giovedì 8 ottobre 2020

ETIMOLOGIA DI MILKOM

Gli Ammoniti (ebraico בּטֵי עִמּוֹן Benē-ʽAmmōn "Figli di Ammone") erano una delle più cospicue tribù di origine amorrea stanziate in Palestina. Fierissimi nemici di Israele, adoravano come principale divinità Milkom (ebraico מִלְכֹּם Milkōm). In italiano, in inglese e in francese si trova scritto anche Milcom.
 
Il Re Salomone era avidissimo di piaceri sessuali e fu molto influenzato dalle donne a cui si era consegnato in tutta la sua fragilità durante l'orgasmo. Accadde così che fu convinto ad adorare divinità straniere, i cui culti erano sanguinari. Nel Primo Libro dei Re (capitolo 11, versetto 5) è riportato quanto segue:  
 
.וַיֵּלֶךְ שְׁלֹמֹה--אַחֲרֵי עַשְׁתֹּרֶת, אֱלֹהֵי צִדֹנִים; וְאַחֲרֵי מִלְכֹּם, שִׁקֻּץ עַמֹּנִים
 
"Salomone seguì Astarte, divinità dei Sidoni, e Milcom, l'abominevole divinità degli Ammoniti." 
 
Ovviamente il Dio di Israele non ne è stato felice (versetto 6):  
 
.וַיַּעַשׂ שְׁלֹמֹה הָרַע, בְּעֵינֵי יְהוָה; וְלֹא מִלֵּא אַחֲרֵי יְהוָה, כְּדָוִד אָבִיו

"Cosí Salomone fece ciò che è male agli occhi dell'Eterno e non seguí pienamente l'Eterno, come aveva fatto Davide suo padre." 

Eppure il sovrano libidinosissimo non si è lasciato persuadere (versetto 7): 
 
.אָז יִבְנֶה שְׁלֹמֹה בָּמָה, לִכְמוֹשׁ שִׁקֻּץ מוֹאָב, בָּהָר, אֲשֶׁר עַל-פְּנֵי יְרוּשָׁלִָם; וּלְמֹלֶךְ, שִׁקֻּץ בְּנֵי עַמּוֹן

"Allora Salomone costruí sul monte di fronte a Gerusalemme un alto luogo per Kemosh, l'abominazione di Moab, e per Molek, l'abominazione dei figli di Ammon."
 
In questo versetto si rimarca la totale confusione tra i teonimi Milkōm e Mōlekh. Un lettore potrebbe pensare che l'abominazione dei Figli di Ammon sia proprio Moloch e che questo sia soltanto un'altro modo di chiamare Milkom. Di Moloch e della sua natura si è già parlato diffusamente: 
 
 
Questa incapacità di operare una distinzione tra due nomi assonanti, nonostante la diversità formale e morfologica, a quanto pare ha radici assai profonde: potremmo dirla connaturata alla stessa tradizione biblica. Probabilmente ciò si deve al fatto che i sacrifici offerti dagli Ammoniti a Milkom dovevano essere simili al sacrificio molk che i Fenici celebravano in onore di Baal: uccisione e combustione di bambini. Se questo fosse provato, dovremmo assumere che la condotta di Salomone in vecchiaia non fosse poi così innocua. Dubito molto che le offerte bruciate fossero petali di fiori. Eppure il Dio di Israele, sdegnato da questi fatti, si mostrò abbastanza clemente nei confronti di Salomone, dicendogli che non gli avrebbe strappato il regno mentre era in vita, riservandosi di mandarlo in rovina soltanto dopo la sua morte. In pratica le colpe di Salomone ricaddero sul suo successore. Sappiamo del resto che per YHWH ci sono figli e figliastri. 

Per quanto riguarda il tempio di Milkom fatto edificare da Salomone (circa 1100 a.C. - circa 931 a.C.) sul Monte degli Ulivi, non ebbe comunque una durata così effimera. Fu infatti distrutto da Giosia (648 a.C. - 609 a.C.), diciassettesimo Re di Giuda e riformatore religioso, che proibì i culti stranieri. 

La teoria della mimazione 
 
La mimazione è definita come un procedimento morfologico che consiste nell'aggiungere una -m alla desinenza dei sostantivi, con valore indeterminativo, ma in molti casi indistinguibile da quello della forma semplice. Si trova in accadico e in altre lingue semitiche. Facciamo alcuni esempi concreti proprio dall'accadico: da šarru "re" si ha šarrum "un re", "il re"; da šarratu "regina" si ha šarratum "una regina", "la regina". La mimazione sussiste in tutte le forme declinate del singolare: da šarri "del re" si ha šarrim "di un re", "del re"; da šarrati "della regina" si ha šarratim "di una regina", "della regina"; da šarra "re" (acc.) si ha šarram "un re", "il re"; da šarrata "regina" (acc.) si ha šarratam "una regina", "la regina" (acc.) e via discorrendo. Nei nomi maschili non si usa la mimazione al plurale: šarrū "re" (pl.); šarrī "dei re"; "re" (acc.). Nei nomi femminili la mimazione si ha invece anche al plurale: šarrātum "le regine", šarrātim "delle regine"; "le regine" (acc.). Nella lingua antica la mimazione è prevalente. Nelle fasi più recenti della lingua la mimazione scompare per via dell'usura fonetica, tranne che in alcuni casi in cui si è fossilizzata, soprattutto nella formazione di avverbi. 
 
Nelle lingue di Canaan la mimazione scomparve presto, tuttavia si possono trovare alcuni casi in cui è documentata. In amorreo abbiamo ḪAB-DU-MA-DA-GAN accanto a ḪAB-DU-DA-GAN "Servo di Dagon". In ugaritico abbiamo bnm 'il /binum 'ˀili/ accanto a bn 'il /binu 'ˀili/ "figlio di El" (vedi Lipiński). Non è quindi difficile immaginare che Milkom altro non sia che una forma mimata di mlk /'milku/ "re". Il teonimo dunque significherebbe "Il Re". Resta però un problema non irrilevante. In accadico le forme mimate non spostano l'accento sulla desinenza, che finisce per scomparire del tutto in neobabilonese. Lo stesso dovrebbe essere nelle fasi più antiche delle lingue semitiche nordoccidentali. Dall'ugaritico mlk /'milku/ si otterrà la forma mimata /'milkum/, non /mil'kum/. Per contro, la forma documentata in ebraico biblico, Milkōm, ha l'accento sulla vocale lunga /o:/. Il mutamento nell'accento potrebbe comunque essere uno sviluppo successivo. Secondo alcuni studiosi, la mimazione in ebraico si sarebbe conservata in forme come יוֹמָם yōmām "di giorno" (da יוֹם yōm "giorno"), חִנָּם khinnām "gratuitamente", רֵיקָם reqām "vanamente, invano", אָמְנָם 'omnām "veramente", שִׁלְשׁוֹם shilshōm "l'altroieri", פִּתְאוֹם pith'ōm "improvvisamente". Le ultime due riportate hanno proprio una terminazione in -ōm come quella di Milkōm, che potrebbe essersi sviluppata da un precedente /-um/

Una forma possessiva fossilizzata 

A parer mio andrebbe favorita una spiegazione diversa da quella della mimazione. In fenicio e in altre lingue del Paese di Canaan suffisso -ōm è il possessivo di terza persona plurale maschile, che traduce "loro". In ebraico il corrispondente suffisso è -ām. La corrispondenza fonetica è perfettamente regolare. Nella lingua biblica da מֶלֶךְ melekh "re" si forma il possessivo di terza persona plurale maschile מַלְכָּם malkām /mal'ka:m/ "il loro re". Dal fenicio mlk /milk/ "re" si forma il possessivo di terza persona plurale maschile mlkm /mil'ko:m/. Ecco spiegato l'arcano, senza bisogno di postulare un cambiamento nella posizione dell'accento. 
 
MILKŌM = IL LORO RE (in fenicio)
MALKĀM = IL LORO RE (in ebraico biblico) 
 
Il teonimo doveva in origine essere una forma reverenziale, in seguito sclerotizzata, come spesso accade nelle cose della religione. 
 
Milkom e l'archeologia 
 
Nel 1961 furono eseguiti scavi ad Amman, in Giordania, scoprendo un'importante iscrizione risalente al IX-VIII secolo d.C. Data la scarsità dei miei mezzi (non sono un affiliato alle inique baronie universitarie del globo terracqueo) non ho potuto visionare il testo. Trovato nella cittadella dell'Età del Ferro, riporta il nome di Milkom, ovviamente nel suo puro e semplice scheletro consonantico MLKM. Evidente è la sua connessione col concetto di regalità e la sua separazione concettuale dal fenicio mlk /molk/ "sacrificio per olocausto". La divinità degli Ammoniti ordina al sovrano del suo popolo di edificare un'elaborata costruzione con portici e stanze, garantendo protezione e sostegno all'opera. Milkom è attestato in questo contesto come deità della dinastia ammonita; sono anche trovati anche ostraka riportanti antroponimi formati sulla radice del teonimo in questione. Mi piacerebbe molto analizzare questi nomi di persona e pubblicarne la lista completa. Purtroppo ciò mi è impossibile, perché il mondo accademico ha il pessimo costume di nascondere quante più informazioni può. Che dobbiamo farci? La Bibbia è sopravvissuta, mentre i testi dei Cananei pagani sono andati smarriti, perché la Storia dà voce soltanto ai vincitori, sopprimendo i vinti e facendone cadere la memoria nell'Oblio.  

martedì 6 ottobre 2020

ETIMOLOGIA DI MOLOCH

Quando sentiamo menzionare il nome Moloch (scritto anche Moloc), la mente va subito a un demone che macina vite umane. Un mostro che si nutre delle persone immolate in suo onore. Si può parlare di Moloch anche in senso figurato, quando si intende attribuire a una persona o a un'istituzione un carattere brutale, che si manifesta con una sfrenata bramosia di potere assoluto e di distruzione. Una tipica frase di esempio: "Il mondo del lavoro è un Moloch"

Detto questo, Moloch è generalmente inteso come il nome di una divinità cananea. La forma ebraica del teonimo è מֹלֶךְ Mōlekh ed appare molte volte nell'Antico Testamento, in particolare nel Levitico. Si trovano anche traslitterazioni diverse, come Molech e Molek. La trascrizione greca è Μόλοχ. In latino è scritto Moloch. Stando alle Scritture, il sacrificio delle vittime, che erano bambini, era compiuto tramite olocausto: tutta la carne veniva bruciata su un altare chiamato תֹּוֹפֶת tōpheth, che fungeva da griglia. Per indicare l'atto sacrificale si trova l'espressione idiomatica לְהַעֲבִיר בָּאֵשׁ ləhaʻavīr bā'esh "passare nel fuoco". Il fuoco usato per l'olocausto era tenuto costantemente acceso. Tra gli Ebrei questi riti cruenti furono compiuti fino ad epoca abbastanza tarda, nonostante fossero ferocemente condannati dai Profeti e puniti in modo molto severo dalla Legge. A Gerusalemme, nella Valle di Hinnom (גֵּי־הִנֹּם Gēi-Hinnōm, Gēhinnōm), si trovava il tōpheth dove avvenivano le immolazioni. Il toponimo Gēhinnōm è stato adattato in Gehenna ed è divenuto sinonimo di Inferno. Tuttora la maggior parte degli Israeliti vede la cremazione con immenso orrore: la ragione profonda è connessa all'idea che bruciare un corpo equivalga a compiere un olocausto a Moloch. 
 
Moloch, Geiger e i Masoreti
 
Esiste un'etimologia considerata da molti una certezza, per quanto falsa, inconsistente e tutto sommato ridicola. Secondo questa fabbricazione, Mōlekh sarebbe derivato da מֶלֶךְ melekh "re, sovrano", con il vocalismo di בּשֶׁת bōsheth "vergogna, cosa vergognosa". In realtà non si tratta di una trovata così antica: il primo a supporre l'incrocio fonetico tra "re" e "vergogna" fu il rabbino Abraham Geiger (1810 - 1874) noto per essere il fondatore della Riforma dell'Ebraismo. Secondo questa capziosa ermeneutica cabalistica, attribuire a una parola il vocalismo di un'altra, avrebbe un significato occulto e implicherebbe per necessità un cambiamento del significato. Già esisteva una tradizione consolidata di attribuire etimologie fittizie a nomi e vocaboli di oscura origine, concependo complesse macchinazioni secondo princìpi che mi paiono illogici. Sul piano meramente fonetico, il principio ispiratore era la falsa pronuncia del Tetragrammaton יהוה YHWH, ideata dai Masoreti utilizzando le vocali di אֲדֹנָי 'Adōnai "Signore" e ottenendo così יְהֹוָה Yəhōwāh "Geova" - senza però alcun mutamento nel concetto espresso. Anche se meno nota, esiste un'altra pronuncia masoretica יֱהֹוִה Yəhōwīh, formata a partire dalle vocali di אֱלוֹהִים 'Elōhīm "Dio". In epoca più recente Wilhelm Gesenius ha proposto la pronuncia יַהְוֶה Yahweh, basandosi sulla trascrizione Ιαβε fornita da Teodoreto di Cirro e da altri autori - che tuttavia sembra influenzata dalle vocali di הַשֵּׁם ha-Shēm "Il Nome". Il problema è che Geiger ha applicato questo modo di procedere anche sul piano semantico, immaginando che trarre le vocali dalla parola bōsheth "vergogna" per applicarle a melekh "re", avrebbe prodotto qualcosa come "Re Abominevole". Questa paretimologia non è opera dei Masoreti, come pure alcuni credono nel vasto Web (anche se è masoretica la vocalizzazione). Va tuttavia notato che bōsheth è stato usato come nomignolo di scherno per sostituire il teonimo בַּעַל Baʻal in un paio di nomi teoforici. 
 
Paul Mosca ha giustamente scritto: "La teoria secondo cui una forma molek suggerirebbe immediatamente al lettore o all'ascoltatore la parola boset (piuttosto che qodes* o ohel**) è il prodotto dell'ingenuità del diciannovesimo secolo, non di una tendenziosità masoretica o pre-masoretica." (testo originale, 1975: "The theory that a form molek would immediately suggest to the reader or hearer the word boset (rather than qodes or ohel) is the product of nineteenth century ingenuity, not of Massoretic [sic]*** or pre-Massoretic tendentiousness.")

* קֹדֶשׁ qōdesh = santità
** אוֹהֶל 'ōhel = tenda
*** Con ogni probabilità l'autore ha scritto Massoretic anziché Masoretic per scoraggiare una pronuncia ortografica con una consonante sonora /z/

Ho recuperato un'informazione che credo interessante e curiosa. Prima di Geiger, John Milton chiamò Moloch "orrido re" nel Paradiso perduto. Milton aveva conoscenze di ebraico e di aramaico sufficienti per leggere l'Antico Testamento in lingua originale. Potrebbe aver appreso l'ebraico dal semitista Joseph Mede, durante il suo soggiorno a Cambridge.

Demoni e vampiri della Mesopotamia 

Abbiamo la testimonianza biblica di una coppia divina, il dio Adrammelech e la dea Anammelech, il cui culto era tipico della città mesopotamica di Sepharvaim (a nord di Babilonia) e caratterizzato da offerte di bambini tramite olocausto (2 Re, 17:31). Il nome אַדְרַמֶּלֶךְ 'Adrammelekh significa probabilmente "Re magnifico". Il nome עֲנַמֶּלֶךְ ʽAnammelekh significa probabilmente "Anu è re" (il Dio del Cielo era chiamato Anu in accadico, dal sumerico An). Le genti di Sepharvaim finirono deportate in Samaria dagli Assiri. Si hanno alcune menzioni di Maliku "Re" come epiteto accadico del Dio degli Inferi, Nergal. Abbiamo inoltre il vocabolo accadico maliku (variante malku) "ombra dei morti", usato per denotare una specie di zombie o di vampiro. Questa parola alla lettera significa "re, principe", ma è possibile che si tratti di una semplice omofonia e che la sua vera origine sia diversa. In ogni caso, non risultano riti di olocausto di bambini in onore delle ombre dell'Ade. 
 
Moloch, Milkom e Melqart 

Sono stati fatti tentativi di ricondurre Moloch a מִלְכֹּם Milkōm, la divinità degli Ammoniti, o a Melqart, il nume tutelare della città fenicia di Tiro, poi identificato con Ercole. Si tratta di due evidenti derivati della parola cananea mlk /milk/ "re". Li analizzeremo con maggio dettaglio in altra sede. La somiglianza fonetica ha portato alla confusione diversi studiosi.
 
Un antico equivoco 
 
Tra le genti di Canaan non esisteva in realtà alcuna divinità rispondente al nome e alle caratteristiche cultuali di Moloch. Ad Ugarit troviamo un dio Mlk /'maliku/, /'milku/, alla lettera "Re", connesso con l'Oltretomba; a quanto consta era destinatario soltanto di offerte di animali. In fenicio il termine mlk /molk/ significava "olocausto", "offerta sacrificale": indicava l'atto rituale, non la divinità che lo riceveva. Ciò fu notato per la prima volta da Otto Eissfeldt nel 1935. La locuzione fenicia lmlk /lə'molk/ si traduce "in olocausto" (la preposizione lə- "a" esiste tale e quale in ebraico, lingua molto simile al fenicio). Coloro che misero per iscritto i testi biblici, interpretarono questa locuzione come "a Moloch", attribuendo un essere personale a quello che in realtà era un tipo di sacrificio. Si deve parlare di "sacrificio molk" e non di "sacrificio a Moloch". Il fenicio /molk/ è passato come prestito all'ebraico e si è adattato ai suoi vincoli fonotattici, diventando Mōlekh /'mo:leχ/. Nella lingua scritturale non sono tollerate due o più consonanti in finale di parola, con l'eccezione di alcune forme verbali, così il gruppo /lk/ ha sviluppato una vocale per poter essere pronunciato. La consonante finale /k/ è diventata regolarmente una fricativa uvulare /χ/ (simile al suono dello scozzese loch). La vocale breve /o/ è diventata lunga, essendo tonica e venendosi a trovare in sillaba aperta. Detto questo, il destinatario del sacrificio molk era Baal. 
 
Etimologia di molk

Il vocabolo fenicio mlk "olocausto, offerta per combustione" non ha etimologia nota. Sono state fatte svariate ipotesi sulla sua origine, tutte scarsamente soddisfacenti nonché problematiche. Stupisce l'isolamento di questa parola: non ha parantele credibili. La somiglianza fonetica con mlk /milk/ "re" è notevole, tuttavia la distanza semantica è grande e incolmabile. Non si ha alcuna connessione evidente tra il concetto di "olocausto" e quello di "dominare, regnare, essere sovrano". Si tratta di una somiglianza fortuita. In protocananeo si risale alle seguenti protoforme: 
 
*malku "re"
*milku "re" 
*malak- "dominare, regnare, essere sovrano" 
*mulku "olocausto" 

Le prime due sono diverse vocalizzazioni di una radice comune a tutte le lingue semitiche nordoccidentali e all'accadico, la terza è la corrispondente radice verbale e la quarta è la parola problematica. Un'ipotesi è che la radice di *milku / *malku "re" e *malak- "regnare" in origine significasse "possedere". Così *mulku "olocausto, offerta per combustione" potrebbe aver significato "cosa posseduta", "proprietà del Dio". Il punto è che non abbiamo nessuna prova di questi slittamenti semantici, e non è affatto certo che il significato della parola che indicava il sovrano avesse come significato originario quello di "possedere". Alexander Militarev ed altri sostengono invece che al contrario il significato di "dominare" sia secondario e derivato da quello di "re". La forma protosemitica ricostruita è *maliku, glossata con "capo straniero". Potrebbe anche darsi che le forme cananee *malku e *milku siano entrambe esiti di *maliku. Qualcuno suggerisce che il protosemitico *maliku sia stato ricostruito con la vocale -i- per render conto dell'arabo malik "re" (che potrebbe tuttavia essere un prestito dall'aramaico); non dobbiamo dimenticarci però che in accadico la forma maliku "re, principe" è ben documentata ed è più conservativa rispetto a malku, che pure si trova. Questo per dare l'idea dell'estrema complessità dell'argomento.
 
Come riportato da James Germain Février, Jean-Baptiste Chabot ha ipotizzato un legame con il siriaco məlak "promettere", che è però semanticamente inaccettabile: il sacrificio molk è un atto reale, non una promessa di un'offerta futura. Il significato originario della parola in questione non può in alcun modo essere stato "promessa, voto". È errato tradurre l'ebraico Mōlekh con "voto". 
 
Secondo alcuni semitisti (Wolfram von Soden et al.), il fenicio mlk "olocausto" sarebbe una forma sostantivata causativa derivata dalla radice verbale ylk / wlk "offrire" tramite un prefisso m-. Tuttavia, se così fosse, non ci aspetteremmo una protoforma *mulku. Avremmo un diverso vocalismo, come ad esempio *mawliku, con una vocale tonica tra -l- e -k-, cosa che non corrisponde ad alcun dato disponibile.
 
A mio avviso è più ragionevole supporre che il protocananeo *mulku "olocausto, offerta per combustione" sia il residuo di un'antica radice che significava "passare nel fuoco, bruciare", poi andata perduta.   
 
Il sacrificio molk a Cartagine 
 
La lingua punica è una forma tarda della lingua fenicia. Il suo centro di diffusione era Cartagine. Nel corso dei secoli ha subìto peculiari sviluppi fonetici. La consonante fenicia /k/ (pronunciata [kh]), in punico si è evoluta infine in una fricativa uvulare /χ/, parallelamente all'evoluzione di /p/ (pronunciata [ph]) nella fricativa labiodentale /f/ e di /t/ (pronunciata [th]) nella fricativa interdentale /θ/. Questi mutamenti dovevano essere in corso, ma non ancora completati, all'epoca in cui Plauto scrisse il Poenulus. Esistono iscrizioni neopuniche in caratteri latini che ci permettono di conoscere questi dettagli.

milch /milχ/ "re" 
*molochim /molo'χi:m/ "re" (pl.)
*maloch /ma'loχ/ "egli regnò"
molch
/molχ/ "olocausto, sacrificio" 
 
Non va taciuto che esistono alcune peculiarità proprie della lingua punica, che non si riscontrano nella lingua fenicia di origine. Abbiamo attestazioni di una forma femminile mlkt "olocausto, sacrificio", con ogni probabilità risalente a un protocananeo *mulkatu, parallelo al maschile *mulku. Verosimilmente la pronuncia della forma femminile punica era /mol'χo:/

In punico abbiamo attestata la formula mlk 'dm bšʽrm btm (varianti mlk'dm bšrm btm, mlk 'dm bšrm bnʽtm) "un sacrificio umano della sua stessa carne" (vedi Krahmalkov). In caratteri latini si sarebbe scritto così: MOLCHADOM BYSAREM BITHEM (varianti: MOLCHADOM BYSARIM BINATHIM, etc.). Non ci sono dubbi di sorta sull'interpretazione di mlk 'dm, il cui secondo elemento è l'equivalente punico dell'ebraico אָדָם 'ādām "uomo, essere umano". Ogni tentativo di stravolgere la traduzione può soltanto essere tendenzioso.
 
Le iscrizioni di N'Gaous 
 
Quando mi sono imbattuto per la prima volta nella parola neopunica molchomor "sacrificio di un agnello" (varianti morchomor, morcomor, mochomor), ho pensato erronemente che si trattasse di un vocabolo tramandato da Agostino d'Ippona. Approfondendo l'argomento, ho trovato che invece si tratta di una parola neopunica incorporata nei testi latini di alcune iscrizioni trovate in Algeria, a N'Gaous, l'antica Nicives (Nicivibus). Nella Rete non è difficile reperire pubblicazioni sull'argomento, anche se dubbi e confusioni non vi mancano di certo. Questo ad esempio è un articolo trovato su Jstor.org:  

 
I testi, risalenti circa al III secolo d.C., sono i seguenti (ho messo in neretto il termine punico):  

1) [Q]uod bonum et faus|[tu]m feliciter sit fac[tu]m. Domino sanc|[t]o Saturno sacrum | [m]ag(num) nocturnum mor|[c]homor ex voto A(ulus) Qui|[nti]us Victor et Elia Rufina | [co]n(iux) eius pro Impetrato fil(io) l(ibentes) v(otum) s(olverunt) a(gnum) v(i)k(arium)
 
*oppure:  (pro) v(i)k(ario)
 
2) Quod bonum faus(t)um fe[lici]|ter factum sit. Domino sancto S[at]|urno, anima pro anima, sangu[ine] | pro sanguine, vita pro vita, pro salute C[o]|ncess(a)e et voto pro voto sac[ru]|m solverunt mo(l)chomor C[…|…]us Rufinianu[s …|…] co[niux ? …
 
3) Q(uod) b(onum) f(austum) f(eliciter) f(actum) s(it). D(omino)  s(ancto) S(aturno) sacrum m(agnum) | nocturnum anima pr[o] | anima, sang(uine) pro sang(uine), | vita pro vita, pro Con[ces]|s(a)e  salute<m> ex viso et voto [sa]|crum reddiderunt molc[ho]|mor Felix et Diodora li[b(entes)] | animo agnum pro vika[rio]. 

4) [Q(uod) b(onum) f(austum) f(eliciter) f(actum) s(it) sacrum] magnum [noc]|[tur]num anima pro anima, vita pro [vi]|ta, sanguine pro sanguine, pro salu[te] | Donati, sacrum solvit ex viso capi[te m]|orcomor  Faustina agnum pro vi[kari]|o libens animo reddit.
 
5) Quod bonum faustum feliciter factum sit. | Domino sancto Saturno magnum nocturnum […] co […] ex [viso …|…] sacrum […
 
6) Q(uod) [b(onum] e(t) f(austum) f(eliciter) s(it) (factum), D(omino)  s(ancto) S(aturno), | sac[r]u(m) mag(num) nocturnum | anim[a] pro anima, vita pro | vita, s[a]ng(uine) pro sang(uine), morch(omor), ag[n](um) vik(arium), M(arcus) Cossutius Mar(…) | pro [Do?]nato  fi(lio) lib(ens) a(nimo) vot(um) red(dit). 

La forma morchomor è derivata dall'assimilazione di -l-, causata dalla -r finale. Come si vede dall'analisi delle iscrizioni sopra riportate, è esplicitamente menzionato l'oggetto del sacrificio: l'agnello (agnum, all'accusativo). È anche menzionato il fatto che l'olocausto dell'agnello è fatto in sostituzione (pro vikario, vikarium) qualcosa di diverso: l'olocausto di un bambino. Inoltre si comprende che il destinatario del sacrificio era Baal, identificato con Saturno (Crono).  
 
Tendenziosità moderne 
 
Alcuni biblisti, forti dell'autorità delle Scritture, si rifiutano di prendere in considerazione i dati del fenicio e del punico e per motivi religiosi insistono con l'esistenza personale di Moloch come divinità. Tuttavia rifiutano il vocalismo di Molekh cercando di restaurare una lettura Melekh "Re", presumibilmente pre-masoretica, da loro considerata la sola autentica. L'argomento da loro fornito si basa sulla traduzione greca dell'Antico Testamento detta Septuaginta o LXX. Ebbene, nel Pentateuco della Septuaginta troviamo che Mōlekh è sorprendentemente tradotto con ἄρχων (árkhōn), ossia "governatore, comandante, capo". Più precisamente, in Levitico 18,21 e in Levitico 20,1-5, troviamo לַמֹּלֶךְ la-Mōlekh (lammōlekh) "a Moloch" tradotto col dativo ἄρχοντι (árkhonti). Questo però non prova che la traduzione sia corretta e che ἄρχων (gen. ἄρχοντος; pl. ἄρχοντες) "governatore, comandante, capo" corrisponda alla perfezione a melekh "re" sul piano semantico. Un re possiede una dimensione mistica ed esoterica sconosciuta al governatore. Non mi risulta affatto che in greco le parole ἄρχων e βασιλεύς "re" siano mai state usate come sinonimi. La spiegazione è secondo me del tutto diversa: i 72 traduttori, pur provendo dalle Tribù di Israele, hanno risentito di profondi influssi dello Gnosticismo. Nei sistemi degli Gnostici, la parola Arconte era usata per indicare le potenze demoniache che governano il mondo. Così si deve tradurre ἄρχοντι "al demone". I traduttori potrebbero essere stati Esseni, ed è comunque un dato di fatto che il testo in ebraico da essi utilizzato non è quello della tradizione rabbinica. Anche di fronte all'evidenza lampante offerta dalle attestazioni del neopunico molchomor "sacrificio di un agnello", questi biblisti non demordono. Affermano così che l'ebraico אִמֵּר 'immēr "agnello" non sarebbe potuto diventare -omor. Questo loro argomento è semplicemente insulso. Il punico era sì molto simile all'ebraico, ma non identico; i suoi suoni erano peculiari e frutto di un'evoluzione propria, indipendente da quella della lingua di Israele. È davvero molto stupido credere che in punico le parole dovessero sottostare alla fonologia dell'ebraico biblico, come se questo fosse l'unica lingua possibile a cui ricondurre qualsiasi cosa. 
 
Manipolazioni ideologiche buoniste 

In quegli infetti nidi di vipere che sono le università americane, è stata partorita un'idea politically correct che ha meno senso dei peti dei muli, basandosi sui più folli preconcetti di quest'epoca degenerata. Nonostante siano stati trovati inequivocabili resti di ossa carbonizzate di bambini in luoghi dedicati al culto di Baal, va guadagnando terreno la tesi secondo cui i Cananei sarebbero stati adoratori dei Puffi, da loro onorati con offerte floreali e cantilene puerili!

domenica 4 ottobre 2020

ETIMOLOGIA DI DAGON

Il dio Dagon è descritto dalla Bibbia come una divinità dei Filistei. Essendo questi un popolo di origine marinara, provenienti dalla lontana isola di Caphthor (con ogni probabilità da identificarsi con Creta), fino agli inizi del XX secolo prevaleva l'idea che Dagon fosse un Dio Pesce. Gli studiosi delle Scritture reputavano che tutto ciò fosse assolutamente naturale e scontato, fornendo al contempo una lineare etimologia ebraica del teonimo. Infatti nella lingua scritturale דָּג dāg significa "pesce" (plurale numerabile דָּגִים dāgīm "pesci"), così non è troppo difficile pensare che il teonimo דָּגוֹן Dāgōn significhi proprio "Dio Pesce". Dalla stessa radice derivano le parole דָּגָה dāgāh "pesce" (collettivo), דּוּגָה dūgāh "pesca; arpione da pesca; pescatore", דַּיִג dayig "pesca", דַּייָּג dayyāg "pescatore". 
 
In realtà le cose sono un po' più complesse. Se si indaga, si scopre che l'associazione tra Dagon e il pesce è una fabbricazione medievale. In ebraico esiste anche un'altra parola, che fornisce un'etimologia più plausibile: דָּגָן dāgān "grano, frumento".  Anche in ugaritico il nome comune del grano è dgn /da'ga:nu/. In fenicio questa parola doveva suonare /da'go:n/. Quindi Dagon non è una divinità delle acque, bensì della terra e della crescita dei cereali. Una divinità della fertilità. Non dobbiamo dimenticare una testimonianza giunta da un'epoca lontana: Filone di Biblo (circa 64 - 141 d.C.), basandosi sull'autorità del fenicio Sanchuniathon, scrive che Dagon significa proprio "grano", traducendo il teonimo con il greco σῖτον (sîton). Sempre secondo Filone, Dagon sarebbe stato il fratello di Crono. L'importanza di questa divinità era grande a Ugarit, nella cui lingua ricorre la locuzione bʽl bn dgn /'baʕlu binu da'ga:ni/ "Baal, figlio di Dagon". Gli Hurriti identificavano Dagon con Kumarbi, che era chiamato anche Halki. Orbene, nella lingua hurritica halki significa proprio "grano". 

Possiamo pensare che dal fenicio dgn /da'go:n/ "grano, frumento" sia derivato il teonimo, poi preso a prestito dagli Ebrei col vocalismo diverso da quello della parola comune per indicare il cereale. Casi simili non sono rari: il fenicio yd /jo:d/ "mano" è passato a indicare il nome della lettera yōd /jo:ð/, mentre la parola ebraica per "mano" è yād /ja:ð/. Tutto sarebbe risolto se il culto di Dagon si fosse sviluppato proprio in Fenicia. In realtà l'area in cui questa divinità era adorata era molto ampia e comprendeva la Mesopotamia; sulla costa le attestazioni del suo culto sono molto meno comuni e provengono per lo più da Ugarit. Gli studiosi si interrogano sulla verosimiglianza del racconto biblico, dato che i reperti archeologici con iscrizioni di dedica a Dagon sono scarsi proprio nella terra che fu abitata dai Filistei. In sumerico il teonimo è Dagan. La pronuncia in accadico doveva essere /da'ga:nu/, come in ugaritico. La variante Zagan, che pure si trova in sumerico, è notevole, perché punta a una protoforma con una consonante fricativa iniziale /ð/, che nelle lingue storiche sarebbe diventata per lo più un'occlusiva /d/, ma talvolta si sarebbe assibilata in /z/
 
Qualche biblista avrà sicuramente cercato di ricondurre dāgān "grano, frumento" a dāg "pesce" tramite un singolare artifizio etimologico. La muscolatura del pesce è simile nella sua struttura a una spiga: presenta muscoli incuneati in modo da sembrare proprio i chicchi di grano nella spiga. Così Adamo, volendo nominare il grano e il pesce, avrebbe usato parole simili proprio perché avrebbe notato una somiglianza strutturale. Questo perché i biblisti danno per scontato che l'ebraico fosse la Prima Lingua del genere umano, quando è dimostrato che è una lingua derivata come tutte le altre. I dati esterni alla lingua ebraica (ad es. parole afroasiatiche per indicare tipi di cereali, parole altaiche per indicare il pesce) dimostrano, se ce ne fosse davvero bisogno, che si tratta di un'etimologia popolare, ingegnosa ma vana. 
 
Com'è e quando è nata la leggenda del Dio Pesce? 
 
Tutto ha avuto origine dal testo biblico: 1 Samuele, 5:1-7.
Questa è la versione originale in lingua ebraica: 

בוַיִּקְח֚וּ פְלִשְׁתִּים֙ אֶת־אֲר֣וֹן הָאֱלֹהִ֔ים וַיָּבִ֥אוּ אֹת֖וֹ בֵּ֣ית דָּג֑וֹן וַיַּצִּ֥יגוּ אֹת֖וֹ אֵ֥צֶל דָּגֽוֹן:
גוַיַּשְׁכִּ֚מוּ אַשְׁדּוֹדִים֙ מִֽמָּחֳרָ֔ת וְהִנֵּ֣ה דָג֗וֹן נֹפֵ֚ל לְפָנָיו֙ אַ֔רְצָה לִפְנֵ֖י אֲר֣וֹן יְהֹוָ֑ה וַיִּקְחוּ֙ אֶת־דָּג֔וֹן וַיָּשִׁ֥בוּ אֹת֖וֹ לִמְקוֹמֽוֹ:
דוַיַּשְׁכִּ֣מוּ בַבֹּקֶר֘ מִֽמָּחֳרָת֒ וְהִנֵּ֣ה דָג֗וֹן נֹפֵ֚ל לְפָנָיו֙ אַ֔רְצָה לִפְנֵ֖י אֲר֣וֹן יְהֹוָ֑ה וְרֹ֨אשׁ דָּג֜וֹן וּשְׁתֵּ֣י | כַּפּ֣וֹת יָדָ֗יו כְּרֻתוֹת֙ אֶל־הַמִּפְתָּ֔ן רַ֥ק דָּג֖וֹן נִשְׁאַ֥ר עָלָֽיו:
העַל־כֵּ֡ן לֹֽא־יִדְרְכוּ֩ כֹהֲנֵ֨י דָג֜וֹן וְכָֽל־הַבָּאִ֧ים בֵּית־דָּג֛וֹן עַל־מִפְתַּ֥ן דָּג֖וֹן בְּאַשְׁדּ֑וֹד עַ֖ד הַיּ֥וֹם הַזֶּֽה:
 
Questa è la versione latina della Vulgata:

Philisthim autem tulerunt arcam Dei et asportaverunt eam a lapide Adiutorii in Azotum tulerunt Philisthim arcam Dei et intulerunt eam in templum Dagon et statuerunt eam iuxta Dagon cumque surrexissent diluculo Azotii altera die ecce Dagon iacebat pronus in terram ante arcam Domini et tulerunt Dagon et restituerunt eum in loco suo rursumque mane die alio consurgentes invenerunt Dagon iacentem super faciem suam in terram coram arca Domini caput autem Dagon et duae palmae manuum eius abscisae erant super limen porro Dagon truncus solus remanserat in loco suo propter hanc causam non calcant sacerdotes Dagon et omnes qui ingrediuntur templum eius super limen Dagon in Azoto usque in hodiernum diem.
 
Questa è la traduzione CEI 2008: 
 
5 I Filistei, catturata l'arca di Dio, la portarono da Eben-Ezer ad Asdod. 2 I Filistei poi presero l'arca di Dio e la introdussero nel tempio di Dagon. 3 Il giorno dopo i cittadini di Asdod si alzarono ed ecco Dagon giaceva con la faccia a terra davanti all'arca del Signore; essi presero Dagon e lo rimisero al suo posto. 4 Si alzarono il giorno dopo di buon mattino ed ecco Dagon con la faccia a terra davanti all'arca del Signore, mentre il capo di Dagon e le palme delle mani giacevano staccate sulla soglia; solo il tronco era rimasto a Dagon. 5 A ricordo di ciò i sacerdoti di Dagon e quanti entrano nel tempio di Dagon in Asdod non calpestano la soglia fino ad oggi.
 
Il versetto רַ֥ק דָּג֖וֹן נִשְׁאַ֥ר עָלָֽיו raq dāgōn nishʾar ʿālāyw è stato equivocato e mal tradotto. La Vulgata traduce, come la CEI 2008: "solo il tronco di Dagon era rimasto (a lui)". La parola raq significa "solo, soltanto, esclusivamente". Così la parola per "tronco" è sottintesa. David Kimhi (XIII secolo) interpretò quindi "il tronco di Dagon" come "la parte in forma di pesce del suo corpo", ritenendo che la forma corretta dovesse essere raq dāgō, "solo il suo pesce": omettendo la -n finale, il nome di Dagon veniva a essere la parola comune dāgō "il pesce di lui". Già Shlomo "Rashi" Yitzchaki (XI secolo) era giunto a conclusioni simili prima di Kimhi. Nel XIX secolo questa erronea convinzione, sostenuta da Julius Wellhausen, fu rafforzata dalle scoperte archeologiche mesopotamiche, che portarono alla luce numerose raffigurazioni di divinità con caratteri teriomorfi di pesce. Si trattava degli Abgal (Apkallu in accadico), esseri sapienti tra cui vi era Uanna (grecizzato in Oannes), emerso dal Golfo Persico ai primordi del genere umano per insegnare i rudimenti della civiltà alle genti della Mesopotamia. Questi Abgal nulla hanno a che vedere con Dagon. Una bella lezione per i fautori del primato dell'archeologia sulla linguistica! 
 
Il primo a dubitare del mito del Dio Pesce fu Hartmut Schmökel, che nel 1928 pubblicò il suo lavoro Der Gott Dagan; Ursprung, Verbreitung und Wesen seines Kultes. Oggi nessuno studioso serio sostiene più l'iconografia tradizionale dell'ibrido ittiomorfo, che tuttava continua ad essere presente nella cultura popolare. 
 
Esistono altre ipotesi, a mio avviso poco plausibili:
1) In arabo esiste la parola dajana "essere tenebroso, nuvoloso", che deriva da una protoforma *dagana, visto che in tale lingua il fonema protosemitico velare /g/ è diventato palatale, evolvendo in /dʒ/ in modo sistematico. Sempre in arabo si ha anche dajj "pioggia", forse in qualche modo connesso alla radice di dajana (forse, perché esiste anche la parola dujn "tenebra"). Secondo questa ipotesi, Dagon sarebbe addirittura una divinità uranica, paragonabile a Giove. 
2) Nella lingua degli Hittiti esiste la parola tekan "terra", che ha la variante dagan. Così dankuiš daganzipaš significa "Terra Nera", o meglio "Oscuro Genio della Terra": è un nome dell'Oltretomba. Daganzipa è poi il nome di una dea che corrisponde a Persefone, traducendo l'epiteto greco Khthonía "Sotterranea", e deriva anche dalla stessa radice. Secondo questa ipotesi, Dagon verrebbe ad essere nientemeno che una divinità ctonia, legata al sottosuolo e al mondo del Morti. 
 
Questi sono in sintesi i dubbi: 
 
i) Le caratteristiche di Dagon postulate da queste etimologie non corrispondono a quelle dimostrabili. 
ii) Le parole arabe dajana e dajj hanno origine incerta; non è nemmeno chiaro il rapporto che intercorre tra loro e non se ne trova traccia, a quanto ne so, nell'area in cui Dagon era venerato.
iii) Non mi risulta che il culto di Dagon fosse tipico dell'Asia Minore.
iv) Un tiranno di Purushanda, in Asia Minore, portava il nome di Nur-dagan. Visse all'epoca di Sargon, che lo vinse e lo spodestò. Esiste anche la variante Nur-daggal, che complica le cose. Potrebbe non avere connessione alcuna con Dagon. 
 
H. P. Lovecraft e Dagon 
 
Howard Phillips Lovecraft fu l'autore di un racconto breve intitolato Dagon. Lo scrisse nel luglio del 1917, riuscendo a farlo pubblicare su The Vagrant nel 1919. Dopo alcuni anni, nel 1923, Dagon apparve su Weird Tales. La storia fu ispirata in parte da un incubo che funestò il suo sonno in un'occasione. Così ebbe in seguito a descriverlo: "Ho sognato tutto quell'orribile strisciare, e riesco ancora a sentire la melma che mi risucchia!" ("I dreamed that whole hideous crawl, and can yet feel the ooze sucking me down!"). Bisogna stare attenti a non equivocare: la creatura che appare nel racconto non è denominata "Dagon". È un gigantesco mostro viscido che striscia verso un monolito alieno, abbracciandolo in adorazione. Un devoto quindi, più che il demone oggetto del culto. Il teonimo che dà il titolo all'opera del Solitario di Providence può così essere interpretato: il protagonista, conscio dell'esistenza e della terrificante natura del Signore degli Abissi, deve avergli dato un nome biblico che conosceva bene e che lo faceva tremare dall'orrore. La confutazione del mito del Dio Pesce ad opera di Schmökel sarebbe giunta soltanto pochi anni più tardi, ma questo è per noi irrilevante. Possiamo dire che Dagon e Nodens siano i soli nomi di divinità realmente adorate da popoli della Terra ad essere stati utilizzati da Lovecraft, che ha sempre preferito servirsi di spaventosi suoni di ben altra origine, non appartenenti al mondo che conosciamo.

venerdì 2 ottobre 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DELL'IDRONIMO MISKATONIC

La geografia del New England incubico descritto da H. P. Lovecraft è a dir poco affascinante. Somiglia a quella della realtà in cui viviamo, ma non è del tutto identica. Proprio questo è il suo fascino intrinseco: quella toponomastica distorta, incongrua, che sulle prime potrebbe sembrare verosimile ma che poi si scopre essere il sottile parto dell'immaginazione.
 
La Miskatonic University è menzionata per la prima volta nel racconto Herbert West, rianimatore (Herbert West, Reanimator), pubblicato per la prima volta nel 1922. L'ateneo trae il suo nome da quello del fiume che scorre nella tetra cittadina di Arkham. Il Miskatonic è descritto come un fiume descritto come spettrale e tristissimo, dalle acque grigie. Molto diffusa è la leggenda di una derivazione dell'idronimo dall'aggettivo chthonic "sotterraneo, ctonio", vocabolo dotto derivato dal greco χθών (khthon) "terra". I sostenitori di questa etimologia analizzano la terminazione -katonic come una deformazione ortografica di chthonic, lasciando un residuo mis- anch'esso ricondotto al greco e identificato col ben noto prefisso mis- di parole come misanthropy "misantropia", a sua volta confuso col prefisso inglese mis- indicante qualcosa di sbagliato (ricorrente in parole come misunderstanding "fraintendimento", misdeed "misfatto", mismatch "errata corrispondenza", etc.). Questo è riportato nel sito Academic Dictionaries of Encyclopedia
 

"A likely origin for the word Miskatonic is that it is the phonetic contraction of the English prefix 'Mis-', indicating something wrong (as in ‘misplaced’), or bad (as in ‘misanthropy’), and Chthonic (from Greek χθόνιος – chthonios, "in, under, or beneath the earth"), which designates, or pertains to, deities or spirits of the underworld, especially in relation to Greek religion. The Greek word khthon is one of several for "earth"; it typically refers to the interior of the soil, rather than the living surface of the land. It evokes at once abundance and the grave. A close approximation to the phonetic pronunciation of the word Chthonic is 'kuh-th-onic', where 'th' is pronounced identically as it is in the word 'thing'. Miskatonic thus read and understood, would clearly fit with Lovecraft’s wit and mythos." 

Traduzione per i non anglofoni: 

"Una verosimile origine per la parola Miskatonic è che sia la contrazione fonetica del prefisso inglese 'Mis-', indicante qualcosa di sbagliato (come in ‘misplaced’), o cativo (come in ‘misanthropy’), e Chthonic (dal grego χθόνιος – chthonios, "in o sotto la terra"), che designa o riguarda divinità o spiriti del mondo sotterraneo, specialmente in relazione alla religione greca. La parola greca khthon è una delle tante per "terra"; si riferisce tipicamente all'interno del suolo, piuttosto che alla superficie vivente della terra. Evoca al contempo l'abbondanza e la tomba. Una stretta approssimazione alla pronuncia fonetica della parola Chthonic è 'kuh-th-onic', dove 'th' è pronunciata in modo identico a quello della parola 'thing'. Miskatonic, così letto e compreso, si adatta chiaramente all'arguzia e al mito di Lovecraft."

Posso dimostrare che questa etimologia è fallace e basata su errori grossolani. Innanzitutto il vocabolo cthonic non è affatto pronunciato /kə'θɔnɪk/ in inglese americano, bensì /'θɒnɪk/. Nell'inglese britannico l'iniziale ch- corrisponde a /k/: /'kθɔnɪk/, ma senza formare il nucleo di una sillaba. Non è improbabile che tale suono velare sia stato restaurato in epoca abbastanza recente tramite un intervento accademico e che la pronuncia più antica corrispondesse a quella americana. Il dizionario Merriam-Webster non riporta traccia di /k/ nella pronuncia del vocabolo in questione.
 
 
Non sembra probabile quindi che Lovecraft potesse trascrivere chthonic come -katonic. 
 
1) Il prefisso inglese mis- "cattivo, sbagliato" non è affatto di origine greca: è di origine germanica. Deriva dal protogermanico *missa- "erroneo, non corrispondente", che troviamo immutato in gotico: missadeþs "misfatto"; missaleiks "vario"; missaqiss "discordia, dissenso". 
2) In alcune parole importate dal francese antico, il prefisso mis- è invece di origine latina e deriva da minus "meno". Così miscreant "miscredente", in ultima analisi dal latino medievale minuscredens. Si noti che l'avverbio minus non è mai stato usato come prefisso nel latino classico. Questo uso si è imposto in seguito per influenza del prefisso germanico mis- della lingua dei Franchi (vedi sopra).
3) Esiste un altro prefisso in inglese, mis(o)-, che è di origine greca e significa "odio, odiatore, che odia". Si trova in parole come misanthropic, misoginy, misandry, etc. Non esiste soltanto in inglese: è ben conosciuto in moltissime altre lingue, italiano incluso. Così tutti sappiamo che il misantropo è colui che odia gli esseri umani, e che il misogino è colui che odia le donne; una donna che odia gli uomini è chiamata misandra, anche se questo vocabolo non è conosciuto dal volgo, non avendo il giornalismo politically correct alcun interesse a diffonderlo. Le parole greche μῖσος (mîsos) "odio" e μισέειν, μισεῖν (miséein, miseîn) "odiare" non hanno alcuna etimoloia indoeuropea credibile: sono con ogni probabilità relitti del sostrato pre-ellenico.
 
Veniamo al dunque: il Solitario di Providence ha dichiarato che l'idronimo Miskatonic deriva da un guazzabuglio di radici Algonchine  ("a jumble of Algonquin roots"). Non ha mai sostenuto l'idea di una fabbricazione cervellotica dal greco accademico. La sua parola senza alcun dubbio vale più delle boiate degli improvvisati grecisti del Web. In realtà il processo creativo non è stato così complesso da poter essere descritto come "guazzabuglio". Due sono le sorgenti identificabili: 
 
1) L'etnonimo Misqat, che identifica un'oscura tribù degli Algonchini del Massachusetts, secondo quanto riportato da Daniel Harms (The Encyclopedia Cthulhiana, 1998); 
2) L'idronimo Housatonic, la cui pronuncia è /hu:sə'tɒnɪk/. Molte sono le ortografie attestate per il nome di questo fiume del New England. A quanto pare la più antica grafia risale al 1661 e si deve a un certo John Pynchon: Ausatinnoag. Nel 1859, l'ultima superstite di sangue puro della tribù Schaghticoke, Eunice Mahwee, scriveva invece Hoosatenuc. Il linguista James Hammond Trumbull riconduceva la prima sillaba dell'idronimo al prefisso Delaware wussi- "oltre", "sull'altro lato". La parte centrale del nome sarebbe a suo parere stata la parola adene "montagna", mentre il suffisso -ic lo ha ricondotto al vocabolo Mohicano akee "luogo", "terra". Così Housatonic (con le sue varianti) significherebbe "luogo al di là delle montagne", o qualcosa del genere. La forma originale è riportata anche in altri modi, la cui sostanza è comunque la stessa: il più diffuso è usi-a-di-en-uk, che nella lingua dei Mohicani significa "oltre il luogo montano" o "fiume del luogo montano". 
 
Ortografie alternative (obsolete): Ousetonack, Howsatunnuck, Oweantinock, etc. 
 
 
Gli Indiani Misqat di cui parla Harms sono con ogni probabilità fantomatici. Non sono certo uno di quelli che dicono: "Se una cosa non si trova in Google, allora vuol dire che non esiste". Tuttavia se questi Misqat fossero esistiti, avrebbero lasciato qualche traccia anche in lavori di altri studiosi. Qualche loro menzione si dovrebbe trovare. Sulle prime ho pensato che un'etimologia possibile dell'etnonimo fosse dalla radice proto-algonchina *mexkātci che ha dato il vocabolo Cree miskāt "gamba", plurale miskāta "gambe"; in tal caso il nome dei Misqat significherebbe "Gambe Lunghe", "Gambe Veloci" o qualcosa di simile. Poi, appurato che la lettera q è usata nella trascrizione di parole algonchine per esprimere una consonante labiovelare /kw/, la mia ipotesi è venuta a cadere. Non era sostenibile. Nella lingua Wampanoag, parlata un tempo nel Massachusetts, "gamba" è muhkôt, che non si adatta a spiegare l'etnonimo Misqat. Nonostante le difficoltà sono comunque riuscito a trovare la vera etimologia cercando con attenzione tra le radici proto-algonchine: *miskwa- "rosso", *miskwi "sangue". Si conclude che il nome dei Misqat significa certamente "Rossi". La terminazione -at potrebbe derivare dal proto-algonchino *atihte- "essere colorato". Forse Harms ha preso questo nome da qualche parte; dubito che lo abbia inventato di sana pianta. Non disponendo di una copia dell'Encyclopedia Cthulhiana, probabilmente mi stanno sfuggendo informazioni importanti sulle fonti. 
 
Se mi è concesso, credo che siano necessari studi più seri e approfonditi: il materiale disponibile nella maggior parte dei siti Web è piuttosto deludente. Il rischio è quello di scivolare verso degenerazioni paragonabili al paleocomparativismo dei romanisti, che conoscono unicamente il latino e disprezzano ogni lingua nativa, considerata "inferiore", "inconoscibile" e appartenente all'Oblio. Riporto il link di un utile vocabolario proto-algonchino, che fornisce le protoforme e gli esiti nelle lingue storiche: 
 
 
Probabilmente Lovecraft avrà letto simile materiale fumoso e ne sarà stato affascinato, anche se di certo non conosceva nessuna lingua amerindiana. Con tutta probabilità il nome del fiume Miskatonic significa "oltre la terra della tribù Misqat". Non conoscendo la fonetica della lingua Wampanoag e le convenzioni ortografiche per trascriverla, ha sostituito la scomoda consonante -q-, non seguita da una -u-, con una più immediata -k-

mercoledì 30 settembre 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI YOG-SOTHOTH

Yog-Sothoth è uno degli Dei Esterni, il cui Nome è stato menzionato (evocato) per la prima volta da H. P. Lovecraft nel romanzo Il caso di Charles Dexter Ward (The Case of Charles Dexter Ward), scritto nel 1927 e pubblicato per la prima volta nel 1941, postumo. 
 
Questo è il testo originale in cui sono descritte le proprietà della terribile Entità, tratto dal racconto L'orrore di Dunwich (The Dunwich Horror), composto nel 1928 e pubblicato per la prima volta l'anno successivo: 
 
"Yog-Sothoth knows the gate. Yog-Sothoth is the gate. Yog-Sothoth is the key and guardian of the gate. Past, present, future, all are one in Yog-Sothoth. He knows where the Old Ones broke through of old, and where They shall break through again. He knows where They have trod earth's fields, and where They still tread them, and why no one can behold Them as They tread."
(H. P. Lovecraft, L'orrore di Dunwich) 
 
Riporto una traduzione in italiano per i pochi non anglofoni rimasti: 
 
"Yog-Sothoth conosce la porta. Yog-Sothoth è la porta. Yog-Sothoth è la chiave e il guardiano della porta. Passato, presente e futuro sono un’unica cosa in Yog-Sothoth. Egli sa da dove gli Antichi irruppero in tempi remoti e sa da dove Essi irromperanno di nuovo. Egli sa dove Essi hanno calpestato i campi terrestri e dove Essi torneranno a calpestarli, e sa perché nessuno può contemplarLi mentre camminano." 
 
Ancora se ne parla nel racconto Attraverso le porte della chiave d'argento (Through the Gates of the Silver Key, 1934), scritto dallo stesso Lovecraft a partire dall'abbozzo narrativo di Edgar Hoffmann Price: 

"It was an All-in-One and One-in-All of limitless being and self - not merely a thing of one Space-Time continuum, but allied to the ultimate animating essence of existence's whole unbounded sweep - the last, utter sweep which has no confines and which outreaches fancy and mathematics alike. It was perhaps that which certain secret cults of earth have whispered of as YOG-SOTHOTH, and which has been a deity under other names; that which the crustaceans of Yuggoth worship as the Beyond-One, and which the vaporous brains of the spiral nebulae know by an untranslatable Sign..." 
(H. P. Lovecraft, E. H. Price, Through the Gates of the Silver Key) 

Traduzione:
 
"Era un Tutto-in-Uno e un Uno-in-Tutto di illimitato essere e sé - non solamente un essere di uno Spazio-Tempo, ma connesso all'essenza ultima ed animante dell'intera ed illimitata curva dell'esistenza - la curva finale e completa che non ha confini e che si estende allo stesso modo verso sognatori e matematici. Era forse quello che certi culti segreti della terra avevano sussurrato come YOG-SOTHOTH, e che era stata una divinità sotto altri nomi; ciò che i crostacei di Yuggoth adorano come l'Altrove, e che i cervelli eterei delle galassie a spirale conoscono attraverso un Simbolo intraducibile."
 
Onnipresente nello spazio-tempo, Yog-Sothoth è tuttavia esiliato dalla Terra, in attesa della giusta occasione per fare il suo ingresso trionfale. Si può dire che agisca una specie di constraint, un arcano vincolo sulla struttura stessa dello Spazio-Tempo, in grado di impedire certe transizioni. 
 
Le radici R'lyehian YOG- e SOTH- 
 
L'etimologia non è affatto difficile se si ha qualche conoscenza della lingua di R'lyeh: YOG-SOTHOTH significa "Abitatore dello Spazio Esterno", da YOG "fuori, esterno" e da SOTH "spazio; il Nulla". Il concetto espresso richiama le Tenebre Esteriori. Per quanto riguarda la morfologia, il suffisso -OTH è molto produttivo col senso di "abitante, nativo" e permette di derivare un gran numero di teonimi e di nomi comuni. Dalla stessa radice YOG "fuori, esterno" sono formate parole come YOGOR "su, in alto", YOGAGL "cielo" (alla lettera "luogo esterno"), YOGFM'L "stella" (alla lettera "fuoco esterno"), YOGFM'LOG "sole" (alla lettera "grande fuoco esterno") e via discorrendo. Esiste anche una traduzione diversa di YOG come "tempo; epoca". La cosa non sarebbe poi così inspiegabile, se fosse confermata: le menti sfocate delle genti di R'lyeh concepivano il Tempo come qualcosa che è al di fuori dello Spazio. Così si sarebbe avuto questo slittamento: 
 
"fuori, esterno" => "al di fuori dello spazio" => "tempo" 
 
È anche possibile che esistessero differenze di pronuncia per noi poco rilevanti che permettevano di marcare la distinzione tra i due diversi significati. Tutto ciò necessita di ulteriori approfondimenti. 

Questo per ciò che concerne l'etimologia interna del teonimo Yog-Sothoth, ossia la derivazione dalla lingua in cui è stato concepito dall'Autore (definita "fittizia" o "artificiale" dagli studiosi materialisti). Sono state tuttavia escogitate dai critici alcune etimologie esterne, che fanno riferimento alle lingue degli umani della Terra e che presentano qualche interessante spunto di riflessione. 

Alcune ingannevoli etimologie popolari
 
1) Origine ebraica. Vagando nel Web mi è capitato di imbattermi in un'interpretazione particolarmente cervellotica. Non ne esiste più alcuna traccia, così non saprei dove indirizzare il lettore. L'autore del blog ormai scomparso sosteneva che Yog-Sothoth in ebraico significasse "Tredici Depravazioni". Così argomentava, nella sua ingenuità infinita, che Sothoth doveva essere l'ebraico סוֹטוֹﬨ sōṭōth "depravazioni", plurale di סוֹטָה sōṭāh "depravazione". Non comprendeva che la consonante è diversa da th. Il verbo סטה sṭh è ben documentato per indicare la depravazione morale: sāṭāh significa "deviare (dalla virtù)". In concreto, la parola sōṭāh indica la moglie infedele o sospettata di infedeltà, ossia la "donna deviante". Non mi pare una semantica adatta agli Dei Esterni. Per quanto riguarda il numerale, egli considerava i valori numerici delle lettere yod (10) e gimel (3), sommandoli e ottenendo per l'appunto "tredici". In effetti per scrivere in forma sintetica 13, si usa la notazione יג. Nella sua infinita ingenuità, questo blogger era convinto che in ebraico la parola per dire "tredici" si pronunciasse realmente YOG! In realtà in ebraico il numerale in questione è שְׁלֹשָה-עָשָׂר shelōshāh-'āsār "tredici" (maschile) e שְׁלֹשׁ-עֶשְׂרֵה shelōsh-'esreh "tredici" (femminile).   
 
2) Origine araba. Sembra una direzione abbastanza scontata in cui fare ricerche. In fondo l'arabo sarebbe stato proprio la lingua madre di Abdul Alhazred, autore del Necronomicon. Così nel manuale del gioco di ruolo The Call of Cthulhu (Chaosium) è stato suggerito che Yog-Sothoth fosse un adattamento della supposta frase araba Yaji Ash-Shuthath "non c'è pace alle porte". Se posso permettermi un paragone espressivo, se questa traduzione è verosimile, allora Hulk Hogan somiglia a Cicciolina.
 
Riporto un significativo dialogo tra Wikipediani sulla natura del nome Yaji Ash-Shuthath
 
 
Nareek (03/01/2007):  
Does this really mean "There is no peace at the gates" in Arabic? I feel a little uncomfortable with the reference as it stands, because it's not actual scholarship--it's color for a role-playing game, which for all we know may have been made up out of whole cloth. I do not think it is a serious suggestion that Lovecraft derived the name from an Arabic phrase. 
 
Phil Smith (04/02/2007):
Good point. I just noticed that the alleged translation had been put there without attribution and hoped that citing the source might clear it up slightly. But yes: it might be Arabic, it might not; the essay in question doesn't actually confirm it one way or another. If it is Arabic, then it's probably a back-formation. Any Arabic speakers able to clear that up? 
 
Legiodes (18/03/2007): 
I'm not sure about 5th edition but according to 6th edition "Yaji Ash-Shuthath" translates to "The abnormal ones (things, times?) are coming" while "There is no peace at the gates" seems to be the english translation of "Ny har rut hotep".
 
Siebharrin (06/06/2007): 
I speak an arabic dialect, and although I'm not an expert of classical Arabic, I can tell : Actually, neither "Yaji Ash-Shuthath" or "Ny har rut hotep" are Arabic...
 
Ho potuto appurare che esiste una frase in arabo classico, ال شذاذ ي جيء yajī'u ash-shudhdhādh, il cui significato è "vengono le cose strane" o "arriva la stranezza". Direi che è una fabbricazione piuttosto grossolana. Tecnicamente parlando, appare insensato spiegare Yog-Sothoth con la lingua di un popolo terrestre: il genere umano è ben giovane in confronto agli Dei Esterni! Uno spiritosone con qualche rudimento di arabo classico deve essersi strizzato il cervello giorno e notte per produrre questa "meraviglia".  
 
Le manipolazioni di Simon e di Carranza 
 
Cercare corrispondenze del teonimo Yog-Sothoth in sumerico e in accadico era un'impresa votata al fallimento fin dall'inizio. Così i famigerati Simon e Venustiano Carranza hanno pensato bene di forgiare forme inesistenti, senza alcun criterio, spacciandole quindi per reali. Ecco alcuni discutibili "capolavori" della creatività umana: 
 
1) il "sumerico" IAK SAKKAK, menzionato da Simon nel corpus delle formule del suo pseudo-Necronomicon;
2) il "babilonese" YUGGSUDUGGU con la variante YUGSUDUK, menzionato nelle cosiddette Tavolette di Kutu, nel Necronomicon fittizio di Carranza. 
 
I falsificatori non mostrano alcuna conoscenza delle lingue dell'antica Mesopotamia, che distorcono a loro piacimento a beneficio dei babbei che credono a baggianate così colossali. Confondono il sumerico (una lingua isolata) con l'accadico (una lingua semitica), ignorano ogni fondamento di fonotassi e di scrittura di entrambe le lingue, spargono fumisterie di ogni genere e arrecano grande nocumento alla Conoscenza.

Un'interpretazione cabalistica

Il mago cerimoniale Thelemita Kenneth Grant (1924 - 2011) ha proposto una tesi singolare: Yog-Sothoth sarebbe stato descritto dal Solitario di Providence come un conglomerato di globi maligni (supposto originale: "a conglomeration of malignant globes"; frase attestata: "only a congeries of iridescent globes, yet stupendous in its malign suggestiveness", L'orrore nel museo, 1933) su ispirazione delle Qliphoth, le cosiddette "Conchiglie", che rappresentano il Male nella cosmologia cabalistica e si contrappongono alle Sephiroth, le emanazioni attraverso cui si rivela l'Infinito (Ain Soph). Nel misticismo ebraico l'insieme delle Qliphoth è conosciuto come Albero della Morte, che è il contrario dell'Albero della Vita. Andrebbe verificato quanto Lovecraft conoscesse davvero le complessità della Cabala. Non mi risulta che conoscesse l'ebraico (aveva soltanto pochi rudimenti di greco). Si è detto e scritto di tutto su di lui e sulla sua ipotetica formazione esoterica. Ricordo la suggestione che lo vorrebbe istruito nei misteri della Massoneria Egiziana la cui fondazione è attribuita a Cagliostro: queste nozioni gli sarebbero giunte tramite la consultazione della biblioteca paterna. Su tutte queste cose sono piuttosto scettico.  
 
Questi sono i nomi delle 10 Sephiroth che compongono l'Albero della Vita: 
 
1. KETHER
2. CHOKMAH
3. BINAH
4. CHESED
5. GEVURAH
6. TIPHERETH
7. NETZACH
8. HOD
9. YESOD
10. MALKUT 
 
Alcune Sephiroth hanno nomi alternativi:
CHESED è anche nota come GEDULLAH;
GEVURAH è anche nota come PAHAD e come DIN;
TIPHERETH è anche nota come RACHAMIN
MALKUT è anche nota come SHEKINAH
 
Le varianti ortografiche sono dovute a diverse convenzioni nella traslitterazione: YESSOD, MALKUTH, etc.  
 
Questi sono i nomi delle 10 Qliphoth che compongono l'Albero della Morte: 
 
1. THAUMIEL  
2. CHAIGIDEL
3. SATHARIEL
4. GAMCHICOTH
5. GOLACHAB
6. THAGIRION
7. HARAB SERAPEL
8. SAMAEL
9. GAMALIEL
10. NEHEMOTH

Le varianti ortografiche sono dovute a diverse convenzioni nella traslitterazione. Alcuni scrivono THAMIEL anziché THAUMIEL.
 
Nel Necronomicon fittizio di George Hay, Yog-Sothoth è costituito da 13 globi maligni i cui nomi sono i seguenti: 

1. GOMORY 
2. ZAGAN 
3. SYTRY 
4. ELIGOR 
5. DURSON
6. VUAL 
7. SCOR 
8. ALGOR
9. SEFON
10. PARTAS
11. GAMOR
12. UMBRA
13. ANABOTH 
 
La fonotassi non è tipicamente R'lyehian, anche se nulla impedisce a questi nomi di appartenere a tale lingua; si nota che un nome suona come il latino umbra "ombra". Non è improbabile che l'autore della teoria delle 13 Depravazioni (vedi sopra) abbia tratto ispirazione dall'opera di Hay.