martedì 24 ottobre 2017


IL SETTIMO SIGILLO

Titolo originale: Det sjunde inseglet
Lingua originale: Svedese
Paese di produzione: Svezia
Anno: 1957
Durata: 96 min
Dati tecnici: B/N
Rapporto: 1,37 : 1
Genere: surreale, epico, drammatico
Regia: Ingmar Bergman
Soggetto: Ingmar Bergman (dal suo dramma Pittura
   su legno
)
Sceneggiatura: Ingmar Bergman
Produttore: Allan Ekelund
Casa di produzione: Svensk Filmindustri (SF)
Fotografia: Gunnar Fischer
Montaggio: Lennart Wallén
Musiche: Erik Nordgren
Scenografia: P.A. Lundgren
Costumi: Manne Lindholm
Trucco: Nils Nittel
Interpreti e personaggi   
    Max von Sydow: Antonius Block, il cavaliere
    Gunnar Björnstrand: Jöns, lo scudiero
    Bengt Ekerot: la Morte
    Nils Poppe: Jof
    Bibi Andersson: Mia
    Inga Gill: Lisa
    Maud Hansson: strega
    Inga Landgré: Karin Block
    Gunnel Lindblom: giovane che segue lo scudiero
    Bertil Anderberg: Raval
    Anders Ek: monaco
    Åke Fridell: Plog, il fabbro
    Gunnar Olsson: Albertus Pictor
    Erik Strandmark: Jonas Skat
Doppiatori italiani   
    Emilio Cigoli: Antonius Block, il cavaliere
    Pino Locchi: Jöns, lo scudiero
    Bruno Persa: la Morte
    Gianfranco Bellini: Jof
    Maria Pia Di Meo: Mia
    Vittoria Febbi: strega
    Lydia Simoneschi: Karin Block
    Renato Turi: Raval
    Ferruccio Amendola: il monaco
    Giorgio Capecchi: Plog, il fabbro
    Manlio Busoni: Jonas Skat
    Gualtiero De Angelis: predicatore
Titoli internazionali:  
  Germania: Das siebente Siegel
  Francia: Le septième sceau
  Regno Unito, USA, Australia: The Seventh Seal
  Danimarca: Det syvende segl
  Finlandia: Seitsemäs sinetti
  Grecia:
I evdomi sfragida
  Spagna, Messico: El séptimo sello
  Portogallo, Brasile: O Sétimo Selo 
  Polonia: Siódma pieczęć

Premi:    
   1) Festival di Cannes 1957: Premio Speciale della Giuria (ex aequo con I dannati di Varsavia di Andrzej Wajda)
    2) Seminci 1960: Lábaro de oro
    3) Nastro d'Argento 1961: regista del miglior film straniero
   4) Cinema Writers Circle Awards 1962 (Spagna): migliore film straniero
    5) Fotogramas de Plata 1962 (Spagna): migliore attore straniero (Max von Sydow)

Trama:

Danimarca, XIV secolo. Un'epoca calamitosa. La peste infuria, mietendo innumerevoli vite, tanto che le genti pensano che sia giunta la Fine dei Tempi. Alcuni si abbandonano ai bagordi, sperando di poter godere dei frutti della vita anche soltanto un gorno in più, mentre altri si uniscono ai Flagellanti e si sottopongono a pratiche di mortificazione cruenta nella speranza di ottenere la Salvezza. In questo desolante scenario, fa il suo ritorno dalla Terra Santa il cavaliere crociato Antonius Block, sempre accompagnato dal suo fedele scudiero Jöns. Subito si accorge di una figura che lo segue. Senza tanti preamboli, questo compagno di viaggio si presenta al Cavaliere: è la Morte, che è venuta a prenderlo. Antonius Block cerca di giocare d'astuzia per prendere tempo, così sfida la Morte a una partita a scacchi. La Morte acconsente. L'incontro di scacchi avviene in modo discontinuo, a più riprese, man mano che la narrazione si sviluppa. Nel corso del loro vagabondare per la Danimarca, in direzione di Elsinore (Helsingør), il Cavaliere e il suo fido scudiero si imbatteranno in numerosi personaggi stravaganti. Tra questi spiccano l'attore Jof e sua moglie Mia, che vivono nel loro carrozzone in condizioni di povertà estrema col loro figlioletto Mikael. Proprio questa fragile famigliola, che sembra estranea al mondo in rovina che la circonda, restituirà ad Antonius la speranza e forse anche un barlume di fede: egli intratterrà la Morte nella partita il tempo sufficiente per permettere ai saltimbanchi di allontanarsi e di sfuggire alla predazione. Quindi, raggiunto il suo castello avito, ritroverà la moglie e insieme ai suoi compagni si abbandonerà al destino incombente senza opporre resistenza.       

Recensione: 

Questo vibrante e immortale capolavoro apocalittico è la trasposizione in pellicola della pièce teatrale Trämålning, ossia Pittura su legno, dello stesso Bergman (1955). Il regista svedese ebbe l'ispirazone di trasformare in pellicola il dramma mentre ascoltava i Carmina Burana di Carl Orff. Il produttore, Allan Ekelund, sulle prime non volle saperne, forse perché pensava che il film sarebbe stato un clamoroso fiasco. Si mostrò più accomodante solo quando Sorrisi di una notte d'estate trionfò a Cannes. Pensate un po' che sarebbe successo se Ekelund avesse insistito con la sua ostilità al progetto e se Bergman non fosse riuscito a reperire le risorse necessarie: il genere umano avrebbe perso per sempre qualcosa di unico! 


Il Cavaliere rappresenta il tipico modello di uomo del Medioevo, scisso e conteso tra Bene e Male. Tuttavia in lui si è fatto strada qualcosa di completamente nuovo: il dubbio. Come un tarlo, questo dubbio esistenziale mina l'intero edificio cosmologico del personaggio, minacciando di provocarne il crollo. Egli ha visto tali e tanti orrori durante la crociata e l'imperversare della peste, da non avere più la granitica certezza dell'esistenza di Dio. Cerca in ogni modo di salvare la propria fede, perché se Dio non esistesse, tutto sarebbe un immenso vuoto senza senso alcuno. Tale è la sua disperazione che spera di ottenere lumi dalla Morte. Non riuscendo ad averne, si spinge anche più in là nella sua ricerca angosciosa. Quando una giovane strega sta per essere condotta al rogo dai soldati, il Cavaliere si avvicina con prudenza a lei e la interroga, chiedendole di poter parlare col Diavolo per chiedergli informazioni su Dio e sulla vita oltre la morte. Subito scoprirà che la donna è semplicemente folle e febbricitante, che nessuna delle parole da lei pronunciate ha alcun senso. Il Diavolo, che la strega afferma essere presente, rimane invisibile agli occhi del cavaliere. Il conflitto interiore di Antonius Block può essere visto come una metafora del XIV secolo, periodo cruciale in cui hanno cominciato a manifestarsi gravi inquietudini spirituali, la cui conseguenza è stata una prima crepa nell'edificio della Cristianità.    


Lo Scudiero, a differenza del Cavaliere, è sostanzialmente un uomo moderno e pragmatico. Nichilista, materialista e ateo, non crede alla Weltanschauung dell'uomo medievale. Tutto ciò che ha visto lo ha indurito. Del resto, tutte le argomentazioni sulla religione sullo Spirito non avevano su di lui alcuna presa già prima della partenza per la Terra Santa. Non gli difetta un certo acume, dato che riesce a smascherare gli inganni dei religiosi. Così ritrova il teologo Raval che ha indotto il Cavaliere ad arruolarsi e a partecipare alla crociata: lo riconosce e lo vede trasformato in un volgare ladro dedito allo sciacallaggio. Incontra un pittore e lo trova intento a dipingere una danza macabra, così si mette a discutere con lui, esprimendo i suoi dubbi su tale opera, colpevole a sua detta di spingere ancor più la gente disperata tra le braccia dei preti. L'artista, nichilista come il suo interlocutore, fa notare di rimando che quel dipinto rappresenta la realtà delle cose e che ognuno è libero di trarne le conclusioni che vuole. Sempre arguto, Jöns fa notare a una donzella che potrebbe violentarla ma che l'atto lo stancherebbe troppo. Nessuna Asia Argento-Giovanna d'Arco in vista in Danimarca, quindi la libertà di battuta è sacrosanta.


La Morte non fornisce alcuna informazione. È un immane buco nero concettuale, che tutto inghiotte senza restituire nulla. Se Stephen Hawking teorizza la possibilità di fuga di qualche radiazione e di informazione da un buco nero nato dal collasso di una stella, allora dobbiamo pensare che la Morte antropomorfa incontrata dal cavaliere sia ancora più nera di un buco nero. Pirandello sosteneva l'impossibilità di penetrare i misteri della nostra condizione a partire dalla nostra visuale: "Non possiamo comprendere la vita, se in qualche modo non ci spieghiamo la morte. Il criterio direttivo delle nostre azioni, il filo per uscir da questo labirinto, il lume insomma deve venirci di là, dalla morte." Eppure quando la Morte sentenzia e dialoga col Cavaliere, non le sfugge alcuna affermazione che possa fare chiarezza. "Forse è così, forse non esiste", afferma parlando di Dio, come se non potesse definire altrimenti il problema, lasciando l'interlocutore annichilito ma capace di proferire una grande verità: "Allora la vita non è che un vuoto senza fine. Nessuno può vivere sapendo che dovrà morire un giorno come cadendo nel nulla, senza speranza." E ancora in un altro luogo del film essa afferma di non sapere alcunché: "Non mi serve sapere." La cosa ha una sua logica. Infatti alla Morte non serve conoscere. Essa arriva per ghermire la sua preda, non per discutere.

 

Il Guitto ha un'indole sognante ed è spesso colto da visioni allucinatorie, che tuttavia gli consentono talvolta di vedere cose che agli altri sfuggono. La moglie Mia lo schernisce, perché sa che egli ha l'abitudine di mentire e di parlare in modo iperbolico. Resta il fatto che non tutte le visioni del bizzarro saltimbanco sono del tutto vane. Se non possiamo credere che la Vergine Maria si sia davvero mostrata a lui nell'atto di incedere col Bambinello zampettante, verso la fine delle sequenze qualcosa cambia. Soltanto Jof è in grado di vedere la Morte che gioca a scacchi col Cavaliere, mentre gli altri credono che l'uomo conduca una partita solitaria. Il guitto, che riesce a percepire la presenza di Thanatos con gli occhi di carne, alla fine ne scorge la triste figura salire su un colle con il Cavaliere, lo Scudiero e tutti gli altri in fila, che procedono in una danza macabra verso la soglia da cui non c'è ritorno, verso l'annientamento. 


La partita a scacchi tra il Cavaliere e la Morte è stata ispirata a Ingmar Bergman da un affresco di Albertus Pictor nella chiesa di Täby. Senza dubbio è in assoluto uno dei motivi più potenti di tutta la storia del cinema. Moltissimi hanno ben presente le figure del Cavaliere e della Morte seduti davanti alla scacchiera, anche se poi non tutti hanno visto il film. In altre parole, queste immagini sono state scorporate dal loro contesto per diventare organismi memetici indipendenti e capaci di agire. Antonius Block crede fermamente di poter resistere alla Morte, di essere in grado, tramite l'intelletto, di ingannarla. Man mano che la battaglia procede, egli finisce logorato e commette piccoli errori che si accumulano, portando alla perdita della regina. Quando il mantello urta i pezzi, la Morte li dispone a modo suo con l'inganno e l'esito è segnato. La critica cattolica è avvezza a vedere nella fatidica partita la vittoria della fede su Thanatos, ma anche se così fosse si tratterebbe di una vittoria di Pirro. Sarebbe utile sapere cosa ne pensava lo stesso Bergman, che non era credente. Interessante la disamina di un wikipediano: "Nella analisi del film si legge che il cavaliere possiede la fede che però è oscurata al dubbio... Cosa sbagliata a mio avviso. Il film tratta della morte-silenzio di Dio, tematica molto legata al materialismo. Di questo sentimento si fa foriero Block e si può facilmente intuire come sia materialista, ancora più di quanto lo sia il suo scudiero, dalla scena, ad esempio in qui (sic) egli si confessa alla morte, chiedendo il perche (sic) appunto della non visibilità di Dio, volendo vederlo, conoscerlo a tutti i costi, poichè lo reputa una sostanza fisica da poter ipoteticamente uccidere. Invece lo scudiero, a mio avviso, rappresenta il raziocino (sic) puro, non contaminato da sentimenti di alcun tipo, cosa che può essere facilmente confondibile con il materialismo più rozzo." 


Anacronismi veri e presunti  

Alcuni sostengono che il Pittore fosse in realtà proprio Albertus Pictor, ma questo è impossibile: l'artista nacque intorno al 1440 a Immenhausen in Assia (Germania) e morì intorno al 1507 in Svezia - a quanto pare le date precise non si conoscono - quindi la sua vicenda terrena si svolse un secolo dopo i fatti narrati nel film. Questo errore è probabilmente dovuto anche al fatto che molti credono che Il settimo sigillo sia ambientato in Svezia, paese in cui Albertus Pictor fu attivo, mentre in realtà si svolge in Danimarca. La rappresentazione della danza macabra è documentata a partire dal XV secolo, ma essendo stata ispirata dalla Peste Nera del 1348 è ben possibile che sia più antica e che i primi dipinti di questo genere siano andati perduti. Non sono quindi sicuro che il tema sia anacronistico. I Flagellanti sono documentati in Danimarca già nel 1339 e non costituiscono un elemento incongruo. Numerose voci si sono levate per definire anacronismo la condanna al rogo della strega, ma questo non è di certo vero. Anche se la persecuzione sistematica delle streghe inizia nel XV secolo, è molto probabile che se ne dessero casi anche nei secoli precedenti, soprattutto in occasione di sciagure collettive. Non va dimenticato che la condanna al rogo delle streghe era già presente in epoca pagana. Nel mito finisce arsa viva Angrboða, lasciando tra le ceneri ardenti il cuore ancora palpitante, poi ingurgitato da Loki. Gli autori antichi ci tramandano che era costume tra i Celti ricercare le donne autrici di malefici e bruciarle vive. Il vero anacronismo, che a quanto vedo sembra sia sfuggito ai critici, è proprio la crociata. In concreto, a quale delle crociate si fa riferimento? Il film deve svolgersi intorno al 1350, perché in quel periodo la peste fece la sua comparsa in Danimarca, giungendo nel giro di poco tempo fino alla terra dei Lapponi. Quindi non si può trattare nemmeno della decima crociata (1271-1272). All'epoca in cui la grande epidemia di peste si diffuse in Europa, gli stati crociati di Oltremare erano da tempo estinti: San Giovanni d'Acri cadde nel 1291. Forse si allude alla cosiddetta crociata alessandrina del 1365? Inutile nascondere che gli eventi non collimano.       

Il settimo sigillo e il paganesimo

Non si deve dimenticare che le vicende narrate dal film si svolgono soltanto pochi secoli dopo l'affermazione della religione cristiana in Scandinavia. Di certo l'antico paganesimo non era così distante come potrebbe sembrare ai moderni. Ne è la prova l'importanza estrema dei portenti, chiamati rund in norreno (da non confondersi con l'omonima parola delle moderne lingue scandinave, rund "rotondo"). Turbamenti dell'ordine naturale sono descritti con forti accenti precristiani: 

«A Farjestad tutti parlavano di sinistri presagi e di altre orribili cose. Due cavalli si erano mangiati l'un l'altro di notte, e nel cimitero si erano scoperte le tombe, e i resti di cadaveri si erano sparsi dappertutto. Ieri pomeriggio sono stati visti quattro soli nel cielo.»

Sarebbe un errore credere che questo materiale abbia sic et simpliciter radici bibliche: all'Apocalisse si sovrappongono reminiscenze più antiche, incorporate nel complesso edificio della fede popolare. Pochi sanno che notevoli resti del paganesimo sono riusciti a perdurare in quelle terre settentrionali persino oltre la Riforma.

Citazioni: 

«Quando l'Agnello aperse il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz'ora, e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe.»
(Apocalisse 8,I)

«Questa è la mia mano, posso muoverla, e in essa pulsa il mio sangue. Il sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io... io, Antonius Block, gioco a scacchi con la Morte.»
(Il Cavaliere)

«Voglio parlarti il più sinceramente possibile, ma il mio cuore è vuoto. Il vuoto è uno specchio che mi guarda. Vi vedo riflessa la mia immagine e provo disgusto e paura. Per la mia indifferenza verso il prossimo mi sono isolato dalla compagnia umana. Ora vivo in un mondo di fantasmi, rinchiuso nei miei sogni e nelle mie fantasie.»
(Il Cavaliere)

«Ma perché, perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse, e preghiere sussurrate, e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi?»
(Il Cavaliere)

«Per dieci anni siamo stati laggiù lasciando che le serpi ci mordessero, le mosche ci divorassero, le fiere ci dilaniassero, gli infedeli ci accoppassero, il vino ci avvelenasse, le donne ci infettassero, le piaghe ci dissanguassero e tutto perché? Hah... per la gloria del Signore...»
(Lo Scudiero)

«In queste tenebre dove tu affermi di essere, dove noi presumibilmente siamo... in queste tenebre non troverai nessuno che ascolti le tue grida o si commuova della tua sofferenza. Asciuga le tue lacrime e specchiati nella tua stessa indifferenza...»
(Lo Scudiero)

«Scimmie tanto simili all'uomo da essere stupide quanto lui.»
(Lo Scudiero)

«In alto siede l'Onnipotente così lontano che è sempre assente, mentre il Diavolo suo fratello lo trovi anche al cancello.»
(Lo Scudiero)

«Mia! Li vedo, Mia! Li vedo! Laggiù contro quelle nuvole scure. Sono tutti assieme. Il fabbro e Lisa, il cavaliere e Raval e Jöns e Skat. E la morte austera li invita a danzare. Vuole che si tengano per mano e che danzino in una lunga fila. In testa a tutti è la morte, con la falce e la clessidra. E Skat è l'ultimo e ha la lira sotto il braccio. Danzano solenni, allontanandosi lentamente nel chiarore dell'alba, verso un altro mondo ignoto, mentre la pioggia lava e quieta i loro volti e terge le loro guance dal sale delle lacrime.»
(Il Guitto)

Dialogo tra lo Scudiero e il Pittore:
- Che cosa dipingi?
- La danza della morte.
- E quella è la morte?
- Sì, che prima o dopo danza con tutti.
- Che argomento triste hai scelto...
- Voglio ricordare alla gente che tutti quanti dobbiamo morire.
- Non servirà a rallegrarla...
- E chi ha detto che ho intenzione di rallegrare la gente? Che guardino e piangano.
- Aaah, invece di guardare chiuderanno gli occhi...
- E io ti dico che li apriranno... Un teschio, spesso interessa molto di più di una donna nuda.
- Se li spaventi però...
- ...Li fai pensare
- E se pensano...
- ...Si spaventano ancora di più.

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