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mercoledì 14 novembre 2018


NEL CENTRO

Autore: Larry Niven
Anno: 1966
Titolo originale: At the Core
Aka: Pubblicità negativa
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera, grottesco, fantascienza
     apocalittica
1a edizione it.: 1974
2a edizione ita: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore 

Edizione italiana (antologie):
    1974: Reliquia dell'Impero, Urania 642
    1984: Catastrofi!, Oscar 1767

Traduttori:

     Beata della Frattina (1974),
     Giuseppe Lippi (1984)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!:     
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione della Terra

Catalogo Vegetti:


Trama:

Un'avventura spaziale con i Burattinai, che sono grotteschi e bizzarrissimi alieni con due teste. Questi alieni bicipiti inviano Beowulf Shaeffer fino al nucleo galattico perché da quelle regioni cosmiche inesplorate provengono segnali a loro avviso assai preoccupanti. L'uomo, avvicinatosi alla destinazione con un'astronave innovativa, la Lunga gittata, scopre che la distruzione è in atto: una serie di supernove in esplosione ha già reso inabitabile il centro della galassia. Anzi, l'espansione del fronte apocalittico non lascia speranza: la galassia è destinata a diventare intabitabile, anche se ci vorranno circa 20.000 anni prima che le radiazioni giungano a devastare l'Ecumene. Shaeffer ritorna e fa il suo rapporto ai Burattinai, ricevendo il compenso pattuito. A questo punto le creature bicipiti fanno subito qualcosa di molto logico, di cui nessun umano a parte l'eroico Shaeffer potrebbe sospettare il motivo... 

Recensione:

Notevole e interessante, anche se purtroppo è fantascienza obsoleta a tutti gli effetti: all'epoca in cui fu scritta le conoscenze sugli esopianeti e sulla loro formazione erano praticamente nulle. I viaggi interstellari li si faceva abbastanza facili nel mondo della fantascienza, concependo a getto continuo ogni sorta di escamotage per aggirare i vincoli imposti dalla teoria della relatività di Albert Einstein. Negli anni '70 si credeva ancora che l'intera galassia fosse potenzialmente abitabile. Lo stesso Asimov non vedeva nulla di assurdo nell'idea di pianeti simili alla terra posti proprio nel bel mezzo della Via Lattea. Ricordo ancora i primi timidi sospetti di inabitabilità causati dall'elevata densità stellare nel nucleo della galassia, che avrebbero innalzato temperatura e radiazione di eventuali pianeti formatisi in condizioni tanto estreme. Oggi siamo consapevoli del fatto che le regioni del nucleo galattico sono inabitabili a causa della spaventosa intensità delle radiazioni cosmiche dovuta non soltanto alla densità di stelle, ma anche alla presenza di buchi neri supermassicci, autentiche mostruosità al cui confronto i biblici Leviathan e Behemoth ci apparirebbero tranquillizzanti come la favola di Cappuccetto Rosso... o come i Puffi! Se sospendiamo l'incredulità, quest'opera di Larry Niven resta tuttora godibile. L'umorismo del protagonista Beowulf Shaeffer è leggero ma penetrante, ha l'effetto di una boccata d'ossigeno. 

Alcune parole aliene

Kdatlyno è il nome di una civiltà galattica. Non si capisce se sia un endoetnico o se sia il nome attribuito loro dai Burattinai. Bizzarramente il traduttore, il buon Giuseppe Lippi, utilizza gli articoli "il, i, un, etc." con questo nome: i Kdatlyno, dei Kdatlyno, quando a me parrebbe assai più logico usare gli articoli "lo, gli, uno, etc.", ossia gli Kdatlyno, degli Kdatlyno. Questo accade perché la maggior parte della gente fatica molto a pronunciare gruppi consonantici iniziali e immagina che le consonanti K- e -d- debba esserci una vocale sfuggente, come se fosse Kadatlyno. Come viene precisato, questi Kdatlyno sono ciechi a tutte le lunghezze d'onda tranne le onde radar. Una loro opera d'arte, esposta in un museo dei Burattinai e mostrata a Beowulf Shaeffer, è chiamata Hrodenu e ha come titolo SPAZIO IPERLUCE. Sul reale significato della parola non posso avanzare che timide ipotesi. Sarà un vocabolo dei Burattinai o degli Kdatlyno? A quanto pare, il modo migliore per godere dell'esperienza artistica con questo Hrodenu è leccarlo, come se fosse un succoso cunnus o un ano femminile simile a un bocciolo di rosa. Evidentemente le questioni igieniche derivanti da stratificazioni di salive promiscue non preoccupano troppo i Burattinai, che sotto sotto devono essere ben laidi.

Kzinti è il nome di una civiltà galattiva di energumeni assai bellicosi, di abitudini puramente carnivore. Anche questa volta non si capisce se Kzinti sia un endoetnico o se sia un epiteto poco lusinghiero appioppato dai Burattinai. L'unico modo per trattare con questi Kzinti è, a detta degli stessi Burattinai, assestare terribili mazzate ma astenersi dallo sterminio, concedendo qualcosa al commercio, vendendo loro cibarie, acquistando strani metalli e inviando come ludo-terapista qualche fellatrice particolarmente disinibita. Bizzarramente, il buon Giuseppe questa volta utilizza nella sua traduzione gli articoli "lo, gli, uno, etc." davanti al nome di questo popolo alieno: gli Kzinti, degli Kzinti. Perché gli Kzinti ma i Kdatlyno? Misteri della linguistica aliena!

Che dire? Larry Niven aveva una gran fantasia che ne avrebbe fatto un buon creatore di lingue costruite. Sapeva plasmare parole assai peculiari, con una fonotassi stravagante quanto suggestiva. Peccato a quanto pare che la glottopoiesi non fosse per lui una passione dominante! 

I Burattinai, che bizzarramente hanno dato alla loro società commerciale il nome inglese General Products, sono senza dubbio la forma di vita più intelligente della galassia plasmata da Niven. Consapevoli che l'annientamento incombe, lasciano precipitosamente la Via Lattea: anche un lasso di tempo di molti millenni li mette in grande allarme e li incoraggia a non perdere tempo, come se l'arrivo delle radiazioni mortifere potesse violare le leggi stesse della fisica ed essere questione di pochi giorni. Di fronte a questa trovata geniale, possiamo dire che la paranoia sia uno svantaggio evolutivo? Certo che no! 

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto, con annessa valutazione:


IL GIORNO DEL GIUDIZIO

Autore: Lloyd Biggle Jr.
Anno: 1953
Titolo originale: Judgement Day
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto  
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza apocalittica
Edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore
Edizione italiana (antologia):
    Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttore: Giuseppe Lippi
Dettagli dell'antologia:
    Titolo originale:
 Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione del sole
Catalogo Vegetti: 


Trama:

Lem Dyer è capace di trasformare in realtà le sue visioni. Ognuna di queste immagini mentali è un possibile futuro, che una volta che l'uomo compie la sua scelta, questa si realizza immancabilmente. Nemmeno lui sa perché, ma è così, questo gli ha insegnato la sua esperienza. Accade però un giorno che viene condannato a morte perché accusato di un atroce delitto che non ha commesso. La folla lo vuole linciare. Mentre Lem si trova sul patibolo, pronto per l'impiccagione, cerca disperatamente qualcosa che lo salvi. Le alternative passate in rassegna non lo convincono. Alla fine però vede il sole esplodere. Ecco la sua scelta!

Recensione:

La breve e secca narrazione di Lloyd Biggle Jr. (1923-2002) si fonda sulla teoria tensionale del tempo con futuro ramificato. Come nel racconto Next (The Golden Man) di Philip K. Dick, del 1954, il protagonista non ha soltanto la facoltà di vedere diversi futuri possibili, ma anche quella di decidere quale si realizzerà. Se il mutante descritto da Dick sceglieva tra varie alternative che non dipendevano dalla sua volontà - in pratica scrutava le possibilità in anticipo - alla fine del racconto si ha quasi l'impressone che l'uomo descritto da Lloyd Biggle Jr. abbia il potere di fabbricarsi dal nulla le visioni e di inverarle con la sua sola forza di volontà. Questo pone gravi interrogativi ontologici. Il sole infatti, stando alle leggi della fisica, non può esplodere senza una causa, così, all'improvviso. Un'esplosione deve originarsi nel nucleo e quindi propagarsi verso la superficie, cosa che non può essere istantanea: date le dimensioni dell'astro, ci vorrebbe del tempo. Quindi l'onda catastrofica dell'esplosione dovrebbe raggiungere la Terra, posta a 149.597.870,7 chilometri dal sole, una distanza che la luce impiega 8,31 minuti a percorrere. Visto che l'esplosione non può viaggiare a velocità superluminali, ne consegue che nel momento in cui Lem Dyer vede il sole esplodere e riversare la distruzione sulla Terra, le cause dell'esplosione devono già essere reali da almeno 8,31 minuti. Quindi, stando così le cose, se davvero il sole esplode e incenerisce ogni cosa sul pianeta... sarebbe esploso comunque, in qualsiasi circostanza, indipendentemente dall'immagine mentale dell'uomo e dalla sua scelta. E se Lem avesse scelto di morire e di non innescare la catastrofe? Cosa sarebbe successo? Come sarebbe stata definita la catena di causazione? Comprendete il paradosso?

Questo è un sito che può aiutare a capire meglio il problema: 


Ecco come viene descritta l'immagine mentale di Lem, che disegna la visione definitiva:

"Il sole estivo, alto e brillante a mezzogiorno, che all'improvviso esplodeva come impazzito, squarciava i cieli, inceneriva la campagna e i vermi umani in un'unica vampa abbacinante, e faceva evaporare i fumi, fondeva il cemento, mandava in ebollizione la polvere sotto i piedi..."

L'annuncio dell'Araldo di Distruzione è sublime, semplicemente sublime! Ben deprimente è invece la descrizione del villaggio in cui Lem Dyer conduce la sua infelice esistenza, un paesino americano dominato dal Ku Klux Klan, in cui il reverendo della Chiesa Metodista è al contempo un Gran Dragone degli Incappucciati - e Gran Maestro della locale loggia massonica, ça va sans dire. Anche se queste connessioni non vengono menzionate esplicitamente, le si può comunque inferire da numerosi indizi. La tipica ottusità statunitense, l'ignoranza essenziale che esala dal suolo, fa sì che un uomo non sposato, che non ha mai avuto la ragazza, che ha fama di essere un po' tocco, sia automaticamente accusato di essere un assassino e un pedofilo, nel momento stesso in cui recupera il corpo estinto di una bambina dalle acque del fiume. L'onda solare, annichilitrice di vermi umani, è in realtà la personificazione di Nemesi, incaricata di rimuovere l'Iniquità! 

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto, con annessa valutazione:


NAVE DA PREDA

Autore: Cyril M. Kornbluth
Anno: 1958
Titolo originale: Shark Ship

Aka:
Nave squalo, La Nave-Squalo, La virtù
     sterminatrice  

L
ingua:
Inglese
Tipologia narrativa: Racconto lungo / romanzo breve 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Distopia, fantascienza sociale,
     fantareligione, fantascienza post-apocalittica 
1a edizione it.: 1964

2a edizione it.:
1967
3a edizione it.: 1984
4a edizione it.: 1987
Editori (it.):
     Arnoldo Mondadori Editore (1964, 1984, 1987),
     Giacomo Feltrinelli Editore (1967)
Edizioni italiane (antologie): 
   1964:
Dimensioni vietate, Urania 334
   1967:
Fantasesso, Il brivido e l'avventura 25
   1984:
Catastrofi! Oscar 1767
   1987: Oltre la luna, Urania 1056

Traduttori:

    Cesare Scaglia (1964, 1967),
    Giuseppe Lippi (1984),
    Delio Zinoni (1987)

Dettagli dell'antologia Catastrofi!: 

   Titolo originale: Catastrophes! 

   Curatore: Isaac Asimov 

   Sezione: Distruzione della civiltà

Catalogo Vegetti:
 


Nota: Nel catalogo il titolo del racconto è riportato con il trattino (hyphen)Shark-Ship. Eppure non sembrano trovarsi riscontri di questa variante nel mondo anglosassone.

Trama:

Un futuro cupissimo. Gli abitanti dell'AMEN (Area Metropolitana del Nord Est), un opprimente megalopoli, avevano da tempo abbandonato il loro brulicante formicaio umano per vivere su una flotta di navi di acciaio, vincolati da un solenne giuramento a non avvicinarsi mai alla terraferma. L'unico sostentamento per questo popolo di navigatori è il pesce catturato nelle acque degli oceani. La flotta è formata da più convogli, ognuno agli ordini di un commodoro, ma ogni nave è autosufficiente e il suo capitano ha il potere assoluto. La disciplina è rigidissima: anche un'insignificante macchia di ruggine può compromettere la sopravvivenza e quando il pescato è scarso gli ultrasessantenni sono obbligati all'eutanasia. Le peregrinazioni della flotta duravano ormai da circa tre secoli, quando la nave del comandante Salter perde la rete. L'unica possibilità di salvezza è raggiungere la costa, sperando di riuscire a trovare acqua e cibo. Quello che i marinai vedono è spaventoso. Le antiche nazioni sono crollate, ci sono state morie catastrofiche su tutto il pianeta e sono sopravvissuti alcuni sparuti gruppuscoli di adepti di una setta sanguinaria di sadici cannibali che adorano il loro fondatore, un profeta chiamato Merdeka, il Prescelto, soprannominato anche Il Completo Straniero e l'Arci-Forestiero. Morto a causa di un aneurisma, il suo spirito aveva continuato ad aleggiare sui continenti, dando origine a spaventosi olocausti! 

Recensione:

Angosciante quanto geniale e profetico parto dell'ingegno di Cyril M. Kornbluth (1923-1958), l'uomo dai denti verdi che si innamorò perdutamente di una maliarda appartenente a un'importante famiglia mafiosa e diede inizio alla diffusione delle dottrine anarcocapitaliste, che ancora oggi affliggono il genere umano. Pregevole la trattazione di un tema che ancor oggi è visto come un tabù dalle istituzioni come dalle masse decerebrate: la sovrappopolazione con annesse conseguenze funeste. 

La storia del fanatico religioso all'origine del crollo della civiltà su cui si fonda il racconto è di una tristezza assoluta. Bambino esposto nell'immondizia - ci spiega Kornbluth - Merdeka aveva avuto un inizio più difficile di altri. Cresciuto in strada, tra i gangster, i lenoni e le prostitute, ha presto manifestato tratti di grave psicopatia, associati però a un immenso carisma che lo portava a lanciarsi in una violenta predicazione. Come la popolarità di Merdeka cresceva, si delineavano in lui tratti di estrema ferocia e di puritanesimo radicale: egli era la reazione stessa della Natura alla sovrappopolazione che soffocava il pianeta. La sua lotta contro la pornografia era senza quartiere. Preso dall'ira, diceva che i giornali pornografici "tu li bruci e quelli si moltiplicano come vermi in un secchio della spazzatura". Se l'eiaculazione era un delitto, il sadismo più efferato era incoraggiato, tanto che gli adepti iniziarono a massacrarsi a vicenda, persino in seno alla stessa famiglia. "La famiglia che prega assieme, si ammazza assieme" divenne un motto. In una vivida descrizione, ecco un bambino usare la fiamma ossidrica per farsi strada nella camera blindata dei suoi genitori, strangolando il padre nel sonno con un filo di acciaio e colpendo la madre al cranio con un pomolo massiccio: prima di morire la madre la aveva freddato a pistolettate nel cranio. Eppure Merdeka in indonesiano significa "libertà"! Il Prescelto, quando gli chiedevano che razza di nome fosse il suo, "rispondeva che lui non era un inglese bugiardo o un irlandese dalla voce assordante o un francese pervertito o un ebreo spilorcio o un russo barbaro o un tedesco dal grugno di rospo o uno scandinavo con la testa di segatura". Il buonismo politically correct gli era del tutto sconosciuto, e per lui una ragazza nuda era il Male personificato. Sarebbe bello se Valentina Nappi leggesse il racconto.

Un condominio dell'Apocalisse

A un certo punto il comandante Salter e i suoi uomini si imbattono in iscrizoni su targhe d'ottone, apposte all'entrata di un massiccio edificio formato da cubi di cemento, ormai in rovina. Eccone il testo:

APPARTAMENTI HERBERT J. BROWNELL JR. 

Nota a tutti gli inquilini

Un appartamento del Progetto è un Privilegio e non un Diritto. L'Ispezione Quotidiana è un Punto Fondamentale del Progetto. La Presenza almeno una volta alla settimana in una Chiesa o in una Sinagoga di vostra Scelta è Richiesta a tutte le Famiglie che vogliono mantenere la Buona Condotta; su Richiesta, la Famiglia dovrà fornire Prova della sua Presenza. Il possesso di Alcool e di Tabacco verrà considerata Prova Inoppugnabile di Indesiderabilità. Eccessivo uso d'Acqua, Eccessivo uso d'Energia e Spreco di Cibo saranno considerati come capi sufficienti a una completa Revisione della Desiderabilità. L'uso di una lingua diversa dall'Americano da parte di persone di età superiore ai Sei Anni sarà considerato Prova Inoppugnabile di Inassimilabilità, sebbene questo punto non vieti di usare lingue diverse dall'Americano a scopo liturgico.

Sotto c'era una targa più piccola, sempre in ottone:

Nulla di quanto detto potrà essere usato per sorvolare su Pratiche di Depravazione mascherate da Religione di qualsiasi tipo, e tutti gli Inquilini sono avvertiti che ogni tentativo di coprire Pratiche di Depravazione risulterà nell'immediata Espulsione e Denuncia. 

L'autore specifica che qualcuno vi aveva disegnato sopra un immenso cazzo, definito "volgare dettaglio anatomico". Come se il cazzo lo avessero soltanto gli uomini del volgo.

Il Costruttore di Ponti

Il finale interlocutorio, una raffinatezza stilistica poco apprezzata al giorno d'oggi, è stato evitato per un soffio: la narrazione si conclude con una nota etimologica sul significato della parola Pontifex, tradotta alla lettera come "Costruttore di Ponti", seguita dal sospiro di sollievo del cappellano della nave di Salter, felice di constatare che qualcuno ancora pregasse. A dover esser franco, sospiro di sollievo al pensiero che l'autore immaginasse che qualcuno tra gli epigoni di un'umanità terminale ancora rammentasse qualche nozione dell'augusta lingua di Roma!

Capacità profetiche e fallimenti

Come spesso accade, un'opera di fantascienza presenta elementi profetici. In questo caso, senza dubbio ha anticipato i tempi la capacità dell'autore di prevedere  qualche avvisaglia della spaventosa crisi ambientale causata dagli eccessi procreativi della popolazone planetaria. Suppongo che Kornbluth sia stato molto ottimistico a plasmare con la sua immaginazione una soluzione efficace come quella proposta da Merdeka il Prescelto, che ora della fine porrebbe fine a non pochi problemi. Molto più nociva è la cecità dell'IPCC con le sue baggianate sull'ossimoro chiamato "sviluppo sostenibile". Quel branco di moralisti ipocriti quanto pingui si dimostra incapace di comprendere e di ammettere che la causa dell'aumento delle emissioni climalteranti con conseguenti scovolgimenti climatici è una sola: la sovrappopolazione. Visto che non si vuole accettare questa verità innegabile e che non si vogliono controllare le nascite, si manifesteranno spaventosi genocidi e olocausti, di proporzioni mai viste. Una volta Charles Manson, uomo mitissimo, disse che per salvare l'Amazzonia bisognerebbe massacrare un miliardo di persone. Non basterebbe: i procreatori sopravvissuti colmerebbero i buchi demografici in men che non si dica. La speranza è che si insinuerà un virus capace di fare ciò che alla ragione appare impossibile. Quello che Kornbluth non è riuscito a prevedere è la rovina degli oceani, che è già in atto ai nostri giorni e che porterà presto all'anossia globale delle acque marine, con conseguenze catastrofiche. La flotta dei discendenti dell'AMEN non garantirebbe alcuna possibilità di sostentamento a nessuno in un mondo i cui oceani sono privi di vita e pieni di continenti fatti di plastiche galleggianti compattate.   

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto lungo di Kornbluth, ai confini col romanzo breve, con annessa valutazione:

sabato 20 ottobre 2018

UN RACCONTO GROTTESCO DI EDGAR ALLAN POE E LA GRANDE BEFFA DELLA LUNA


Un racconto grottesco e protofantascientifico di Edgar Allan Poe, poco noto ai lettori italiani, è senza dubbio L'incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall (The Unparalleled Adventure of One Hans Pfaall), pubblicato per la prima volta nel 1835. La città di Rotterdam venne sorvolata da un grande pallone aerostatico, che destò lo stupore generale. Nella Piazza della Borsa si radunò una densa folla per osservare il prodigio. A un certo punto, emerse dall'aeronave un bizzarro omino che lanciò una missiva alla gente sotto di lui. Il manoscritto narrava le gesta di Hans Pfaall, un riparatore di soffietti, oberato dai debiti e scomparso cinque anni prima senza lasciare tracce. La cittadinanza apprese così che l'uomo, ormai dato per morto, aveva preso a prestito somme consistenti, da lui utilizzate per fabbricarsi l'aeronave. Quindi, con un'astuzia degna di Olaf Tryggvason, radunò tutti i suoi creditori e li fece saltare in aria per mezzo di polvere da sparo e di una miccia, uccidendoli sul colpo. L'unica via che gli rimaneva per evitare la punizione del Leviatano legale era la fuga. Abbandonò la terraferma a bordo della navicella attaccata al suo pallone, ascendendo fino a quote inimmaginabili, raggiungendo la Luna in diciannove giorni di viaggio. La sua permanenza sul satellite durò cinque anni. In quell'ambiente inesplorato scoprì i Seleniti, che erano una specie razionale come gli esseri umani. Alla fine del manoscritto, le genti di Rotterdam lessero che l'omino stranissimo da loro avvistato sulla navicella era proprio un abitante della luna. Le condizioni che Hans Pfaall dettava per il proprio ritorno erano semplici: prima di atterrare avrebbe dovuto ottenere la grazia per l'uccisione dei creditori. Tuttavia nel frattempo l'omino lunare era scomparso nella navicella e nessuno era capace di comunicare con lui. Il pallone aerostatico risalì nell'atmosfera, tornando verso il satellite. L'accaduto destò molto clamore, ma cominciava già a circolare tra i presenti l'idea che tutto l'accaduto fosse soltanto il frutto di una colossale burla.


La Grande Beffa della Luna

Sentii parlare della Grande Beffa della Luna (Great Moon Hoax) per la prima volta molti anni fa, quando lessi il saggio di Isaac Asimov Civiltà extraterrestri (Extraterrestrial Civilizations, 1979). Rimasi stupito dalla narrazione dell'accaduto. Il figlio del patriarca ashkenazita Judah sosteneva una tesi che mi parve assai singolare e in contrasto con la mia pur limitata esperienza: il genere umano avrebbe avuto uno straordinario desiderio di credere all'esistenza di intelligenze aliene. Mi domandai come questo fosse possibile, dato che le persone che mi circondavano non credevano all'esistenza degli extraterrestri e tendevano a ritenere pazzo chi prestava fede a ogni fantasia sull'argomento. Non avevo ben compreso le affermazioni asimoviane. Le intelligenze in cui l'umanità ha sempre prestato fede non devono per necessità essere antropoidi generati su altri pianeti: può benissimo trattarsi di angeli e di demoni. Ogni comunità umana giudica pazzia le credenze delle altre comunità, ma afferma come sacrosante le proprie. Proseguendo nella lettura, la descrizione della Grande Beffa della Luna mi ha lasciato il segno. Riporto in breve i fatti. Il 25 agosto dell'Anno del Signore 1935, accadde qualcosa che avrebbe dovuto segnare un punto di rottura col passato. Il quotidiano di New York The Sun riportò una notizia sensazionale: nel suo osservatorio al Capo di Buona Speranza, il celebre astronomo inglese John Herschel aveva puntato il suo telescopio sulla luna, riuscendo a osservarne la superficie con una precisione fino ad allora inconcepibile. In una serie di sei articoli firmati dall'assistente fantomatico di Herschel, Andrew Grant, veniva descritto con sconcertanti dettagli un mondo lussureggiante e abitato da una specie intelligente affine all'Uomo. Valli fertili, sconfinate foreste di abeti in cui correvano enormi bisonti e unicorni azzurri, mari interni di acqua blu, grandi fiumi pieni di pesci, di creature anfibie e di uccelli acquatici. Asimov rimase molto colpito dalla descrizione dei bisonti lunari, da lui definita "un pezzo di bravura" per via dell'ingegnosa trovata di un'aletta carnosa e mobile sulla fronte dei grossi mammiferi, che permetteva loro di ripararsi gli occhi dagli sbalzi di luce. I Seleniti avevano l'aspetto di esseri umani dal pelo rossiccio, dotati di ali simili a quelle dei pipistrelli. Si riunivano e gesticolavano, dimostrando di possedere un linguaggio articolato. Costruivano piramidi di quarzo lilla e si radunavano in un grande tempio d'oro, dove adoravano chissà quali divinità. La specie appena scoperta fu addirittura battezzata con un nome scientifico: Vespertilio homo. Esisteva anche un'altra specie senziente, una tribù primitiva di castori bipedi che vivevano in capanne e conoscevano l'uso del fuoco. La narrazione si concluse con un brillante escamotage: il telescopio di Herschel era andato a fuoco per via di un malfunzionamento che lo aveva trasformato in uno specchio ustorio. Gli articoli di Grant conobbero un successo strepitoso, tanto che furono tradotti in molte lingue. Nel 1836 a Napoli fu pubblicato un opuscolo intitolato Delle scoperte fatte nella luna del dottor Giovanni Herschel, che conteneva estratti di questo materiale. Il mondo fremeva e persino nel mondo scientifico molti davano credito alle fantasie seleniche. Già gli ecclesiastici bramavano di raggiungere la luna per evangelizzare gli uomini-pipistrello! Se il loro tempio d'oro fosse stato dedicato a un Dio invisibile e astratto, lo avrebbero identificato col Dio cristiano, limitandosi a imporre la croce e i sacramenti. Se invece vi fossero stati adorati degli idoli, li avrebbero abbattuti, combattendo per debellare il paganesimo. Gli speculatori bramavano di raggiungere la luna per sfruttarne le immense ricchezze. Questi sogni di gloria furono ben presto interrotti quando accadde l'inevitabile: Sir John Herschel, di ritorno da un viaggio in Sudafrica, venne a sapere delle mirabolanti favole che gli venivano attribuite dai quotidiani! All'inizio trovò la cosa divertente e commentò che le sue vere osservazioni non potevano certo essere così eccitanti come gli articoli dell'inesistente Andrew Grant. Non tardò tuttavia ad accorgersi che la gente credeva davvero alla burla, cosa che lo mise in grande imbarazzo. Rimando al sito Hoaxes.org per approfondimenti: 



Poe e l'Imbroglio Lunare 

L'autore del Great Moon Hoax risultò essere proprio un reporter del quotidiano The Sun, Richard Adams Locke (1800-1871), diretto discendente del filosofo John Locke (1632-1704), che era stato il padre del liberalismo classico e dell'empirismo moderno. Il giornale newyorkese, anche noto come New York Sun, era stato fondato da Moses Yale Beach nel 1833 e fu uno dei primi a cercare di incrementare le vendite facendo pagare un penny per copia. Era un azzardo: se non si riusciva ad attirare l'attenzione dei lettori, si rischiava di finire in una spirale il cui unico esito era il fallimento. Altri avevano tentato l'ardito esperimento, fallendo miseramente. Occorreva per forza di cose mettere le mani su una trovata sensazionale, in grado di far crescere in modo esponenziale le vendite. Ecco quindi che entra in scena Edgar Allan Poe, che col suo racconto sul viaggio lunare di Hans Pfaall fornì a Locke l'ispirazione cercata! Lo scrittore di Boston, non appena venne a sapere delle descrizioni della flora e dalla fauna selenica firmate da Andrew Grant, comprese subito l'origine della truffa e reagì accusando Locke si essere un plagiario. Il primo articolo truffaldino comparve in agosto, ma soltanto tre settimane prima il racconto di Poe avente per protagonista Hans Pfaall era stato pubblicato su un nuovo giornale, The Southern Literary Messenger, dove si assicurava ai lettori che quello era il resoconto di una storia realmente accaduta. Poe non poteva sopportate tutto questo. Quello che gli faceva digrignare i denti dallo sdegno era che un fatto molto semplice: in pratica la sua opera era passata inosservata, ma l'idea gli era stata rubata da Locke, che con grande abilità l'aveva portata al successo. A quanto pare gli sfuggiva un particolare non irrilevante: The Southern Literary Messenger era una pubblicazione con pochi lettori, oggi diremmo "di nicchia", mentre The Sun di lettori ne aveva moltissimi, anche complice il suo basso prezzo e l'efficiente rete di strilloni. Così le peripezie di Hans Pfaall non destarono alcuna attenzione, mentre le meraviglie lunari dello pseudo-Herschel raggiunsero in una sola settimana 100.000 persone nella sola New York, che all'epoca aveva 300.000 abitanti.  Nel suo scritto polemico del 1846 I literati di New York City (The Literati of New York City), Poe dà prova di grande acume e lucidità, purtroppo ex post facto. Le considerazioni sull'opera di Locke sono riportate in questa pagina del sito Eapoe.org:   


Questo è un estratto significativo, da me tradotto:

«Capiti correttamente i singolari svarioni cui ho fatto riferimento, avremo il miglior motivo di meravigliarsi del prodigioso successo della beffa. Non una persona su dieci la screditò, e (punto più strano di tutti!) i dubbiosi erano soprattutto quelli che dubitavano senza essere in grado di dire perché - gli ignoranti, quelli non informati in astronomia, persone che non avrebbero creduto perché la cosa era così nuova, così completamente "fuori dal solito modo". Un austero professore di matematica in un college virginiano mi ha detto seriamente che non aveva dubbi sulla verità dell'intera faccenda! Il grande effetto operato sull'opinione pubblica è riconducibile, in primo luogo, alla novità dell'idea; in secondo luogo, al carattere eccitante e razionale delle presunte scoperte; in terzo luogo, al perfetto tatto con cui l'inganno è stato condotto; in quarto luogo, alla raffinata eleganza della narrazione. La mistificazione è stata diffusa in misura immensa, è stata tradotta in varie lingue - è stata persino oggetto di discussioni (quizziche) nelle società astronomiche; ha attirato su di sé la grave denuncia di Dick, ed è stata, nel complesso, decisamente il più grande successo nella sensazione - di una semplice sensazione popolare - mai fatto da una finzione simile né in America né in Europa.» 


Intenti denigratori 

A quanto pare, la motivazione che spinse Locke a sfruttare l'idea di Poe non fu soltanto economica: era anche animato dal desiderio di mettere in satira le dottrine del Reverendo Thomas Dick (1774-1857), conosciuto come "il filosofo cristiano", convinto sostenitore della pluralità dei mondi abitati e della loro estrema abbondanza nel Cosmo. Costui in un suo stravagante contributo si era addirittura spinto a stimare il numero di abitanti del sistema solare, che a sua detta avrebbero superato i 21 trilioni. Poe lo cita ne I literati di New York City, accennando al fatto che la sua reazione alla Grande Beffa della Luna è stata a dir poco scomposta. Forse l'ecclesiastico era ben consapevole del fatto che le proprie elucubrazioni erano indifendibili e buffe, così non ha retto alla loro diffusione. Altro studioso preso di mira da Locke era il medico e astronomo bavarese Franz von Paula Gruithuisen (1774-1852), che aveva creduto di osservare tracce di civiltà sulla superficie lunare, attribuendo le variazioni di colorazione delle rocce alla presenza di vegetazione. Certo, a quei tempi il mondo accademico era ben vario e strano! C'è quasi da provarne nostalgia.   

Confusione on line

Girando per il Web, si ha l'impressione che il passato non sia mai un quadro perfettamente nitido, che molte informazioni siano perdute e che non ci sia totale accordo sulle fonti. C'è chi sostiene che Richard Adams Locke nel 1935 fosse il nuovo direttore del The Sun. Ecco un link a un articolo del blog indipendente L'Angolo di Jane, che contiene l'informazione errata:


A quanto ho infine potuto reperire, Locke era invece un reporter, come dimostrato dal sito Hoaxes.org; ho trovato la stessa informazione sulla pagina in italiano dedicata al Great Moon Hoax. Ho faticato non poco prima per trovare una biografia dettagliata del discendente di John Locke. Mentre scrivo questo articolo, noto che esiste una rudimentale pagina a lui dedicata sulla Wikipedia in italiano ma non su quella in inglese, cosa senz'altro curiosa e non facile a spiegarsi.   


Una singolare ucronia

A quanto pare Poe confondeva in qualche misura l'olandese con il tedesco, complice l'antico significato della parola dutch che indicava entrambe le lingue. Così riteneva che la seconda rotazione consonantica arrivasse fino in Olanda. Va detto che all'inizio egli pubblicò il racconto come Hans Phaall, A Tale: lo ribattezzò soltanto nel 1842 col titolo definitivo. Comparve quindi sette anni dopo la prima edizione il bizzarro cognome Pfaall con la sua consonante affricata iniziale, una cosa decisamente insolita per i Paesi Bassi. Questo è una caratteristica che risulta chiaramente incompatibile con la fonotassi dell'olandese, una varietà di francone le cui occlusive sorde sono rimaste indenni. Potremmo supporre che lo scrittore abbia disegnato una specie di linea temporale ucronica - o più probabilmente onirostorica - in cui la seconda rotazione è avvenuta persino a Rotterdam. Data però la stranezza delle leggi della fisica esposte nel racconto, direi che è più verosimile pensare che Poe abbia descritto scientemente una burla a tutti gli effetti. Inutile proseguire a cavillare. 

Considerazioni finali

Se devo essere franco, ho trovato molto pesante la lettura de L'incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall. Tra le opere di Poe che ho letto, questa è tra quelle che mi sono piaciute meno. Senz'altro mi ha dato più piacere analizzarla e scrivere questo contributo.  

domenica 4 dicembre 2016


L'AMORE AL TEMPO DEI MORTI

Titolo originale: Born with the Dead
Autore: Robert Silverberg
Lingua originale: Inglese
Genere: Fantascienza, Dark Science Fiction

Composizione:
 un romanzo breve + un racconto
Anno:
 1974
I pubblicazione in Italia: 1993*
   (Casa Editrice Nord)
II pubblicazione in Italia: 2006
Casa editrice: Fazi Editore

Collana: Le Strade
Numero collana: 111 
Numero pagine: 206
Codice ISBN: 978-8881127740
Traduttori: Carla Vannuccini, Marco Pittoni 
Premi:
   Nebula Award for Best Novella, 1974
   Locus Award for Best Novella, 1975

*Si tratta dell'antologia intitolata Oltre il limite. Nella pagina della Biblioteca Galattica è datata 1971, ma questo è assurdo: sarebbe un caso di pubblicazione nell'universo tachionico, in cui l'effetto precede la causa e i libri possono essere dati alle stampe prima di essere scritti. In realtà è un refuso. Solo uno dei racconti che compongono la raccolta è datato 1971: questa data è stata estesa all'intero volume.  

Sinossi:

Il libro è composto da un romanzo breve e da un racconto: 
1) L'amore al tempo dei morti (Born with the Dead,
    1974)
2) La Partenza (Going, 1971) 

L'amore al tempo dei morti parla di una improbabile fine del XX secolo (ormai è il passato), in cui chiunque lo voglia può essere resuscitato dalla morte tramite la tecnologia. Questi morti vivono in luoghi loro destinati, le Città Fredde, conducendo una vita apparentemente normale, mangiando, defecando, pensando, andandosene a spasso e avendo persino qualche rudimentale attività sessuale. Un uomo, Jorge (no, non è il famoso Pompeo Bergoglio), soffre per la dolorosa perdita della moglie, che ama moltissimo. La donna aveva lasciato come sua ultima volontà quella di essere riportata in vita, così dopo il trapasso è stata portata in una Città Fredda e il suo desiderio è stato realizzato. Una volta resuscitati, questi morti hanno una personalità diversa da quella che avevano in vita, il loro comportamento è difficilmente comprensibile. Il punto è che Jorge continua ad essere innamorato follemente della moglie e cerca in tutti i modi di contattarli, nonostante siano vietati contatti tra vivi e morti. La insegue in capo al mondo e si rivela un fastidiosissimo stalker (molesto persino per il lettore costretto a sopportarne l'idiozia). Questo fino all'inatteso colpo di scena... 

La Partenza parla di un mondo in cui la medicina ha fatto tali progressi da prolungare la vita degli esseri umani. Siccome le persone vivono ben oltre il secolo, la demografia è fortemente controllata, in modo tale da evitare al pianeta di soffocare. Il problema è che perché qualcuno nasca, qualche anziano deve rinunciare a tirare avanti per altri decenni. Si è così sviluppata una nuova religione di sapore nettamente dianetico, affine alle tante sette americane cosiddette del "potenziale umano". Il fondamento di questa forma di condizionamento mentale è il concetto di Partenza. Il vocabolo è un eufemismo e allude con grande chiarezza all'eutanasia, presentata come un atto di somma generosità nei confronti delle nuove generazioni. Il verbo eufemistico Andare, scritto con la maiuscola, assume quindi una valenza mistica. Il racconto è imperniato sulla figura e sulla vita di Henry Staunt, un compositore ultracentenario di fama mondiale, che pur essendo ancora perfettamente sano, all'improvviso è colpito da un'ispirazione inspiegabile e decide di essere portato alla Casa del Commiato per Andare, ossia per essere terminato. 

Recensione:

Pur avendo grande stima per Robert Silverberg e apprezzatondo molte sue opere, devo ammettere che questo libro non mi è piaciuto affatto. Il primo racconto, L'amore al tempo dei morti, l'ho trovato noiosissimo, al punto che ho fatto una gran fatica a finirlo. Quando comincio a leggere un libro capisco subito se mi piacerà o se farà schifo, a volte già dalle prime righe. Mi guida una specie di intuizione. Forse ho sbagliato a non immergermi nella lettura portandola a termine in breve tempo. Si tratta infatti di uno scritto paragonabile a un bicchiere pieno di kefir o di pulque: bisogna berlo tutto d'un fiato. Forse a indisporre è l'ambientazione così stonata, in cui eventi mirabolanti avvengono in anni che sono ormai alle nostre spalle. Si è come presi da una specie di indefinibile amarezza. Questo scritto non appartiene al nostro tempo. Infatti è stato concepito in un'epoca che ancora guardava all'anno 2000 come a un faro in cui si sarebbe realizzato come per incantesimo tutto ciò che la mente umana avrebbe potuto sognare. Le cose sono andate in modo ben diverso. Adesso tutto ci appare chiaro, ma negli anni '70 dello scorso secolo non era così. Si tendeva ad accelerare il progresso scientifico e tecnologico nell'immaginario, facendolo impennare negli anni '90, materializzando dal nulla cose che sono ancor oggi del tutto irrealizzabili. Allo stesso modo alcuni autori dipingevano la fine del secolo come teatro di viaggi interstellari o come luogo pieno di robot. Robert Silverberg in quel lasso di tempo ha addirittura resuscitato i morti. Siamo ormai nel dominio dell'archeofantascienza


Il secondo racconto, La Partenza, avrebbe potuto chiamarsi Geriatric Park, proprio come le esilaranti sequenze nate dalla fantasia di Leslie Nielsen e incorporate nel film Una Pallottola Spuntata 331/3 - L'insulto finale. Si respira un'aria pesantissima, anche se dolciastra come l'asfissia da monossido di carbonio. Il racconto, nel perfetto stile americano della "story of my life", è lento ed estenuante, anche se nettamente migliore di Born with the Dead. Pur essendo ben più plausibile di un mondo in cui i cadaveri resuscitati deambulano, parlottano e fanno safari per cacciare i dodo e i moa, resta comunque un parto dei reami dell'improbabilità. Si fonda infatti sull'assunto che gli esseri umani trovino il modo di controllare su tutto il globo l'impulso di pullulare come cagnotti. Questo è il punto. Il dato ineliminabile e tragico della sovrappopolazione del globo terracqueo viene bellamente ignorato, come se tutto potesse essere risolto con qualche trovata propagandistica. Pensare che questo sia possibile è pericoloso. Nessuno slogan, nessun condizionamento scolastico si è mai dimostrato capace di spingere le masse acefale a tenere a freno i propri deleteri impulsi sessuali. Si capisce che senza un controllo della sessualità e della procreazione a livello planetario - non solo in Occidente, ma soprattutto nelle aree a più elevato tasso di incremento demografico - l'idea di una civiltà umana stabile e pacifica può ritenersi una puerile utopia. 

Moltissimi concordano sul fatto che con questo volume Silverberg abbia anticipato i temi della bioetica e i loro deprimenti sviluppi. Si tratterebbe di uno scritto profetico. Eppure leggendolo si ha l'impressione che sia tutto stonato, che nulla corrisponda davvero a ciò che dobbiamo vivere ai nostri giorni, dove la quasi immortalità è concessa ai topi di laboratorio, ormai immuni da qualsiasi malattia e persino in grado di riparare cancri e fratture della schiena, mentre tali brillanti risultati faticano molto a essere trasferiti agli umani. L'amarezza è inevitabile: nel mondo reale del presente i sofferenti continuano a soffrire e il loro trapasso viene ostacolato dall'ingerenza di ecclesiastici incartapecoriti. Anche le previsioni che si possono trarre concordano poco con il placido mondo di Going. Quando il pungiglione di Thanatos avrà preso uno dopo l'altro tutti i porporati, quando l'invecchiamanto dell'Occidente avrà raggiunto livelli insostenibili, inizierà una sistematica rimozione di tutti i degenti non assistibili, che saranno implacabilmente eliminati. Saranno distribuiti kit per l'eutanasia e decine di milioni di persone subiranno rimozione dalla società - e questo senza che sia cambiata una virgola nelle carte costituzionali delle nazioni. Il Grande Genocidio avverrà in condizioni di piena ed effettiva democrazia, la stessa che oggi impedisce ai paralizzati di porre termine ai loro giorni. La popolazione che sostituirà gli estinti occidentali verrà da zone in cui i feti vengono prodotti con ritmi di accrescimento tipici delle mosche carnarie.     

Isaac Asimov ha dichiarato: "Silverberg va oggi dove la fantascienza andrà domani". Una sentenza brillante, certo, anche se ho i miei dubbi che si possa considerare veritiera. La fantascienza langue come una pozza stagnante destinata a inaridirsi, esponendo all'implacabile sole girini morenti. Il mondo reale procede verso la sua Nemesi a passi da gigante e quanto sognato da Silverberg appare persino idilliaco. In ogni caso, potendo scegliere, troverei splendido poter lasciare la desolazione della Terra dei Morti per trasferirmi su Majipoor. 

Reazioni nel Web

A quanto pare questo libro è come il piatto nazionale scozzese detto haggis, composto da uno stomaco di agnello ripieno di interiora macinate con cipolla e altri ingredienti: o è amatissimo o è odiatissimo, senza mezze misure. Queste sono le brevi recensioni riportate su Anobii.


Si nota che i navigatori SpeakingParts e Karmillion commentano anche un terzo racconto, intitolato Thomas l'araldo (1972), che era incluso nell'antologia Oltre il limite (1993) e che non è stato pubblicato nel volume di Fazi Editore del 2006.

giovedì 10 novembre 2016


CANDIDO, O L'OTTIMISMO 

AKA: Candido, ovvero l'ottimismo; Candido
Titolo originale: Candide, ou l'Optimisme
Autore: François-Marie Arouet, detto Voltaire
Lingua originale: Francese
Anno: 1759
Genere: Racconto filosofico, satira

Trama: 

In Vestfalia vive Candido, un giovane orfano dall'animo puro, ospite nel castello del Barone Thunder-den-Tronckh (si noti il nome pseudotedesco) e secondo alcune voci suo figlio illegittimo. Candido conduce un'esistenza spensierata e segue le lezioni del precettore Pangloss, filosofo iperottimista secondo cui ogni cosa ha la sua ragione d'esistere. Se ai nostri tempi i filosofi sono detestati vivamente dal gentil sesso, tanto che spesso sono segregati e impossibilitati ad accoppiarsi, Pangloss era invece un incorreggibile donnaiolo che approfittava volentieri delle contadinotte, esplorandone il corpo e stantuffandole. Candido ama la bella Cunegonda e passa gran parte del suo tempo ad osservarla. Lei spia le gesta di Pangloss e ispirata da ciò che ha visto bacia Candido dietro un paravento. Le effusioni vengono però scoperte, così il Barone furibondo bandisce Candido dal castello. Poco dopo la partenza dell'orfano, accade che i Bulgari calano sul castello espugnandolo. Il Barone viene trucidato con la sua famiglia: l'unica superstite è Cunegonda, di cui però si perdono le tracce. Ha inizio una serie vorticosa di peripezie. Candido viene arruolato a forza dai Bulgari e quando cerca di fuggire viene bastonato da duemila soldati. Condannato a morte e graziato, riesce infine a fuggire, ritrovando Pangloss consunto dalla lue. 

Un mercante anabattista di nome Jacques (Giacomo) dà a Candido e a Pangloss un passaggio sulla sua nave, che giunge a Lisbona, devastata dallo spaventoso terremoto del 1755. Jacques muore in una tempesta, Pangloss viene condannato a morte dall'Inquisizione e impiccato, Candido è fustigato a sangue. Una vecchia, che lo raccoglie e lo cura, si rivela una conoscente della bella Cunegonda, oltre che la figlia illegittima di un papa. Finita a Lisbona, la figlia del Barone di Vestfalia è diventata l'amante di due uomini: il Grande Inquisitore e il giudeo Don Issacar. Candido li uccide entrambi. Non gli resta che fuggire su una nave assieme a Cunegonda, alla vecchia e al servitore Cacambo, arrivando in Argentina, nel porto di Buenos Aires. Mentre la vecchia e la nobildonna di Vestfalia sono ospitate nel palazzo del Governatore, Candido e Cacambo vanno a nord, trovando rifugio tra i Gesuiti. Senonché si viene a scoprire che il Generale dell'Ordine è proprio il fratello di Cunegonda, che si oppone alle nozze di Candido con la sua amata. Nella lite che ne segue, Candido uccide il gesuita. Assieme a Cacambo fugge attraverso la foresta, inoltrandosi nelle terre dei cannibali Orecchioni. Avuta salva la vita per il rotto della cuffia, i due risalgono il fiume finendo nel mitico paese di El Dorado. Si tratta di una valle impervia tra montagne altissime, in cui abita un popolo di un'incredibile ricchezza, che considera l'oro e le pietre preziose dello stesso valore del fango. Siccome le genti di questo regno incantato hanno come lingua il Quechua, Cacambo li intende alla perfezione ed è in grado di fungere da traduttore. El Dorado è un paese utopico abitato da consanguinei degli Incas, in cui non divampa mai un litigio, in cui è sconosciuta la guerra (nonostante in Quechua esistano parole ben adatte a descrivere questi concetti). Candido e Cacambo si allontanano dalla felice terra andina carichi di oro e di preziosi.

Ritornati a Buenos Aires con il progetto di riscattare Cunegonda, i due vengono ad apprendere la notizia delle sue nozze forzate col Governatore. In preda alla disperazione, Candido decide di fare ritorno in Europa. Incontra un manicheo di nome Martino, la cui Dottrina contrasta in ogni dettaglio con le mortifere bugie di Pangloss, affermando la Verità sulla natura maligna dell'Esistanza. Eventi funesti portano Candido a dividersi da Cacambo e a iniziare una serie di peregrinazioni per la Francia e per l'Inghilterra, incontrando sul suo cammino numerosi personaggi grotteschi, come Girofléé, un fratacchione evaso dal suo convento con la precisa intenzione di farsi turco, ossia di convertirsi all'Islam. Gli accadimenti sono convulsi. Alla fine Candido incontra nuovamente Cacambo. Su una galera ottomana giungono a Costantinopoli per scoprire che Cunegonda è finita in stato di schiavitù. Alla fine Candido, Cacambo, Martino il Manicheo, il redivivo Pangloss, la servetta sifilitica e il fratacchione turchizzato finiscono a vivere in una modesta fattoria nei pressi della capitale dell'Impero Ottomano, comprata con i residui delle ricchezze portate da El Dorado e ormai ridotti a ben poca cosa. Qui coltiveranno i pistacchi e altri ortaggi, costretti ad abbandonare discussioni e filosofemi per prestare le loro cure alla terra.  

Recensione: 

Splendido racconto filosofico, il cui principale intento è la confutazione delle aberrazioni diffuse dalla teodicea di Gottfried Wilhelm von Leibniz, un malfattore che sosteneva a spada tratta la natura buona dell'Universo. Proprio Leibniz è ritratto da Voltaire nelle sembianze dell'insopportabile Pangloss. A quanto consta, l'ispirazione è giunta al filosofo francese dal terremoti inaudito che ha raso al suolo Lisbona, facendo un gran numero di morti, incredibile per l'epoca. Questa catastrofe ha dato origine ad accanite discussioni sulla teodicea, mettendo in profondissima crisi il mondo cattolico. I fedeli del Papa credevano infatti che mai e poi mai Dio avrebbe potuto colpire una città cattolica, capitale di un regno che tanto si era dato da fare per evangelizzare le genti. Secondo i loro schemi, Dio avrebbe dovuto devastare un paese protestante. L'accaduto era del tutto inesplicabile e segnò l'inizio di mutamenti irreversibili nella Storia d'Europa. Se siamo arrivati al pontificato di Jorge Pompeo Bergoglio, dallo spessore teologico nullo, in cui sfrenati appetiti feticisti sono etichettati come "umiltà evangelica" - mentre sono in realtà libidine bella e bona - è per via di una catena di eventi iniziata proprio col Grande Terremoto che sconvolse Lisbona e che tanto colpì l'immaginazione di Voltaire. 

Etimologia di Pangloss
e genealogia della sifilide

Il nome Pangloss, di per sé assai bizzarro, è senza dubbio satirico. Voltaire lo derivò infatti dal greco πᾶν "tutto" e γλῶσσα "lingua". Ne conseque che Pangloss significa "Tutto lingua", con riferimento alla sua retorica ottimista di chiara origine leibniziana. "Viviamo nel migliore dei mondi possibili", ripete a pappagallo l'istitutore, a ogni piè sospinto, anche di fronte alle evidenze più avverse. Nella Natura maligna nulla lo piega: se la sifilide lo deturpa e gli divora il naso, egli baldanzoso sostiene che senza quell'atroce morbo giunto dalle Americhe non conosceremmo la cioccolata. Il brano in cui il sostenitore della teodicea fa l'apologia del Treponema pallidum è stato addirittura soggetto a censura e omesso dall'edizione ottocentesca del racconto. Lo riporto in questa sede (traduzione di Paola Angioletti): 

Ella ne era infetta, forse ne è morta. Paquette aveva avuto questo regalo da un frate francescano molto colto, il quale era risalito all’origine: infatti egli l’aveva preso da un capitano di cavalleria, che lo doveva a un paggio, che l’aveva preso da un gesuita il quale, da novizio, l’aveva ereditato in linea diretta da un compagno di Cristoforo Colombo. Quanto a me, non lo darò a nessuno, perché sto morendo.
- O Pangloss! gridò Candido, che strana genealogia! Certamente il diavolo ne è il capostipite! - Niente affatto, replicò quel grand’uomo: era una cosa indispensabile nel migliore dei mondi, un ingrediente necessario: poiché, se Colombo non avesse preso in un’isola dell’America questa malattia che avvelena la sorgente della generazione, che spesso anzi impedisce la generazione e che evidentemente è l’opposto del gran fine della natura, noi non avremmo né cioccolata né cocciniglia; bisogna ancora osservare che fino ad oggi questa malattia esiste solo nel nostro continente, come le dispute. I Turchi, gli Indiani, i Persiani, i Cinesi, i Siamesi, i Giapponesi, non la conoscono ancora; ma c’è una ragione sufficiente perché la conoscano a loro volta fra qualche secolo. In quest’attesa, essa ha fatto progressi meravigliosi fra noi, e soprattutto fra quei grandi eserciti composti di onesti stipendiati così cortesi, i quali decidono il destino degli Stati; si può ben affermare che, quando trentamila uomini combattono schierati in battaglia contro truppe di numero uguale, ci sono circa ventimila sifilitici da ogni parte. 

Il mistero di Cacambo

Voltaire ci descrive Cacambo come un meticcio di Tucumán, per tre quanti indio e per un quarto spagnolo, che parlava la lingua del Perù, ossia il Quechua. Così ci dice l'Illuminista, che nella provincia di Tucumán non si sente parlare altro idioma. Cacambo tuttavia porta un nome non Quechua che ha la sua radice nella lingua dei Diaghiti, il Kakán: è formato tramite un suffisso -bo a partire dal nome stesso della lingua, una radice che compare anche nel nome del Dio delle Tempeste, Kakanchig e in alcuni cognomi come Cacana e Cacanay.
L'etimologia di Kakán è stata a lungo fraintesa. Tradizionalmente è ricondotto al Quechua qaqa "roccia, pietra", e Kakanchig è interpretato come "Nostra Pietra". Tuttavia noi vediamo che queste parole non sono Quechua e che l'idioma Kakán, pur avendo molti prestiti dalla lingua di Cuzco, non è con essa imparantato. Nel Quechua di Santiago del Estero, che tuttora mostra numerosi vocaboli di sostrato riconducibili al Kakán, il teonimo è pronunciato Kakanchik, con /k/ e non con /q/: non risale assolutamente al Quechua qaqa. La terminazione -chik in questa parola non corrisponde affatto alla desinenza Quechua per "nostro". Tutto il contrario. Il nome della lingua, Kakán, significa "Nostro", proprio come Kunza, il nome della lingua degli Atacameños. Così la radice chic, chig, chiz significa "Dio, Sommo", proprio come nella lingua degli Huarpe Chis Tactao è il cielo. Kakanchig significa "Nostro Dio". L'antroponimo Cacana significa "Nostra (Terra)", e da esse deriva Cacanay col tipico suffisso di derivazione Kak
án -ay. Tutto chiarissimo. Il Kakán, estinto da tempo, era un lontano parente del Kunza e della lingua degli Huarpe. Quest'ultima aveva in aggiunta numerosi prestiti dal Kakán (tra questi proprio tactao "villaggio"). Pubblicherò la mia opera di ricostruzione di quell'idioma perduto in un'altra occasione.
Il punto è questo: come faceva Voltaire ad essere a conoscenza di un antroponimo Kak
án correttamente formato? Forse ha conosciuto lui stesso un indio di nome Cacambo, oppure ha avuto occasione di leggere la grammatica e il vocabolario del Kakán composti da Padre Bárcena (Barzana), opera di capitale importanza e oggi malauguratamente perduta per colpa delle velenose congiure della stramaledetta Setta Massonica.


Donne che si accoppiano con le scimmie!

Nel corso delle avventure di Candido e dei suoi compagni compaiono due misteriose creature, scimmie gigantesche che godono dei favori sessuali delle donne della tribù nativa degli Orecchioni. Nulla a che vedere con i famigerati ricchioni o busoni di Sodoma! Si tratta di genti indiane famose per i loro ornamenti auricolari, che deformavano i lobi e i padiglioni allungandoli in modo grottesco, donde il nome spagnolo di Orejones. La narrazione che fa Voltaire è tanto spassosa quanto tragica: 

Il sole tramontava, quando i due smarriti sentirono alcune piccole strida, che parean di femmine; essi non sapevano se quelle strida eran di dolore, o di gioja; si alzaron precipitosamente con quella inquietudine, e con quello spavento che tutto inspira in un paese incognito. Quei clamori si partivano da due giovani, che leggermente correvano lungo la sponda della prateria, mentre due scimmie le mordevano alle spalle. Candido ne fu mosso a pietà; aveva egli imparato a tirare da' Bulgari, ed avrebbe colpito una nocciuola in mezzo a un cespuglio, senza toccar le foglie; prende egli il suo fucile spagnuolo a due canne, tira e ammazza le due scimmie. - Dio sia lodato, mio caro Cacambo, io ho liberato da un gran periglio quelle due povere creature; se ho commesso un peccato ammazzando un inquisitore e un gesuita, io vi ho ben rimediato, salvando la vita a due giovani, saran forse due damigelle di condizione, e questa avventura ci può procurare gran vantaggi nel paese.
Volea più dire, ma restò colla parola in bocca quando vide quelle due giovani abbracciare teneramente le due scimmie, cadere piangendo su’ loro corpi ed empir l’aria di dolorose grida. - Io non mi aspettava un cuor tanto buono, disse finalmente a Cacambo, il qual gli replicò: - Voi avete fatto un bel servizio padron mio: avete ammazzato i due amanti di quelle damigelle. - I loro amanti! è possibile? Tu mi burli, Cacambo, come posso crederlo? - Mio caro padrone, interrompe Cacambo, voi vi fate sempre maraviglia di tutto; perchè ha egli a parervi strano che in qualche paese vi sieno delle scimmie che ottengano simpatie dalle dame? esse son un quarto d’uomo com’io sono un quarto di spagnuolo. - Ah, ripiglia Candido, mi sovviene d'aver inteso dire dal mio maestro Pangloss, che altre volte sono accaduti simili accidenti, e che avean prodotto degli Egipani, de' Fauni, dei Satiri, stati veduti dai più gran personaggi dell'antichità; ma io la credeva un favola. - Ora dovete esserne convinto, disse Cacambo. Quel che io temo per altro, è che quelle dame non ci pongano in qualche imbroglio.

Ebbene, i paesi in cui le scimmie sono protagoniste dei sogni erotici delle donne sono numerosissimi, tanto da potersi dire più la norma che eccezioni! Tra questi - e lo dico con amarezza estrema - si può senza dubbio annoverare l'Italia, terra in cui Leopardi è schernito da un gran numero di donne che sognano poi di masturbare i peggiori malfattori e di farsi da loro montare. Questo perché vedono nel malfattore un pallido riflesso della scimmia che così intensamente concupiscono! 

Un racconto ucronico oppure onirostorico?

Alcuni elementi non combaciano con il nostro corso storico. La vecchia incontrata a Lisbona da Candido dice di essere figlia di Papa Urbano X, che è un pontefice immaginario. Questo potrebbe essere un elemento ucronico. Tuttavia se alcuni eventi sono reali, come il terremoto del 1755, numerosi altri sono immaginari e improbabili, in ogni caso non riconducibili a un Punto di Divergenza. El Dorado non appartiene di certo al mondo reale e difficilmente una simile utopia potrebbe esistere. I Prussiani sono chiamati Bulgari e i Francesi sono chiamati Abari, con un nome con ogni probabilità ispirato da quello degli Àvari, parenti degli Unni. Queste considerazioni potrebbero far propendere per l'attribuzione del racconto al reame dell'onirostoria.

venerdì 30 settembre 2016

 

ROBOTFETISHISM

Autori: Guido Galles, Vinicio Motta
Anno: 2016

Generi: Cyberpunk estremo, Fantascienza
     sadiana, Scat Science Fiction 
Pubblicazione: VERDE
    (mensile elettrocartaceo, autoprodotto e
    gratuito di protolettere, interpunzioni
    grafiche e belle speranze, fondato a Roma
    nell’aprile 2012 da Pierluca D’Antuono)
Illustrazioni: DeadTamag0tchi e Sergio Caruso
   (autore dell'immagine riportata nel post)
Link:
    Prima parte
https://verderivista.wordpress.com/2016/09/09/
robotfetishism/

    Seconda parte
https://verderivista.wordpress.com/2016/09/16/
robotfetishism-2/

GLI AUTORI:  

Vinicio Motta è nato il 31 ottobre del 1984. Ha pubblicato racconti, saggi e poesie, curato rubriche di vario tipo e antologie di racconti con Delos Books, Libro Aperto Edizioni, Bietti, Edizioni Diversa Sintonia, Kipple Officina Libraria e con la fanzine NeXT. 

Guido Galles è nato nel 1977. Ha conseguito la laurea in Matematica. Dopo anni di precariato si è trovato davanti a due alternative: proporsi come volontario per una spedizione in Antartide o partecipare a un bando per l’assegnazione di un posto da esumatore. Ha scelto quest’ultima e da allora lavora in un grande cimitero metropolitano, dove è addetto alla ricomposizione dei corpi inconsunti negli ossari e alla cremazione dei resti di estumulazione. Appassionato di arte macabra e di fantascienza, sostiene la necessità di una nuova Science Fiction, rivoluzionaria, robusta, turpe e sadiana.

IL CONTENITORE: 

GATTINI™ è il contenitore degli orrori indifferenziati di Verde. Ogni venerdì, su Verde Rivista e su Facebook


RECENSIONE: 

In assoluto uno dei pochi testi di Fantascienza il cui protagonista non sia classificabile come uomo o come donna, essendo la sua sessualità ermafrodita. Un'innovazione non da poco. Sembra che l'ottimo Vinicio Motta fosse incerto sul sesso del protagonista, così chiese a Guido Galles se fosse meglio un uomo o una donna. Nacque quindi in un istante, come per folgorazione, l'idea di un personaggio che assommasse in sé le caratteristiche genitali e genetiche di entrambi i sessi. Un campo che meriterebbe di essere esplorato meglio.

Wikipedia cita in tutto soltanto quindici titoli di fiction in cui si parla di persone intersessuali (uno in realtà è una serie di romanzi e racconti, un altro consiste in un romanzo e in un sequel). Ecco l'elenco: 

    1) The Queen's Tiara - Carl Jonas Love Almquist
    2) The World Wreckers - Marion Zimmer Bradley
    3) The Vorkosigan Saga - Lois McMaster Bujold
    4) Middlesex - Jeffrey Eugenides
    5) The Ilario series - Mary Gentle
    6) None of the Above - I. W. Gregorio
    7) All You Zombies - Robert A. Heinlein
    8) The Hermaphrodite - Julia Ward Howe
    9) Raptor - Gary Jennings
    10) Pantomime - Laura Lam
    11) The Left Hand of Darkness - Ursula K. Le Guin
    12) 2313 - Kim Stanley Robinson
    13) Golden Boy - Abigail Tarttelin
    14) Annabel - Kathleen Winter
    15) Intersexion - P.D. Workman

Solo pochi di questi testi possono essere definiti fantascientifici: Il ribelle di Thendara di Marion Zimmer Bradley, il Ciclo dei Vor di Lois McMaster Bujold (20 opere, ma solo in alcune compare un intersessuale, Bel Thorne), La mano sinistra delle Tenebre di Ursula Le Guin, il paradossale Tutti voi zombie di Heinlein e 2313 di Kim Stanley Robinson. Soltanto in alcuni casi è il protagonista ad essere ermafrodita - è bene farlo notare. 

La lista fornita da Wikipedia non è esaustiva: si trova ad esempio l'enigmatica razza ermafrodita dei Ledom in Venere Più X (Venus Plus X) di Theodore Sturgeon. Non ho ancora letto questo romanzo, che trovo oltremodo interessante, anche se dalle recensioni sembra che al centro della narrazione stia l'ossessione per la cosiddetta "paura del diverso", che tanto rende patetiche anche le idee migliori, frenando l'immaginazione in quest'epoca degenerata. 

In Robotfetishism non si trova traccia alcuna della colossale stronzata postmoderna nota come "paura del diverso". Si viene proiettati in un mondo futuribile che è l'assoluta negazione del concetto stesso di Utopia, dove i personaggi vagano in uno stato crepuscolare come zombie sotto l'oscuro cielo dell'Apocalisse. Le parole con cui è stata definita quest'opera nel contenitore GATTINI fanno gongolare: "L’essenza stessa della dissoluzione dell’umano", "Raccapricciante disgusto". Tutto questo è sublime. Il mio auspicio è che questo albero possa crescere fino a diventare imponente come l'Yggdrasill! 

Un grande ringraziamento alla benemerita Direzione di Verde per la pubblicazione di un simile gioiello di aberrazioni, che irradia tenebra assoluta nell'Abisso del Nulla e annienta ogni illusione!

Riporto due estratti. Il primo brano è la presentazione di un personaggio robotico:    

Prendi me per esempio. Sono un androide della vecchia scuola, ma pur sempre un efficiente rappresentante dell’ingegneria robotica. Nei momenti di maggiore incertezza computazionale, quando il rischio di un crash supera la soglia di sicurezza, entro in modalità stand-by, lasciando che siano i miei circuiti a parlare, soprattutto i meno sfruttati, secondo uno schema caotico altamente rigenerante. La catarsi è nella diffusione dell’incertezza, nella massimizzazione del difetto. I miei circuiti neanche si sognano di creare nuovi livelli di coscienza, addirittura posti oltre la stessa fisicità. Posso offrirti una dose di logoslime? Un omaggio della casa, per averci onorato con il tuo portafoglio.
Greg Centauro, magnaccia in pelle

Il secondo brano è parte di una Catabasi nell'Orrore:  

Vedo le immagini di Lizzie e Black Kitten che mi legano a una sottile croce di Sant’Andrea, uno strumento di tortura mobile che può essere girato a piacimento tramite un argano. Mi vedo come dall’esterno, come se la mia anima fosse appollaiata sul soffitto del locale e guardasse giù il corpo tormentato.
Vedo le mie ossa spezzate una ad una e fatte schizzare fuori dalla pelle. Vedo aghi che penetrano nei miei organi vitali facendo sgorgare chiara linfa dai buchi. Tramite le macchine del dolore, mi vengono inflitte spaventose ferite. Le mie aguzzine mi orinano e defecano addosso, seguite da una moltitudine di uomini, donne ed ermafroditi del locale. Il mio volto è una maschera di sterco. So che sto per morire e che la mia agonia filmata diventerà uno snuff.
A questo punto la croce a cui sono avvinto gira. Un meccanismo robotico comincia a penetrarmi. A differenza del robot che ha posseduto Firelady, questo non ha un fallo di simil-carne coltivata, ma un intrusore puramente metallico e privo di sensori. È un semplice sottile strumento di impalazione che mi entra dentro facendosi strada tra gli intestini.