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venerdì 20 settembre 2019


STUFF - IL GELATO CHE UCCIDE

Titolo originale: The Stuff
AKA: Larry Cohen's The Stuff
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1985

Regia:
Larry Cohen
Durata:
85 min
Rapporto: Widescreen
Genere: Orrore, commedia, grottesco, trash 
Casa di produzione: New World Pictures
Distribuzione in italiano: Eagle Pictures
Fotografia: Paul Glickman
Montaggio: Armand Lebowitz
Musiche: Dwight Dixon, Anthony Guefen, Richard Seaman
Interpreti e personaggi:
    Michael Moriarty: David "Mo" Rutherford
    Andrea Marcovicci: Nicole Kendal
    Garrett Morris: Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs
    Paul Sorvino: Colonnello Malcolm Grommett Spears
    Scott Bloom: Jason
    Danny Aiello: Mr. Vickers
    Patrick O'Neal: Fletcher
    Alexander Scourby: Evans
    Russell Nype: Richards
    Rutanya Alda: Psicologa 
    Eric Bogosian: Impiegato del supermeracato
    Patrick Dampsey: Compratore clandestino di Stuff
Doppiatori italiani:
    Gianni Giuliano: David "Mo" Rutherford
    Lorenza Biella: Nicole Kendal
    Carlo Valli: Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs
    Luigi Montini: Colonnello Malcolm Grommett Spears
    Guido Cerniglia: Mr. Vickers
    Carlo Sabatini: Fletcher
    Walter Maestosi: Evans
    Giulio Platone: Richards
Budget: 1,7 milioni di dollari USA
Traduzioni del titolo: 
    Tedesco: Stuff – Ein tödlicher Leckerbissen
   
Romagnolo:
Quèl - Al ślâ ch'al cópa
    Spagnolo: El Stuff (Spagna): La Cosa; La Sustancia Maldita
          (America Latina)
    Portoghese: A Coisa
    Svedese: Mördande dessert
    Russo: Вкусная дрянь     

Trama:
Midland, Georgia. Una notte d'inverno, cade la neve. Un vecchiaccio schifoso, che lavora come sorvegliante in una miniera, durante un suo giro d'ispezione scopre una strana sostanza simile a yogurt che gorgoglia da una buca nel terreno, più profonda delle voragini stradali apertesi a Roma durante il dominio feudale della Raggi. Essendo per l'appunto un vecchiaccio schifoso, il laido sileno si mette ad assaggiare quella candida crema di origine sconosciuta, contro ogni sano principio. Forse pensava che glielo avrebbe fatto rizzare (all'epoca il Viagra non era stato ancora inventato e si affidavano a ogni possibile patacca). Il gusto di quella sostanza cremosa entusiasma all'istante il guardiano. Galvanizzato, chiama subito un suo collega - anche lui un vecchiaccio schifoso - e lo induce ad assaggiare. "Se continua a gorgogliare fuori dal terreno così, ce ne sarà abbastanza da potersela vendere", afferma deciso, mentre l'altro ha ormai vinto la sua iniziale diffidenza.
Dato che negli States un essere umano è considerato buono soltanto se vende qualcosa, ecco che i due si mettono a pensare in grande e ne parte una produzione industriale. In breve il nuovo prodotto, a cui viene dato il nome The Stuff, ha un immenso successo e viene distribuito su tutto il territorio nazionale, in modo capillare. L'attività sembra andare a gonfie vele, portando guadagni stratosferici agli scopritori del dolciume cremoso, ma presto emergono alcuni problemi di non poco conto. Tutto ha inizio quando un bambino si accorge che il contenuto di un barattolo di Stuff... si muove! Un ex agente dell'FBI, David "Mo" Rutherford, viene assoldato dalla sofferente industria dei gelati e del junk food allo scopo di indagare sulla vera natura dello Stuff per poter neutralizzare i suoi produttori. Nel corso delle indagini, il giovane e intraprendente Rutherford arriva a scoprire una sconvolgente verità: quello che milioni di persone ingollano a badilate non è affatto un dessert, bensì un organismo alieno che prende possesso dei corpi, fino a divorarli dall'interno e a trasformarli in zombie! C'è un solo modo per salvare il popolo americano da un simile flagello: convincere il colonnello Spears ad intervenire alla testa del suo esercito. Per riuscirci, il geniale ex agente dell'FBI trova il punto su cui far leva, suggerendo al militare che lo Stuff è un'arma inventata dai cospiratori comunisti per distruggere il Paese e consegnarne le macerie all'Unione Sovietica!  

Citazione: 

«ATTENZIONE! Interrompiamo il programma per un gravissimo comunicato sullo STUFF: se lo vedete in un negozio, chiamate la polizia, se ne avete in casa, non toccatelo... scappate! Lo STUFF è un prodotto naturale, un mortale organismo vivente, che dà assuefazione e poi la morte; può impadronirsi del vostro cervello e del vostro corpo... e nulla può fermarlo! THE STUFF: siete stati avvertiti...»

Recensione:
Ho subito amato questo film. L'ho trovato esilarante fin dalle prime battute, come una boccata di protossido d'azoto che arriva dritta al cervello. Inverosimile, grottesco, assurdo. Forse proprio per questo è così divertente. Gli effetti speciali sono a dir poco grossolani, eppure la cosa non mi ha urtato più di tanto. Ebbene sì, avete ragione: sto cominciando a manifestare preoccupanti segni di degrado cognitivo. 



Dipendenza da cibi iperpalatabili 

Qualcuno nel Grande Paese d'America un giorno scoprì che poteva indurre una dipendenza invincibile somministrando un preparato di sua invenzione, un cibo sublime ottenuto da un concentrato cremoso di proteine del latte con l'aggiunta di aroma di vaniglia (non necessariamente di origine naturale). Le cose stanno così. Chiunque mangi quella roba, ne diventa schiavo all'istante. La dipendenza che si instaura è forte come quella data dall'eroina. Come si può ben capire, da una simile dipendenza non si può uscire. Ecco spiegata  l'origine dei cibi iperpalatabili, non proprio salutari, ma talmente piacevoli che non si smetterebbe più di ingurgitarli! Nessuno si cura degli effetti a lungo termine: l'importante è guadagnare! Il mio sospetto è che l'inventore di questa trovata sia stato Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud. In Italia è poco noto al grande pubblico, eppure fu uno dei personaggi più influenti del XX secolo. Si può dire che sia stato un gigante. Fece intervenire gli States nella Grande Guerra, fondò le pubbliche relazioni, convinse tutti gli americani a mangiare uova e bacon a colazione, fece fumare le donne, trasformò Rockefeller in un filantropo e mandò Hitler al potere. Con un simile curriculum, non mi stupirei se gli si dovesse attribuire anche il junk food. Lascio a studiosi con più mezzi dei miei il compito di approfondire questo argomento. 

Questo ebbe a dire lo stesso Cohen: 

"My main inspiration was the consumerism and corporate greed found in our country and the damaging products that were being sold. I was constantly reading in the newspapers about various goods and materials being recalled because they were harming people. For example, you had foods being pulled off the market because they were hazardous to people's health." 

Uno strano elemento salvifico  

Capo di una violenta formazione di militari irregolari, il colonnello Malcolm Grommett Spears sa esattamente come si risolvono i problemi: rimuovendo coloro che li provocano. La tecnica di rimozione di ogni problema è sicura e infallibile. Basta riempire di piombo i suoi portatori. Il colonnello mi ricorda un altro uomo di guerra: il Capitano di Monaco, Ernst Röhm. Certo, mi si dirà che i gusti sessuali dei due militari sono molto diversi. Spears ha un'insana predilezione per le giovinette mentre Röhm era dedito a rapporti omosessuali sfrenati. La risposta all'obiezione è molto semplice: i gusti sessuali dell'americano e del tedesco sono assolutamente irrilevanti. Comune è la più intima natura. Al giorno d'oggi un film così non lo si potrebbe più fare. Direbbero subito che Spears è "nazista", "fascista", "sovranista", "nazionalista", addirittura "razzista" e via discorrendo. Sono tutte balle. Etichette che non contano nulla. La sola cosa importante è che un uomo così i problemi li risolve davvero, senza fallire, per Giove!  Per paradosso, la comprensione della vera natura di un problema non influisce sulla possibilità di rimuoverlo. In fondo qualsiasi problema, quale ne sia la natura, è sempre riconducibile a persone concrete - che per l'appunto possono essere eliminate. Il bello è che il colonnello Spears pensa che tutto sia un complotto messo in atto da "quei bastardi dei comunisti" e dalla "stramaledetta Unione Sovietica". In realtà la causa del dilagare del pestilenziale gelato è da ricercarsi proprio nel turbocapitalismo ultraliberista. Una bella ironia, ma in concreto cosa importa, se i risultati sono quelli desiderati? Ok, ok, Spears mi è simpatico. Adoro il suo odio e il suo disprezzo nei confronti dei politicanti! 

Alcune note sul ruolo dei militari 

Il film di Cohen è senza dubbio eccentrico. Ci dice che soltanto l'elemento militare può portare salvezza dove imperversa il marasma, a patto che sia opportunamente incentivato - e anche ingannato, se necessario: è essenziale che scateni tutta la sua furia distruttiva contro l'obiettivo prefissato, ossia i nemici della Nazione. Per il resto il regista è molto realistico e non si fa stolte illusioni sull'etica della specie Homo sapiens. Ne accetta tutti i limiti. A piacermi è proprio l'idea di un militare che possa definirsi genuino erede dei Lanzichenecchi, distante anni luce dall'astratto e asettico idealismo che muove ogni gesto del maggiore Eugene "Sam" Denton in Damnation Alley (1977). In due pellicole di George A. Romero, La città verrà distrutta all'alba (The Crazies, 1973) e Il giorno degli zombi (Day of the Dead, 1985), vediamo invece molti esempi di militari deleteri. Nel primo film l'esercito è costituito da emeriti minchioni che con la loro ottusa burocrazia fanno perdere la possibilità di curare una terribile pestilenza (tra l'altro causata da un loro errore). Nel secondo film vediamo un militare odiosissimo che, rimasto senza superiori, si improvvisa tiranno e rovescia su tutti la sua pazzia criminale, a piene mani. 

La resa dei conti 

Quando il gagliardo David "Mo" Rutherford riesce a raggiungere i vertici dell'azienda che distribuisce lo Stuff, questi gli dicono che il sabotaggio delle loro attività estrattive non li può fermare, dal momento che quella sostanza aliena emerge in molti punti. Sudando freddo, si mettono ad esporre uno spudorato progetto: essi hanno intenzione di mettere in commercio un nuovo prodotto, chiamato The Taste, con soltanto il 12% di Stuff e per il resto fatto di comune gelato. Questo avrebbe lo scopo di limitare i danni, così dicono, visto che con una percentuale così bassa di Stuff non si potrebbe instaurare dipendenza. In realtà non è vero. La creazione di The Taste è dovuta unicamente al drastico calo delle provvigioni di Stuff. L'avidità dei dirigenti aziendali è senza limiti. L'ex agente dell'FBI li costringe a trangugiare quantità immense di Stuff, fino a farli zombificare.    

Un'inattesa eruzione del Caos

Quando tutto sembra finito, ecco emergere l'ombra di Nyarlathotep, Caos Strisciante. L'ex agente dell'FBI David "Mo" Rutherford e il colonnello Spears sono acclamati eroi nazionali, la voragine da cui gorgoglia lo Stuff è distrutta, riempita da tonnellate di terra smossa da un'esplosione. La Terra dei Coraggiosi è finalmente libera dalla schiavitù del gelato diabolico. L'azienda che distribuiva quel veleno è distrutta. Siamo proprio sicuri che tutto sia finito? A questo punto si fa una scoperta a dir poco sconfortante. Esistono trafficanti di Stuff

Etimologia di stuff 

In inglese stuff significa "materiale", "materia". L'etimologia è identica a quella del tedesco Stoff "sostanza, materiale" e dell'italiano stoffa. L'origine è dall'antico francese estoffe "provvigione", dal verbo estoffer "fornire, provvedere, decorare", a sua volta prestito dalla lingua dei Franchi: *stopfôn, *stoppôn "fornire" - in ultima analisi dal protogermanico *stuppanan. Si tratta di una parola germanica adottata nelle lingue romanze per poi ritornare nel mondo germanico per effetto boomerang - con buona pace dei romanisti, che vorrebbero negare l'esistenza stessa delle lingue dei "Barbari". Dirò di più: avendo la seconda rotazione consonantica, il prestito deve essere stato accolto nella lingua romanza di Francia in epoca carolingia. 

Curiosità varie 

La miscela usata in alcune scene per simulare lo Stuff era fatta con polvere di lische di pesce in putrefazione e aveva un odore così sgradevole da costringere gli attori a lavarsi per ore nelle acque di un fiume. La fonte dell'informazione è lo stesso regista. In altre scene, sarebbero stati usati immani quantitativi di gelato Häagen-Däzs e di yogurt denso con l'aggiunta di schiuma di estintore. Un enorme spreco.

Il personaggio di Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs (reso in italiano con "Cioccolatino Charlie") ha ricevuto il suo soprannome dagli omonimi famosi biscotti della marca Famous Amos. Al giorno d'oggi queste trovate non sarebbero più ammesse. I radical sono molto aggressivi e detestano ogni associazione del colore della pelle con il cioccolato. Il perché non è dato sapere. Il cioccolato è un alimento delizioso, dovrebbe dare origine a complimenti, non a insulti. "Chocolate Chip" è un loquace mandingo che finisce contaminato dallo Stuff e trasformato in un morto vivente. Il suo ruolo doveva essere assegnato ad Arsenio Hall, ma la cosa non andò in porto.

La scena con il gelato alieno che esce dai materassi e dai cuscini in un motel è stata girata nella stessa camera usata nelle riprese di Nightmare - Dal profondo della notte (1984), nella scena in cui Glen (interpretato da Johnny Depp) viene risucchiato nel suo letto e il suo sangue finisce vomitato sul soffitto.

Paul Anthony Sorvino, il robusto attore che ha interpretato il colonnello Spears, è di origini italiane e per l'esattezza napoletane. Sua figlia Mira è stata tra le vittime del famigerato Harvey Weinstein. La reazione del padre è stata sanguigna e la condivido appieno: egli ha dichiarato che se avesse saputo, avrebbe ucciso quel maiale con le proprie mani, non prima di avergli spappolato le gambe facendolo finire su una sedia a rotelle.

martedì 10 settembre 2019


PROVIDENCE 

Titolo originale: Providence
Anno: 1977
Paese: Francia, Svizzera
Lingua: Inglese
Durata: 110 min
Tipologia: Metafilm
Genere: Drammatico, commedia, grottesco
Regia: Alain Resnais
Assistenti alla regia: Florence Malraux, Guy Pinon,
     John Lvoff
Soggetto / dialoghi: David Mercer
Produttori: Klaus Hellwig, Yves Gasser, Yves Peyrot
Produttore esecutivo: Philippe Dussart
Produttori associati: Lise Fayolle, Juergen Hellwig
Società di produzione: Action Films, Citel Films, SFP, FR3
Distribuzione: C.C.F.C. 
Musiche: Miklós Rózsa 
Fotografia:
Ricardo Aronovich
Scenografia: Charles Merangel, Jacques Saulnier
Montaggio: Jean-Pierre Besnard, Albert Jurgenson
Costumi: Catherine Leterrier (design),
    John Bates (guardaroba)
Trucco: Régine Havan, Victor Merinow, Michel Trigon,
    Marie-Hélène Yasschenkoff
Suono: René Magnol, Jacques Maumont
Direzione artistica: Michel Breton, Jean-Claude Cabouret,
    Daniel Pierre, Claude Serre
Interpreti e personaggi: 
    Dirk Bogarde: Claude Langham (avvocato cinico)
    Ellen Burstyn: Sonia Langham (moglie adultera)
    John Gielgud: Clive Langham (vecchio lamentoso)
    David Warner: Kevin Woodford / Kevin Langham
        (amante ingenuo / astrofisico)
    Elaine Stritch: Helen Wiener (cougar bionda)
    Danis Lawson: Dave Woodford (calciatore rubentino)
    Samson Fainsilber: Il vecchio pagano
    Cyril Luckham: Dottor Mark Eddington
    Anna Wing: Karen
    Kathryn Leigh Scott: Miss Boon (milf bruna sexy)
    Joseph Pittoors: Un vecchio
    Milo Sperber: Mr. Jenner
    Piter Arne: Nils
    Tanya Lopert: Miss Lister (milf rossiccia)
Riconoscimenti:
    1977 - Seminci
        Espiga de oro a Alain Resnais
    1978 - Premio César
        Miglior film a Alain Resnais
        Migliore regia a Alain Resnais
        Migliore sceneggiatura originale a David Mercer
        Migliore scenografia a Jacques Saulnier
        Miglior montaggio a Albert Jurgenson
        Miglior sonoro a René Magnol e Jacques Maumont
        Miglior colonna sonora a Miklós Rózsa
        Nomination Migliore fotografia a Ricardo Aronovich
    1977 - New York Film Critics Circle Award
        Miglior attore protagonista a John Gielgud


Trama: 
Un vecchio scrittore dilaniato dai dolori del cancro si ingozza di paté e di tartufi, ingurgitando ettolitri di vino bianco per favorire la discesa della massa di cibi verso la loro destinazione infera. Bagordi che di certo gli fanno onore e che non esiterei a ritenere un modello da imitare, se non fosse che ad ogni sorso il vegliardo se ne esce con insopportabili lamentele. Il film procede tra una colica e l'altra. Un po' come la mia esistenza. Un monologo querulo e incoerente, quasi un flusso di coscienza, che si fa immensa fatica a separare dalle caotiche sequenze della storia plasmata da quel singolare demiurgo. Assistiamo così al processo al giovane biondiccio Kevin Woodford, un soldato che ha avuto una disavventura durante un pattugliamento in un bosco. Nei pressi di un monumento megalitico si è imbattuto in un vecchio pagano con sembianze licantropesche, dalle unghie adunche e dal naso coperto di pelame stopposo. Il pagano, che era ferito in modo grave e implorava una rapida morte, viene preso in simpatia da Kevin e abbattuto all'istante con una fucilata. È per questo che l'uccisore, convinto assertore dell'eutanasia, subisce un processo civile. Cosa un po' singolare: non dovrebbe essere giudicato da un tribunale militare? L'accusatore del giovane soldato è un avvocato odioso e di un cinismo disumano, Claude Langham, che fa di tutto per ottenere una sentenza di condanna. Herr Josef Mengele potrebbe dargli lezioni di etica. Nonostante questi sforzi l'accusato viene assolto, con grande gioia di Sonia, la libidinosa e adultera moglie dell'arrogante leguleio. Presto si arriva a capire meglio la situazione: il cornuto Claude è proprio il figlio dello scrittore vegliardo e corroso dalle metastasi! A rendere più insopportabile l'umiliazione del becco è il fatto che la splendida e statuaria Sonia ha scelto come partner sessuale proprio il biondiccio Kevin! Peccato che l'ardore dell'adultera non sia ricambiato: l'oggetto del suo desiderio è freddo come un pezzo di marmo, insensibile alle lusinghe femminili. È capace di allontanarla mentre cerca di fargli un pompino. Respinge la sua bocca lasciva per parlare di astronauti e di stelle alla deriva nello spazio profondo. Al massimo glielo avrà infilato nel vaso procreativo, senza alcun entusiasmo, solo per placare la sua insistenza. Claude, folle di gelosia, cerca di uccidere il rivale e di affermare i suoi legittimi diritti di marito. Tutto procede nella confusione più totale e soltanto verso la fine della narrazione è concesso allo spettatore di trovare il bandolo della matassa e di comprendere davvero qualcosa. Si capisce allora che questo non è un semplice film: è un metafilm


Recensione: 
Devo essere onesto e franco: a me il metafilm di Resnais non è piaciuto un granché. Non ha l'aria di essere questo gran capolavoro. Certo, all'inizio sembrava interessante - in modo blando, s'intende. Era partito con una musica coinvolgente e con sequenze cupe. Presto ho cominciato a non capirci più nulla, tanto che a un certo punto sono arrivato a una disarmante conclusione: "Fa schifo". Solo alla fine, dopo aver sopportato una lunga sofferenza dello spirito nel tentativo di dare un ordine logico alle sequenze, tutto mi è stato chiaro e ho potuto credere di non aver gettato via il mio tempo. Tutte le azioni, tutte le parole dei personaggi erano soltanto laide invenzioni del vegliardo demiurgo. Invenzioni in grado di operare una distorsione totale degli stessi personaggi secondo le aspettative del narratore, a cui avrebbe giovato un flusso di morfina. Quando ho compreso tutti gli arcani, ho rivalutato un po' l'opera del regista francese. Si badi bene, soltanto un po', non molto. I personaggi sono a dir poco deprimenti e quasi sempre privi di spessore. Dire che sono posticci sarebbe ancora far loro un complimento. Alcuni sono proprio insopportabili, proprio perché sono soltanto simulacri. Prendiamo per esempio il sedicente fratello di Kevin: è un calciatore con la maglietta bianconera della Rubentus e frulla per una buona metà della pellicola, senza un minuto di sosta. La cosa, dirò, mi ha dato non poco sui nervi. Per fortuna sparisce di colpo. Una presenza senza costrutto, una scomparsa senza significato. Poi c'è la segretaria, una milf rossiccia che incensa il vecchio scrittore demiurgico, dicendo che è un uomo eccezionale, che è andata a letto con lui e gli ha concesso il proprio corpo. Si capisce lontano un miglio che è stata pagata dall'interessato per dire queste cose. Ecco alla fine svelata la verità sul biondiccio Kevin: è proprio il figlio naturale (riconosciuto) del vetusto e querulo Clive Langham, quindi è il fratellastro dell'avvocato, Claude. I due condividono la metà del corredo genetico paterno, sono germogliati dalla stessa sburra ma da diversi marchesi. Eppure, tra tante banalità, sorge qualche perla, come quando l'architetto della metanarrazione, in preda all'ennesima crisi di dolore, afferma una grande verità: "E là, nel gelido Universo, c'è il Nulla".


Incesto subliminale 

Il vegliardo demiurgo è morboso. Non può sopportare che il proprio figlio sia un avvocato di successo in buona sostanza privo di vizi, così lo snatura, lo rende turpe e odiosissimo. Non può sopportare che il figlio abbia una moglie fedele che lo ama, così la trasforma in una Messalina e le fa concupire il fratellastro del legittimo consorte. Lo scrittore si duole di non poterle attribuire un fratello carnale - altrimenti l'avrebbe fatta strisciare ai suoi piedi mendicando una fellatio. Vorrebbe essere lui a penetrare la nuora, una donna castana e statuaria. Vorrebbe farle conoscere il proprio sperma e far sì che proprio figlio sia reso becco nel peggiore dei modi, il più umiliante di tutti. Non riuscendoci, si vendica in modo guittesco. "Ti piace come mastica?", chiede Claude alla moglie, alludendo a Kevin intento a ingurgitare badilate di fagioli. "Mi interessa di più come fòrnica", risponde lei, con aria di sfida. Questa battuta è tutto quello che il vecchio genio riesce a metterle in bocca. Le perverse risorse di Clive Langham non finiscono qui. Prende Molly, la propria moglie malata di cancro e morta suicida, e la trasforma nell'amante del proprio figlio Claude. Mostruoso. Prende questa cougar bionda e ormai vizza, facendo sì che apra le gambe per il proprio figlio, consumando copule incestuose. Com'è ovvio, tutte queste cose non le si vede in modo esplicito, sono lasciate all'immaginazione, eppure formano come una cappa innaturale di tensione che perseguita lo spettatore. 


Cosa rappresenta il pagano ferito? 

Una cosa mi ha colpito: la figura distorta e sofferente del vecchio pagano. Quella creatura licantropesca che emerge dalle profondità del bosco è quanto di più enigmatico possa esserci. Negli Stati Uniti d'America mancano molte cose che a noi in Europa sono familiari. Non ci sono nobili, non ci sono castelli e non ci sono resti di una civiltà megalitica come quella che ha eretto il cerchio di Stonehenge. Se qualcuno dice di essere un nobile negli States, o è un impostore o è un esule. I castelli degli States sono tutti finti, a quanto ne so: spesso sono fatti di cartapesta e si trovano nei parchi tematici. Cosa ci fa dunque un antico monumento megalitico in pieno New England, in un bosco attorno a Providence? Non è dato sapere. Poi, verso la fine del film, prima dell'epilogo, vediamo che Kevin si trasforma nel fisico fino a somigliare al pagano. Gli crescono peli scuri sul volto e sul naso, una vera e propria barba nasale che lo rende quasi uno wookie. A questo punto si comprende che nella laida fantasia di Clive Langham, il figlio illegittimo Kevin rappresenta una sorta di senso di colpa in grado di assumere l'aspetto di un mostro. Una presenza incubica che non lo abbandona. Tanto più che anche la ferita ha una sua logica: il cinico Claude, impazzito dalla gelosia, spara al fratellastro. Ecco come è nata la ferita. Il pagano è ancora Kevin invecchiato, che si è impupato nel monumento megalitico per poi emergere in decadenza e in sfacelo, solo per finire ucciso dal se stesso più giovane. Soppressione di un proprio doppione, paradossi temporali stridenti e mulinelli nel tempo! 


Kevin, un santo manicheo 

A un certo punto si capisce che l'universo interiore del biondiccio Kevin è ricchissimo. Egli non è una creatura di questo mondo. Il suo problema è che non reagisce agli stimoli. La realtà esterna gli fa talmente orrore che ne rimane traumatizzato, così si chiude a riccio. Fa una grande fatica ad esprimersi, usa le parole con grande parsimonia. Così il suo silenzio ostinato può essere scambiato per mancanza di spessore. A un certo punto se ne esce a dire qualcosa di sconcertante: "Magari in un altro periodo della Storia me la sarei cavato bene come santo... di quelli che poi finivano sul rogo". Il riferimento ai Catari è palese e inaspettato. Non è infatti una banalità. Chi ha scritto i dialoghi (non penso che sia farina del sacco del regista) doveva conoscere la storia dei Buoni Uomini. Il finale ci mostra Kevin nelle sue vesti di scienziato asettico, nella sua perenne calma serafica, nella sua totale assenza di passioni. Ogni accenno di rivolta contre il mondo e contro la vita sembra essersi sopito. Forse è stato il tormentato Clive Langham a introdurre in lui una scintilla di anticosmismo?       


Il Borghese e la Rivoluzione

Il vegliardo demiurgo discute spesso col figlio della natura della borghesia. Afferma cose sconcertanti a questo proposito. Quando era giovane, si diverte a raccontare, era affascinato dal bolscevismo. Poi si è ritratto inorridito da questo suo esperimento stravagante: a fargli paura non era tanto la Rivoluzione, erano i rivoluzionari. Uomini concreti, non idee. Uomini che avrebbero potuto identificarlo come un nemico e annientarlo. Forse possiamo scorgere echi della sua esperienza politica nelle scene che mostrano prigionieri in uno stadio adibito a campo di concentramento, destinati alla fucilazione. Sono scene che sembrano incarnare le paure più recondite dello scrittore: i rivoluzionari passati all'azione, lui e i suoi cari etichettati come nemici del Popolo, destinati all'esecuzione. L'associazione che fa capolino nella mia mente è istantanea ma capovolge tutto: lo stadio il golpe militare avvenuto in Cile nel 1973, dove però ad essere torturati e uccisi furono proprio i comunisti. La morale potrebbe essere questa: tutto ciò che è derivato dall'idealismo di Hegel è un punto su una circonferenza, e su una circonferenza gli estremi coincidono. Riporto un dialogo che mi sembra interessante. 
     Il padre dice: 
"Il borghese è semplicemente un uomo che rifiuta di accettare le novità ideologiche ".
    Il figlio ribatte: 
"Il borghese è semplicemente un uomo che vede nelle novità ideologiche la distruzione dei suoi valori. E forse anch'io lo sono... Non so se i miei valori siano veri o falsi, ma sono le strutture morali entro cui posso vivere".     
    Il padre chiede:

"L'unico problema è, mio caro ragazzo, quali sono?"     
    Il figlio risponde:

"Onestà, scrupolosità, discernimento, comprensione, tenerezza, avversione alla violenza e all'esercizio cosciente del terrore."     
    La moglie del figlio obietta: 
"Ma non sono monopolio della borghesia!"
    Il padre esclama:
"E poi non capisco come si possano confondere le virtù private con la giustizia pubblica! Sei ingenuo o solo ipocrita?!"

Immagino di introdurmi nel dialogo con una citazione del Capitano di Monaco:
"Poiché sono un uomo immaturo e perverso, sono più attratto dai disordini e dalla guerra che dal buon ordine borghese".
Com'ebbe più volte a dire il militare tedesco, i valori borghesi gli davano i conati di vomito. Per sentire in sé e condividere la sua rabbia, basta ascoltare il melenso discorso del leguleio Claude Langham.
Mentre si svolge il dibattito sulle classi sociali, in sottofondo cinguettano gli usignoli e i pettirossi. Si sente anche il monotono canto di un cuculo. Tutti uccelli euroasiatici e africani, che non si trovano affatto nelle Americhe. 



Echi di Lovecraft 

Ovviamente il titolo del metafilm, Providence, trae origine proprio dalla cittadina del New England che diede i natali al Grande Solitario, Howard Phillips Lovecraft (1890 - 1937). L'allusione è triplice. Oltre a essere il luogo d'origine di Lovecraft, Providence è proprio il nome della dimora signorile del vegliardo demiurgo Clive Langham. Nel suo significato di "Provvidenza", indica anche il controllo che egli esercita sui membri della propria famiglia, trasformati in meri pupazzi. La natura di questo controllo è più prossima al concetto pagano di Fato che al concetto cristiano di Provvidenza divina, proprio per la sua natura ineluttabile. Qui si insinua una stridente contraddizione a livello lessicale. L'universo di Lovecraft non conosce alcuna presenza ordinatrice e morale di un essere superiore, a cui si possa attribuire l'epiteto di "Provvidenza": il genere umano è in balia degli Elementi e delle Potenze del Caos, che possono cancellarlo in qualunque istante. La colonna sonora evoca ambientazioni funeree. Vi sono scorci urbani con case di color mattone da cui sembra irradiare l'ontologia stessa della Decadenza. La scena più interessante è senza dubbio quella dell'autopsia del vecchio pagano. Il suo cadavere giallastro, steso sul tavolo operatorio, è dissezionato come la carcassa di un pollo, ridotto a un oggetto senza valore da gettare nell'immondizia una volta concluso l'esame autottico. Resnais ordinò a Jaques Saulnier, che si occupava del set, di leggere l'opera omnia di Lovecraft, perché l'idea stessa della Morte fosse trasfusa nella sfarzosa villa chiamata Providence. Una villa concepita dal regista come una tomba di famiglia!


Le opinioni di Resnais sul suo metafilm 

Il regista fornì una chiave interpretativa della propria opera, che appare forse un po' banale. Avrebbe forse fatto meglio a non parlarne neppure. Ecco un sintetico sunto. Tutto si fonda sull'egocentrismo del protagonista, anziano e malato, unita all'ostinazione con cui si oppone all'idea di morire. L'approssimarsi della morte degrada l'essere umano, gli fa perdere la ragione lo trasforma in un animale. Questo sarebbe il significato della figura del vecchio pagano, che ha perso quasi del tutto la propria umanità per diventare un licantropo - ma con ancora un barlume di coscienza, che è la causa della sua pressante richiesta di eutanasia. Le scene dello stadio adibito a campo di concentramento, più che evocare la dittatura di Pinochet o altri regimi autocratici, avrebbero la loro radice nella paura che il vecchio ha dei giovani, sempre ansiosi di gettarlo fuori dall'Esistenza per occupare il suo spazio. Eppure questa esegesi non mi convince del tutto, non spiega la profonda ferita aperta del protagonista e di coloro che lo circondano: la reputo insostanziale e simile a cibo insipido.

Curiosità varie  

Questo è stato il primo film girato in inglese per Alain Resnais. Il regista francese non si trovava a proprio agio con la lingua di Albione, ma ebbe a dire che non riusciva a immaginarsi i dialoghi nel proprio idioma natio: "Non avrebbe funzionato in francese". Tuttavia in seguito i produttori lo costrinsero a fare anche una versione in francese. Furono impiegati doppiatori del calibro di Gérard Depardieu (Kevin), Claude Dauphin (Clive), François Périer (Claude), Nelly Borgeaud (Sonia) e Suzanne Flon (Helen). 

Providence avrebbe dovuto essere girato proprio nel New England, ma presto si capì che i costi sarebbero stati proibitivi. Soltanto alcune riprese di esterni furono fatte a Providence e ad Albany negli Stati Uniti. Per il resto, il regista optò per ambientazioni europee come Bruxelles, Anversa e Lovanio. Gli interni sono stati girati a Parigi. Le scene del compleanno finale di Clive sono state girate al castello di Montméry ad Ambazac, vicino a Limoges (Francia). Capite ora perché gli uccelli che cantano in sottofondo non appartengono all'avifauna americana? 

Cineforum Fantafilm 

Il metafilm resnaisiano fu proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 29 ottobre 2010. Purtroppo non ho potuto essere presente, sarebbe stato interessante partecipare alla discussione. La scheda del film sul sito Fantascienza.com contiene passi degni di nota:

"... un vecchio scrittore trascorre una notte insonne in cui il mondo interiore si dilata e le proiezioni della sua fantasia diventano il commento di una civiltà in decadenza." 

"... diretto magistralmente, interpretato da un quintetto di attori di classe, è un film impervio, geniale e affascinante come un labirintico gioco di specchi in cui i fantasmi dell'immaginario (e del subconscio) sono al fianco delle figure della realtà."

giovedì 25 luglio 2019


THE CHIMP

Anno: 1932
Regia:
James Parrott 
Produzione: Hal Roach 
Sceneggiatura: Harley M. Walker
Distribuzione: Metro-Goldwin-Mayer
Dialoghi: Harley M. Walker
Fonico: Elmer Raguse
Durata: 25 min 13 sec
Genere: Comico
Interpreti e personaggi:  
  Stan Laurel e Oliver Hardy, nei panni di sé stessi;
  Charles Gemora (la gorilla Ethel);
  Tiny Sandford (Destructo, il forzuto del circo);
  Jimmy Finlayson (presentatore dei numeri circensi);
  Billy Gilbert (proprietario della pensione);
  Dorothy Granger (Ethel, moglie del proprietario);
  Bobby Burns (pensionante).
Titolo in italiano: Il circo è fallito 

Comicità anarchica 

I copioni dei cortometraggi prodotti da Hal Roach, aventi per protagonisti Laurel e Hardy, subivano aggiustamenti e modifiche durante le riprese. Una cosa tutto sommato naturale e niente affatto rara nel mondo del cinema. Secondo quanto si legge in Laurel and Hardy: The Magic Behind the Movies, di Randy Skretvedt (Bonaventure Press, 2019), ciò accadeva spesso allorché si trattava di testi scritti da Harley M. Walker, accreditato come autore dei dialoghi di “The Chimp”.
L’espressione che meglio si presta a descrivere questo cortometraggio è “comicità anarchica”.
Non vi è traccia alcuna della melassa profusa a piene mani da Charlie Chaplin in “The Circus” (1928): a regnare è il gusto per la sovversione dei ruoli e delle regole, in barba a tutti i canoni.
Per questo “The Chimp”, a quasi novant’anni dalla sua realizzazione, conserva una sorprendente freschezza, cosa che non si può certo dire di opere coeve o posteriori.
Nel cast si segnalano alcuni straordinari caratteristi presenti in altri cortometraggi di Hal Roach. Mi riferisco anzitutto a James Finlayson, l’attore calvo coi baffoni ben noto ai fan di Laurel e Hardy.
Nel ruolo del proprietario della pensione troviamo il bravissimo Billy Gilbert, che molti di voi ricorderanno nei panni del medico ospedaliero in “County Hospital” (1932). Merita una menzione anche Stanley J. "Tiny" Sandford nella parte del forzuto del circo (nel 1933 lo ritroveremo sul set di “Busy Bodies”).
Straordinaria l’interpretazione della gorilla Ethel da parte di Carlos Cruz “Charles” Gemora. Era, questi, un immigrato filippino di piccola statura dalle spiccate doti artistiche. Trovò lavoro come scultore e truccatore a Hollywood e, in seguito, come attore, sempre indossando un costume da gorilla.
In questo ruolo ebbe modo di recitare accanto a Lon Chaney in “The Unholy Tree”, di Jack Conway (1930); Bela Lugosi in “Murders of the Rue Norgue”, di Robert Florey (1932); i Fratelli Marx in “At the Circus”, di Edward Buzzell (1939); Robert Mitchum in “White Witch Doctor”, di Henry Hathaway (1953). 

Pietro Ferrari


Trama: 
Stan e Oliver lavorano presso un circo equestre come inservienti. A causa della loro proverbiale inettitudine provocano il crollo del tendone, facendo fallire il circo. L’impresario, a corto di quattrini, annuncia ai dipendenti che non potendo pagarli in denaro suddividerà fra loro i beni del circo. A ciascuno verrà assegnato ciò che saprà disegnare su un foglio. Oliver si ritrova così proprietario di Ethel, una simpatica e intelligentissima femmina di gorilla; Stan del “circo delle pulci”, una scatoletta piena di insetti molesti. Mentre Oliver tenta di fabbricare con delle assi una gabbia per Ethel, si materializza un leone che prende a inseguire il bizzarro terzetto. Dopo una lunga corsa per le vie della città, i fuggitivi giungono nei pressi di una pensione il cui proprietario, proprio in quel mentre, è in preda a una crisi di gelosia furiosa poiché la moglie, che di nome fa Ethel proprio come la gorilla, è andata chissà dove e tarda a tornare. Mentre Oliver si accinge a firmare il registro degli ospiti, piombano nella hall Stan e Ethel, terrorizzati dal riapparire del leone. Il proprietario dà in escandescenze e intima loro di uscire. A questo punto non resta ai due che ingegnarsi. Oliver entra in una rimessa, si spoglia e fa vestire Ethel con i propri pantaloni, la giacca e il cappello. Lui, a sua volta, indossa la gonna di tulle di Ethel (che è una provetta ballerina). A vestizione conclusa, Stan e la scimmia riescono a farsi ammettere alla pensione. Mentre Oliver attende un segnale dell’amico, vede ricomparire il leone. Urlando per il terrore riesce, non si sa bene come, a chiudere il felino nella rimessa. Stan si affaccia alla finestra e Oliver gli fa segno di lanciargli i propri abiti: l’imbranatissimo Stan lancia i pantaloni dritti su un filo steso poco più sotto. Nel tentativo di recuperarli, Stan e Ethel cadono entrambi addosso al povero Oliver. Dopo aver abbandonato Ethel nei pressi di un cassonetto, i due amici tornano alla pensione. Arrampicandosi per la grondaia, Ethel raggiunge la finestra della loro stanza e vi si introduce, andandosi poi stendere nello stesso letto dove dorme Oliver, cui schiocca un bacio sul collo. Questi lancia un urlo e scaccia la scimmia, dicendole di andare a coricarsi nello sgabuzzino. Ethel obbedisce, ma non senza aver sottratto a Oliver la coperta. A questi non rimane che coricarsi accanto a Stan. Dopo pochi istanti i due cominciano a grattarsi: Stan ha lasciato inavvertitamente aperta la scatola del “circo delle pulci”! Nel frattempo, in una stanza vicina, un anziano pensionante mette in funzione un grammofono. Nell’udire il motivo musicale, Ethel si mette a ballare trascinando con sé Stan nella danza. Oliver esorta ripetutamente Ethel a tornare a letto. Il proprietario della pensione, che ancora rimugina sopra il ritratto della moglie fedifraga, nell’udire le parole di Oliver crede che siano rivolte alla “sua” Ethel e, impugnata una pistola, si precipita verso la stanza dei due amici, intimando loro di aprire la porta. I due fanno appena in tempo a nascondere Ethel nel letto della stanza accanto, quand’ecco che il proprietario fa saltare la serratura con una pistolettata e irrompe nella stanza gridando “Dov’è lei?”. “Lei chi?” replica basito Oliver. “La mia Ethel!” Stan indica senza esitazioni la stanza accanto. Il proprietario, scorgendo una figura nascosta sotto le coperte, attacca una vera e propria filippica – il cui effetto comico è moltiplicato dalle espressioni stupefatte di Stan e Oliver. “Pensa a quello che mi hai fatto, tu, che porti il mio nome, tu, la madre dei miei figli! Tu che io amo più della vita stessa!” In quel preciso istante la moglie del proprietario, rientrata a casa con l’aria trionfante della moglie infedele reduce da un appuntamento con l’amante, fa il suo ingresso nella stanza attirata dal vociare del marito. Questi nel vederla esclama: “Ethel!”. La gorilla, sentendo pronunciare il proprio nome, esce da sotto le coperte. La Ethel depilata scappa in preda al terrore e il marito, per lo spavento, lascia cadere a terra la pistola gridando a Stan e Oliver di portar via la scimmia. Ethel, stanca di tutto quel baccano, afferra la pistola e si mette sparare una gragnuola colpi sul pavimento, facendo fuggire tutti quanti.


Pietro Ferrari 


Alcune considerazioni

Ricordo di aver visto questo filmato quando ero ancora allo stadio larvale! Ne rammento anche un altro, in cui Oliver finiva immerso in una piscina piena di un elisir ringiovanente, emergendone come uno scimpanzé: una splendida satira al darwinismo! Peccato che queste comiche siano sempre state associate alla più estrema superficialità, quando in realtà contengono fulgidi tesori.  

Una constatazione lapalissiana 

Il titolo originale del corto cozza in modo stridente con il fatto che Ethel, la scimmia protagonista, non è affatto uno scimpanzé (genere Pan), bensì un gorilla (genere Gorilla). La forma abbreviata chimp, derivata da chimpanzee, è documentata per la prima volta nel 1877. Il nome esteso chimpanzee è documentato in inglese già nella prima metà del XVIII secolo (1738) e deriva da una lingua Bantu del Congo o dell'Angola (cfr. Kikongo chimpenzi "scimmia") - anche se attualmente non risulta che l'ominide sia presente sul territorio dell'ex colonia portoghese. Come mai il cortometraggio mostra una simile confusione tra grosse scimmie? La risposta è abbastanza semplice: non ci si può aspettare che una persona di cultura anche media avesse, nella prima metà del XX secolo, l'acume e le conoscenze di un tassonomo. Non è poi escluso che la scelta abbia avuto una sua componente estetica: The Gorilla non sarebbe suonato bene come The Chimp.

sabato 24 novembre 2018



DELICATESSEN

Titolo originale: Delicatessen
Anno: 1991
Paese: Francia
Lingua originale: Francese
Regia: Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet
Genere: Commedia, grottesco
Sottogeneri: Black comedy, postapocalittico
Soggetto: Jean-Pierre Jeunet
Musiche: Carlos d'Alessio
Fotografia: Darius Khondji
Montaggio: Hervé Schneid
Scenografia: Jean-Philippe Carp
Attori e interpreti: 

     Dominique Pinon: Louison
     Marie-Laure Dougnac: Julie Clapet
     Jean-Claude Dreyfus: Clapet
     Karin Viard: Signorina Plusse
     Ticky Holgado: Marcel Tapioca
     Anne-Marie Pisani: Signora Tapioca
     Edith Ker: Nonna
     Rufus: Robert Kube
     Jacques Mathou: Roger
     Howard Vernon: Uomo delle rane
     Chick Ortega: Fattorino
     Silvie Laguna: Aurore Interligator
     Jean-François Perrier: Georges Interligator
     Dominique Zardi: Tassista
     Patrick Paroux: Puk
     Maurice Lamy: Pank
     Marc Caro: Fox
     Eric Averlant: Tourneur
     Clara: Mr. Livingston

Doppiatori italiani
    Sergio Di Giulio: Louison
    Cristiana Lionello: Julie Clapet
    Oreste Rizzini: Clapet
    Roberta Greganti: Signorina Plusse
    Claudio Capone: Georges Interligator
    Valerio Ruggeri: Tassista

In un fatiscente edificio, tra gli stravaganti condomini, ci sono i fratelli Robert e Roger Kube, dediti a fabbricare curiosi souvenir; l'isterica Aurore; la vogliosa Plusse; la famiglia Tapioca, i cui componenti (padre, madre, figli e nonna) sono sempre affamati; lo stralunato Potin, dedito all'allevamento di rane e lumache, la giovane violoncellista Julie con suo padre, il macellaio Clapet, un folle individuo intento ad accumulare mais e lenticchie avuti dai suoi clienti in cambio di carne umana. Vittima predestinata del macellaio è il candido Louison, un clown disoccupato che ha chiesto a questi vitto e alloggio in cambio di lavori di pulizia e manutenzione. Julie, innamoratasi di Louison, per salvarlo dal suo triste destino, trova aiuto in misteriosi trogloditi vegetariani, una genia di teppisti che vivono nel sottosuolo metropolitano, i quali sperano così di impossessarsi dei legumi del macellaio...

Premi: Delicatessen ha vinto il Premio César come miglior film, migliore sceneggiatura, miglior montaggio e migliore scenografia.


Recensione:

Il film è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 10 maggio 2010. Per la verità mi è sembrata una pellicola un po' squallidina, che ha deluso le mie aspettative. All'epoca mi sono astenuto dal far notare questo al carissimo Andrea, che è sempre stato animato dalle migliori intenzioni e che è una persona deliziosa come un panino alla nutella. Il lavoro di Caro e Jeunet mi è parso informe, appena sbozzato da un pastone di caos. Il tema del cannibalismo vi è appena accennato e viene affrontato con la tecnica del sottinteso, dell'off-camera, quasi del "si fa ma non si dice", anziché essere mostrato in tutta la sua raggelante natura. L'unica sequenza in cui si mostra la macellazione di un uomo si rivela una fantasia onirica carica di isterismo, prodotta dalla mente febbrile della figlia del macellaio antropofago. Per giunta, durante la proiezione tale breve scena di sgozzamento non ha neppure raggiunto i miei nervi ottici, dato che ero sprofondato in un sonno non REM. Va infatti detto che ho visto la maggior parte delle sequenze mentre mi trovavo in stato comatoso per le libagioni eccessive di whisky e per la stanchezza accumulata da mesi, cosa che ha contribuito a creare in me un senso di profonda irritazione, come quando in un sonno inquieto si è tormentati da sogni pesanti e sovrapposti, in apparenza del tutto privi di significato, in cui emergono come rigurgiti acidi vecchi ricordi immersi in un pastone di vomito. In seguito, quando ho rivisto il film nella calma della mia dimora immersa nel buio della notte, mi sono potuto fare un'idea più precisa della pellicola.

Ambientato in una città perennemente notturna, come tipico di certo cinema francese, Delicatessen può essere ascritto al genere post-apocalittico. Per la verità, nulla di sa e si può dire sulla natura della catastrofe che si è abbattuta sulla Francia - e forse sul mondo intero - salvo un dato di fatto: a causa di questo sconvolgimento si è avuta una penuria cronica di generi alimentari. Ormai non esiste più un potere centrale, non vi sono più banche e nessuna zecca di Stato che batta moneta. Al posto del denaro si usano così i cereali: l'economia è tornata al Neolitico.


Trogloditi e Troglodisti

Durante l'intero corso del film si parla dei Trogloditi, i dissidenti vegetariani che conducono le loro squallide esistenze nelle fogne. Si tratta di dementi che tesaurizzano cereali in un ambiente fetido e umido, mangiandoli quando sono ben ammuffiti, tutti impregnati dai tanfi cloacali. Si nota subito un errore marchiano commesso dai traduttori. Il termine Trogloditi non è esatto. Il francese infatti ha Troglodistes, non Troglodytes. Non conoscendo bene la lingua, anziché coniare il grottesco ma logico neologismo Troglodisti, chi di dovere ha pensato che Troglodistes e Troglodytes fossero semplicemente sinonimi. In realtà i Troglodisti sono i seguaci del Troglodismo, una dottrina derivata dall'Anarco-Primitivismo che ha alcuni seguaci anche in Facebook. Ritenere un troglodista un semplice troglodita è un abuso linguistico: il neologismo ha un valore simbolico del tutto assente nella parola da cui è stato tratto. Per far capire meglio la questione, farò un esempio tratto dalle ceneri della Blogosfera. Esisteva in Splinder un blogger il cui nick era Cattomoderasta, che egli spiegava come "cattolico moderato entusiasta", orrida parola macedonia. Alcuni troll giocavano sull'assonanza tra entusiasta e pederasta, facendone nascere flames infiniti. Ecco, tra un troglodita e un troglodista c'è più o meno lo stesso rapporto che c'è tra un moderato e un moderasta. Detto questo, l'idea di accumulare legumi e granaglie quando si può disporre di proteine nobili mi pare come minimo anticonservativa. 

 

Il guitto a tre gambe 

Vero protagonista del film è Louison, il guitto biondiccio. La cosa non deve sorprendere: la Francia ha un'immensa stima dei guitti, cui attribuisce addirittura poteri taumaturgici e salvifici. Un tempo Louison era un clown di successo, che lavorava in coppia con il Dottor Livingstone, un grosso scimpanzé. Poi era venuta la Grande Carestia e le tenebre erano calate sulla Francia. Un gruppo di facinorosi aveva teso un agguato allo scimmione, uccidendolo, macellandolo e trasformandolo in un succulento stufato. Il compagno di Louison era stato avidamente manducato e di lui in breve erano rimasti soltanto alcuni mucchietti di feci. A causa di ciò, il guitto traumatizzato si era dato alla fuga, temendo di finire anche lui cucinato come spezzatino. Giunto dal macellaio Clapet, il fuggitivo si dimostra subito un abile factotum, capace persino di sostituire le lampadine fulminate. Questo Clapet è un mostruoso energumeno, un individuo colossale, sadico e violento, che medita di uccidere Louison per venderne la carne ai condòmini. La figlia del beccaio antropofago, Julie, ha invece un carattere gentile e sensibile. Si innamora così di Louison. Proprio quando si reca nella camera di lui, vi trova una sorpresa annichilente. Il guitto ha indossato un bizzarro costume priapico, consistente in pantaloni con tre gambe, tutte complete di scarpe buffonesche: così conciato balla allegramente con la concubina di Clapet, la matrigna ninfomane di Julie. Questa donna è una milfona affetta da una cistite cronica che le provoca l'impellente necessità della pressione martellante di un poderoso fallo sulla vescica - per questo si fa trapanare per ore dal suo bestiale compagno. Julie, che avrebbe voluto fare la segaiola di Louison, si ritira piangendo nel proprio alloggio, il cuore infranto. 
 

Nemesi di un energumeno 

Il proprietario della macelleria cannibalica, il mostruoso Clapet, è gelosissimo perché Julie vorrebbe diventare la ragazza di Louison. Agisce nel suo animo fosco un tipico meccanismo freudiano. La povera Julie, in quanto femmina generata dal suo sperma, è da lui vista come una fica aperta nel suo grande ventre, come una cavità femminile preternaturale. Così chiunque concupisca quella vulva ventrale è come se attentasse alla virilità del suo portatore, come se volesse possederlo carnalmente. In realtà non si tratta di una perversione esclusiva di pochi mostri come Clapet: è proprio ciò che accade in ogni uomo che abbia una figlia! I padri vedono le figlie come parti cave del proprio corpo, per questo si sentono fottuti come qualcuno le penetra! Tale è la furia di Clapet per questa triste condizione, che alla fine si ritorce contro di lui uccidendolo. A portarlo alla morte è proprio il coltello scenico di Louison, di cui si è impadronito: lo lancia contro il comico, credendo la lama un volgare temperino. Il punto è che quell'arma, conosciuta come l'Australiano, è come un boomerang. Una volta scagliato, torna al mittente. Essendo questi un bruto ignorante, viene còlto di sorpresa dal coltello prodigioso, che gli si pianta proprio in mezzo alla fronte. 


Macellazione di una suocera 

Decisamente surreale è l'episodio in cui un'anziana residente del condominio viene destinata ad essere macellata, perché sua figlia e suo genero non possono più occcuparsi di lei. Così Clapet fa delle sue membra eduli un pacchetto di carne che consegna di persona ai parenti, proprio al banco della macelleria. Un ben triste destino per una suocera! Quasi una sottile e ironica vendetta contro un oggetto di odio universale. Gli esiti di questa trovata sono notevoli. Sembra valere una legge inderogabile: quando qualcuno viene macellato, una parte della carne appartiene ai suoi congiunti più stretti. Accade persino che un uomo, costretto all'amputazione di una gamba, si è ritrovato con un macabro fagotto di carne avvolto in carta da giornale. Che dire? Questa è l'essenza della black comedy francese. 


Epilogo 

Finito l'incubo della macelleria Delicatessen, centro di irradiazione del cannibalismo, il guitto e Julie escono alla luce del sole, che a quanto pare è spuntato per la prima volta dopo anni di opprimenti tenebre celesti. I due innamorati mostrano al mondo la loro gioia, lei suona un violoncello, lui maneggia uno strumento ben più inconsueto: una sega musicale. In pratica è una comune sega da falegname, che produce suoni striduli quando viene pizzicata con un archetto. Un finale denso di simbolismi erotici. Cos'è il violoncello se non una vulva? Cos'è la lunga sega flessibile se non un grosso fallo svettante? 

Effetto boomerang! 

Le parole si comportano spesso come l'Australiano, il coltello-boomerang di Louison: da una lingua passano ad un'altra, che le prende a prestito, le modifica, le adatta al proprio sistema fonetico, le digerisce, le assimila profondamente, ne rielabora la semantica, poi le rigurgita, così questi prodotti modificati, qualche volta quasi irriconoscibili, ritornano alla lingua di partenza. Con buona pace dei puristi, le lingue non hanno anticorpi lessicali, né sono soggette a devastanti reazioni autoimmuni: assorbono tutto come spugne, anche le proprie feci. In buona sostanza questo fato è capitato alla parola francese délicatesse "delicatezza", da délicat "delicato" (anche in senso gastronomico). È stata presa a prestito dal tedesco come Delikatesse, col regolare plurale Delikatessen. Dal tedesco la parola è giunta negli Stati Uniti d'America, dove è stata resa popolare dai negozianti ashkenaziti. Dall'inglese americano è stata quindi importata in molte altre lingue, tra le quali anche il francese. Il significato più comune è attualmente quello di "negozio dove sono vendute leccornie". 

mercoledì 29 agosto 2018


FRANKENHOOKER

Titolo originale: Frankenhooker
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: USA
Anno: 1990
Durata: 85 min
Genere: Commedia, orrore, fantascienza  
   Sottogenere: Black comedy, necrofilia 
Regia: Frank Henenlotter
Sceneggiatura: Robert "Bob" Martin, Frank
   Henenlotter
Produttore: James Glickenhaus
Formato: 1,66:1 - Dolby - 35 mm
Fotografia: Robert M. Baldwin
Montaggio: Kevin Tent
Effetti speciali: Matt Vogel
Musiche: Joe Renzetti
Trucco: Dan Frye
Interpreti e personaggi   
    James Lorinz: Jeffrey Franken
    Patty Mullen: Elizabeth Shelley
    Louise Lasser: La madre di Jeffrey
    Helmar Augustus Cooper: Detective Anderson
    Joanne Ritchie: Mrs. Shelley
    Joseph Gonzalez: Zorro il Pappone
    Carissia Channing: Dolores
    Heather Hunter: Chartreuse
    Charlotte Helmkamp: Honey
    Lia Chang: Crystal
    Kimberly Tayloro: Amber
    Susan Napoli: Anise
    Ari M. Roussimoff: Cliente di Zorro
    John Zacharie: Presentatore meteo grottesco
Budget: 2,5 milioni di dollari USA
Titoli alternativi/traduzioni:
   Spagna: Frankenputa - Vicios diabólicos 
   Russia: Франкеншлюха (Frankenšljuka) 


Trama:

Jeffrey Franken è un medico che per hobby fa lo scienziato pazzo e nei ritagli di tempo coltiva allegramente in vitro un cervello rosso dotato di un grande occhio centrale come Polifemo. La sua vita è tutto sommato abbastanza felice: ama la sua prosperosa fidanzata Elizabeth Shelley e conta di sposarla presto. Purtroppo durante una festa di compleanno accade qualcosa di spaventoso. L'appariscente Elizabeth sta mostrando il regalo al futuro suocero. Si tratta di una grossa falcatrice, uno di quegli aggeggi infernali che tanto piacciono agli americani. Non appena la ragazza aziona la macchina, questa avanza e la fa a pezzi, facendo piovere sugli invitati sangue e pezzi di carne. Jeffrey è annichilito e si chiude in se stesso. Ha raccolto i resti della sua amata e li conserva in una grande vasca piena di un fluido rosa. In particolare nutre una vera e propria adorazione per la testa mozzata. Di notte la toglie dal liquido conservante, la bacia sulle labbra e le parla, poi la porta a tavola assieme ad altre membra tranciate e le fa bere del vino. Ovviamente il nettare passa attraverso l'esofago reciso e si spande sulla tovaglia. Quando l'uomo si mette a mangiare, vicino a lui c'è un piede della ragazza in bella mostra. La scena è un capolavoro della necrofilia fantascientifica moderna. A un certo punto a Jeffrey viene un'idea folgorante. Pensa di costruire un corpo femminile perfetto su cui innestare la testa di Elizabeth, assemblandolo a partire dalle membra di diverse prostitute, che naturalmente devono sacrificare la propria vita per fornire la materia prima. Animato da questo mostruoso proposito, l'emulo del dottor Victor Frankenstein si immerge negli angiporti della vicina città alla ricerca di quanto gli occorre per riportare in vita la sua defunta Venere. Le cose non andranno precisamente secondo i suoi piani...

Recensione:

Film di un trash assoluto, cosa non sorprendente per un regista come Frankenlotter - ehm, pardon - Henenlotter, già autore dell'inguardabile Brain Damage (1988), di cui avremo modo di occuparci in un'altra occasione. Non possiamo aspettarci una perfetta aderenza alle leggi fisiche che governano l'Universo, così vediamo il giovane Jeffrey Franken rilassarsi infilandosi ripetutamente un trapano nel cranio senza che dal foro d'entrata esca una sola goccia di sangue. Cosa pericolosa, vista la natura emulativa dell'Homo americanus, senza dubbio tra le più stupide varietà di primati glabri comparsi su questo pianeta infernale. Il punto è che non esiste nemmeno la ricerca di una vaghissima verosimiglianza nella narrazione, tanto che è tutto un susseguirsi di situazioni che definire assurde è ancora poco, più grottesche che comiche. Quando le prostitute attirate dal giovane scienziato pazzo trovano un grande sacchetto pieno di cristalli di un crack speciale, subito cominciano a sgranocchiare e a fumare la droga, finendo col surriscaldarsi in modo insostenibile e con l'esplodere come se fossero pupazzetti di cartapesta. I loro corpi scoppiano come petardi giganti e dalle ferite non esce il sangue. Le loro membra semplicemente piovono per tutta la stanza in cui si è svolta l'orgia di droga, quasi per una strana magia pirotecnica. In totale spregio di ogni principio della biologia, Jeffrey attacca insieme le membra scelte delle sue vittime usando la colla e pretendendo che la cosa possa funzionare, come se i corpi umani fossero giocattoli di plastica, senza vasi sanguigni e terminazioni nervose. Gli effetti speciali sono volutamente grossolani, specialmente quando si vedono i fulmini in cielo e le scariche elettriche negli apparecchi. La creatura con la testa di Elizabeth, che dovrebbe essere la ragazza rediviva, è orrenda e contrae il volto in smorfie insopportabili. Stupisce che possa andarsene in giro impunemente e che riesca persino a sedurre un anziano impiegato. Il cliente adescato finirà col pagare con la vita la sua condizione di abbrutimento, folgorato dall'inaspettata amante cadaverica. Guardando le sequenze ho compreso che esiste nella trama un presupposto di una fragilità logica molto spinta. Dove sono le forze dell'ordine? Possibile che si possa andare in giro per una città, scatenare casini spaventosi, far esplodere puttane, occultare cadaveri, far scaturire fulmini e quant'altro, senza che nessun poliziotto muova nemmeno un dito per vedere cosa succede?


Reazioni nel Web e recensioni altrui 

Al giorno d'oggi Frankenhooker sembra aver evitato lo sprofondamento nell'Oblio soltanto in America, mentre in Italia è sostanzialmente sconosciuto. Ho reperito poche recensioni in italiano tramite Google. Di queste, soltanto due hanno una certa lunghezza e contengono qualche spunto interessante. La prima è di Francesco Ceccamea ed è comparsa sul sito Nocturno.it. Ecco l'indirizzo url: 


La seconda è di Paolo Chemnitz ed è comparsa sul blog Cinema Estremo. Questo è l'indirizzo url:


Sul sito Mymovies.it si trova un'utile informazione: l'accoglienza del film di Henenlotter è stata tiepida persino in America e non si è ancora verificato quel mirabile processo che trasforma persino autentiche merdate in oggetti di adorazione, chiamati per questo motivo "cult movies" o anche semplicemente "cult". Una domanda: siamo poi sicuri che questa trasformazione in feticcio un giorno coinvolgerà proprio Frankenhooker?

Influenza del film sullo slang

Con mia grande sorpresa, ho scoperto che esiste la voce frankenhooker nello slang urbano americano. Il sito Urbandictionary.com la glossa così: 

"A female that looks as if she was constructed from parts that came from different bodies. Common features are (an)unnormally long or large arms, legs, torso, or neck. This ofcourse has to be in contrast to the female's body."


Mi pare ovvio che il vocabolo gergale sia entrato nell'uso proprio a causa del film di Henenlotter. Trovo molto difficile credere che si tratti di una creazione indipendente.

L'etimologia del termine hooker "prostituta" è apparentemente semplice. Si tratta di un derivato di hook "uncino" con un suffisso agentivo -er, quasi "che trascina <gli uomini> con un unicino", ossia "che adesca i passanti". La parola è un tipico americanismo. Come spesso accade, sconosciuti popolani ignoranti hanno creato nel corso dei decenni false etimologie, ad esempio associando la denominazione della prostituta al generale "Fighting Joe" Hooker, che guidò l'Armata del Potomac all'epoca della Guerra Civile. 


In Italia nell'epoca pre-internet si ignorava l'esistenza della parola hooker. La sua conoscenza si è diffusa a causa dei siti pornografici e di una discutibile iniziativa di Annie Lobert, un'ex pornodiva che ha fondato l'organizzazione internazionale Hookers for Jesus, alla lettera "Puttane per Gesù". Nulla da ridire: capisco perfettamente che in pieno regime di idiocrazia si possa concepire una stringa concettuale come "Hookers for Jesus" senza nemmno sospettare qualche doppio senso, cosa che per un cristiano dovrebbe essere blasfema.


Un'interessante profezia

Un anno dopo l'uscita del film si è scoperto che un altro Jeffrey, questa volta realmente esistente, aveva la macabra costumanza di conservare parti del corpo delle sue vittime, che tuttavia erano uomini e ragazzi. Il suo cognome non era Franken: era Dahmer. Il serial killer in questione era un sodomizzatore violento, sadico, antropofago e necrofilo, tanto efferato da essere soprannominato Mostro di Milwaukee (Milwaukee Monster) e Cannibale di Milwaukee (Milwaukee Cannibal). Dal 1978 al 1991 commise 17 omicidi. Fu condannato a 16 ergastoli. Nel 1994 fu massacrato a sprangate da un altro detenuto, Christopher Scarver. Che vite atroci e dannate!   


Un finale annichilente

Il protagonista viene decapitato dal pappone Zorro, che intende vendicarsi della perdita delle sue ragazze. Contro ogni aspettativa, ecco che Elizabeth riesce ad assemblargli un nuovo corpo e a resuscitarlo. C'è soltanto un piccolo problema: dal momento che la rianimazione sembra funzionare soltanto su tessuti di persone di sesso femminile, la testa di Jeffrey è stata innnestata su un corpo tumefatto ottenuto cucendo assieme ed incollando le membra delle prostitute defunte. Con sommo orrore e raccapriccio, l'uomo si ritrova così sprovvisto di fallo, con una vagina tra le gambe! Non è improbabile che questa trovata sia stata ispirata a Henenlotter da un fatto realmente accaduto, per quanto non attinente alla chirurgia e alla rianimazione dei cadaveri. A quanto riporta il Ceccamea, la protofemminista Mary Wollstonecraft, madre di Mary Shelley, era rimasta sommamente infastidita quando aveva appreso quello che Jean-Jacques Rousseau pensava della donna, da lui definita "creatura destinata al piacere e alla seduzione". Tutto il film sembra echeggiare queste parole dell'autore ginevrino: in più di un'occasione Jeffrey Franken dichiara il suo intento di innestare la testa di Elizabeth su un corpo perfetto, in modo tale da poterlo usare un oggetto per il proprio godimento sessuale. Proprio per questo Elizabeth avrà la sua vendetta, trasformando l'amato Jeffrey in una creatura non virile, mossa da un collage impazzito di genomi di prostitute. 


L'uomo con la figa 

Esiste davvero un uomo privo di genitali maschili e dotato di vagina. Si chiama Buck Angel ed è conosciuto per l'appunto come Uomo con la Figa o Uomo con la Vagina. Quando mi è giunta voce di questa bizzarria non ci volevo credere, ma poi sono riuscito a trovare un documento che non lascia adito a dubbi. Si tratta di un filmato in cui Buck Angel fa sesso con Valentina Nappi. Si trova in molti luoghi del Web, come ad esempio in questa pagina pornografica:   

https://www.realeporno.com/leggendario-
uomo-con-una-figa-buck-angel-si-scopa-
con-valentina-nappi-4827/

Non aggiungo il collegamento ipertestuale, dato che tali siti sono spesso poco puliti e possono trasmettere infezioni e cookies. Vediamo quest'individuo bizzarro mettere le mani sulla testa della Nappi e spingersela tra le gambe per farsi leccare. La Nappi appare molto docile e remissiva. A quanto pare all'Uomo con la Vagina piace più ricevere il cunnilingus che praticarlo. Non sembra amare il rimming: non solo evita di leccare il buchino posteriore della pornodiva campana, ma non le fa nemmeno lambire il proprio. Per quanto mi riguarda ho trovato il filmato abbastanza deludente.

Da qualche ricerca ho presto appreso che in realtà Buck Angel è nato donna ed ha acquisito caratteri maschili con trattamenti, conservando però intatta la sua natura genitale. Come spiega lui stesso, si considera un uomo. Tecnicamente parlando, è un FtM, ossia un female to male transex, una donna transessuale diventata uomo. La Scienza però ha un'altra opinione. Avendo Buck due cromosomi X, la definizione che si attribuisce è in netto contrasto con le leggi della biologia, così si deve ritenere che egli sia di sesso femminile. Ovviamente tutti i fautori della retorica dell'orientamento sessuale insorgeranno, ma nemmeno loro sono in grado di possedere una bacchetta magica in grado di trasformare un cromosoma Y in un cromosoma X. In un'intervista apparsa sul sito Gay.tv, l'Uomo con la Figa ci parla della sua esperienza:


A dispetto delle apparenze, il caso di Buck Angel è molto diverso da quello di Jeffrey Franken. Lo scienziato pazzo della pellicola di Henenlotter finisce col diventare una creatura chimerica, né uomo né donna, epppure sia uomo che donna. Il suo corpo, fatto di membra femminili e di una testa maschile, contiene due cromosomi X nella maggior parte delle sue cellule, ma ha un cromosoma X e un cromosoma Y in tutte le cellule della sua testa.