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mercoledì 4 agosto 2021

IL SALMO CANARIO O PADRE NOSTRO GUANCHE: UN FALSO STORICO

José Barrios García è l'autore dell'articolo Las seis vidas de una frase: el salmo canario o padrenuestro guanche, ossia "Le sei vite di una frase: il salmo canario o padrenostro guanche", pubblicato nel 2016 sulla rivista Tabona. Revista de prehistoria y de archeología (Universidad de la Laguna, vol. 21). Il lavoro, presente nel sito Academia.edu, è liberamente consultabile e scaricabile al seguente link: 
 
 
Nel 1934, Emilio Hardisson y Pizarroso presentò all'Instituto de Estudios Canarios una frase che avrebbe dovuto essere la traduzione del Salmo 113 nella lingua preispanica delle Canarie. Questa frase, riportata in un manoscritto datato 1803, era la seguente: ATISA CAGNREN CHA ONDIKHUESATE ANTICHIAHA ONANDA ERARI. La presunta traduzione in spagnolo sarebbe questa: "Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor", ossia "Dall'Oriente all'Occidente è lodevole il Nome del Signore". La traduzione CEI del testo biblico è la seguente: "Dal sorgere del sole al suo tramonto sia venerato il nome del Signore". Sorvoliamo sulla discrepanza tra le varie traduzioni. Tutto molto suggestivo. Peccato che si tratti di un colossale imbroglio, come Barrios García ha potuto dimostrare con argomenti solidissimi. All'epoca, Dominik Josef Wölfel e altri studiosi non sono riusciti a concludere nulla sull'affidabilità di questo documento e sul suo significato reale, giungendo a fatica alla conclusione che potesse trattarsi della prima frase del Padre Nostro: da ciò è derivata la denominazione tradizionale di Padre Nostro Guanche. Penso che sia importante parlarne per vari motivi. Innanzitutto, nessuno in Italia a quanto pare si occupa delle lingue degli antichi Canari. Inoltre questa è la cronistoria di un falso storico particolarmente nocivo e persistente, dal momento che è persino stato utilizzato come simbolo da movimenti religiosi che possiamo soltanto definire posticci. Già è di estrema difficoltà far luce sul passato del genere umano, con tutte le lacune che minacciano la Conoscenza ad ogni passo. Se poi ci si mettono coloro che diffondono informazioni fittizie, non si può riuscire a ottenere alcun risultato utile, si viene costantemente intralciati e si rischiano conclusioni fuorvianti - come questo caso dimostra al di là di ogni dubbio.
 
L'autore dell'articolo parte dall'origine dell'equivoco che ha dato vita al falso storico del Padre Nostro Guanche, seguendone passo per passo lo sviluppo attraverso i secoli. Credo che sia più efficace compiere il percorso a ritroso. 

Nel 2011, Ignacio Reyes García, autore del famoso Diccionario Ínsuloamaziq, è partito dalla frase trasmessa dalla "tradizione orale", riportata da Fernando Hernández González nel suo libro Taucho, la memoria de los antiguos (2010), soltanto di poco diversa da quella pubblicata da Hardisson y Pizarroso:

Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari. 

Così Reyes García l'ha "trascritta", trasponendola in berbero, nella miglior tradizione dei traduttori magici

A ətti ččaš šagren ša ondi, Wassksaḍ anti išačča-ana, onan-da er ăr-i.

Quindi ne ha dato una "traduzione letterale": 

"Desde que el incremento el brillo duradero hacia el término, Dios el origen nos sustenta, el propio nominativo hasta mi objeto más preciado."
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Poiché accresce lo splendore duraturo del termine, Dio l'origine ci sostiene, il nominativo stesso al mio oggetto più prezioso."
 
Ha fatto seguito una traduzione figurata: 
 
"Desde el naciente del Sol hasta el ocaso, Dios es la causa que nos sustenta, incluso el nombre mismo [es] mi ser más querido." 
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Dal sorgere del Sole al tramonto, Dio è la causa che ci sostiene, anche il nome stesso [è] il mio essere più caro."
 
Veniamo ora alla "tradizione orale" di partenza. La frase fece la sua misteriosa comparsa verso il 1970 nel contesto dei movimenti religiosi canari fondati sul recupero della spiritualità e dei rituali degli antichi Guanche. La fonte ultima a cui Reyes García ha potuto risalire sarebbe stata un documento degli inizi del XIX secolo, che fu evidentemente consultato da un antenato dell'informatore. Credo che a questo punto sia opportuno riportare le testimonianze contenute nell'articolo di Barrios García, per necessità di conoscenza.
 
"[La frase] figura en un documento fechado en 1803 que recopila esta fórmula en diversos idiomas, aunque la versión que da entrada a este asiento fue recogida por Fernando Hernández González de su abuelo Isidro Hernández, quien la pronunciaba durante la celebración del ritual del Achún Magec."  
 
Traduzione: 
 
"[La frase] appare in un documento del 1803 che riporta questa formula in varie lingue, anche se la versione che dà accesso a questa voce è stata raccolta da Fernando Hernández González presso suo nonno Isidro Hernández, che la pronunciò durante la celebrazione del rito dell'Achún Magec." 
 
E ancora (il grassetto è mio): 

"Según el periodista y escritor Fernando Hernández González, su abuelo, Isidro Hernández, natural de Lomo Mena, en la comarca de Agache (sur de Tenerife), acudía con un grupo de amigos a las Piedras de Ayesa (Arafo) en la madrugada de cada 21 de junio para celebrar un pequeño ritual que denominaba «Achún Magec» [...]. Durante esta ceremonia solsticial, pronunciaba su propia versión del salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»..."  
 
Traduzione: 
 
"Secondo il giornalista e scrittore Fernando Hernández González, suo nonno, Isidro Hernández, originario di Lomo Mena, nella regione di Agache (a sud di Tenerife), si recò con un gruppo di amici alle Piedras de Ayesa (Arafo) nei primi anni mattina di ogni 21 giugno per celebrare un piccolo rito che chiamò «Achún Magec» [...] Durante questa cerimonia solstiziale, pronunciò la propria versione del Salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»...)" 

Ecco altre informazioni utili sulla linea esoterica fittizia:
 
"Sin embargo, no consta tampoco la línea de transmisión a través de la cual recibió esta sentencia [el abuelo de F. Hernández], aunque una fecunda tradición oral parece haber sido conocida por algún otro antepasado de su familia paterna (en particular, su abuelo, Agustín Hernández Izquierdo, cabrero en la zona de Anocheza)."  
 
Traduzione: 
 
"Tuttavia, non si conosce la linea di trasmissione attraverso la quale [il nonno di F. Hernández] ricevette questa frase, anche se sembra che una fruttuosa tradizione orale sia stata conosciuta da qualche altro antenato della sua famiglia paterna (in particolare, suo nonno, Agustín Hernández Izquierdo, capraio della zona di Anocheza)."
 
Orbene, credo che a questo punto anche un orango capirebbe che il documento del 1803 contenente la supposta frase canaria è proprio quello citato da Emilio Hardisson y Pizarroso nel 1934. A quanto pare, lo studioso non ha mai visto quel libro con i propri occhi, ne ha soltanto sentito parlare (il grassetto è mio): 
 
"En ese documento [...] descubrí la siguiente frase en canario: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari», que quiere decir en castellano: «Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor»" 
 
Traduzione: 

"In quel documento [...] Ho scoperto in canario la seguente frase: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari", che in spagnolo significa: "Dall'Oriente all'occidente è lodevole il nome del signore"."
 
L'interesse accademico per la frase riportata da Hardisson y Pizarroso e discussa da Wölfel si è estinto presto, dopo alcune sterili polemiche, ma dura tuttora la sua sopravvivenza nel panorama delle bizzarre credenze legate al ricordo degli antichi indigeni. 
 
L'inghippo 
 
Ecco che i nodi vengono al pettine! Proprio nel 1803, Francisco M.a de Ardanaz y Ormaechea (1780 - 1825), giovane custode della Biblioteca Reale che con tempo sarebbe diventato uno dei calligrafi più famosi del Regno di Spagna, preparò con la massima cura una pergamena con testi scritti nelle lettere in uso nelle nazioni delle quattro parti del mondo conosciuto. La pergamena in questione è dedicata al bibliotecario reale, don Pedro de Silva y Meneses, a Madrid, il giorno 23 dicembre 1803. Ardanaz y Ormaechea ha riprodotto liberamente un'incisione del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602 - 1680), Horoscopium catholicum Societ. Iesu, includendovi le versioni del Salmo 113 in varie lingue. A questo punto è stato commesso un errore madornale: dove il testo di Kircher riporta come nome della lingua Canadicè, ossia "Canadese", il calligrafo spagnolo ha scritto con improvvido rotacismo Canaricè, ossia "Canario"
 
L'Horoscopium catholicum di Kircher, contenuto nella sua opera Ars magna lucis et umbrae, pubblicata a Roma nel 1646, mostra Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, ai piedi di un olivo le cui ramificazioni rappresentano la divisione provinciale del suo ordine. I quattro angoli dell'incisione sono ornati con 34 frasi in altrettante lingue. Almeno dieci di queste frasi sono traduzioni del terzo versetto del Salmo 113 (112 secondo un'altra nomenclatura): "Dall'Oriente all'occidente è venerato il nome del Signore". L'angolo superiore destro dell'incisione mostra il versetto tradotto nelle seguenti lingue: Lusitanicé (Portoghese), Sardicè (Sardo), Siam (Thailandese), Chilichè (Mapudungun, un tempo detto Araucano), Canadicè (Wyandot, ossia Urone) e Mexicè (Nahuatl o Azteco). La frase contrassegnata con Canadicè è così scritta: "Atisacagnren cha ondikhucȣatè atichiahà onandaeraƨi". La si riconosce subito.
 
Il Salmo Canario è nella lingua di Magua!   
 
Qualcuno si ricorda L'ultimo dei Mohicani, il romanzo di James Fenimor Cooper? Un tempo il suo successo è stato considerevole e quasi tutti l'avranno letto quando erano bambini. Il "cattivo" del romanzo è Magua, della tribù degli Uroni. Ecco, la frase "Atisa cagnren cha ondikhuesate atichiaha onanda erari" è formulata nella lingua di Magua, non in lingua Guanche! 
 
Il testo originale si trova nell'opera del gesuita francese Jean de Brébeuf (1508 - 1649), Relation de ce qui s'est passé dans le pays des Hurons en l'année 1636 (ossia "Relazione di ciò che accadde nel paese degli Uroni nell'anno 1636"), pubblicata a Parigi nel 1637. Nelle pagine 48-49 del volume in questione, è contenuta una lunga orazione nella lingua degli Uroni (il cui endoetnico è Wyandot), con traduzione interlineare in francese. 
 
Barrios García si è limitato a riportare la fotografia di un estratto del testo originale di Brébeuf del 1637, una scelta che a me sembra poco felice, in quanto non permette di apprezzare appieno l'enorme portata della scoperta. Riporto quindi il testo integrale dell'orazione nella lingua degli Uroni (Wyandot), con evidenziate in grassetto e in rosso le parole interessate, che sono poi state utilizzate per fabbricare il falso Padre Nostro Guanche. Il carattere ȣ indica un'approssimante velare /w/, non diversamente dal carattere w dell'inglese want
 
IO SAKHRIHOTE DE SONDECHICHIAI, DINDE ESA D'OISTAN ICHIATSI, DINDE DE HOEN ICHIATSI, DINDE DE ESKEN D'OATATOECTI ICHIATSI; IO SAKHRIHOTE, ONEKINDÉ OERON D'ICȣAKERHA, ATISACAGNREN CHA ONDIKHUCȣATÉ ATICHIAHÀ, ONNE ATISATAȣAN ÀȣETI; AERHON ONATINDECȣAESTI. CAATI ONNE ȣÀTO ESÀTAANCȣAS ECHA ÀȣETI, ÀȣETI ESÀTONKHIENS, ONDAYEE ECHA ȣENDERHAY CHA ȣENDIKHUCȣATÉ OTINDEKHIEN, ȣENDERHAY AȣANDIO AȣATON EȣA TICHIAHA. IO ICHIEN NONHȣA ETSAON HATSACARATAI, ATSATANONSTAT. ENONCHE ȣATINONHȣAKÉ, ENONCHÉ ȣATIRIHȣANDERÂKÉ, AONHȣENTSANNENHAN, SERREȣA EȣA D'OTECHIENTI, DIN DE ONGNRATARRIÉ ETSESONACHIEN, SERREȣA ITONDI ; DIN DE ONRENDICH ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE ȣSKENRAETAC ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE OKI ESONIATOATA ONDAYEE D'OKIASTI. CHIA DAONONCȣAIESSA D'OKI ASAOIO, SERREȣA ITONDI. OCȣETACȣI SERREȣA EȣE D'OTECHIENTI. IESUS ONANDAERARI DIEU HOEN ONDAYEE ACHIEHETSARON DE HIAISTAN, ONEKÉ TEHIAMONSTAS, CHIA DESA ȣARIE IESUS ONDȣE DE CHIKHONCȣAN, ONDAYEE ITONDI CHIHON, TO HAYAȣAN.  

Riporto anche la traduzione in francese, che nel testo compare in forma interlineare in caratteri più piccoli rispetto a quelli usati per il testo nella lingua degli Uroni. Mantengo l'ortografia originale, che presenta alcune differenze rispetto a quella attualmente in uso (il carattere ſ variante di s; u al posto di v intervocalica e v al posto di u iniziale, etc.).
 
"Sus eſcoutez vous qui auez fait la terre, & vous qui Pere vous appellez, & vous ſon fils qui vous appellez, & vous Eſprit Sainct qui vous appellez, ſus eſcoutez car ce n’eſt pas choſe de peu d’importance que nous faiſons, regardez ces aſſemblez enfans, deſia ce ſont tes creatures tous ; parce que on les a baptiſez. Mais voicy que vne autrefois nous te les preſentons eux tous, nous te les abandonnons tous, c’eſt ce que penſent ce que voila aſſemblées femmes, elles penſent maiſtre qu’il ſoit de tous les enfans. Sus donc maintenant prenez courage gardez-les, defendez-les. Qu’ils ne deuiennent point malades, qu’ils ne pechent iamais, deſtournez tout ce qui eſt mal ; que ſi la contagion nous attaque derechef, deſtourne-là auſſi ; que ſi la famine nous attaque deſtourne-la auſſi ; que ſi la guerre nous aſſault deſtourne la auſſi ; que ſi le demon nous prouoque, c’eſt à dire le mauuais demô, & les meſchans qui par poiſon font mourir, deſtourne les auſſi. Finalement deſtourne tout ce qui eſt de mauuais. Ieſus noſtre Seigneur de Dieu Fils, c’eſt ce à quoy tu exhorteras ton Pere, car il ne te refuſe point. Et vous auſſi Marie de Ieſus la Mere qui eſtes Vierge, cela auſſi dis. Ainſi ſoit-il."  
 
Traduzione, il più possibile letterale:  

"Ascolta, tu che hai fatto la terra, e tu che voi chiamate Padre, e tu che voi chiamate suo Figlio, e tu che voi chiamate Spirito Santo, ascolta, perché non è cosa da poco quello che facciamo, guarda questi bambini riuniti, che già sono tutti tue creature; perché li abbiamo battezzati. Ma ecco, un'altra volta te li presentiamo tutti, li abbandoniamo tutte a te, questo pensano le donne riunite, esse pensano che tu sia il padrone di tutti i figli. Allora adesso prendete coraggio, conservateli, difendeteli. Che non si ammalino, che non pecchino mai, che si allontanino da tutto ciò che è male; che se il contagio ci attacca ancora, allontana anche quello; che se la carestia ci attacca, allontana anche quella; che se la guerra ci attacca, allontana anche quella; che se ci provoca il demonio, cioè il malvagio demonio, e gli empi che con il veleno causano la morte, allontana anche loro. Alla fine allontana tutto ciò che è male. Gesù, nostro Signore di Dio Figlio, per questo esorterai tuo Padre, perché non ti rifiuterà. E anche tu, Maria di Gesù Madre che sei Vergine, hai detto anche questo. Così sia." 
 
Ecco i link al testo di Brébeuf:   


 
Come fa notare Barrios García e come si può desumere da questi documenti, la corretta traduzione della frase fatidica è "Signore, guarda questi bambini riuniti". Non è la prima frase del Padre Nostro e neppure il terzo versetto del Salmo 113. Non va quindi chiamata Padre Nostro GuancheSalmo Canario. Mi si perdoni la provocazione: sarebbe più sensato chiamarla Preghiera di Magua.   
 
Conclusioni 
 
Cosa possiamo dedurre da quanto esposto? Diverse cose, tutte mortificanti, addirittura annichilenti. 
 
Le culture identitarie e i nazionalismi si nutrono spesso di mitologie fabbricate, prive di qualunque rispondenza con la realtà storica. Solo per fare un esempio, a un indipendentista canario non sembra importare molto il concreto recupero dell'autentica lingua Guanche - anche ammesso che sia possibile realizzarlo. Si crea quindi una pseudo-identità, in cui la sola cosa che conta è la contrapposizione al governo della Spagna (che a sua volta agisce come persecutore per distruggere ogni possibile resto della cultura nativa). Una triade perversa in qualche modo accomuna oppressori e oppressi: 
i) un mito fondante, 
ii) una bandiera,
iii) un nemico. 

Conseguenza: una "tradizione orale" va sottoposta a indagini rigorose. Barrios García ci ha mostrato come una "tradizione orale" sicuramente falsa possa durare molto tempo. Ha importanza il fatto che possa trattarsi di un errore fatto in buona fede? Direi di no. Essendo perdute le lingue un tempo parlate nell'Arcipelago, sono sempre possibili fraintendimenti e distorsioni. I Canari leggono libri sulla cultura e sulla storia dei Guanche, quindi accedono allo scibile anche nel campo linguistico (parole riportate, frasi documentate, tentativi di analisi). Ciascun lettore, spesso privo di basi, può dare autonomamente vita a una "tradizione orale". 
 
Come possiamo ben comprendere, non ha il benché minimo senso che una frase nella lingua di un popolo indiano d'America venga usata in cerimonie e rituali "Guanche" a Tenerife. Se questo è accaduto, e ci sono prove schiaccianti che sia così, significa che i metodi usati finora dagli studiosi sono inefficaci. Se un "traduttore magico" come Reyes García si impegnasse su un testo pornografico in giapponese, opportunamente traslitterato in caratteri rōmaji, potrebbe analizzarlo come berbero continentale, ottenendone frasi religiose ed esoteriche!

lunedì 17 maggio 2021

INGLESE CUCKOLD, FRANCESE COCU 'CORNUTO', GERGO PANINARO CUCCARE 'FARE SESSO'

Una parola inglese è diventata molto famosa: cuckold "cornuto". La si trova moltissime volte nei siti pornografici come xHamster. Come lemma tecnico del mondo del porno, l'epiteto cuckold indica un uomo passivo che presta volentieri la sua compagna a estranei perché ne godano sessualmente. In genere si tratta di energumeni che si fanno praticare sesso orale e la penetrano, arrivando infine a coprirla di sperma. Il costume è attecchito, tanto che si trovano bizzarri commenti dovunque. Ne ricordo due in particolare. Un marito portava la moglie a fare pompini gratuiti a sconosciuti e stava a spiarla, lamentandosi poi del fatto che lei si sentiva a disagio. Un altro marito sospirava e scriveva: "Non riesco a convincere la mia compagna a realizzare il mio sogno, quello di essere reso cornuto". Molti sono riusciti nell'intento. Godono a tal punto nel vedere la moglie fare le gangbang spermatiche, che eiaculano senza nemmeno toccarselo. Questo è quanto. Tramite la pornografia, l'ennesimo anglismo è stato importato in italiano: cuckold, pronunciato in modo approssimativo come /'kakold/. Perché importare cuckold se già abbiamo le parole cornuto e becco? Perché cuckold non è davvero un "prestito di lusso". C'è infatti una sfumatura particolare nella parola inglese: il cuckold desidera essere un cornuto, spasima, vuole che la consorte sia posseduta da altri. Il cornuto classico invece è ignaro delle attività che lo hanno reso tale, potendo reagire con furia nel caso ne venisse al corrente.

Quando ero uno scolaretto, mia madre mi insegnava alcune parole di francese, che ricordava dai tempi della scuola. Cose molto semplici, come table "tavolo", ville "città", garçon "ragazzo", fille "ragazza", rien "niente" etc. Qualche anno dopo, avendo visto un film in cui Cary Grant interpretava il ruolo di un becco, le chiesi come si dicesse "cornuto" in francese. Lei prontamente mi rispose: "Si dice cocu". All'epoca dell'università, studiando su un dizionario Nahuatl-Francese, appresi che in Francia il verme cornuto del tabacco è chiamato ver cocu. È un bruco verdognolo e pingue, molto odiato dai coltivatori di tabacco per la sua voracità. È la larva della sfinge del tabacco (Manduca sexta), una bella falena grigiastra e setosa. La glossa francese dell'azteco ocuilin cuācuahueh (pronuncia /o'kwilin kwa:'kwaweɁ/) è proprio "ver cocu". Quindi in alcuni contesti la parola cocu allude a protuberanze fisiche, non soltanto alla condizione del marito becco. Questo è un caso curioso e di difficile soluzione.

Si capisce a colpo d'occhio che l'inglese cuckold (pronuncia /ˈkʌkəʊld/, /ˈkʌkoʊld/, /ˈkʌkəld/) "cornuto" è connesso strettamente al francese cocu (pronuncia /kɔ'ky/) "cornuto", femminile cocue "cornuta", plurale maschile cocus "cornuti", plurale femminile cocues "cornute". Basta poco a comprendere che la parola inglese è stata presa a prestito dal francese. 

1) Questa è la trafila che ha portato alla parola inglese moderna:

Antico francese: cucuault => 
Medio inglese: cokewold =>
Inglese moderno: cuckold
Varianti in medio inglese: cockewold, cokolde, kukwald, kukewald, kukeweld.   

2) Questa è l'analisi della parola sorgente: 

Il suffisso antico francese -ault deriva direttamente dalla lingua dei Franchi, in cui suonava -wald, ben attestato nell'onomastica e adottato in romanzo come accrescitivo/peggiorativo.
Protogermanico: 
*-waldaz "dominatore, condottiero", 
*waldanan "dominare".
Gli adattamenti in medio inglese somigliano molto alla forma germanica originaria, segno che esisteva ancora tra i parlanti una capacità di riconoscere questo elemento. 
In antico francese il suffisso -ault è aggiunto a cucu "cuculo", con allusione alle abitudini di parassitismo procreativo dell'uccello. 
 
2) Questa è la trafila che ha portato alla parola francese moderna: 
 
Antico francese: cucuault => 
Francese moderno: cocu

3) Si sono venute a formare queste contrapposizioni: 

Inglese:  
cuckoo /'kʊku:/ "cuculo" : cuckold /'kʌkǝld/ "cornuto"
 
Francese: 
coucou /ku'ku/ "cuculo" : cocu /kɔ'ky/ "cornuto" 
 
Una miniera di informazioni utili 
 
Questo riporta il dizionario etimologico della lingua inglese Etymonline
 
 
cuckold (n.)
 
"derisive name for a man whose wife is false to him, "husband of an adulteress," early 13c., kukewald, cokewold, from Old French cucuault, from cocu (see cuckoo) + pejorative suffix -ault, of Germanic origin. So called from the female bird's alleged habit of changing mates, or her authentic habit of leaving eggs in another bird's nest."

Traduzione in italiano: 
 
"nome derisorio per un uomo la cui moglie è falsa nei suoi confronti, "marito di un'adultera", primo Trecento, kukewald, cokewold, dall'antico francese cucuault, da cocu (vedi cuckoo) + suffisso peggiorativo -ault, di origine germanica. Così chiamato dalla supposta abitudine femminile dell'uccello di cambiare compagno, o dell'autentica abitudine di lasciare uova nel nido di un altro uccello."
 
E ancora: 

"In Modern French the identity is more obvious: Coucou for the bird and cocu for the betrayed husband. German Hahnrei (13c.), from Low German, is of obscure origin. The second element seems to be connected to words for "ardent," and suggests perhaps "sexually aggressive hen," with transferal to humans, but Kluge suggests rather a connection to words for "capon" and "castrated." The female equivalent, cuckquean, is attested by 1560s."
 
Traduzione in italiano:  

"In francese moderno l'identità è più ovvia: coucou per l'uccello e cocu per il marito tradito. Il tedesco Hahnrei (Tredicesimo secolo), dal basso tedesco, è di oscura origine. Il secondo elemento sembra essere connesso a parole per "ardente", e suggerisce forse "gallina sessualmente aggressiva", con trasferimento agli umani, ma Kluge suggerisce piuttosto una connessione a parole per "cappone" e "castrato". L'equivalente femminile, cuckquean, è attestato dagli anni '60 del Cinquecento." 

Il Paninarismo e l'imperativo di cuccare

I paninari degli anni '80 dello scorso secolo facevano uso ed abuso del termine cuccare "fare sesso con una ragazza". Da tale verbo, che potremmo definire braschiano in quanto promosso dal comico Enzo Braschi, deriva per retroformazione il sostantivo cucco "atto di fare sesso con una ragazza". Si noterà che il verbo cuccare può essere intransitivo (es. "ieri sera ho cuccato") oppure transitivo (es. "sono riuscito a cuccare la sfitinzia arrapation"). Pochi sanno che queste parole erano già in uso nel gergo dei cicisbei del XVIII secolo. In origine il verbo cuccare significava "ingannare" ed è derivato da cucco "cuculo". Rimangono ancora alcune tracce dell'uso originario. La frase "non mi cucchi" significa "non m'imbrogli"
 
1) Questa è una possibile trafila semantica: 
 
cuccare "ingannare" => 
cuccare "convincere con l'inganno una donna a fare sesso"
cuccare "fare sesso con una donna"  
 
2) Questa è una trafila semantica alternativa: 

cuccare "agire come il cuculo" (= *cuculare)
cuccare "sedurre una donna, rendendo cornuto suo marito"
cuccare "fare sesso con una donna" 

Il fatto che cuccare possa essere un verbo transitivo fa pensare che la trafila 2) sia migliore della trafila 1).

Ai nostri giorni pochi usano la parola cucco per indicare il cuculo (Cuculus canorus). Ormai è diventata obsoleta e si conserva essenzialmente in una frase fatta: si dice "vecchio come il cucco" o "vecchio come il cucù", con riferimento al mitico pseudo-piccione strabico e parassitario. Forse il riferimento è al fatto che non c'è nulla di nuovo sotto il sole, come  scritto nell'Ecclesiaste. In quest'ottica il trucco del cuculo è il più antico di tutti, proprio come la prostituzione è il più antico di tutti i mestieri. Ricordo ancora che l'amico Giovanni "X" De Matteo inveiva giustamente contro la Marvel, rea di aver trasformato Capitan America in una specie di neonazista affiliato all'organizzazione terroristica Hydra. Così scriveva (non ricordo tutte le parole in modo perfetto): 
 
"Come possono pensare che i fan rivorranno indietro il personaggio se ha commesso crimini contro l'Umanità? Come credono di uscirne? Con qualche trovata vecchia come il cucco, del tipo 'me lo hanno fatto fare gli alieni' oppure 'è stato un sogno'? Saluti, Casa delle Idee!" 
 
Vorrei riportare il testo nella sua forma originale, ma purtroppo è sparito da FB e dall'intero Web. Si noterà che cucco e cucù non sono due parole del tutto intercambiabili. Si dice orologio a cucù, non orologio a cucco (anche se nel Web si trova qualche attestazione). Mi affascinano queste sottigliezze della lingua italiana. 

giovedì 15 aprile 2021

UN INGANNO SEMANTICO: ANTROPOFAGO E CANNIBALE NON SONO PERFETTI SINONIMI

Ogni lingua del genere umano è piena di trabocchetti e ha punti deboli che non sono sempre chiari ai suoi parlanti. Per pura serendipità mi è capitato di imbattermi in uno di questi nodi problematici.  
 
Ero un moccioso e mi trovavo in Piemonte, nella casa dei miei Padri. Fui molto turbato quando vidi mio zio E. (R.I.P.) macinare un po' di ossa di pollo servendosi di un macinino da caffè, per poi dare da mangiare ai polli il ripugnante impasto ottenuto. Ricordo la sua sofferenza, la sua mente ormai non era più tanto lucida. Trovava simili divertimenti per passare il tempo. Quando macinava le ossa, subito i polli accorrevano schiamazzando e si disputavano quanto veniva loro gettato, abbandonandosi al cannibalismo! Mangiavano le ossa tritate dei loro stessi simili! La cosa mi fece venire i brividi. Non riuscivo a comprendere come potessero non rendersi conto dell'origine del materiale organico che ricevevano dalle mani di mio zio E., eppure non si vede un solo motivo per cui avrebbero dovuto discernere la natura di quel cibo basandosi soltanto sulle proprietà organolettiche. Siamo poi sicuri che gli esseri umani, messi in quelle stesse condizioni degradate di vita, sarebbero capaci di comprendere la natura cannibalica di un pasto?     

Questo ricordo disturbante mi porta a qualche riflessione di natura linguistica. A puro scopo di Conoscenza riporto  in questa sede alcune semplici definizioni, reperite nel Dizionario Treccani
 

cannìbale s. m. e f. [dallo spagn. caníbal (o caríbal), dal nome dei Caribi delle Piccole Antille, i cui abitanti dopo la scoperta dell’America acquistarono in Europa fama di antropofagi]. – 1. Antropofago, divoratore di carne umana. 2. In similitudini e usi fig., persona crudele, feroce, inumana: si è comportato come un c.; è un c., una cannibale; anche come agg.: è una donna cannibale.


antropòfago agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. anthropophăgus, gr. ἀνϑρωποϕάγος, comp. di ἄνϑρωπος «uomo» e -ϕάγος «-fago»] (pl. m. -gi, pop. -ghi). – Che, o chi, si ciba di carne umana: le tribù a., o gli a., di alcune regioni africane; istinti antropofagi.

Sul Dizionario Italiano Hoepli è contenuta una definizione più estesa della parola "cannibale", come si può facilmente vedere:


cannibale
[can-nì-ba-le]
A s.m. e f. (pl. -li)
1 Antropofago
‖ estens. Animale che mangia carne di individui che appartengono alla sua stessa specie
2 fig. Persona feroce, crudele
‖ Mangiatore insaziabile


B agg.
Antropofago: razze cannibali

 
Questo è riportato su Wikipedia in italiano: 
 

"Il cannibalismo è la predazione intraspecifica, ovvero la pratica del mangiare organismi appartenenti alla propria specie. In zoologia si verifica quando individui di una specie animale aggrediscono e divorano altri membri della stessa specie a causa, generalmente, di condizioni ambientali sfavorevoli anche se, in alcune specie, è normale consuetudine. Relativamente alla specie umana, in antropologia si parla di antropofagia (dal greco ἄνθρωπος, "uomo" e φαγω "mangio"), sinonimo quindi di cannibalismo umano, che è una pratica ancora diffusa presso alcune società." 
 
E ancora: 
 
"In zoologia il cannibalismo si verifica quando individui di una specie animale si cibano di membri della stessa specie a causa, generalmente, di condizioni ambientali sfavorevoli come la sovrappopolazione o la cattività oppure, come accade in molte specie, può essere una normale consuetudine per limitare la densità di popolazione e quindi aumentare le probabilità di sopravvivenza per i sopravvissuti che hanno così a disposizione maggiori quantità di cibo; questo si verifica ad esempio tra gli insetti, come nel caso delle termiti o delle formiche, e nei pesci, come nel caso dei guppy, che divorano la prole in eccesso, o anche nei vertebrati, in particolar modo nel caso di leoni, iene e macachi."
 
Proprio l'uso della parola "cannibale", applicato a qualsiasi specie animale diversa da Homo sapiens, si rivela determinante. Possiamo quindi giungere alle seguenti conclusioni:
 
Un leone antropofago, come quelli di Tsavo, è un leone mangiatore di uomini.
Un leone cannibale è invece un leone che mangia la carne di altri leoni. 
Sono due cose diverse!

Ne  deduciamo che i vocaboli "antropofago" e "cannibale" sono perfetti sinonimi unicamente quando sono applicati alla specie umana
 
Possibile che finora nessuno si sia mai accorto di questo bizzarro inganno semantico? Nemmeno i parrucconi dell'Accademia della Crusca hanno evidenziato la criticità, a quanto pare!

venerdì 12 febbraio 2021

UN INQUIETANTE MANUFATTO AMAZZONICO: LA GABARORA

I culti del cargo si sono formati in alcune società isolate in seguito all'incontro con le popolazioni occidentali e con la loro tecnologia. Gli esempi più conosciuti sono tipici della Melanesia e della Micronesia, ma ne esistono anche in altre aree del pianeta. Il mondo accademico tende a considerare questi sistemi di credenze come forme di millenarismo sincretico (elementi nativi + elementi cristiani), ma si può dimostrare che si tratta di una definizione inesatta o perlomeno incompleta, dato che non è in grado di spiegare la totalità dei fenomeni. La caratteristica portante dei culti del cargo è la fede nel potere del feticcio. La sostanza è descrivibile con poche parole: "Le genti dell'Occidente portano doni e hanno mezzi incredibili. Costruendo simulacri che imitano la forma di questi mezzi, si otterranno altri doni e si potrà vivere senza lavorare." I movimenti religiosi di questo genere cominciarono a sorgere in seguito ai viaggi delle navi esploratrici occidentali durante il XIX secolo e si intensificarono nei primi decenni del secolo successivo. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale ci fu nel Pacifico un immenso traffico di navi e di aerei da carico (in inglese cargo), pieni di beni alimentari e tecnologici. Quando il Giappone fu sconfitto, quelle rotte finirono presto con l'essere abbandonate. Per attrarre di nuovo le navi e gli aerei da carico, che portavano immensa prosperità, i credenti dei culti del cargo hanno cominciato a costruire grotteschi simulacri di aerei in grandezza naturale, fatti con legno e fibre di palma. Non solo: hanno anche costruito copie grossolane di piste di atterraggio e di cabine di comunicazione, con tanto di radio finte e di cuffie inutilizzabili. Hanno portato avanti l'imitazione accurata della gestualità del personale militare statunitense, che avevano a lungo potuto osservare.
 
La gabarora è forse la forma più inquietante di culto del cargo. Purtroppo devo constatare che non ci sono molti studi sull'argomento. Stando a quanto è riportato nel vasto Web, nell'Amazzonia profonda sono stati trovati indigeni che costruivano simulacri di legno imitanti alla perfezione la forma di un registratore. Il nome gabarora, dato a questi spettrali manufatti, è chiaramente un prestito dal portoghese gravadora "registratore", o secondo alcuni dallo spagnolo grabadora, che ha la stessa origine. L'adattamento di gravadora alla fonetica tipica di una lingua nativa sudamericana è semplice: il gruppo consonantico iniziale /gr/ si è ridotto a /g/ perdendo l'elemento rotico; l'occlusiva /d/ tra due vocali si è rotacizzata in /r/. Giova far notare che simili sviluppi si sono avuti anche nelle isole della Melanesia, dove cargo è diventato kago. Il manufatto ligneo amazzonico veniva utilizzato fino a tempi abbastanza recenti allo scopo di parlare con gli spiriti dei defunti, e forse qualcuno ne fa tuttora uso. La spiegazione è in apparenza molto semplice. Gli Indios che hanno visto i brasiliani lusofoni o i peruviani ispanofoni ascoltare voci servendosi di un magnetofono, hanno creduto che quei suoni venissero dal Regno dei Morti. Il principio è quello della magia simpatica. Forse nessuno tra quelle genti si aspettava davvero che da una gabarora potessero uscire a comando suoni di qualunque natura: pensavano soltanto che a forza di insistere, presto o tardi la magia degli Antenati avrebbe potuto funzionare, che le loro voci ultraterrene si sarebbero manifestate, seppur in tempi che trascendono la vita di un singolo individuo. In questo senso l'uso della gabarora può essere definito propriamente come un culto millenaristico - anche se del tutto privo di componenti cristiane discernibili.  
 
Purtroppo le fonti sono scarse e non consentono al momento grandi approfondimenti. In pratica è sempre la stessa frase che ricorre in varie lingue nel Web. La riporto senz'altro in questa sede, perché tutti possano prendere atto di ciò che dico.  
 
Italiano:  

"Alcuni Indios dell'Amazzonia hanno scolpito imitazioni in legno di registratori di audiocassette (gabarora, dal portoghese gravadora o dallo spagnolo grabadora) che usano per comunicare con gli spiriti." 

Inglese:

"Some Amazonian Indians have carved wood mock-ups of cassette players (gabarora from Portuguese gravadora or Spanish grabadora) which they use to apparently make contact with spirits."

Tedesco:

"Einige Indianer Amazoniens schnitzten hölzerne Modelle von Kassettenrecordern (gabarora von portugiesisch: gravadora), die sie verwendeten, um mit den Geistern in Verbindung zu treten." 
 
Francese:
 
"Certains Indiens d'Amazonie ont sculpté des modèles en bois de magnétophones (gabarora du portugais: gravadora) qu'ils utilisaient pour communiquer avec les esprits." 

Spagnolo:

"Algunos indios amazónicos tienen imitaciones de madera tallada de grabadoras de casete de audio (gabarora, de la gravadora portuguesa o de la grabadora española) que utilizan para comunicarse con los espíritus."

Portoghese:

"Alguns índios da Amazônia esculpiram em madeira modelos de gravadores (gabarora do português: gravadora) que usavam para se comunicar com os espíritos."

Rumeno:
 
"Unii indieni din Amazon au sculptat imitații de lemn de casete audio (gabarora, din gravadora portugheză sau din grabadora spaniolă) pe care le folosesc pentru a comunica cu spiritele.
 
Russo:
 
"Некоторые индейцы Амазонки вырезали из дерева модели кассетных аудиоплееров, с помощью которых они разговаривали с духами." 

Nella versione in russo non è menzionato il nome gabarora con la sua etimologia, ma il resto è identico. Probabilmente il traduttore, di certo un putiniano, avrà ritenuto superflua ogni considerazione filologica.
 
Con ogni probabilità è partito tutto da un utente che ha scritto sulla Wikipedia in italiano, quindi sono state fatte le traduzioni nelle altre lingue. La fonte ultima non è a quanto pare reperibile. 

In testi scritti in basco si trovano diverse occorrenze della parola Gabarora, che però non ha niente a che vedere con ciò che stiamo trattando: è una forma declinata del toponimo Gabaro.
Gabarora "a Gabaro". 
 
Ecco un brano con un'attestazione: 

Lenaukuek esate eben Markiña aldeko neskatxa bat juun zala Gabarora ardizañara, ta kuebien ondora juun zanien Anbotoko Señoriek barrura sartu ebala, da antxe azi ebala neskatilla eederra. Bertan neskatilliek eitten eban biarra zala goru eiñ da goru eiñ da sekula ez ebala kanpora urten. Berak nai eban guztian kanpotik ekartzen eutsela Señoriek. Señoriek esan eutsela zen: “kanpora urten biar dozu ointxe”. Berak ez ebala urten nai izen, ondo eguala ta. Ta prestau zanen kanpora urteteko, sea’eutsela Señoriek: “artu izu ortxe esku bete iketz”. Esa’eutsela zen: “zetako dut nik iketza?”. Artu ebala eta urten ebala iketzaz, ta kanpon eskure bgitu ebanean, dana urre gorrixe izen zala. 
 
Traduzione: 

"Gli Antichi raccontano che una bambina della regione di Markiña era andata a pascolare le pecore a Gabaro, e quando la Signora di Anboto è entrata, ha trovato lì la bellissima bambina. Lì le bambine hanno detto che non erano mai state fuori per anni. Voleva sempre che la Signora la portasse fuori. È stato quello che ha detto la Signora: "Starai qui fuori per anni". Non ha un nome da anni, sta bene. E quando era pronta per uscire, la Signora disse: "Prendi le mani piene di carbone". Si diceva: "Avrò il carbone?" È stato scaldato e scaldato per anni con la carbonella, e quando è stato messo all'esterno, tutto si chiama oro rosso." 
 
Questo si legge su Twitter ed è ben più moderno:

19 urte!!! Ta gaur barriro be Gabarora bueltia! Ta barriro zin egin dogu amesten zendun #Askatasuna lortu arte, lanean  jarraituko dogula!

Traduzione:

"19 anni!!! Ritorno a Gabaro oggi! E ancora una volta abbiamo giurato che fino a quando non avremo la #Libertà che sognavamo, continueremo a lavorare!" 

Come si può vedere, i falsi positivi sono molto insidiosi! 
 
Con grande fatica e per pura serendipità sono riuscito a trovare su un sito argentino qualcosa di pertinente alla nostra ricerca:

 
"Uno de los ejemplos más patéticos de cargo cult es la “gabarora” (grabadora), una radio tallada en madera que los aborígenes de la Amazonia usaban para comunicarse con los espíritus. Pero cuando se difundieron entre nosotros los primeros celulares, aparecieron los teléfonos truchos que no comunicaban, pero alcanzaban para hacer mímica y darse aires de fashion. Después, la electrónica de consumo se fue abaratando hasta hacerse accesible tanto a las tribus amazónicas como a las porteñas: las baratijas siempre son más baratas que la calidad de vida."
 
Traduzione: 
 
"Uno degli esempi più patetici di culto del cargo è la "gabarora" (registratore), una radio in legno intagliato che gli aborigeni dell'Amazzonia usavano per comunicare con gli spiriti. Ma quando i primi cellulari si sono diffusi tra noi, sono comparsi dei telefoni finti che non comunicavano, ma bastavano per imitare e per darsi arie alla moda. Successivamente, l'elettronica di consumo è diventata più economica fino a farsi accessibile sia alle tribù amazzoniche che a quelle di Buenos Aires: i ninnoli sono sempre più economici della qualità della vita." 
 
Anche se l'informazione di base è in buona sostanza la stessa della frase memetica wikipediana, troviamo in più qualche commento di scarsa utilità. L'autore, senza dubbio un marxista, si dimostra incapace di comprendere l'antropologia e riduce tutto alla crassa materialità economica.
 
Domande inevase:
 
1) In quale zona dell'Amazzonia si è registrata a produzione di registratori fittizi e di altri simili manufatti?
2) Quali popoli nativi sono coinvolti in questa forma di culto del cargo? Dove ha avuto origine? 
3) In quante lingue amerindiane amazzoniche è documentato il vocabolo gabarora e con quante varianti? Esistono altre denominazioni? 
4) È tuttora praticato questo culto de cargo o è estinto? In questo caso, quando si è estinto e in che circostanze?
5) Dove si possono trovare testimonianze fotografiche di registratori fittizi e di altri simili manufatti?  
6) Quali studiosi si sono occupati di questo fenomeno?
7) Come reperire i testi con le necessarie menzioni o gli eventuali articoli pubblicati sull'argomento?