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domenica 8 aprile 2018


LA LEGA DEI MONDI RIBELLI

Autore: Carolyn Janice Cherryh
Anno: 1981
Titolo originale: Downbelow Station
Titolo previsto: The Company War*
Lingua: Inglese
Conlang(s): No. Soltanto un endoetnico (Hisa)
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera, hard science fiction 
Prima edizione italiana: 1988 
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro, n. 92
Formato: Paperback; copertina rigida  
Traduzione: Roberta Rambelli
Codice ISBN-10: 8842903892
Codice ISBN-13: 9788842903895
Premi:
   Premio Hugo, 1982 (vincitore della categoria miglio romanzo)
   Premio Locus, 1982 (candidato nella categoria miglior romanzo di fantascienza)
   Premio Locus, 1987 (migliore romanzo di fantascienza di ogni tempo: 41° in classifica)
   Premio Locus, 1998 (migliore romanzo di fantascienza di ogni tempo prima del 1990: 25° in classifica)

* Titolo fatto cambiare dall'editore, che non lo riteneva interessante. Tutto questo per sostituirlo con un un altro titolo insignificante! 

Trama:

L'espansione del genere umano nello spazio è gestita da una potente azienda privata chiamata Anonima Terrestre, in uno scenario di anarcocapitalismo in cui le nazioni hanno perso ogni importanza. Sono state così costruite nove stazioni spaziali in sistemi stellari privi di pianeti abitabili. Da questi centri abitati sono partite nuove missioni colonizzatrici, fondando avamposti sempre più remoti. A un certo punto è stato scoperto un pianeta del tutto diverso dagli altri: Pell, dotato di vita autogena e abitato da una specie intelligente, anche se molto arretrata. Intorno a Pell, soprannominato Porta dell'Infinito, è stata costruita una stazione ed è iniziato lo sfruttamento minerario di tale mondo. A causa del flusso di materie prime che si è così generato, si è innescato un grande squilibrio che ha portato le stazioni a rendersi indipendenti dalla Terra. Per questo l'Anonima Terrestre ha inviato una flotta da guerra per sottomettere i sistemi ribelli, uniti nella Confederazione (traduzione paradossale dell'originale Union), la cui capitale si trova sul pianeta Cyteen. Tra i comandanti della flotta terrestre si distingue la fatale e albina Signy Mallory, capitano della nave da guerra Norway, una donna spregiudicata che non esita a sfruttare sessualmente i suoi prigionieri. I problemi iniziano quando, a causa delle operazioni belliche guidate dalla Mallory e dal suo ex amante Conrad Mazian, famoso ovunque per il suo gigantesco Schwanzstücker, nella stazione di Pell si riversa un gran numero di profughi, minando alla radice ogni equilibrio sociale, politico e biologico. L'influente famiglia Konstantin, che detiene il potere a Pell, proclama la legge marziale per far fronte alla crisi, ma si ritroverà comunque in serissimi guai: per dipanare la matassa bisogna leggere fino in fondo il ponderoso e avvincente volume della Cherryh, ricco di colpi di scena. Ne emergerà la Lega dei Mercanti come entità politica opposta alla Terra e ben distinta dalla Confederazione di Cyteen.

Personaggi:

1) Personale dell'Anonima Terrestre:
   Signy Mallory, capitano della Norway 
   Conrad Mazian, comandante della Flotta
        Terrestre 
   Segust Ayres, Secondo Segretario del Consilio di
        Sicurezza Terrestre  
2) Abitanti della stazione di Pell, in orbita intorno all'omonimo pianeta:
   Angelo Konstantin, dirigente della stazione 
   Alicia Lukas Konstantin, moglie di Angelo
   Damon Konstantin, figlio di Angelo e Alicia 
   Emilio Konstantin, figlio di Angelo e Alicia 
   Jon Lukas, fratello di Alicia 
   Elene Quen, moglie di Damon  
3) Personale della Confederazione: 
   Joshua Talley, usato come giocattolo sessuale
        dalla Mallory   
   Jessad, agente segreto
   Seb Azov, comandante della Confederazione 
4) Abitanti di altre stazioni:
   Vassily Kressich, istigatore, rifugiato dalla
        stazione Mariner 
5) Aborigeni di Pell (Hisa):  
   Satin, compagna di Denteazzurro, lo ha seguito 
       sulla stazione di Pell 
   Denteazzurro
(Bluetooth), deportato sulla stazione
       di Pell 
   Lily, serva di Alicia Konstantin 

Recensione: 

Innanzitutto ci tengo a precisare una cosa. Ritengo che dovrebbe aver fine una volta per tutte la solita accusa rivolta dalle femministe radicali alla fantascienza, ritenuta in blocco un genere "maschilista" e "patriarcale". Ogni volta che sento simili sibili serpentini, ogni volta che sento il veleno schizzare dalle fauci di vipera di queste pazze fanatiche, il mio sangue ribolle nelle vene. Le Eumenidi inveiscono, come se Carolyne J. Cherryh non esistesse. Invece esiste, e ciò basta a contraddire le loro tesi. Qualcuna delle Erinni dirà che la Cherryh era una delle poche autrici in un mondo in prevalenza maschile. Qualcun'altra dirà che il suo editore le ha abbreviato il nome in C.J. per nasconderne il genere. Resta il fatto innegabile che già all'epoca un'autrice geniale e determinata aveva la possibilità di farsi notare. Se così non fosse stato, non avremmo mai potuto leggere qualcosa come Downbelow Station. Certo, la narrazione non è facilissima, ma sono convinto che valga la pena di immergersi nelle sue profondità.

Superamento del collo di bottiglia

L'ambientazione del romanzo, denominata Universo della Lega e della Confederazione, è molto complessa e le vicende narrate sono a dir poco intricate. La Cherryh dà vita a un affresco grandioso del processo di colonizzazione interstellare. Ancora fino a pochi anni fa, si poteva pensare che si trattasse di un quadro tutto sommato abbastanza verosimile - se mettiamo da parte i viaggi superluminali, problema oltremodo gravoso a cui non sembra potersi trovare una soluzione credibile. Non è difficile immaginare che i coloni viaggino nelle vastità siderali servendosi di stazioni che costituiscono ecosistemi autosufficienti: ciò non pone limiti di tempo all'esplorazione, che potrebbe così svolgersi nell'arco di secoli o addirittura di millenni, senza l'obbligo di portare a termine una missione nell'arco di una generazione - tempo troppo breve. Questo però darebbe comunque origine a squilibri nella narrazione di un romanzo, di qui la necessità cogente di introdurre i viaggi e le comunicazioni a velocità superiore a quella della luce. Al giorno d'oggi vediamo che le difficoltà dell'espansione umana nel cosmo si rivelano a dir poco improbe. Là fuori ci sono luoghi terribili, la cui inospitalità è talmente estrema che ben pochi fantascientisti potrebbero immaginarsi qualcosa di simile. Comprendiamo che la narrativa SF e in particolare la space opera presentano un intrinseco ottimismo come vizio d'origine. Cosmo troppo fertile, distanze troppo facili da superare. Noi partiamo svantaggiati, perché sappiamo che non esiste una cornucopia capace di produrre ad libitum un'infinità di mondi affini alla Terra, pronti a diventarne tanti nuovi simulacri del nostro pianeta. A quanto possiamo vedere, persino un mondo come Pell, ricchissimo di risorse e gravitante nella cosiddetta zona abitabile di una stella simile al nostro sole, potrebbe essere un deserto privo di biosfera soltanto per via della mancanza di fosforo, elemento raro nell'universo ma indispensabile per la formazione della vita. Poi, se anche ci fosse da qualche parte il giardino di Shangri-La, non potremmo mai arrivarci. Mi dispiace dirlo, ma è così: quando conoscevamo meno dettagli sulla natura di questo Universo terribile eravamo più felici, perché la nostra fantasia poteva spaziare liberamente ed eravamo convinti che da qualche parte ci fosse un senso, qualcosa in grado di render conto del perché del teatrino di dolore chiamato "esistenza".

Indebiti paragoni

La vulgata corrente avvicina il presente romanzo della Cherryh all'opera di Isaac Asimov, in particolare al Ciclo delle Fondazioni, per quanto mi sembra che entrando nei dettagli ci sia poco in comune. Forzando un po' la mano, si potrebbe dire che sia Asimov che la Cherryh credessero nella superiorità della specie umana rispetto ad ogni altra possibile forma di vita. Non so se la cosa abbia senso. Asimov non incluse alieni nell'Universo delle Fondazioni perché il suo editore glielo proibì espressamente, minacciandolo di non pubblicare nulla che non confermasse il primato della specie umana sancito da Dio stesso in Genesi. Per quieto vivere, Asimov, che non era certo Riccardo Cuor di Leone, descrisse una galassia senza vita, pronta per l'esclusivo uso e consumo dell'umanità. La Cherryh subì dal suo editore più che altro l'abbreviazione del suo nome e l'aggiunta di una -h finale al cognome, giudicato troppo sensuale (in realtà si chiamava Cherry). Esiste anche una tradizione radicata che avvicina Downbelow Station al fantasy e all'opera di J.R.R Tolkien. Forse mi sono perso qualcosa, ma devo dire che il motivo di quest'ultimo paragone mi sfugge del tutto. Non riesco proprio ad afferrarlo. Si tratta delle solite baggianate di certa critica fondata sull'ingannevole e deleteria scienza degli psicologi. Forse il paragone è fondato sugli Hisa, gli autoctoni di Pell, descritti con caratteristiche primordiali, che ricordano vagamente quelle degli aborigeni della Tasmania e delle Andamane. La cosa di per sé è assurda. Downbelow Station è purissima fantascienza hard, in cui non trova spazio nessuno degli elementi costitutivi del fantasy, ad esempio mito, soprannaturale, magia, allegoria, metafora, simbolo, surreale e tecnologia medievale. Neanche un particolare insignificante sfugge alla spiegazione scientifica. Per contro, Tolkien non ha mai cercato di attribuire una spiegazione scientifica a nulla, nemmeno ai piedi sporchissimi degli Hobbit.

Signy Mallory Dominatrix! 

Anche se la Cherryh non descrive scene di sesso esplicito, si può dire che vi sia del sesso implicito. Mentre ero immerso nella lettura, mi sono immaginato Signy Mallory come una domina nell'atto di sottomettere il prigioniero Josh Talley, schiacciando il corpo nudo dell'uomo sotto i piedi, sedendosi sulla sua faccia e facendosi leccare l'ano. Raggiunta l'eccitazione, ecco che la condottiera albina si siede sull'erezione del suo schiavo, a sua volta pieno di libidine, muovendosi fino a provocargli una copiosa eiaculazione. Talley usato come un dildo e gettato via. Che abissi di morbosità! 

Un inno alla Domina della Norway

Esiste persino una canzone dedicata alla volitiva guerriera dalle candide chiome. Anni fa ne avevo pubblicato il testo sul mio blog splinderiano Esilio a Mordor, da tempo defunto. Lo riporto senz'altro in questa sede: 

SIGNY MALLORY
(Mercedes Lackey, Leslie Fish) 

She's captain of the Norway
And a thorn in Union's side,
Protector of Pell station
And a source of grudging pride. 

Left the Mazianni
With a price upon her head
And stayed to guard the stations
That the Company left for dead.  

They say she doesn't think about
The lives that she has lost;
They say when Norway goes to fight
She doesn't count the cost.  

That once she's planed a course,
She never reckons wrong or right;
So why does she stare sleeplessly
Into the dark all night?  

  Chorus: 
Captain Signy Mallory
Has no soul they say;
The captain of the Norway
Has a heart of frozen clay.  

And on the bridge of Norway
She throws men's lives like dice;
Captain Signy Mallory,
Her eyes are fire and ice.  

They say for Norway's captain
Discipline's an iron whip;
It's worth your life to break her rules
In dock or on the ship.  

That no one's safe that's under her command,
But if that's so,
Then why do her troops cheer her
When she passes them below?  

They say the captain has no
Crude emotions to control,
Just an iron fist, an iron will
And an iron-banded soul.  

They say she shows no mercy
And they say she never can...
So why is Norway refuge
For a burned out Union man?  

  Chorus:
She's captain of the Norway
And a thorn in Union's side;
The Mazianni fear her,
She's the heart of Norway's pride.

And Stationer or Merchanter,
From Fargone back to Pell,
Know from Mallory or Norway
Would fight demons out of hell.  

  Chorus: 
Captain Signy Mallory,
her eyes are fire and ice. 


Cyteen

Mi ero promesso di leggere Cyteen, il seguito di Downbelow Station, ma purtroppo non ci sono riuscito. Mi trovavo in un periodo di altissime glicemie a digiuno, che faticavano molto ad andare sotto i 200. Mi sentivo come inebetito e non riuscivo a procedere nella lettura, che mi appariva così legnosa da pormi ostacoli insormontabili. Leggere una decina di pagine mi parve una fatica paragonabile all'uccisione dell'Idra di Lerna. C'erano descrizioni intricatissime dello scenario politico e nessun dettaglio di qualche interesse. Così presto ho abbandonato il libro, che si stava rivelando un'eccessiva fonte di sofferenza, riportandolo in biblioteca. Un giorno dovrò riprenderlo in mano e portare a termine quanto non mi è riuscito la prima volta, quindi pubblicarne una recensione. Non so dire se ci riuscirò prima della nemesi della specie umana.  

Reazioni nel Web: 

Ho trovato alcune brevi recensioni su Anobii. Ne riporto un paio, a dire il vero non troppo eulogistiche:  

robgast69 scrive:

"Una buona idea un po' abortita, ricadendo in situazioni abbastanza scontate. Un discreto romanzo di avventura/guerra futura, con una scrittura scorrevole (e, nella mia edizione, tanti refusi), ma con alcune cose non ben spiegate e senza grandi idee."

Firestarter scrive:

"Voluminoso romanzo di space opera, notevole più per la varietà di punti di vista adottati (le parti non sono molto equilibrate, in realtà) e l'ampiezza dello scenario che per l'originalità. Una lettura impegnativa, ma ne è valsa la pena."

Più interessante l'intervento di Morvan, che evidenzia il problema dell'anarcocapitalismo: 

"Tutto ruota attorno a una stazione spaziale, che si trova tra due fuochi – tra la Terra, vecchia potenza un po’ ammuffita, e la Confederazione spietata nuova entità in ascesa; stazione che deve cercare di sopravviver, per non far la fine di molte altre… il problema è ch’essa è diretta come un’azienda a condizione familiare, secondo modalità tipiche –posso immaginare– di molta narrazione statunitense, in cui l’individualismo di frontiera si sposa colla visione della famiglia come unico valore intoccabile ed eterno della società, col risultato di dar vita a una specie d’elitarismo, di cui si può discutere il modo, ma mai il diritto a comandare: niente di buono insomma, tanto piú che in fondo assomiglia pure a ciò che si può trovare nei film tratti da Rosamund Pilcher!"

Al navigatore in questione non è gradita la descrizione degli Hisa, basata su un ingenuo primitivismo, mentre Cyteen gli sembra propaganda anticomunista fatta e finita: 

"Altri aspetti deteriori sono la stessa Confederazione, che presenta aspetti da distopia pseudosovietica, o che la popolazione autoctona del pianeta attorno cui ruota la stazioni di Pell pare una malaccorta visione di popolazione primitiva, un po’ ingenua." 

Interessanti anche le conclusioni: 

"Varrà pure la lettura, e altri potrà trovarlo un romanzo notevole, né senza ragioni, e cosí per molti è stato – ma non per me, che debbo considerarlo ideologicamente bacato." 

Beh, caro Morvan, tu pretendi troppo: cercare in America qualcosa che non sia ideologicamente bacato sarebbe come cercare una vergine in un tempio di Babilonia o un ano non penetrato a Sodoma! 

giovedì 27 ottobre 2016

LA POESIA DELL'ANELLO IN LINGUA GOTICA (MATTHEW CARVER)

La versione in lingua gotica della Poesia dell'Anello di Tolkien compiuta da David Salo non è l'unica. Ho scoperto che ne esiste un'altra, opera di Matthew Carver, studioso statunitense. Non sono riuscito a reperire il suo curriculum e non va taciuto che esistono diversi suoi omonimi, il che rende la ricerca più difficile: solo per fare un esempio, non so se si tratti dello stesso Matthew Carver traduttore dal tedesco e appassionato di inni protestanti. Questo è il testo:  

Þize Hrigge waurþun, hausida waurda
þreis du haldan Þiudanam Albe

tugglahulidaim triggwaba guldanai.

Sibunuh þaim in saliþwam staine
Fraujam Dwairge frikahwairbam,
waila witum, waurþun gibanai;
Diwa-Mans domidis dauþnan lofans
Niun nausandins afnemun Bauge;
Iþ Ains nauh ist, ainaha
þanei
faha filhiþ Frauja Riqizis
in sitla swartamma sitands þarei
liuhadalausai ligand aufto
skadjus mikilai Maurdaurlandam in.
Ist Ains finþan allans Hrigge
gawandjan, waldan jah gawidan allis
ana rune stadam riqizis
þarei
liuhadalausai ligand aufto
skadjus mikilai Maurdaurlandam in.


Testo in prosa inglese: 

Of the Rings I have heard tell that, Three were yielded to the Kings of the Elves to keep; Seven were rendered, well we know, to the lords of the Dwarves, ruled by their greed, in their Halls of Stone. The open palms of Mortal man, the corpselike ones doomed to die, received Nine of the Rings. There is one alone yet, which the Dark Lord hides in his grasp, sitting on his black throne in the Land of Mordor where indeed great lightless shadows lie. One (Ring) there is to find all of the Rings, to (turn and) bring them and rule them and surely to bind them in secret places of darkness in the land of Mordor where indeed great lightless shadows lie.


COMMENTI: 

Si tratta di una traduzione libera del testo di Tolkien, che viene riformulato ed esteso, pur restando i concetti immutati. Per certi versi mi pare più vicino alla mentalità dei Goti rispetto a quello di Salo. Ad esempio, si trova la costruzione Þiudanam Albe (dat. pl.) rispetto al pesante albiska-þiudanans (acc. pl.): in questo è in completo accordo con il mio pensiero. Si segnala l'uso di hriggs "anello", gen. pl. hrigge, in luogo di figgragulþ "anello" (lett. "oro del dito").

La forma Maurdaurlandam (dat. pl.) ha il pregio di chiarire la natura toponimica di Maurdaur, che magari non sarebbe evidente a chi non ha un'idea del materiale del Signore degli Anelli. Tuttavia non nascondo che la sua sonorità è un po' strana. Suona stravagante la costruzione Maurdaurlandam in con una postposizione, tanto che la emenderei, sostituendola con in Maurdaurlandam.

Pur trattandosi di un ottimo testo, si ha l'impressione di fondo di una certa sovrabbondanza rispetto all'originale. Nel caso Teodorico il Grande avesse qualche perplessità sul testo stringato di Salo, il cantore potrebbe declamare il testo di Carver per chiarirgli le idee, come se fosse una parafrasi.

LA POESIA DELL'ANELLO IN LINGUA GOTICA (DAVID SALO)

Ci è ben nota è una traduzione nella lingua dei Goti della Poesia dell'Anello di J.R.R. Tolkien, componimento che costituisce il cardine dell'immortale libro Il Signore degli Anelli. Non è difficile reperirla nel Web. Quando la vidi per la prima volta, molti anni fa, ero convinto che il suo artefice fosse proprio l'insigne scrittore sudafricano. Non avendo trovato le prove di questa mia supposizione, ho per anni classificato il componimento come di autore sconosciuto. Infine sono riuscito a risalire all'autore, certo David Salo. In realtà non è proprio uno sconosciuto: è un linguista americano dell'Università di Wisconsin-Madison che ha lavorato sulle conlangs create da Tolkien (Quenya, Eldarin, Sindarin e altre), facendo da consulente per la realizzazione dei film della trilogia del Signore degli Anelli. 

Ecco il testo:

Þrija figgragulþa faur þans albiska-þiudanans undar þana himin;
Sibun faur þans dwairga-fraujans in rohsnim seinaim stainahaim;
Niun faur mannans diwanans, domidans diwan;
Ain faur þana fraujan riqizeinan ana stola riqizeinamma seinamma,
In þamma landa Maurdauris þarei þai skadjus ligand.
Ain figgragulþ waldan ija alla, ain figgragulþ finþan ija,
Ain figgragulþ briggan ija alla jah in riqiza bindan ija.
In þamma landa Maurdauris þarei þai skadjus ligand. 

Testo in italiano:

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nell'oscurità incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.

COMMENTI:

Le frasi sono perfettamente wulfiliane e la traduzione è molto letterale. Forse Teodorico il Grande avrebbe trovato la poesia un po' inusuale, ma di certo l'avrebbe apprezzata. 

Maurdaur /'mɔrdɔr/:
Semplice trascrizione del lemma tolkieniano con ortografia tipicamente wulfiliana. È adattato naturalmente alla declinazione di nomi forti come dags "giorno" (tema in -a-), così si ha il genitivo Maurdauris /'mɔrdɔris/
 

albiska-þiudanans "Re degli Elfi" (acc. pl.):
È un composto formato da
þiudans "re". L'aggettivo prefisso è un derivato col suffisso produttivo -isk- a partire dalla forma ricostruita albs "elfo" < proto-germ. *alβiz (tema in -i-), vocabolo non attestato nei documenti a noi noti del gotico di Wulfila, che dovette però essere presente come parte della comune eredità germanica. Così avremo il plurale Albeis "elfi", dativo pl. Albim, accusativo pl. Albins. È piuttosto singolare questa forma con aggettivo prefisso. Avrei preferito tradurre con þiudanans Albe, usando un semplice genitivo plurale.  

dwairga-fraujans "Signori dei Nani" (acc. pl.):
È un composto formato da frauja "signore". La forma ricostruita dwairgs "nano" ha il tema in -a- e corrisponde alla perfezione al norreno dvergr "nano". In questo caso il composto ha come primo membro il sostantivo, a differenza del più complesso
albiska-þiudanans. 

lunedì 24 ottobre 2016

LA CADUTA DEI GREUTUNGI - SECONDO CANTO

Titolo: Drus Griutunge
Titolo tradotto:
La Caduta dei Greutungi 
Lingua: Gotico
    Note: Gotico rivitalizzato (conlang neogotica)
Traduzione: Inglese
Genere: Poesia epica
Autore: Sconosciuto
Nazionalità dell'autore: Inglese
Autori del backup: Comunità Odinista Spagnola 
    (Comunitad Odinista de España-Ásatrú)
Link originale (conservato in Web Archive):
     http://www.oe.eclipse.co.uk/nom/drus.htm

Link del backup:
     http://asatru.es/drus-griutunge/
Probabile causa rimozione:
 Censura
Valutazione: Eccellente

Peculiarità ortografiche:
Uso di -ng- anziché -gg-;
    uso di hv per non disponibilità del carattere ƕ.


SECONDA PARTE 

Anþara fitja – Fitt II 

Wasuþ-þan þiuda suma
þaþro fairra,
(soh was kuni kunje),
qrammiþai bigrabana,
balþa jah hvassa
badwos funsa.
Grimmiþai allai
waurþun grimmozans. 

Now, there was a people far from there (That was a kin of kins.), fenced about by damp, harsh and bold, keen for conflict. Fiercer they became than all fierceness.

Bisitanai salidedun
saiwim langa,
alja ni gafrehun
alde barna,
waiht ni wissedun
bi wundan gulþ,
nih gahausidedun huhraus
huzde aiw nauhþanuh,
sweþauh ei afar
im þata warþ kunþ. 

Surrounded by swamps they long had their dwelling. Of other sons of men no record reached their ears. No whit of awareness had they of twisted gold, nor ever yet had they heard of hunger for hoards, though afterwards that became known to them.

Þata was leitila waihts,
liþau unswinþa;
af hairdai hvarb
hinda aina.
Jah seiþu warþ.
Saurgandei warþ.
Fralusana in fanja,
si rann framis. 

It was a little thing, weak of limb; a hind wandered from the herd alone. It grew late. She grew sad. Lost in the fen, she ran on.

Ainata iddja
þata airpo dius,
qam maurnando
þairh Mairqjan widu,
haglakaurnam
kaldaim draibiþ
und dauþu nehv,
faur diup wato.
Harduba was anaprangan.
Si mahta halis gangan.
Bisnau faur Salwo swumfsl.
Þata suti ni was,
sa staþs, þarei niqis
nahtam laikiþ,
sa staþs, þarei wulfs
ni wili wraton ufta. 

Alone she went, the tawny creature, came anxiously through Mirkwood, by hailstones driven nigh unto death, by deep water. She was hard pressed. She could hardly walk. Sped by the Dark Mere. Pleasant it was not, that place where the things of the deep cavort by night, that place where the wolf is loath to linger.

Gaþ-þan-frehum, hvaiwa
(Si mahta halis þairhsaihvan.),
fram Filumera,
frasta Gadareikis,
bandjom jah miþ banjom
balwidos wesun
handugos, hunslfrodos
haljarunos. 

Now, we have heard of how (She could hardly see.) at Filimer’s hand, Gadaric’s child, they were tormented with bonds and with wounds: the wise witches, knowledgeable about sacrifice.

Qinom kunnandeim
warþ kindins hvass,
waurhta ijos du wargam,
weisa Hraide.
Ni andnemun þos brudeis at reik
bleiþein in waihtai.
Jah Wulþuwiseis
habaidedun winnan in þis. 

Cunning women the king grew harsh to, made outlaws of them, leader of the Hred-Goths. Those ladies got no mercy from the ruler. And the glorious Visigoths would suffer for that.

Gardins bigetun
miþ gramaim ahmam
aitrakaldans
aurahjom in,
þiubjo þahtedun
bi þatei du þaurftai fairrann. 

Venom-cold homes they found in the tombs with angry ghosts, and in stealth bethought themselves of what was needed.

Jah miþ unhulþam
arþu nemun,
sundro salidedun
samana miþ skohslam,
fram þammei ijos drauhtins usdraif
(Þata was doms sleideis.),
gatawida tibrmaujos,
trudan hreimawigans,
bauan brinnandeins
baurgim fairra,
wraiþein, iþ raigjon
rinnan lailotun.
Nahts neiþhardus;
izos nasos fraus smalos. 

And with fiends they dwelt, lodged apart with demons, since the commander drove them out (That was a dire judgement.), made the oblation-maidens to tread the rime-roads, dwell far from towns, burning with wrath, but the doe they let run. A hate-hard night; froze her little nose.

Aþþan sweþauh qam air uhtwon
(abraba was lasiwa)
dairnjos usdrustins
at Danapris staþam,
jah qam und andi
at Aujom dalaþ,
jah qam bi spedistin
(spaurde afmauida,
galdram ufhabaida),
at Griutungam,
und Hailago hlaiw,
þarei und hita standiþ. 

And still, for all that, she came in the early dawn (She was sorely exhausted.), by hidden tracks, to the banks of the Dniepr; and came in the end down to Aujos the Watermeadows, and came at last (by leagues wearied, by spells upheld) to the land of the Greutungs, unto the Holy Howe, there where it stands to this day.

Þaruh dauns woþi
urrais af wanga.
Iþ luftulukarn
ana landa warm
grundubauandam
du gamana skain,
milhmane skeima,
mannam du botai
in airdagam
swaswe ibno nauh.

And behold, a sweet scent arose from the plain, while sky’s candle warm upon the land, for the delight of dwellers upon Earth, did shine, lamp of the clouds, to the good of mankind, in days of yore as even yet.

Lausqiþra bi lagu
si laubis naut,
jah wato bigat
jah wen bigat
jah gras manag,
þarei groni wohs
in maurgina þar
midjungardis.
Jah qam aftra
þata airpo dius,
unte gang gaman,
jah izai gaumiþ warþ.
Jah nu sa fairhvus
hva fairniza ist. 

Empty-bellied by the beck, she enjoyed her fill of foliage, and found water, and found hope and much grass where it grew green in the morning, there, of the world. And she returned, the tawny creature, for she remembered the way, and was seen. And now this world is somewhat older.

COMMENTI: 

badwos funsa "pronto alla battaglia" (f.): L'aggettivo funs "pronto" è ben attestato nell'antroponimia dei Goti e di altri popoli germanici. Ad esempio il nome Ildefonso deriva da Hildifuns e significa "Pronto alla Battaglia" (cfr. norreno hildr "battaglia"). Il vocabolo badwa "battaglia" è anch'esso di ottima tradizione. Ha origini celtiche e corrisponde all'elemento antroponimico Boduo- ben attestato in gallico, oltre che al teonimo antico irlandese Boḋḃ

Grimmiþai "alla ferocia" (dat.): Il termine gotico ricostruito grimmiþa è una regolare derivazione da grimms "feroce, terribile", non attestto e corrispondente al norreno grimmr "severo; irato". Questo vocabolo esistette di certo, dato che è precisamente l'origine della parola italiana grinta, purtroppo in via di obsolescenza. Infondata e meritevole di scherno è l'idea di quei romanisti che interpretano la parola come "scabbia".

þairh Mairqjan widu "attraverso il bosco scuro": Si colgono gli echi del Bosco Atro creato dalla fantasia di Tolkien, chiamato Mirkwood in inglese, la cui forma gotica è stata ricostruita come Mairqrwidus. Il vocabolo widus, non documentato nei testi di Wulfila, era verosimilmente presente come parte dell'eredità germanica comune. 

haglakaurnam "ai chicchi di grandine" (dat. pl.): Composto formato dal vocabolo ricostruito hagl "grandine" e da kaurn "chicco di grano". Entrambe le parole sono di ottima tradizione germanica: norreno hagl, antico alto tedesco hagal, etc.

hunslfrodos "conoscibili tramite sacrificio" (pl. f.): Il composto deriva da hunsl "sacrificio", donde hunslastaþs "altare" (lett. "luogo del sacrificio"). In inglese vive ancora il vocabolo dotto housel "Eucarestia", che ha la stessa origine della parola gotica. Anche il norreno ha húsl "Eucarestia". L'aggettivo froþs "saggio" è dalla stessa radice proto-germanica da cui deriva il nome del Re Frotho e da cui Tolkien ha tratto il nome di Frodo.

haljarunos "streghe" (pl. f.). Il vocabolo è tramandato da Iordanes nella forma Aliorumnae (la -m- è spuria). Lo storico ci dice che queste streghe si sarebbero accoppiate con gli spiriti immondi del deserto, dando origine agli Unni. Il composto è formato da halja "Inferno" e da runa "segreto". Il nome germanico degli Inferi è dalla stessa radice dell'etrusco Calu, che indica lo stesso identico concetto.

Wulþuwiseis "Visigoti Gloriosi" (nom. pl.): L'etnonimo Wiseis "Visigoti" è la forma originale: la forma Visigothi con cui gli autori hanno trascritto il nome è abbastanza tarda. Il nome, di chiara origine indoeuropea, significa "Eccellenti". Nasce da un equivoco l'idea che Visigoti significhi "Goti Occidentali": si fonda tutto sul fatto che Ostrogoti significa "Goti Orientali".

aitrakaldans "freddi come il veleno" (acc. pl.): Il composto ha buone corrispondenze nel materiale poetico in norreno, dove il veleno è descritto come "freddo". Il termine ricostruito aitr corrisponde al norreno eitr, all'anglosassone ātor e all'antico alto tedesco eitar (tedesco moderno Eiter). Il significato originale della parola doveva essere "ghiandola", "pus". In epoca abbastanza antica si è avuto uno slittamento semantico verso "veleno"

nasos "narici" (acc. pl.): Il vocabolo nasa "narice; naso" (f.), pl. nasos "narici" non è attestato ed è stato ricostruito. Il norreno ha nǫs "narice; naso", antico alto tedesco nasa "naso" (tedesco moderno Nase, di genere femminile). Esistono molte altre varianti complesse, così non sappiamo quale fosse la parola più comune per indicare il naso. 

domenica 4 maggio 2014

LETTERATURA GOTICA CONTEMPORANEA

In questo contributo non parlo dei vampiri che vanno tanto di moda in questi tempi, ma dell'uso letterario dell'antica lingua dei Goti in epoca moderna. J.R. Tolkien è autore di un interessante testo, la poesia Bagme Bloma, ossia Fiore degli Alberi, che riporto con traduzione.
Fornisco anche la trascrizione nei caratteri fonetici IPA, secondo la pronuncia in uso ai tempi di Wulfila (seconda metà del IV secolo) tra la maggior parte dei Goti. La spiegazione dei caratteri si trova in questo link:

 
BAGME BLOMA

Brunaim bairiþ bairka bogum
laubans liubans liudandei,
gilwagroni, glitmunjandei,
bagme bloma, blauandei,
fagrafahsa, liþulinþi,
fraujinondei fairguni.

Wopjand windos, wagjand lindos,
lutiþ limam laikandei;
slaihta, raihta, ƕeitarinda,
razda rodeiþ reirandei,
bandwa bairhta, runa goda,
þiuda meina þiuþjandei.

Andanahti milhmam neipiþ,
liuhteiþ liuhmam lauhmuni;
laubos liubai fliugand lausai,
tulgus, triggwa, standandei.
Bairka baza beidiþ blaika
fraujinondei fairguni.
 
 
Trascrizione fonetica IPA:

ˈbaγme: ˈblo:ma

ˈbru:nɛ:m ˈbɛriθ ˈbɛrka ˈbo:γum
ˈlͻ:βans ˈl
iŭβans ˈliŭðandi: 
ˈg
ilwaˌgro:ni, glitˈmunjandi: 
ˈbaγme: ˈblo:ma, ˈbl
ͻ:andi: 
ˈfa
γraˌfaχsa, ˈliθuˌlii
ˈfr
ͻ:jiˌno:ndi: ˈfɛrguni.

ˈwo:pjand ˈwindo:s, ˈwaγjand ˈlindo:s 
ˈlu:ti
θ ˈlimam ˈlɛ:kandi: 
ˈsl
ɛχta, ˈrɛχta, ˈχwi:taˌrinda 
ˈrazda ˈro:ði:
θ ˈri:randi: 
ˈbandwa ˈb
ɛrχta, ˈru:na ˈgo:ða  ˈθiŭða ˈmi:na ˈθiŭθjandi:.

ˈandaˌnaχti ˈmilχmam ˈni:piθ 
ˈl
iŭχti:θ ˈliŭχmam ˈlͻ:χmuni 
ˈl
ͻ:βo:s ˈliŭβɛ: ˈfliŭγand ˈlͻ:sɛ: 
ˈtulgus, ˈtr
iggwa, ˈstandandi: 
ˈb
ɛrka ˈbaza ˈbi:ðiθ ˈblɛ:ka
ˈfr
ͻ:jiˌno:ndi: ˈfɛrguni
 
Traduzione:   
 
Fiore degli Alberi

La betulla porta sui rami
belle foglie splendenti, 
cresce verdastra e scintillante,
il fiore degli alberi in fiore,
bionda e dalle morbide membra,
sovrana della montagna. 

I venti chiamano, scuotono dolcemente,
lei china i suoi rami bassi in gioco;
liscia, dritta e bianca corteccia,
tremando parla un linguaggio,
un segno luminoso, un buon mistero,
benedicendo la mia gente. 

La sera cresce scura con le nuvole,
i fulmini risplendono,
le belle foglie volano libere,
ma la betulla bianca, ferma e fedele,
sta nuda e attende, 
governando la montagna.

Esiste poi una bellissima traduzione in gotico del prologo del Signore degli Anelli, che si trova nel Web da diversi anni: 


Þrija figgragulþa faur þans albiska-þiudanans undar þana himin;
Sibun faur þans dwairga-fraujans in rohsnim seinaim stainahaim;
Niun faur mannans diwanans, domidans diwan;
Ain faur þana fraujan riqizeinan ana stola riqizeinamma seinamma,
In þamma landa Maurdauris þarei þai skadjus ligand.
Ain figgragulþ waldan ija alla, ain figgragulþ finþan ija,
Ain figgragulþ briggan ija alla jah in riqiza bindan ija.
In þamma landa Maurdauris þarei þai skadjus ligand.
 
 
Trascrizione fonetica IPA: 

ˈθrija ˈfiŋgraˌgulθa fͻr þans ˌalbiska-ˈθiŭðanans ˌundar θana ˈhimin
ˈsiβun fͻr θans ˌdwɛrga-ˈfrͻ:jans in ˈro:χsnim ˌsi:nɛ:m ˈstɛ:nahɛ:m
ˈniŭn fͻr ˈmannans ˈdiwanans, ˈdo:miðans ˈdiwan
ˈɛ:n fͻr θana ˈfrͻ:jan ˈrikwizi:nan ana ˈsto:la ˈrikwiˌzi:namma ˈsi:namma
in θamma ˈlanda ˈmͻrdͻris
ˈθari: θɛ: ˈskaðjus ˈliγand
ɛ:n ˈfiŋgragulθ ˈwaldan ija ˈalla ɛ:n ˈfiŋgragulθ ˈfinθan ˌija
ɛ:n ˈfiŋgragulθ ˈbriŋgan ija ˈalla jah in ˈrikwiza ˈbindan ˌija
in θamma ˈlanda ˈmͻrdͻris
ˈθari: θɛ: ˈskaðjus ˈliγand. 
 
Traduzione: 

Tre Anelli ai re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, Un anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.  
 
La prima volta che ho visto questo testo ho pensato che fosse opera dello stesso Tolkien, ma non ho trovato menzione da nessuna parte di un suo tentativo di tradurre il Signore degli Anelli nella lingua di Wulfila: l'autore di questo capolavoro permane tuttora ignoto. Nel lontano 2004 ho inserito questa versione della Poesia dell'Anello in un gruppo da me creato in Yahoo per favorire la traduzione in gotico integrale del Signore degli Anelli e di altre opere di Tolkien. Purtroppo il progetto non è andato a buon fine. L'unico membro del gruppo che prometteva bene si è rivelato un neonazista ed è scomparso all'improvviso: ho subito pensato che fosse finito in prigione per qualche rissa in cui era rimasto coinvolto. Ben presto sono arrivate prostitute in gran numero a lasciare un'infinità di messaggi di spam erotico che ha sommerso ogni cosa. Nonostante questi gravi ostacoli alla mia opera, non intendo arrendermi. Alcuni critici ritengono che la lingua di questi brani si debba chiamare "neogotico" e che sia una lingua artificiale (conlang), ma sono dell'idea che si tratti di una ricostruzione fondata su solide basi scientifiche, che sarebbe stata a tutti gli effetti ben comprensibile allo stesso Wulfila. Posso solo augurare alla letteratura nella lingua dei Goti di fiorire e di produrre sempre nuove fulgide gemme, a dispetto delle condizioni avverse.