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domenica 28 giugno 2020

UNA CONLANG PALEOBERBERA DALL'ASPETTO BASCOIDE

Mi sono cullato nella mia immaginazione, facendo prendere forma a scene di vita di un antico popolo delle montagne dell'Atlante. Genti biondicce e rachitiche, che vivevano in condizioni quasi bestiali, abitando spesso in caverne, pur avendo qualche contatto con popolazioni più avanzate. Spinto da una forza irresistibile, ho trascritto qualcosa della loro lingua, che è chiaramente di ceppo berbero, ma dotata di una sonorità molto anomala. Non saprei classificare bene questa mia ispirazione, tanto che l'opera sembra essere a metà strada tra la glossolalia e la consapevole costruzione di una conlang. Ho scorso un lungo elenco di radici protoberbere con i loro esiti nelle lingue attestate di quel ceppo: a per ognuna di queste radici ho fornito l'equivalente nella lingua dei cavernicoli dell'Atlante. Come mi è capitato altre volte, nel trascrivere le parole, ho avvertito in me un senso di pace cristallina, come se stessi attingendo a qualcosa di realmente esistito. 
  
La fonologia di questa lingua è infatti molto simile a quella del basco (Euskara), con poche differenze (sono presenti le geminate -ll- e -nn-, la rotica r è sempre trillata). L'ortografia che ho utilizzato per trascriverla si basa su quella del basco, a cui rimando (z è la sibilante laminale, s è la sibilante apicale, g è sempre un'occlusiva velare). Ecco una lista di vocaboli: 

abairru, cane selvatico; volpe
aballu, pene, fallo 
abar, fossa 
abaun, otre di cuoio 
aberkan, nero 
aborri, grillo 
adambain, bruno rossiccio 
agerda, topo
agorro, recinto 
ahal, parola magica; immunità  
ahamban, acque
aharra, recinto 
aharro, ventriglio 
ahodar, muro 
ahu, ginocchio 
ahulli, asino, onagro 
ain, bocca 
aiun, venire
ambu, bocca
anga, palato 
angargur, rana 
angur, naso 
arbide, sentiero, via 
argut, corvo 
arren, città 
ataun, andare 
atsil, vipera  
atzar, capelli
aulen, cuore 
aurak, giallo, verdognolo 
autz, struzzo 
azoha, valletta; rivolo  
azpe, giorno 
azullu, clitoride 
ba, madre  
bal, occhio 
ballen, occhi 
ban, persona, uomo 
barai, farina  
barra, figlio 
bat, madri 
bizkar, fianco di una collina 
bor, leone
borgu, zanzara 
bortamban, minerale di rame 
botson, sciacallo 
botzar, tortura 
buts, limaccia 
dingal, nano
ebaen, irrigare
ebegau, bue 
ebennen, disporre pietre, costruire
eberkau, vitello 
eboken, affrettarsi 
eborgen, innalzare 
edamben, sangue 
egaen, fare, mettere 
egordan, scorpione 
egordu, pulce  
elbe, pelle 
embirren, piovere  
emborren, correre 
embuden, chiedere 
embuten, morire 
ennain, vedere 
ennun, attraversare, passare 
ennutun, camminare 
entzun, starnutire 
ergen, bruciare 
errau, schiena 
errun, partorire, far nascere 
ezumben, succhiare 
ezun, bere
gaintz, arco (arma) 
gambur, labbro 
gan, albero 
gandutz, torello
giba, elefante 
gosi, cane 
gugan, molti 
guntza, cagnolino 
haina, pecora 
harui, cinghiale 
haura, giovane cammello 
hauren, farina 
heuren, giungere, arrivare  
idari, antilope, orice 
idau, gente, uomini 
iharren, essere buono 
ihe, seno di donna 
ikorren, essere secco   
ilbe, maiale 
illin, essere, stare 
illit, figlia
iltz, lingua 
imbaben, bocche 
inda, tutto 
innin, dire
intz, giovane uomo 
ipe, testa
itz, osso 
itzan, mosche 
itzi, mosca 
izamban, gazzella 
izpe, parola; nome 
jambi, mia madre 
jausen, giungere 
joan, uno 
magarda, collo; curva, ansa 
makoran, grande 
maspibir, farfalla 
matatak, lucertola 
mazaur, grande 
naho, vento fresco e umido 
nannak, che parla col naso (nome dato a ominidi microcefali che
     vivevano in valli molto isolate)
nil, acqua 
nir, fronte
taba, canale d'irrigazione
tabarrut, quaglia, pernice 
tagoga, macigno 
tahuri, lebbra 
taini, dattero 
talbaut, valle 
tambent, miele
tebegaut, vacca 
teberkaut, vitella 
tegordant, scorpione femmina 
teheri, coltello 
temba, mosca sarcofaga 
tillit, luna
tizizpit, ape
uha, fuoco 
uhuts, mano
urruts, vetta, cima di un'altura 
uzpe, faccia; apparenza
zauk, rosso
zuzpi, sputo

Elementi grammaticali: 
 
I nomi con il prefisso t- e il suffisso -t sono femminili. Si tratta di una delle catatteristiche più tipiche delle lingue berbere.  
 
Prefiggendo la particella en- ai nomi si ottengono le forme del genitivo. Spesso avvengono alcuni mutamenti eufonici. 
 
ahamban endalbaut, le acque della valle 
aulen endingal, il cuore del nano 
ipe enintz, la testa del giovane uomo 
itz engiba, avorio (lett. "osso di elefante") 
nil endaba, l'acqua del canale    

Gli aggettivi sono collocati dopo i sostantivi: 

ahamban gugan, molte acque
banaberkan, uomo nero; fabbro 
bantzauk, uomo dai capelli rossi
 
Pronomi personali: 

nik, io 
ki, tu (masch.) 
kin, tu (femm.) 
anda, egli, ella  
nikain, noi 
kauni, voi 
andain, essi, esse  
 
Come si può notare, solo i pronomi di seconda persona singolare sono distinti per genere. Quelli di terza persona singolare non mostrano questa distinzione. Una simile caratteristica è tipica delle lingue berbere.  

Suffissi possessivi: 

-i, mio 
-k, tuo (masch.)
-(e)n, tuo (femm.)
-tz, suo (masch., femm.)
-na, -da, nostro 
-bin, vostro 
-zen, loro (masch., femm.) 
 
Aggiunti ai nomi, questi suffissi possono subire svariate modificazioni eufoniche. Ecco alcuni esempi. 

nili, la mia acqua 
nilk, la tua acqua (masch.) 
nillen, la tua acqua (femm.)
niltz, la sua acqua
nilda, la nostra acqua 
nilbin, la vostra acqua 
niltzen, la loro acqua

bail, il mio occhio, la mia vista
balk, il tuo occhio, la tua vista (masch.)
ballen, il tuo occhio, la tua vista  (femm.)
baltz, il suo occhio, la sua vista
balda, il nostro occhio, la nostra vista
balbin, il vostro occhio, la vostra vista 
baltzen, il loro ogghio, la loro bista

ballein, i miei occhi
ballenk, i tuoi occhi (masch.)
ballannen, i tuoi occhi (femm.) 
ballentz, i suoi occhi
ballanda, i nostri occhi 
ballembin, i vostri occhi 
ballantzen, i loro occhi 

idabi, la mia gente 
idauk, la tua gente (masch.)
idaben, la tua gente (femm.)
idautz, la sua gente 
idauna, la nostra gente 
idaubin, la vostra gente 
idauzen, la loro gente 
 
tebegauti, la mia vacca 
tebegauzk, la tua vacca (masch.)
tebegauten, la tua vacca (femm.)
tebegautz, la sua vacca
tebegaunna, la nostra vacca 
tebegaupin, la vostra vacca 
tebegautzen, la loro vacca  

Sono possibili alcune ambiguità. Così itzi "il mio osso" si pronuncia proprio come itzi "mosca".

Gli stessi suffissi si usano per coniugare i verbi. La distinzione tra suffissi di seconda persona singolare maschile e femminile si trova anche in basco (e i suffissi stessi sono identici: -k per il maschile e -en per il femminile). Ecco alcuni esempi di forme verbali coniugate: 

aiui, io vengo 
aiuk, tu vieni (masch.)
aiuen, tu vieni (femm.)
aiutz, egli viene, ella viene 
aiuna, noi veniamo 
aiubin, voi venite 
aiuzen, essi vengono, essi vengono 
 
inni, io dico 
innik, tu dici (masch.)
innien, tu dici (femm.) 
innitz, egli dice, ella dice 
innida, noi diciamo
innibin, voi dite 
innizen, essi dicono 
 
illi, io sono, io sto 
illik, tu sei, tu stai (masch.)
illien, tu sei, tu stai (femm.)
illitz, egli è, ella è, egli sta, ella sta
illina, noi siamo, noi stiamo 
illibin, voi siete, voi state 
illizen, essi sono, essi stanno, etc.

Per curiosità, forniamo qui una brevissima lista di traduzioni in Euskara: 

abairru - basco azeri "volpe"
aberkan - basco beltz "nero"  
ahamban - basco urak "acque"
bal - basco begi "occhio"  
ebegau - basco idi "bue" 
ilbe - basco urde, zerri "maiale" 
iltz - basco mihi "lingua"
ipe - basco buru "testa" 
makoran - basco handi "grande" 
nil - basco ur "acqua"  
talbaut - basco haran "valle" 
tambent - basco ezti "miele" 
tebegaut - basco behi "vacca"  

Come si vede, non sembra esserci molta corrispondenza. Possiamo tuttavia fare un certo numero di significativi parallelismi:

bizkar "fianco di una collina" : basco bizkar "schiena" 
bortamban "minerale di rame" : basco urdin "blu"
botson "sciacallo": basco otso "lupo" 
ebegau "bue", tebegaut "vacca" : basco behi "vacca" 
ebennen "disporre pietre" : basco ipini "porre" 
egaen "fare" : basco egin "fare" 
errun "partorire, far nascere" : basco errun "deporre uova" 
hauren "farina" : basco irin "farina"  
ikorren "essere secco" : basco ihar, agor "secco"
izpe "parola; nome" : basco hitz "parola", izen "nome"  
tillit "luna" : basco ilargi "luna", ilabete "mese"  

Spero che questo mio esercizio attragga l'attenzione di qualche studioso interessato ad accertare i legami tra il basco e le lingue berbere, quale che sia l'origine delle assonanze. Che si tratti di legami genetici o dovuti a prestiti occorsi nel Neolitico, l'argomento è senza dubbio oltremodo stimolante!

mercoledì 8 gennaio 2020

UN ITALIANO UCRONICO

Nostra grande curiosità è sempre stata l'allostoria linguistica dell'italiano. Come si parlerebbe nella nostra Penisola se l'evoluzione del latino volgare nella Toscana antica fosse stata diversa e i poeti avessero elaborato una lingua colta molto diversa da quella a cui siamo abituati? Cercherò di fare alcune ipotesi e di produrre qualche risultato, disegnando per sommi capi un corso storico ucronico, da prendersi ovviamente come un semplice esperimento concettuale. 
 
Notando che nella realtà in cui viviamo non si sono prodotte forme pur ineccepibili come *netticchia "nipotina" (< lat. nepticula) e *anocchia "vecchietta" (< lat. anucula), ne approfittiamo per plasmare una nuova conlang (ossia constructed language "lingua costruita"), una forma di italiano ucronico che non ha subìto rilevanti infusioni di latino letterario e di greco, ma che continua meglio certe forme latine. Ecco, per il vostro piacere filosofico, una lista di vocaboli di questo peculiare idioma:

albo "bianco"
annicchio "capretto di un anno"
anócchia
"vecchietta"
appolcrare "abbellire"
articchiare "articolare"
articchio "articolo" 
ave "uccello"
bello "guerra"
capicchio "capitolo"
gerre "portare"
magno "grande"
màssomo "massimo"
ménomo "minimo"
merchie! "accidenti!" < lat. mehercle
miracchio "miracolo"
netticchia "nipotina"
noverca "matrigna" 
òle "un tempo"
pólcro "bello"
presézzo "presidio"
privigno "figliastro"
puèro "bambino"
rufo "rosso"
sue "maiale"
suéllo "maialino"
tasto "silenzioso" < lat. tacitus
vasto "vuoto" < lat. vacitus 
vétrico "patrigno"
 
Non si sono prodotti dittonghi dalle vocali /e/ e /o/ brevi toniche del latino: 
 
èri "ieri"
mètere "mietere"
mèto "paura"
òmo
"uomo"
fòra
"fuori"
òve
"pecora" 
scòla "scuola"
tòrlo
"tuorlo" 

Si conservano arcaismi come óvo "uovo" e óva "uova", dalla parola latina con vocale tonica lunga /o:/. Così si hanno esiti regolari di parole che hanno invece esiti irregolari nell'italiano del nostro corso storico: 
 
lópo "lupo"
óscio "uscio" 
 
Ai romanisti sarà saltata subito all'occhio l'irregolarità dell'italiano lupo, dato che il latino lupus ha una -u- tonica breve, che non si sarebbe dovuta conservare immutata. Alcuni hanno spiegato il vocalismo di lupo ipotizzando l'influsso dei dialetti umbri, altri lo hanno visto invece come un dottismo causato da tabù linguistico. Ecco, assumiamo che nell'italiano ucronico queste interferenze non ci siano state.

Altri arcaismi: 

meco "con me"
teco "con te"
novésco "con noi"
vovésco "con voi" 

Le prime due forme pronominali, meco e teco, esistevano nell'italiano letterario. Le altre due sono notevoli, dato che già nell'Appendix Probi si stigmatizzava noscum per nobiscum "con noi" e voscum per vobiscum "con voi". Si tratta quindi di esiti in qualche misura dotti, a dispetto della regolare evoluzione fonetica. In italiano letterario sono note le forme nosco e vosco.  

Mancano le lenizioni delle consonanti sorde, che tanto sono diffuse nel nostro italiano: 

aco "ago", "aghi"
laco "lago", "laghi"
péscopo "ispettore" 

Quest'ultimo vocabolo non ha mai avuto significato religioso, mantenendo la sua origine militare; si ipotizza che il Punto di Divergenza tra l'ucronia in questione e il nostro corso storico risalga all'epoca di Diocleziano.   
 
Restano sostantivi che distinguono il nominativo da una forma obliqua (usata come accusativo, dativo, ecc.): 
 
frate "fratello" (obliquo fratre)
latro "ladro" (obliquo latrone)
mate "madre" (obliquo matre)
òmo "uomo" (obliquo òmine)
pate "padre" (obliquo patre)
sòro "sorella" (obliquo soróre

Al posto di antichi neutri possono trovarsi occasionalmente forme maschili rifatte per analogia: 

còre "cuore" (obliquo corde, ma plurale/collettivo corda, di genere neutro)

Si hanno femminili in -o, come fico (che nel nostro italiano è passato al maschile) e querco "quercia (che nel nostro italiano è passato al femminile): ella fico "il fico" (albero e frutto), ella querco "la quercia".

Alcune parole dell'italiano ucronico sopra illustrato esistono nella nostra lingua italiana soltanto come reliquie: menomo è ben noto ed usato dallo stesso Leopardi, ormai nessuno lo usa, ma ha dato origine a parole tuttora correnti come menomare, menomato, menomazione. Questa è la dimostrazione più eloquente di come sia possibile per il volgo dimenticare l'etimologia delle parole e non comprendere neppure le connessioni più elementari. Altre volte una parola dell'italiano ucronico da me proposto vive soltanto come toponimo. Questo è proprio il caso di presezzo, che esiste come nome di un paese lombardo, Presezzo (in provincia di Bergamo), che è derivato direttamente dal latino praesidium. La consonante -zz- è sonora come quella di mezzo.  
 
I verbi sono meno regolari di quelli del nostro italiano. 
 
Questa è la coniugazione del verbo esse "essere" al presente indicativo:

son "sono"
ei "sei" 
è "è" 
sómo "siamo"
este "siete"
son "sono" 
 
Le forme del presente congiuntivo sono le seguenti: 

sén "sia"
sei "sia"
"sia"
sémo "siamo"
séte "siate"
sén "siano"

Questa è la coniugazione del verbo posse "potere" al presente indicativo: 
 
posso "posso"
pòte "puoi" 
pòte "può" 
pòssomo "possiamo"
potèste "potete"
posse "possono" 
 
Le forme del presente congiuntivo sono le seguenti: 

posse "possa"
posse "possa"
posse "possa"
pòssimo "possiamo"
pòste "possiate"
posse "possano"

 
Questà è la coniugazione del verbo avere "avere" al presente indicativo: 
 
abbio "ho" 
ave "hai"
ave "ha"
avémo "abbiamo"
avete "avete"
ave "hanno"

Il presente congiuntivo è quasi identico a quello da noi usato: 
 
abbia "abbia"
abbia "abbia"
abbia "abbia"
abbiamo "abbiamo"
abbiate "abbiate"
abbia "abbiano"
 
Questà è la coniugazione del verbo amare "amare" al presente indicativo:

amo "amo"
ama "ami"
ama "ama"
amàmo "amiamo"
amate "amate"
ama "amano" 

Le forme del presente congiuntivo sono le seguenti: 

ame "ami"
ame "ami"
ame "ami"
amémo "amiamo"
améte "amiate"
ame "amino"
 
Questà è la coniugazione del verbo vedere "vedere" al presente indicativo:

vezzo "vedo"
vede "vedi"
vede "vede"
vedémo "vediamo"
vedete "vedete"
vede "vedono" 

Le forme del presente congiuntivo sono le seguenti: 

vezza "veda"
vezza "veda"
vezza "veda"
vezzàmo "vediamo"
vezzàte "vediate"
vezza "vedano" 

Questà è la coniugazione del verbo dùcere "guidare" al presente indicativo:

duco "guido"
duce "guidi"
duce "guida"
dùcimo "guidiamo"
duste "guidate"
duco "guidano" 

Le forme del presente congiuntivo sono le seguenti: 

duca "guidi"
duca "guidi"
duca "guidi"
ducàmo "guidiamo"
ducàte "guidiate"
duca "guidino"
 
Questà è la coniugazione del verbo odire "udire, sentire" al presente indicativo:

ozzo "odo, sento"
odi "odi, senti"
odi "ode, sente"
odìmo "udiamo, sentiamo"
odite "udite, sentite"
ozzo "odono, sentono" 

Le forme del presente congiuntivo sono le seguenti: 

ozza "oda, senta"
ozza "oda, senta"
ozza "oda, senta"
ozzàmo "udiamo, sentiamo"
ozzàte "udiamo, sentite"
ozza "odano, sentano"
 
Nell'Italia ucronica in cui si parla questa lingua non si è imposto il Cristianesimo, che è stato annientato da Diocleziano. Nemmeno il Neoplatonismo ha avuto fortuna: sono rimasti soltanto culti pagani vernacolari. Alcuni nomi di divinità sono identici o quasi a quelli a noi conosciuti: 

Giove "Giove"
Marte "Marte"
Vènere "Venere"
Bacco "Bacco"
Giano "Giano"

Altri hanno subìto evoluzioni fonetiche prevedibili: 

Erchie "Ercole"
Giana "Diana"
Mercóro "Mercurio"
Piuto "Plutone" (obliquo Piutone)
Satórno "Saturno" 

Altri elementi del vocabolario cultuale, scomparsi nel nostro corso storico, perdurano: 

ara "altare" 
fano "tempio"
èppia "banchetto sacro"
nèmo "bosco sacro" (obliquo nèmore, plurale nèmora)  
piàcchio "espiazione cruenta" 

L'ortografia adottata è praticamente identica a quella che usiamo quotidianamente, con l'uso gli accenti dove abbiamo ritenuto necessario chiarire la pronuncia ed evitare ambiguità. Si potrebbe quasi dire che questo italiano ucronico sia una sorta di livellatore che regolarizza l'evoluzione dal latino, più classico che volgare, restaurando una regolarità che nella nostra realtà è andata perduta. Sembra quasi un metro di paragone tra le condizioni ideali di evoluzione linguistica e quelle reale, di gran lunga più caotiche e imprevedibili. Se poi si vorrà dire che questa non è davvero "ucronia", bensì "onirostoria", si faccia pure.

sabato 4 gennaio 2020

UN INGLESE UCRONICO

Immaginiamo ora che non ci sia mai stata la battaglia di Hastings e che i Normanni non abbiano mai conquistato Albione. Immaginiamo di avere un arcipelago abitato da contadini dal carattere non dissimile da quello degli Hobbit descritti nelle immortali pagine di Tolkien. Immaginiano anche che non si sia prodotta l'enorme immissione di prestiti dal norreno dovuta all'influenza di dialetti formatisi nell'Inghilterra settentrionale, fenomeno che ha portato nella lingua del nostro corso storico parole come big "grande", black "nero", fellow "compagno", skipper "vogatore", they "essi, esse", to take "prendere", to call "chiamare", to cast "gettare", to get "ottenere", to give "dare", etc. Che lingua parlerebbero in questa singolare Ucronia? Mi inoltro in un esercizio concettuale da prendersi per quello che è, con sospensione dell'incredulità e per il puro piacere filosofico del lettore. Ovviamente non è possibile scorporare gli effetti di un mancato evento, non è possibile prevedere le conseguenze di qualcosa nemmeno a breve termine. Non mi azzardo a ipotizzare un Punto di Divergenza, posso soltanto immaginare che qualcosa di cruciale sia accaduto nell'epoca oscura dei tardi regni anglosassoni, durante il X secolo e la prima metà dell'XI.    
 
Molte parole dell'inglese ucronico da me costruito sono parole dell'inglese della nostra realtà, ma con significato più generale, mentre parole a noi assai familiari non vi esistono affatto. In altri casi si usano parole che nell'inglese della nostra realtà hanno cambiato profondamente significato. Esempi:
 
Non esiste bird: si usa solo fowl "uccello"
Non esiste blackbird: si usa solo oozle "merlo"
Non esiste dog: si usa solo hound "cane"
Non esiste eagle: si usa solo erne "aquila"
Non esiste flour: si usa solo meal "farina"
Non esiste flower: si usa solo blossom "fiore"
Non esistono hog, piglet, pigling: si usa solo farrow "porcello"
Non esiste pig: si usa solo swine "maiale" 
 
Spesso sussistono differenze semantiche: 
 
Inglese deer "cervo"
Inglese ucronico deer "animale, bestia"
 
Inglese fowl "pollame"
Inglese ucronico fowl "uccello"
Il significato di "uccello, volatile" ricorre però anche nel nostro corso storico, nell'inglese arcaico e poetico.
 
Inglese hound "segugio" 
Inglese ucronico hound "cane" 

Inglese meal "pasto"
Inglese ucronico meal "farina"
Nell'inglese del nostro corso storico il significato di "farina" è conservato soltanto in composti: oatmeal "farina di avena".
 
In moltissimi casi le parole sono diverse da quelle che noi usiamo, e risalgono direttamente all'anglosassone. I prestiti dal latino esistono, ma continuano direttamente quelli già presenti in anglosassone: non ne sono giunti dalla Francia né dal latino accademico. Questo è un piccolissimo campione di lessico peculiare:  
 
camp /kæmp/ = battle "battaglia"
car /ka:r/ = rock "roccia"
coaser /'koʊzər/ = emperor "imperatore"
coaserdom /'koʊzərdəm/ = empire "impero"
chester /'tʃestər/ = castle "castello"
chettle /'tʃetḷ/ = kettle "pentola"
Creeks /kri:ks/ = Greeks "Greci"
drake /dreɪk/ = dragon "drago"
dry /draɪ/ = wizard "mago"
engel /'end
ʒəl/ = angel "angelo"
etched /'etʃɪd/ = vinegar "aceto"
ey /aɪ/ = egg "uovo" 
eyren /'aɪr
ən/ = eggs "uova"
kemp /kemp/ = champion "campione"
leed /li:d/ = people "gente"
marmstone /'marmstoʊn/ = marble "marmo"
mise /maɪz/ = table "tavolo"
mitchel /'mɪtʃəl/ = big "grande"
moathom /moʊðəm/ = present "dono"
to nim /nɪm/ = to take "prendere"
orc /ɔ:rk/ = demon "demone"
orc /ɔ:rk/ = pitcher "bicchiere"
Roume /raʊm/ = Rome "Roma"
Roumewals /raʊmwɔlz/ = Romans "Romani"
swart /swɔrt/ = black "nero"
yigant /'jaɪgənt/ = giant "gigante"
yift /jɪft/ = gift "dono"
yim /jɪm/ = gem "gemma"
to yive /jɪv/ = to give "dare" 

Nel nostro corso storico il verbo to nim si trova soltanto in ristrette aree dialettali col significato di "rubare". Nell'inglese ucronico da me costruito, to nim è il verbo di base per dire "prendere".
 
La pronuncia di certe parole fondamentali è diversa: 
 
one /oʊn/ anziché /wʌn/ "uno" 
onse /oʊns/ anziché once /wʌns/ "una volta"
Non si ha l'ortografia in -ce in questa parola, essendo nata dall'imitazione del francese. 

Si hanno diversi casi di omofonia assai singolari: ey "uovo" suona identico a eye "occhio"; camp "battaglia" suona in modo abbastanza simile a kemp "campione". 

La grammatica presenta alcuni caratteri peculiari. 
 
I plurali sono molto più irregolari di quelli a cui siamo abituati. Sono molto più comuni formazioni come children "bambini" da child "bambino".
Il plurale di brother "fratello" è sempre brethren "fratelli". Nel nostro corso storico esiste brethren, ma è usato esclusivamente in contesti religioso col senso di "confratelli".
Il plurale di cow "vacca" è kine "vacche"
Il plurale di bee "ape" è been "api"
Il plurale di engel "angelo" è englen "angeli"
Il plurale di eye "occhio" è eyen "occhi"
Il plurale di hear "orecchio" è hearn "orecchi"
Il plurale di horse "cavallo" è horse "cavalli"
Il plurale di hose "calzone" è hosen "calzoni"
Il plurale di house "casa" è housen "case"
Il plurale di knee "ginocchio" è kneen "ginocchia"
Il plurale di shoe "scarpa" è shoon "scarpe"
Il plurale di thing "cosa" è thing "cose"
Il plurale di tree "albero" è treen "alberi"
Esempi simili sono assai numerosi.
I plurali in -s nell'inglese ucronico sono giusto quelli derivati dagli antichi maschili della declinazione forte anglosassone, come ad esempio stones "pietre" da stone "pietra". 

Anche il genitivo sassone non è come quello a noi familiare. Al plurale termina in -(e)n anziché in -s'; al singolare in molti nomi è in -es, ma scritto senza apostrofo, mentre in molti altri è in -(e)n.

Molti verbi hanno forme irregolari che da noi sono cadute in disuso nell'inglese moderno. Un esempio valga per tutti: 
 
to help "aiutare",
holp "aiutò"
holpen "aiutato"
 
Non si usa mai you come pronome singolare: esiste soltanto il pronome thou "tu" (accusativo e dativo thee "te, a te", possessivo thy, thine "tuo"), con il verbo col suffisso -st, -t
 
thou art = you are "tu sei" 
thou hast
= you have "tu hai" 
thou shalt = you shall "tu devi"
thou wilt = you will "tu vuoi"
thou nimest = you take "tu prendi"
thou seest = you see "tu vedi"  

Nel nostro corso storico queste forme sono usate soltanto dai credenti di alcune confessioni religiose, come quella dei Quaccheri.
 
Il pronome di seconda persona plurale è ye "voi" al nominativo, you "vi, a voi" all'accusativo e al dativo. Il genitivo è your "vostro" come nel nostro corso storico.
Il pronome di terza persona plurale è he "essi, esse", come il singolare maschile, con l'accusativo e dativo him "loro, a loro", genitivo her "loro". I pronomi di terza persona singolare sono identici a quelli del nostro corso storico: he "egli", she "ella", it "ciò". Il contesto permette di evitare ambiguità tra he "egli" e il plurale he "essi, esse".
 
Non si è prodotta la famosissima -s della terza persona singolare del presente indicativo: si sono mantenute le forme con la fricativa interdentale -th
 
he doeth = he does "egli fa" 
he goeth = he goes "egli va"
he nimeth = he takes "egli prende"
he cometh = he comes "egli viene" 
he seeth = he sees "egli vede" 
 
La nostra -s è derivata dalla totale assibilazione di -th: l'inglese ucronico ha giusto mantenuto una situazione più arcaica.  
 
Non si è prodotto l'uso generale del presente progressivo in -ing, e il suffisso è piuttosto -end
 
thou art comend = you are coming 

Alcuni esempi di frasi:

I yive thee a moathom = I give you a present
Thou art the Coaser of Roume = you are the Emperor of Rome
I nim some eyren = I take some eggs; I'm taking some eggs

In realtà c'è un inghippo. Per il nostro inglese ucronico abbiamo usato un'ortografia che è comunque molto simile a quella del nostro corso storico. Ci aspetteremmo ad esempio l'uso generale della lettera þ (thorn) per trascrivere il suono di th (sordo e sonoro): þe, þis, comeþ, etc. Inoltre sono comuni all'inglese del nostro corso storico alcuni processi che hanno portato alla trasformazione delle vocali e alla formazione di dittonghi. Questi cambiamenti, verificatisi nella prima fase dell'inglese moderno, avrebbero benissimo potuto non verificarsi in un corso storico diverso. Tuttavia notiano che alcune dittongazioni si sono avute in modo del tutto indipendente in diverse lingue. Così vediamo che le antiche vocali lunghe /i:/ e /u:/ hanno sviluppato si ha lo stesso dittongo in inglese e in tedesco:
 
Inglese house "casa"
Tedesco Haus "casa" 
 
Inglese mouse "topo"
Tedesco Maus "topo"
 
Inglese swine "porco"
Tedesco Schwein "maiale" 
 
Inglese wine "vino"
Tedesco Wein "vino"
 
Vero è che l'uso del dittongo ou per trascrivere la vocale lunga /u:/ nel medio inglese, prima della dittongazione, si è sviluppato a causa dell'influsso dell'antico francese portato dai Normanni. Potremmo invece pensare che nel corso storico alternativo tale consuetudine grafica si sia imposta per trascrivere proprio la dittongazione nelle sue prime fasi - anche se resterbbe oscuro perché non si sia imposto il dittongo grafico ei per trascrivere il dittongo sviluppatosi dalla vocale lunga /i:/.  
 
A questo punto possiamo ritenere accettabili le convergenze fonetiche e ortografiche tra l'inglese ucronico e quello del nostro corso storico, con qualche riserva, postulando che si siano sviluppate in modo indipendente anche in contesti abbastanza dissimili. Altrimenti basterà etichettare con l'aggettivo "onirostorico" questo bizzarro inglese da noi elaborato.