Riporto in questa sede un brano di Samuel Taylor Coleridge comparso sul blog di Romolo Capuano:
Un caso del genere accadde in una città tedesca di confessione cattolica romana uno o due anni prima del mio arrivo a Gottinga e da allora continua a essere argomento frequente di conversazione. Una giovane di ventiquattro o venticinque anni, che non sapeva né leggere né scrivere, contrasse una febbre nervosa, durante la quale, secondo quanto testimoniato da tutti i sacerdoti e i monaci del vicinato, fu posseduta, a quanto pare, da un diavolo coltissimo. La donna non smetteva mai di parlare in latino, greco ed ebraico, affettando toni assai solenni e pronunciando le parole in maniera molto chiara. Che fosse posseduta appariva probabile in virtù del fatto, a tutti noto, che era o era stata un’eretica.
Voltaire consiglia spiritosamente al diavolo di stare alla larga dagli uomini di medicina; un consiglio che avrebbe giovato alla sua reputazione, se lo avesse seguito in questa occasione. Il caso aveva attirato l’attenzione di un giovane medico e, stando alle sue dichiarazioni, molti eminenti fisiologi e psicologi visitarono la città e indagarono la vicenda sui due piedi. Pagine su pagine furono riempite delle farneticazioni della giovane, e fu scoperto che esse consistevano di frasi coerenti e intellegibili (sic), se prese a una a una, ma scarsamente o per nulla connesse tra loro. A proposito delle parole in ebraico, solo una piccola parte di esse poté essere rinvenuta nella Bibbia; il resto sembrava un dialetto rabbinico. Fu esclusa ogni possibilità di trucco o complotto. Era evidente che la giovane era una persona semplice e innocua e che soffriva per una febbre nervosa. In città, dove viveva da molti anni come domestica di varie famiglie, nessuno seppe spiegare il fenomeno. Il giovane medico, tuttavia, decise di indagare meticolosamente la sua esistenza passata; la paziente, invero, non era in grado di rispondere in maniera razionale alle domande che le si facevano. Il medico, riuscì, infine, a trovare il luogo dove vivevano i genitori della ragazza: vi si recò e scoprì che non erano più in vita, ma che lo era uno zio; da lui apprese che la paziente era stata caritatevolmente accolta da un vecchio pastore protestante all’età di nove anni, e aveva vissuto con lui per diversi anni, fino alla morte del vecchio. Lo zio non sapeva nulla del pastore, tranne che era una brava persona. Con grande difficoltà, e dopo molte ricerche, il nostro giovane medico filosofo trovò una nipote del pastore, che aveva vissuto con lui come sua governante, e che ne aveva ereditato i beni. Ricordava la ragazza; raccontò che il venerando zio era stato troppo buono con lei, che non riusciva a rimproverarle niente; aggiunse che avrebbe voluto tenere la ragazza con sé, ma che, dopo la morte del suo mentore, la giovane non aveva voluto più rimanere. A questo punto, il medico condusse un’indagine serrata sulle usanze del pastore; e infine trovò la spiegazione del fenomeno. Sembra che, per anni, il vecchio avesse avuto l’abitudine di percorrere avanti e indietro un corridoio della sua abitazione che conduceva alla porta della cucina, leggendo ad alta voce i suoi libri preferiti. La nipote ne possedeva ancora molti. Aggiunse che era un uomo assai colto e un grande ebraista. Tra i suoi libri fu trovata una raccolta di scritti rabbinici e di libri dei padri latini e greci. Il medico riuscì a identificare molti brani simili a quelli annotati al capezzale della giovane, e nessun uomo dotato di ragione ebbe alcun dubbio sulla vera origine delle impressioni che avevano colpito il sistema nervoso della paziente. Traduzione di Romolo Capuano (?)*
Voltaire consiglia spiritosamente al diavolo di stare alla larga dagli uomini di medicina; un consiglio che avrebbe giovato alla sua reputazione, se lo avesse seguito in questa occasione. Il caso aveva attirato l’attenzione di un giovane medico e, stando alle sue dichiarazioni, molti eminenti fisiologi e psicologi visitarono la città e indagarono la vicenda sui due piedi. Pagine su pagine furono riempite delle farneticazioni della giovane, e fu scoperto che esse consistevano di frasi coerenti e intellegibili (sic), se prese a una a una, ma scarsamente o per nulla connesse tra loro. A proposito delle parole in ebraico, solo una piccola parte di esse poté essere rinvenuta nella Bibbia; il resto sembrava un dialetto rabbinico. Fu esclusa ogni possibilità di trucco o complotto. Era evidente che la giovane era una persona semplice e innocua e che soffriva per una febbre nervosa. In città, dove viveva da molti anni come domestica di varie famiglie, nessuno seppe spiegare il fenomeno. Il giovane medico, tuttavia, decise di indagare meticolosamente la sua esistenza passata; la paziente, invero, non era in grado di rispondere in maniera razionale alle domande che le si facevano. Il medico, riuscì, infine, a trovare il luogo dove vivevano i genitori della ragazza: vi si recò e scoprì che non erano più in vita, ma che lo era uno zio; da lui apprese che la paziente era stata caritatevolmente accolta da un vecchio pastore protestante all’età di nove anni, e aveva vissuto con lui per diversi anni, fino alla morte del vecchio. Lo zio non sapeva nulla del pastore, tranne che era una brava persona. Con grande difficoltà, e dopo molte ricerche, il nostro giovane medico filosofo trovò una nipote del pastore, che aveva vissuto con lui come sua governante, e che ne aveva ereditato i beni. Ricordava la ragazza; raccontò che il venerando zio era stato troppo buono con lei, che non riusciva a rimproverarle niente; aggiunse che avrebbe voluto tenere la ragazza con sé, ma che, dopo la morte del suo mentore, la giovane non aveva voluto più rimanere. A questo punto, il medico condusse un’indagine serrata sulle usanze del pastore; e infine trovò la spiegazione del fenomeno. Sembra che, per anni, il vecchio avesse avuto l’abitudine di percorrere avanti e indietro un corridoio della sua abitazione che conduceva alla porta della cucina, leggendo ad alta voce i suoi libri preferiti. La nipote ne possedeva ancora molti. Aggiunse che era un uomo assai colto e un grande ebraista. Tra i suoi libri fu trovata una raccolta di scritti rabbinici e di libri dei padri latini e greci. Il medico riuscì a identificare molti brani simili a quelli annotati al capezzale della giovane, e nessun uomo dotato di ragione ebbe alcun dubbio sulla vera origine delle impressioni che avevano colpito il sistema nervoso della paziente. Traduzione di Romolo Capuano (?)*
*Immagino che il gestore del blog abbia eseguito la traduzione inedita del testo di Coleridge, dato che non sono stato in grado di trovare altra traccia della versione italiana in Google. Un'altra possibilità è che lo stesso blogger l'abbia reperita in un libro e l'abbia digitata parola per parola. Tuttavia l'uso della parola "intellegibile" al posto del corretto "intelligibile" mi fa propendere per la prima ipotesi: il refuso in un libro avrebbe avuto maggiori probabilità di essere eliminato in fase di correzione delle bozze.
Questo è il brano originale di Coleridge, in inglese:
A case of this kind occurred in a Catholic town in Germany, a year or two before my arrival at Göttingen, and had not then ceased to be a frequent subject of conversation. A young woman of four or five and twenty, who could neither read nor write, was seized with a nervous fever; during which, according to the asseverations of all the priests and monks of the neighbourhood, she became possessed, and, as it appeared, by a very learned devil. She continued incessantly talking Latin, Greek, and Hebrew, in very pompous tones and with most distinct enunciation. This possession was rendered more probable by the known fact, that she was or had been a heretic. Voltaire humorously advises the devil to declme all acquaintance with medical men; and it would have been more to his reputation, if he had taken this advice in the present instance. The case had attracted the particular attention of a young physician, and by his statement many eminent physiologists and psychologists visited the town, and cross-exammed the case on the spot. Sheets full of her ravings were taken down from her own mouth, and were found to consist of sentences, coherent and intelligible each for itself, but with little or no connection with each other. Of the Hebrew, a small portion only could be traced to the Bible; the remainder seemed to be in the rabinical dialect. All trick or conspiracy was out of the question. Not only had the young woman ever been a harmless, simple creature; but she was evidently labouring under a nervous fever. In the town, in which she had been resident for many years as a servant in different families, no solution presented itself. The young physician, however, determined to trace her past life step by step; for the patient herself was incapable of returning a rational answer. He at length succeeded in discovering the place where her parents had lived: travelled thither, found them dead, but an uncle surviving; and from him learnt that the patient had been charitably taken by an old protestant pastor at nine years old, and had remained with him some years, even till the old man's death. Of this pastor the uncle knew nothing, but that he was a very good man. With great difficulty, and after much search, our young medical philosopher discovered a niece of the pastor's, who had lived with him as his house-keeper, and had inherited his effects. She remembered the girl; related that her venerable uncle had been too indulgent, ana could not bear to hear the girl scolded; that she was willing to have kept her, but that after her patron's death, the girl herself refused to stay. Anxious inquiries were then, of course, made concerning the pastor's habits; and the solution of the phenomenon was soon obtained. For it appeared that it had been the old man's custom, for years, to walk up and down a passage of his house into which the kitchen door opened, and to read to himself with a loud voice, out of his favourite books. A considerable number of these were still in the niece's possession. She added, that he was a very learned man and a great Hebraist. Among the books were found a collection of rabinical writings, together with several of the Greek and Latin fathers; and the physician succeeded in identifying 80 many passages with those taken down at the young woman's bedside, that no doubt could remain in any rational mind concerning the true origin of the impressions made on her nervous system.
Tratto dalla Biographia Literaria,
riportato nel Blackwood's Edinburgh Magazine, Volume 3
https://books.google.it/books
Davvero un diavoletto dottissimo, non c'è che dire! Tuttavia non si è dimostrato abbastanza dotto: l'uso attento e minuzioso del metodo scientifico e della logica riesce a dipanare anche le matasse più ingarbugliate. A dire il vero il medico indagatore citato da Coleridge si è mosso come uno Sherlock Holmes ante litteram, ma non si è avvalso fino in fondo del mezzo più potente: la filologia. Poche constatazioni sulla pronuncia usata dalla ragazza già porterebbero a conclusioni certe i moderni latinisti, grecisti e semitisti. Più raccolgo evidenze sul fenomeno della xenoglossia, più mi convinco della bontà delle mie idee e della fondatezza del mio profondo scetticismo.
Nel frattempo attendo ancora con pazienza che mi sia riportato un caso di xenoglossia autentico, non riconducibile a ricordi nascosti o a mistificazioni di vario genere. Attendo qualcosa di assolutamente eclatante, in grado di ampliare l'orizzonte delle nostre conoscenze. Armandomi della stessa pazienda del famoso cinese che in riva al fiume è sicuro di veder prima o poi la testa del suo nemico trascinata dalla corrente, attendo di leggere la notizia di uno xenoglosso in grado di parlare in genuino etrusco o nell'autentica lingua egiziana del Medio Regno. Attendo qualcuno che possa illuminarci sulle antiche lingue dell'Europa Neolitica, sulle lingue preagricole del Paleolitico, su come parlavano gli uomini di Neanderthal, sulla remota preistoria espressiva dei primi abitatori del pianeta. Inutile dire che difficilmente avrò questa soddisfazione. Eppure non sarebbe così difficile produrre interessanti risultati se alla base della xenoglossia ci fosse davvero qualcosa di concreto e di soprannaturale.
Nessuno è mai riuscito a riprodurre anche soltanto frasi etrusche semplicissime come queste, da me ricostruite a partire da elementi noti della lingua:
ca θi mlaχ ame "quest'acqua è buona"
mi une alce vinum mlaχ "ti ho dato del vino buono"
ei mur θui "non restare qui"
ein al cn śpanza clenśi enas "non dare questo piattino a nostro figlio"
mi une alce vinum mlaχ "ti ho dato del vino buono"
ei mur θui "non restare qui"
ein al cn śpanza clenśi enas "non dare questo piattino a nostro figlio"
Nessuno è mai riuscito a riprodurre anche soltanto poche parole di egiziano del Medio Regno con il vocalismo ricostruito secondo i più accurati studi moderni, come quelli di Loprieno:
/'Ɂu:sa/ "Iside" e non l'egittologico /ist/
/'Ɂu:rǝp/ "vino" e non l'egittologico /irp/
/'na:fa/ "bello" e non l'egittologico /'nɛfer/
/'nafra/ "bella" e non l'egittologico /'nɛfert/
/'na:ta/ "dio" e non l'egittologico /'nɛtʃer/, /'nɛter/
/na'tu:ru/, /na'turw/ "dèi" e non l'egittologico
/'nɛtʃru/, /'nɛtru/
/'Ɂu:rǝp/ "vino" e non l'egittologico /irp/
/'na:fa/ "bello" e non l'egittologico /'nɛfer/
/'nafra/ "bella" e non l'egittologico /'nɛfert/
/'na:ta/ "dio" e non l'egittologico /'nɛtʃer/, /'nɛter/
/na'tu:ru/, /na'turw/ "dèi" e non l'egittologico
/'nɛtʃru/, /'nɛtru/
2 commenti:
Ciao, caro Marco. Ieri comparve un articulo in un giornale di per qui su una donna colle stigmate che, forse, parlarebbe in aramaico durante le sue tranci, e pensai nel tuo blog quando lo lessi. Il caso é similare a quello di Teresa Neumann (it.wikipedia.org/wiki/Teresa_Neumann)
Se ne fossi interessato l'articolo lo puoi trovare qui: www.laverdad.es/murcia/ciudad-murcia/201705/07/silenciado-caso-estigmatizada-javier-20170507024459-v.html
Ovviamente, ormai é impossibile fare nessuna indagine scientifica sulla natura delle 'parole' pronunciate per questa povera donna. A me il caso mi é incuriosito per la mia familiarità col luogo dove trascorse l'azione... :)
Reitero le mie scuse pel mio terribile italiano. Un abbraccio.
Un saluto a te, carissimo J. M. R.! Ricordo bene la Neumann, che era un'ingannatrice diabolica e una manipolatrice di sangue di pollo fatto passare per Sangue di Cristo. Fece bene Ernst Röhm a far abbattere un giornalista seguace fanatico di tale fattucchiera demoniaca. Detto questo, sono convinto che né la Neumann né l'altra donna di cui parla il quotidiano abbiano mai proferito una sola genuina parola in aramaico. Anzi, mi sento di affermare che anche soltanto la presenza di un autentico esperto di lingua aramaica le avrebbe ridotte entrambe al silenzio. Il tuo italiano va benissimo. :)
Un abbraccio!
Marco
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