare la vita sugli altri mondi. L'alieno ferito
viene portato in un ospedale militare, dove riceve cure ed è sottoposto ad approfondite analisi; il suo aspetto risulta indistinguibile da quello di un umano caucasico. A questo punto rende noto il proprio nome, Klaatu, e viene visitato dal perfido segretario del Presidente, Mr. Harley, che cerca invano di estorcergli informazioni. Klaatu vuole riunire tutti i capi di stato della Terra per tenere loro un discorso d'importanza cruciale, ma questa iniziativa viene boicottata sul nascere. Intanto le sue capacità di recupero si rivelano prodigiose, così ne approfitta per evadere e mescolarsi all'ignara popolazione terrestre. Adotta il cognome Carpenter e si presenta a una affittacamere, che lo fa accomodare in una stanza della sua dimora dove vive con altri ospiti. Mentre l'extraterrestre in incognito fa amicizia con la giovane vedova Helen Benson e con suo figlio Bobby, i media danno notizia dell'evasione, con gli accenti isterici e frenetici tipici della stramaledetta genia dei giornalisti. L'uomo astrale non si trova ed è ricercato attivamente dai militari, strillano tutti i cronisti, mentre l'astronave chiusa è impenetrabile, con il robot lì davanti immobile e inamovibile. La bella Helen è concupita da un ganzo assillante, Tom Stevens, che la porta spesso fuori. A Klaatu non resta altro da fare che accudire Bobby durante le assenze della madre. Un giorno il ragazzino accompagna l'umanoide in un giro della città, che include una visita al Lincoln Memorial e alla tomba del padre all'Arlington National Cemetery. Ecco a cosa portano le guerre, atrocità organizzate che sugli altri pianeti sono del tutto sconosciute! Klaatu domanda a Bobby chi sia il più grand'uomo d'America, uno come Lincoln. Gli viene risposto che è il professor Barnhardt. Dopo qualche difficoltà, l'umanoide riesce a incontrare il luminare e gli rivela che la Terra è in grave pericolo: la scoperta di una rudimentale forma di energia atomica ha messo in allarme la Confederazione Galattica, che intende distruggere il pericolo sul nascere, entrando in azione qualora il genere umano decidesse di espandersi nello spazio. Su suggerimento del professore, Klaatu chiede di organizzare un incontro con i più importanti esponenti di tutte le nazioni, scienziati ed esperti di tutti i campi; come dimostrazione per convincere dell'assoluta urgenza del convegno, afferma che darà a tutto il mondo una dimostrazione di forza, drammatica ma non distruttiva. All'ora prefissata, l'energia elettrica viene neutralizzata su tutto il pianeta: per mezz'ora qualsiasi dispositivo che ne fa uso resta inutilizzabile. Passato quel breve lasso di tempo, tutto riprende a funzionare. Il problema è che Tom Stevens, spinto dalla gelosia, denuncia Klaatu, la cui identità nel frattempo è stata scoperta da Bobby e da Helen. Si scatenano le forze armate in mobilitazione generale, con l'ordine di sparare a vista all'uomo astrale. Sentendo che il proprio destino sta per compiersi, l'alieno dice alla donna di recarsi dal robot e di pronunciare la frase: "Gort, Klaatu barada nikto!" Soltanto così potrà fermarlo e impedirgli di distruggere l'intero pianeta. Come previsto, Klaatu viene raggiunto dai militari e ucciso. Helen riesce a ricordare la frase e a ripeterla all'automa, il cui nome è Gort, facendo cessare all'istante la sua azione vendicatrice. Il corpo dell'umanoide viene recuperato dal robot, portato nella nave siderale e messo in una macchina che ne attua la resurrezione. Le grandi personalità delle nazioni si riuniscono intorno al veicolo per il convegno organizzato dal professor Barnhardt. Dall'apertura formatasi nello scafo escono Gort e il Klaatu rinnovato, che tiene il suo storico discorso, un vero e proprio ultimatum alla Terra. Le alternative per il genere umano sono soltanto due: aderire alla Confederazione Galattica ed essere sottoposto alla polizia robotica, oppure continuare sulla propria strada e finire annientato. I due rientrano nel disco volante, che decolla e si allontana nelle vastità del Cosmo.
 

Recensione: 
Un film datato ma robusto. Direi che è come il cognac: più passano gli anni e più lo si gusta. Ne facessero ancora di capolavori come questo! Ahimè, non è così! Le fonti dell'Ingegno sembrano essersi esaurite. Non vedo più sgorgare nuove idee paragonabili a quello concepite dagli umani dei decenni trascorsi, quando i mezzi erano pur così limitati rispetto a quelli attualmente disponibili. Tanto appassionante è la trama, che lo spettatore sorvola facilmente sui punti più deboli. Ad esempio non interessa granché ragionare sul fatto che il disco volante di Klaatu sia giunto da un pianeta posto a 400 milioni di chilometri dalla Terra (quindi mediamente più vicino di Giove) impiegando ben 5 mesi a percorrere il tragitto. Più marchiano è il fatto che l'alieno, ben conoscendo l'indole bellicosa delle genti della Terra, non indossi mai alcuna protezione: con tutte le meraviglie tecnologiche del suo mondo, il minimo sindacale sarebbe stato un comune giubbotto antiproiettile. Quando il film di Wise è stato prodotto, si stava imponendo in tutta la sua drammaticità il contesto della Guerra Fredda, caratterizzato dalla pervasiva paura di un imminente conflitto termonucleare. Non fa quindi specie il sostrato politico presupposto dalla narrazione. Klaatu e Gort rappresentano bene la minaccia dell'Unione Sovietica e delle dottrine comuniste che affermano la necessità di sopprimere il concetto stesso di individuo per realizzare una società collettivista in cui ognuno è soltanto un atomo, una particella identica a tutte le altre. Questa esegesi, comune a gran parte della produzione fantascientifica statunitense di quei tempi, è la chiave per decrittare le trame fondate sul concetto di invasione aliena, a cui può essere attribuita una funzione catartica simile a quella della tragedia greca. La rappresentazione filmica degli aspetti più orribili della realtà permetteva al popolo di esorcizzare l'inquietudine proprio quando nuvole nere come l'inchiostro sembravano addensarsi all'orizzonte. Giova notare che proprio quando Edmund H. North assumeva l'incarico di sceneggiatore di Ultimatum alla Terra, il maccartismo stava impadronendosi di Hollywood.      

Il terrore dell'Ignoto

La natura ottusa dei militari descritti da Wise somiglia più a quella di un masso di granito che a quella di un essere senziente. Ogni loro azione è dettata da una coglioneria che non conosce paragoni. Il grottesco è esasperato fino a destare il disgusto nello spettatore. Possibile che di tutte le scelte che si possono fare in una situazione critica si traducano in atto proprio quelle più illogiche e deleterie? Una caratteristica della specie Homo sapiens è quella di essere essenzialmente chiusa alla Conoscenza. Gli umani conducono le loro squallide esistenze considerando il cielo come il guscio di una noce. Quando questa fragile barriera con l'innominabile Spazio Esterno viene rotta, rimangono tutti paralizzati dall'orrore. Abituati a comprendere soltanto l'ABC del piccolo mondo in cui conducono le loro futili esistenze, sono spiazzati da tutto ciò che non possono dominare con le poche regolette apprese con dura fatica. Dalle stelle può venire qualunque cosa. Anche un essere in apparenza identico a noi, che può passare per uno di noi. Un essere che considera una possibilità del tutto naturale spianare New York o distruggere Gibilterra per dare una dimostrazione di forza volta a imporre la pace. Un essere che si convince a usare un mezzo incruento soltanto perché ritiene "affascinante" e "stimolante" il problema concettuale proposto da un anziano professore, una sfida a trovare il modo di dare un'efficace dimostrazione di forza senza danneggiare alcuna creatura vivente.   

 
Il discorso di Klaatu 
 
Riporto le dense parole rivolte da Klaatu agli attoniti rappresentanti delle nazioni della Terra: 
 
"Io sto per partire. Mi perdonerete se vi parlo senza preamboli. L'universo diventa ogni giorno più piccolo, e il pericolo di aggressione da parte di chiunque e dovunque non può essere tollerato. È necessario che ci sia sicurezza per tutti gli esseri viventi. Ciò non vuol dire rinunciare a qualche libertà, se non a quella di agire da irresponsabili. I vostri antenati hanno pensato così quando hanno fatto le leggi per autogovernarsi ma anche una polizia per imporle. Anche noi che abitiamo gli altri pianeti abbiamo accettato questo principio e abbiamo creato un'organizzazione per la mutua protezione di tutti i pianeti e per la totale eliminazione di ogni aggressione. La forza di questa autorità superiore è una polizia che la faccia rispettare, e a questo scopo abbiamo fatto un esercito di automi. Il loro compito è pattugliare i pianeti con aerei astrali come questo, e mantenere la pace. In materia di aggressione abbiamo loro conferita assoluta autorità su di noi, autorità che non può essere revocata. Al primo segno di violenza agiscono automaticamente contro l'aggressore. Gli effetti che la loro azione può causare scoraggiano ogni iniziativa. Il risultato è che viviamo in pace, senza armi né armati, tranquilli perché sappiamo di essere liberi dal pericolo della guerra, e liberi di dedicarci ad attività più proficue. Non ci illudiamo di aver raggiunto la perfezione, ma abbiamo creato un sistema che funziona. Io sono venuto qui per dirvi questo. A noi non importa quello che fate nel vostro pianeta, ma se tentaste di estendere le vostre violenze, questa vostra Terra verrebbe ridotta ad un mucchio di cenere. Potete scegliere: unirvi a noi e vivere in pace o seguitare sulla strada in cui siete e venire annullati. Aspetteremo una risposta: la decisione spetta a voi." 

I contenuti esposti sono nell'essenza quelli della famosa opera di Thomas Hobbes, Il Leviatano. Detto questo, l'etica di Klaatu farebbe rabbrividire Mengele. 
 
 
Gort, Klaatu barada nikto! 
 
Non esiste una traduzione ufficiale (e a quanto mi risulta nemmeno una non ufficiale) del famoso comando che placa le ire del robot vendicatore. Esistono però alcune proposte di traduzione. La più ragionevole è senz'altro questa: "Gort, non vendicare Klaatu!" Probabilmente l'ideatore della frase masticava un po' di tedesco e di russo, da cui è stato inconsciamente influenzato. La parola nikto ricorda la negazione nicht "non", da cui si deduce che barada è il verbo che significa "vendicare". In russo nikto significa "nessuno", ma la traduzione "Gort, Klaatu ordina di non uccidere nessuno!" presenta qualche difficoltà, dato che sarebbe necessario interpretare barada come un verbo complesso, col significato di "ordinare di uccidere". Darei per buona la prima proposta, con barada nikto "non vendicare", anche se non esiste certezza alcuna. A conferma della bontà di questa traduzione sta il fatto che - come afferma lo stesso Klaatu - gli automi sono poliziotti che hanno autorità assoluta in materia di aggressione. Così il comando che disattiva la vendetta non può essere un ordine diretto da Klaatu a Gort, ma più che altro un codice convenuto con funzioni strategiche. Il fatto che funzioni anche se pronunciato da una donna terrestre ne è la prova. A questo punto si potrebbe anche dedurre qualcosa sulla grammatica della lingua aliena. Il nome Gort è al vocativo e non mostra nessuna desinenza. Allo stesso modo Klaatu, che deve essere all'accusativo, non ha desinenza alcuna. Si evince che questi casi sono espressi unicamente dalla posizione della parola nella frase. Questa è una deduzione molto importante. L'ordine sintattico è SOV (soggetto - oggetto - verbo): Klaatu, che è l'oggetto, viene prima del verbo. I grammatici tipologici impazzirebbero dalla gioia se lo sapessero. 
 
Altri possibili elementi grammaticali  
 
Un'altra frase in grado di interrompere le reazioni del robot è la seguente: "Gort, dekleto brasko!" Non è famosa, anche se è  pronunciata con voce chiara da Klaatu all'inizio del film, dopo essere stato ferito a una spalla da un soldato e aver assistito alla rappresaglia dell'automa. Confrontando la struttura di "Gort, dekleto brasko!" con quella di "Gort, Klaatu barada nikto!", emerge qualcosa di interessante. Si potrebbe dedurre che nella lingua aliena in questione il suffisso -to significhi "non" o abbia comunque la funzione di negazione. Esso è infatti contenuto sia in nik-to che in dekle-to, anche se nel secondo caso la -t- non è retroflessa. Vi è poi una frase imperativa solo in apparenza più semplice, usata da Klaatu per farsi seguire dal robot: "Gort, aringa!" La rotica -r- è così retroflessa da sembrare quasi un'approssimante labiovelare -w-. Se siamo certi della sua traduzione "Gort, andiamo!", non sappiamo dire come mai il verbo "aringa!" abbia una struttura tanto bizzarra. 

Un abbozzo di descrizione fonologica

La trascrizione utilizzata per la lingua di Klaatu si fonda sul principio "vocali come in italiano, consonanti come in inglese". Lo stesso che serve anche a trascrivere il giapponese in caratteri romani (rōmaji). Le vocali sono le cinque usuali: a, e, i, o, u. Si nota che la vocale -o finale di parola è sempre aperta, /ɔ/, come in nikto /'nikṭɔ/. Non esiste lo Schwa (vocale indistinta); non esistono vocali bemollizzate. Il sistema consonantico è in apparenza molto semplice, ma presenta qualche peculiarità: t e d sono retroflesse come in inglese, /ṭ/ e /ḍ/, nella maggior parte delle parole. Esistono tuttavia esempi di t e d non retroflesse, pronunciate come in italiano. La rotica r è quasi sempre il flap dell'inglese, /ɹ/. Queste peculiarità fonetiche vengono mantenute con cura anche nel doppiaggio della versione italiana del film. I gruppi consonantici sono abbastanza rari. Se ne trovano all'inizio della parola e in posizione mediana e sono abbastanza semplici (mai più di due consonanti). L'unico caso noto di parola che non finisce con una vocale è proprio il nome del robot, Gort /gɔɹṭ/. Sorge il dubbio che la lingua di Klaatu abbia una fonologia specializzata per classe semantica. Ci si aspetta che i nomi dei robot siano monosillabi e che finiscano con una o più consonanti. Invece i nomi propri di persona finiscono per vocale, ma possono iniziare con un gruppo di consonanti. L'accento è quasi sempre sulla penultima sillaba. Una notevole eccezione è proprio l'antroponimo Klaatu /kla:'ṭu/. Queste sono le parole che l'alieno trasmette con un microfono al suo pianeta di origine: "Inerekato aura, anto garo pipiseta santi pechereko bi a mitiko desokari nokato jeko." La parola mitiko è la sola con più di due sillabe ad avere l'accento sulla prima (suona quasi come l'italiano mitico). Ci si potrebbe azzardare a supporre che la terminazione -to, o forse -ka-to, sia proprio la negazione anche in questa sequenza verbale. Le consonanti affricate palatali trascritte con -ch- (in pechereko) e j- (in jeko) contrastano con tutte le altre occorrenze di -t- non retroflessa: non sembrano allofoni di queste ultime. La -s- di desokari trascrive una consonante sonora, ho evitato il carattere -z- per evitare pronunce erronee.

Un tenace pacchetto memetico

La frase "Klaatu barada nikto" (con omissione del nome del robot) è passata nella leggenda ed è stata utilizzata più volte in diversi film, in massima parte escrementizi. Nell'obbrobrioso film di Sam Raimi, L'Armata delle Tenebre (1992), si usa "Klaatu barada nikto" come una formula magica in grado di muovere potenze sovrannaturali. Ne possiamo trovare menzione persino nell'universo di Star Wars, per l'esattezza ne Il ritorno dello Jedi (1983): alla corte di Jabba si sente dire "Klaatu barada nikto" nel corso di un'orgia - se non ricordo male. L'interpretazione data da Lucas a questa sequenza verbale è ovviamente diversa, dato che Klaatu, Barada e Nikto sono i nomi di tre mercenari al servizio del perverso gangster. La segmentazione è quindi "Klaatu! Barada! Nikto!" (che fantasia!). 
 

Gort e Gnut 
 
Nel racconto di Harry Bates non si trova il nome Gort: il robot si chiama invece Gnut (verosimilmente da pronunciarsi /gnʊṭ/, visto il sistema di trascrizione). Il cambiamento si deve al fatto che è parsa suggestiva l'assonanza tra Gort e l'inglese God (ancor meglio è il tedesco Gott) "Dio", con riferimento alla capacità dell'automa di resuscitare il defunto Klaatu - o meglio di "reintegrarlo" - con l'aiuto di un macchinario che sfida i princìpi della termodinamica. Per quanto il regista Wise abbia sconfessato ogni interpretazione religiosa, lo sceneggiatore North ha ammesso che Gort ha la sua etimologia proprio nel nome anglosassone di Dio. La critica cristiana si è ringalluzzita e ha trovato molte similitudini evangeliche. Klaatu viene dal cielo e parla di pace, vieta a Gort di vendicare il suo ferimento prima e poi addirittura la sua uccisione, resuscita dai morti. Il nome che ha assunto per confondersi tra il volgo terrestre, Carpenter, significa "Falegname", cosa che ricorda le origini di Gesù e il santo schernito dal belluino popolo italico come "patrono dei cornuti e dei segaioli". Dal canto suo, Harry Bates non ha avuto una buona reazione al lavoro di Wise e di North, giungendo a rinnegare ogni legame tra la sua opera e la pellicola. Purtroppo non ho finora avuto occasione di leggere il racconto di Bates, potendo usufruire soltanto di informazioni di seconda mano. Quando l'avrò fatto ne pubblicherò una recensione e aggiornerò lo stato dell'arte sulla lingua di Klaatu, se saranno apportati nuovi dati significativi. Riporto il link a una recensione molto interessante di Farewell to the Master, che contiene informazioni di grande valore:  
 

Apprendiamo che Harry Bates si chiamava in realtà Hiram Gilmore Bates III. Appare subito evidente l'origine massonica della sua famiglia. Soltanto un Libero Muratore, e per giunta di grado molto elevato, darebbe un nome come Hiram a suo figlio. Su questo non ho il benché minimo dubbio. 


Gort e le Leggi della Robotica 

Gort non obbedisce alle famose tre Leggi della Robotica enunciate da Isaac Asimov. Perché si possa capire meglio la delicata questione, riporto il testo delle leggi asimoviane: 

1) Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

Gort e i suoi simili, che chiameremo robot gortiani, agiscono per contro secondo le seguenti Leggi della Vendetta: 

1) Se l'assassinio avviene tra persone della Confederazione Galattica, un robot gortiano ha il dovere di disintegrare l'assassino.
2) Se l'assassinio avviene ai danni di una persona della Confederazione Galattica da parte di un nativo di un pianeta "selvaggio", un robot gortiano ha il dovere di devastare il pianeta d'origine dell'assassino, annientando milioni di persone anche innocenti. 
3) Un robot gortiano si bloccherà e non eseguirà la vendetta se qualcuno gli comunicherà il seguente comando "(nome del robot), (nome dell'ucciso) barada nikto!"

Non è necessario che la persona che dà il comando per bloccare il robot gortiano appartenga alla Confederazione Galattica o addirittura che ne comprenda la lingua: è sufficiente che il comando sia pronunciato correttamente a livello fonetico. Si converrà che tutto ciò è abbastanza strano, per non dire di una fragilità logica molto spinta. In ogni caso l'opera di Bates e quella di Wise ci mostrano che le Leggi della Robotica non sono automaticamente soddisfatte per ogni robot, come molti odierni fantascientisti sono portati a credere. 
 
i) Un robot asimoviano obbedisce al genere umano e ne è al servizio, anche a costo della propria incolumità, essendo la disobbedienza permessa quando si crea un conflitto con la programmazione. 
 
ii) Un robot gortiano è il padrone, il detentore della legge, e ogni cittadino della Confederazione Galattica è al suo servizio nelle situazioni che lo richiedono, anche a costo della propria incolumità. 

Può dunque ora porsi un'altra questione, quella della possibile origine asimoviana delle leggi della robotica gortiana. Immaginiamo di cambiare la definizione di "essere umano" (o meglio di "essere umanoide") nelle famose Tre Leggi enunciate da Asimov. Un individuo che esercitasse la violenza verrebbe a perdere lo status di "essere umanoide" per essere etichettato in diverso modo, come un "patogeno sociale", la cui eliminazione diventa non soltanto lecita, ma anche prioritaria. La prima legge della robotica asimoviana sarebbe dunque soddisfatta. Si capisce che il predominio dei robot gortiani nasce proprio dalla seconda e dalla terza legge asimoviana: nessun essere umanoide può ordinare qualcosa che vada contro la vita di un suo simile. Quindi nessun essere umanoide può ordinare a un robot gortiano di non eliminare un patogeno sociale. 

Nel racconto di Bates, per contro, i rapporti tra il robot Gnut e l'umanoide Klaatu sono a prima vista molto più semplici: il primo è il padrone del secondo. Non è Gnut ad essere il poliziotto, è invece Klaatu ad aver ricevuto da lui il mandato di imporre con ogni mezzo la pace nel Cosmo. 


Limitati poteri di resurrezione 

Come si sa, le genti della Terra dei Liberi hanno un sacro terrore per il Dio dell'Antico Testamento. Così per evitare immediati accostamenti tra Gort e l'Artefice - pure sostenuti in altra sede dallo sceneggiatore - il regista ha stabilito che venissero subito fatte alcune precisazioni. L'umanoide afferma che nessuno può allontanare dai viventi la mortalità. Soltanto in alcune particolari condizioni è possibile per un morto ritornare in vita. 
 
Klaatu: "Salve"
Helen: "Credevo che fosse..."
Klaatu: "Lo ero..."
Helen (alludendo a Gort e invasa dal terrore): "Allora... Lui ha il potere di vita o di morte..."
Klaatu: "No. Questo potere è riservato all'Onnipossente. Noi possiamo, in qualche caso, ridare la vita per un dato periodo."
Helen: "Ma... per quanto?"
Klaatu: "Per quanto vivrò. Questo nessuno può dirlo." 
 
Sorge ora un dubbio ontologico. Il Klaatu resuscitato da Gort è lo stesso Klaatu abbattuto dai militari minchioni? Oppure, parafrasando Milton, è un essere del tutto diverso suscitato dalle Tenebre? Dobbiamo considerarlo come la creatura del dottor Frankenstein o pari al suo stesso Demiurgo? Data la fede nell'Onnipotente professata dall'umanoide, la domanda non è di poco conto. Purtroppo non sono in grado di fornire una risposta.

Mutande robotiche! 

Certo, è una domanda banale. Perché Gort ha un bacino in netto rilievo che imita un abito simile alle mutande? Se anche fosse stato liscio come una bambola, non sarebbe stato lo stesso? Forse il problema non è degli alieni e del loro immaginario, è piuttosto del pernicioso Codice Hays! Per colmo del paradosso, la discontinuità pelvica nella forma del robot finisce col suggerire allo spettatore proprio i pensieri che i censori avrebbero voluto evitare. Se Gort ha qualcosa che somiglia alle mutande, potrebbe anche aver sotto un gigantesco cazzone!  

Musica ermetica 
 
La colonna sonora del film è bellissima quanto inquietante. L'autore, Bernard Hermann, lavorò per Alfred Hitchcock e per George Orson Welles. Gli strumenti usati dall'illustre compositore sono assai numerosi: violino, basso elettrico, ben quattro arpe e quattro pianoforti, una sezione di trenta fiati e due theremin. Sono proprio questi ultimi strumenti elettrici a conferire un carattere ultramondano alla melodia, arcano e assolutamente sublime. C'è qualcosa nel suono del theremin che penetra nel nucleo stesso dell'Essere, insinuando qualcosa di così terribile e maestoso da non poter essere descritto tramite le parole di lingue limitate come quelle umane. 

Opere derivate 

Non era possibile che un capolavoro simile restasse a rifulgere in solitudine tra gli astri di celluloide, illuminando la nera volta celeste del firmamento fantascientifico. Nel 2008 ne è stato fatto un remake, diretto da Scott Derrickson. Klaatu è interpretato da Keanu Reeves. Non ho ancora visionato il film di Derrickson; quando lo avrò fatto ne pubblicherò senz'altro una recensione. Così ad occhio, consultando la pagina di Wikipedia, direi che contiene molte forzature e trovate che rasentano l'assurdo. 

Cineforum Fantafilm 

Ultimatum alla Terra (Robert Wise, 1951) è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 3 ottobre 2005. Purtroppo non ero presente: all'epoca ero un blogger da poco più di un anno e non conoscevo ancora il buon Andrea. Cosa abbastanza anomala per un appassionato di fantascienza, ho visto questo film per la prima volta quando già avevo compiuto i 50 anni.

lunedì 2 dicembre 2019

 
TOP SENSATION 

Titolo originale: Top sensation
AKA: The Seducers
Anno: 1969
Paese: Italia
Lingua: Italiano
Colore: Colore
Rapporto: 1,33 : 1
Genere: Drammatico, erotico 
Regia: Ottavio Alessi
Soggetto: Lorenzo Ricciardi
Sceneggiatura: Lorenzo Ricciardi, Nelda Minucci, Ottavio
     Alessi
Produttore: Franco Cancellieri
Casa di produzione: Aica Film
Distribuzione in italiano: Cineriz
Fotografia: Sandro D'Eva
Montaggio: Luciano Anconetani
Musiche: Sante Maria Romitelli
Costumi: Giuliana Serano
Trucco: Anchise Pieralli
Fonici: Ivo Benedetti, Adriano Taloni 
Assistente di camera: Oddone Bernardini
Fotografo di scena: Mario Sigmund
Interpreti e personaggi:
    Maud de Belleroche: Mudy, la cougar sadiana
    Maurizio Bonuglia: Aldo, il fotografo
    Edwige Fenech: Ulla, la prostituta 
    Rosalba Neri: Paula, la moglie bisex di Aldo
    Ruggero Miti: Tony, il figlio demente di Mudy
    Eva Thulin: Beba, la pastorella neolitica
    Salvatore Puntillo: Andro, il pastore neolitico
Doppiatori italiani:
    Giacomo Piperno: Aldo, il fotografo
    Angiolina Quinterno: Ulla, la prostituta 
Altri titoli:
     Swinging Young Seductresses
     USA: Sensations
     Germania Occidentale: Sklavin ihrer Triebe
     Turchia: Aşırı Duygular
 
 
Colonna sonora: 
1.  Tema di sensation (titoli di testa) (2:43)
2.  Tema di Beba (3:49)
3.  Aldo e Ulla (2:22)
4.  Paola e Mudy (2:24)
5.  Beat del panfilo (1:46)
6.  Incontro con Beba (4:06)
7.  Sul ponte dello yacht (1:51)
8.  Tony e Mudy (3:29)
 
Trama: 
Uscito il 29 marzo del 1969, il film di Ottavio Alessi racconta la storia di un terzetto di nichilisti - Mudy, una virago ricca e bisessuale (Maud de Belleroche) e la sua coppia di amanti: Aldo (Maurizio Bonuglia) e la moglie di lui, Paula (Rosalba Neri) - in crociera su uno yacht.
Mudy ha un figlio demente, Tony (Ruggero Miti), reduce da un ricovero psichiatrico in Svizzera per aver dato fuoco alla casa della madre. Nel vano tentativo di farlo rinsavire, costei – su consiglio di Aldo, il quale spera che la megera gli intesti una concessione petrolifera - imbarca una prostituta sullo yacht: Ulla (Edwige Fenech, in una delle peggiori interpretazioni della sua carriera).
Tony però non mostra alcun interesse per le grazie di Ulla (e di Paula), preferendo incendiare riviste e giocare con le macchinine nella sua cabina.
A non essere indifferente alle moine di Ulla è Aldo, il quale si distrae dalla guida dell'imbarcazione, facendola incagliare in una secca nei pressi di un'isola.
Tony ne approfitta per fuggire a terra su un barchino. E una volta sull’isola che fa? Si rotola tra i rovi e il pietrame, come un perfetto imbecille.
Beba (Eva Thulin), un’improbabile pastorella, scorge l’idiota coperto di lividi e va in suo soccorso.
Nelle intenzioni dello sceneggiatore, Beba dovrebbe rappresentare il ritratto dell’innocenza, l’opposto antropologico del tipo borghese dissoluto e senza scrupoli personificato dalla perfida Paula.
Accortisi dell'assenza di Tony, i tre nichilisti e Ulla scendono a terra per cercarlo. O meglio, si dedicano ad altri passatempi: Paula, armata di fucile, prende a sparare per divertimento a delle povere caprette, Aldo scatta foto sexy (o pretese tali) a Ulla. Gironzolando, infine, scorge Tony a colloquio con la pastorella nei pressi di una cascina fatiscente. Dunque una donna  capace di far uscire il folle dalla catatonia esiste! Aldo non ci pensa due volte a convincere la ragazza a seguirli a bordo dello yacht.
Beba però ha un marito, Andro (Salvatore Puntillo), un individuo rozzo e primitivo dall’aspetto bestiale. Questi dopo aver dato in escandescenze per l’uccisione delle caprette si placa allorché Mudy gli promette un risarcimento di 300 dollari.
Una volta a bordo, Beba riesce non si sa come, dopo essersi calata in mare, a disincagliare lo yacht. Con la scusa di darle abiti asciutti, Paula e Ulla intraprendono un tentativo di seduzione ai danni dell’innocente pastorella, interrotto dall’irruzione in cabina della vecchia Kapò.
Questa, su suggerimento di Aldo, intende servirsi di Beba come esca sessuale per il figlio pazzo.
Andro raggiunge lo yacht e sale a bordo. Per “distrarlo” Paula, consenziente il marito, gli si concede. Mudy, Aldo e la ebete assistono alla scena.
Nel frattempo, il demente in cabina strangola la povera Beba.
Quando i tre nichilisti se ne accorgono è troppo tardi.
Che fare?
Paula ha un’idea: accoppare Andro. Cosa che provvede a fare subito con una fucilata in pieno petto.
Liquidato l’energumeno, non resta che sbarazzarsi dei cadaveri.
Mentre, inspiegabilmente, i due coniugi e la ebete si attardano ad ascoltare canzonette sul ponte, Tony, non visto, strangola la madre e prende il comando dello yacht.
Il film si chiude così, lasciando lo spettatore attonito. 

(Pietro Ferrari) 
 
 
Recensione:
Tra le tante perle degli anni '60 e '70, mi è sfuggita anche questa. Quando ho potuto conoscere e visionare Top Sensation, avevo ormai passato i 50 anni. Le atmosfere che irradiano da questa pellicola mi trasmettono qualcosa di vago e indefinito, rievocano un'epoca che non ho potuto vivere nella piena consapevolezza, essendo allora soltanto un moccioso, un umano allo stadio larvale. In me persiste l'impressione che i colori fossero diversi, che nel cielo brillasse un sole diverso da quello di oggi. Le fisionomie delle persone erano inusuali. Tutto era strano e molto sfocato. Mi pare quasi che fossero un po' diverse le stesse leggi della fisica, che gli stessi legami chimici avessero proprietà un po' diverse, come se l'Universo mutasse nel tempo per piccoli passi impercettibili e noi non riuscissimo ad accorgercene, se non attraverso registrazioni di come era in precedenza.
 
Riporto alcuni pensieri del Fratello Pietro:

Il film di Ottavio Alessi, uscito nel 1969, è una commedia nera nichilista, anticipatrice di temi che si ritroveranno, a distanza di decenni, nei romanzi di Michel Houellebecq.
I protagonisti sono, indistintamente, degli scellerati - con la sola eccezione della pastorella Beba, un personaggio peraltro del tutto implausibile.
Ottime le interpretazioni di Maud De Belleroche, la virago bisessuale proprietaria dello yacht, di Rosalba Neri, nel miglior ruolo della sua carriera d'attrice, e di Maurizio Bonuglia (che diede il peggio di sé, cinque anni dopo, nel film Il profumo della signora in nero).
Pessima Edwige Fenech, inespressiva oltre il tollerabile.
(Pietro Ferrari) 
 
Considerazioni sparse 

Tecnicamente parlando, è la cronaca di un genocidio. Certo, il popolo sterminato era costituito da due persone soltanto, ma non fa differenza. Noto una piccola incoerenza: gli isolani si esprimono in perfetto italiano, mentre mi sarei aspettato un dialetto incomprensibile, strettissimo. Il divario tra loro e le genti dell'imbarcazione da diporto è stridente, paragonabile a quello che separava i Guanche delle Canarie dagli Spagnoli. 


Come spesso accade, siamo di fronte a un film che è un residuo di un'epoca finita. Stando ai moderni canoni, non sarebbe più possibile nemmeno pensarlo. Sarebbe ucciso sul nascere dal politically correct. Prendiamo per esempio il figlio demente della virago Maude. Pensate che sarebbe ancora possibile presentarlo così? No di certo. L'idea che un autistico possa essere un sadico assassino, capace di uccidere a sangue freddo, non è semplicemente ammissibile. 
 
Il pastore neolitico smegmatoso e la sua consorte dalla chioma rossiccia rappresentano il vecchio mondo, la società contadina e cattolica, estintasi a causa di un'improvvisa discontinuità antropologica. Un nuovo tipo umano, rappresentato da un'alta borghesia edonistica e predatoria, ha fatto la sua comparsa e si è imposto ovunque. Si può scorgere un parallelismo con lo sviluppo e con la diffusione dei dinosauri durante il Triassico. Possibilità di comunicazione tra questi tiranni e i rimasugli del mondo precedente: ZERO. 

Il vecchio tipo umano, l'archeantropo, diventa una cosa, un oggetto. Viene completamente reificato. Come una cavia in un laboratorio di vivisezione o come una lucertola in balia degli artigli di un gatto animato dal sadismo.  
 
 
Ulla e la capretta 
 
Parlerò ora dell'ennesimo relitto di un mondo anteriore all'imporsi del sentire oggi prevalente, in cui si potevano pensare e rappresentare cose che in questo inizio del XXI secolo provocherebbero le ire di intere comunità. La prostituta impersonata dalla Fenech, Ulla, si fa leccare da una capretta, prima sul seno e poi tra le gambe. Se una scena simile fosse girata oggi in un film anche di nicchia, insorgerebbero folle di animalisti furiosi. Urlerebbero che l'attrice ha stuprato l'animale e pretenderebbero di linciarla per vendicare l'offesa al loro culto zoolatrico. Eppure la povera bestiola ha soltanto messo la lingua su un po' di sale collocato sul pube dell'attrice, come l'avrebbe leccato se fosse stato messo su una pietra.   
 
Gordiano Lupi mette addirittura in dubbio l'esistenza di queste sequenze di bestialità erotica. Arriva a dire, non senza irrisione, di essere costretto a crederci perché alcuni importanti critici confermano la cosa, anche se dentro di sé sembra permanere incredulo. In realtà gli è capitato di vedere una versione tagliata e in buona sostanza non crede possibile che ne esista una con più fotogrammi. Come dire che se una cosa non l'ho vista, non la può aver vista nessuno. Ebbene, ho visto coi miei occhi la Fenech farsi leccare proprio sul cunnus dalla capretta - e possa Thor fulminarmi se proferisco il falso! Detto questo, riporto senz'altro il link all'articolo scettico di Lupi, comparso sul sito Lib(e)roLibro (www.liberolibro.it): 
 

Che altro dire? Tanto clamore per Ulla e la capretta. Poi nel Web c'è un intero universo di porno animal e nessuno dice nulla. 


Avida leccatrice e spietata carnefice 

Aldo non esita a far prostituire la moglie. La posta in gioco non è cosa di poco conto: una concessione petrolifera. Pur avendo un carattere fierissimo e indomito, la splendida Paula si presta a servire sessualmente l'avvizzita cougar Mudy, umiliandosi, inginocchiandosi nuda davanti a lei, baciandole e leccandole i piedi. Anche se osservando le sequenze del suo rapporto con la virago è difficile crederlo, Paula è capace di diventare un'efferata assassina a sangue freddo non appena le circostanze lo richiedono. È sorprendente la facilità con cui abbatte a fucilate il pastore neolitico per impedire che venga a scoprire la morte della moglie e scateni un putiferio. Il cervello della bellissima e sensuale Paula non è umano in senso proprio: sembra costituito dal solo encefalo rettiliano, come se fosse privo del sistema limbico e della neocorteccia, quindi incapace di elaborare le emozioni. Siamo di fronte a un vero e proprio mostro. L'aspetto esteriore non deve trarre in inganno. Come ricorda Cioran, non esiste nulla di più falso dell'affermazione di Origene secondo cui ogni anima ha il corpo che si merita. 

Nemesi 

Nonostante i suoi deliri di onnipotenza e la sua convinzione di essere una divinità in terra, la tirannica Mudy fa una ben misera fine. Mentre è al timone dello yacht, accade qualcosa di inatteso: il figlio demente le si avventa addosso, animato dall'impulso di consumare con lei un amplesso incestuoso. Lei sembra cedere a tale furia copulatoria. Sembra che le faccia piacere essere posseduta dal figlio. L'eccitazione fa accendere una scintilla omicida nel cranio dell'autistico, che non esita a strangolare la madre. Il film si chiude in modo inatteso con una citazione scritturale, mentre lo yacht procede verso la distruzione.

Non ti mettere in compagnia dei peccatori e ricordati che l'ira non tarderà
(Ecclesiaste 7-16) 
 
Tutto ciò è semplicemente geniale. Non credo che la Settima Arte potrebbe riservarci ancora sorprese simili.  
 
L'incomprensibile operato dei censori 
 
Cosa strana e difficile a interpretarsi, non mi risulta che Top sensation sia stato colpito dalle ire della censura come Interrabang, uscito nove mesi dopo, il 31 dicembre 1969. Ho letto che è stato persino trasmesso in prima serata su una rete berlusconiana, seppur in una versione tagliata da cui sono state epurate le leccate bestiali della capretta e altre scene erotiche. In ogni caso non c'è stato alcun sequestro ad opera di un magistrato. Eppure i contenuti di Top sensation sono ben più forti ed eversivi di quelli di Interrabang. Due pesi due misure? Come si può spiegare la cosa? Mi viene il sospetto che ciascun magistrato agisse in modo del tutto scollegato dagli altri, senza nessuna linea d'azione comune. In pratica ognuno era come il signore di un feudo. I provvedimenti erano erratici: sembra che l'azione repressiva scattasse soltanto per un puro arbitrio, forse in seguito a qualche segnalazione o in ogni caso per via di circostanze particolari. Così Interrabang ha destato l'attenzione spropositata del giudice che ha applicato misure draconiane ordinandone il sequestro, mentre Top Sensation è passato praticamente inosservato. Non è facile trovare nel Web dettagli sull'argomento. Se c'è qualcuno che può darmi lumi, lo ascolto ben volentieri. 
 
Ricerche correlate a "Top Sensation"
 
Google, sempre più prodigo di informazioni futili, ogni tanto fornisce comunque qualcosa di interessante. Quando si digita la stringa "Top Sensation" nella finestra di ricerca, proprio sotto compaiono in caratteri blu le principali query degli utenti. Eccole:
 
top sensation versione integrale
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eva thulin 

Quella capretta non vuol proprio saperne di cadere nell'Oblio! 😃
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Alcuni commenti interessanti sono apparsi sul sito Il Davinotti: 
 

"Puro cinema volto a soddisfare certi pruriti visto che la pornografia, allora così rara e per pochi, non riusciva ad arrivare a tutti."
(Markus) 

"Ben inferiore al coevo Interrabang, col quale condivide ambientazione e aspetti esteriori del racconto, perdipiù molto meno coinvolgentemente schizofrenico rispetto alla prima regia di Alessi."
(Giùan) 

"Resta un film spensierato e frizzante, a suo modo simbolo di un'epoca ormai estinta (in parte è bene, in parte è male) che oggi nessuno mai si azzarderebbe a mettere più in campo, se non spingendo l'azione verso lidi estremi (ovverosia hardcore)."
(Undying) 
 
 
Su Allmovie si trova una sinossi in inglese, che vale la pena riportare in questa sede, contenendo alcuni elementi utili:  
 

This preposterous sex melodrama stars pretty Edwige Fenech as a prostitute hired by the overbearing mother (Maud de Belleroche) of a shy, mentally-retarded 20-year old named Tony. Fenech is meant to claim Tony's virginity on a sea cruise, also attended by sexy Paula (Rosalba Neri) and her slimy husband Aldo, who incessantly try to curry the wealthy mother's favor. Ewa Aulin (Candy) shows up as an island girl who dies when the dull-witted Tony accidentally strangles her, leading her husband to board the ship, where he is quickly dispatched by the rifle-toting Neri. Bodies are exploded with dynamite, Neri models a leather bikini, and there is much sexual byplay, both straight and lesbian. Cult buffs will appreciate seeing two of the most famous sex symbols in Italian genre film, Fenech and Neri, sharing the screen in revealing costumes, but anyone looking for high drama would be best served elsewhere. Exploitation master Jerry Gross released the film in America.
(Robert Firsching) 

Con mia grande sorpresa vengo a scoprire che Beba, la pastorella neolitica, è stata rinominata Candy dagli anglosassoni. Il dettaglio sulla diffusione della pellicola in America è interessante. Infatti è risaputo che le genti della Terra dei Coraggiosi sono sconvolti dalla bestialità erotica a tal punto da equipararla alla pedofilia o da ritenerla anche più grave. Le radici di questo atteggiamento sono senza dubbio bibliche. Ne deduco che la scena della Fenech leccata dalla capretta debba per necessità mancare nella versione americana!
 
INTERRABANG 

Anno: 1969
Paese: Italia
Lingua: Italiano
Durata: 102 min (versione originale),
                93 min (versione tagliata)
                Altre versioni censurate: 88 min, 73 min
Colore: Eastmancolor
Genere: Thriller, giallo, erotico 
Regia: Giuliano Biagetti
Sceneggiatura: Luciano Lucignani, Giorgio Mariuzzo, Edgar
    Mills
Soggetto: da un racconto senza titolo di Edgar Mills
Produttore: Giancarlo Segarelli
Casa di produzione: Salaria Film
Distribuzione: Panta Cinematografica
Fotografia: Antonio Borghesi
Montaggio: Marcella Bevilacqua
Musiche: Berto Pisano
Costumi: Emilio Pucci, Vittoria Serra
Trucco: Fulvia Dulac, Alfredo Marazzi
Gestione della produzione:
Enzo De Punta (come Enzo
     Del Punta), Fabio Diotallevi 

Direttore artistico:
Tellino Tellini
Assistente direttore: Giorgio Mariuzzo
Operatore di camera: Sergio Rubini
Suono: Giulio Spelta
Assistente operatore: Maurizio Cipriani 
Interpreti e personaggi: 

    Umberto Orsini: Fabrizio
    Beba Lončar: Anna
    Haydée Politoff: Valeria
    Shoshana Cohen: Maregalit
    Corrado Pani: Marco
    Tellino Tellini: Guardacoste
    Edmondo Saglio: Guardacoste
    Antonietta Fiorito: Ragazza sul motoscafo 
Doppiatori italiani:
    Annarosa Garatti: Valeria
    Laura Gianoli: Anna
    Stefano Satta Flores: Fabrizio
Luogo delle riprese: Isola Rossa (Porto Santo Stefano)
Titoli in altre lingue:
    Francia: Les Allumeuses,
                    Boumerang,
                    La perverse ingénue,
                    Le plaisir de la chair,
                    Trois vicieuses sur une île 
    Hong Kong (inglese): Interpoint
 

Colonna sonora:
  Autore: Berto Pisano
  Genere: Lounge
  Etichetta: RCA Original Cast
  Album
    A piedi nudi sulla spiaggia
    La scogliera dell'amore
    Il colore degli angeli
    Sabbia e mare
    Little Snack Bar
    ...e il Sole scotta
    Tramonto sulla scogliera
    La vallata sommersa
    Luci sulla baia
    Tema di Valeria
Singolo
    Il colore degli angeli
    ...e il Sole scotta 

Trama:
Un mondo fatto soltanto di mare, sole e musica lounge insinuante, ossessiva, che non finisce mai, che non si interrompe nemmeno per un attimo. Sembra quasi che non esista la notte: l'astro diurno splende sempiterno e immutabile, alto nel cielo. Un panorama irreale. Uno yacht è ancorato a poca distanza dalle rive di un'isola pietrosa del Mediterraneo, che dovrebbe essere disabitata. A bordo ci sono personaggi che rappresentano bene i tempi nuovi. Fabrizio è un fotografo cinico e biondiccio, che considera l'essere umano una massa di sterco utile solo per i soldi che se ne possono trarre. Sua moglie, la bionda Anna, è la sua viziata (e viziosa) proprietaria dell'imbarcazione e di un atelier, tutta piena di plutocratica sicumera. La sua vocina è stridula e odiosissima; ha con sé la sorella Valeria, una ragazza caratteriale dalla pelle lattea e dal seno poco sviluppato, con i capelli di un colore castano rossiccio. Porta un originale ciondolo a forma di interrabang, che è l'unione di un punto interrogativo con un punto esclamativo. Poi c'è Maregalit, una bruna indossatrice israeliana dal fisico statuario, ninfomane e rovente come un vulcano in eruzione. Le tre donne e il fotografo completano in una mattinata un servizio fotografico sulla spiaggia dell'isola. La radio diffonde la notizia dell'evasione di tre pericolosi detenuti, di cui due subito ricatturati: ne resta libero uno. Si segnala anche la scomparsa di un agente. Subito dopo Fabrizio si rende conto che l'imbarcazione è rimasta a secco, così approfitta di un passaggio su un motoscafo per andare a cercare del carburante. Le tre donne restano ad aspettare il suo ritorno, approfittandone per tuffarsi e per prendere il sole sulla riva. Antipatie e tensioni non mancano, ma presto accade qualcosa di imprevisto. Maregalit nota la presenza di un uomo sull'isola ed è la prima ad avvicinarlo, non senza una certa inquietudine: potrebbe essere proprio l'evaso di cui parlavano alla radio. Lo sconosciuto si presenta all'israeliana e dice di chiamarsi Marco. Afferma di essere uno scrittore e di abitare sul versante opposto dell'isola, in un luogo che dallo yacht ormeggiato risulta invisibile. Anna e Valeria sono piuttosto sospettose, anche se alla fine rimangono anche loro affascinate da quell'uomo ambiguo che sembra venuto dal Nulla. I sentimenti delle tre donne sono contraddittori, dato che all'indubbia attrazione verso Marco si accompagna la crescente convinzione che sia l'evaso e l'assassino dell'agente, animato da propositi omicidi nei loro confronti. Un elemento nuovo e inatteso fa la sua irruzione: la paranoica Valeria, divenuta amante del bello e dannato, complotta con lui per uccidere gli altri. Così Marco strozza Maregalit su uno scoglio, poi conduce Anna in un oscuro recesso marino, uccidendo anche lei. Quando Fabrizio ritorna, viene soppresso dopo una breve colluttazione sullo yacht, sotto gli occhi di Valeria. Il piano è questo: i due amanti - che in realtà si conoscevano da tempo - intendono impadronirsi degli averi di Anna per iniziare una nuova vita a Beirut. Tutto sembra filare liscio, ma ecco un nuovo colpo di scena. Tutti gli omicidi erano soltanto docetici. Allo spettatore è parso che Marco uccidesse Maregalit, Anna e Fabrizio, ma in realtà non era vero, era tutta una macabra messinscena, tanto che questi futili personaggi saltano fuori come folletti su un motoscafo sfrecciante. Così emerge un nuovo contorto piano, escogitato all'insaputa di Valeria. "Intèrrabang... fa stranamente rima con boomerang", commenta Marco. Valeria che non regge il colpo, non accetta di essere stata usata come un oggetto. All'inizio sembra stare al gioco e posa con gli altri in una serie di foto in cui fa smorfie e tira fuori la lingua, ma si capisce subito qualcosa non va: infatti getta la sua collana tra le onde, quindi si uccide gettandosi sull'elica dell'imbarcazione. Il film si chiude con un'angosciante ripresa del volto di Marco, pietrificato dallo stupore misto al raccapriccio. 

Recensione: 
Ho visto questo film fuori tempo massimo, quando l'epoca che lo aveva partorito era ormai soltanto un vaghissimo ricordo, remoto come la corte di Nabucodonosor o le vigne amare di Sodoma. Faccio fatica persino a credere che quel mondo faccia parte dello stesso cosmo in cui conduco la mia presente esistenza. Nonostante gli eventi narrati dalla pellicola abbiano tutte le caratteristiche di un thriller, non ho potuto evitare di sprofondare in uno stato ipnotico, fotogramma dopo fotogramma. Alla fine mi sono trovato in una condizione tale da contemplare l'intera esistenza con gli occhi immemoriali di un alligatore, come se vi fossi precipitato prima dell'inizio dello scorrere degli istanti. Eppure Interrabang è denso di contenuti della massima importanza: annuncia la Grande Frattura, il dragone del Postmodernismo che avanza, mentre le cariatidi di tutto ciò che esisteva prima si screpolano e infine crollano nella polvere.

 
Scarsità di mezzi  

Gli effetti speciali sono terrificanti. Trovo inguardabile la scena del suicidio di Valeria, proprio nel finale: quando la ragazza magrissima e quasi priva di tette si getta contro l'elica dello yacht, si vede affiorare sulle acque una chiazza informe di denso liquido di un assurdo arancione shocking, simile a una colata di plastica fusa. Quando ero un moccioso chiamavo quell'arancione "color dentista", perché un brutto giorno della mia vita, a causa dei dolori provocati da un dente marcio, i miei genitori mi avevano portato da un odontoiatra sadico con arredi plastificati di quell'inconfondibile tinta sgargiante. Altre denominazioni potrebbero essere queste: "carota psichedelica", "carotene arricchito", "color Papoola", "albicocca plastificata". Incredibile come i registi e gli addetti agli effetti speciali ignorassero tutto sul vero colore del sangue! Alcuni geni cinematografici immaginavano il sangue come sugo di pomodoro, altri come marmellata di amarene annacquata. Però a pensarci bene ci potrebbe essere una spiegazione alternativa: la povera Valeria in realtà era un'aliena! 😁
 
 

Una vita senza tragedia 
 
Un punto del film mi è rimasto particolarmente impresso. Durante l'ennesimo bagno di sole, Valeria fa alcune affermazioni piuttosto singolari, che preconizzano il suo triste destino. Si parla della vita e del suo legame intrinseco con la tragedia. Riporto il dialogo in questione:  
 
Fabrizio: "Si tratta del desiderio di eliminare quello che di tragico e di noioso c'è nella vita, dico bene? - riporta inevitabilmente alla tragedia."
Maregalit: "Non ho capito un bel niente!"
Fabrizio: "Perché sei stupida!"
Valeria: "Più leggo più mi rendo conto come tutti ovunque ci dicano tutti la stessa cosa. È filosofia vecchia, ormai, è la vecchia invenzione dei francesi l'eliminazione della tragedia."
Fabrizio: "Non ti sapevo così preparata."
Valeria: "Ti sembrerà incredibile, eh, ma capita anche a me di leggere, qualche volta. E qui c'è la tesi più vecchia del mondo. È importante giocare sulla vita. Il gioco come un mezzo per cercare e trovare la libertà."
Fabrizio: "Ma che libertà? Guarda che muoiono tutti alla fine."
Valeria: "Certo, ci avrei giurato, perché la libertà assoluta è la morte."
Fabrizio: "La morte..."
Maregalit: "Noiosi i ragazzi, ma colti!"
 
Eppure la tragedia è proprio ciò che Valeria vorrebbe rimuovere dalla propria esistenza, nonostante lo sdegno ostentato nei confronti della vecchia filosofia. L'inganno in cui cade è come un Ouroboros, il suo inizio coincide con la sua fine. L'insipienza della modella israeliana è spaventosa e al contempo è un segno dei tempi.  
 
Beirut, capitale della dolce vita

Pochi sanno che Beirut ha prodotto campioni dell'edonismo come l'ineffabile gioielliere Fawaz Gruosi e il cantante Gazebo (al secolo Paul Mazzolini). Al giorno d'oggi si fa molta fatica a crederci: l'intero Libano, per lunghi anni teatro di un sanguinoso conflitto, è stato ridotto a un immenso cumulo di macerie. Prima che divampasse questo orrore, le cose erano ben diverse. Nessuno, andando su e giù in limousine per la Beverly Hills della città cananaea, avrebbe mai pensato che Baal sarebbe giunto a pretendere il suo tributo in sangue e in carne bruciata. Il Dio dell'Antico Testamento, bugiardo e ingannatore, non ha abolito il sacrificio di Moloch: lo rinnova senza sosta nella terra di Canaan.  
 
Apologia dello spoiler 
 
Un tempo cercavo di evitare gli spoiler, poi mi sono oltremodo irritato e adesso faccio ciò che voglio. Se necessario spoilero. Queste sono le motivazioni razionali della mia scelta: 
 
1) Non ha senso leggere la recensione di un film che non si è visto; 
2) Chi vuol leggere la recensione di un film che non ha visto, dovrebbe prima vederselo;
3) Se il finale di un film è di capitale importanza, evitare di discuterne compromette la recensione. 
 
Si noterà che molte sinossi e recensioni di Interrabang, pur di tacere del finale, traggono in inganno il lettore, facendogli credere che Marco sia davvero un evaso e un assassino, che abbia davvero ucciso non soltanto un agente di polizia, ma anche Anna, Fabrizio e Maregalit. 


Una fallacia logica 
 
A un certo punto Marco, interpretato dall'irritante Corrado Pani, finge di strangolare Maregalit. Orbene, dato che Valeria si trova altrove e non può vedere né sentire nessuno dei due, a beneficio di chi è stato messo in scena questo omicidio simulato? In pratica è una scena assolutamente gratuita, girata soltanto per lo spettatore. Non ha costrutto alcuno. Tra l'altro, per pochi istanti si nota che l'uomo indugia e tocca il seno della modella esanime, volendo far credere di considerare un atto di necrofilia. Subito si allontana. Anche la morte docetica della biondissima Anna, che segue di lì a poco, obbedisce a questo canovaccio di insensatezza. L'atmosfera è rilassata, un omicidio non sembra possibile. Quello che dovrebbe essere un carnefice, un esecutore, intrattiene la vittima con un'amabile parlantina e con sbaciucchiamenti, poi la conduce in un diverticolo delle acque marine, che si insinua tra le rocce e in cui non giunge bene la luce dell'astro diurno. A questo punto la valchiria geme, dice che ha paura. Nella versione del film da me visionata non si vede alcun atto di violenza, si dà per scontato che l'uccisione si sia realizzata.  

 
Possibili residui di rimaneggiamenti 

Alcune domande angoscianti. Alla fine si capisce che Marco è un evaso finto, dato che tutto è stato architettato come in un gioco di ruolo multiplo, complicatissimo. Un guardiacoste ha affermato che il vero evaso è stato catturato, quindi non è stato Marco ad uccidere l'agente di polizia. Allora come mai verso l'inizio del film Maregalit, Valeria e Anna lo hanno avvicinato come se lo ritenessero davvero un evaso e un assassino? A che pro questa messinscena? Come mai hanno reagito con sostanziale indifferenza al rinvenimento del cadavere sulla scogliera? A pensarci bene, se tutti conoscevano Marco fin da principio, perché questi li ha preceduti sull'isola? Siamo forse di fronte a una trama cambiata più volte, in cui non è stata fatta nemmeno una rilettura sommaria per scovare incoerenze? Il racconto di Edgar Mills (stranamente privo di titolo) potrebbe aiutarci, ma ho il sospetto che sia fantomatico. Anzi, sembrerebbe che sia fantomatico lo stesso autore.   

Etimologia di Interrabang 

Come spiegato anche nel corso del film, la parola interrabang sta per interrogative bang (‽) e indica l'unione tra il punto interrogativo (interrogative-point, sinonimo di question mark) e il punto esclamativo (chiamato bang in gergo). L'ortografia corretta sarebbe in realtà interrobang. In buona sostanza si tratta di una parola macedonia. Valeria spiega il bizzarro segno d'interpunzione con queste parole: "È il segno nuovo del dubbio, dell’incertezza di noi tutti, l’incertezza di questa nostra epoca, l’incertezza del mondo..." Si potrebbe dire che l'interrabang è un geroglifico del postmoderismo, che esprime tutta la sua balbuzie di fronte alla stessa idea di verità oggettivamente determinabile. La prima volta che mi sono imbattuto nel titolo della pellicola di Biagetti ero talmente ingenuo da credere che Interrabang fosse il nome di un'isola dell'Indonesia. Accantonai subito un'altra ipotesi, a dire poco surreale: in preda a una subitanea alterazione autistica, per pochi istanti mi venne in mente che si potesse trattare del rumore dello sparo di una pistola interrata. 
 
 
Etimologia di Maregalit 
 
Ci viene detto nel corso del film che il nome dell'indossatrice israeliana è l'equivalente ebraico di Margherita, che significa "perla". In realtà siamo di fronte a una cattiva traslitterazione. Non dovrebbe essere Maregalit, bensì Margalit (מַרְגָּלִית). La -e- mediana è nata da un'errata lettura dello Schwa muto. Una variante del nome è Margolis. Si capisce subito che l'ebraico margalīt "perla" è un prestito dal greco margarítēs (μαργαρίτης). In ultima analisi la parola greca ha origini indoarie e iraniche: sanscrito mañjarī (मञ्जरी) "perla", persiano moderno morvārīd (مروارید) "perla". Come si può vedere già dall'aspetto, queste parole provengono da un sostrato non indoeuropeo.

Il maglio della censura  

Il thriller erotico-nichilista di Biagetti fu considerato indecente e pericoloso dal magistrato Vittorio Occorsio, che lo fece sequestrare su tutto il territorio nazionale. All'epoca bastava l'esibizione di mezza tetta, bastava qualche idea contraria al moralismo imperante per finire stritolati dalla macchina del Leviatano. Il pensiero prevalente a quei tempi era chiaro: l'apparato statale era animato dall'idea che un uomo onesto non potesse avere erezioni. Forse è stato questo, più che neanche il nichilismo morale, a destare le furie e l'accanimento dell'ingranaggio censorio. Adesso mi piacerebbe sapere cosa penserebbe dell'Italia del XXI secolo il magistrato in questione, che fu poi ucciso dagli Ordinovisti. Forse è colpa di Interrabang se ci sono gang di adolescenti riscimmiati che bruciano i vagabondi per provare lo sballo? Forse è colpa di Interrabang se ci sono gli snuff videos, se c'è la pedofilia dilagante? Forse è colpa di Interrabang se ci sono più corna che matrimoni? 

Una sorta di maledizione 

Si potrà anche non credere che la censura abbia avuto il potere di far scomparire Interrabang nel Nulla e nell'Oblio. Fatto sta che in cinquant'anni il film di Biagetti non è mai stato trasmesso in televisione, nemmeno una volta. I grandi dizionari cinematografici hanno a lungo evitato di menzionarlo. "Se un alieno capitasse sulla Terra e volesse informarsi intorno ai registi italiani, e specialmente su quelli attivi fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, probabilmente non ne sospetterebbe neppure l’esistenza. È come se la sua memoria fosse stata cancellata." (Lamendola, 2008). Non sbaglieremmo se dicessimo che Interrabang è diventato un cult in stato di quasi assoluta clandestinità. 

La fine di un mondo 

L'interrabang è un simbolo più denso della materia collassata di una stella a neutroni: rappresenta in qualche modo una linea di demarcazione, uno spartiacque tra la vecchia società e quella nuova. Quali sono le proprietà di questo Homo novus? Semplice: l'unione tra l'assoluta mancanza di intelletto e l'assoluta mancanza di empatia. L'edonismo sfrenato fornisce a questa sintesi letale un'apparenza piacevole quanto traditrice.

Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Questa è il link alla recensione del film di Biagetti su Il Davinotti
 
 
"L'unità di spazio e tempo origina purtroppo una staticità che a lungo andare stanca, anche perché i dialoghi - che in questi casi avrebbero l'obbligo di rendersi interessanti - non vanno molto al di là di qualche frase saltuariamente indovinata sempre all'insegna di un libertinismo esasperato. [...] Troppo facile? Chissà. Di certo porta con sé anche la chiara sensazione che i primi a esser presi in giro siam stati noi, spettatori di lunghi botta e risposta che non avrebbero avuto nella realtà alcuna logica di esistere, considerato quanto accade negli ultimi minuti. Consoliamoci con l'estetica, con l'occhio che se vuole la sua parte qui ce l'ha, sotto ogni... punto di vista."
(Marcel M.J. Davinotti Jr.)  

Sulla stessa pagina sono stati pubblicato diversi commenti di lettori, accumulatisi nel corso degli anni. Ne riporto alcuni: 
 
"Una sorta di fotoromanzo glamour che ha la sua forza nelle splendide attrici perfettamente svestite e nella suggestiva location (claustrofobica per via della barca, angosciante per via del mare aperto). Ovviamente anche il contorno quasi anni 70 non ha paragoni, cinematograficamente parlando. Poi. Poi, sostanzialmente, non accade nulla. I dialoghi sono un po’ così, la tensione dev'essere annegata nel Tirreno e l’erotismo disperso in qualche parte dell’isola. E' un po’ tutto e un po’ niente, questa pellicola. Con un suo fascino."
(Ira72)

 
La prima parte è piena zeppa di dialoghi noiosetti, com’era tipico di quell’epoca, nonché intellettualoidi e di grande vacuità e banalità. Eppure il film si lascia seguire in modo gradevole, fino a quando non ingrana e si apre veramente al thriller. L'ultima parte presenta anche dei riusciti colpi di scena, non certo molto prevedibili.
(Cotola) 

Tre bambole baviane alle prese con orgasmi e paranoie lenziani su uno yacht spiaggiato senza benzina. Prima di dedicarsi al decamerotico sotto pseudonimo (forse proprio per preservare l'integrità degli esordi) Biagetti è artefice di questo singolare vip thriller più intellettualistico della media.
(Il Dandi)

Noioso. Questo il maggior difetto imputabile al film, che si trascina stancamente per tutta la sua durata senza mai riuscire a interessare davvero; che poi la sceneggiatura giochi assai "sporco" con gli spettatori diventa cosa di secondaria importanza.
(Caesars) 
 
Interessante la recensione sul sito di Arianna Editrice, a firma di Francesco Lamendola, in cui è affermata una tesi abbastanza singolare: Interrabang sarebbe in sostanza del tutto privo di contenuti e consisterebbe unicamente nell'atmosfera che riesce ad evocare (mare + sole + sesso + musica + suspense). Il testo è dottissimo e pieno di riferimento. Così come Abdul Alhazred si chiama così perché ha letto tutto (all has read), recensori tanto valenti e dotti dovrebbero essere denominati Abdul Alhasseen, perchè - diabole domine - hanno visto tutto, ma proprio tutto. Io non ci arriverei mai. Chapeau. Ecco il link: 
 
 
Segnalo un "Portfolio Sotterraneo", uno dei pochi siti nel vasto Web ad ospitare uno spoiler di Interrabang. Quindi è senz'altro un sito onesto che merita la mia stima. Ecco il link: 
 
 
Questa è la recensione di Massimiliano Schiavoni, apparsa su Quinlan (Rivista di critica cinematografica):