lunedì 6 marzo 2017


MONTENEGRO TANGO - PERLE E PORCI

AKA: Montenegro Tango - Le perle ai porci
Titolo originale: Montenegro or Pigs and Pearls
Titolo svedese: Montenegro eller Pärlor och Svin
Anno: 1981
Genere: Drammatico, grottesco, erotico  
Paese: Gran Bretagna, Svezia
Lingua: Inglese, Svedese, Romani balcanico
Sottotitoli: Svedese, Danese, Finlandese
Formato: Panoramico Colore
Durata: 103 min (secondo altri 93 min)
Regia: Dušan Makavejev
Produttore: Bo Jonsson
Produttori associati:
Christer Abrahamsen, Djordje
    Zecevic 
Produzione: AB Europa Film, Viking Film, Mart
    Egg Pictures
Sceneggiatura: Dusan Makavejev, Donald Arthur,
    Branko Vucicevic
Fotografia: Tomislav Pinter
Musiche: Kornell (Kornelije) Kovach
Distribuzione: Academy (Martino) - Domovideo
Progetto di produzione: Radu Boruzescu
Costumi: Inger Pehrsson
Trucco: 
   Kjell Gustavsson
   Sven Lndén
   Hilda Silvast
Gestione della produzione: Rune Hjelm
Assistente direttore: Bojana Marijan
Reparto artistico:
   Eric L. Johnson
   Jerry Pihlblad
Reparto sonoro:
   Ulf Darin,
   Sven Fahlén,
   Anders Ingermarsson,
   Lars Klettner,
   Jan-Erik Lundberg
Reparto fotocamera ed elettrico:
   Dan Myhrman,
   Tiuu Serenander
Costumi e guardaroba: 
  
Ingabritt Adrianson-Ejenstam
Gestore degli esterni:
  
Sven-Gösta Holst
Resto della squadra: Kerstin Eriksdotter, Susanne Falck,
   Anita Tesler

Interpreti e personaggi:   
   Lasse Aberg: L'ispettore delle dogane
   Susan Anspach: Marilyn Jordan
   Svetozar Cvetkovic: Montenegro
   Patricia Gélin: Tirke (ragazza rom)
   Nikola Janic: Mustapha
   Erland Josephson: Martin Jordan 
   Per Oscarsson: Dottor Aram Pazardjian
   Bora Todorovic: Alex Rossignol (capo rom)
   John Zacharias: Nonno Bill
   Lisbeth Zachrisson: Rita Rossignol (moglie del
       capo rom)
   Paul Smith: Il tassista
   Dragan Ilic: Assan 
   Marianne "Marianna" Jacobi: Cookie Jordan
   Marina Lindahl: Segretaria
   Milo Petrovic: Un rom bizzarro, cliente dello
       Zanzi Bar 
   John Parkinson: Pianista
   Jamie Marsh: Jimmy Jordan
   Kaarina Harvistola: La prima poliziotta
   Ewa Gisslen: La seconda poliziotta
   Bo Ivan Peterson: Se stesso
   Jan Nygre: Ufficiale di polizia

Titoli alternativi: 
  Belgio (fiammingo): Montenegro of Parels en zwijnen
  Finlandia: Montenegro eli helmhä ja herjoja
  Francia: Les fantasmes de Madame Jordan
 
Germaina Ovest: Die Ballade von Lucy Jordan
 
Grecia: Montenegro i gourounia kai margaritaria
  Perù: Montenegro: Cerdos y perlas
  Polonia: Czarnogóra, czyli perly i wieprze
  Portogallo: Montenegro ou Pérolas e Porcos
  Turchia: Karadag  



Trama:  

Marilyn è la bella moglie di Martin Jordan, un ricco uomo d'affari di Stoccolma. La donna, di origine americana, è inquieta e insoddisfatta. Le pesa in particolare l'assoluta inerzia sessuale del marito, che potrebbe essere definito "frigido". L'uomo pensa soltanto al lavoro e ad accumulare soldi: è completamente privo di reazioni erettili. Marilyn cerca invano di stuzzicarlo ghermendo una collana di perle con un piede nudo e mettendo in bella mostra le gambe perfette. Niente da fare, anche se gliela sbattesse in faccia non cambierebbe nulla. Constatato che sarebbe più facile produrre eccitazione in un robot, Marilyn comincia a dare segni di instabilità mentale. Divora tutte le cotolette alla viennese che aveva preparato per la famiglia, prendendole con le mani. Martin Jordan non si scompone per la cena saltata. Non avrebbe battuto ciglio neanche se si fosse trovato davanti un piatto di feci. La villa lussuosa in cui Marilyn abita col marito, con i due figli e con l'anziano suocero demente, le sembra ogni giorno di più una prigione. Per cercare di curare questo malessere della moglie, Martin non pensa nemmeno per un istante a provocarsi un'erezione, magari procurandosi un po' di materiale porno. Tutto si metterebbe a posto se la donna riuscisse ad avere un po' di sperma, ma lui non lo riesce a comprendere. Così le paga le visite da uno psichiatra di origine armena, il dottor Aram Pasardjian. La situazione precipita in occasione di un viaggio di Martin in Brasile. Un viaggio d'affari, è ovvio. Marilyn decide all'ultimo di partire col marito ma perde l'aereo a causa delle perquisizioni subite all'aeroporto, di una lungaggine e di una pedanteria esasperanti, in grado di trasformare Giobbe in Carl Panzram. Perde l'aereo e incontra una giovane zingara jugoslava di nome Tirke, che la presenta al suo capo, Alex Rossignol, il "rrom baró" della tribù. Alex porta la donna allo Zanzi Bar, un antro di turpitudini in cui i pagani si ritrovano per darsi alla crapula e all'orgia. Mentre Tirke si esibisce nuda in danze lubriche e gioca con un carro armato fallico radiocomandato, gli uomini della tribù esultano in preda all'eccitazione più belluina. Marilyn, ubriaca, si concede a Montenegro, un giovane rom che lavora allo zoo e che lei già conosceva di vista. Smaltita la sbornia, la donna ritorna nella villa-prigione, ma non si rassegna alla sua condizione squallida, così somministra alla sua famiglia il cianuro. Marito, figli e suocero cadono fulminati come la famiglia di Goebbels.

Recensione: 

Un film assurdo quanto divertente, che merita senz'altro di essere visto. A tratti è surreale: non vedo come altro definire una scena in cui un uomo resta vivo e vegeto con un coltello piantato nel cranio. Certo, si possono razionalizzare le sequenze di un sogno (o di un incubo), riducendole a categorie comprensibili al sentire comune. Resta però il fatto che la sostanza soggiacente alle vicende narrate ha qualcosa di compatto da cui irradia un'ontologia indecifrabile. Per questo ci colpisce: parla un linguaggio geroglifico che non può essere spiegato a parole. Il risultato è senza dubbio molto al di là delle intenzioni del regista serbo, tanto che sono indotto a crederlo un prodotto di forze ctonie cresciuto per autoaggregazione. Se si approfondisce il pensiero di Makavejev, si può constatare che consisteva in discorsi abbastanza banali sulla repressione sessuale: ogni sua proposizione era fondata sulla dicotomia insanabile tra popoli razionali asessuati e popoli istintivi, selvaggi, dionisiaci, pervasi da una sessualità panica. Non è da questi schemi che nasce un capolavoro.

Ricordi distorti

Il film andò in onda su Rai 3 quando ero ancora un liceale imberbe, un pivello che a malapena sapeva qualcosa della sessualità dalla fruizione di riviste pornografiche (sorvoliamo sul patetico corso di "educazione sessuale", che con grandissima pruderie tentava di ridurre gli esseri umani a celenterati). Così accadde che mentre i miei genitori erano impegnati in una discussione in cucina, cominciai a scanalare e vidi apparire sullo schermo un gigantesco cazzone di gomma. Presto risultò chiaro che il fallo era infisso su un carro armato radiocomandato, al posto del cannone. Si muoveva rapidamente e una ragazza nuda cercava di schivarlo, mentre i Rom si abbandonavano alla manustuprazione collettiva. Cambiai canale, arrossendo per la vergogna. Dopo qualche minuto girai di nuovo su Rai 3, ed ecco che un uomo stava montando la protagonista bionda, possedendola da tergo o, come dice il volgo, alla pecora. A scuola, il giorno dopo, potei constatare che anche alcuni compagni avevano visto parti del film in condizioni di clandestinità. Si parlò a lungo del "carro armato col cazzone". In realtà, quando rividi il film anni dopo, ormai saturo di tonnellate di materiale pornografico, potei constatare che il carro armato era piccolissimo, che l'itifallo plastico era un ben esiguo falletto e che i Rom non davano segni di masturbarsi. Giunsi alla conclusione che del film esistevano due versioni: una tagliata, edulcorata, e una più potente, piena zeppa di scene esplicite. In realtà era stata soltanto la mia immaginazione adolescenziale a ingigantire certe immagini erotiche, deformandole e rendendole ancor più grottesche.

Una ricerca a lungo infruttuosa 

Ricordo che con un amico scrissi addirittura una lettera a Rai 3 per ricevere informazioni sul film e per conoscerne almeno il titolo, che ignoravamo. Ci decidemmo a farlo dopo una serie di vane ricerche che nel corso degli anni ci avevano portato a noleggiare inutilmente alcuni film aventi come protagonisti i Rom, come ad esempio Gadjo dilo - lo straniero pazzo, nella speranza di ritrovare le sequenze assurde viste al liceo. La lettera inviata alla direzione di Rai 3 venne cestinata impietosamente, è ovvio, e non ebbe mai risposta alcuna. Solo quando avevamo ormai perso ogni speranza, mi emerse chissà come dalla memoria il nome "Montenegro", che collegai al film, così potemmo per insperata fortuna identificare con sicurezza e recuperare il film, che da allora è diventato un cult. 

I morti viventi

Nella lingua Romaní il morto vivente è chiamato muló (pl. mulé). È immaginato come un cadavere deambulante, a metà strada tra lo zombie e il vampiro. Attratto dalle feste, è avidissimo di vino e non perde occasione di nutrirsi anche di sangue. È possibile che l'avidità di vino derivi da una falsa etimologia: il vino in Romaní è chiamato mul (in alcuni dialetti mol). Così muló potrebbe essere stato interpretato come "avvinazzato". In realtà l'origine della parola è chiaramente la forma verbale muló "egli morì", dalla stessa radice di merel "egli muore", di chiara origine indoeuropea (la radice alla lunga è la stessa dell'italiano morire). Devo ammettere che le mie conoscenze di lingua Romaní non sono abbastanza buone per poter approfondire meglio la questione. Secondo le credenze di tali genti, per cacciare i morti viventi il sistema più efficace è l'aglio. Ecco perché alla festa allo Zanzi Bar pendono corone d'aglio dappertutto. 

Il nettare degli Dei

Il capo dei Rom, Alex Rossignol, invita Marilyn a partecipare a una bevuta collettiva. Lo slivovitz viene reso rosso col sangue di un agnello ucciso, e questa mistura viene definita dallo stesso Rossignol "il nettare degli Dei", con inatteso dottismo. Non mi aspetterei infatti di ritrovare una simile locuzione tra i Gitani, dato che persino tra le genti stanziali viene usata in modo scherzoso come reminiscenza scolastica. La donna bionda si unisce alle libagioni, tracannando il liquore misto a sangue - cosa che ai nostri giorni non potrebbe più essere mostrata in un film, a meno che non si voglia scatenare l'insurrezione dei fanatici animalisti e vegani. A questo punto gli uomini di Rossignol intonano una canto antico nella loro lingua, che è davvero suggestivo. Come l'americana chiede al capo tribù il significato delle parole in Romaní, quello le risponde sbrigativamente che il loro contenuto è sessuale e che gli uomini vorrebbero copulare con lei. Così a orecchio mi pare che si tratti di una bugia e che il significato dei canti sia del tutto dissimile: sarebbe interessante analizzare il testo, trascriverlo foneticamente e tradurlo per verificare la cosa.

Proibizionismo scandinavo 

Quando fui in Svezia e in Norvegia, era l'inizio degli anni '90, mi resi subito conto che non era affatto facile procurarsi dell'alcol decente. Si trovava soltanto una squallidissima birra mercantile, acquosa, che al massimo avrà avuto 3 gradi alcolici. Ricordo un orrido luogo chiamato Värnamo, che sorge vicino a un antico cimitero in cui al tempo degli antichi culti venivano sepolti gli aborti e i bambini deformi. Dopo il tramonto i giovani si radunavano e cercavano di intossicarsi ingollando galloni di quella birra quasi analcolica, finendo col vomitare. Ricordo ancora un pavimento tutto coperto di vomito: si camminava nel pastone. Forse qualcuno riusciva a procurarsi del liquore clandestino, ma non sono riuscito a vederne nemmeno una goccia. Un tale pensò di portarsi in camera una ragazza un po' alticcia, rischiando una doccia romana. Anche se pochi ne sono a conoscenza, a Stoccolma vige il proibizionismo, quasi come negli States ai tempi di Al Capone. I politicanti della triste nazione scandinava sono convinti che bere alcol sia un atto rivoluzionario e che appartenga al reame oscuro dell'eversione. Non potendo imporre un divieto assoluto, ricorrono ad ogni mezzo di dissuasione, come ad esempio una tassazione da capogiro e l'imposizione di un vero e proprio pizzo alle pochissime rivendite autorizzate. Queste premesse sono a mio avviso necessarie per comprendere il contesto di Montenegro Tango. In una scena si vede un rom che getta legna in una grande caldaia per alimentare un distillatore. La protagonista ne rimane turbata e fa notare che la produzione di alcolici è illegale. Lo zigano le risponde che lo Stato è cattivo perché non vuole dare alla gente ciò di cui ha bisogno. Folgorante come il responso di un monaco zen.

Reazioni nel Web 

Le recensioni che ho trovato nel corso delle mie navigazioni mi sembrano piuttosto banali. Tutta critica radical shit che in un film nota soltanto stronzate socio-culturali e si lascia sfuggire dettagli antropologici di estremo interesse. Mi limito a riportare due interventi, comparsi sul sito davinotti.com.

Cotola:
"La liberazione sessuale (con omicidio) come antidoto alla noia ed all'ipocrisia della vita borghese. Certo, non molto originale (visti i tempi in cui fu girato) ma il tema è caro al regista che non manca di condire il film con un umorismo al vetriolo e con almeno una trovata da antologia. Non tutto fila liscio, qua e là la noia non manca, ma alla fine il risultato non è malvagio. Il finale è un discreto sberleffo alla comune morale familista. Buona la confezione." 

Giacomovie: 
"Interessante produzione svedese i cui titoli di coda precisano che si tratta di un film basato su una storia vera, quella di una donna annoiata dal matrimonio che si concede un'avventura alla "Thelma senza Louise" per superare la noia di vivere. L'avvio è incerto ma poi matura con efficacia il contesto liberatorio della trama, con la presenza di elementi grotteschi, episodi passionali e qualche sorpresina nel finale."

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