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venerdì 8 maggio 2020


I VIVI E I MORTI 

Titolo originale: House of Usher
AKA: The Fall of the House of Usher, The Mysterious House
     of Usher
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1960
Durata: 80 minuti
Genere: Orrore
Regia: Roger Corman
Soggetto: Edgar Allan Poe
Sceneggiatura: Richard Matheson
Produttore: Roger Corman
Produttore esecutivo: James H. Nicholson
Casa di produzione: Alta Vista Productions
Fotografia: Floyd Crosby
Montaggio: Anthony Carras
Effetti speciali: Larry Butler, Pat Dinga e Ray Mercer
Musiche: Les Baxter
Scenografia: Daniel Haller
Costumi: Marjorie Corso
Interpreti e personaggi:
    Vincent Price: Roderick Usher
    Mark Damon: Philip Winthrop
    Myrna Fahey: Madeline Usher
    Harry Ellerbe: Bristol
    Eleanor LeFaber: Fantasma
    Ruth Oklander: Fantasma
    Géraldine Paulette: Fantasma
    David Andar: Fantasma
    Bill Borzage: Fantasma
    Mike Jordan: Fantasma
    Mike Jordor: Fantasma
    Nadajan: Fantasma
    George Paul: Fantasma
    Phil Sulvestre: Fantasma
    John Zimeas: Fantasma
Doppiatori italiani:
    Emilio Cigoli: Roderick Usher
    Pino Locchi: Philip Winthrop
    Rosetta Calavetta: Madeline Usher
    Amilcare Pettinelli: Bristol
Titoli in altre lingue:
   Spagnolo: La caída de la casa Usher
   Tedesco: Die Verfluchten (lett. I maledetti)
   Francese: La Chute de la maison Usher 


Trama:
Il giovane Philip Winthrop è in viaggio verso la dimora nobiliare degli Usher, bramoso di raggiungere la sua dama adorata, la corvina Madeline. La casa è un maniero cadente che sorge in una landa spettrale, nebbiosa e desolata, quasi come un paesaggio marziano. Non vi nasce nemmeno un filo d'erba verde, non vi possono allignare nemmeno una lucertola o uno scarabeo, perché il suolo è contaminato e acido come il terriccio di morte che ricopre un'immensa fossa comune. Ovunque si ergono alberi neri, i cui rami untuosi sono come le braccia di un impiccato che continua ad urlare al cielo dal profondo del campo di inumazione. Quando finalmente Philip raggiunge gli Usher, riceve un'accoglienza fredda. Il fratello di Madeline, Roderick, si oppone al matrimonio. La stirpe degli Usher è maledetta e tarata, è stata condannata dalla Natura a causa della sua endogamia e dei sacrileghi trascorsi dei suoi fondatori maligni. Roderick, che è un albino simile a un'ombra dell'Ade, tale e quale a uno zombie macerato da anni di sepoltura, spiega bene queste cose a Philip, aggiungendo che a Madeline non può essere permesso di procreare e di propagagare così la maledizione della vita. Questi però non vuole sentire ragioni, perché è un rampollo stupido e incapace di intendere la dottrina del Male Metafisico. Madeline decide di fuggire col suo drudo, perché non sopporta più la mortifera influenza del fratello. Durante un'accesa discussione, accade qualcosa di orribile: la donna cade in uno stato di catalessi che la fa apparire defunta. Roderick convince Philip che è necessario farle i funerali e seppellirla, e così accade. Madeline è chiusa in una bara, adagiata su un tavolo marmoreo nella cripta di famiglia. Philip, distrutto dal dolore per la subitanea perdita, si prepara a partire da quel luogo maledetto, ma prima si intrattiene a parlare col domestico Bristol. Dalla conversazione emerge che la povera Madeline soffriva di catalessi. Questa rivelazione accende un campanello d'allarme nel cranio del giovane, che si precipita nei sotterranei, in preda alla disperazione nell'estremo tentativo di salvare l'amata. Madeline, che si era svegliata nella bara, era riuscita a romperla e ad emergere, ma in stato di totale pazzia. Mentre Philip la cerca, lei raggiunge il fratello, lotta con lui e lo strozza, uccidendolo. La casa, già incendiata dalla caduta di carboni ardenti, collassa all'improvviso. Il fuoco divora i due Usher, ponendo fine alla loro stirpe dannata. Anche il domestico trova una morte atroce tra le fiamme. Il solo Philip, quasi eletto dal regista a rappresentante della Vita, riesce a fuggire mentre ogni traccia del castello affonda nel fango. Il film si conclude dunque con le parole finali del racconto di Poe: "... e lo stagno profondo e umido si chiuse cupo e silenzioso sui frammenti della Casa degli Usher"

Recensione: 
Primo film del Ciclo di Poe di Roger Corman, House of Usher non si dimentica facilmente. È l'adattamento del racconto di Edgar Allan Poe La caduta della casa degli Usher (The Fall of the House of Usher), appartenente alla raccolta dei Racconti del Terrore. Troviamo qui un Vincent Price spettrale, senza i tipici baffetti, che sembra vissuto in una caverna profonda come il Pozzo di Hranicka, inumato per anni come il mitico Zamolxis, senza mai poter essere essere sfiorato neppure da una sperduta particella di luce. Per interpretare il ruolo di Roderick Usher, si scolorì la chioma con l'acqua ossigenata (perossido d'idrogeno), mentre le sopracciglia e le ciglia sono state mantenute del colore naturale, soltanto un po' ritoccate con una speciale matita. Il motivo è molto semplice: se il perossido d'idrogeno entra a contatto con gli occhi, provoca cecità. Così il protagonista spiega la sua condizione poco invidiabile: 
 
"Madeline e io siamo come due statue di fragile cristallo, il minimo urto può frantumarci. Entrambi soffriamo per un'atroce sensibilità dei sensi. La mia è più grave perché esiste da più lungo tempo, ma il male è comune a tutti e due. La sola idea di cibi più complicati di un semplice brodo sconvolge il mio equilibrio. Ogni specie di emozione è un'agonia per la mia mente. I miei occhi sopportano a malapena solamente un filo di luce. Gli odori mi assalgono e mi torturano, e come le ho detto ogni suono, seppur lieve e debole, mi riempie di terrore." 
 
L'ospite gli chiede dunque se è per questo che ha dovuto togliersi gli stivali. Roderick Usher continua: 
 
"Sì! E anche così l'ho sentita arrivare. Ho sentito i suoi passi, persino il fruscio del vestito. Ho sentito lo scalpitio del suo cavallo. Ho sentito il calpestio degli zoccoli nel cortile, quel colpo, quel colpo alla porta è stato come una cannonata per le mie orecchie. Sento il fruscio dei branchi di topi che corrono per le cantine! Signor Winthrop, la maggior parte dei miei antenati sono caduti in preda alla pazzia, e nella loro pazzia hanno acquistato una potenza sovrumana! E solo lo sforzo di molti ha potuto immobilizzarli."

Questo è lirismo assoluto! Certo, non c'è coerenza assoluta nelle di quell'uomo notevole. Infatti, in occasione della funerea cena in compagnia della sorella e di Winthrop, lo vediamo bere vino e mangiare pietanze. Così non sembrano dargli fastidio i sinistri rumori della vetusta dimora che cade lentamente a pezzi.
 
 
Roderick Usher teologo cataro 
 
Roderick Usher specula sulla natura del Male, esponendo a Philip Winthrop le dottrine dualiste radicali che professa. Il Male non è negatio boni, come invece sosteneva Agostino d'Ippona e come tuttora sostiene Vito Mancuso. Il Male è una sostanza ontologica primigenia, increata, immortale ed eterna. La sua essenza funesta si era condensata nel capostipite degli Usher, giunto dall'Inghilterra come mercante di schiavi. Egli era un demone incarnato, era stato creato senza il Verbo. Apparteneva a Satana anima e corpo ed era dannato dalla nascita. Anzi, era dannato dall'eternità, perché era parte dell'Eternità Malvagia. Tale era il suo funesto potere, da riuscire ad corrompere gli Elementi, portando desolazione. Così spiega Roderick Usher: 
 
"Una volta questa terra era fertile, le colture abbondavano, la terra donava ricchezza al tempo del raccolto. Vi erano dei boschi e tanta vita, e fiori, campi di grano. Era molto bello qui. A quel tempo quest'acqua era chiara e fresca. I cigni scivolavano sulla superficie di cristallo. Gli animali venivano alla riva fiduciosi, a bere. Ma ciò era molto prima dei nostri tempi... Poi qualcosa si insinuò nelle viscere della terra e la avvelenò. Caddero le foglie dagli alberi. I fiori avvizzirono. I cespugli inaridirono per mancanza di linfa. Il frumento marcì nei campi. I laghi e gli stagni divennero neri e paludosi. La terra s'ammalò devastata dalla peste."  
 
Il giovane Winthrop domanda incredulo: "La peste?"
Roderick Usher risponde prontamente: "Sì signor Winthrop. La peste del Male!"
 
Dal seme del capostipite degli Usher erano nati numerosi malfattori e carnefici, perché un albero malvagio non può dare buoni frutti. Roderick mostra una galleria di dipinti dei suoi avi, di cui rivela i nomi e le orribili gesta criminali:  

Anthony Usher. Ladro, usuraio, mercante di schiavi.
Bernard Usher. Truffatore, falsario, ladro di gioielli, pervertito*.
Francis Usher. Assassino a pagamento.
Vivian Usher. Prostituta, ricattatrice, omicida. È morta in manicomio.
Il capitano David Usher. Contrabbandiere, mercante di schiavi, più volte omicida**.
 
*La versione originale ha drug addict, ossia "oppiomane", "morfinomane". Bizzarra la connotazione sessuale della versione italiana.
**La versione originale ha un ben più incisivo mass murderer "assassino di massa". 
 
I quadri in questione, il cui stile è decisamente inconsueto, mostrano questi diavoli con gli occhi simili a pozzi di tenebra assoluta che irradiano Luce Nera.
 
Philip Winthrop rappresenta il pensiero dell'Era Moderna e rifiuta la teologia del Neomanicheismo medievale. Non crede affatto al Male Metafisico. Il suo è un modo di sentire scientista e massonico, negatore di quella che Stanslas de Guaita chiamava "bestemmia dei due assoluti". Così protesta, scalcia, non vuole accettare che la realtà delle cose sia tanto annichilente. Con grande pazienza, il suo interlocutore dalle chiome albine gli spiega i misteri delle opere del Rex Mundi:

"Il Male non è una cosa astratta. È una realtà. Come ogni cosa vivente può essere creata, così il Male fu creato da queste persone. La storia degli Usher è una storia di bassezza e degradazione. Prima in Inghilterra e in seguito qui."

E ancora:

"L'essenza malefica che la pervade non è astrazione. Per diversi secoli azioni e pensieri malvagi presero vita fra le mura di questa casa. La casa stessa è il Male ora." 

Nel racconto di Poe non si trova traccia di questo piccolo trattato di teologia dualista radicale. Mi piacerebbe sapere da dove Roger Corman ha tratto la sua ispirazione. 
 
Un maniero fatto di coke 
 
Peccato che alla ricchezza teologica e filosofica di Roderick Usher si contrappongano numerose incongruenze nel tessuto narrativo. L'incendio del castello è un classico cormaniano di cui la Settima Arte ha spesso e volentieri abusato. Svolge un preciso compito catartico: consuma le radici della maledizione e impedisce loro di continuare a produrre frutti funesti. Il Principe Gautama, più noto come Buddha, direbbe che in questo modo si consumano i semi del Karma. Il problema che spesso mi sono posto è questo: se un castello è fatto di pietra, cosa vi potrà mai bruciare? Certo, bruceranno le travi di legno, gli arazzi, le tende e simili. Tuttavia nei castelli di Corman l'incendio divampa con una tale furia che sembra sia la stessa pietra ad ardere. Tra l'altro il regista riutilizzò alcune scene del finale in suoi successivi film. Cosa buffa, non si aspettava affatto che gli spettatori sarebbero stati in grado di riconoscere i fotogrammi.  

 
Curiosità 
 
I dipinti orrifici di Burt Shonberg furono distribuiti tra il cast una volta terminate le riprese. Corman tenne per sé il ritratto di Vincent Price. 
 
Questo film fu distribuito da American International Pictures con due diversi titoli, secondo una pratica ingannevole che era comune all'epoca: in alcuni distretti fu mantenuto il titolo originale, House of Usher, mentre in altri la pellicola fu presentata come The Fall of the House of Usher.  

In Spagna ci furono problemi con House of Usher, che fu distribuito ben 23 anni dopo la sua uscita in America. A terrorizzare le autorità spagnole sono stati senza dubbio i suoi contenuti manichei! 

mercoledì 6 maggio 2020


SEPOLTO VIVO

Titolo originale: The Premature Burial
AKA: Sepolto vivo!; Il sepolto vivo
Paese di produzione:
Stati Uniti d'America

Anno:
1962 

Lingua:
Inglese 

Durata:
81 min 

Genere:
Orrore 

Regia:
Roger Corman

Soggetto: Edgar Allan Poe 
Fotografia:
Floyd Crosby

Montaggio:
Ronald Sinclair
 
Musiche: Les Baxter Ronald Stein
Interpreti e personaggi: 

    Ray Milland: Guy Carrell 

    Heather Angel: Kate Carrell 

    Hazel Court: Emily Gault 

    Alan Napier: Dr. Gideon Gault 

    Richard Ney: Miles Archer 

    John Dierkes: Sweeney 

    Dick Miller: Mole 

    Clive Halliday: Judson 

    Brendan Dillon: Prete

Doppiatori italiani: 

    Emilio Cigoli: Guy Carrell 

    Renata Marini: Kate Carrell 

    Andreina Pagnani: Emily Gault 

    Bruno Persa: Dr. Gideon Gault 

    Giuseppe Rinaldi: Miles Archer 

    Mario Pisu: Sweeney 

    Amilcare Pettinelli: Judson 

    Manlio Busoni: Prete 
Titoli in altre lingue: 
   Spagnolo: La obsesión 
   Tedesco: Lebendig begraben
   Francese: L'Enterré vivant

 
Trama: 
Londra, prima epoca vittoriana. Una notte nebbiosa. Due rudi esumatori scozzesi fischiettano con ossessiva insistenza la canzoncina Molly Malone mentre spalano il terriccio molle. Numerosi gentiluomini intabarrati, neri come corvi nelle tenebre, assistono allo sterro. A un certo punto uno degli energumeni caccia un urlo spaventoso. L'ameno canto smette all'istante non appena la bara viene aperta e tutti possono constatare l'orrore: i resti sono quelli di un uomo che è stato sepolto vivo! Il volto è ancora contratto in una raggelante smorfia, la bocca spalancata in un urlo eterno, sembra che le mani stiano ancora lottando nel disperato tentativo di sollevare il coperchio della cassa, graffiandolo fino a riempirsi di schegge. L'aristocratico Guy Carrell, che è tra i presenti, sviene, sopraffatto dal marasma. La sua esistenza è un incubo da cui cerca invano di sfuggire. Ossessionato dal terrore di essere sepolto vivo, a causa dell'incidenza della catalessi nella sua famiglia, il nobile crede di poter rinascere a nuova vita sposandosi con la bellissima Emily Gault, il cui viso radioso e le cui chiome rossicce sarebbero in grado di allietare anche la persona più cupa, misantropa e odiatrice della vita. Le cose però non vanno come sperato. Il giorno stesso del matrimonio, la sposa si mette a suonare al pianoforte proprio il motivetto fischiettato dagli esumatori scozzesi. La reazione di suo marito è improvvisa e violenta: subito le chiede di smettere, quindi ha un grave crollo nervoso. Un portento funesto che turba la festa nuziale, ponendovi fine. Tutto ciò non preannuncia nulla di buono. La verità è chiara ma scomoda. I Carrell, di cui Guy e l'astiosa sorella sono gli ultimi superstiti, sono una stirpe tarata, segnata da numerosi episodi di pazzia a causa dell'endogamia in vigore da molti secoli. Sangue chiuso, stagnante, elevatissimo coefficiente di consanguineità, paragonabile soltanto a quello degli Asburgo di Spagna. Lo sperma ormai è infecondo, ci sono soltanto handicap e stramberie insopportabili. Lo spettatore non capisce proprio perché Emily possa perdere il proprio tempo con un uomo tanto problematico (sembra tra l'altro che il matrimonio non sia stato nemmeno consumato). Eppure la leggiadra donzella insiste nella sua determinazione. Guy sembra riprendersi dal suo crollo nervoso, ma i suoi atteggiamenti bizzarri si moltiplicano. Recuperate le forze, passa tutto il tempo a progettare il proprio sepolcro, concepito come un mausoleo perfetto a prova di sepoltura prematura. I sistemi di sicurezza progettati sono innumerevoli, in modo che se uno dovesse guastarsi o non funzionare, subito è possibile passare al successivo. L'extrema ratio sono i candelotti di dinamite, in grado di squarciare dall'interno le pareti. In caso di mancato accendimento della miccia per una somma sfortuna, ecco pronta una nicchia con una coppa di veleno, in grado di uccidere all'istante. Nella labile mente dell'aristocratico partono continui "film" sul proprio risveglio nella tomba. Un suo incubo, mostrato in ogni dettaglio, è un vero e proprio trip allucinogeno, che si riuscirebbe difficilmente a sperimentare con un sovradosaggio di acido lisergico o trangugiando abbondanti fritture di psilocybe. Risvegliatosi nella tomba adagiata su un tavolo di marmo, il sepolto vivo la rompe e riesce a liberarsi, seppur con fatica. Tutti i sistemi di sicurezza si guastano, le vie di fuga sono bloccate. La dinamite non esplode, finché al culmine dell'orrore, al posto del veleno c'è un immane massa di grassi cagnotti! L'incubo spinge l'uomo a sforzarsi di ideare altri sistemi ancora per impedire la concomitanza di circostanze sfortunate. La moglie si lamenta e lo accusa di passare più tempo nel mausoleo che con lei. Gli dà il tormento. Un giorno entra in quel luogo funereo e lo scopre intento a dipingere un quadro che ha come soggetto un gran numero di persone suppliziate in modo atroce e bruciate dai diavoli all'Inferno. Egli afferma che persino quella condizione sarebbe da lui sommamente desiderata, piuttosto che finire sepolto vivo. Emily va su tutte le furie e mette in atto un ricatto, spingendo il poveretto a scegliere tra lei e quel morboso culto della Morte, rinfacciandogli che non gli sarà possibile avere entrambe le cose. Così a un certo punto Guy si decide e davanti alla donna rossiccia fa esplodere il sepolcro con la dinamite. Tutto sembra procedere bene. Forse addirittura lo sposo riesce a penetrare la sua consorte. L'idillio non dura molto. Presto l'ombra della demenza torna a fare la sua comparsa e rovinare la vita, sotto forma di inquietanti allucinazioni. Guy ne è sicurissimo: gli esumatori scozzesi lo perseguitano e continuano a mostrarsi dovunque fischiettando Molly Malone, ricordandogli il suo fato di soffocamento ctonio. La situazione precipita, fino al completo abbandono della vittima tra le braccia del Mostro della Follia! Presto si capisce che la rossiccia Emily non è una santa e della vergine ha solo l'aspetto. Non è stata certo deflorata dal marito, posto che abbia mai accettato il suo glande tra le gambe. Ecco la sua vera natura: è un'arrampicatrice sociale, talmente astuta, malvagia e determinata da far nascere il sospetto che sia venuta dall'Ucraina. Facendo leva sulla suggestionabilità del marito, finisce con l'indurgli uno stato di catalessi. Riesce a farlo inumare vivo, e già pregusta il festino che farà quando avrà incamerato tutte le sostanze del defunto. Qualcosa però le va storto. Il sepolto vivo si sveglia sottoterra ma riesce a liberarsi grazie al miracoloso intervento degli esumatori, quindi emerge in preda al furore del berserk in cerca di vendetta. Non si capisce bene se sia davvero vivo o se sia una specie di zombie sanguinario, dotato di parola e di intelletto, ma frenetico e allucinato. Prima uccide suo suocero, il medico che lo ha fatto dichiarare morto, bruciandolo vivo con un arco voltaico che ricorda quello del dottor Frankenstein. Poi riesce a sopraffare Emily, la getta nella fossa e la sepellisce nel terriccio bruno, simile a sterco grasso, facendola soffocare in modo laido in quella sporcizia e uccidendola. Mentre si erge vittorioso e brancola urlante, viene abbattuto da un colpo di arma da fuoco sparatogli nella schiena da sua sorella. Manca il solito incendio catartico, tanto tipico della produzione cormaniana. 
 
Citazioni:

"Ma prova un po' a immaginare... l'insopportabile oppressione dei polmoni, i soffocanti effluvi della terra umida, l'abbraccio rigido della bara, l'oscurità, la più assoluta oscurità... il silenzio, che ti schiaccia col suo peso... e poi, invisibile nel buio, ma orribilmente presente agli altri sensi, il ripugnante verme distruttore."
 
 
Recensione:

Il film di Roger Corman è liberamente ispirato al racconto La sepoltura prematura (Premature Burial, 1844) di Edgar Allan Poe, appartenente alla raccolta dei Racconti del Terrore. La struttura narrativa sviluppata dal regista è molto diversa da quella dell'opera dello scrittore di Boston, che inizia enumerando alcuni sconvolgenti casi di gente inumata viva, per poi proseguire con le vicende di un uomo in preda alla tafofobia. Il protagonista, che espone la storia in prima persona, è anonimo. Dopo aver fatto promettere agli amici che non avrebbero mai permesso di farlo seppellire vivo, costruisce un elaborato sepolcro per evitare uno spiacevole risveglio nel regno dell'eterna notte sotterranea. La sua bara è dotata di un una campanella per avvertire i vivi. Nel corso di un viaggio, tuttavia gli capita di destarsi in uno spazio angusto e buio, in cui gli è quasi impossibile muoversi per poi accorgersi, solo dopo un'angoscia inaudita, di trovarsi in una cuccetta su un'imbarcazione. Quell'episodio traumatico riesce a guarirlo. Quanto ho lodato la maestria di Poe nel descrivere la straziante disperazione del tafofobo risvegliatosi nella cuccetta oscura: "Non ero nella cripta. Ero caduto in trance mentre ero lontano da casa, mentre ero fra estranei (quando o come non riuscivo a ricordare), ed erano stati loro a seppellirmi come un cane, inchiodato in una bara comune e a cacciarmi a fondo, a fondo e per sempre in una qualche fossa normale o anonima." Interi universi cristallizzati in poche parole. Cosa che a Corman non sempre è riuscita.  
 
 
Young, Novalis e la necrofilia 
 
Il protagonista del racconto di Poe compie un volo infero e in questo rapimento percepisce la Terra come un immenso cimitero dalle cui tombe si levano spaventosi gemiti. Vede una necropoli popolata da sepolti vivi! Non sembra esserci limite a un terrore così totalizzante, che pervade ogni fibra del suo essere. Tuttavia, quando riesce a superare il trauma del viaggio in un'angusta cuccetta, l'uomo rinasce a nuova vita. Le sue fobie sono scomparse. Torna a respirare e smette di pensare alla sepoltura prematura. A questo punto ammette di essere stato un lettore di Night-Thougts di Young. Ecco uno dei moltissimi riferimenti dotti del Bostoniano, come al solito privi di glossa o di note. Il lettore si chiederà: "Chi era Young?" Quando il racconto fu scritto non era necessaria alcuna spiegazione, perché tutti conoscevano Edward Young (1683 - 1765), il poeta preromantico inglese della Graveyard School, la Scuola Cimiteriale. Gli argomenti cantati erano questi: teschi, bare, cimiteri e vermi. Che dire poi del tedesco Georg Philipp Friedrich Freiherr von Hardenberg, detto Novalis (1772 - 1801), che per ispirarsi inalava i lezzi di un cranio putrefatto e contemplava masse di cagnotti brulicanti nella carne marcia? Corman non menziona questo universo di necrofilia. Nulla è concesso all'estetica. Le fobie di Guy Carrell non nascono dalla lettura dei Poeti Sepolcrali, bensì dalla sua storia familiare, dalla sospetta sepoltura prematura di suo padre, che soffriva di catalessi. Quando era bambino, gli sembrava di sentire suo padre chiamare aiuto dalla cripta: queste percezioni incubiche erano poi maturate in lui corrodendolo dall'interno. Mentre l'anonimo personaggio del racconto di Poe si libera di colpo delle proprie afflizioni, per Guy Carrell non esiste redenzione possibile. 
 
Una profezia autoavverante? 
 
Può il terrore avere origine nel proprio futuro? Può uno squarcio del tessuto spaziotemporale fare intravedere in sogno, o in un altro stato alterato, una visione di ciò che ci dovrà accadere? Può questa visione del futuro atroce, per quanto rimossa dalla censura della mente, fungere da profezia autoavverante? Può questa profezia condizionare totalmente le nostre azioni e i nostri pensieri, ponendo di fatto un circuito temporale ineluttabile? Il film mi ha lasciato con queste domande angoscianti, a cui forse non ci sarà mai risposta.    

Molly Malone  

La musichetta fischiettata dagli esumatori è descritta dalla bella e perfida Emily come una ballata scozzese, almeno nel doppiaggio italiano, ma in realtà è notoriamente irlandese: è Molly Malone (nota anche come Cockles and Mussels e In Dublin's Fair City). Non ho potuto appurare se l'errore è stato introdotto col doppiaggio in italiano o se era già presente nell'originale. Ecco il testo della canzone: 
 
In Dublin's fair city,
Where the girls are so pretty,
I first set my eyes on sweet Molly Malone,
As she wheeled her wheel-barrow,
Through streets broad and narrow,
Crying, "Cockles and mussels, alive, alive, oh!"

"Alive, alive, oh,
Alive, alive, oh,"
Crying "Cockles and mussels, alive, alive, oh".

She was a fishmonger
But sure 'twas no wonder
For so were her father and mother before
And they each wheel'd their barrow
Through streets broad and narrow
Crying "Cockles and mussels alive, alive oh!"
(chorus)

She died of a fever,
And no one could save her,
And that was the end of sweet Molly Malone.
But her ghost wheels her barrow,
Through streets broad and narrow,
Crying, "Cockles and mussels, alive, alive, oh!"
(chorus) ×2
 
La canzone parla di una pescivendola di eccezionale leggiadria, fulva e dalla pelle tempestata di efelidi, come molte ragazze irlandesi. Vendeva cozze e altri molluschi ed era molto amata da tutti. Purtroppo è morta giovane, a causa di una febbre maligna, forse causata dalla setticemia. La tradizione vuole che sia vissuta nel XVII secolo. Le hanno anche fatto un monumento, proprio a Dublino. Cosa curiosa, la canzone è attestata per la prima volta nel 1876, quando fu pubblicata proprio a Boston, nella città natale di Poe. Senza dubbio l'associazione tra la musichetta e la sepoltura prematura fa parte delle manifestazioni del Corman più geniale. Direi che ha qualcosa di subliminale, disturbante e destabilizzante. 
 
Sepoltura prematura e santità  

Mi sia permesso di riportare una memoria della mia gioventù, risalente ai tempi beati in cui l'aneddotica aveva ancora qualche valore. Ricordo il professor C., che morì fulminato dalla leucemia. Ci raccontò la storia stravagante di un vescovo di costumi integerrimi, al punto che tutti lo consideravano in odor di santità. Fu avviata la procedura canonica, che andò avanti finché venne il momento dell'esumazione. Lo spettacolo che si presentò agli astanti fu atroce, come quello che sconvolse Guy Carrell: il cadavere del vescovo, contorto in orrendi spasmi, sembrava ancora lottare per uscire dalla sua sepoltura. Terribile! Le sue unghie si erano spezzate contro il coperchio ed erano piene di schegge. Constatato questo, la procedura canonica fu interrotta, perché per essere dichiarati beati non deve essere dimostrato alcun turbamento di fronte alla morte, per quanto orrenda possa essere. Così C. ci spiegò che l'ecclesiastico soffriva di catalessi e che per questo motivo era stato sepolto vivo. Un caso sorprendentemente simile a quello del protagonista del film di Corman!  
 

Tafofobia 

Nella parola tafofobia (dal greco τάφος "sepoltura" e φόβος "paura") non si è verificata l'aplologia, che avrebbe dovuto produrre una forma più breve, *tafobia. Allo stesso modo, il raro aggettivo tafòfobo, indicante chi soffre di tafofobia, non è diventato *tàfobo. Come mai invece abbiamo mineralogia anziché l'atteso *mineralologia? Come mai si trova, seppur di rado, mineralogo anziché *mineralòlogo? Potrebbe dipendere da due fattori:
1) la brevità di tafofobia rispetto a mineralogia;
2) la rarità di tafofobia rispetto a mineralogia.
Più una forma è sulla bocca del popolo, più ha la tendenza a mutare, specialmente per favorire una pronuncia più facile. Più una forma è letteraria e poco usata, più è facile che si conservi inalterata anche se suona male.
 
Ingegno sprecato e macabre usanze
 
La diffusione della tafofobia nel XIX secolo è stata a dir poco pervasiva, in Inghilterra, in America e altrove. Sono stati escogitati innumerevoli sistemi per prevenire la sepoltura di persone vive. Sarebbe interessante raccogliere questi bizzarri brevetti e discuterli. Si va dalla semplice campanella collegata a un filo a pertugi ovali nelle pareti dei mausolei, apribili soltanto dall'interno. Dubito che uno solo dei brevetti in questione sia mai servito. Se un individuo dovesse risvegliarsi nella tomba in un immenso campo di inumazione ventennale, se anche potesse tirare il filo della campanella, non servirebbe a nulla: non ci sarebbe nessuno ad ascoltare. Inoltre il poco ossigeno disponibile verrebbe presto trasformato in anidride carbonica dalla respirazione, rendendo impossibile la sopravvivenza. Non credo esista una sola testimonianza affidabile di un uomo o di una donna che siano usciti vivi dalla tomba, salvandosi grazie a un dispositivo di questo genere o in altro modo. La stessa casistica citata da Poe andrebbe verificata (ricordo il terribile episodio di un ufficiale uscito dal terriccio scavando con le mani). È documentato il discutibile costume vittoriano delle sale di attesa della morte, luoghi in cui i defunti venivano distesi per un certo periodo prima della sepoltura, proprio allo scopo di evitare tragici errori. Questi spazi erano persino provvisti di viveri e di bevande inebrianti, nel caso il caro estinto, dichiarato morto troppo presto, si decidesse infine ad alzarsi dal giaciglio funebre per farsi un bello spuntino. Comunque non risulta che ci siano stati risvegli in queste sale di attesa. Incredibile a cosa possano arrivare le genti per esorcizzare il terrore dei Ritornanti. Un esorcismo tutto sommato vano: se proprio qualcuno tornasse in vita, come faremmo a sapere di non avere a che fare con uno zombie o con un vampiro? 
 
Curiosità
 
The Premature Burial è il terzo della serie di otto film cormaniani che costituiscono il cosiddetto Ciclo di Poe (denominazione informale), dopo I vivi e i morti (House of Usher, 1960) e Il pozzo e il pendolo (The Pit and the Pendulum, 1961). Non ha però avuto il successo sperato e le reazioni della critica cinematografica non sono state positive. Anche in Italia sono molti a credere che questo sia il film meno riuscito del Ciclo di Poe, opinione che non condivido. Francis Ford Coppola ha lavorato alla pellicola come direttore dei dialoghi.

Corman avrebbe voluto che il protagonista del suo film fosse interpretato dal mitico Vincent Price. Purtroppo, l'attore era stato scritturato dall'American International Pictures (AIP), che gli aveva imposto un contratto esclusivo, vietandogli di lavorare per qualsiasi altro soggetto. Con molto malanimo, Corman si è infine rassegnato, assumendo il tremebondo Ray Milland nel ruolo dell'aristocratico tarato Guy Carrell. Se devo essere sincero, riconosco che la scelta non è poi stata tanto cattiva. 
 
Si segnala un interressante anacronismo: l'uso della dinamite, che ai tempi di Poe non esisteva. Infatti il micidiale esplosivo è stato inventato da Alfred Nobel nel 1867, mentre la morte dello scrittore è avvenuta nell'ottobre del 1849. Eppure Guy Carrell ne parla come di una "nuova invenzione". Chi ha fatto notare questa incongruenza afferma però che si tratterebbe più di una curiosità che di un vero errore concettuale, dal momento che non esiste alcun riferimento temporale reperibile nella trama del film.  
 
A quanto riportato nel database IMDb, c'è un'incongruenza che si può notare soltanto nella versione in lingua originale. Quando mostra ai suoi ospiti la coppa ricolma di veleno, Guy ne parla come del coup de grace, ossia del "colpo di grazia", usando una locuzione francese. Il punto è che pronuncia la parola grace in modo erroneo, senza alcuna consonante finale, proprio come in foie gras e in Mardi Gras. In pratica il veleno nella coppa sarebbe stato il "colpo di grasso". Non è affatto probabile che un inglese di nobile nascita e di buona istruzione potesse compiere uno strafalcione tanto marchiano. Non avendo visto il film in lingua originale, non ho potuto ascoltare con le mie orecchie il francesismo in questione!  

lunedì 4 maggio 2020


LA CITTÀ DEI MOSTRI 

Titolo originale: The Haunted Palace
Anno: 1963
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese, latino ecclesiastico  
Durata: 87 min
Rapporto: 2,35:1
Genere: Orrore
Regia: Roger Corman 
Soggetto: Howard Phillips Lovecraft
Sceneggiatura: Charles Beaumont, Francis Ford Coppola
     (non accreditato)
Produttore: Roger Corman
Produttore esecutivo: Samuel Z. Arkoff, James H. Nicholson,
     Ronald Sinclair
Fotografia: Floyd Crosby
Montaggio: Ronald Sinclair
Musiche: Ronald Stein
Scenografia: Daniel Haller
Costumi: Marjorie Corso
Trucco: Ted Coodley, Lorraine Roberson, Verne Langdon
Interpreti e personaggi:
    Vincent Price: Charles D. Ward / Joseph Curwen
    Debra Paget: Ann Ward
    Lon Chaney Jr.: Simon Orne
    Frank Maxwell: Dr. Willet / Priam Willet
    Leo Gordon: Edgar Weeden / Ezra Weeden
    Elisha Cook Jr.: Gideon Smith / Micah Smith
    John Dierkes: Benjamin West / Mr. West
    Milton Parsons: Jabez Hutchinson
    Cathie Merchant: Hester Tillinghast
    Guy Wilkerson: Gideon Leach / Mr. Leach
    I. Stanford Jolley: il cocchiere Carmody
    Harry Ellerbe: ministro
    Barboura Morris: Mrs. Weeden
    Darlene Lucht: Miss Fitch
Doppiatori italiani:
    Emilio Cigoli: Charles Ward \ Joseph Curven
    Rita Savagnone: Ann Ward
    Mario Pisu: Simon Orne
    Riccardo Mantoni: Dr. Willet \ Priam Willet
    Renato Turi: Edgar Weeden \ Ezra Weeden
    Sergio Tedesco: Gideon Smith \ Micah Smith
    Bruno Persa: Benjamin West \ Mr. West
    Arturo Dominici: Jabez Hutchinson
    Nino Marchetti: Gideon Leach \ Mr. Leach, il cocchiere
         Carmody
    Mario Mastria: Ministro
    Nino Bonanni: Berth
 
Trama:
Anno del Signore 1765, New England. Nel villaggio di Arkham avvengono misteriose sparizioni di alcune giovani. La popolazione, che vegeta immersa in un'opprimente caligine di superstizione, subito accusa Joseph Curwen, un possidente che abita in un maniero. Ritenuto uno stregone, l'uomo viene catturato e bruciato vivo sul rogo. Prima che le fiamme consumino il suo corpo, egli scaglia contro i suoi persecutori e contro la loro progenie una terribile maledizione eterna. Centodieci anni dopo, nel 1875, giunge ad Arkham un uomo di nome Charles Dexter Ward, che è proprio l'ultimo discendente diretto di Joseph Curwen. Accompagnato dalla bellissima moglie Ann, è intenzionato a prendere possesso della turrita dimora del suo illustre avo. Gli abitanti del villaggio, immerso in una densa nebbia e in una perenne oscurità, accolgono con estrema diffidenza il nuovo arrivato. Questi nota subito che la popolazione è affetta da spaventose tare e deformità, attribuite proprio alla maledizione del necromante: c'è chi ha le dita palmate come una rana, chi ha gli occhi coperti interamente da pelle, chi urla confinato in una stanza. Quando prende possesso del maniero, l'erede rimane affascinato da un ritratto del suo antenato, che lo ritrae avvolto nell'oscurità sotto un albero usato per le impiccagioni, tra i cui rami neri e ritorti fa capolino la luna piena. Li sguardo truce dell'uomo del dipinto è ammaliante, esercita un potere su chiunque abbia l'ardire di fissarlo. Charles nota subito l'estrema somiglianza tra se stesso e il proprio antenato. Presto cominciano a manifestarsi in lui strani disturbi mentali: diventa sonnambulo e vaga a lungo per le sale del castello. Sua moglie Ann stenta a riconoscerlo e fa di tutto per convincerlo ad andar via da quel luogo maledetto. All'inizio questi episodi avvengono soltanto di notte, ma presto l'influsso della magia nera di Curwen si esercita sul suo discendente anche di giorno. Egli ormai si identifica completamente con l'uomo del ritratto e riconosce nel vecchio guardiano, Simon Orne, il suo assistente di un tempo. Ritrova anche l'altro stregone, Jabez Hutchinson. Nella cripta del maniero essi officiano tremendi rituali satanici, utilizzando una copia del Necronomicon, con invocazioni a Cthulhu e a Yog-Sothoth, affinché si instauri il Regno dei Grandi Antichi. Il cadavere della donna che fu l'amante di Joseph Curwen, Hester Tillinghast, viene sottratto alla tomba e rianimato. La vendetta ha inizio: uno dopo l'altro, i discendenti dei responsabili dell'antico rogo vengono identificati e uccisi in modo atrocissimo. L'unico aiuto per la povera Ann è il medico del paese, il dottor Marinus Willet, l'unico che riesce ad avere un atteggiamento razionale di fronte agli eventi. Dopo vani tentativi di far allontanare la donna dall'influenza del marito posseduto, si risolve a fare un'incursione, dando fuoco al ritratto di Curwen. Le fiamme si propagano a tutto l'edificio, divorando ogni cosa nella consueta nemesi catartica. Sembra che la situazione allucinante si sia finalmente risolta: Charles Dexter Ward si salva dall'incendio e si ricongiunge alla sua amata consorte. Tuttavia quando alla fine viene inquadrato il suo ghigno demoniaco, si capisce che il Male non è stato sconfitto. Il necromante è stato capace di sopravvivere alla Morte! 


Recensione: 
Il titanico Price con la sua intensa interpretazione salva questo collage dalla damnatio memoriae. Corman pasticcia spesso e volentieri: non sempre produce cose sublimi. Quando i racconti e i romanzi originali non gli bastano per trarne un film decente, li ibrida in modo vario e ingegnoso - o indecoroso, dipende dai punti di vista. Per tenere insieme la sua creazione macchinosa, ecco che il regista ricorre a stratagemmi grotteschi oltre ogni umano dire, come lo storia surreale e ridicola del castello che avrebbe ospitato l'Inquisitore Tomás de Torquemada (il condizionale è d'obbligo), un edificio che una leggenda vuole trasportato pietra su pietra da qualche luogo dell'Europa - in modo tale da supplire all'atavica mancanza di castelli nel Nuovo Mondo. L'idea non è del tutto nuova. Qualcuno già aveva pensato qualcosa di simile in tempi più antichi. Lessi nella Saga degli Uomini di Eyr (Eyrbyggja Saga) che Thorolf Mostrarskegg ("Bella Barba"), Sommo Sacerdote del Grande Tempio dell'isola di Most, in Norvegia, fece trasportare in Islanda l'edificio di culto che amministrava, caricando sulle navi ogni zolla di terra su cui sorgeva, ogni sua trave e ogni altro suo componente. Però va detto che tale santuario pagano non era certo immenso, non era grande come la Basilica di San Pietro! Era una piccola costruzione lignea, senz'altro modesta anche in confronto a una stafkirkja, con una statua di Thor, i "chiodi divini" conficcati in una trave sacra e alcuni recipienti di legno o di metallo per raccogliere il sangue sacrificale (anche umano). L'idea dell'imponente maniero di pietra massiccia smontato dal Vecchio Continente, traslato per mare e rimontato in America, è una specie di ossessione di Roger Corman, una sua idée fixe: si trova anche in altri suoi film di ispirazione necrofila, I vivi e i morti (House of Usher, 1960) e La tomba di Ligeia (The Tomb of Ligeia, 1964). 
 
Il titolo originale della pellicola di Corman, The Haunted Palace, fa riferimento all'omonima poesia di Edgar Allan Poe, contenuta nel racconto La caduta della casa degli Usher (The Fall of the House of Usher, 1858). Eppure l'ispirazione principale è chiaramente tratta dall'opera di Howard Phillips Lovecraft, e in particolare dal romanzo Il caso di Charles Dexter Ward (The Case of Charles Dexter Ward, 1927, pubblicato postumo nel 1941) e dal racconto L'orrore di Dunwich (The Dunwich Horror, 1928, pubblicato nel 1929). Tipici della mitologia lovecraftiana sono i nomi di Cthulhu e di Yog-Sothoth, il Necronomicon, i riferimenti all'Antica Razza e al sorgere di una nuova progenie di dominatori, gli sfrenati e morbosi riti sessuali. Le cose sono andate così. Roger Corman aveva già diretto diversi film ispirati alle opere di Edgar Allan Poe: il già citato I vivi e i morti (House of Usher, 1960), Il pozzo e il pendolo (The Pit and the Pendulum, 1961), Sepolto vivo (The Premature Burial, 1962), I racconti del terrore (Tales of Terror, 1962) e I maghi del terrore (1963). Il pubblico era ormai abituato a questi adattamenti delle opere di Poe, per quanto pieni di ibridismo e non certo fedeli: il regista temeva che ci sarebbero state reazioni negative se non avesse inserito nel suo nuovo lavoro almeno un riferimento all'opera dello scrittore di Boston. Così per creare un senso di continuità, il titolo scelto per la pellicola è stato proprio The Haunted Palace. In italiano la traduzione più fedele sarebbe stata Il palazzo infestato, ma si è preferito alludere alle spaventose deformità degli abitanti di Arkham. Oggi, in tempi funesti in cui imperversa il buonismo politically correct, un titolo come La città dei mostri non sarebbe più possibile, perché fa uso della parola "mostri" in riferimento a problemi fisici. Un uso ormai inconcepibile, passibile di accuse di apologia dell'eugenetica e di filonazismo: scatterebbe subito la reductio ad Hitlerum. Sarebbe obbligatorio ricorrere a qualcosa come La città dei diversamente sani, dei diversamente abili e dei diversamente belli. Tra l'altro, Corman ha preso in fretta e furia la sua decisione di inserire i riferimenti a Poe in questa sua opera. Lo si comprende anche perché nei credits che compaiono nei titoli, il nome dell'illustre bostoniano ricorre per ben due volte come Edgar Allen Poe, con il secondo nome scritto in modo errato. Refusi simili scappano quando si è messi sotto pressione e i tempi di reazione sono ridotti al minimo. 
 
Il repertorio magico di Joseph Curwen  

Nel corso del film vengono menzionate due demoniache divinità della mitologia di H.P. Lovecraft: Cthulhu e Yog-Sothoth. Sorprendentemente, Corman non prova nemmeno a ricostruire le evocazioni nella lingua arcana di R'lyeh, forse per via della difficoltà dei suoi suoni alieni. Si accontenta così di utilizzare un comune latino ecclesiastico. Il risultato non è eccelso e di sicuro il doppiaggio non ha aiutato. La formula ricorrente nelle invocazioni di Curwen e del suo erede è "O vos Felices", alla lettera "O voi, Felici", pronunciato come "Ovos Felices", cosa che non ha il benché minimo senso, facendo venire in mente delle uova inesistenti (pur essendo in latino ova "uova", di genere neutro). Latino dei Metallari prima ancora del sorgere dell'Heavy Metal! Dato il mio udito molto scadente, ho faticato un po' prima di accorgermi dell'inghippo. La mia prima reazione è stata di stupore: come si possano definire "Felici" demoni come Cthulhu e Yog-Sothoth, non è dato sapere. Presto ho avuto una sorpresa, non appena mi sono messo ad indagare. L'ispirazione è a un'opera della mistica Ildegarda di Bingen (1098 - 1179), il trattato conosciuto col titolo di Scivias
 
R. O vos felices
radices cum quibus
opus miraculorum
et non opus
criminum
per torrens iter
perspicue umbre
plantatum est, et
o tu ruminans ignea vox,
precurrens limantem
lapidem subvertentem abyssum:


R. Gaudete in capite vestro.

V. Gaudete
in illo quem non viderunt
in terris multi
qui ipsum ardenter vocaverunt.


R. Gaudete in capite vestro.   

Davvero notevole, non trovate? Non ci si aspetterebbe qualcosa di tanto particolare. Per contro, H.P. Lovecraft, pur ricorrendo al latino (Corvinus necandus est. Cadaver aq(ua) forti dissolvendum, nec aliq(ui)d retinendum. Tace ut potes), non esita a riportare anche parole in lingua R'lyehian:
 
Y’AI ’NG’NGAH,
YOG-SOTHOTH
H’EE—L’GEB
F’AI THRODOG
UAAAH

OGTHROD AI’F
GEB’L—EE’H
YOG-SOTHOTH
‘NGAH’NG AI’Y
ZHRO! 

Faccio mia questa invocazione arcana, augurandomi che porti la Morte Eterna a quella massa degenerata di scimmie dell'Inferno che formano la specie Homo sapiens brulicante su questo pianeta coprolitico!  
 

Il castello di Corman e la casa di Lovecraft 

Sono preso da uno strano senso di straniamento ogni volta che confronto il tetro castello torquemadiano ideato da Roger Corman con una foto della dimora di Providence da cui trasse ispirazione il sublime H.P. Lovecraft per il suo romanzo Il caso di Charles Dexter Ward. Non c'è davvero niente in comune. La casa del New England non è cadente, non ispira un particolare orrore in chi la vede senza sapere nulla della questione. La vedo come amena, dipinta con un bel colore sangue di bue, che spesso ho visto nella provincia di Alessandria come in Norvegia, dalle parti di Bergen, dove ho avuto modo di visitare un suggestivo lebbrosario. Mi piacerebbe sapere cosa in concreto ha potuto trasmere al Solitario di Providence una simile carica di angoscia, tanto da fargli comporre un'opera intrisa di senso di annientamento, che sfiora il genere manicomiale. Cosa aveva in comune la bella casa signorile con un ospedale per malati di mente, in cui le vite di innumerevoli persone sono state distrutte? Forse non lo sapremo mai. Tutto questo dovrebbe farci riflettere su cosa è davvero orribile. 
 
 
Il Necromante che vinse la Morte 

Ricordo che il carissimo amico Sandro "Zoon", che tra l'altro ha una notevole somiglianza fisica con Vincent Price, mi narrò anni fa la vicenda di un mago nero che fu linciato a furor di popolo. Non mi sono dimenticato delle sue parole, perché mi hanno profondamente colpito e ancora risuonano in me. Così mi rivelò S., che il necromante ucciso era stato in grado di sopravvivere alla fine del proprio corpo proprio grazie all'essenza demoniaca dell'odio che lo animava, compatta e densa come l'oscurità di una supernova collassata e ridotta a materia neutronica. Quando ho visionato il film di Corman, sono stato sicuro che Sandro "Zoon" alludesse proprio alla morte di Joseph Curwen, anche se mi pare di rammentare che il necromante fosse stato ucciso per impiccagione anziché per combustione sul rogo. Ecco, la stessa cosa capiterà anche a me. Sarò in grado di superare la barriera della morte fisica, quella che Piero Angela nel suo materialismo positivista paragona agli spari di una mitragliatrice su una collina. Il mio Spirito, composto da un'essenza di assoluta tenebra siderale, come una Stella Nera di Feyaden, non si disperderà nei rivoli dell'entropia cosmica. Rimarrà compatto e coerente, dotato di capacità cognitiva. In questo modo trasmigrerò nel corpo di un Presidente degli Stati Uniti d'America o di un Premier di Israele, e ne prenderò possesso. Avrò davanti a me la valigetta fatidica e ordinerò il lancio dell'intero arsenare termonucleare, senza un solo istante di esitazione. Vediamo un po' cosa faranno i bulli, quando capiranno che è tutto finito, che il loro stramaledetto genoma è condannato. 

Curiosità 

In Spagna questo film cormaniano non è mai stato proiettato al cinema, mentre è stato trasmesso in TV soltanto 13 anni dopo la sua uscita in America. Non è poi così difficile capire il perché: le genti della Spagna sono di bell'aspetto, prestanti e valorose, ma anche oltremodo permalose e vendicative. Non è piaciuto il riferminento al famigerato inquisitore Tomás de Torquemada. 

Carmody è senza dubbio un cocchiere, e come tale è indicato dal prestigioso database IMDb. Questo nonostante l'American Film Institute Catalog of Feature Films 1961-1970 descriva Carmody come "Boat Captain". Com'è possibile questa incongruenza? Tutti possono vedere che non è presente alcun capitano di un'imbarcazione nel film di cui stiamo trattando. Sembra che all'origine ci sia un banale errore di stampa.  
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Trovo interessante una considerazione trovata sul Davinotti e incentrata sul concetto di monstrum - anche se si sarebbe potuta evitare la citazione a quel malfattore cocainomane e mandrillesco che era Freud: 
 
"La difformità, il monstrum che si è insinuato ad Arkham non è solo dovuto all’opera del malvagio Curwen, ma deriva piuttosto da una lotta che gli antichi cittadini, ottusi, ciechi e contrari ad ogni cambiamento, non seppero affrontare fino in fondo. Joseph Curwen in quest’ottica diviene il simbolo di un confronto mai avvenuto fra l’umano e il non umano, ma anche una freudiana figura paterna che suscita timore-odio e che non si riesce ad affrontare. E, come ogni conflitto non risolto, si ripropone in tutta la sua devastante gravità quando meno ce lo si aspetta, reclamando la considerazione che merita."
 
Trovo invece non condivisibili queste parole dell'autore della recensione, che seguono immediatamente il brano sopra riportat:    

"Questa origine ambigua e assolutamente non manichea del male è un’idea tipicamente lovecraftiana, oltre che un tema estremamente moderno e profondo che Corman inserisce con efficacia e semplicità, attraverso allusioni, inquadrature fugaci, atmosfere sottili e pochi scambi di parole fra i personaggi." 
 
Adesso mi si spieghi questo: cosa ci sarebbe mai di non manicheo in Lovecraft? Egli ci parla di Male Assoluto e Cosmico. Male Metafisico, aggressivo, che non nasce da una semplice assenza di Bene. Anzi, se c'è qualcosa che latita nell'universo lovecraftiano, quella è proprio la definizione di una qualche proprietà ontologica in grado di opporsi al potere dei Grandi Antichi. 

sabato 2 maggio 2020


DONNIE DARKO

Paese di produzione: Stati Uniti d'America 
Anno: 2001 
Lingua:
Inglese 

Durata:
113 min 

               133 min (director's cut)

Rapporto:
2,35:1

Genere:
Fantascienza, thriller, drammatico

Sottogenere:
Viaggi nel tempo, paradossi temporali 
Regia:
Richard Kelly 

Soggetto:
Richard Kelly 

Sceneggiatura:
Richard Kelly

Produttore:
Adam Fields, Thomas Hayslip, Nancy Juvonen, 

         Sean McKittrick 

Produttore esecutivo:
Chris J. Ball, Drew Barrymore, Casey 

         La Scala, Hunt Lowry, Aaron Ryder, William Tyrer

Distribuzione in italiano:
Moviemax

Fotografia:
Steven Poster
Montaggio: Sam Bauer, Eric Strand
Effetti speciali:
Lorraine Fadden, Scott Garcia

Musiche:
Michael Andrews

Scenografia:
Alec Hammond

Costumi:
April Ferry

Trucco:
Merribelle Anderson, Lynn Barber, Dorinda Carey, 

     Leslie Devlin, Kathleen Freeman-Smith, Kimberly 
     Greene,
Isabel Harkins, Cammy R. Langer, Lori McCoy-
     Bell,
Barbara Olvera, Thomas E. Surprenant, Dale Brady 
Interpreti e personaggi:

    Jake Gyllenhaal: Donnie Darko 

    Jena Malone: Gretchen Ross 

    Drew Barrymore: Karen Pomeroy 

    Mary McDonnell: Rose Darko 

    Maggie Gyllenhaal: Elizabeth Darko 

    Daveigh Chase: Samantha Darko 

    Holmes Osborne: Eddie Darko 

    Katharine Ross: Dott.ssa Lilian Thurman 

    Patrick Swayze: Jim Cunningham, il pedofilo 

    Noah Wyle: Prof. Kenneth Monnitoff 

    James Duval: Frank 

    Arthur Taxier: Dott. Fisher 

    David St. James: Bob Garland 

    Jazzie Mahannah: Joanie James 

    Jolene Purdy: Cherita Chen 

    Stuart Stone: Ronald Fisher 

    Gary Lundy: Sean Smith 

    Ashley Tisdale: Kim 

    Beth Grant: Kitty Farmer 

    Seth Rogen: Ricky Danforth

    Patience Cleveland: Roberta Sparrow ("Nonna Morte") 
Doppiatori italiani: 

    Stefano Crescentini: Donnie Darko 

    Alessia Amendola: Gretchen Ross 

    Chiara Colizzi: Karen Pomeroy 

    Angiola Baggi: Rose Darko 

    Domitilla D'Amico: Elizabeth Darko 

    Veronica Puccio: Samantha Darko 

    Stefano De Sando: Eddie Darko 

    Maria Pia Di Meo: Dott.ssa Lilian Thurman 

    Roberto Pedicini: Jim Cunningham 

    Fabio Boccanera: Prof. Kenneth Monnitoff
Budget: 4,5 milioni di dollari US
Box office (mondiale): 7,5 milioni di dollari US
 
La famiglia Darko
Appartenza sociale: middle-class americana di periferia
Componenti: 
   Eddie Darko: il padre
   Rose Darko: la madre
   Elizabeth Darko: la figlia primogenita 
   Donnie Darko: il figlio secondogenito   
   Samantha Darko: la figlia minore 
 

Trama (un gigantesco spoiler!): 
Anno del Signore 1988. Middlesex, Virginia (US). Accade un evento inesplicabile: il motore di un aereo precipita dal cielo e si schianta sulla villetta della famiglia Darko, distruggendo la camera del secondogenito, Donnie, che tuttavia si salva, non essendo rincasato al momento della collisione. Donnie Darko è un ragazzo problematico, affetto da autismo e da sonnambulismo. Ha una diagnosi di schizofrenia e precedenti da piromane. Per questo è assistito da una psichiatra, che lo ha messo sotto cura farmacologica. La notte dello schianto era impegnato in una delle sue passeggiate notturne. Ignorando l'accaduto, si imbatte in un enigmatico personaggio travestito da spettrale coniglio dal volto scheletrico. Questo essere gli rivela la data esatta della Fine dei Tempi, a cui mancano esattamente 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi. Il giovane si risveglia spaesato in un campo da golf e si rende conto di avere scritta sul braccio la sequenza numerica dell'Apocalisse: 28:06:42:12. Gli eventi si intrecciano in una ragnatela difficilissima da districare. I genitori di Donnie sono coinvolti in un'indagine, dato che non si riesce a capire la genesi del disastro aereo. I motori sono censiti con la massima precisione, e quello caduto sulla dimora dei Darko non risulta mancare a nessuna compagnia aerea. Stressato dalla maestrina gnè gnè e dai compagni bulli, Donnie si vendica cadendo in un pericoloso stato di trance violenta, una sorta di berserksgangr che lo porta a devastare la scuola durante un'incursione notturna, rompendo una tubatura e allagandola, non prima di aver sparso dovunque le proprie feci. Così accade che l'insopportabile insegnante di educazione fisica, sospettando di lui, lo punisce portandolo di forza da un predicatore religioso, il biondiccio e robusto Jim Cunningham. Questi è l'odioso capo di una telesetta molto nociva, che mescola i contenuti biblici più fanatici a ogni sorta di baggianate New Age. Donnie indentifica subito questo sinistro figuro con l'Anticristo - e ben a ragione. Quando per puro caso trova il suo portafoglio per strada, anziché riportarglielo si reca nottetempo alla sua dimora e la incendia. Un'azione eroica e meritoria! I pompieri, nel tentativo di spegnere le fiamme, scoprono uno stanzino erotico pieno zeppo di immagini pedoporno e di strumenti di tortura: il predicatore è un autentico predatore sessuale, proprio come Jimmy Savile. Subito arrivano i poliziotti, che lo conducono in carcere. Nel frattempo il ragazzo schizo-autistico è afflitto dalle continue visite del fantasma-coniglio, che dice di chiamarsi Frank. Turbato da queste apparizioni, descrive ogni dettaglio alla sua psichiatra, una milf libidinosa e volitiva. Mentre tutto questo succede, ha anche il tempo di corteggiare Gretchen, la sua nuova compagna di classe. All'inizio è molto timido, ma presto riesce a far breccia nel cuore di lei e ottiene anche un certo successo. Una signora ultracentenaria, soprannominata "Nonna Morte" dai bulli, per poco non finisce stesa sotto un'auto. Più tardi Donnie scopre che quell'anziana stravagante, Roberta Sparrow, è una studiosa di viaggi nel tempo. Così le scrive una lettera e la infila nella casella della posta, da lei visitata in modo ossessivo a ogni ora del giorno e della notte, come se si aspettasse di ricevere una missiva cruciale. Il destino pian piano si definisce, stagliandosi come un mostruoso Kraken all'orizzonte. La sorella maggiore di Donnie, Elizabeth, deve recarsi all'Università di Larvard, pardon, Harvard, perché è stata ammessa in quel sacrario esclusivo di snob puzzolenti: i genitori la accompagnano in aereo, portando anche la figlia piccola, quella che non vede l'ora di sfornare figli. Mentre i suoi sono via, Donnie ha la bella idea di organizzare una sfrenata festa di Halloween, invitando anche la bella Gretchen, che diventa la sua ragazza e gli si concede, finendo deflorata. Le cose precipitano. Pensando di aver trovato il bandolo della matassa, il ragazzo smarrona biecamente. Interpreta male la scritta CELLAR DOOR "porta della cantina", lasciata dall'insegnante sulla lavagna, credendo che sia il segno di un destino fausto. Si reca dunque nella cantina della Sparrow assieme a Gretchen, ma vi trova soltanto i bulli, che vogliono distruggere le proprietà dell'anziana donna, animati dall'odio assoluto. Ne nasce uno scontro. Arriva una macchina, guidata dal fidanzato della nerd Elizabeth, che è vestito proprio come Frank, il coniglio spettrale. Gretchen finisce investita e muore stritolata dagli pneumatici, la schiena spezzata. Donnie si vendica sparando al fidanzato-coniglio della sorella e lo colpisce in un occhio, mentre il Doppelgänger, il Frank fantasmatico, osserva la scena da un ripiano terroso. Si forma un mostruoso wormhole che divora l'aereo su cui viaggia la famiglia Darko, di ritorno da Larvard: il motore precipita proprio quando Donnie torna indietro nel passato e finisce nella propria camera, giusto in tempo per godersi la collisione, finendo ucciso sul colpo. La singolarità cosmica è cauterizzata, ma restano alcune incongruenze, tracce della linea temporale che si è appena chiusa. Così il predicatore pedopornografo Cunningham si sveglia nel cuore della notte in preda al terrore: ha sognato la scoperta dei suoi orrendi segreti. Donnie Darko è morto, la comunità è sconvolta dall'insondabile disastro aereo, ma Gretchen è viva e vegeta - oltre che vergine. Viaggia in bicicletta tra le villette borghesi, si chiede chi fosse il ragazzo perito nell'incidente, il cui sperma non conoscerà mai.
 
Citazioni:  

Rose: "Ma tu pensi che Dukakis proteggerà il Paese finché tu non sfornerai dei figli?"
Elizabeth: "Sì, certo!"
Samantha: "Io quando li sforno?"
Donnie: "Non prima delle mestruazioni!"

Donnie: "Perché indossi quello stupido costume da coniglio?
Frank: "Perché indossi quello stupido costume da uomo?" 

"Pensa se uno potesse tornare indietro nel tempo, prendere tutti i momenti neri e dolorosi e rimpiazzarli con qualcosa di meglio..."
(Gretchen Ross) 

 
Recensione:
Decisamente un film difficile, ma ricchissimo di spunti di riflessione sulla natura ultima delle cose. Quando lo vidi la prima volta, al cinema, mi piacque molto e ne fui affascinato. Alla seconda visione non resse, mi sembrò insopportabilmente noioso e a tratti quasi molesto. Non so spiegarmi il perché di questa dissonanza. Sono cambiato così tanto in così pochi anni? O forse il film che ho visto la prima volta nel frattempo è cambiato, come per uno strano paradosso temporale? Sono stato colpito da una moltitudine di dettagli che mi erano sfuggiti, a cui non avevo dato peso nel corso della prima visione. Nel Web si dice che tutti hanno la pretesa di aver capito la verità ultima su Donnie Darko; altri invece affermano che l'opera di Kelly va presa per quello che è. C'è poi chi stigmatizza le recensioni più lunghe di poche righe, bollandole come spoiler. Questa è una pretesa tirannica, che vuole far venir meno persino il diritto di discutere su un film, come se si fosse prigionieri di un campo di rieducazione nella Cina maoista. 
 
Distorsione e Oblio 
 
Oggi chi si ricorda di Michael Dukakis? Ogni volta che sento il suo nome, la mia mente richiama una stupida vignetta, credo fosse di Forattini, in cui George H.W. Bush si vantava di aver ottenuto la vittoria alle presidenziali facendo al suo avversario "du kakis così" (la battuta era accompagnata dal tipico gesto italico, quello testicolare). Dukakis, candidato democratico di origine greca, è già sprofondato nel mare entropico dell'Oblio, si è dissolto in pixel grigiastri. Anche il suo aspetto è cambiato. All'epoca somigliava un po' a Paul Atreides, ma quando ho visto una sua foto non l'ho riconosciuto. Passando attraverso una serie di percezioni distorte, la mia memoria lo ha quasi rimosso, riducendolo a un mucchietto di informazioni degenerate. Il povero Dukakis ha raggiunto la stessa destinazione in cui prima o poi finiscono tutti: basti pensare che i Centennials ignorano persino chi è Pippo Baudo.  
 
Un'ontologia temporale labirintica 
 
L'ontologia temporale descritta da Kelly è eternista tensionale e a futuri ramificati. La vicenda narrata può sembrare un loop temporale, ma non è precisamente così. Quando Donnie finisce indietro nel tempo, non torna affatto al proprio cronotopo di partenza. Il wormhole, probabilmente generato da un'immensa massa stellare collassata, da una specie di buco nero senza orizzonte degli eventi, fa perdere di senso alla linea temporale in cui si manifesta. Oppure potremmo pensare che la distorsione spaziotemporale sia una specie di moltiplicatore quantistico, che genera un'infinità di copie del motore dell'aereo collassato, spedendone uno in ognuna delle linee temporali derivate. C'è da diventare matti a pensarci. Se si vogliono evitare lancinanti emicranie, è meglio lasciar scorrere la pellicola e accettarla per quello che è.   
 
Il Signore del Tempo 

Il mostruoso essere dal travestimento di coniglio cadaverico sembra qualcosa di soprannaturale, un Signore del Tempo giunto da un'altra dimensione. In realtà è proprio il fidanzato di Elizabeth Darko, colpito in un occhio da una pallottola sparata da Donnie per vendicare la morte di Gretchen. Inghiottito dal wormhole, Frank è sottratto alla sua morte biologica e mandato indietro nel flusso temporale. Diventa una specie di paradosso vivente, qualcosa che può eruttare in qualunque punto della linea di esistenza del protagonista, per affliggerlo e ricordargli l'intrinseca nullità dell'Essere. Sembra che Frank si sia svincolato dai limiti che legano i viventi alla Freccia del Tempo, come se potesse accedere a un universo infinito-dimensionale, orrendamente più vasto del nostro, che gli permette di vedere dettagli a noi inaccessibili, di accedere a una pura conoscenza di ciò che per noi è celato dall'impenetrabile caligine dell'Entropia. 
 
Graham Greene e i Distruttori  

L'insegnante Karen Pomeroy fa leggere ai suoi alunni un orrido racconto dello scrittore inglese Graham Greene, intitolato I distruttori (The Destroyers). L'opera parla di una banda di teppisti che si accaniscono contro un anziano, soprannominato "Vecchio Miseria" (Old Misery): finiscono col riuscire a penetrare nella sua casa e la allagano, distruggendola. Trovano un vaso pieno zeppo di soldi e li bruciano. La giovane insegnante chiede come mai i bulli abbiano fatto una cosa così insensata. Nessuno sa rispondere, tranne Donnie Darko, che sostiene quest'idea: i distruttori sarebbero ribelli contro l'ordine del mondo, veri anarchici che vogliono cambiare le cose. Niente di più lontano dalla realtà. I distruttori di cui ha scritto Greene agiscono così perché sono antisemiti! Il Vecchio Miseria è un ebreo, descritto come molto ricco e avaro. I suoi persecutori sono spinti da una sola cosa: un mortale odio antisemita. L'atto di dare alle fiamme i soldi esprime qualcosa di inumano, mostruoso, mai visto. Nemmeno le squadre d'assalto naziste lo facevano. I gerarchi della NSDAP non esitavano a requisire le ville degli ebrei e a farne le proprie dimore. Requisivano tutto: patrimoni, opere d'arte, persino le bottiglie di vino. Il Nazionalsocialismo metteva in pratica un principio: pecunia non olet. I vandali di Greene invece agiscono in modo diverso. Per loro pecunia olet. In sostanza rappresentano una delle massime manifestazioni di antisemitismo nella storia del genere umano. L'oro dei denti strappati ai deportati lo avrebbero gettato nelle latrine per spregio. Domanda: chi era realmente Graham Greene? 
 
Il dilemma dell'istigazione 
 
Donnie Darko allaga la scuola e porta devastazioni immani proprio dopo aver letto il racconto di Greene. Così sorge un dubbio nella fastidiosa insegnante di educazione fisica: pensa che proprio l'opera letta abbia istigato il vandalo, ossia che sussista un nesso causale tra la lettura e il danno arrecato alla scuola. È davvero così? Il problema si pone e merita una riflessione. Tempo fa mi sono domandato se fosse innocua una famosa canzone di Lucio Battisti, quella che invitava a "guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire".  Come ho espresso questo dubbio in un social, per poco non mi hanno linciato. "Interessante come un'omelia in una discoteca", mi ha detto qualcuno. Eppure mi capitò di ascoltare una storia terribile in una trasmissione, quando ancora ogni tanto accendevo la TV. Notte fonda. Una coppia di sposini percorreva in auto una stradina mal illuminata. L'indomani si sarebbero dovuti imbarcare per il viaggio di nozze. Hanno fatto un frontale con un'auto giudata da due rom minorenni, che viaggiavano a fari spenti. Gli sposini sono morti sul colpo. E se i ragazzi rom avessero ascoltato proprio la canzone di Battisti? Sono contario a qualsiasi censura e ritengo che l'arte debba essere senza limiti. Tuttavia il dilemma resta, non si risolve la questione darkiana del nesso causale tra fruizione di un'opera d'arte e azione.

Seth il bullo 
 
Trovo significativo il fatto che l'odioso bullo si chiami Seth. Certo, Seth è il nome di un figlio di Adamo, come riportato nelle Scritture. Seth è però anche il nome della divinità egiziana della distruzione. Credo che Kelly intendesse dare al bullo proprio il nome del demone furioso, di cui incarna tutte le caratteristiche. A riprova di ciò, il cognome del bullo, Devlin, richiama all'istante Devil "Diavolo". Perché Seth il Diavolo vuone annientare le proprietà della Sparrow? Proprio per lo stesso motivo per cui i Distruttori di cui ha scritto Greene hanno dato alle fiamme il denaro dell'anziano contro cui si accanivano. Che dire della Sparrow? È descritta come ricchissima, avara, geniale, studiosa della natura del tempo (è autrice del libro Philosophy of Time Travel). Vi dice nulla tutto questo? Semplice. Il regista-sceneggiatore vuole suggerire che la Sparrow fosse ebrea, proprio come il "Vecchio Miseria". Ha quindi aggiunto che la scienziata era stata una suora da giovane, anche se in seguito si era smonacata. Forse lo ha fatto per sviare lo spettatore, ma questa trovata significa ben poco. "Nonna Morte" da giovane si era convertita al cattolicesimo, anche se poi aveva abbandonato ogni religione per dedicarsi alla Scienza. Scorgo un vago riferimento ad Edith Stein, la filosofa che divenne cattolica, si fece suora e morì ad Auschwitz nel 1942. 
 
Il significato della "mascotte"   

Ebbene, la statua bronzea di un immenso cane molossoide, danneggiata da Donnie Darko con una scure, piantata nel bel mezzo del cranio, altro non è che un simulacro raffigurante il Creatore di questo Universo. Le genti lo riterrebbero blasfemo. Non è difficile capire la semantica: Dog "cane" è semplicemente God "Dio" letto al contrario. Il vocabolo appartiene al Backslang, l'inglese inverso. Erigendo il manufatto teriomorfo, le autorità scolastiche hanno voluto offrire un sacrificio al Malvagio Artefice. Potenza devastatrice ed anarchica, il giovane protagonista ha pensato bene di colpire l'idolo, anche se non è stato in grado di abbatterlo. Anche in questo caso, vediamo che Kelly delinea complessi labirinti di simbolismi esoterici, destinati a restare incomprensibili alla maggior parte degli spettatori.     

I Puffi!  

Il film di Kelly è anche un trattato di puffologia teorica e applicata. Questo dialogo, incentrato proprio sulle creaturine azzurrognole, è particolarmente significativo: 
 
Sean: "Birra e figa, io non chiedo altro. Dobbiamo solo trovarci una Puffetta per uno."
Ronald: "Una Puffetta?"
Sean: "Sì, una che te la dia... Qui a Middlesex se la tengono stretta. Ci vuole una bella biondina che allarghi le gambe ai tuoi ordini... Come fa Puffetta!"
Donnie: "Puffetta non scopa."
Sean: "È una cazzata. Puffetta si scopa tutti i Puffi: il Grande Puffo l'ha creata apposta! Stavano sempre a canna dritta gli altri Puffi!"
Ronald: "Noo, tutti tranne Vanitoso, che è omosessuale."
Sean: "D'accordo, sai che ti dico? Lei se li scopa mentre Vanitoso guarda, contento?"
Ronald: "Mmh... Sì, ma Grande Puffo? Anche lui si butta nel mucchio, o...?"
Sean: "Noo, lui sai che fa? Riprende le ammucchiate, poi in privato le rivede e si ammazza di seghe."
Donnie: "Prima di tutto, a creare Puffetta non è stato Grande Puffo, ma Gargamella. L'ha mandata dai Puffi come sua spia perché aveva intenzione di distruggere il villaggio, ma la "contagiosa bontà" della loro vita l'ha trasformata per sempre! Quanto all'ammucchiata stratosferica tra loro è... È irrealizzabile! I Puffi sono asessuati, non hanno neanche un organo riproduttivo sotto quei pantaloncini bianchi! Per questo è così illogico essere uno dei Puffi, perché...Che cazzo vivi a fare, se non hai il pisello?!"
Ronald: "Che palle, Donnie, perché devi essere sempre il più intelligente?!" 

Proprio come ho sempre sostenuto, fin dai lontani tempi del liceo! I Puffi sono sprovvisti di genitali! Sono persino incapaci di concupire. Peyo ha creato i Puffi ispirandosi alla religione di Mithra. Come già Tertulliano riportava in epoca antica, anche i devoti del Dio Tauroctono avevano i loro continenti, i loro casti. Peccato che ben pochi scandaglino la Noosfera alla ricerca di collegamenti tra informazioni tra loro solo in apparenza isolate e frammentarie! 

Origine del cognome Darko

Il cognome Darko è di origine francese. Proprio in Francia è attestato come Darco. Ad esempio si ha testimonianza di un certo Jean Darco. I romanisti sono inclini a ritenere Darco una variante di Darci, a sua volta cattiva trascrizione di D'Arcy. Questo non mi pare possibile per via della differenza della consonante trascritta con -c-: /dar'ko/ rispetto a /dar'si/. La mia ipotesi, che non posso comunque provare, è che il cognome d'origine sia D'Arc, come quello della Pulzella di Orléans. Un uomo di nome D'Arc deve essere migrato in Italia, forse in Toscana o a Roma, adattando il suo cognome in Darco. Quindi un suo discendente sarà tornato in Francia. Ecco come mai Darco con una -o finale altrimenti inesplicabile - e non riconducibile a un suffisso -ot. Un percorso un po' tortuoso. Senza dubbio questo cognome è stato scelto per via della sua assonanza con dark "oscuro". Pochi sanno che Darko è un cognome diffusissimo... nel  Ghana! La sua origine è Ashanti e ha la variante ortografica Daako. Amma Darko è una scrittrice ghanese. George Darko è un musicista ghanese. John Martin Darko è un vescovo cattolico ghanese. Kwabena Darko è un imprenditore, religioso ed ex politico ghanese, soprannominato "Il Re dei Polli". Kwame Obeng Darko è un calciatore e rapper ghanese. Ovviamente si tratta di una somiglianza fortuita col cognome Darko presente in Inghilterra e in America.  
 
La Porta degli Inferi
 
L'insegnante Karen Pomeroy a un certo punto scrive col gesso sulla lavagna della classe le parole Cellar Door "Porta della Cantina". Quando Donnie le chiede cosa significhino, la donna risponde così: "Un famoso linguista una volta disse che di tutte le frasi della lingua inglese, di tutte le infinite combinazioni di parole in tutta la storia, Cellar Door è la più bella." Richard Kelly ha attribuito erroneamente la frase ad Edgar Allan Poe, ma in realtà va ascritta a J.R.R. Tolkien, che in un suo saggio del 1955, English and Welsh (Inglese e Gallese), disse che "molti parlanti inglesi ammetteranno che 'cellar door' è 'bella', specialmente se dissociata dal suo senso (e dalla sua ortografia). Più bella, diciamo, di 'sky', e molto più bella di 'beautiful'." Qualcuno vede delle assonanze nel Signore degli Anelli, dove c'è un toponimo Eriador e il nome di un nobile elfo, Celeborn: secondo costoro entrambe le parole ricorderebbero la sonorità di Cellar Door - cosa che a me pare opinabile. Peccato che a tanta bellezza corrisponda la Nemesi di Donnie Darko.
 
Cineforum Fantafilm 
 
Il film di Kelly è stato proiettato il 12 aprile 2010 al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro. Purtroppo non ero presente. O forse c'ero? Non ricordo bene. Se c'ero, ero così pieno di whisky che non so come posso aver fatto a tornare a casa. A volte i miei banchi di memoria stagnante mi giocano brutti scherzi.