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martedì 24 ottobre 2017


IL SETTIMO SIGILLO

Titolo originale: Det sjunde inseglet
Lingua originale: Svedese
Paese di produzione: Svezia
Anno: 1957
Durata: 96 min
Dati tecnici: B/N
Rapporto: 1,37 : 1
Genere: surreale, epico, drammatico
Regia: Ingmar Bergman
Soggetto: Ingmar Bergman (dal suo dramma Pittura
   su legno
)
Sceneggiatura: Ingmar Bergman
Produttore: Allan Ekelund
Casa di produzione: Svensk Filmindustri (SF)
Fotografia: Gunnar Fischer
Montaggio: Lennart Wallén
Musiche: Erik Nordgren
Scenografia: P.A. Lundgren
Costumi: Manne Lindholm
Trucco: Nils Nittel
Interpreti e personaggi   
    Max von Sydow: Antonius Block, il cavaliere
    Gunnar Björnstrand: Jöns, lo scudiero
    Bengt Ekerot: la Morte
    Nils Poppe: Jof
    Bibi Andersson: Mia
    Inga Gill: Lisa
    Maud Hansson: strega
    Inga Landgré: Karin Block
    Gunnel Lindblom: giovane che segue lo scudiero
    Bertil Anderberg: Raval
    Anders Ek: monaco
    Åke Fridell: Plog, il fabbro
    Gunnar Olsson: Albertus Pictor
    Erik Strandmark: Jonas Skat
Doppiatori italiani   
    Emilio Cigoli: Antonius Block, il cavaliere
    Pino Locchi: Jöns, lo scudiero
    Bruno Persa: la Morte
    Gianfranco Bellini: Jof
    Maria Pia Di Meo: Mia
    Vittoria Febbi: strega
    Lydia Simoneschi: Karin Block
    Renato Turi: Raval
    Ferruccio Amendola: il monaco
    Giorgio Capecchi: Plog, il fabbro
    Manlio Busoni: Jonas Skat
    Gualtiero De Angelis: predicatore
Titoli internazionali:  
  Germania: Das siebente Siegel
  Francia: Le septième sceau
  Regno Unito, USA, Australia: The Seventh Seal
  Danimarca: Det syvende segl
  Finlandia: Seitsemäs sinetti
  Grecia:
I evdomi sfragida
  Spagna, Messico: El séptimo sello
  Portogallo, Brasile: O Sétimo Selo 
  Polonia: Siódma pieczęć

Premi:    
   1) Festival di Cannes 1957: Premio Speciale della Giuria (ex aequo con I dannati di Varsavia di Andrzej Wajda)
    2) Seminci 1960: Lábaro de oro
    3) Nastro d'Argento 1961: regista del miglior film straniero
   4) Cinema Writers Circle Awards 1962 (Spagna): migliore film straniero
    5) Fotogramas de Plata 1962 (Spagna): migliore attore straniero (Max von Sydow)

Trama:

Danimarca, XIV secolo. Un'epoca calamitosa. La peste infuria, mietendo innumerevoli vite, tanto che le genti pensano che sia giunta la Fine dei Tempi. Alcuni si abbandonano ai bagordi, sperando di poter godere dei frutti della vita anche soltanto un gorno in più, mentre altri si uniscono ai Flagellanti e si sottopongono a pratiche di mortificazione cruenta nella speranza di ottenere la Salvezza. In questo desolante scenario, fa il suo ritorno dalla Terra Santa il cavaliere crociato Antonius Block, sempre accompagnato dal suo fedele scudiero Jöns. Subito si accorge di una figura che lo segue. Senza tanti preamboli, questo compagno di viaggio si presenta al Cavaliere: è la Morte, che è venuta a prenderlo. Antonius Block cerca di giocare d'astuzia per prendere tempo, così sfida la Morte a una partita a scacchi. La Morte acconsente. L'incontro di scacchi avviene in modo discontinuo, a più riprese, man mano che la narrazione si sviluppa. Nel corso del loro vagabondare per la Danimarca, in direzione di Elsinore (Helsingør), il Cavaliere e il suo fido scudiero si imbatteranno in numerosi personaggi stravaganti. Tra questi spiccano l'attore Jof e sua moglie Mia, che vivono nel loro carrozzone in condizioni di povertà estrema col loro figlioletto Mikael. Proprio questa fragile famigliola, che sembra estranea al mondo in rovina che la circonda, restituirà ad Antonius la speranza e forse anche un barlume di fede: egli intratterrà la Morte nella partita il tempo sufficiente per permettere ai saltimbanchi di allontanarsi e di sfuggire alla predazione. Quindi, raggiunto il suo castello avito, ritroverà la moglie e insieme ai suoi compagni si abbandonerà al destino incombente senza opporre resistenza.       

Recensione: 

Questo vibrante e immortale capolavoro apocalittico è la trasposizione in pellicola della pièce teatrale Trämålning, ossia Pittura su legno, dello stesso Bergman (1955). Il regista svedese ebbe l'ispirazone di trasformare in pellicola il dramma mentre ascoltava i Carmina Burana di Carl Orff. Il produttore, Allan Ekelund, sulle prime non volle saperne, forse perché pensava che il film sarebbe stato un clamoroso fiasco. Si mostrò più accomodante solo quando Sorrisi di una notte d'estate trionfò a Cannes. Pensate un po' che sarebbe successo se Ekelund avesse insistito con la sua ostilità al progetto e se Bergman non fosse riuscito a reperire le risorse necessarie: il genere umano avrebbe perso per sempre qualcosa di unico! 


Il Cavaliere rappresenta il tipico modello di uomo del Medioevo, scisso e conteso tra Bene e Male. Tuttavia in lui si è fatto strada qualcosa di completamente nuovo: il dubbio. Come un tarlo, questo dubbio esistenziale mina l'intero edificio cosmologico del personaggio, minacciando di provocarne il crollo. Egli ha visto tali e tanti orrori durante la crociata e l'imperversare della peste, da non avere più la granitica certezza dell'esistenza di Dio. Cerca in ogni modo di salvare la propria fede, perché se Dio non esistesse, tutto sarebbe un immenso vuoto senza senso alcuno. Tale è la sua disperazione che spera di ottenere lumi dalla Morte. Non riuscendo ad averne, si spinge anche più in là nella sua ricerca angosciosa. Quando una giovane strega sta per essere condotta al rogo dai soldati, il Cavaliere si avvicina con prudenza a lei e la interroga, chiedendole di poter parlare col Diavolo per chiedergli informazioni su Dio e sulla vita oltre la morte. Subito scoprirà che la donna è semplicemente folle e febbricitante, che nessuna delle parole da lei pronunciate ha alcun senso. Il Diavolo, che la strega afferma essere presente, rimane invisibile agli occhi del cavaliere. Il conflitto interiore di Antonius Block può essere visto come una metafora del XIV secolo, periodo cruciale in cui hanno cominciato a manifestarsi gravi inquietudini spirituali, la cui conseguenza è stata una prima crepa nell'edificio della Cristianità.    


Lo Scudiero, a differenza del Cavaliere, è sostanzialmente un uomo moderno e pragmatico. Nichilista, materialista e ateo, non crede alla Weltanschauung dell'uomo medievale. Tutto ciò che ha visto lo ha indurito. Del resto, tutte le argomentazioni sulla religione sullo Spirito non avevano su di lui alcuna presa già prima della partenza per la Terra Santa. Non gli difetta un certo acume, dato che riesce a smascherare gli inganni dei religiosi. Così ritrova il teologo Raval che ha indotto il Cavaliere ad arruolarsi e a partecipare alla crociata: lo riconosce e lo vede trasformato in un volgare ladro dedito allo sciacallaggio. Incontra un pittore e lo trova intento a dipingere una danza macabra, così si mette a discutere con lui, esprimendo i suoi dubbi su tale opera, colpevole a sua detta di spingere ancor più la gente disperata tra le braccia dei preti. L'artista, nichilista come il suo interlocutore, fa notare di rimando che quel dipinto rappresenta la realtà delle cose e che ognuno è libero di trarne le conclusioni che vuole. Sempre arguto, Jöns fa notare a una donzella che potrebbe violentarla ma che l'atto lo stancherebbe troppo. Nessuna Asia Argento-Giovanna d'Arco in vista in Danimarca, quindi la libertà di battuta è sacrosanta.


La Morte non fornisce alcuna informazione. È un immane buco nero concettuale, che tutto inghiotte senza restituire nulla. Se Stephen Hawking teorizza la possibilità di fuga di qualche radiazione e di informazione da un buco nero nato dal collasso di una stella, allora dobbiamo pensare che la Morte antropomorfa incontrata dal cavaliere sia ancora più nera di un buco nero. Pirandello sosteneva l'impossibilità di penetrare i misteri della nostra condizione a partire dalla nostra visuale: "Non possiamo comprendere la vita, se in qualche modo non ci spieghiamo la morte. Il criterio direttivo delle nostre azioni, il filo per uscir da questo labirinto, il lume insomma deve venirci di là, dalla morte." Eppure quando la Morte sentenzia e dialoga col Cavaliere, non le sfugge alcuna affermazione che possa fare chiarezza. "Forse è così, forse non esiste", afferma parlando di Dio, come se non potesse definire altrimenti il problema, lasciando l'interlocutore annichilito ma capace di proferire una grande verità: "Allora la vita non è che un vuoto senza fine. Nessuno può vivere sapendo che dovrà morire un giorno come cadendo nel nulla, senza speranza." E ancora in un altro luogo del film essa afferma di non sapere alcunché: "Non mi serve sapere." La cosa ha una sua logica. Infatti alla Morte non serve conoscere. Essa arriva per ghermire la sua preda, non per discutere.

 

Il Guitto ha un'indole sognante ed è spesso colto da visioni allucinatorie, che tuttavia gli consentono talvolta di vedere cose che agli altri sfuggono. La moglie Mia lo schernisce, perché sa che egli ha l'abitudine di mentire e di parlare in modo iperbolico. Resta il fatto che non tutte le visioni del bizzarro saltimbanco sono del tutto vane. Se non possiamo credere che la Vergine Maria si sia davvero mostrata a lui nell'atto di incedere col Bambinello zampettante, verso la fine delle sequenze qualcosa cambia. Soltanto Jof è in grado di vedere la Morte che gioca a scacchi col Cavaliere, mentre gli altri credono che l'uomo conduca una partita solitaria. Il guitto, che riesce a percepire la presenza di Thanatos con gli occhi di carne, alla fine ne scorge la triste figura salire su un colle con il Cavaliere, lo Scudiero e tutti gli altri in fila, che procedono in una danza macabra verso la soglia da cui non c'è ritorno, verso l'annientamento. 


La partita a scacchi tra il Cavaliere e la Morte è stata ispirata a Ingmar Bergman da un affresco di Albertus Pictor nella chiesa di Täby. Senza dubbio è in assoluto uno dei motivi più potenti di tutta la storia del cinema. Moltissimi hanno ben presente le figure del Cavaliere e della Morte seduti davanti alla scacchiera, anche se poi non tutti hanno visto il film. In altre parole, queste immagini sono state scorporate dal loro contesto per diventare organismi memetici indipendenti e capaci di agire. Antonius Block crede fermamente di poter resistere alla Morte, di essere in grado, tramite l'intelletto, di ingannarla. Man mano che la battaglia procede, egli finisce logorato e commette piccoli errori che si accumulano, portando alla perdita della regina. Quando il mantello urta i pezzi, la Morte li dispone a modo suo con l'inganno e l'esito è segnato. La critica cattolica è avvezza a vedere nella fatidica partita la vittoria della fede su Thanatos, ma anche se così fosse si tratterebbe di una vittoria di Pirro. Sarebbe utile sapere cosa ne pensava lo stesso Bergman, che non era credente. Interessante la disamina di un wikipediano: "Nella analisi del film si legge che il cavaliere possiede la fede che però è oscurata al dubbio... Cosa sbagliata a mio avviso. Il film tratta della morte-silenzio di Dio, tematica molto legata al materialismo. Di questo sentimento si fa foriero Block e si può facilmente intuire come sia materialista, ancora più di quanto lo sia il suo scudiero, dalla scena, ad esempio in qui (sic) egli si confessa alla morte, chiedendo il perche (sic) appunto della non visibilità di Dio, volendo vederlo, conoscerlo a tutti i costi, poichè lo reputa una sostanza fisica da poter ipoteticamente uccidere. Invece lo scudiero, a mio avviso, rappresenta il raziocino (sic) puro, non contaminato da sentimenti di alcun tipo, cosa che può essere facilmente confondibile con il materialismo più rozzo." 


Anacronismi veri e presunti  

Alcuni sostengono che il Pittore fosse in realtà proprio Albertus Pictor, ma questo è impossibile: l'artista nacque intorno al 1440 a Immenhausen in Assia (Germania) e morì intorno al 1507 in Svezia - a quanto pare le date precise non si conoscono - quindi la sua vicenda terrena si svolse un secolo dopo i fatti narrati nel film. Questo errore è probabilmente dovuto anche al fatto che molti credono che Il settimo sigillo sia ambientato in Svezia, paese in cui Albertus Pictor fu attivo, mentre in realtà si svolge in Danimarca. La rappresentazione della danza macabra è documentata a partire dal XV secolo, ma essendo stata ispirata dalla Peste Nera del 1348 è ben possibile che sia più antica e che i primi dipinti di questo genere siano andati perduti. Non sono quindi sicuro che il tema sia anacronistico. I Flagellanti sono documentati in Danimarca già nel 1339 e non costituiscono un elemento incongruo. Numerose voci si sono levate per definire anacronismo la condanna al rogo della strega, ma questo non è di certo vero. Anche se la persecuzione sistematica delle streghe inizia nel XV secolo, è molto probabile che se ne dessero casi anche nei secoli precedenti, soprattutto in occasione di sciagure collettive. Non va dimenticato che la condanna al rogo delle streghe era già presente in epoca pagana. Nel mito finisce arsa viva Angrboða, lasciando tra le ceneri ardenti il cuore ancora palpitante, poi ingurgitato da Loki. Gli autori antichi ci tramandano che era costume tra i Celti ricercare le donne autrici di malefici e bruciarle vive. Il vero anacronismo, che a quanto vedo sembra sia sfuggito ai critici, è proprio la crociata. In concreto, a quale delle crociate si fa riferimento? Il film deve svolgersi intorno al 1350, perché in quel periodo la peste fece la sua comparsa in Danimarca, giungendo nel giro di poco tempo fino alla terra dei Lapponi. Quindi non si può trattare nemmeno della decima crociata (1271-1272). All'epoca in cui la grande epidemia di peste si diffuse in Europa, gli stati crociati di Oltremare erano da tempo estinti: San Giovanni d'Acri cadde nel 1291. Forse si allude alla cosiddetta crociata alessandrina del 1365? Inutile nascondere che gli eventi non collimano.       

Il settimo sigillo e il paganesimo

Non si deve dimenticare che le vicende narrate dal film si svolgono soltanto pochi secoli dopo l'affermazione della religione cristiana in Scandinavia. Di certo l'antico paganesimo non era così distante come potrebbe sembrare ai moderni. Ne è la prova l'importanza estrema dei portenti, chiamati rund in norreno (da non confondersi con l'omonima parola delle moderne lingue scandinave, rund "rotondo"). Turbamenti dell'ordine naturale sono descritti con forti accenti precristiani: 

«A Farjestad tutti parlavano di sinistri presagi e di altre orribili cose. Due cavalli si erano mangiati l'un l'altro di notte, e nel cimitero si erano scoperte le tombe, e i resti di cadaveri si erano sparsi dappertutto. Ieri pomeriggio sono stati visti quattro soli nel cielo.»

Sarebbe un errore credere che questo materiale abbia sic et simpliciter radici bibliche: all'Apocalisse si sovrappongono reminiscenze più antiche, incorporate nel complesso edificio della fede popolare. Pochi sanno che notevoli resti del paganesimo sono riusciti a perdurare in quelle terre settentrionali persino oltre la Riforma.

Citazioni: 

«Quando l'Agnello aperse il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz'ora, e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe.»
(Apocalisse 8,I)

«Questa è la mia mano, posso muoverla, e in essa pulsa il mio sangue. Il sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io... io, Antonius Block, gioco a scacchi con la Morte.»
(Il Cavaliere)

«Voglio parlarti il più sinceramente possibile, ma il mio cuore è vuoto. Il vuoto è uno specchio che mi guarda. Vi vedo riflessa la mia immagine e provo disgusto e paura. Per la mia indifferenza verso il prossimo mi sono isolato dalla compagnia umana. Ora vivo in un mondo di fantasmi, rinchiuso nei miei sogni e nelle mie fantasie.»
(Il Cavaliere)

«Ma perché, perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse, e preghiere sussurrate, e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi?»
(Il Cavaliere)

«Per dieci anni siamo stati laggiù lasciando che le serpi ci mordessero, le mosche ci divorassero, le fiere ci dilaniassero, gli infedeli ci accoppassero, il vino ci avvelenasse, le donne ci infettassero, le piaghe ci dissanguassero e tutto perché? Hah... per la gloria del Signore...»
(Lo Scudiero)

«In queste tenebre dove tu affermi di essere, dove noi presumibilmente siamo... in queste tenebre non troverai nessuno che ascolti le tue grida o si commuova della tua sofferenza. Asciuga le tue lacrime e specchiati nella tua stessa indifferenza...»
(Lo Scudiero)

«Scimmie tanto simili all'uomo da essere stupide quanto lui.»
(Lo Scudiero)

«In alto siede l'Onnipotente così lontano che è sempre assente, mentre il Diavolo suo fratello lo trovi anche al cancello.»
(Lo Scudiero)

«Mia! Li vedo, Mia! Li vedo! Laggiù contro quelle nuvole scure. Sono tutti assieme. Il fabbro e Lisa, il cavaliere e Raval e Jöns e Skat. E la morte austera li invita a danzare. Vuole che si tengano per mano e che danzino in una lunga fila. In testa a tutti è la morte, con la falce e la clessidra. E Skat è l'ultimo e ha la lira sotto il braccio. Danzano solenni, allontanandosi lentamente nel chiarore dell'alba, verso un altro mondo ignoto, mentre la pioggia lava e quieta i loro volti e terge le loro guance dal sale delle lacrime.»
(Il Guitto)

Dialogo tra lo Scudiero e il Pittore:
- Che cosa dipingi?
- La danza della morte.
- E quella è la morte?
- Sì, che prima o dopo danza con tutti.
- Che argomento triste hai scelto...
- Voglio ricordare alla gente che tutti quanti dobbiamo morire.
- Non servirà a rallegrarla...
- E chi ha detto che ho intenzione di rallegrare la gente? Che guardino e piangano.
- Aaah, invece di guardare chiuderanno gli occhi...
- E io ti dico che li apriranno... Un teschio, spesso interessa molto di più di una donna nuda.
- Se li spaventi però...
- ...Li fai pensare
- E se pensano...
- ...Si spaventano ancora di più.

lunedì 6 marzo 2017


MONTENEGRO TANGO - PERLE E PORCI

AKA: Montenegro Tango - Le perle ai porci
Titolo originale: Montenegro or Pigs and Pearls
Titolo svedese: Montenegro eller Pärlor och Svin
Anno: 1981
Genere: Drammatico, grottesco, erotico  
Paese: Gran Bretagna, Svezia
Lingua: Inglese, Svedese, Romani balcanico
Sottotitoli: Svedese, Danese, Finlandese
Formato: Panoramico Colore
Durata: 103 min (secondo altri 93 min)
Regia: Dušan Makavejev
Produttore: Bo Jonsson
Produttori associati:
Christer Abrahamsen, Djordje
    Zecevic 
Produzione: AB Europa Film, Viking Film, Mart
    Egg Pictures
Sceneggiatura: Dusan Makavejev, Donald Arthur,
    Branko Vucicevic
Fotografia: Tomislav Pinter
Musiche: Kornell (Kornelije) Kovach
Distribuzione: Academy (Martino) - Domovideo
Progetto di produzione: Radu Boruzescu
Costumi: Inger Pehrsson
Trucco: 
   Kjell Gustavsson
   Sven Lndén
   Hilda Silvast
Gestione della produzione: Rune Hjelm
Assistente direttore: Bojana Marijan
Reparto artistico:
   Eric L. Johnson
   Jerry Pihlblad
Reparto sonoro:
   Ulf Darin,
   Sven Fahlén,
   Anders Ingermarsson,
   Lars Klettner,
   Jan-Erik Lundberg
Reparto fotocamera ed elettrico:
   Dan Myhrman,
   Tiuu Serenander
Costumi e guardaroba: 
  
Ingabritt Adrianson-Ejenstam
Gestore degli esterni:
  
Sven-Gösta Holst
Resto della squadra: Kerstin Eriksdotter, Susanne Falck,
   Anita Tesler

Interpreti e personaggi:   
   Lasse Aberg: L'ispettore delle dogane
   Susan Anspach: Marilyn Jordan
   Svetozar Cvetkovic: Montenegro
   Patricia Gélin: Tirke (ragazza rom)
   Nikola Janic: Mustapha
   Erland Josephson: Martin Jordan 
   Per Oscarsson: Dottor Aram Pazardjian
   Bora Todorovic: Alex Rossignol (capo rom)
   John Zacharias: Nonno Bill
   Lisbeth Zachrisson: Rita Rossignol (moglie del
       capo rom)
   Paul Smith: Il tassista
   Dragan Ilic: Assan 
   Marianne "Marianna" Jacobi: Cookie Jordan
   Marina Lindahl: Segretaria
   Milo Petrovic: Un rom bizzarro, cliente dello
       Zanzi Bar 
   John Parkinson: Pianista
   Jamie Marsh: Jimmy Jordan
   Kaarina Harvistola: La prima poliziotta
   Ewa Gisslen: La seconda poliziotta
   Bo Ivan Peterson: Se stesso
   Jan Nygre: Ufficiale di polizia

Titoli alternativi: 
  Belgio (fiammingo): Montenegro of Parels en zwijnen
  Finlandia: Montenegro eli helmhä ja herjoja
  Francia: Les fantasmes de Madame Jordan
 
Germaina Ovest: Die Ballade von Lucy Jordan
 
Grecia: Montenegro i gourounia kai margaritaria
  Perù: Montenegro: Cerdos y perlas
  Polonia: Czarnogóra, czyli perly i wieprze
  Portogallo: Montenegro ou Pérolas e Porcos
  Turchia: Karadag  



Trama:  

Marilyn è la bella moglie di Martin Jordan, un ricco uomo d'affari di Stoccolma. La donna, di origine americana, è inquieta e insoddisfatta. Le pesa in particolare l'assoluta inerzia sessuale del marito, che potrebbe essere definito "frigido". L'uomo pensa soltanto al lavoro e ad accumulare soldi: è completamente privo di reazioni erettili. Marilyn cerca invano di stuzzicarlo ghermendo una collana di perle con un piede nudo e mettendo in bella mostra le gambe perfette. Niente da fare, anche se gliela sbattesse in faccia non cambierebbe nulla. Constatato che sarebbe più facile produrre eccitazione in un robot, Marilyn comincia a dare segni di instabilità mentale. Divora tutte le cotolette alla viennese che aveva preparato per la famiglia, prendendole con le mani. Martin Jordan non si scompone per la cena saltata. Non avrebbe battuto ciglio neanche se si fosse trovato davanti un piatto di feci. La villa lussuosa in cui Marilyn abita col marito, con i due figli e con l'anziano suocero demente, le sembra ogni giorno di più una prigione. Per cercare di curare questo malessere della moglie, Martin non pensa nemmeno per un istante a provocarsi un'erezione, magari procurandosi un po' di materiale porno. Tutto si metterebbe a posto se la donna riuscisse ad avere un po' di sperma, ma lui non lo riesce a comprendere. Così le paga le visite da uno psichiatra di origine armena, il dottor Aram Pasardjian. La situazione precipita in occasione di un viaggio di Martin in Brasile. Un viaggio d'affari, è ovvio. Marilyn decide all'ultimo di partire col marito ma perde l'aereo a causa delle perquisizioni subite all'aeroporto, di una lungaggine e di una pedanteria esasperanti, in grado di trasformare Giobbe in Carl Panzram. Perde l'aereo e incontra una giovane zingara jugoslava di nome Tirke, che la presenta al suo capo, Alex Rossignol, il "rrom baró" della tribù. Alex porta la donna allo Zanzi Bar, un antro di turpitudini in cui i pagani si ritrovano per darsi alla crapula e all'orgia. Mentre Tirke si esibisce nuda in danze lubriche e gioca con un carro armato fallico radiocomandato, gli uomini della tribù esultano in preda all'eccitazione più belluina. Marilyn, ubriaca, si concede a Montenegro, un giovane rom che lavora allo zoo e che lei già conosceva di vista. Smaltita la sbornia, la donna ritorna nella villa-prigione, ma non si rassegna alla sua condizione squallida, così somministra alla sua famiglia il cianuro. Marito, figli e suocero cadono fulminati come la famiglia di Goebbels.

Recensione: 

Un film assurdo quanto divertente, che merita senz'altro di essere visto. A tratti è surreale: non vedo come altro definire una scena in cui un uomo resta vivo e vegeto con un coltello piantato nel cranio. Certo, si possono razionalizzare le sequenze di un sogno (o di un incubo), riducendole a categorie comprensibili al sentire comune. Resta però il fatto che la sostanza soggiacente alle vicende narrate ha qualcosa di compatto da cui irradia un'ontologia indecifrabile. Per questo ci colpisce: parla un linguaggio geroglifico che non può essere spiegato a parole. Il risultato è senza dubbio molto al di là delle intenzioni del regista serbo, tanto che sono indotto a crederlo un prodotto di forze ctonie cresciuto per autoaggregazione. Se si approfondisce il pensiero di Makavejev, si può constatare che consisteva in discorsi abbastanza banali sulla repressione sessuale: ogni sua proposizione era fondata sulla dicotomia insanabile tra popoli razionali asessuati e popoli istintivi, selvaggi, dionisiaci, pervasi da una sessualità panica. Non è da questi schemi che nasce un capolavoro.

Ricordi distorti

Il film andò in onda su Rai 3 quando ero ancora un liceale imberbe, un pivello che a malapena sapeva qualcosa della sessualità dalla fruizione di riviste pornografiche (sorvoliamo sul patetico corso di "educazione sessuale", che con grandissima pruderie tentava di ridurre gli esseri umani a celenterati). Così accadde che mentre i miei genitori erano impegnati in una discussione in cucina, cominciai a scanalare e vidi apparire sullo schermo un gigantesco cazzone di gomma. Presto risultò chiaro che il fallo era infisso su un carro armato radiocomandato, al posto del cannone. Si muoveva rapidamente e una ragazza nuda cercava di schivarlo, mentre i Rom si abbandonavano alla manustuprazione collettiva. Cambiai canale, arrossendo per la vergogna. Dopo qualche minuto girai di nuovo su Rai 3, ed ecco che un uomo stava montando la protagonista bionda, possedendola da tergo o, come dice il volgo, alla pecora. A scuola, il giorno dopo, potei constatare che anche alcuni compagni avevano visto parti del film in condizioni di clandestinità. Si parlò a lungo del "carro armato col cazzone". In realtà, quando rividi il film anni dopo, ormai saturo di tonnellate di materiale pornografico, potei constatare che il carro armato era piccolissimo, che l'itifallo plastico era un ben esiguo falletto e che i Rom non davano segni di masturbarsi. Giunsi alla conclusione che del film esistevano due versioni: una tagliata, edulcorata, e una più potente, piena zeppa di scene esplicite. In realtà era stata soltanto la mia immaginazione adolescenziale a ingigantire certe immagini erotiche, deformandole e rendendole ancor più grottesche.

Una ricerca a lungo infruttuosa 

Ricordo che con un amico scrissi addirittura una lettera a Rai 3 per ricevere informazioni sul film e per conoscerne almeno il titolo, che ignoravamo. Ci decidemmo a farlo dopo una serie di vane ricerche che nel corso degli anni ci avevano portato a noleggiare inutilmente alcuni film aventi come protagonisti i Rom, come ad esempio Gadjo dilo - lo straniero pazzo, nella speranza di ritrovare le sequenze assurde viste al liceo. La lettera inviata alla direzione di Rai 3 venne cestinata impietosamente, è ovvio, e non ebbe mai risposta alcuna. Solo quando avevamo ormai perso ogni speranza, mi emerse chissà come dalla memoria il nome "Montenegro", che collegai al film, così potemmo per insperata fortuna identificare con sicurezza e recuperare il film, che da allora è diventato un cult. 

I morti viventi

Nella lingua Romaní il morto vivente è chiamato muló (pl. mulé). È immaginato come un cadavere deambulante, a metà strada tra lo zombie e il vampiro. Attratto dalle feste, è avidissimo di vino e non perde occasione di nutrirsi anche di sangue. È possibile che l'avidità di vino derivi da una falsa etimologia: il vino in Romaní è chiamato mul (in alcuni dialetti mol). Così muló potrebbe essere stato interpretato come "avvinazzato". In realtà l'origine della parola è chiaramente la forma verbale muló "egli morì", dalla stessa radice di merel "egli muore", di chiara origine indoeuropea (la radice alla lunga è la stessa dell'italiano morire). Devo ammettere che le mie conoscenze di lingua Romaní non sono abbastanza buone per poter approfondire meglio la questione. Secondo le credenze di tali genti, per cacciare i morti viventi il sistema più efficace è l'aglio. Ecco perché alla festa allo Zanzi Bar pendono corone d'aglio dappertutto. 

Il nettare degli Dei

Il capo dei Rom, Alex Rossignol, invita Marilyn a partecipare a una bevuta collettiva. Lo slivovitz viene reso rosso col sangue di un agnello ucciso, e questa mistura viene definita dallo stesso Rossignol "il nettare degli Dei", con inatteso dottismo. Non mi aspetterei infatti di ritrovare una simile locuzione tra i Gitani, dato che persino tra le genti stanziali viene usata in modo scherzoso come reminiscenza scolastica. La donna bionda si unisce alle libagioni, tracannando il liquore misto a sangue - cosa che ai nostri giorni non potrebbe più essere mostrata in un film, a meno che non si voglia scatenare l'insurrezione dei fanatici animalisti e vegani. A questo punto gli uomini di Rossignol intonano una canto antico nella loro lingua, che è davvero suggestivo. Come l'americana chiede al capo tribù il significato delle parole in Romaní, quello le risponde sbrigativamente che il loro contenuto è sessuale e che gli uomini vorrebbero copulare con lei. Così a orecchio mi pare che si tratti di una bugia e che il significato dei canti sia del tutto dissimile: sarebbe interessante analizzare il testo, trascriverlo foneticamente e tradurlo per verificare la cosa.

Proibizionismo scandinavo 

Quando fui in Svezia e in Norvegia, era l'inizio degli anni '90, mi resi subito conto che non era affatto facile procurarsi dell'alcol decente. Si trovava soltanto una squallidissima birra mercantile, acquosa, che al massimo avrà avuto 3 gradi alcolici. Ricordo un orrido luogo chiamato Värnamo, che sorge vicino a un antico cimitero in cui al tempo degli antichi culti venivano sepolti gli aborti e i bambini deformi. Dopo il tramonto i giovani si radunavano e cercavano di intossicarsi ingollando galloni di quella birra quasi analcolica, finendo col vomitare. Ricordo ancora un pavimento tutto coperto di vomito: si camminava nel pastone. Forse qualcuno riusciva a procurarsi del liquore clandestino, ma non sono riuscito a vederne nemmeno una goccia. Un tale pensò di portarsi in camera una ragazza un po' alticcia, rischiando una doccia romana. Anche se pochi ne sono a conoscenza, a Stoccolma vige il proibizionismo, quasi come negli States ai tempi di Al Capone. I politicanti della triste nazione scandinava sono convinti che bere alcol sia un atto rivoluzionario e che appartenga al reame oscuro dell'eversione. Non potendo imporre un divieto assoluto, ricorrono ad ogni mezzo di dissuasione, come ad esempio una tassazione da capogiro e l'imposizione di un vero e proprio pizzo alle pochissime rivendite autorizzate. Queste premesse sono a mio avviso necessarie per comprendere il contesto di Montenegro Tango. In una scena si vede un rom che getta legna in una grande caldaia per alimentare un distillatore. La protagonista ne rimane turbata e fa notare che la produzione di alcolici è illegale. Lo zigano le risponde che lo Stato è cattivo perché non vuole dare alla gente ciò di cui ha bisogno. Folgorante come il responso di un monaco zen.

Reazioni nel Web 

Le recensioni che ho trovato nel corso delle mie navigazioni mi sembrano piuttosto banali. Tutta critica radical shit che in un film nota soltanto stronzate socio-culturali e si lascia sfuggire dettagli antropologici di estremo interesse. Mi limito a riportare due interventi, comparsi sul sito davinotti.com.

Cotola:
"La liberazione sessuale (con omicidio) come antidoto alla noia ed all'ipocrisia della vita borghese. Certo, non molto originale (visti i tempi in cui fu girato) ma il tema è caro al regista che non manca di condire il film con un umorismo al vetriolo e con almeno una trovata da antologia. Non tutto fila liscio, qua e là la noia non manca, ma alla fine il risultato non è malvagio. Il finale è un discreto sberleffo alla comune morale familista. Buona la confezione." 

Giacomovie: 
"Interessante produzione svedese i cui titoli di coda precisano che si tratta di un film basato su una storia vera, quella di una donna annoiata dal matrimonio che si concede un'avventura alla "Thelma senza Louise" per superare la noia di vivere. L'avvio è incerto ma poi matura con efficacia il contesto liberatorio della trama, con la presenza di elementi grotteschi, episodi passionali e qualche sorpresina nel finale."

sabato 12 novembre 2016


MONDO CANDIDO

Paese di produzione: Italia
Lingua originale: Italiano
Anno: 1975
Durata: 110'
Colore: Colore
Audio: Mono
Genere: Grottesco, trash, black comedy, erotico
Regia: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi
Soggetto: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi,
     Claudio Quarantotto
Sceneggiatura: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi,
     Claudio Quarantotto
Tratto da: Candido, o l'ottimismo, di Voltaire
Produttore: Camillo Teti
Casa di produzione: Perugia Cinematografica
Direttore di produzione: Averroè Stefani
Ispettore di produzione: Franco Coduti
Aiuto regista: Stefano Rolla
Fotografia:
Giuseppe Ruzzolini
Montaggio: Franco Letti
Effetti speciali: Giovanni Corridori
Musiche:
Riz Ortolani
Scenografia: Franco Vanorio
Costumi: Franco Carretti
Aiuto costumista: Tiziana Mancini
Operatore: Alessandro Ruzzolini
Maestro d'armi: Remo De Angelis
Interpreti e personaggi:  
    Christopher Brown: Candido
    Michelle Miller: Cunegonda
    Jacques Herlin: Dottor Pangloss
    José Quaglio: L'Inquisitore / il prete cornificato
         (amante di Cunegonda)
    Steffen Zacharias: Il Guru New Age
    Gianfranco D'Angelo: Il Barone
    Salvatore Baccaro: L'Orco necrofilo
    Alessandro Haber: Il giudeo Don Issacar 
         (amante di Cunegonda)
    Richard Domfe (Domphe): Cacambo
    Sonia Viviani: La servetta sifilitica
    Carla Mancini: Soldatessa israeliana
    Lorenzo Piani:  Soldato bulgaro biondo / soldato
         inglese biondo 
    Giancarlo Badessi: Il Governatore spagnolo
    Annick Berger: La Baronessa
    Giancarlo Cortesi:
Giovane vestito da angelo /
        fedayin palestinese
   
    Marcello Di Falco: Cavaliere effeminato /
         carrista inglese
    Mauro Perrucchetti: Attila, il cantante demoniaco
        (amante di Cunegonda)
    Valerio Ruggeri: Amerigo Vespucci 
    John Stacy: Capitano della nave
Personaggi senza attori identificati:
   Al Capone
   Boia portoghese 

   Carampana New Age
   Cristoforo Colombo
   Gli amanti nel globo 

   Marilyn Monroe
   Nobile portoghese panzone
       (amante di Cunegonda)
   Ragazza morta brutalizzata dall'orco 

    Soldatessa israeliana bionda e crespa
   Soldatessa israeliana mora
   Soldato bulgaro dalla barba corvina
   Soldato portoghese barbuto
   Soldato portoghese glabro
   Strega ingabbiata
   Streghe nude con la cuffia
   Vecchia fellatrice

Trama: 

Se all'inizio il film mostra una qualche aderenza al Candide di Voltaire, presto comincia ad allontanarsene in modo irrimediabile, dando vita a una sequenza di eventi folli e deliranti. Il povero Candido si trova sbalzato da un'epoca all'altra. Cacciato dal castello del Barone dopo aver fatto godere la bella Cunegonda leccandola, Candido si ritrova in un campo militare. Nel libro di Voltaire questi soldati erano i Bulgari, versione satirica dei Prussiani. Nel film sembra piuttosto di essere in Francia all'epoca di Napoleone. A comandare l'esercito non è certo Federico il Grande ma un effeminato. Si capisce che qualcosa inizia a non andare, anche perché il sovrano sodomitico si fa piantare giganteschi chiodi nell'armatura senza risentirne. I soldati, che sono dotati di vistosi cappelli col simbolo massonico dell'Occhio Onniveggente, vengono sterminati da colpi di mitragliatrice di un esercito moderno. Candido finisce quindi in una distorsione spaziotemporale che lo porta nel Portogallo dell'Inquisizione, dove Pangloss viene impiccato. Ritrova Cunegonda e la lecca di nuovo tra le gambe. Quando arrivano gli amanti della bella nobildonna, l'Inquisitore, il ricco giudeo e un diabolico cantante rock, si scatena il putiferio. Segue un duello a colpi di chitarra tra Candido e il cantante, in cui il protagonista ha la peggio. Salvato dal mandingo Cacambo, il giovane viene imbarcato su una nava diretta in America. Soltanto che nel film di Jacopetti l'America è quella attuale. Per colmo dell'anacronismo, assieme a Candido e a Cacambo si imbarcano Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Al Capone, Marilyn Monroe e altri. La nave giunge a New York nel bel mezzo degli anni '70 del XX secolo e i suoi passeggeri sono accolti come eroi. Candido ritrova Pangloss, che è un cronista esperto nell'arte di imbambolare le masse dementi. Amerigo Vespucci è alle prese con una bottiglia di Ballantine's, Cristoforo Colombo si ritrova a fissare inebetito due lattine di Coca Cola che gli sono state messe in mano, mentre Cacambo, tirato a lucido, viene liberato dal collare di ferro dalle Pantere Nere e si fuma un grosso sigaro. A questo punto Candido viene a sapere che Cunegonda è diventata una pornodiva e una cantante, il cui spettacolo itinerante si chiama "The Best Possible Orgasm in the World". Il giovane è preso da una crisi di gelosia; Pangloss gli dice che la sua amata è andata in Irlanda a combattere e lui parte senza pensarci due volte assieme a Cacambo. Giunti nell'Ulster distrutto dalla guerra civile, i due trovano finalmente traccia della donna fatale: raggiungono una chiesa desolata in cui non ci sono più né Dio né i Santi. Un prete furibondo assesta al grande crocefisso formidabili martellate per abbatterlo. Candido si accorge che le vetrate della chiesa ritraggono Cunegonda in veste di Maria. Il prete afferma di essere stato reso becco da un giudeo, che si è perso la donna e l'ha condotta con sé. In preda alla furia il cornuto estrae un mitra e si mette a sparare raffiche. Senza soluzione di continuità, Candido e il suo fedele servitore giungono in Israele, dove è in corso un'esercitazione militare a cui partecipano numerose soldatesse ashkenazite, bellissime e angeliche quanto letali. Anche qui la ricerca di Cunegonda fallisce e si scatena una tremenda battaglia tra le israeliane e i fedayin palestinesi, che si combatte in un campo di papaveri. I fiori finiscono insanguinati. Le peripezie del protagonista continuano: arriva nel bel mezzo del deserto, dove vive una comune hippy dedita alle baggianate New Age e a faticose attività insensate. Dopo alcune significative conversazioni volte a svelare la vana essenza dell'Universo, si ha il gran finale. Candido ritrova Cunegonda consunta dagli stenti, viene abbandonato dall'irridente Cacambo e in riva al fiume viene catturato in una specie di loop temporale che lo riporta al punto di partenza.  

Recensione:

Se devo essere franco, la prima volta che ho visto questo film mi è sembrato una schifezza immondissima e per giunta senza né capo né coda. Rivedendo questo cult del trash, la mia opinione è stata un po' più mite e l'ho trovato tollerabile. Non nego che abbia qualche momento felice, ma nell'insieme rimane comunque davvero pesante.

Reazioni nel Web

Recensione lapidaria ma significativa su Mymovies.it:

"Jacopetti adatta il Candido di Voltaire alla misura dei suoi Mondo cane." 

Nulla di più vero: lo stesso titolo fa il verso a Mondo cane: è quasi Mondo can...dido.

Questo invece è il parere del commentatore samtam90 su Filmtv.it:

"Voltaire si starà rivoltando nella tomba, grazie alla nuova porcata di Jacopetti & Co. Voto: 4"

Oscenità varie e costumi grotteschi

Il regista si è preso non poche libertà, trasformando completamente l'opera dell'Illuminista e introducendo innumerevoli turpitudini. Così il bacio tra Candido e Cunegonda diventa qualcosa che ha dell'incredibile: il giovanotto infila la testa sotto la gonna della figlia del Barone e si mette a lapparle con infinita voluttà gli orifizi inferi. Anche se il lungo indumento femminile nasconde l'atto, si capisce benissimo cosa sta succedendo. Il volto della figlia del Barone di Vestfalia è illuminato dall'estasi mentre Candido la lavora con la lingua senza mai smettere, donandole una catena di orgasmi. Visti i costumi igienici dell'epoca, dubito molto che l'atto sarebbe stato godibile. Tanto più che Jacopetti non descrive la corte del Barone come il villaggio dei Puffi. La laida Baronessa si ingozza a tavola e ha il vaso da notte sotto il culo sempre smerdante, quello stesso pitale pieno di feci con cui le sarà poi spaccato il cranio. Devo dire che il personaggio di Pangloss è rappresentato alla perfezione. Certo, la sifilide gli fa cadere un orecchio anziché divorargli il naso, ma per il resto la corrispondenza è perfetta. Lo strabico e segaligno Jacques Herlin, quasi una versione smagrita di Marty Feldman, interpreta magistralmente il ruolo ed è una delle poche scelte felici. Pestilenziale, al punto che nulla più farlo deflettere dalla sua teodicea, Pangloss incarna l'ottimismo nel film come nel libro. Tanto gradito è all'Artefice, che nemmeno l'impiccagione riesce a ucciderlo. La sua cuffia nera con due appendici laterali che coprono le orecchie, simili a corna mozze, i ciuffi di capelli bisunti non contenuti dallo stravagante copricapo, tutto contribuisce a renderlo ancor più odioso. Non male il Barone, interpretato da un delirante e grottesco Gianfranco D'Angelo. Alessandro Haber si trova assai bene nei panni del sefardita Don Issacar col suo sembiante scuro e il suo abito nero con una gigantesca Stella di David per fibbia. In questi tempi le scene con quel personaggio non si sarebbero potute più girare senza guadagnare al regista accuse di antisemitismo. 

L'uso dell'anacronismo     

Il film di Jacopetti e di Prosperi è stato rovinato non tanto dalle licenze sessuali, quanto dall'introduzione di un elemento innovativo quanto irrazionale, demenziale e incontrollabile: l'ANACRONISMO. Fanno la loro irruzione nella Vestfalia e nel Portogallo del XVIII secolo personaggi del XX secolo come bikers e cantanti rock. Ad espugnare il castello del Barone non sono i Bulgari, ossia i Prussiani di Federico II, ma i Satanassi, una gang di motociclisti scatenati simili agli Hell's Angels, che portano con sé una montagna di vinili, giradischi e televisori. Provate a immaginarvi l'assurdità della cosa. L'effetto straniante è come un pugno nello stomaco. Il capo dei Satanassi trova Cunegonda in sottoveste e la possiede carnalmente, realizzando con lei tutte le posizioni del Kamasutra. La penetra un'infinità di volte e le fa fare anche un 69, con lei sopra a fellarlo mentre lui le lecca il cunnus - anche se non con la perizia con cui lo faceva Candido. Nelle intenzioni dei registi vorrebbe essere uno stupro, in realtà si vede benissimo che la nobildonna partecipa agli atti sessuali in modo gioioso. Il Grande Inquisitore a Lisbona è affiancato dallo stesso motociclista diabolico, armato ci chitarra elettrica. Una visione surreale che fa quasi dubitare di essere sani di mente. 

Sesso senile e necrofilia

L'ascensione di Candido vestito da angelo sulla cima di una montagna è l'inizio di una sequenza allucinante. Una vecchia vestita di nero mette la testa tra le gambe del giovane nudo, gli prende il pene in bocca e inizia a succhiarlo per poi ritrarsi disgustata, sputacchiando, perché ha trovato che sul glande c'era lo smegma, il cui sapore di formaggio rancido non è certo grato. Anche in questo caso Voltaire ha motivo di rivoltarsi nella tomba. Questa laida scena anticipa e profetizza l'epidemia di sesso senile che ha colpito il mondo occidentale agli inizi del XXI secolo, provocata dall'operato nocivo di un singolo uomo: Rocco Siffredi. Quella che all'epoca di Jacopetti era una surreale intuizione, ora è dura realtà: per capire la portata della rivoluzione antropologica del sesso senile basti pensare che le stesse quarantenni che soltanto vent'anni o trent'anni fa avevano schifo a praticare la fellatio, oggi sono carampane avidissime che passano il tempo a poppare bischeri - dopo essersi tolte la dentiera e averla messa in un bicchier d'acqua, è ovvio. Persino le ottantenni decrepite sono diventate appetibili per l'industria della pornografia. Tutto ciò non basta. Quando Candido si trova in mezzo alle rovine, tra mucchi di cadaveri, accade qualcosa di raggelante. Un gigante dai tratti incredibilmente grotteschi, interpretato dall'acromegalico Salvatore Baccaro, vede una giovinetta morta da poco, così si mette a denudarla e a palparle i seni. Estrae i genitali e fa per penetrarla, quando Candido è preso da una furia inaudita e lo colpisce ripetutamente al cranio con una grossa pietra fino a farlo cadere a terra esanime. Si sprofonda in un Caos in cui non è più possibile mettere un freno alla natura belluina degli esseri umani.

Oblio per i Diaghiti

Cacambo da fiero discendente dei Diaghiti di Tucuman diventa un remissivo schiavo africano. Senza dubbio un Diaghita sembrava a Jacopetti e a Prosperi meno vendibile di un Mandingo. Anche perché chi li conosce i Diaghiti in Italia? Se si chiedesse in giro il significato del nome Diaghiti, la risposta più gettonata sarebbe che si tratta di una varietà di insetti: chi mai potrebbe sognarsi che fossero fierissime genti indigene dell'Argentina? La mossa dei registi non è tuttavia dovuta a un semplice calcolo commerciale. Il personaggio di uno schiavo africano ha permesso di impostare un discorso sociale che riusciva molto gradito agli spettatori. Non dimentichiamo che quelli erano i tempi in cui l'intero sistema educativo italiano andava plasmandosi sulla questione razziale negli Stati Uniti. Le maestrine costringevano gli alunni a intonare la marcia di John Brown, non si faceva che parlare di Martin Luther King e della lotta al segregazionismo americano. Il risultato di tutto ciò sarebbe stato negli anni seguenti un contagio buonista pervasivo in cui non si sarebbe più sostenuto il fragile concetto di uguaglianza di tutti gli esseri umani, ma la superiorità delle genti dell'Africa subsahariana. Chi ricorderà il sistematico etnocidio che ha colpito i Diaghiti? Nessuno, perché per questa società essi sono irrilevanti. Persino gli studiosi se ne disinteressano. Quando sarò morto, nessuno in Italia ne parlerà più.

Scomparsa di un Manicheo

Il personaggio di Martino il Manicheo è scomparso dalla trama sconnessa del film, si è perso durante l'adattamento del racconto di Voltaire. Questo perché le sue idee non erano gradite. Si poteva sostenere un certo discorso sull'insensatezza dell'esistenza, facendolo passare per il delirio di un derviscio fumato, ma non si poteva tollerare una trattazione sistematica sulla malvagità intrinseca dell'intero Universo. Le parole di Martino non sarebbero state capite dal pubblico. Lo avrebbero ritenuto un semplice sfigato o un pazzoide e non gli avrebbero dato alcun ascolto. Se Voltaire aveva trovato necessario riesumare i Manichei per combattere la teodicea di Leibniz, il discorso sfugge totalmente a Jacopetti e a Prosperi. Le finalità originarie del Candide nel film non si avvertono quasi più, così come è sparito ogni riferimento al Grande Terremoto di Lisbona del 1755. Cancellato Martino e ridimensionata la discussione su come mai il mondo possa essere malvagio se Dio è buono, non resta che una peregrinazione del protagonista su un pianeta di merda in cui non è possibile alcuna comprensione degli orrori a cui assiste. Tutta la discussione filosofica è ridotta a un fumoso Nulla, non a caso Candido e Cacambo finiscono in una comune hippy i cui membri rotolano istante dopo istante il loro macigno di Sisifo senza scopo alcuno, in un deserto dove i sogni vengono dalla droga e la massima saggessa consiste nel pulire con una scopa un gigantesco padiglione auricolare scolpito nella roccia per liberarlo dal cerume immaginario.

La profezia della Chiesa in rovina

La fine della Chiesa Romana è preconizzata in questo film. L'edificio religioso è in completa rovina, i muri sono cadenti e polverosi. Se in passato le genti erano convinte che Dio fosse presente in quel luogo santo, ora è evidente che non ve ne è alcuna traccia. È la Chiesa di Jorge Pompeo Bergoglio. Gettata alle ortiche la sua intera biblioteca, composta da un numero incredibile di volumi, un intero universo di proposizioni teologiche è stato sostituito da borborigmi bassoventrali. Frasi del tipo "la corruzione spuzza" dove un tempo c'era la Summa Theologiae. Così come Candido vede il cadavere di un santo parlare e indicargli la via, per poi risprofondare nel sonno di Thanatos, allo stesso modo sembra alle genti che la Chiesa Romana viva una stagione fulgida, quando invece i suoi movimenti sono solo spasmi cadaverici, simili alle convulsioni di un pollo decapitato. I movimenti cattolici sono autentiche sètte, ogni segno di vitalità ecclesiastica non è che il brulicare di masse di cagnotti. Il prete incontrato da Candido è un folle che abbatte il Crocefisso e inveisce perché sa di avere le corna. Offuscato dalla demenza, rappresenta lo stato terminale e agonico di un clero dannato composto da fornicatori e da pedofili.

Pesante retorica sociale
e lampi di Apocalisse

I registi hanno stravolto la trama del Candide per calare la narrazione nel contesto storico della loro epoca. Per questo Candido e Cacambo si ritrovano a vivere la guerra tra l'IRA e gli Inglesi nell'Irlanda del Nord e il conflitto tra Israeliani e Palestinesi. In quegli anni c'era una grande ipersensibilità su questi argomenti e un film completamente avulso dall'atttualità sarebbe stato criticato in modo pesante dalle masse. A questo moralismo fanno da contraltare alcune sequenze visionarie e apocalittiche, che compensano appieno ogni forzatura. Un bambino irlandese raccoglie da terra una granata e ci gioca, pestandola con una pietra. Sembra che l'ordigno della esplodere da un momento all'altro, invece resiste ad ogni incauto trattamento. Poi l'infante toglie la sicura e lancia la granata, uccidendo i soldati inglesi di pattuglia. Nel vedere i morti, un'allegria profonda invade il bambino, le sue sono le uniche risate gioiose in quell'Inferno. Che dire allora della battaglia tra soldatesse israeliane e fedayin nel campo di papaveri? I fedayin pensano di sorprendere le israeliane mentre sono nude nella doccia, ma il loro assalto fallisce miseramente. Le donne bellissime hanno i mitra a portata di mano e si mettono a sparare, crivellando molti palestinesi. I proiettili perforano le mimetiche e fiotti di sangue fuoriescono dalle ferite, danzando nel sole sullo sfondo dei papaveri. La battaglia all'inizio volge in favore delle israeliane, che presto cominciano a registrare perdite: si vedono donne colpite da proiettili, con fontanelle di sangue che schizzano dai loro corpi venusti. Alla fine sarà la distruzione per entrambi gli schieramenti: si vede una soldatessa nuda dai capelli biondi con in pugno il mitra, le cui carni diventano un colabrodo. Anche il corpo di una mora dalle lunghe chiome finisce col danzare la propria morte convulsa sotto una tempesta di piombo. Seguirà il silenzio, i cadaveri in mezzo ai fiori intrisi di sangue. Eros e Thanatos, Sangue e Morte. Per tornare alla banalità, verso la fine del film, il Guru della setta New Age mostra a Candido il fiume che trascina via i simboli, gettati via dai giovani. Tra questi si vedono numerose svastiche, fasci littori e segni del movimento hippy, geroglifici del famoso "Peace and Love". Nemmeno un esemplare di falce e martello, si noterà. Questo perché i registi non volevano irritare le folle giovanili che all'epoca credevano fanaticamente in tali simboli. Sono sicuro che la mente di Jacopetti avrebbe potuto escogitare di meglio.       

Vite dimenticate

Notevole è la difficoltà nell'identificazione di parte degli attori: ho dovuto completare il cast per via delle lacune e delle inesattezze che si trovano nei vari siti Web. Per esempio alcune pagine forniscono una foto di Lorenzo Piani che è errata e dovuta a un'omonimia: ritrae infatti un prete dai capelli scuri, mentre l'attore di Mondo Candido è il soldato biondo dell'esercito dei Bulgari simil-napoleonici, che compare poi anche nell'Ulster all'epoca della guerra civile - come mostrato da questo link: 


Questo invece è il Lorenzo Piani prete, che nulla sembra aver a che fare col film: 


C'è poi un terzo Lorenzo Piani, che è pseudonimo di Lorenzo Piattoni, che è un cantautore e che di certo non c'entra nulla. Questo rende l'idea di quanto labili siano le reali possibilità di conoscenza offerte dalla Rete. Se appena si vuole scavare sotto la superficie, trovare nel Web le informazioni desiderate non è affatto semplice: in casi come questi sembra agire in modo spietato una sorta di "diritto all'oblio", come se attori e attrici si vergognassero delle parti recitate in gioventù. Altri personaggi di Mondo Candido sono da me stati associati agli attori cercando immagini in Google e tentando di riconoscere le fattezze dei volti visti nel film, cosa che può sempre risultare erronea, anche perché non sono molto fisionomista. Mi scuso fin d'ora se qualche identificazione dovesse risultare erronea. 

lunedì 10 ottobre 2016


RICOMINCIO DA CAPO
(IL GIORNO DELLA MARMOTTA)  

Titolo originale: Groundhog Day
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1993
Lingua: Inglese
Durata: 101 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Commedia, fantastico, sentimentale
Regia: Harold Ramis
Soggetto: Danny Rubin
Sceneggiatura: Danny Rubin, Harold Ramis
Casa di produzione: Columbia Pictures
Fotografia: John Bailey
Montaggio: Pembroke J. Herring
Effetti speciali: Jeff Frink, Rick Lazzarini
Musiche: George Fenton
Scenografia: David Nichols
Interpreti e personaggi: 
    Bill Murray : Phil Connors
    Andy McDowell : Rita
    Chris Elliott : Larry
    Stephen Tobolowsky : Ned Ryerson
    Brian Doyle-Murray : Buster Green
    Marita Geraghty : Nancy Taylor
    Angela Paton : Sig.ra Lancaster
    Rick Ducommun : Gus
    Rick Overton : Ralph
    Robin Duke : Doris
    Carol Bivins : Presentatrice
    Willy Garson : Kenny
    Harold Ramins : Neurologo
    Michael Shannon : Fred
    Hyden Walch : Debby
    Peggy Roeder : Insegnante di piano
    David Pasquesi : Psichiatra
    Eric Saiet : Figlio di Buster
Doppiatori italiani: 
    Michele Gammino: Phil Connors
    Isabella Pasanisi: Rita
    Simone Mori: Larry
    Francesco Pannofino: Ned Ryerson
Premi: 
    British Comedy Awards 1993
    Saturn Award for Best Actress (Film)
         (Andie MacDowell nel ruolo Rita)

Trama:

Phil Connors, un metereologo dal carattere bisbetico che lavora per Pittsburgh TV, riceve l'incarico di fare un servizio nella cittadina di Punxsutawney, in Pennsylvania, in occasione della tradizionale festività chiamata Giorno della Marmotta (Groundhog Day). Il reporter vomita bile e non vede l'ora di abbandonare il borgo per rientrare alla sua metropoli, quando una tempesta di neve lo costringe a tornare indietro. È l'inizio di qualcosa di surreale quanto terribile: il flusso stesso del tempo si inceppa, causando il risveglio del protagonista alle 6:00 in punto del mattino al suono di una canzoncina che si spande dalla radio. Il ritornello, che suona "agacciùbe" (I got you babe, di Sonny & Cher), ricorre da allora in modo esasperante, vanificando ogni cambiamento. Qualsiasi cosa Phil Connors faccia, lo attende il reset con sveglia alle 6:00 e "agacciùbe" nelle orecchie. Da quelle fatidiche note, gli eventi della giornata si ripetono sempre uguali come in un Eterno Ritorno. All'inizio l'intrattabile meteorologo approfitta dell'occasione per abbandonarsi ad ogni sorta di sfrenatezza e di stravaganza. Presto però cade vittima di una profonda disperazione. Tenterà di tutto per poter rompere l'incantesimo, anche il suicidio nei più svariati modi, senza mai poter riuscire nel suo intento. Il loop temporale si dissolverà soltanto quando il protagonista, arrivato a provare amore per il prossimo e a comprendere la necessità di migliorare se stesso, sarà baciato della bella Rita.

Recensione:

Gli sceneggiatori del film, Harold Ramis e Danny Rubin, hanno affermato di aver tratto l'idea del film dal libro di Friedrich Nietzsche La Gaia Scienza, in cui è descritta l'atrocissima vicenda di un uomo costretto a vivere sempre nello stesso giorno. Questo è il testo: 

IL PESO PIÙ GRANDE

"Che accadrebbe, se un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta – e tu con essa, granello di polvere!”. Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?"
(Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, Libro IV, n. 341). 

All'origine di questa folgorante intuizione sta sicuramente il torbido rapporto del filosofo con la bellissima Lou Andreas-Salomé, che non mancava di ricompensare con indifferenza e crudeltà i servigi ricevuti - come del resto è tipico del gentil sesso. Questo è uno dei più grandi misteri della natura umana: tanto più un uomo adora una donna, tanto più viene da lei disprezzato. Così è stata decretata l'estinzione dei Filosofi e dei Poeti, mentre i bruti pullulano e continuano a propagare il loro seme. Qualcuno si chiederà: "Cosa c'entra il loop temporale con le sofferenze dell'amore?" C'entra eccome: un simile orrore può essere concepito soltanto nella fucina di notti insonni di tormento. 

Il problema del loop temporale

Dai tempi di Nietzsche il concetto di circuito temporale chiuso (loop) si è diffuso alquanto ed è diventato una vera e propria ossessione per le genti degli States, che spesso e volentieri lo introducono nelle loro opere d'ingegno. Lo stesso Philip K. Dick scrisse un angosciante racconto fantascientifico intitolato "A little something for us Tempunauts", in cui viaggiatori nel tempo americani sono mandati pochi giorni nel futuro, e nel loro viaggio di rientro restano intrappolati in un cicruito chiuso, condannati a rivivere per sempre la stessa sequenza di eventi. In numerosissimi altri lavori fantascientifici e non compare lo stesso assunto fondante. Resta il fatto, innegabile, che l'applicazone del loop temporale per essere interessante non può mai essere perfetta. In altre parole, nella letteratura e nel cinema il tempo ritorna sì dalla fine di una giornata al suo inizio come se fosse applicata la modalità autoreverse, ma la vittima della trappola infernale conserva memoria di aver già vissuto altre volte ogni evento. Questo è fisicamente impossibile, e lo sarebbe anche se il loop temporale rientrasse nel campo delle possibilità. Il concetto di irreversibilità del tempo fatica molto ad essere compreso in America, come se non fossero ben compresi neppure i concetti di causa, di effetto e di nesso causale.

Harold Ramis e la natura del tempo

In realtà il regista di Groundhog Day non è partito da complesse disquisizioni fisiche e filosofiche sulla natura del tempo. Il suo concetto è molto più semplice, e lontano anche dal testo di Nietzsche da cui ha tratto ispirazione. L'idea portante è di natura essenzialmente religiosa: secondo il comune sentire americano il Signore del Tempo e della Creazione è Dio, che può fare ciò che vuole con tutto ciò che ha creato. Anche far rivivere per decenni o per secoli lo stesso giorno a una pecorella smarrita per permettere la sua salvazione. Anche qui in Italia tra i fedeli della Chiesa Romana, o tra i Protestanti di Germania, esistono le stesse credenze. Vero, ma in America sono vissute fin nel midollo e sentite proprie, non sono semplici proposizioni vuote apprese al catechismo per pura formalità. Il Tempo è visto come un contenitore che Dio può cambiare a suo piacimento. Il contenuto, cioè la vittima di questa singolare trovata divina, conserverà quindi intatta la memoria di tutte le giornate vissute nella ripetizione, altrimenti ogni finalità edificante sarebbe vana. A riprova di tutto ciò sta il finale sdolcinato del film, in cui il protagonista migliora se stesso, seduce la bella Rita e riesce a fuggire a un amaro destino. Ovviamente per uno scienziato la connessione tra lo scorrere anomalo del tempo e il cambiamento dei sentimenti del protagonista resta qualcosa di incomprensibile. 

Etimologia di Punxsutawney

Il nome Punxsutawney /pʌnksʌ'tɔ:nɪ/ proviene dalla lingua algonchina dei Delaware (Lenape) e significa "Città delle Zanzare". Il toponimo originale suonava Punk'sutènai /punkəsu'tenai/, composto da púnk's, púnkwes /'punk(w)əs/ "zanzara" (lett. "creatura della polvere") e da utènai /u'tenai/ "città, luogo di riunione". Per ulteriori informazioni, vedi Mahr, 1959 : 369; Zeisberger, 1887; Heckewelder, 1834 : 364. È davvero imponente la quantità di toponimi proveniente da lingue degli Algonchini e incorporati nell'attuale toponomastica americana. Solo se si conosce la lingua originale questi nomi sono trasparenti e hanno un significato compiuto. Gli attuali abitanti anglofoni non sono in grado di attribuire alcun significato a queste complesse concatenazioni di sillabe: con l'adozione dei toponimi in contesto anglofono si è avuto un processo di fossilizzazione che ha portato alla loro sclerosi.

Origini del Giorno della Marmotta

La strana festività ha le sue radici nella Candelora, adattata dai coloni al nuovo contesto con l'adozione di un elemento indigeno. Si celebra il 2 febbraio e consiste nell'osservare il comportamento di un esemplare di marmotta americana (Marmota monax) quando si risveglia, proprio all'ingresso del suo rifugio. In altre parole, è una forma di auspicio pagano. Se a causa del cielo nuvolo l'animale non vede la sua ombra, si prevede che l'inverno sarà molto breve e che presto tornerà il bel tempo. Se a causa del cielo sereno l'animale si spaventa nel vedere la sua ombra e fa ritorno alla sua tana, si prevede invece un periodo di altre sei settimane di freddo. A quanto si tramanda, la festività ebbe origine proprio a Punxsutawney e fu celebrata per la prima volta nel 1887. 

Alcune curiosità

Il film non fu girato a Punxsutawney, ma a Woodstock nell'Illinois. Questo perché la cittadina della Pennsylvania, oltre a essere lontana dalle strade statali e quindi di difficile accesso per la troupe, non aveva un centro che fosse adatto alle riprese. La sua posizione remota avrebbe fatto levitare i costi della produzione per via dei connessi problemi logistici. 

Il sindaco di Punxsutawney, offesissimo per la decisione di girare il film in Illinois, non ha permesso che nelle riprese comparisse il vero Phil, la marmotta usata per il Groundhog Day. Tuttavia ha inviato alcuni suoi rappresentanti per assicurarsi che la cerimonia fosse rappresentata in maniera corretta.

Il Phil di Punxsutawney fu interpretato da diversi esemplari di una famiglia di marmotte allevata appositamente. Questi pingui roditori non avevano nessuna simpatia per Bill Murray, credo per ragioni olfattive. Accadde così che l'attore fu morsicato due volte durante le riprese del film e dovette essere sottoposto a vaccinazione antirabbica. 

A partire dal 1992, anno in cui avvennero le riprese del film, la cittadina di Woodstock nell'Illinois cominciò a celebrare il festival del Groundhog Day, dando così vita a una nuova tradizione locale.

Nel corso del film, Rita schiaffeggia Phil Connors una decina di volte. Sembra proprio che Andy McDowell abbia interpretato queste scene senza dover simulare il suo sdegno, spinta da un'imcompatibilità olfattiva molto simile a quella che affliggeva le marmotte.

All'inizio il regista pensò di attribuire il ruolo di Phil Connors a Tom Hanks, che fu tuttavia scartato per ragioni speciose e difficilmente comprensibili. Nel Web si legge che Tom Hanks sarebbe stato troppo "carino". Non si comprende bene tutto ciò, forse significa che Hanks emanava un grato odore, mentre si cercava per il ruolo di Connors qualcuno con feromoni più pungenti.

Un accanitissimo fan del film, certo Wolf Gnards, ha calcolato il periodo complessivo che Phil Connors ha vissuto nel loop temporale, affermando che il Groundhog Day ha continuato a ricorrere ininterrottamente per ben 8 anni, 8 mesi e 16 giorni. La stima concorda con quella fornita in modo più grossolano da Harold Ramis nel commento al DVD, che si attesta su 10 anni. Tuttavia in seguito lo stesso regista avrebbe dichiarato a un reporter che la condanna al loop sarebbe stata molto più lunga, durando 30 o 40 anni. Nei primi copioni del film, si parla invece di 10.000 anni e la maledizione era attribuita a un rito Voodoo compiuto tramite la rottura di un orologio da una ex di Connors, che era stata da lui umiliata. Ramis, che a quanto pare aderiva a una forma di Buddhismo (da operetta, a quanto pare), aveva parlato del periodo di 10.000 anni necessario a un essere per evolvere e giungere al suo successivo livello spirituale. Direi che non si tratta di farina del sacco del Principe Gautama, ma di crusca dei malfattori New Age.