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domenica 4 ottobre 2020

ETIMOLOGIA DI DAGON

Il dio Dagon è descritto dalla Bibbia come una divinità dei Filistei. Essendo questi un popolo di origine marinara, provenienti dalla lontana isola di Caphthor (con ogni probabilità da identificarsi con Creta), fino agli inizi del XX secolo prevaleva l'idea che Dagon fosse un Dio Pesce. Gli studiosi delle Scritture reputavano che tutto ciò fosse assolutamente naturale e scontato, fornendo al contempo una lineare etimologia ebraica del teonimo. Infatti nella lingua scritturale דָּג dāg significa "pesce" (plurale numerabile דָּגִים dāgīm "pesci"), così non è troppo difficile pensare che il teonimo דָּגוֹן Dāgōn significhi proprio "Dio Pesce". Dalla stessa radice derivano le parole דָּגָה dāgāh "pesce" (collettivo), דּוּגָה dūgāh "pesca; arpione da pesca; pescatore", דַּיִג dayig "pesca", דַּייָּג dayyāg "pescatore". 
 
In realtà le cose sono un po' più complesse. Se si indaga, si scopre che l'associazione tra Dagon e il pesce è una fabbricazione medievale. In ebraico esiste anche un'altra parola, che fornisce un'etimologia più plausibile: דָּגָן dāgān "grano, frumento".  Anche in ugaritico il nome comune del grano è dgn /da'ga:nu/. In fenicio questa parola doveva suonare /da'go:n/. Quindi Dagon non è una divinità delle acque, bensì della terra e della crescita dei cereali. Una divinità della fertilità. Non dobbiamo dimenticare una testimonianza giunta da un'epoca lontana: Filone di Biblo (circa 64 - 141 d.C.), basandosi sull'autorità del fenicio Sanchuniathon, scrive che Dagon significa proprio "grano", traducendo il teonimo con il greco σῖτον (sîton). Sempre secondo Filone, Dagon sarebbe stato il fratello di Crono. L'importanza di questa divinità era grande a Ugarit, nella cui lingua ricorre la locuzione bʽl bn dgn /'baʕlu binu da'ga:ni/ "Baal, figlio di Dagon". Gli Hurriti identificavano Dagon con Kumarbi, che era chiamato anche Halki. Orbene, nella lingua hurritica halki significa proprio "grano". 

Possiamo pensare che dal fenicio dgn /da'go:n/ "grano, frumento" sia derivato il teonimo, poi preso a prestito dagli Ebrei col vocalismo diverso da quello della parola comune per indicare il cereale. Casi simili non sono rari: il fenicio yd /jo:d/ "mano" è passato a indicare il nome della lettera yōd /jo:ð/, mentre la parola ebraica per "mano" è yād /ja:ð/. Tutto sarebbe risolto se il culto di Dagon si fosse sviluppato proprio in Fenicia. In realtà l'area in cui questa divinità era adorata era molto ampia e comprendeva la Mesopotamia; sulla costa le attestazioni del suo culto sono molto meno comuni e provengono per lo più da Ugarit. Gli studiosi si interrogano sulla verosimiglianza del racconto biblico, dato che i reperti archeologici con iscrizioni di dedica a Dagon sono scarsi proprio nella terra che fu abitata dai Filistei. In sumerico il teonimo è Dagan. La pronuncia in accadico doveva essere /da'ga:nu/, come in ugaritico. La variante Zagan, che pure si trova in sumerico, è notevole, perché punta a una protoforma con una consonante fricativa iniziale /ð/, che nelle lingue storiche sarebbe diventata per lo più un'occlusiva /d/, ma talvolta si sarebbe assibilata in /z/
 
Qualche biblista avrà sicuramente cercato di ricondurre dāgān "grano, frumento" a dāg "pesce" tramite un singolare artifizio etimologico. La muscolatura del pesce è simile nella sua struttura a una spiga: presenta muscoli incuneati in modo da sembrare proprio i chicchi di grano nella spiga. Così Adamo, volendo nominare il grano e il pesce, avrebbe usato parole simili proprio perché avrebbe notato una somiglianza strutturale. Questo perché i biblisti danno per scontato che l'ebraico fosse la Prima Lingua del genere umano, quando è dimostrato che è una lingua derivata come tutte le altre. I dati esterni alla lingua ebraica (ad es. parole afroasiatiche per indicare tipi di cereali, parole altaiche per indicare il pesce) dimostrano, se ce ne fosse davvero bisogno, che si tratta di un'etimologia popolare, ingegnosa ma vana. 
 
Com'è e quando è nata la leggenda del Dio Pesce? 
 
Tutto ha avuto origine dal testo biblico: 1 Samuele, 5:1-7.
Questa è la versione originale in lingua ebraica: 

בוַיִּקְח֚וּ פְלִשְׁתִּים֙ אֶת־אֲר֣וֹן הָאֱלֹהִ֔ים וַיָּבִ֥אוּ אֹת֖וֹ בֵּ֣ית דָּג֑וֹן וַיַּצִּ֥יגוּ אֹת֖וֹ אֵ֥צֶל דָּגֽוֹן:
גוַיַּשְׁכִּ֚מוּ אַשְׁדּוֹדִים֙ מִֽמָּחֳרָ֔ת וְהִנֵּ֣ה דָג֗וֹן נֹפֵ֚ל לְפָנָיו֙ אַ֔רְצָה לִפְנֵ֖י אֲר֣וֹן יְהֹוָ֑ה וַיִּקְחוּ֙ אֶת־דָּג֔וֹן וַיָּשִׁ֥בוּ אֹת֖וֹ לִמְקוֹמֽוֹ:
דוַיַּשְׁכִּ֣מוּ בַבֹּקֶר֘ מִֽמָּחֳרָת֒ וְהִנֵּ֣ה דָג֗וֹן נֹפֵ֚ל לְפָנָיו֙ אַ֔רְצָה לִפְנֵ֖י אֲר֣וֹן יְהֹוָ֑ה וְרֹ֨אשׁ דָּג֜וֹן וּשְׁתֵּ֣י | כַּפּ֣וֹת יָדָ֗יו כְּרֻתוֹת֙ אֶל־הַמִּפְתָּ֔ן רַ֥ק דָּג֖וֹן נִשְׁאַ֥ר עָלָֽיו:
העַל־כֵּ֡ן לֹֽא־יִדְרְכוּ֩ כֹהֲנֵ֨י דָג֜וֹן וְכָֽל־הַבָּאִ֧ים בֵּית־דָּג֛וֹן עַל־מִפְתַּ֥ן דָּג֖וֹן בְּאַשְׁדּ֑וֹד עַ֖ד הַיּ֥וֹם הַזֶּֽה:
 
Questa è la versione latina della Vulgata:

Philisthim autem tulerunt arcam Dei et asportaverunt eam a lapide Adiutorii in Azotum tulerunt Philisthim arcam Dei et intulerunt eam in templum Dagon et statuerunt eam iuxta Dagon cumque surrexissent diluculo Azotii altera die ecce Dagon iacebat pronus in terram ante arcam Domini et tulerunt Dagon et restituerunt eum in loco suo rursumque mane die alio consurgentes invenerunt Dagon iacentem super faciem suam in terram coram arca Domini caput autem Dagon et duae palmae manuum eius abscisae erant super limen porro Dagon truncus solus remanserat in loco suo propter hanc causam non calcant sacerdotes Dagon et omnes qui ingrediuntur templum eius super limen Dagon in Azoto usque in hodiernum diem.
 
Questa è la traduzione CEI 2008: 
 
5 I Filistei, catturata l'arca di Dio, la portarono da Eben-Ezer ad Asdod. 2 I Filistei poi presero l'arca di Dio e la introdussero nel tempio di Dagon. 3 Il giorno dopo i cittadini di Asdod si alzarono ed ecco Dagon giaceva con la faccia a terra davanti all'arca del Signore; essi presero Dagon e lo rimisero al suo posto. 4 Si alzarono il giorno dopo di buon mattino ed ecco Dagon con la faccia a terra davanti all'arca del Signore, mentre il capo di Dagon e le palme delle mani giacevano staccate sulla soglia; solo il tronco era rimasto a Dagon. 5 A ricordo di ciò i sacerdoti di Dagon e quanti entrano nel tempio di Dagon in Asdod non calpestano la soglia fino ad oggi.
 
Il versetto רַ֥ק דָּג֖וֹן נִשְׁאַ֥ר עָלָֽיו raq dāgōn nishʾar ʿālāyw è stato equivocato e mal tradotto. La Vulgata traduce, come la CEI 2008: "solo il tronco di Dagon era rimasto (a lui)". La parola raq significa "solo, soltanto, esclusivamente". Così la parola per "tronco" è sottintesa. David Kimhi (XIII secolo) interpretò quindi "il tronco di Dagon" come "la parte in forma di pesce del suo corpo", ritenendo che la forma corretta dovesse essere raq dāgō, "solo il suo pesce": omettendo la -n finale, il nome di Dagon veniva a essere la parola comune dāgō "il pesce di lui". Già Shlomo "Rashi" Yitzchaki (XI secolo) era giunto a conclusioni simili prima di Kimhi. Nel XIX secolo questa erronea convinzione, sostenuta da Julius Wellhausen, fu rafforzata dalle scoperte archeologiche mesopotamiche, che portarono alla luce numerose raffigurazioni di divinità con caratteri teriomorfi di pesce. Si trattava degli Abgal (Apkallu in accadico), esseri sapienti tra cui vi era Uanna (grecizzato in Oannes), emerso dal Golfo Persico ai primordi del genere umano per insegnare i rudimenti della civiltà alle genti della Mesopotamia. Questi Abgal nulla hanno a che vedere con Dagon. Una bella lezione per i fautori del primato dell'archeologia sulla linguistica! 
 
Il primo a dubitare del mito del Dio Pesce fu Hartmut Schmökel, che nel 1928 pubblicò il suo lavoro Der Gott Dagan; Ursprung, Verbreitung und Wesen seines Kultes. Oggi nessuno studioso serio sostiene più l'iconografia tradizionale dell'ibrido ittiomorfo, che tuttava continua ad essere presente nella cultura popolare. 
 
Esistono altre ipotesi, a mio avviso poco plausibili:
1) In arabo esiste la parola dajana "essere tenebroso, nuvoloso", che deriva da una protoforma *dagana, visto che in tale lingua il fonema protosemitico velare /g/ è diventato palatale, evolvendo in /dʒ/ in modo sistematico. Sempre in arabo si ha anche dajj "pioggia", forse in qualche modo connesso alla radice di dajana (forse, perché esiste anche la parola dujn "tenebra"). Secondo questa ipotesi, Dagon sarebbe addirittura una divinità uranica, paragonabile a Giove. 
2) Nella lingua degli Hittiti esiste la parola tekan "terra", che ha la variante dagan. Così dankuiš daganzipaš significa "Terra Nera", o meglio "Oscuro Genio della Terra": è un nome dell'Oltretomba. Daganzipa è poi il nome di una dea che corrisponde a Persefone, traducendo l'epiteto greco Khthonía "Sotterranea", e deriva anche dalla stessa radice. Secondo questa ipotesi, Dagon verrebbe ad essere nientemeno che una divinità ctonia, legata al sottosuolo e al mondo del Morti. 
 
Questi sono in sintesi i dubbi: 
 
i) Le caratteristiche di Dagon postulate da queste etimologie non corrispondono a quelle dimostrabili. 
ii) Le parole arabe dajana e dajj hanno origine incerta; non è nemmeno chiaro il rapporto che intercorre tra loro e non se ne trova traccia, a quanto ne so, nell'area in cui Dagon era venerato.
iii) Non mi risulta che il culto di Dagon fosse tipico dell'Asia Minore.
iv) Un tiranno di Purushanda, in Asia Minore, portava il nome di Nur-dagan. Visse all'epoca di Sargon, che lo vinse e lo spodestò. Esiste anche la variante Nur-daggal, che complica le cose. Potrebbe non avere connessione alcuna con Dagon. 
 
H. P. Lovecraft e Dagon 
 
Howard Phillips Lovecraft fu l'autore di un racconto breve intitolato Dagon. Lo scrisse nel luglio del 1917, riuscendo a farlo pubblicare su The Vagrant nel 1919. Dopo alcuni anni, nel 1923, Dagon apparve su Weird Tales. La storia fu ispirata in parte da un incubo che funestò il suo sonno in un'occasione. Così ebbe in seguito a descriverlo: "Ho sognato tutto quell'orribile strisciare, e riesco ancora a sentire la melma che mi risucchia!" ("I dreamed that whole hideous crawl, and can yet feel the ooze sucking me down!"). Bisogna stare attenti a non equivocare: la creatura che appare nel racconto non è denominata "Dagon". È un gigantesco mostro viscido che striscia verso un monolito alieno, abbracciandolo in adorazione. Un devoto quindi, più che il demone oggetto del culto. Il teonimo che dà il titolo all'opera del Solitario di Providence può così essere interpretato: il protagonista, conscio dell'esistenza e della terrificante natura del Signore degli Abissi, deve avergli dato un nome biblico che conosceva bene e che lo faceva tremare dall'orrore. La confutazione del mito del Dio Pesce ad opera di Schmökel sarebbe giunta soltanto pochi anni più tardi, ma questo è per noi irrilevante. Possiamo dire che Dagon e Nodens siano i soli nomi di divinità realmente adorate da popoli della Terra ad essere stati utilizzati da Lovecraft, che ha sempre preferito servirsi di spaventosi suoni di ben altra origine, non appartenenti al mondo che conosciamo.

mercoledì 30 settembre 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI YOG-SOTHOTH

Yog-Sothoth è uno degli Dei Esterni, il cui Nome è stato menzionato (evocato) per la prima volta da H. P. Lovecraft nel romanzo Il caso di Charles Dexter Ward (The Case of Charles Dexter Ward), scritto nel 1927 e pubblicato per la prima volta nel 1941, postumo. 
 
Questo è il testo originale in cui sono descritte le proprietà della terribile Entità, tratto dal racconto L'orrore di Dunwich (The Dunwich Horror), composto nel 1928 e pubblicato per la prima volta l'anno successivo: 
 
"Yog-Sothoth knows the gate. Yog-Sothoth is the gate. Yog-Sothoth is the key and guardian of the gate. Past, present, future, all are one in Yog-Sothoth. He knows where the Old Ones broke through of old, and where They shall break through again. He knows where They have trod earth's fields, and where They still tread them, and why no one can behold Them as They tread."
(H. P. Lovecraft, L'orrore di Dunwich) 
 
Riporto una traduzione in italiano per i pochi non anglofoni rimasti: 
 
"Yog-Sothoth conosce la porta. Yog-Sothoth è la porta. Yog-Sothoth è la chiave e il guardiano della porta. Passato, presente e futuro sono un’unica cosa in Yog-Sothoth. Egli sa da dove gli Antichi irruppero in tempi remoti e sa da dove Essi irromperanno di nuovo. Egli sa dove Essi hanno calpestato i campi terrestri e dove Essi torneranno a calpestarli, e sa perché nessuno può contemplarLi mentre camminano." 
 
Ancora se ne parla nel racconto Attraverso le porte della chiave d'argento (Through the Gates of the Silver Key, 1934), scritto dallo stesso Lovecraft a partire dall'abbozzo narrativo di Edgar Hoffmann Price: 

"It was an All-in-One and One-in-All of limitless being and self - not merely a thing of one Space-Time continuum, but allied to the ultimate animating essence of existence's whole unbounded sweep - the last, utter sweep which has no confines and which outreaches fancy and mathematics alike. It was perhaps that which certain secret cults of earth have whispered of as YOG-SOTHOTH, and which has been a deity under other names; that which the crustaceans of Yuggoth worship as the Beyond-One, and which the vaporous brains of the spiral nebulae know by an untranslatable Sign..." 
(H. P. Lovecraft, E. H. Price, Through the Gates of the Silver Key) 

Traduzione:
 
"Era un Tutto-in-Uno e un Uno-in-Tutto di illimitato essere e sé - non solamente un essere di uno Spazio-Tempo, ma connesso all'essenza ultima ed animante dell'intera ed illimitata curva dell'esistenza - la curva finale e completa che non ha confini e che si estende allo stesso modo verso sognatori e matematici. Era forse quello che certi culti segreti della terra avevano sussurrato come YOG-SOTHOTH, e che era stata una divinità sotto altri nomi; ciò che i crostacei di Yuggoth adorano come l'Altrove, e che i cervelli eterei delle galassie a spirale conoscono attraverso un Simbolo intraducibile."
 
Onnipresente nello spazio-tempo, Yog-Sothoth è tuttavia esiliato dalla Terra, in attesa della giusta occasione per fare il suo ingresso trionfale. Si può dire che agisca una specie di constraint, un arcano vincolo sulla struttura stessa dello Spazio-Tempo, in grado di impedire certe transizioni. 
 
Le radici R'lyehian YOG- e SOTH- 
 
L'etimologia non è affatto difficile se si ha qualche conoscenza della lingua di R'lyeh: YOG-SOTHOTH significa "Abitatore dello Spazio Esterno", da YOG "fuori, esterno" e da SOTH "spazio; il Nulla". Il concetto espresso richiama le Tenebre Esteriori. Per quanto riguarda la morfologia, il suffisso -OTH è molto produttivo col senso di "abitante, nativo" e permette di derivare un gran numero di teonimi e di nomi comuni. Dalla stessa radice YOG "fuori, esterno" sono formate parole come YOGOR "su, in alto", YOGAGL "cielo" (alla lettera "luogo esterno"), YOGFM'L "stella" (alla lettera "fuoco esterno"), YOGFM'LOG "sole" (alla lettera "grande fuoco esterno") e via discorrendo. Esiste anche una traduzione diversa di YOG come "tempo; epoca". La cosa non sarebbe poi così inspiegabile, se fosse confermata: le menti sfocate delle genti di R'lyeh concepivano il Tempo come qualcosa che è al di fuori dello Spazio. Così si sarebbe avuto questo slittamento: 
 
"fuori, esterno" => "al di fuori dello spazio" => "tempo" 
 
È anche possibile che esistessero differenze di pronuncia per noi poco rilevanti che permettevano di marcare la distinzione tra i due diversi significati. Tutto ciò necessita di ulteriori approfondimenti. 

Questo per ciò che concerne l'etimologia interna del teonimo Yog-Sothoth, ossia la derivazione dalla lingua in cui è stato concepito dall'Autore (definita "fittizia" o "artificiale" dagli studiosi materialisti). Sono state tuttavia escogitate dai critici alcune etimologie esterne, che fanno riferimento alle lingue degli umani della Terra e che presentano qualche interessante spunto di riflessione. 

Alcune ingannevoli etimologie popolari
 
1) Origine ebraica. Vagando nel Web mi è capitato di imbattermi in un'interpretazione particolarmente cervellotica. Non ne esiste più alcuna traccia, così non saprei dove indirizzare il lettore. L'autore del blog ormai scomparso sosteneva che Yog-Sothoth in ebraico significasse "Tredici Depravazioni". Così argomentava, nella sua ingenuità infinita, che Sothoth doveva essere l'ebraico סוֹטוֹﬨ sōṭōth "depravazioni", plurale di סוֹטָה sōṭāh "depravazione". Non comprendeva che la consonante è diversa da th. Il verbo סטה sṭh è ben documentato per indicare la depravazione morale: sāṭāh significa "deviare (dalla virtù)". In concreto, la parola sōṭāh indica la moglie infedele o sospettata di infedeltà, ossia la "donna deviante". Non mi pare una semantica adatta agli Dei Esterni. Per quanto riguarda il numerale, egli considerava i valori numerici delle lettere yod (10) e gimel (3), sommandoli e ottenendo per l'appunto "tredici". In effetti per scrivere in forma sintetica 13, si usa la notazione יג. Nella sua infinita ingenuità, questo blogger era convinto che in ebraico la parola per dire "tredici" si pronunciasse realmente YOG! In realtà in ebraico il numerale in questione è שְׁלֹשָה-עָשָׂר shelōshāh-'āsār "tredici" (maschile) e שְׁלֹשׁ-עֶשְׂרֵה shelōsh-'esreh "tredici" (femminile).   
 
2) Origine araba. Sembra una direzione abbastanza scontata in cui fare ricerche. In fondo l'arabo sarebbe stato proprio la lingua madre di Abdul Alhazred, autore del Necronomicon. Così nel manuale del gioco di ruolo The Call of Cthulhu (Chaosium) è stato suggerito che Yog-Sothoth fosse un adattamento della supposta frase araba Yaji Ash-Shuthath "non c'è pace alle porte". Se posso permettermi un paragone espressivo, se questa traduzione è verosimile, allora Hulk Hogan somiglia a Cicciolina.
 
Riporto un significativo dialogo tra Wikipediani sulla natura del nome Yaji Ash-Shuthath
 
 
Nareek (03/01/2007):  
Does this really mean "There is no peace at the gates" in Arabic? I feel a little uncomfortable with the reference as it stands, because it's not actual scholarship--it's color for a role-playing game, which for all we know may have been made up out of whole cloth. I do not think it is a serious suggestion that Lovecraft derived the name from an Arabic phrase. 
 
Phil Smith (04/02/2007):
Good point. I just noticed that the alleged translation had been put there without attribution and hoped that citing the source might clear it up slightly. But yes: it might be Arabic, it might not; the essay in question doesn't actually confirm it one way or another. If it is Arabic, then it's probably a back-formation. Any Arabic speakers able to clear that up? 
 
Legiodes (18/03/2007): 
I'm not sure about 5th edition but according to 6th edition "Yaji Ash-Shuthath" translates to "The abnormal ones (things, times?) are coming" while "There is no peace at the gates" seems to be the english translation of "Ny har rut hotep".
 
Siebharrin (06/06/2007): 
I speak an arabic dialect, and although I'm not an expert of classical Arabic, I can tell : Actually, neither "Yaji Ash-Shuthath" or "Ny har rut hotep" are Arabic...
 
Ho potuto appurare che esiste una frase in arabo classico, ال شذاذ ي جيء yajī'u ash-shudhdhādh, il cui significato è "vengono le cose strane" o "arriva la stranezza". Direi che è una fabbricazione piuttosto grossolana. Tecnicamente parlando, appare insensato spiegare Yog-Sothoth con la lingua di un popolo terrestre: il genere umano è ben giovane in confronto agli Dei Esterni! Uno spiritosone con qualche rudimento di arabo classico deve essersi strizzato il cervello giorno e notte per produrre questa "meraviglia".  
 
Le manipolazioni di Simon e di Carranza 
 
Cercare corrispondenze del teonimo Yog-Sothoth in sumerico e in accadico era un'impresa votata al fallimento fin dall'inizio. Così i famigerati Simon e Venustiano Carranza hanno pensato bene di forgiare forme inesistenti, senza alcun criterio, spacciandole quindi per reali. Ecco alcuni discutibili "capolavori" della creatività umana: 
 
1) il "sumerico" IAK SAKKAK, menzionato da Simon nel corpus delle formule del suo pseudo-Necronomicon;
2) il "babilonese" YUGGSUDUGGU con la variante YUGSUDUK, menzionato nelle cosiddette Tavolette di Kutu, nel Necronomicon fittizio di Carranza. 
 
I falsificatori non mostrano alcuna conoscenza delle lingue dell'antica Mesopotamia, che distorcono a loro piacimento a beneficio dei babbei che credono a baggianate così colossali. Confondono il sumerico (una lingua isolata) con l'accadico (una lingua semitica), ignorano ogni fondamento di fonotassi e di scrittura di entrambe le lingue, spargono fumisterie di ogni genere e arrecano grande nocumento alla Conoscenza.

Un'interpretazione cabalistica

Il mago cerimoniale Thelemita Kenneth Grant (1924 - 2011) ha proposto una tesi singolare: Yog-Sothoth sarebbe stato descritto dal Solitario di Providence come un conglomerato di globi maligni (supposto originale: "a conglomeration of malignant globes"; frase attestata: "only a congeries of iridescent globes, yet stupendous in its malign suggestiveness", L'orrore nel museo, 1933) su ispirazione delle Qliphoth, le cosiddette "Conchiglie", che rappresentano il Male nella cosmologia cabalistica e si contrappongono alle Sephiroth, le emanazioni attraverso cui si rivela l'Infinito (Ain Soph). Nel misticismo ebraico l'insieme delle Qliphoth è conosciuto come Albero della Morte, che è il contrario dell'Albero della Vita. Andrebbe verificato quanto Lovecraft conoscesse davvero le complessità della Cabala. Non mi risulta che conoscesse l'ebraico (aveva soltanto pochi rudimenti di greco). Si è detto e scritto di tutto su di lui e sulla sua ipotetica formazione esoterica. Ricordo la suggestione che lo vorrebbe istruito nei misteri della Massoneria Egiziana la cui fondazione è attribuita a Cagliostro: queste nozioni gli sarebbero giunte tramite la consultazione della biblioteca paterna. Su tutte queste cose sono piuttosto scettico.  
 
Questi sono i nomi delle 10 Sephiroth che compongono l'Albero della Vita: 
 
1. KETHER
2. CHOKMAH
3. BINAH
4. CHESED
5. GEVURAH
6. TIPHERETH
7. NETZACH
8. HOD
9. YESOD
10. MALKUT 
 
Alcune Sephiroth hanno nomi alternativi:
CHESED è anche nota come GEDULLAH;
GEVURAH è anche nota come PAHAD e come DIN;
TIPHERETH è anche nota come RACHAMIN
MALKUT è anche nota come SHEKINAH
 
Le varianti ortografiche sono dovute a diverse convenzioni nella traslitterazione: YESSOD, MALKUTH, etc.  
 
Questi sono i nomi delle 10 Qliphoth che compongono l'Albero della Morte: 
 
1. THAUMIEL  
2. CHAIGIDEL
3. SATHARIEL
4. GAMCHICOTH
5. GOLACHAB
6. THAGIRION
7. HARAB SERAPEL
8. SAMAEL
9. GAMALIEL
10. NEHEMOTH

Le varianti ortografiche sono dovute a diverse convenzioni nella traslitterazione. Alcuni scrivono THAMIEL anziché THAUMIEL.
 
Nel Necronomicon fittizio di George Hay, Yog-Sothoth è costituito da 13 globi maligni i cui nomi sono i seguenti: 

1. GOMORY 
2. ZAGAN 
3. SYTRY 
4. ELIGOR 
5. DURSON
6. VUAL 
7. SCOR 
8. ALGOR
9. SEFON
10. PARTAS
11. GAMOR
12. UMBRA
13. ANABOTH 
 
La fonotassi non è tipicamente R'lyehian, anche se nulla impedisce a questi nomi di appartenere a tale lingua; si nota che un nome suona come il latino umbra "ombra". Non è improbabile che l'autore della teoria delle 13 Depravazioni (vedi sopra) abbia tratto ispirazione dall'opera di Hay.  

sabato 8 agosto 2020

L'ETNONIMO SHARDANA E UNA SUA SOPRAVVIVENZA IN BASCO

Si è molto parlato dei valorosi Shardana, i guerrieri che invasero l'Egitto, divenendo le guardie del corpo del Faraone Ramses II il Grande, il Ramesse di cui narrano le Scritture. Pur essendo di per sé evidente l'identità tra questi Shardana e i Nuragici della Sardegna, come ci mostra anche l'iconografia, ci sono sempre accademici che cercano di negarla con ogni mezzo. I motivi di un simile atteggiamento non sono chiari, anche se il sospetto è che in qualche modo abbiano la loro origine nella politica. 
 

 
In egiziano l'etnonimo era trascritto usando come di  costume le consonanti, ma aggiungendovi alcuni segni che possono essere considerati matres lectionis e fornire una rudimentale indicazione della pronuncia delle vocali. La traslitterazione comune è Šrdn o Šrdn.w (essendo w il suffisso che forma il plurale dei sostantivi maschili, spesso omesso). Più corrette sono le varianti Š³rd³n³ e Š³rdyn³, che presuppongono una pronuncia /ʃar'da:na/ o /ʃar'danna/. Il suono /d/ non si trovava in parole egiziane native e veniva trascritto usando lo stesso carattere geroglifico che trascriveva la dentale sorda enfatica /ṭ/ (quello che sembra una mano rattrappita). Con buona pace di alcuni studiosi wikipediani, in egiziano non avevano valore distintivo le vocali atone nella sillaba precedente quella accentata - anzi, già nel Medio Regno dovevano suonare indistinte, come /ə/. L'uso della mater lectionis ³ (il geroglifico che rappresenta un rapace) doveva servire a suggerire ai parlanti egiziani il valore di una vocale piena e distinta, /a/
     

 
Abbiamo anche trascrizioni dell'etnonimo in lingue semitiche del Medio Oriente.
Ugaritico: Šrdnn(m), Trtn(m)
Accadico: Še-er-ta-an-nu 

Queste forme mi fanno propendere per la pronuncia /ʃar'danna/, con una nasale forte. Una variante /ʃer'danna/ è certo possibile, anche se credo che non ci fosse una gran differenza: la vocale /e/ presupposta dalla trascrizione accadica era dovuta all'influenza del suono palatale iniziale. È anche possibile che fosse una vocale /æ/ molto aperta, in pratica una via di mezzo tra /a/ e /e/. Trovo incredibile e meritevole di scherno l'idea di Bartoloni (2004), riportata dai genialoidi wikipediani, secondo cui "una sostituzione di vocale avrebbe mutato completamente il significato della parola". Questo significa ignorare completamente ogni elementare principio di fonotattica dell'antico egiziano e delle lingue semitiche. Una parola come Šrdn era riconoscibile all'istante come straniera, proprio come noi tutti comprendiamo all'istante che non sono germogliate nella Firenze di Dante parole come gangster, gangbang, blowjob, snuff movie, etc. Non sarebbe ora che gli archeologi la smettessero di pretendere di occuparsi di linguistica? 
 

 
Il fatto è a quanto pare ignorato dai vasconisti, che non lo commentano nemmeno, ma esiste in basco la parola sardana, che ha un duplice significato. Come aggettivo significa "audace, coraggioso" (glossa spagnola "osado, atrevido"), mentre come sostantivo indica una particolare danza circolate tipica della Catalogna, che si crede importata dalla Sardegna. Ebbene, all'origine del vocabolo basco sardana "audace, coraggioso" sta chiaramente l'etnonimo Shardana. Ne consegue che tale etnonimo è ben fondato e ben pronunciato. In basco la consonante s trascrive un suono apicale, che sembra quasi una via di mezzo tra /s/ e la palatale /ʃ/.
 
La forma protobasca ricostruibile è *sardaNa "audace, coraggioso" (< "sardo") con una consonante nasale forte (per facilità si potrebbe scrivere *sardanna) e una sibilante apicale.
 
Stando ai suoi residui toponomastici, in paleosardo questo vocabolo doveva essere pronunciato *SÀRDANA e avere un plurale *SÀRDARA, che è effettivamente attestato come nome di paese: Sardara (in sardo Sàrdara), nella provincia del Sud Sardegna, ex Medio Campidano. 

Incredibile quanto queste parole siano trascurate dal mondo accademico. Larry Trask nel suo Etymological Dictionary of Basque (University of Sussex, 2008) non menziona neppure il vocabolo in questione, come se fosse fatto di aria sottile (made of thin air). Secondo lo studioso inglese, ormai deceduto, l'isolamento del basco sarebbe stato assoluto e tutto ciò che non rientrava in questi schemi era etichettato come "made of thin air". Ho trovato un post nel vasto Web in cui si parla dell'etimologia di sardana, ma soltanto nella sua accezione di "ballo circolare catalano" e per giunta usando un approccio che a mio avviso non è affatto scientifico.
  
 
Senza dubbio è una falsa etimologia: la formazione è incompatibile con la fonologia del protobasco e con la sua morfologia. 
Questa è la proposta etimologica dell'autore del testo, Antonio Arnaiz Villena:

SARTU (vasco)= agarrados, ensartados (castellano)
ANA (o ANAI, vasco)=hermandad (castellano)

1) sartu significa "entrare, inserire": è un infinito, non è un participio passivo col significato di "afferrati; tesi" e la semantica non quadra affatto;    
2) anai significa "fratello" e non fratellanza; la sua protoforma è complessa (Trask ricostruisce *aNanea); 
3) non si ha alcun caso di sartu come primo elemento di parole composte, ridotto a sard-: si ignora la fonotattica basca; la formazione è grammaticalmente erronea;
4) una simile paretimologia, sommamente improbabile, non spiega il nome degli Shardana, mentre al contrario il nome degli Shardana spiega il nome della danza. 

martedì 18 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI WHITTAKER

Gordon Whittaker (Università di Gottinga) è l'autore dell'articolo The Case for Euphratic, pubblicato nel 2008 su Humanities & Social Sciences (Linguistics & Grammatology). Il lavoro in questione, ospitato da Academia.edu, è consultabile e scaricabile liberamente al seguente link:


Questo è l'abstract, da me tradotto: 

"Sarà dimostrato che la scrittura cuneiforme, il vocabolario del sumerico e dell'accadico e i toponimi della Mesopotamia meridionale conservano resti di un'antica lingua indoeuropea, realmente più antica di oltre un millennio. Inoltre le prove sono dettagliate e abbastanza consistenti da permettere la ricostruzione di un certo numero di caratteristiche della lingua indoeuropea proposta, l'eufratico, e di abbozzare uno schema del modello culturale eufratico."

Ovviamente il nome che Whittaker ha attribuito a questa ipotetica lingua perduta, ossia eufratico, è arbitrario. 

Per più di un secolo è infuriata una controversia sull'appartenenza etnica della popolazione della Mesopotamia meridionale nel quarto millennio a.C., epoca in cui è comparsa la rivoluzionaria innovazione della scrittura, destinata ad influenzare in modo profondo il contesto delle città-stato di quella che per convenzione ci è nota come terra di Sumer. In anni recenti il dibattito si è focalizzato sulla lingua dietro i testi più antichi, le tavolette proto-cuneiformi del Tardo Periodo di Uruk (circa 3350-3100 a.C., datazione convenzionale). A tale controversia è stato dato il nome di Questione Sumerica. Questi sono i principali problemi della Questione Sumerica:

1) A partire da quale periodo i Sumeri sono presenti nella Mesopotamia meridionale?
2) Essi erano gli originari abitanti della Mesopotamia meridionale o hanno invaso una terrà già occupata?
3) Se non erano autoctoni, da quale società (o da quali società) sono stati preceduti? 

Mentre numerosi studiosi hanno attaccato ogni tentativo di identificare elementi linguistici pre-sumerici, altri hanno proposto soluzioni diverse. Così Landsberger ha postulato un "sostrato proto-eufratico" per spiegare toponimi morfologicamente opachi, teonimi e termini tecnici (1944, 1974). Oppenheim ha congetturato quanto segue: 

"Una considerevole sezione del vocabolario sumerico che si basa sulla cultura materiale della Mesopotamia contiene termini e designazioni che non sembrano essere sumeriche e che non appartengono a nessuna lingua semitica (proto-accadica). Queste parole possono teoricamente echeggiare uno o più sostrati linguistici molto più antichi e quindi riguardano i precedenti portatori di ciò che proponiamo di definire civiltà della valle dell'Eufrate." 

Whittaker in una serie di articoli (1998, 2001, 2004, 2004/2005, 2005) ha ipotizzato che questo sostrato pre-sumerico consistesse in una lingua indoeuropea fatta e finita.   

Mi sono imbattuto per la prima volta nella Questione Sumerica quando ancora ero un liceale brufoloso. In una rivista di linguistica ho letto che il nome di Babele (Babilonia) risale al sostrato pre-sumerico della Mesopotamia e che in quanto tale non ha etimologia possibile. Così sono dovute a etimologie popolari tanto l'interpretazione accadica che vi vede Bāb-ili, Bāb-ilu "Porta del Dio" o Bāb-ilāni "Porta degli Dei", quanto l'interpretazione ebraica fornita dalla Bibbia, che parla di Bāvēl come di un luogo di confusione linguistica, dal verbo bālal "confondere". Certo, molti diranno che avrei fatto meglio a pensare alla figa. Il punto è che ci pensavo comunque, nonostante avessi anche altri interessi: l'impulso ad emettere lo sperma non mi impediva di pensare. Non avendo punti d'appoggio su cui costruire una teoria, la questione del misterioso sostrato pre-sumerico cadde nel dimenticatoio e lì fu lasciata per molti anni a fermentare. Dopo tanto tempo, sono felice di constatare che qualcuno si è occupato in modo serio e approfondito dell'affascinante argomento, anche se non nascondo che l'idea di una lingua pre-sumerica indoeuropea comporta non poche difficoltà.

Estraggo alcuni dei lemmi trattati dall'opera di Whittaker e li presento in questa sede per il piacere filosofico dei lettori, corredandoli dove necessario di miei commenti. Dubito che simili studi siano mai stati pubblicati in lingua italiana. 

1) Si notano valori fonetici incongrui per alcuni logogrammi: 

HU "uccello" < IE *h2au̯i- "uccello" 
   vs. Sumerico MU
ŠEN "uccello"

LIK "lupo" < IE *u̯ḷkwo-
   vs. Sumerico URBARRA "lupo" < UR "cane" + BAR "esterno" (i.e. "cane estraneo").

LIB ~ LUB "volpe" < IE *u̯ḷpeh1-
   vs. Sumerico KA "volpe"

PEŠ "essere vasto", scritto con lo stesso segno usato per "pesce" 
   nasconde un antico *PEŠ "pesce" < IE *peisk(')- / *pisk(')-
   vs. Sumerico KU, KUA "pesce", a sua volta ritenuto un prestito
   dal sostrato eufratico
   Commento: IE *peisk(')- / *pisk(')- si trova soltanto in alcune lingue indoeuropee occidentali: latino piscis, protogermanico *fiskaz (gotico fisks, norreno fiskr, etc.), protoceltico *eiskos (antico irlandese íasc). Nonostante numerosi tentativi di ricondurre questa radice a quella per indicare l'acqua (IE *ap- < *Hap-), interpretandola come "bestia d'acqua", la formazione si presenta altamente problematica, a cominciare dal suffisso esotico, per non parlare del vocalismo. Attribuirla alla Mesopotamia dell'epoca di Uruk sarebbe come pensare che le paroli inglesi wop "guappo" e racket "organizzazione ricattatoria" possano risalire al contesto di Beowulf.

2) Possibili prestiti dal sostrato eufratico in sumerico.

Nomi di animali:

KU "pesce"
    < IE *(dh)g'huh-

   Commento: Secondo Halloran è da KU "cibo" + A "acqua": si tratterebbe semplicemente di un antico composto sumerico, senza necessità di ricorrere ad elementi esterni. Il punto è che Halloran è noto per spiegare Omero con Omero.  

GILIM ~ GILIN KILIM "mangusta"
    < *IE *gḷh-i-m (acc.)
    Cfr. latino glīs "ghiro", greco γαλέη "donnola", sanscrito giri-
   "topo".
  Commento: Le parole del latino, del greco e del sanscrito non hanno l'aria di avere origine indoeuropea, non più di quanto padrino e picciotto abbiano l'aria di essere parole inglesi. Sulla loro origine ultima si potrebbe discutere a lungo senza arrivare da nessuna parte.


GUD "toro; bue"
    < IE *gwo:u-s "bovino"
   Commento: A me pare più probabile la direzione opposta del prestito, che il termine sumerico sia passato in protoindoeuropeo per motivi culturali (da un popolo agricolo a un popolo di razziatori e di allevatori delle steppe). 


Possibili derivati:
   GARA (valore fonetico)
       < IE *gwou-ró- "bovino; rossiccio"
       Si trova come secondo elemento in INDAG(A)RA, nome di un
       bovino mitico, figlio del Dio della Luna, detto anche NINDA-
       GUD.
   GUGARID "pastore"
        < IE *gwou-k(w)ol-i-s "pastore"

   GIDIM ~ GUDMA ~ GADMA "ecatombe" (sacrificio di cento
   buoi)
        < IE *(d)k'ṃtom-gwu-ah2- "sacrificio di cento buoi"


HURIN "aquila" (termine mitologico)
    < IE *h3or-(e)n- "aquila"  (meglio "uccello") 
   Cfr. protogermanico *arnuz, *arēn "aquila" (gotico ara, etc.),
   greco ὄρνις "uccello", etc.


NERAH ~ NIRAH "serpente, vipera"
    < IE *neh1-tr-ah2 "serpente, vipera"
    Cfr. latino natrīx "biscia", protogermanico *naðraz (gotico nadre
    "di vipere", norreno naðr "serpente", etc.).


SAH ŠAH "maiale"
    < IE *s(e)uh- "maiale"
   Commento: Per fortuna l'autore riconosce la difficoltà del vocalismo. Riguardo al preteso dittongo nella forma indoeuropea ricostruita, non posso far altro che avanzare un forte scetticismo: sembra una manipolazione ad hoc.


Termini pertinenti alla vista e al volto: 

IGI "occhio, occhi; faccia"
    < IE *h3okw- "occhio"; *h3okw-ih1 "occhi" (duale)


UKTIN "apparenza; forma; fattezze del viso"
    < IE *h3okw-ti-m (acc.) "apparenza, vista; espressione"
  Commento: rispetto a IGI "occhio, occhi; faccia", si notano diversi sviluppi fonetici dovuti al gruppo consonantico.


ULUTIM ~ ULUTIN "apparenza, forma; fattezze del viso"
    < IE *u̯ḷ-ti-m (acc.) "apparenza, fattezze del viso"
    Cfr. latino vultus "volto", protoceltico *wel- "vedere" (gallese
    gweled "vedere", antico irlandese fili, gen. filed "veggente;
    poeta"). 


Armi e utensili:

UBRIM ~ UBRI "lancia"
    < IE *h2ok'(u)ri-m (acc.) "punta aguzza" 


ŠUKUR "lancia; giavellotto"
    < IE *sek-uhr- "ascia" < *sek- "tagliare" 

    Cfr. latino secūris "scure"

UKUR ~ UGUR "pentola"
    < IE *h2oukw-ṛ, gen. *h2ukwn-es "pentola per cucinare"


Una notevole famiglia di parole:

NER ~ NIR "signore; principe, eroe)
   < IE *h2ne:r "uomo, eroe"
   Cfr. greco ἀνήρ "uomo"; latino neriōsus "forte", etc. 


NER ~ NIR "autorità, fiducia; confidenza"
   < IE *h2ner-tú- "potere carismatico" 


NER ~ NIR "principesco"
    < IE *h2ner-o- "forte"  


NUR ~ NARA ~ NAR "principe" (valore fonetico)
    < IE *h2nor-o- "carismatico, forte" 


LIRUM ~ NER "forza; forte, potente; grande; resistente; ostinato;
    un nobile"
    < IE *h2nero-m (acc.) "forte"  


NITAH "uomo; maschio"
    < IE *h2nṛ-tah2 "mascolinità, virilità" 


ŠUNIR (emblema divino)
   < IE *h1su-h2ner-o- "potente; fortunato" 

   Commento: Se l'etimologia fosse corretta, saremmo di fronte a un antico composto, chiarissimo a un indoeuropeista e oscuro a qualsiasi parlante sumerico. 

Interessanti sono le ricostruzioni di elementi grammaticali:

Sumerico -AH
       < IE -*ah2 (suffisso femminile) 
Sumerico -AM
~ - AB; -UM ~ -UB
      < IE -*om (accusativo maschile; mominativo/accusativo
      neutro)
Sumerico -D
~ -R
      < IE -*s (nominativo maschile)  

Sumerico IN "in; a; da"
      < IE *en "in"
Sumerico ANA "a; per"
      < IE *ana
~ *an "su"
Sumerico TUKUM "immediatamente; in un attimo; se"
      < IE *to-kom "con questo"


Non tutte le etimologie proposte da Whittaker sono così brillanti come quelle sopra riportate. Alcune si fondano su mutamenti a mio avviso piuttosto implausibili. Esempi: 

DURAH "tipo di cervo; ibice"
     < IE *(d)i̯ork-ah2 "specie di cervo; gazzella" 

    Commento: Mi pare che il mutamento -rk- > -r- sia piuttosto stravagante. La radice indoeuropea si trova soltanto in greco e in celtico: non si può escludere che si tratti di un antico prestito da una lingua sconosciuta. La stessa radice si trova anche nel basco orkatz "capriolo", ma probabilmente si tratta di un prestito da una lingua indoeuropea pre-celtica.

LARAH "un parte del giogo"
    < IE *lorg-ah2 "mazza; asta del carro"
   Commento: A parte il mutamento -rg- > -r-, che mi lascia perplesso, vediamo come IE *lorg-ah2 "mazza; asta del carro" sia un mero fantasma, ricostruito a partire dal celtico (antico irlandese lorg "mazza"; bretone lorch'enn "asta del carro"). Whittaker afferma che la radice, definita "indoeuropea", sia sopravvissuta soltanto in celtico. A me pare che sia abusivo prendere un vocabolo oscuro e isolato per proiettarlo nelle steppe e farlo diventare indoeuropeo con la bacchetta magica di Harry Fotter. Pensare alla sopravvivenza di un termine di sostrato è infinitamente più semplice che pensare a una parola persa in tutti i rami dell'indoeuropeo tranne che in uno.


ZARAH "dolore, dispiacere; lamento funebre; vulva; eczema"
    < IE *surgh-ah2 "dolore, preoccupazione; malattia" 

   Commento: Abbiamo sempre il mutamento problematico -r- + occlusiva velare > -r-; sulla liceità della forma indoeuropea ricostruita nutro forti dubbi.

ZARAH "cicogna"
    < IE *storg-(ah2) "cicogna" 

   Commento: Abbiamo sempre il mutamento problematico -r- + occlusiva velare > -r-; sulla liceità della forma indoeuropea ricostruita nutro forti dubbi.

Mi convincono poco anche le etimologie proposte per alcuni toponimi: 

KALAMA "terra di Sumer"
    < IE *k'olh2-m- "canna"
NIBRU "Nippur"
    < IE *nebh-ró- "nuvolo"
ERIDUGU
~ ERIDUG "Eridu"
    < IE *u̯r-ii̯-ah2 dḷk-ú- "città dolce"
KUARA "Kuara"
    < IE *(dh)g'huu̯ah2-r
ó- "ricca di pesci"
KARKARA
~ KAKRU ~ KAKRA "Karkara"
    < IE *kwerkw-r
ó- (< *perkw-ró-) "della quercia"
ARARMA "Larsa"
  
(accadico LARSAM) 
   < IE *h2ṛg'-ró-m "bianco splendente"
   Commento: La forma accadica confrontata col toponimo
   sumerico punta a una protoforma pre-sumerica assai complessa, 
   per cui il tentativo di raffronto con l'indoeuropeo ha elevate
   possibilità di essere fallace.
USAB
~ ASAB ~ ADAB "Adab"
   < IE *h2us-ró-m "dell'aurora"
TINTIR "Babilonia"
  < IE *deiu̯o:m dhu̯ṛ- "Porta degli Dei"
  Commento: Tradotto come KA.DINGIR.KI in sumerico e come
  BĀB-ILU, -I in accadico; la ricostruzione indoeuropea appare
  altamente cervellotica.
LAGA
Š "Lagash"
   < IE *legh-os "magazzino"
   Il toponimo è tradotto in accadico come NA(K)KAMTU
  "magazzino". 

   Commento: La forma sumerica e quella accadica potrebbero risalire a una stessa protoforma complessa; la traduzione accadica potrebbe essere il semplice frutto di un'etimologia popolare, come per il caso di Babele. 

Partendo da queste premesse, Whittaker finisce con lo spingersi molto oltre, tanto da dare l'impressione di voler indoeuropeizzare l'intero vocabolario sumerico. Nel suo successivo lavoro, Euphratic: A phonological sketch (2012), vediamo questa tendenza panindoeuropea in pieno svolgimento. Questo è il link all'articolo:


La mia perplessità è grande, nonostante sia fornito con dovizia di particolari e di esempi un insieme di elaborate corrispondenze fonetiche. Utilizzando questi mezzi si potrebbe dimostrare anche l'origine indoeuropea dello zapoteco dell'Istmo.

Conclusioni

Nonostante l'indubbio interesse di certe etimologie, la metodologia whittakeriana è altamente rischiosa e rischia di portare fuori strada. Queste sono le mie osservazioni: 

1) Il sumerico presenta scarsa variabilità interna. Ha soltanto due dialetti noti: la lingua standard (EMENGIR) e la cosiddetta "lingua delle donne" (EMESAL). Come conseguenza, la possibilità di ricostruire protoforme di qualche utilità è abbastanza limitata.
2) Il sumerico è una lingua isolata e presenta grandi difficoltà di comparazione con altre lingue (nonostante i tentativi di Allan R. Bomhard di ricondurla al nostratico).
3) Il sumerico è una lingua molto consunta e fortemente evolutiva, un po' come il francese e l'inglese d'America. 

Se avessimo l'inglese d'America come sola testimonianza di una lingua indoeuropea, registrata unicamente dalla viva voce e senza alcuna attestazione scritta, cosa riusciremmo davvero a ricostruire del suo passato? In quante trappole cadremmo se volessimo confrontarla con l'ebraico?