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sabato 20 ottobre 2018

UN RACCONTO GROTTESCO DI EDGAR ALLAN POE E LA GRANDE BEFFA DELLA LUNA


Un racconto grottesco e protofantascientifico di Edgar Allan Poe, poco noto ai lettori italiani, è senza dubbio L'incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall (The Unparalleled Adventure of One Hans Pfaall), pubblicato per la prima volta nel 1835. La città di Rotterdam venne sorvolata da un grande pallone aerostatico, che destò lo stupore generale. Nella Piazza della Borsa si radunò una densa folla per osservare il prodigio. A un certo punto, emerse dall'aeronave un bizzarro omino che lanciò una missiva alla gente sotto di lui. Il manoscritto narrava le gesta di Hans Pfaall, un riparatore di soffietti, oberato dai debiti e scomparso cinque anni prima senza lasciare tracce. La cittadinanza apprese così che l'uomo, ormai dato per morto, aveva preso a prestito somme consistenti, da lui utilizzate per fabbricarsi l'aeronave. Quindi, con un'astuzia degna di Olaf Tryggvason, radunò tutti i suoi creditori e li fece saltare in aria per mezzo di polvere da sparo e di una miccia, uccidendoli sul colpo. L'unica via che gli rimaneva per evitare la punizione del Leviatano legale era la fuga. Abbandonò la terraferma a bordo della navicella attaccata al suo pallone, ascendendo fino a quote inimmaginabili, raggiungendo la Luna in diciannove giorni di viaggio. La sua permanenza sul satellite durò cinque anni. In quell'ambiente inesplorato scoprì i Seleniti, che erano una specie razionale come gli esseri umani. Alla fine del manoscritto, le genti di Rotterdam lessero che l'omino stranissimo da loro avvistato sulla navicella era proprio un abitante della luna. Le condizioni che Hans Pfaall dettava per il proprio ritorno erano semplici: prima di atterrare avrebbe dovuto ottenere la grazia per l'uccisione dei creditori. Tuttavia nel frattempo l'omino lunare era scomparso nella navicella e nessuno era capace di comunicare con lui. Il pallone aerostatico risalì nell'atmosfera, tornando verso il satellite. L'accaduto destò molto clamore, ma cominciava già a circolare tra i presenti l'idea che tutto l'accaduto fosse soltanto il frutto di una colossale burla.


La Grande Beffa della Luna

Sentii parlare della Grande Beffa della Luna (Great Moon Hoax) per la prima volta molti anni fa, quando lessi il saggio di Isaac Asimov Civiltà extraterrestri (Extraterrestrial Civilizations, 1979). Rimasi stupito dalla narrazione dell'accaduto. Il figlio del patriarca ashkenazita Judah sosteneva una tesi che mi parve assai singolare e in contrasto con la mia pur limitata esperienza: il genere umano avrebbe avuto uno straordinario desiderio di credere all'esistenza di intelligenze aliene. Mi domandai come questo fosse possibile, dato che le persone che mi circondavano non credevano all'esistenza degli extraterrestri e tendevano a ritenere pazzo chi prestava fede a ogni fantasia sull'argomento. Non avevo ben compreso le affermazioni asimoviane. Le intelligenze in cui l'umanità ha sempre prestato fede non devono per necessità essere antropoidi generati su altri pianeti: può benissimo trattarsi di angeli e di demoni. Ogni comunità umana giudica pazzia le credenze delle altre comunità, ma afferma come sacrosante le proprie. Proseguendo nella lettura, la descrizione della Grande Beffa della Luna mi ha lasciato il segno. Riporto in breve i fatti. Il 25 agosto dell'Anno del Signore 1935, accadde qualcosa che avrebbe dovuto segnare un punto di rottura col passato. Il quotidiano di New York The Sun riportò una notizia sensazionale: nel suo osservatorio al Capo di Buona Speranza, il celebre astronomo inglese John Herschel aveva puntato il suo telescopio sulla luna, riuscendo a osservarne la superficie con una precisione fino ad allora inconcepibile. In una serie di sei articoli firmati dall'assistente fantomatico di Herschel, Andrew Grant, veniva descritto con sconcertanti dettagli un mondo lussureggiante e abitato da una specie intelligente affine all'Uomo. Valli fertili, sconfinate foreste di abeti in cui correvano enormi bisonti e unicorni azzurri, mari interni di acqua blu, grandi fiumi pieni di pesci, di creature anfibie e di uccelli acquatici. Asimov rimase molto colpito dalla descrizione dei bisonti lunari, da lui definita "un pezzo di bravura" per via dell'ingegnosa trovata di un'aletta carnosa e mobile sulla fronte dei grossi mammiferi, che permetteva loro di ripararsi gli occhi dagli sbalzi di luce. I Seleniti avevano l'aspetto di esseri umani dal pelo rossiccio, dotati di ali simili a quelle dei pipistrelli. Si riunivano e gesticolavano, dimostrando di possedere un linguaggio articolato. Costruivano piramidi di quarzo lilla e si radunavano in un grande tempio d'oro, dove adoravano chissà quali divinità. La specie appena scoperta fu addirittura battezzata con un nome scientifico: Vespertilio homo. Esisteva anche un'altra specie senziente, una tribù primitiva di castori bipedi che vivevano in capanne e conoscevano l'uso del fuoco. La narrazione si concluse con un brillante escamotage: il telescopio di Herschel era andato a fuoco per via di un malfunzionamento che lo aveva trasformato in uno specchio ustorio. Gli articoli di Grant conobbero un successo strepitoso, tanto che furono tradotti in molte lingue. Nel 1836 a Napoli fu pubblicato un opuscolo intitolato Delle scoperte fatte nella luna del dottor Giovanni Herschel, che conteneva estratti di questo materiale. Il mondo fremeva e persino nel mondo scientifico molti davano credito alle fantasie seleniche. Già gli ecclesiastici bramavano di raggiungere la luna per evangelizzare gli uomini-pipistrello! Se il loro tempio d'oro fosse stato dedicato a un Dio invisibile e astratto, lo avrebbero identificato col Dio cristiano, limitandosi a imporre la croce e i sacramenti. Se invece vi fossero stati adorati degli idoli, li avrebbero abbattuti, combattendo per debellare il paganesimo. Gli speculatori bramavano di raggiungere la luna per sfruttarne le immense ricchezze. Questi sogni di gloria furono ben presto interrotti quando accadde l'inevitabile: Sir John Herschel, di ritorno da un viaggio in Sudafrica, venne a sapere delle mirabolanti favole che gli venivano attribuite dai quotidiani! All'inizio trovò la cosa divertente e commentò che le sue vere osservazioni non potevano certo essere così eccitanti come gli articoli dell'inesistente Andrew Grant. Non tardò tuttavia ad accorgersi che la gente credeva davvero alla burla, cosa che lo mise in grande imbarazzo. Rimando al sito Hoaxes.org per approfondimenti: 



Poe e l'Imbroglio Lunare 

L'autore del Great Moon Hoax risultò essere proprio un reporter del quotidiano The Sun, Richard Adams Locke (1800-1871), diretto discendente del filosofo John Locke (1632-1704), che era stato il padre del liberalismo classico e dell'empirismo moderno. Il giornale newyorkese, anche noto come New York Sun, era stato fondato da Moses Yale Beach nel 1833 e fu uno dei primi a cercare di incrementare le vendite facendo pagare un penny per copia. Era un azzardo: se non si riusciva ad attirare l'attenzione dei lettori, si rischiava di finire in una spirale il cui unico esito era il fallimento. Altri avevano tentato l'ardito esperimento, fallendo miseramente. Occorreva per forza di cose mettere le mani su una trovata sensazionale, in grado di far crescere in modo esponenziale le vendite. Ecco quindi che entra in scena Edgar Allan Poe, che col suo racconto sul viaggio lunare di Hans Pfaall fornì a Locke l'ispirazione cercata! Lo scrittore di Boston, non appena venne a sapere delle descrizioni della flora e dalla fauna selenica firmate da Andrew Grant, comprese subito l'origine della truffa e reagì accusando Locke si essere un plagiario. Il primo articolo truffaldino comparve in agosto, ma soltanto tre settimane prima il racconto di Poe avente per protagonista Hans Pfaall era stato pubblicato su un nuovo giornale, The Southern Literary Messenger, dove si assicurava ai lettori che quello era il resoconto di una storia realmente accaduta. Poe non poteva sopportate tutto questo. Quello che gli faceva digrignare i denti dallo sdegno era che un fatto molto semplice: in pratica la sua opera era passata inosservata, ma l'idea gli era stata rubata da Locke, che con grande abilità l'aveva portata al successo. A quanto pare gli sfuggiva un particolare non irrilevante: The Southern Literary Messenger era una pubblicazione con pochi lettori, oggi diremmo "di nicchia", mentre The Sun di lettori ne aveva moltissimi, anche complice il suo basso prezzo e l'efficiente rete di strilloni. Così le peripezie di Hans Pfaall non destarono alcuna attenzione, mentre le meraviglie lunari dello pseudo-Herschel raggiunsero in una sola settimana 100.000 persone nella sola New York, che all'epoca aveva 300.000 abitanti.  Nel suo scritto polemico del 1846 I literati di New York City (The Literati of New York City), Poe dà prova di grande acume e lucidità, purtroppo ex post facto. Le considerazioni sull'opera di Locke sono riportate in questa pagina del sito Eapoe.org:   


Questo è un estratto significativo, da me tradotto:

«Capiti correttamente i singolari svarioni cui ho fatto riferimento, avremo il miglior motivo di meravigliarsi del prodigioso successo della beffa. Non una persona su dieci la screditò, e (punto più strano di tutti!) i dubbiosi erano soprattutto quelli che dubitavano senza essere in grado di dire perché - gli ignoranti, quelli non informati in astronomia, persone che non avrebbero creduto perché la cosa era così nuova, così completamente "fuori dal solito modo". Un austero professore di matematica in un college virginiano mi ha detto seriamente che non aveva dubbi sulla verità dell'intera faccenda! Il grande effetto operato sull'opinione pubblica è riconducibile, in primo luogo, alla novità dell'idea; in secondo luogo, al carattere eccitante e razionale delle presunte scoperte; in terzo luogo, al perfetto tatto con cui l'inganno è stato condotto; in quarto luogo, alla raffinata eleganza della narrazione. La mistificazione è stata diffusa in misura immensa, è stata tradotta in varie lingue - è stata persino oggetto di discussioni (quizziche) nelle società astronomiche; ha attirato su di sé la grave denuncia di Dick, ed è stata, nel complesso, decisamente il più grande successo nella sensazione - di una semplice sensazione popolare - mai fatto da una finzione simile né in America né in Europa.» 


Intenti denigratori 

A quanto pare, la motivazione che spinse Locke a sfruttare l'idea di Poe non fu soltanto economica: era anche animato dal desiderio di mettere in satira le dottrine del Reverendo Thomas Dick (1774-1857), conosciuto come "il filosofo cristiano", convinto sostenitore della pluralità dei mondi abitati e della loro estrema abbondanza nel Cosmo. Costui in un suo stravagante contributo si era addirittura spinto a stimare il numero di abitanti del sistema solare, che a sua detta avrebbero superato i 21 trilioni. Poe lo cita ne I literati di New York City, accennando al fatto che la sua reazione alla Grande Beffa della Luna è stata a dir poco scomposta. Forse l'ecclesiastico era ben consapevole del fatto che le proprie elucubrazioni erano indifendibili e buffe, così non ha retto alla loro diffusione. Altro studioso preso di mira da Locke era il medico e astronomo bavarese Franz von Paula Gruithuisen (1774-1852), che aveva creduto di osservare tracce di civiltà sulla superficie lunare, attribuendo le variazioni di colorazione delle rocce alla presenza di vegetazione. Certo, a quei tempi il mondo accademico era ben vario e strano! C'è quasi da provarne nostalgia.   

Confusione on line

Girando per il Web, si ha l'impressione che il passato non sia mai un quadro perfettamente nitido, che molte informazioni siano perdute e che non ci sia totale accordo sulle fonti. C'è chi sostiene che Richard Adams Locke nel 1935 fosse il nuovo direttore del The Sun. Ecco un link a un articolo del blog indipendente L'Angolo di Jane, che contiene l'informazione errata:


A quanto ho infine potuto reperire, Locke era invece un reporter, come dimostrato dal sito Hoaxes.org; ho trovato la stessa informazione sulla pagina in italiano dedicata al Great Moon Hoax. Ho faticato non poco prima per trovare una biografia dettagliata del discendente di John Locke. Mentre scrivo questo articolo, noto che esiste una rudimentale pagina a lui dedicata sulla Wikipedia in italiano ma non su quella in inglese, cosa senz'altro curiosa e non facile a spiegarsi.   


Una singolare ucronia

A quanto pare Poe confondeva in qualche misura l'olandese con il tedesco, complice l'antico significato della parola dutch che indicava entrambe le lingue. Così riteneva che la seconda rotazione consonantica arrivasse fino in Olanda. Va detto che all'inizio egli pubblicò il racconto come Hans Phaall, A Tale: lo ribattezzò soltanto nel 1842 col titolo definitivo. Comparve quindi sette anni dopo la prima edizione il bizzarro cognome Pfaall con la sua consonante affricata iniziale, una cosa decisamente insolita per i Paesi Bassi. Questo è una caratteristica che risulta chiaramente incompatibile con la fonotassi dell'olandese, una varietà di francone le cui occlusive sorde sono rimaste indenni. Potremmo supporre che lo scrittore abbia disegnato una specie di linea temporale ucronica - o più probabilmente onirostorica - in cui la seconda rotazione è avvenuta persino a Rotterdam. Data però la stranezza delle leggi della fisica esposte nel racconto, direi che è più verosimile pensare che Poe abbia descritto scientemente una burla a tutti gli effetti. Inutile proseguire a cavillare. 

Considerazioni finali

Se devo essere franco, ho trovato molto pesante la lettura de L'incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall. Tra le opere di Poe che ho letto, questa è tra quelle che mi sono piaciute meno. Senz'altro mi ha dato più piacere analizzarla e scrivere questo contributo.  

domenica 8 aprile 2018


LA LEGA DEI MONDI RIBELLI

Autore: Carolyn Janice Cherryh
Anno: 1981
Titolo originale: Downbelow Station
Titolo previsto: The Company War*
Lingua: Inglese
Conlang(s): No. Soltanto un endoetnico (Hisa)
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera, hard science fiction 
Prima edizione italiana: 1988 
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro, n. 92
Formato: Paperback; copertina rigida  
Traduzione: Roberta Rambelli
Codice ISBN-10: 8842903892
Codice ISBN-13: 9788842903895
Premi:
   Premio Hugo, 1982 (vincitore della categoria miglio romanzo)
   Premio Locus, 1982 (candidato nella categoria miglior romanzo di fantascienza)
   Premio Locus, 1987 (migliore romanzo di fantascienza di ogni tempo: 41° in classifica)
   Premio Locus, 1998 (migliore romanzo di fantascienza di ogni tempo prima del 1990: 25° in classifica)

* Titolo fatto cambiare dall'editore, che non lo riteneva interessante. Tutto questo per sostituirlo con un un altro titolo insignificante! 

Trama:

L'espansione del genere umano nello spazio è gestita da una potente azienda privata chiamata Anonima Terrestre, in uno scenario di anarcocapitalismo in cui le nazioni hanno perso ogni importanza. Sono state così costruite nove stazioni spaziali in sistemi stellari privi di pianeti abitabili. Da questi centri abitati sono partite nuove missioni colonizzatrici, fondando avamposti sempre più remoti. A un certo punto è stato scoperto un pianeta del tutto diverso dagli altri: Pell, dotato di vita autogena e abitato da una specie intelligente, anche se molto arretrata. Intorno a Pell, soprannominato Porta dell'Infinito, è stata costruita una stazione ed è iniziato lo sfruttamento minerario di tale mondo. A causa del flusso di materie prime che si è così generato, si è innescato un grande squilibrio che ha portato le stazioni a rendersi indipendenti dalla Terra. Per questo l'Anonima Terrestre ha inviato una flotta da guerra per sottomettere i sistemi ribelli, uniti nella Confederazione (traduzione paradossale dell'originale Union), la cui capitale si trova sul pianeta Cyteen. Tra i comandanti della flotta terrestre si distingue la fatale e albina Signy Mallory, capitano della nave da guerra Norway, una donna spregiudicata che non esita a sfruttare sessualmente i suoi prigionieri. I problemi iniziano quando, a causa delle operazioni belliche guidate dalla Mallory e dal suo ex amante Conrad Mazian, famoso ovunque per il suo gigantesco Schwanzstücker, nella stazione di Pell si riversa un gran numero di profughi, minando alla radice ogni equilibrio sociale, politico e biologico. L'influente famiglia Konstantin, che detiene il potere a Pell, proclama la legge marziale per far fronte alla crisi, ma si ritroverà comunque in serissimi guai: per dipanare la matassa bisogna leggere fino in fondo il ponderoso e avvincente volume della Cherryh, ricco di colpi di scena. Ne emergerà la Lega dei Mercanti come entità politica opposta alla Terra e ben distinta dalla Confederazione di Cyteen.

Personaggi:

1) Personale dell'Anonima Terrestre:
   Signy Mallory, capitano della Norway 
   Conrad Mazian, comandante della Flotta
        Terrestre 
   Segust Ayres, Secondo Segretario del Consilio di
        Sicurezza Terrestre  
2) Abitanti della stazione di Pell, in orbita intorno all'omonimo pianeta:
   Angelo Konstantin, dirigente della stazione 
   Alicia Lukas Konstantin, moglie di Angelo
   Damon Konstantin, figlio di Angelo e Alicia 
   Emilio Konstantin, figlio di Angelo e Alicia 
   Jon Lukas, fratello di Alicia 
   Elene Quen, moglie di Damon  
3) Personale della Confederazione: 
   Joshua Talley, usato come giocattolo sessuale
        dalla Mallory   
   Jessad, agente segreto
   Seb Azov, comandante della Confederazione 
4) Abitanti di altre stazioni:
   Vassily Kressich, istigatore, rifugiato dalla
        stazione Mariner 
5) Aborigeni di Pell (Hisa):  
   Satin, compagna di Denteazzurro, lo ha seguito 
       sulla stazione di Pell 
   Denteazzurro
(Bluetooth), deportato sulla stazione
       di Pell 
   Lily, serva di Alicia Konstantin 

Recensione: 

Innanzitutto ci tengo a precisare una cosa. Ritengo che dovrebbe aver fine una volta per tutte la solita accusa rivolta dalle femministe radicali alla fantascienza, ritenuta in blocco un genere "maschilista" e "patriarcale". Ogni volta che sento simili sibili serpentini, ogni volta che sento il veleno schizzare dalle fauci di vipera di queste pazze fanatiche, il mio sangue ribolle nelle vene. Le Eumenidi inveiscono, come se Carolyne J. Cherryh non esistesse. Invece esiste, e ciò basta a contraddire le loro tesi. Qualcuna delle Erinni dirà che la Cherryh era una delle poche autrici in un mondo in prevalenza maschile. Qualcun'altra dirà che il suo editore le ha abbreviato il nome in C.J. per nasconderne il genere. Resta il fatto innegabile che già all'epoca un'autrice geniale e determinata aveva la possibilità di farsi notare. Se così non fosse stato, non avremmo mai potuto leggere qualcosa come Downbelow Station. Certo, la narrazione non è facilissima, ma sono convinto che valga la pena di immergersi nelle sue profondità.

Superamento del collo di bottiglia

L'ambientazione del romanzo, denominata Universo della Lega e della Confederazione, è molto complessa e le vicende narrate sono a dir poco intricate. La Cherryh dà vita a un affresco grandioso del processo di colonizzazione interstellare. Ancora fino a pochi anni fa, si poteva pensare che si trattasse di un quadro tutto sommato abbastanza verosimile - se mettiamo da parte i viaggi superluminali, problema oltremodo gravoso a cui non sembra potersi trovare una soluzione credibile. Non è difficile immaginare che i coloni viaggino nelle vastità siderali servendosi di stazioni che costituiscono ecosistemi autosufficienti: ciò non pone limiti di tempo all'esplorazione, che potrebbe così svolgersi nell'arco di secoli o addirittura di millenni, senza l'obbligo di portare a termine una missione nell'arco di una generazione - tempo troppo breve. Questo però darebbe comunque origine a squilibri nella narrazione di un romanzo, di qui la necessità cogente di introdurre i viaggi e le comunicazioni a velocità superiore a quella della luce. Al giorno d'oggi vediamo che le difficoltà dell'espansione umana nel cosmo si rivelano a dir poco improbe. Là fuori ci sono luoghi terribili, la cui inospitalità è talmente estrema che ben pochi fantascientisti potrebbero immaginarsi qualcosa di simile. Comprendiamo che la narrativa SF e in particolare la space opera presentano un intrinseco ottimismo come vizio d'origine. Cosmo troppo fertile, distanze troppo facili da superare. Noi partiamo svantaggiati, perché sappiamo che non esiste una cornucopia capace di produrre ad libitum un'infinità di mondi affini alla Terra, pronti a diventarne tanti nuovi simulacri del nostro pianeta. A quanto possiamo vedere, persino un mondo come Pell, ricchissimo di risorse e gravitante nella cosiddetta zona abitabile di una stella simile al nostro sole, potrebbe essere un deserto privo di biosfera soltanto per via della mancanza di fosforo, elemento raro nell'universo ma indispensabile per la formazione della vita. Poi, se anche ci fosse da qualche parte il giardino di Shangri-La, non potremmo mai arrivarci. Mi dispiace dirlo, ma è così: quando conoscevamo meno dettagli sulla natura di questo Universo terribile eravamo più felici, perché la nostra fantasia poteva spaziare liberamente ed eravamo convinti che da qualche parte ci fosse un senso, qualcosa in grado di render conto del perché del teatrino di dolore chiamato "esistenza".

Indebiti paragoni

La vulgata corrente avvicina il presente romanzo della Cherryh all'opera di Isaac Asimov, in particolare al Ciclo delle Fondazioni, per quanto mi sembra che entrando nei dettagli ci sia poco in comune. Forzando un po' la mano, si potrebbe dire che sia Asimov che la Cherryh credessero nella superiorità della specie umana rispetto ad ogni altra possibile forma di vita. Non so se la cosa abbia senso. Asimov non incluse alieni nell'Universo delle Fondazioni perché il suo editore glielo proibì espressamente, minacciandolo di non pubblicare nulla che non confermasse il primato della specie umana sancito da Dio stesso in Genesi. Per quieto vivere, Asimov, che non era certo Riccardo Cuor di Leone, descrisse una galassia senza vita, pronta per l'esclusivo uso e consumo dell'umanità. La Cherryh subì dal suo editore più che altro l'abbreviazione del suo nome e l'aggiunta di una -h finale al cognome, giudicato troppo sensuale (in realtà si chiamava Cherry). Esiste anche una tradizione radicata che avvicina Downbelow Station al fantasy e all'opera di J.R.R Tolkien. Forse mi sono perso qualcosa, ma devo dire che il motivo di quest'ultimo paragone mi sfugge del tutto. Non riesco proprio ad afferrarlo. Si tratta delle solite baggianate di certa critica fondata sull'ingannevole e deleteria scienza degli psicologi. Forse il paragone è fondato sugli Hisa, gli autoctoni di Pell, descritti con caratteristiche primordiali, che ricordano vagamente quelle degli aborigeni della Tasmania e delle Andamane. La cosa di per sé è assurda. Downbelow Station è purissima fantascienza hard, in cui non trova spazio nessuno degli elementi costitutivi del fantasy, ad esempio mito, soprannaturale, magia, allegoria, metafora, simbolo, surreale e tecnologia medievale. Neanche un particolare insignificante sfugge alla spiegazione scientifica. Per contro, Tolkien non ha mai cercato di attribuire una spiegazione scientifica a nulla, nemmeno ai piedi sporchissimi degli Hobbit.

Signy Mallory Dominatrix! 

Anche se la Cherryh non descrive scene di sesso esplicito, si può dire che vi sia del sesso implicito. Mentre ero immerso nella lettura, mi sono immaginato Signy Mallory come una domina nell'atto di sottomettere il prigioniero Josh Talley, schiacciando il corpo nudo dell'uomo sotto i piedi, sedendosi sulla sua faccia e facendosi leccare l'ano. Raggiunta l'eccitazione, ecco che la condottiera albina si siede sull'erezione del suo schiavo, a sua volta pieno di libidine, muovendosi fino a provocargli una copiosa eiaculazione. Talley usato come un dildo e gettato via. Che abissi di morbosità! 

Un inno alla Domina della Norway

Esiste persino una canzone dedicata alla volitiva guerriera dalle candide chiome. Anni fa ne avevo pubblicato il testo sul mio blog splinderiano Esilio a Mordor, da tempo defunto. Lo riporto senz'altro in questa sede: 

SIGNY MALLORY
(Mercedes Lackey, Leslie Fish) 

She's captain of the Norway
And a thorn in Union's side,
Protector of Pell station
And a source of grudging pride. 

Left the Mazianni
With a price upon her head
And stayed to guard the stations
That the Company left for dead.  

They say she doesn't think about
The lives that she has lost;
They say when Norway goes to fight
She doesn't count the cost.  

That once she's planed a course,
She never reckons wrong or right;
So why does she stare sleeplessly
Into the dark all night?  

  Chorus: 
Captain Signy Mallory
Has no soul they say;
The captain of the Norway
Has a heart of frozen clay.  

And on the bridge of Norway
She throws men's lives like dice;
Captain Signy Mallory,
Her eyes are fire and ice.  

They say for Norway's captain
Discipline's an iron whip;
It's worth your life to break her rules
In dock or on the ship.  

That no one's safe that's under her command,
But if that's so,
Then why do her troops cheer her
When she passes them below?  

They say the captain has no
Crude emotions to control,
Just an iron fist, an iron will
And an iron-banded soul.  

They say she shows no mercy
And they say she never can...
So why is Norway refuge
For a burned out Union man?  

  Chorus:
She's captain of the Norway
And a thorn in Union's side;
The Mazianni fear her,
She's the heart of Norway's pride.

And Stationer or Merchanter,
From Fargone back to Pell,
Know from Mallory or Norway
Would fight demons out of hell.  

  Chorus: 
Captain Signy Mallory,
her eyes are fire and ice. 


Cyteen

Mi ero promesso di leggere Cyteen, il seguito di Downbelow Station, ma purtroppo non ci sono riuscito. Mi trovavo in un periodo di altissime glicemie a digiuno, che faticavano molto ad andare sotto i 200. Mi sentivo come inebetito e non riuscivo a procedere nella lettura, che mi appariva così legnosa da pormi ostacoli insormontabili. Leggere una decina di pagine mi parve una fatica paragonabile all'uccisione dell'Idra di Lerna. C'erano descrizioni intricatissime dello scenario politico e nessun dettaglio di qualche interesse. Così presto ho abbandonato il libro, che si stava rivelando un'eccessiva fonte di sofferenza, riportandolo in biblioteca. Un giorno dovrò riprenderlo in mano e portare a termine quanto non mi è riuscito la prima volta, quindi pubblicarne una recensione. Non so dire se ci riuscirò prima della nemesi della specie umana.  

Reazioni nel Web: 

Ho trovato alcune brevi recensioni su Anobii. Ne riporto un paio, a dire il vero non troppo eulogistiche:  

robgast69 scrive:

"Una buona idea un po' abortita, ricadendo in situazioni abbastanza scontate. Un discreto romanzo di avventura/guerra futura, con una scrittura scorrevole (e, nella mia edizione, tanti refusi), ma con alcune cose non ben spiegate e senza grandi idee."

Firestarter scrive:

"Voluminoso romanzo di space opera, notevole più per la varietà di punti di vista adottati (le parti non sono molto equilibrate, in realtà) e l'ampiezza dello scenario che per l'originalità. Una lettura impegnativa, ma ne è valsa la pena."

Più interessante l'intervento di Morvan, che evidenzia il problema dell'anarcocapitalismo: 

"Tutto ruota attorno a una stazione spaziale, che si trova tra due fuochi – tra la Terra, vecchia potenza un po’ ammuffita, e la Confederazione spietata nuova entità in ascesa; stazione che deve cercare di sopravviver, per non far la fine di molte altre… il problema è ch’essa è diretta come un’azienda a condizione familiare, secondo modalità tipiche –posso immaginare– di molta narrazione statunitense, in cui l’individualismo di frontiera si sposa colla visione della famiglia come unico valore intoccabile ed eterno della società, col risultato di dar vita a una specie d’elitarismo, di cui si può discutere il modo, ma mai il diritto a comandare: niente di buono insomma, tanto piú che in fondo assomiglia pure a ciò che si può trovare nei film tratti da Rosamund Pilcher!"

Al navigatore in questione non è gradita la descrizione degli Hisa, basata su un ingenuo primitivismo, mentre Cyteen gli sembra propaganda anticomunista fatta e finita: 

"Altri aspetti deteriori sono la stessa Confederazione, che presenta aspetti da distopia pseudosovietica, o che la popolazione autoctona del pianeta attorno cui ruota la stazioni di Pell pare una malaccorta visione di popolazione primitiva, un po’ ingenua." 

Interessanti anche le conclusioni: 

"Varrà pure la lettura, e altri potrà trovarlo un romanzo notevole, né senza ragioni, e cosí per molti è stato – ma non per me, che debbo considerarlo ideologicamente bacato." 

Beh, caro Morvan, tu pretendi troppo: cercare in America qualcosa che non sia ideologicamente bacato sarebbe come cercare una vergine in un tempio di Babilonia o un ano non penetrato a Sodoma! 

domenica 4 dicembre 2016


L'AMORE AL TEMPO DEI MORTI

Titolo originale: Born with the Dead
Autore: Robert Silverberg
Lingua originale: Inglese
Genere: Fantascienza, Dark Science Fiction

Composizione:
 un romanzo breve + un racconto
Anno:
 1974
I pubblicazione in Italia: 1993*
   (Casa Editrice Nord)
II pubblicazione in Italia: 2006
Casa editrice: Fazi Editore

Collana: Le Strade
Numero collana: 111 
Numero pagine: 206
Codice ISBN: 978-8881127740
Traduttori: Carla Vannuccini, Marco Pittoni 
Premi:
   Nebula Award for Best Novella, 1974
   Locus Award for Best Novella, 1975

*Si tratta dell'antologia intitolata Oltre il limite. Nella pagina della Biblioteca Galattica è datata 1971, ma questo è assurdo: sarebbe un caso di pubblicazione nell'universo tachionico, in cui l'effetto precede la causa e i libri possono essere dati alle stampe prima di essere scritti. In realtà è un refuso. Solo uno dei racconti che compongono la raccolta è datato 1971: questa data è stata estesa all'intero volume.  

Sinossi:

Il libro è composto da un romanzo breve e da un racconto: 
1) L'amore al tempo dei morti (Born with the Dead,
    1974)
2) La Partenza (Going, 1971) 

L'amore al tempo dei morti parla di una improbabile fine del XX secolo (ormai è il passato), in cui chiunque lo voglia può essere resuscitato dalla morte tramite la tecnologia. Questi morti vivono in luoghi loro destinati, le Città Fredde, conducendo una vita apparentemente normale, mangiando, defecando, pensando, andandosene a spasso e avendo persino qualche rudimentale attività sessuale. Un uomo, Jorge (no, non è il famoso Pompeo Bergoglio), soffre per la dolorosa perdita della moglie, che ama moltissimo. La donna aveva lasciato come sua ultima volontà quella di essere riportata in vita, così dopo il trapasso è stata portata in una Città Fredda e il suo desiderio è stato realizzato. Una volta resuscitati, questi morti hanno una personalità diversa da quella che avevano in vita, il loro comportamento è difficilmente comprensibile. Il punto è che Jorge continua ad essere innamorato follemente della moglie e cerca in tutti i modi di contattarli, nonostante siano vietati contatti tra vivi e morti. La insegue in capo al mondo e si rivela un fastidiosissimo stalker (molesto persino per il lettore costretto a sopportarne l'idiozia). Questo fino all'inatteso colpo di scena... 

La Partenza parla di un mondo in cui la medicina ha fatto tali progressi da prolungare la vita degli esseri umani. Siccome le persone vivono ben oltre il secolo, la demografia è fortemente controllata, in modo tale da evitare al pianeta di soffocare. Il problema è che perché qualcuno nasca, qualche anziano deve rinunciare a tirare avanti per altri decenni. Si è così sviluppata una nuova religione di sapore nettamente dianetico, affine alle tante sette americane cosiddette del "potenziale umano". Il fondamento di questa forma di condizionamento mentale è il concetto di Partenza. Il vocabolo è un eufemismo e allude con grande chiarezza all'eutanasia, presentata come un atto di somma generosità nei confronti delle nuove generazioni. Il verbo eufemistico Andare, scritto con la maiuscola, assume quindi una valenza mistica. Il racconto è imperniato sulla figura e sulla vita di Henry Staunt, un compositore ultracentenario di fama mondiale, che pur essendo ancora perfettamente sano, all'improvviso è colpito da un'ispirazione inspiegabile e decide di essere portato alla Casa del Commiato per Andare, ossia per essere terminato. 

Recensione:

Pur avendo grande stima per Robert Silverberg e apprezzatondo molte sue opere, devo ammettere che questo libro non mi è piaciuto affatto. Il primo racconto, L'amore al tempo dei morti, l'ho trovato noiosissimo, al punto che ho fatto una gran fatica a finirlo. Quando comincio a leggere un libro capisco subito se mi piacerà o se farà schifo, a volte già dalle prime righe. Mi guida una specie di intuizione. Forse ho sbagliato a non immergermi nella lettura portandola a termine in breve tempo. Si tratta infatti di uno scritto paragonabile a un bicchiere pieno di kefir o di pulque: bisogna berlo tutto d'un fiato. Forse a indisporre è l'ambientazione così stonata, in cui eventi mirabolanti avvengono in anni che sono ormai alle nostre spalle. Si è come presi da una specie di indefinibile amarezza. Questo scritto non appartiene al nostro tempo. Infatti è stato concepito in un'epoca che ancora guardava all'anno 2000 come a un faro in cui si sarebbe realizzato come per incantesimo tutto ciò che la mente umana avrebbe potuto sognare. Le cose sono andate in modo ben diverso. Adesso tutto ci appare chiaro, ma negli anni '70 dello scorso secolo non era così. Si tendeva ad accelerare il progresso scientifico e tecnologico nell'immaginario, facendolo impennare negli anni '90, materializzando dal nulla cose che sono ancor oggi del tutto irrealizzabili. Allo stesso modo alcuni autori dipingevano la fine del secolo come teatro di viaggi interstellari o come luogo pieno di robot. Robert Silverberg in quel lasso di tempo ha addirittura resuscitato i morti. Siamo ormai nel dominio dell'archeofantascienza


Il secondo racconto, La Partenza, avrebbe potuto chiamarsi Geriatric Park, proprio come le esilaranti sequenze nate dalla fantasia di Leslie Nielsen e incorporate nel film Una Pallottola Spuntata 331/3 - L'insulto finale. Si respira un'aria pesantissima, anche se dolciastra come l'asfissia da monossido di carbonio. Il racconto, nel perfetto stile americano della "story of my life", è lento ed estenuante, anche se nettamente migliore di Born with the Dead. Pur essendo ben più plausibile di un mondo in cui i cadaveri resuscitati deambulano, parlottano e fanno safari per cacciare i dodo e i moa, resta comunque un parto dei reami dell'improbabilità. Si fonda infatti sull'assunto che gli esseri umani trovino il modo di controllare su tutto il globo l'impulso di pullulare come cagnotti. Questo è il punto. Il dato ineliminabile e tragico della sovrappopolazione del globo terracqueo viene bellamente ignorato, come se tutto potesse essere risolto con qualche trovata propagandistica. Pensare che questo sia possibile è pericoloso. Nessuno slogan, nessun condizionamento scolastico si è mai dimostrato capace di spingere le masse acefale a tenere a freno i propri deleteri impulsi sessuali. Si capisce che senza un controllo della sessualità e della procreazione a livello planetario - non solo in Occidente, ma soprattutto nelle aree a più elevato tasso di incremento demografico - l'idea di una civiltà umana stabile e pacifica può ritenersi una puerile utopia. 

Moltissimi concordano sul fatto che con questo volume Silverberg abbia anticipato i temi della bioetica e i loro deprimenti sviluppi. Si tratterebbe di uno scritto profetico. Eppure leggendolo si ha l'impressione che sia tutto stonato, che nulla corrisponda davvero a ciò che dobbiamo vivere ai nostri giorni, dove la quasi immortalità è concessa ai topi di laboratorio, ormai immuni da qualsiasi malattia e persino in grado di riparare cancri e fratture della schiena, mentre tali brillanti risultati faticano molto a essere trasferiti agli umani. L'amarezza è inevitabile: nel mondo reale del presente i sofferenti continuano a soffrire e il loro trapasso viene ostacolato dall'ingerenza di ecclesiastici incartapecoriti. Anche le previsioni che si possono trarre concordano poco con il placido mondo di Going. Quando il pungiglione di Thanatos avrà preso uno dopo l'altro tutti i porporati, quando l'invecchiamanto dell'Occidente avrà raggiunto livelli insostenibili, inizierà una sistematica rimozione di tutti i degenti non assistibili, che saranno implacabilmente eliminati. Saranno distribuiti kit per l'eutanasia e decine di milioni di persone subiranno rimozione dalla società - e questo senza che sia cambiata una virgola nelle carte costituzionali delle nazioni. Il Grande Genocidio avverrà in condizioni di piena ed effettiva democrazia, la stessa che oggi impedisce ai paralizzati di porre termine ai loro giorni. La popolazione che sostituirà gli estinti occidentali verrà da zone in cui i feti vengono prodotti con ritmi di accrescimento tipici delle mosche carnarie.     

Isaac Asimov ha dichiarato: "Silverberg va oggi dove la fantascienza andrà domani". Una sentenza brillante, certo, anche se ho i miei dubbi che si possa considerare veritiera. La fantascienza langue come una pozza stagnante destinata a inaridirsi, esponendo all'implacabile sole girini morenti. Il mondo reale procede verso la sua Nemesi a passi da gigante e quanto sognato da Silverberg appare persino idilliaco. In ogni caso, potendo scegliere, troverei splendido poter lasciare la desolazione della Terra dei Morti per trasferirmi su Majipoor. 

Reazioni nel Web

A quanto pare questo libro è come il piatto nazionale scozzese detto haggis, composto da uno stomaco di agnello ripieno di interiora macinate con cipolla e altri ingredienti: o è amatissimo o è odiatissimo, senza mezze misure. Queste sono le brevi recensioni riportate su Anobii.


Si nota che i navigatori SpeakingParts e Karmillion commentano anche un terzo racconto, intitolato Thomas l'araldo (1972), che era incluso nell'antologia Oltre il limite (1993) e che non è stato pubblicato nel volume di Fazi Editore del 2006.

sabato 3 settembre 2016

IL CRONOVISORE DI ERNETTI: UN COLOSSALE INGANNO


Un pezzo forte della propaganda complottista è il famoso cronovisore di Padre Pellegrino Ernetti, che merita di essere discusso in dettaglio per le sue profonde implicazioni filosofiche. Trattasi di un ipotetico macchinario in grado di captare immagini e suoni del passato, traducendo i segnali in immagini simili a quelle di un comune televisore. A detta dei sostenitori della teoria cospirazionista, il cronovisore sarebbe stato consegnato alle autorità ecclesiastiche, che lo avrebbero smontato e nascosto nei sotterranei del Vaticano.  

Gli antefatti

Isaac Asimov in un suo racconto abbastanza datato, Il cronoscopio (The Dead Past, 1956), descrive una macchina che rende possibile visualizzare eventi passati. Questo dispositivo immaginario, inventato dal fisico dei neutrini Sterbinski, è controllato dal Governo, che per ovvi motivi non ne permette l'uso e proibisce la ricerca in quel campo. Per questo il protagonista del racconto, che vorrebbe vedere con i suoi occhi i fasti, gli splendori e le miserie della città di Cartagine, prende la risoluzione di costruirsi in clandestinità un proprio cronoscopio. Constaterà presto che l'apparecchio non è in grado di andare nel passato oltre un periodo di poco più di un secolo: l'osservazione delle gesta della potente famiglia dei Barca gli resterà preclusa.


L'annuncio di una fantomatica scoperta

Il monaco benedettino Padre Pellegrino Maria Ernetti (1925-1994), filosofo, musicologo, fisico ed esorcista, era di certo un gran lettore di fantascienza e amava in particolare gli scritti di Asimov. Negli anni cinquanta dello scorso secolo fu impegnato in studi sulla natura del tempo e fu così che decise di sfruttare le idee contenute nel racconto asimoviano Il cronoscopio, pubblicato per la prima volta sulla rivista Astounding proprio nell'aprile del 1956. A sua detta, alle ricerche avrebbe partecipato Padre Agostino Gemelli (1878-1959) assieme a un gruppo di dodici eminenti scienziati la cui identità fu tenuta nascosta (in seguito trapelarono i nomi di Enrico Fermi e di Wernher von Braun). Nel 1972 fu dato l'annuncio della costruzione dell'apparecchio chiamato cronovisore o macchina del tempo: sul diciottesimo numero de La Domenica del Corriere comparve un'intervista a Padre Ernetti in cui si illustravano per sommi capi i principi di funzionamento del congegno e le sue mirabolanti proprietà. Tuttavia una cosa salta all'occhio leggendo le tonnellate di materiale reperibile nel Web: l'anno di inaugurazione del cronovisore sarebbe stato il 1956. Una coincidenza?

La censura del Vaticano e il nuovo interesse 

Dopo l'intervista pubblicata su La Domenica del Corriere, le gerarchie del Vaticano hanno dato forti segni di irritazione, imponendo all'ecclesiastico troppo esuberante una ferrea censura: del cronovisore non si doveva parlare più. Detto, fatto. Non se ne parlò più per oltre un decennio, finché nel 1989 il fisico Padre Luigi Borello pubblicò un libro, "Le pietre raccontano", in cui attaccava vigorosamente le ricerche sul cronovisore, nella cui reale esistenza affermava di non credere affatto. In risposta agli attacchi del Borello, Padre Ernetti scrisse una lettera, ribadendo i risultati ottenuti tramite la sua "macchina del tempo". Pochi anni dopo, siamo nel marzo 2000, comparve negli Stati Uniti un libro di Peter Krassa, "Il cronovisore di Padre Ernetti - la costruzione e la scomparsa della prima macchina del tempo del mondo", che conteneva testimonianze critiche. Nel 2002 fu il turno di un amico dell'Ernetti, il teologo e parapsicologo Padre François Brune, autore di un altro libro sull'argomento, "Le nouveau mystère du Vatican", in cui si ventilava l'ipotesi cospirazionista. Fu un successo clamoroso. Da allora gli ambienti dei complottisti sono in fermento e ne parlano senza sosta.  


La propagazione del suono
non è di natura elettromagnetica
 

Per essere un fisico, Padre Ernetti doveva avere per la verità una preparazione non troppo sinottica. In particolare doveva ignorare anche i più rudimentali fondamenti dell'acustica. Questo è quanto dichiarò nell'intervista comparsa su La Domenica del Corriere n. 18: «L'intera elaborazione si basa su un principio di fisica accettato da tutti, secondo il quale le onde sonore e visive, una volta emesse, non si distruggono ma si trasformano e restano eterne e onnipotenti, quindi possono essere ricostruite come ogni energia, in quanto esse stesse energia.»  Altri sconcertanti farfugliamenti, sempre dalla stessa fonte: «La procedura di funzionamento della macchina è la stessa utilizzata dagli astronomi che, calcolando gli anni-luce, riescono a ricostruire l’aspetto di una stella spentasi da migliaia di anni.» Ecco i componenti del cronovisore:

 1) Un certo numero di antenne e di transduttori in una non meglio specificata quanto fantomatica lega metallica, con la funzione di rilevare le onde sonore e visive legate agli eventi passati;
 2) Un modulo capace di orientarsi automaticamente in funzione delle onde sonore e visive captate;
 3) Numerosi dispositivi in grado di decodificare le onde, registrando le immagini e i suoni risultanti.

Sull'aspetto del macchinario c'è poco accordo: per alcuni era simile a un grosso tostapane, per altri aveva l'aspetto di un batiscafo. Quello che sfuggiva all'inventore del cronovisore è che le onde visive e le onde sonore di cui parlava non hanno la stessa origine. La propagazione delle onde elettromagnetiche è descritta dalle equazioni di Maxwell, mentre la propagazione del suono in un mezzo è un fenomeno meccanico. Eppure Padre Ernetti affermò il seguente sproposito: «Il suono e la luce sono energie. La luce può trasformarsi in suono e viceversa.» E ancora: «Il suono, una volta emesso, inizia un processo di disgregazione in altri tipi di onde sonore che l’orecchio umano non è in grado di udire. Dal suono disgregato si può tornare al suono originario, così come dalla materia disgregata si può ricostruire la sua forma originaria, secondo i principi della teoria atomica.» Assurdità sesquipedali che dimostrano l'assoluta e colpevole ignoranza delle nozioni basilari della fisica. Le conseguenze di tutto ciò sono gravi e smontano già da sole la favoletta. 

Non esistono in Natura le onde televisive

Ernetti è partito dall'idea che ogni evento emetta onde analoghe a quelle che codificano i programmi televisivi, con la parte video modulata in ampiezza e la parte audio modulata in frequenza ed entrambe le informazioni contenute nello stesso canale. Questa però è una pura e semplice assurdità. Essendo le onde sonore di natura totalmente diversa dalle onde elettromagnetiche, non esiste alcuna connessione possibile tra le ipotetiche tracce visive e le altrettanto ipotetiche tracce acustiche lasciate da un dato evento in un etere immaginario, che usando un vocabolo ben poco scientifico il monaco volpone chiamava "sfera astrale". Usare l'aggettivo immaginario è ancora generoso, visto che è stata dimostrata l'inesistenza di un mezzo speciale in cui la radiazione elettromagnetica si propaga (vedi interferometro di Michelson).

L'energia di Ernetti è una baggianata New Age

Incapace di afferrare semplici concetti della fisica, il costruttore del tostapane cronovisivo andò a schiantarsi contro il più ingannevole scoglio: quello dell'energia. La Scienza ci insegna che "l'energia è la grandezza fisica che misura la capacità di un corpo o di un sistema fisico di compiere lavoro, a prescindere dal fatto che tale lavoro sia o possa essere effettivamente svolto." (Fonte: Vocabolario Treccani). Questa definizione scientifica per il religioso era un tabù: non solo la ignorava bellamente, ma si inoltrò in un profluvio di cazzate che affondano le loro radici nello squallido supermarket del misticismo orientale. Questo è l'assunto di base di tutte le scempiaggini, il dogma energetico che si legge su centinaia di siti farlocchi e di blog: "Tutto è energia, inclusi i nostri pensieri, la nostra intenzione e le nostre emozioni. La nostra mente può davvero modificare la materia e la realtà". All'origine di questo meme c'è stato di certo un drogato che ha equivocato l'equazione di Einstein E = mc2. Ormai il contagio è tanto esteso che nemmeno l'Ordalia di una revolverata nel cranio riuscirebbe a rimuovere queste assurde credenze.


Il problema dell'iconografia di Cristo

Padre Ernetti affermò molte altre cose assolutamente inverosimili. Disse ad esempio che grazie al suo marchingegno aveva assistito alla Passione di Cristo. Non solo: a sua detta aveva filmato le sequenze dall'inizio alla fine. Invitato a produrre le prove di quanto asserito, l'ecclesiastico rilasciò una foto che mostra il volto di Gesù. Non passò molto tempo che si scoprì l'origine di tale immagine. Il volto di Cristo era stato tratto dalla foto di una scultura che si trova nel Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, una frazione di Todi. Pressato, il callido Ernetti, che potrebbe figurare in una versione miniata del Roman de Renart come la Volpe, disse serafico che tali immagini si ispiravano alle indicazioni di una mistica visionaria che a sua detta aveva assistito alla Passione. Circola anche un'altra foto in cui Cristo cammina assieme ad alcuni apostoli: uno è verosimilmente Pietro e - incredibile dictu - nella versione completa dietro il gruppetto si vede un discepolo che fa fumo con la motocicletta! L'immagine è stata prodotta manipolando la foto da una crosta di proprietà del fratacchione. Qual è il problema? Semplice. Cristo siamo abituati a immaginarlo come un uomo alto e robusto, con capelli lunghi e barba. All'origine di tutto ciò sta la cosiddetta iconografia siriaca, che si impose soltanto a partire dal IV secolo. Nelle comunità paleocristiane, Cristo era invece raffigurato come un giovane imberbe. La più antica immagine di Cristo nota è quella del Buon Pastore, molto distante da tutto ciò che ci è familiare. Alcuni rappresentavano Cristo come l'Orfeo della tradizione classica o come un filosofo, per altri doveva invece essere un uomo brutto (es. San Giustino) o addirittura dal viso deforme (es. Clemente Alessandrino, Eusebio di Cesarea). Inutile dire che i primi Cristiani erano più vicini all'epoca in cui Gesù visse rispetto a tutti i ciarlatani e i visionari dei nostri tempi.


Cristo non ebbe la fisionomia di un franco
o di un burgundo
 

All'iconografia siriaca si sovrappose poi un nuovo modo di concepire la figura di Gesù. A seguito delle invasioni delle popolazoni germaniche sul finire dell'Impero Romano d'Occidente, si formò nei cosiddetti Regni Romano-barbarici una classe dominante di origine nordica. L'aristocrazia germanica nei regni di Franchi, Burgundi, Visigoti, Longobardi, Svevi, lasciò una traccia profondissima anche dopo che le corrispondenti popolazioni avevano cessato di essere entità etniche distinte. I nobili nel Medioevo discendevano proprio da quella aristocrazia, che diede origine alle caratteristiche stereotipate con cui ancora oggi si immagina il sovrano tipo. Ad esempio il Re Gambrinus nelle insegne di così tante birrerie e ristoranti: un uomo alto, slanciato, con volto allungato, barba e capelli lunghi di color castano chiaro. Proprio come Gesù, che è ritratto precisamente nello stesso modo. Alto, slanciato, volto allungato, barba e capelli lunghi che possono essere castani, in genere di una tonalità chiara, ma anche biondi o addirittura rossicci. Come un Re dei Franchi o dei Burgundi. La Sindone di Torino è certamente un falso, perché non mostra un uomo di fisionomia mediorientale, ma un nobile franco o burgundo. Per difendere l'iconografia tradizionale fu tentato di tutto. Gli esoteristi tedeschi e lo stesso Adolf Hitler giunsero a credere che Cristo fosse figlio di un legionario romano di sangue germanico chiamato Panthera. Stranamente i Nazisti condividevano proprio l'idea espressa nel Talmud, che faceva risalire la nascita di Gesù proprio a una relazione adulterina di Maria con un legionario. Ho sempre sostenuto l'esistenza di profonde relazioni tra il Nazismo e l'oggetto del suo odio, gli Ebrei - e questo fatto è una prova ulteriore. Questo però ci porta lontano e approfondiremo il discorso in altra sede. Tornando a noi, il Cristo di Ernetti ha anche le vesti tipiche dell'iconografia tradizionale. Sembra uscito da una rappresentazione artistica, per il semplice fatto che è uscito da una rappresentazione artistica.

Altre pretese informazioni recuperate

Stando a Padre Ernetti, il cronovisore avrebbe permesso a lui e agli altri sperimentatori di indagare numerose epoche, evocando per prima cosa un discorso di Benito Mussolini, per procedere a ritroso giungendo a Napoleone, immortalato nell'atto di abolire la Serenissima Repubblica di Venezia. Avrebbero fatto seguito tre esplorazioni del mondo romano con cattura di queste meraviglie: 1) scene di un mercato dell'epoca dell'Imperatore Traiano; 2) la Prima Catilinaria declamata da Cicerone (le cui doti oratorie avrebbero impressionato profondamente gli astanti); 3) la rappresentazione del Thyestes di Quinto Ennio, avvenuta a Roma nel tempio di Apollo il 169 a.C. Il Thyestes è una tragedia andata in gran parte perduta (si pensa che sia giunto a noi solo un decimo del testo), di cui l'Ernetti avrebbe trascritto interamente il testo. Il risultato, a quanto pare deludente, comprenderebbe soltanto una piccola aggiunta originale al materiale già noto. La sua pretesa di autenticità è stata confutata sulla base di argomenti linguistici dalla Professoressa Katherine Owen Eldred di Princeton. In ogni caso il testo prodotto dall'ecclesiastico non si trova da nessuna parte e non mi è possibile analizzare meglio la questione. Si dice che l'inventore del cronovisore fosse un fine latinista, cosa che mi lascia piuttosto scettico. Se la sua conoscenza della lingua di Roma fosse stata paragonabile a quella che aveva della fisica, allora un illetterato avrebbe potuto produrre un testo dotato di maggior senso.  

Conseguenze luttuose dell'eventuale divulgazione

Questo è quanto affermato da Renzo Allegri nel corso della sua intervista a Don Borello:

«Il Papa, i cardinali, gli scienziati, gli uomini politici che videro il cronovisore in funzione si resero subito conto della grande pericolosità di quello strumento. Se quella macchina fosse stata divulgata avrebbe sconvolto l’esistenza dell’intera umanità. Il cronovisore capta tutto ciò che è avvenuto, senza distinzione, senza poter selezionare. Non ci potrebbero più essere quindi segreti di Stato, segreti scientifici, industriali, commerciali, diplomatici, segreti personali. Non ci potrebbe più essere vita privata. Quella macchina in mano a governanti senza scrupoli avrebbe potuto instaurare la più feroce delle dittature. Furono perciò tutti concordi, compreso Padre Ernetti, a non divulgarla. Venne smontata e consegnata alle autorità ecclesiastiche».

Ecco il punto. Se il miracoloso tostapane in grado di catturare il passato fosse entrato in tutte le case, sarebbero fiorite tonnellate e tonnellate di sequenze pornografiche generate dalle corna! Milioni di mariti avrebbero potuto catturare le sequenze delle loro consorti intente a succhiare i bischeri e a farsi penetrare. Pensate, i padri e le madri avrebbero scoperto le loro figlie con l'uccello in bocca. Anche i figli e le figlie dandosi da fare avrebbero trovato prove delle scelleratezze dei loro genitori. Tutti sarebbero rimasti sconvolti e la società umana sarebbe finita! A meno che non si fosse subito imposto un "nuovo paradigma": quello enunciato da Valentina Nappi, che preconizza una società in cui "fare pompini è naturale come respirare"

Il giocattolo immaginario 

Quando ero piccolo condividevo con alcuni miei compagni di scuola una fantasia ingenua quanto assurda, quella dell'esistenza di un'automobile chiamata Zimparpai, che sarebbe stata in grado di compiere molti prodigi, tra cui quello di viaggiare nel tempo. Ecco, il cronovisore non è poi molto lontano dalla mitica Zimparpai.

Nel libro di Padre Brune si riporta infine che Padre Ernetti in punto di morte avrebbe rivelato senza mezzi termini a un suo nipote che il cronovisore non è mai esistito. La sua era una pia frode per spingere gli scienziati a compiere ricerche per poter giungere alla costruzione di un vero sistema per catturare immagini e suoni dal passato. Questo progetto gli stava così a cuore perché sperava di poter dimostrare una volta per tutte la realtà storica del Cristianesimo. Niente da fare, i complottisti non desistono e non tengono in benché minimo conto la possibilità di un inganno. Spuntano come funghi i siti che delirano di connessioni esoteriche assurde, facendo saltare fuori gli immancabili Templari, l'inesistente Priorato di Sion, le colossali stronzate su Rennes-le-Château, i Rosacroce, gli Illuminati, i Rettiliani, i Rothschild e quant'altro.  

Link e altre risorse 

Per approfondimenti riporto una serie di link a siti trovati nel Web sull'argomento. Per prima cosa riporto siti che sono opera di sostenitori dell'autenticità del cronovisore e che nella migliore delle ipotesi scarsamente attendibili. Vi sono tuttavia riportate informazioni di una certa utilità.   





Nel seguito riporto i link ad alcuni video: 




Infine aggiungo i link ad alcuni siti che sono opera di persone apertamente scettiche sull'esistenza del cronovisore. Peccato che si tratti di pagine un po' scarne. 



domenica 11 gennaio 2015

INGLESE AMERICANO MEESE 'ALCI': UNA PECULIARE FORMA PLURALE METAFONETICA

Nell'inglese degli Stati Uniti è di uso corrente il termine moose /mu:s/ "alce (americano)", che suona come mousse e provieme da una lingua algonchina: Cree mōswa, Massachusett moos, Abenaki moz, Penobscot mos, Narragansett moos, tutte da una protoforma *moo-swa, che letteralmente significa "animale che spoglia gli alberi della corteccia", con riferimento al modo in cui l'alce si nutre.

Il plurale corretto di moose in inglese americano è moose (arcaico mooses), ma è in auge anche la forma metafonetica meese, che non ha alcuna giustificazione, perché non si tratta di una formazione tipica delle lingue algonchine.

Com'è potutto accadere questo? Semplice: a partire dalla voce ereditata goose "oca" (< proto-germanico *gans(uz), cfr. anglosassone gōs, norreno gás), che ha il plurale geese (< proto-germanico *gansiz, cfr. anglosassone gēs, norreno gǽss). Il plurale meese si deve a qualcuno che senza saperlo ha trapiantato la storia di una parola ad un'altra la cui forma singolare suona e si scrive in modo simile. Lo spelling deve aver giocato un ruolo determinante: nessuno si sognerebbe mai di produrre un plurale metafonetico di mousse. La genuina forma plurale algonchina è invece moosinee, che si è cristallizzata nel toponimo Mosinee Creek, nella Contea di Gogebic. 

Queste formazioni analogiche non sono così inusuali. Il plurale corretto di shaman "sciamano" è shamans, ma si trova in uso anche shamen, come se la parola fosse un composto di man "uomo". Lo stesso Isaac Asimov da giovane era stato tentato di formare il plurale di can "lattina" in modo irregolare come cen (che si suppone pronunciasse /ken/), a partire da man "uomo", che ha plurale men. In un suo saggio si domandava stranito perché un simile plurale dovrebbe essere scorretto. Avrei voluto scrivergli:

"Carissimo Isaac, a proposito dei tuoi dubbi sul plurale di can, quanto lamenti succede perché man è dall'anglosassone mann (< proto-germanico *mannaz), il cui plurale è menn (< proto-germanico *manniz), mentre can deriva dall'anglosassone canne "recipiente", di genere femminile, con plurale cannan. Si vede chiaramente che i due paradigmi sono diversi. In ultima istanza la parola canne potrebbe discendere da un prestito dal latino canna avvenuto già nel germanico comune." 

Purtroppo il luminare ashkenazita era già morto e non ho potuto fargli pervenire questa risposta.

venerdì 2 gennaio 2015

 

ALCUNE CONSIDERAZIONI
SU ISAAC ASIMOV
E SU SUO FIGLIO DAVID 

Ho assistito a grottesche manifestazioni di idolatria nei confronti di Isaac Asimov in occasione del suo genetliaco. In alcuni post su Facebook, addirittura alcuni lo hanno celebrato come un santo. Fermo restando il suo genio, non bisogna dimenticare che era innanzitutto un essere umano, non esente da difetti e da lati oscuri. Un conto è riconoscere le doti e i meriti di una persona, un altro è ritenerla un modello di vita e venerarla come un essere semidivino. A questo proposito menzionerò qualcosa che a quanto pare è ignorato dai più e che ritengo doveroso far conoscere alle genti. Il figlio di Isaac, David, nel 1998 fu arrestato per detenzione, produzione e distribuzione di materiale pedopornografico. All'epoca, quando su un quotidiano cartaceo avevo letto la notizia, ne ero rimasto sconvolto. Questo è quanto ho recuperato dall'archivio storico del Corriere, ancor oggi consultabile online: 


Pedofilia: arrestato il figlio di Asimov, maestro della fantascienza

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK - Finisce in carcere per pedofilia il figlio del celebre scrittore di fantascienza Isaac Asimov. E' successo a Santa Rosa, in California, dove la polizia ha confiscato una gigantesca porno - biblioteca a casa Asimov (migliaia di compromettenti dischetti - computer e chilometri di filmati con bimbi nudi e ritratti durante atti osceni) prima di incriminare il 46enne David Asimov per "produzione e distribuzione di pornografia relativa a minori". L'erede del geniale e prolifico autore di "Io Robot" (e di ben 467 libri in 50 anni) aveva inizialmente rifiutato di sborsare i 250 mila dollari della cauzione e si era dichiarato "completamente innocente". Ma alla fine ha trovato un accordo col tribunale, che gli ha accordato la liberta' provvisoria, in attesa del processo che verra' celebrato il prossimo 20 marzo. Il giudice Frank Passalacqua ha posto quattro condizioni al suo rilascio: rispettare il coprifuoco notturno, tenersi alla larga dai bambini, visitare lo psichiatra due volte alla settimana, non usare il computer "fino a contrordine". Quando la scorsa settimana le autorita' avevano fatto irruzione nella costosa abitazione dell'uomo, erano rimaste di stucco. "La villa e' dotata di un sofisticatissimo sistema per la duplicazione e il montaggio in video, di un costosissimo scanner per creare immagini al computer e di migliaia di dischi e videocassette su cui trasferirli - spiega il vice procuratore capo di Santa Rosa Gary Medvigy - e' stato come entrare in un modernissimo studio tv di Hollywood". Questa vicenda riapre tra gli psicologi americani il dibattito d'obbligo sulla difficolta' dei "figli famosi" (trascurati e ignorati dai genitori) e sui probabili "traumi d'infanzia" che, in questo caso particolare, potrebbero aver portato il giovane David verso scelte di vita alquanto diverse da quelle del celebre padre. Di David si sa ben poco, tranne che e' un tipo solitario e senza amici, privo di lavoro fisso. Per scagionarlo, il suo legale vorrebbe sostenere la linea di difesa dell'"eremita", incapace come tale di nuocere alla societa'. "Il mio cliente e' un orso, recluso ed introverso - ha spiegato Andrian - se ha commesso cio' di cui e' accusato e' stato sempre dentro i confini della propria casa. Nel suo mondo di fantasia privato". Per questo, secondo il primo emendamento della costituzione americana che sancisce la liberta' di pensiero e di parola, nessuno lo puo' toccare.
(Alessandra Farkas)

Qualcuno con sdegno mi chiederà: "E con questo?" Certo che un padre non è la stessa cosa di un figlio, sono due persone diverse - e se è vero che le colpe di un padre ricadono sui suoi figli, è altrettanto vero che la proposizione inversa non è poi così difendibile: come si potrebbe imputare a un padre la mostruosità di un figlio? Forse fu colpa di Marco Aurelio, modello di virtù e di sapienza, la scelleratezza infinita di suo figlio Commodo? Tanto più che all'epoca dell'arresto di David Asimov, Isaac era già morto da alcuni anni. Tuttavia è assai verosimile che l'attività del virgulto degenere degli Asimov non fosse qualcosa di improvvisato, e che quindi il suo inizio risalisse a prima della morte dell'augusto genitore. C'è di che meditare. Se io avessi la sventura di avere un figlio e questo installasse apparecchiature sofisticatissime per produrre tonnellate di materiale aberrante, farei un po' fatica a non accorgermene, non credete? Pensateci. Un'intera villa, la dimora degli Asimov, rigurgitante di simile immondizia. Così ha detto il magistrato distrettuale Gary Medvigy, alludendo al materiale pedoporno reperito: "È una quantità immensa. Credetemi, non ci sono abbastanza uomini e ore-uomo per visionarlo tutto". Né si può tacere sul fatto che David Asimov è stato infine condannato a una pena risibile, assolutamente non commisurata all'enormità del suo crimine: sei mesi di arresti domiciliari con braccialetto di monitoraggio elettronico. C'è del torbido, non ci sono dubbi. Detto questo, credo che continuerò a leggere le opere di Isaac Asimov come ho sempre fatto e a trarne diletto - ma non senza una vena di inquietudine.

sabato 15 novembre 2014

 

FANTASCIENZA OTTIMISTA?
NO GRAZIE!  

Non soltanto la fantascienza è ritenuta pornografia da una parte consistente della popolazione, ma addirittura c'è chi le attribuisce tutti i mali del mondo. Nel III Reich era diffuso un meme: "Qualcosa va male? È colpa degli ebrei!" Adesso invece si dice: "Qualcosa va male? È colpa della fantascienza!" La fantascienza è considerata non di rado come un capro espiatorio, un agente demoniaco a cui gettare addosso miliardi di croci, una per ogni abitante del pianeta. 

A cosa si deve questa reazione furibonda delle masse acefale? In particolare ad essere oggetto di scandalo sono le visioni distopiche tipiche del genere letterario in questione. Una diffusa superstizione vuole che si debba essere sempre allegri e giulivi, perché ogni atteggiamento "negativo" avrebbe il potere di far precipitare gli eventi. In altre parole, gli autori di fantascienza distopica sono ritenuti iettatori. 

Esiste lo Stato Islamico che compie massacri e decapita ostaggi? Ecco che i farisei urlano: "È colpa della fantascienza, è colpa della distopia!" Descrivendo il Male, la Science Fiction ha acquisito il potere di renderlo reale. Si direbbe che il contagio del virus Ebola si sia materializzato a causa di qualche incauto scrittore pessimista. Sarebbe un grave errore sottovalutare questi malumori: oggi la gente borbotta, domani potrebbe scatenare pogrom. Ogni Pollyanna è un demonio travestito da agnellino, che sotto un tenero musetto nasconde una dentatura ferina e una insaziabile brama di sangue.   

L'amico Marco Passarello aka Vanamonde ha scritto un interessante articolo su Repubblica sull'argomento: "La nuova fantascienza ora vede un futuro migliore". Questo articolo non è facile a reperirsi nel Web, ma nel blog Variabili futuribili esiste modo di scaricarlo in forma sintetica: 


Se ne parla anche nel blog del carissimo Giovanni De Matteo aka X, che è tra i fondatori del Connettivismo, in un post del suo blog Holonomikon intitolato "Geroglifici sul futuro"


Nel suo articolo Passarello espone tra le altre cose le idee dello scrittore pollyannaista Neal Stephenson: 

"Secondo l'autore di Cryptonomicon, Anathem, Gioco Mortale, la svolta distopica della fantascienza è in parte responsabile del declino dei programmi spaziali e dell'assenza di una visione ispiratrice per il futuro." 

Un altro futile pollyannaista, Robert Sawyer, aggiunge addirittura: 

"Mi sforzo di ritrarre un mondo migliore del nostro, e plaudo a chi fa la stessa cosa. Per tradizione la fantascienza è un ammonimento verso il futuro, ma questo aspetto una volta era temperato dal desiderio di scegliere un domani più luminoso, non più oscuro. L'idea di un inevitabile crollo della società, in mancanza di un ideale positivo per cui lottare, diventa una profezia che si autoavvera." 

Come se il futuro fosse qualcosa che si può scegliere. Dio ci scampi dagli ideali positivi, che producono più danni della peste polmonare e del cancro! L'ottimismo tecnologico si fonda sulla ridicola idea di una tecnologia capace di migliorare la natura umana. Come confutazione basta un esempio. Il dottor Mengele poteva disporre di una tecnologia più avanzata di quella del Neolitico, cosa che non gli ha impedito di coltivare indicibili perversioni sadiche. 

Il britannico Richard Morgan, autore di fantascienza distopica, esprime opinioni che condivido appieno: 

"Il direttore del progetto, Ed Finn, dice che "se vogliamo un futuro migliore, dobbiamo avere sogni migliori", ma dove sono le prove? Anche se la fantascienza distopica esiste almeno dagli anni Settanta, il progresso scientifico non sembra aver rallentato, anzi, progredisce a velocità quasi esponenziale. Ciò che mi irrita di più in Hieroglyph", prosegue Morgan, "è il presupposto fallace che esista un legame tra buona tecnologia e buona società. Non è così. Abbiamo già la tecnologia per eliminare la fame nel mondo, ma non lo abbiamo fatto. Non è la mancanza di tecnologia a tenerci lontani da un futuro migliore, ma la psiche umana. Vedo l'economia neoliberale distruggere la sanità pubblica, abbassare i salari, finanziare guerre illegali, e dovrei sentire il bisogno di scrivere storie allegre su come la tecnologia del futuro ci salverà? Non credo proprio!"" 

Vale quanto detto dal filosofo Immanuel Kant: "Da un legno così storto come quello di cui è fatto l'uomo, non si può costruire nulla di perfettamente dritto". 

Non trovo condivisibile l'idea che un'utopia sia necessariamente nascosta in nuce nella distopia, espressa in queste righe dell'articolo completo (riportato da X su Holonomikon): 

"Non dimentichiamo che William Gibson iniziò a presentarci [il cyberspazio] in storie oppresse da una pesante cappa di pessimismo. Eppure la tecnologia e l’uso che ne faceva la strada venivano presentate come risorse nelle mani dei preteriti, degli ultimi, dei reietti relegati ai margini della società, sottolineandone in tal modo la natura di arma a doppio taglio. È come se ogni distopia racchiudesse in sé, opportunamente camuffato, il seme di un’utopia." 

L'idea che uno scrittore debba dimostrare qualcosa di socialmente impegnato o lottare per migliorare il mondo è un grave pregiudizio che vizia ogni ragionamento. Ci si domanda in base a quale moralismo questo dovrebbe accadere, e perché non possano esistere autori il cui fine sia invece quello di destrutturare e annientare il mondo stesso. Senza tener conto che a volte le opere di un autore diventano indipendenti da lui e dalle sue intenzioni, come se fossero dettate da uno spiritello e prendessero corpo sotto la spinta di qualcosa di incomprensibile. 

A parer mio non si può parlare di una "svolta distopica". Un certo grado di pessimismo è connaturato alla fantascienza degna di questo nome. Senza che ci sia almeno il prospettarsi di una catastrofe, non si costruisce nulla di sensato. Lo stesso Isaac Asimov si è divertito a costruire un Impero Galattico per poi contemplarne il lento sfacelo sul modello della decadenza dell'Impero Romano. Nella letteratura fantascientifica sono riflessi i tempi in cui gli scrittori operano. Si può così capire perché in un'epoca tanto degradata da essere peggiore dell'Impero di Gallieno, appaiano in gran numero autori la cui visione del mondo è cupissima. Invece i pollyannaisti scrivono in preda alle allucinazioni. Se qualcuno crede che l'universo sia fatto di marzapane e che sia il paradiso dei Teletubbies, non ha alcun diritto di voler imporre le sue percezioni distorte a coloro che proiettano nel futuro la mostruosità del presente.