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giovedì 30 novembre 2017


NON È VER CHE SIA LA MAFIA

Aka: L'era della follia
Titolo originale: The Syndic
Autore: Cyril M. Kornbluth
Lingua originale: Inglese
Prima edizione: 1953
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza sociologica, distopia,
    fantapolitica, apologia mafiosa
Editore (it.): Mondadori
Urania:
   I romanzi di Urania n. 72 (feb. 1955)
   Urania Classici n. 6 (sett. 1977)
Traduzione: 
   Tom Arno (1955),
   Antonangelo Pinna (1977)
Copertina: 
  Curt Caesar (1955),
  Karel Thole (1977)
Premi: Premio Prometheus (Hall of Fame), 1986

Trama:

XXI secolo. L'America del Nord è sotto il dominio di Cosa Nostra, che ha sconfitto e costretto all'esilio il Governo federale. Il territorio di quelli che un tempo erano chiamati States è diviso tra due denominazioni mafiose rivali: il Consiglio a est del Mississippi, e i Ribelli a ovest. Tra queste due potenze vige un equilibrio che garantisce la pace, e le condizioni della popolazione sono prospere. Il Governo del Nordamerica non si è dissolto nel nulla. Sopravvissuto come un'organizzazione militare marittima che ha le sue basi in Islanda, sulle coste irlandesi e in altre isole dell'Atlantico, è diventato una tirannia spietata e incredibilmente corrotta, fondata sulla schiavitù. Gli schiavi sono sottoposti a trattamenti spaventosi e uccisi tra i più atroci supplizi a ogni minimo accenno di insubordinazione. Nel resto del mondo non si ha alcuna vestigia di civiltà. L'Europa è ricoperta da fitte foreste e la sua popolazione è sprofondata nella barbarie del Paleolitico, ripristinando una struttura tribale e una sanguinaria religione pagana fondata sui sacrifici umani. In questo scenario fosco, Charles Orsino, un giovane membro del Consiglio affiliato alla famiglia Falcaro, viene inviato in missione come infiltrato nel Governo. Lo prepara e lo accompagna la bionda Lee Falcaro, esperta nelle desueta scienza della psicologia e nelle arti ipnotiche, ma qualcosa va storto e le strade dei due si separano. Dopo ogni sorta di peripezie, Charles e Lee finiranno col ritrovarsi e verranno a conoscenza di un fatto terribile: il Governo e i Ribelli si sono alleati per combattere contro il Consiglio. 

Recensione: 

Sulla pagina del sito di MondoUrania relativa all'edizione del '77 del romanzo di Kornbluth, si usano toni di grande entusiasmo, iniziando col riportare il commento del New Herald Tribune: "Un libro immorale, sovversivo, stimolante, divertentissimo". Quindi il recensore uranista prosegue: "Kornbluth descrive, dopotutto, un'America felice, libera, pacifica, dove i cittadini sono contenti della società e la società dei cittadini. Non ci sono burocrati, e tutto funziona benissimo. Non ci sono tasse, costrizioni, poliziotti, spese militari, apparati ed enti parassitari." A un paio di domande retoriche viene data risposta: "Dov'è l'immoralità? Dov'è la sovversione? Be', c'è un piccolo particolare. A far marciare sul velluto questa serena utopia non è il Governo degli Stati Uniti, è la Mafia." La conclusione lascia esterrefatti: "Un paradosso? Una feroce satira? Lo sbocco logico dell'anarchismo individualistico? O un sogno segreto e irraggiungibile di libertà assoluta?"   

Detto tra noi, a me non sembra né paradosso né feroce satira. Verosimilmente l'autore, un uomo problematico e complessato, si è invaghito della stravagante figlia di un boss di un'importante famiglia mafiosa e quindi si è messo a cantare le lodi di Cosa Nostra. Leggendo qualche nota biografica su Kornbluth, mi sono fatto un'idea del tipo, caratterizzato da timidezza estrema e totale assenza di igiene orale, tanto che i suoi denti erano ricoperti da una patina verdastra, per non parlare dell'alito pestilenziale. Questi fatti mi fanno credere che l'amore non sia stato corrisposto dalla femmina di mafia; del resto una simile liaison sarebbe stata oltremodo rischiosa per l'ashkenazita, che sarebbe potuto finire in un plinto di cemento. Non bisogna lasciarsi ingannare: The Syndic fa l'apologia di una realtà brutale e diabolica che non può in nessun caso portare libertà alcuna. 

Una recensione assai critica del romanzo di Kornbluth si trova sul sito Biblioteca Galattica. Ne riporto un estratto che trovo particolarmente significativo:   

"L'idea di base del romanzo, un'utopia liberista e libertaria, è intrigante e abbastanza originale, certamente un motivo non abusato; il modello liberista è, infatti, quasi sempre obiettivo di ritratti distopici. La realizzazione lascia però delusi; la maggior parte dell'azione, infatti, si svolge fuori dal territorio della Mafia, sul quale quindi si aprono solo piccoli scorci non sufficienti a dare al lettore un quadro completo e coerente dello scenario sociologico tratteggiato. Anche la sconfitta del Governo è presentata come un dato di fatto calato dall'alto, non argomentato da convincenti ricostruzione storiche.
Nel complesso, quindi, l'intero contesto manca di verosimiglianza e risulta poco articolato. L'intreccio si presenta come di classica matrice avventurosa, con tanto di componente sentimentale tra il protagonista e il personaggio femminile principale; lasciano davvero perplessi i tratti magici e pseudo-mistici con cui è ritratta una pazzesca civiltà tribale di indigeni irlandesi dell'entroterra in cui Orsino si imbatte in fuga dal Governo.
In conclusione, si tratta di un'opera sicuramente sui generis, particolare e originale sotto diversi aspetti, ma che nell'insieme raccomandiamo soltanto agli appassionati dell'autore o del genere sociologico." 

Grottesco pseudo-celtico

Kornbluth non doveva nutrire grande ammirazone per le genti dell'Irlanda. In un luogo del romanzo afferma addirittura che in quell'isola i "sanguinari riti celtici" erano sopravvissuti in segreto nel corso dei secoli. Tutto ciò che si dice nel libro sugli antichi Celti e sulla loro religione è pura e semplice paccottiglia, un denso pastone di anacronismi, di aberrazioni e di inconsistenze. Si tratteggia un isterico matriarcato di Erinni grondanti di mestruo, con più di mezzo secolo di anticipo sullo scandalo Weinstein! Questa esasperata ostilità anticeltica può ben essere venuta allo scrittore dalla sua amata, dato il livore degli italoamericani nei confronti degli irlandesi - ed è a parer mio una prova in più della bontà della mia ricostruzione dei fatti.

Etnografia del Nordamerica mafioso

La componente italoamericana appare minima e tra i mafiosi abbondano cognomi di ogni tipo: anglosassoni, scozzesi, irlandesi, polacchi e via discorrendo. In buona sostanza, gli unici cognomi italiani che rammento sono Orsino e Falcaro. Cosa comprensibile, non si ha la benché minima traccia dei cognomi delle principali famiglie di Cosa Nostra in America. Sembra che l'intera popolazione abbia subìto una profonda assimilazione ai canoni mafiosi senza aver perso i propri connotati etnici d'origine. Verso la fine, un arrogante rampollo dei Regan, notabili dei Ribelli, apostrofa Charles Orsino con toni spregiativi e razzisti per via dei suoi tratti somatici, definiti "mediterranei"

Titoli problematici 

Come spessissimo accade, le trasposizioni italiane del titolo originale sono alquanto fantasiose, quasi ispirate dal peyote. Non è improbabile che la sequenza di parole "Non è ver che sia la mafia" sia stata scelta più per il suo impatto fonetico ed emotivo che non per il fumoso significato espresso. Cosa dovrebbe mai voler dire in concreto? Va un po' meglio con l'altro titolo, poi abbandonato, "L'era della follia", che sembra però troppo vago e sfumato: ogni riferimento alla realtà mafiosa scompare e non è possibile indovinarlo se non si è letto il libro. Per contro, The Syndic fa riferimento a un fatto molto interessante che dovrebbe gettare una luce sinistra sul concetto stesso di sindacalismo: la setta mafiosa è anche nota come Sindacato. In America, l'aggettivo syndical "sindacale" è a tutti gli effetti sinonimo di mafioso. Credo che sia per questo motivo che l'opera di Kornbluth non ha ricevuto il titolo "Il Sindacato" ai tempi di Monicelli e neppure ai tempi di Fruttero e Lucentini: a quanto pare si è ritenuto prudente evitare questo nodo semantico sia nel '55 che nel '77.

L'omosessualità e i famosi tagli di Urania

A quanto ho appreso e ho potuto constatare di persona, prima del 1985 quasi tutti i romanzi pubblicati in Urania venivano sottoposti a tagli brutali. The Syndic non fa eccezione. Ho letto il romanzo nella sua edizione uraniana del 1955 e ho subito notato il linguaggio pieno di errori e di imprecisioni: nella sostanza la traduzione di Tom Arno è fatta coi piedi. Non ho potuto accedere alla versione del 1977, ma ho visto alcuni curiosi dettagli nella Wikipedia in inglese. Nel riassunto si spiega che nel Territorio del Consiglio la morale sessuale è assai lassa, cosa che ho potuto constatare nel corso lettura: sono ammessi comportamenti come la poligamia e la poliandria. Sulla Wikipedia anglosassone si specifica però che non è ammessa l'omosessualità maschile. Il divieto in questione non deve stupire: è ben noto che Cosa Nostra ha feroci leggi non scritte che puniscono con la morte un affiliato di cui si scoprano comportamenti omosessuali. Il punto è che nel testo il riferimento a queste cose non l'ho proprio trovato. Ne deduco che sia stato espunto dalle forbici degli accorciatori di testi, tantopiù che nell'Italia di quell'epoca l'omosessualità non poteva in nessun modo essere menzionata.

Un finale precipitoso

Nella traduzione di Arno, le peregrinazioni di Charles Orsino e di Lee Falcaro si concludono con il loro rientro in treno nel Territorio del Consiglio. I due amanti si baciano in bocca e un viaggiatore rimane sconvolto dalla battaglia di lingue, così esclama: "Disgustoso! Ma è proprio l'èra della follia, questa!". Questa è proprio l'origine del titolo della versione del '55. La cosa mi pare contraddittoria: quel treno era frequentato da pendolari, che saranno stati abituati ai costumi del Territorio del Consiglio, così una reazione tanto veemente la sia capisce poco. La Wikipedia in inglese menziona un finale del tutto diverso. Charles Orsino incontra il suo mentore Frank W. Taylor e gli racconta le avventure che ha vissuto, consigliandogli di organizzare il Consiglio come uno stato vero e proprio, in modo tale da permettere di affrontare meglio i pericoli. Tuttavia il notabile mafioso rifiuta la proposta. Non avendo letto la traduzione di Pinna, non so in cosa differisca da quanto ho letto, ad esempio se i tagli siano diversi. In ogni caso, sia il finale uranico tagliato che quello originale sembrano raffazzonati e troppo veloci, addirittura interlocutori.  

Cose sporche 

Questo libro pernicioso ha avuto una sua influenza politica, cosa che in Italia sembra essere ignorata. Su di esso si fonda la teoria del cosiddetto anarco-capitalismo e più in generale del libertarianismo radicale. L'ispirazione ultima di queste piaghe è proprio la struttura politica e sociale del Territorio del Consiglio. Questo nonostante Kornbluth sia stato accusato di aver tratteggiato in modo assai vago la società governata da Cosa Nostra. Mi pare evidente che quanto abbozzato dallo scrittore ashkenazita sia stato sufficiente a produrre danni assai gravi. Mi spingo ancora oltre: si può affermare senza timore di smentita che l'anarco-capitalismo sia un output mafioso. Nella buona sostanza, la teoria politica anarco-capitalista propone l'instaurazione di una società priva di tassazione, dove ogni servizio venga offerto dai privati delle famiglie mafiose tramite spesa "volontaria" denominata pizzo - e nella quale sia eliminato ogni ricorso alla coercizione attraverso il superamento dello Stato, ritenuto intrinsecamente autoritario e sostituito dalla vigilanza dei picciotti. L'abolizione dello Stato, propugnata dai settari anarco-capitalisti, è un colossale imbroglio. Ora svelerò i loro trucchi. Prendono la parola Stato e la identificano con l'oppressione. Quindi, così dicono, la sua negazione deve per forza essere la parola Libertà, dipinta come un idillio puffesco che andrà a vantaggio di tutti. Se questa negazione è la mafia, ecco che reputano buona la mafia. Non è così: è una catena di non sequitur. Loro però con somma disonestà intellettuale vogliono tenerlo nascosto. Ecco a questo punto un sudicio e guittesco gioco di prestigio: far passare per utopia quella che nella dura realtà dei fatti è libertà assoluta per i padroni e oppressione infinita per gli schiavi! Consiglio di leggere questo interessantissimo articolo:


Citazioni: 

Riporto due estratti significativi (traduzione di Tom Arno). Forse a modo loro sono profetici: potrebbero benissimo essere stralci di propaganda grillina.

1) Il Governo degli ultimi banchieri: e hanno avuto tutto quello che si meritavano, quei bravi signori innamorati del laissez-faire. Però volevano le tariffe protettive, l'esenzione fiscale, sussidi!, sacrifici, sacrifici, sempre sacrifici da imporre alla nazione. Tanto che alla fine il Governo perse la fiducia di quella nazione i cui interessi era stato chiamato a tutelare. Il debito pubblico... non voglio nemmeno spiegarti che cosa fosse, se non che era una maledizione che faceva aumentare il costo di ogni cosa. Tanto che venne il giorno che alla stragrande maggioranza della popolazione i prezzi troppo elevati inibirono il godimento di quasi tutto ciò che di bello ha la vita.

2) Mi si permetta di rilevare per sommi capi i principi su cui si fonda il cosiddetto Governo: tassazione brutale, proibizione assoluta dei giochi d'azzardo, i semplici piaceri della vita negati a tutti meno che ai molto ricchi, puritanismo e ipocrisia sessuali resi esecutivi da leggi di un'impressionante barbarie, limitazioni e coercizioni interminabili, innumerevoli, preposte a ogni azione dei singoli in ogni momento del giorno e della notte. 

sabato 3 dicembre 2016


IL LIBRO DEI TESCHI 

AKA: Vacanze nel deserto
Titolo originale:
The Book of Skulls
Autore: Robert Silverberg
Lingua originale:
 Inglese
Genere: Fantastico, dark fantasy 
I pubblicazione: 1972
I pubblicazione italiana: 1975
   (Andromeda n. 18)
II pubblicazione italiana: 1991
   (Classici Urania n. 172*)
  
III pubblicazione italiana: 2004
   (con nuova traduzione)
Casa editrice: Fazi Editore
Collana: Le strade
Numero collana: 85
Numero pagine: 255
Codice ISBN: 9788881125463
Traduzione: Marco Pittoni

*Non è il n. 192, come erroneamente riportato su Fantascienza.com.

Trama:

Siamo nell'epoca dei Beatnik. Quattro studenti pieni pieni zeppi di fumo e di illusioni si dirigono verso il deserto dell'Arizona alla ricerca di una conventicola monastica che custodirebbe il segreto dell'immortalità. È la Confraternita dei Teschi, il cui testo sacro è il Libro dei Teschi (Liber Calvariarum), articolato in numerosi Misteri. Una copia manoscritta dell'antico testo è stata ritrovata per puro caso da Eli, un giovane filologo ashkenazita newyorkese studioso di lingue morte. Il testo è scritto in un idioma definito "corrotto" e di difficile comprensione, che consiste in una forma di tardo latino in cui emerge già una sorta di proto-catalano. Subito l'ashkenazita parla della sua scoperta ai suoi compagni di stanza, convincendoli a seguirlo in quella che fin da subito appare come un'impresa dissennata. Secondo il Libro dei Teschi, la Confraternita non sottopone alla Prova singoli candidati, ma esclusivamente gruppi di quattro. Solo due dei quattro possono ottenere di essere accolti: degli altri uno dovrà suicidarsi e uno dovrà essere ucciso. I quattro giovani, di estrazione sociale molto diversa, si mettono in viaggio, alternando fede assoluta nella promessa di vita eterna a momenti di scetticismo. Le cose non andranno come previsto... 

Recensione:

Pur essendo Silverberg un eminente autore di fantascienza (talvolta con sfumature fantasy ed erotiche, come nel Ciclo di Majipoor), questo suo capolavoro non tocca la SF nemmeno di striscio. Nonostante ciò alcuni lettori considerano pertinente al genere fantascientifico l'immortalità custodita dalla Confraternita dei Teschi. Immortalità a mio avviso fantomatica, se devo essere sincero. Non mi pronuncio troppo per non spoilerare, ma devo ammettere che gli eventi non chiariranno affatto se i settari simili a fratacchioni ossessionati dai teschi siano davvero in possesso della formula magica per tenere lontano l'artiglio di Azrael e sconfiggere la Morte. Se anche fosse, non si tratterebbe comunque di una trovata tecnologica futuribile, semmai di magia.

Il libro ha uno schema narrativo piuttosto inconsueto: non è diviso in capitoli consequenziali, ma presenta in modo alterno le riflessioni dei quattro protagonisti che procedono verso la loro meta, dividendo la narrazione in brevi sezioni intitolate ogni volta col nome del narratore che espone e commenta gli eventi: Eli, Ned, Timothy, Oliver. 

Il Bello, il Ricco, il Sodomita e l'Ebreo

Eli è l'ebreo ashkenazita. È descritto come un tipico rappresentante della fauna anerobica di New York. Passa le sue giornate nei sotterranei dell'università a frugare tra volumi polverosi abbandonati alla rinfusa. Dismorfofobico, probabilmente pieno di complessi di inferiorità per il suo aspetto fisico corrispondente ai peggiori stereotipi antisemiti, lamenta di continuo la sua estrema difficoltà ad avvicinare le ragazze, il cui contatto fisico desidera ardentemente. Insomma, si tratta di un nerd erotomane che suppura nelle sue fantasie pornografiche.

Ned è il sodomita. Descritto come una "checca", è in realtà unicamente attivo e non disdegna fugaci avventure con ragazze, che sceglie in modo sistematico tra le più racchie, penetrandole al solo scopo di far spurgare il fallo in mancanza di amanti di sesso maschile. Nativo di Boston, la sua famiglia è di orgine irlandese e fortemente cattolica. Nonostante l'opprimente educazione religiosa ricevuta, Ned è stato capace di maturare un senso critico e di distaccarsi dal mondo dei preti. Interessato in modo morboso alla poesia decadente, coltiva lui stesso velleità poetiche. Secondo alcuni, si tratterebbe di uno tra i primi personaggi omosessuali nel panorama della fantascienza. Non essendo però quest'opera ascrivibile alla SF, bisognerà cercare altrove. 

Timothy è il ricco. Proviene da una potente famiglia aristocratica WASP in cui per ben otto generazioni nessuno ha mai avuto la benché minima necessità di lavorare. A causa di questa condizione privilegiata è fermamente convinto che il mondo intero sia come il villaggio dei Puffi. Ogni cosa la vede come un gioco e in realtà non crede realmente al contenuto del Libro dei Teschi. Per lui l'impresa è soltanto un'occasione per una nuova avventura. Eppure sotto questa personalità larvale e anodina, il plutocrate deve convivere con qualcosa di terribile, che farebbe strillare dall'orrore la massima parte delle lettrici, specie quelle più sensibili.

Oliver è il bello. Campagnolo del Kansas, incarna il tipico modello di americano robusto e biondo, amatissimo dalle femmine per cui dimostra a sua volta una fortissima attrazione. Ipersessuale, è tuttavia poco attratto dalla subcultura della droga tanto in auge nel contesto studentesco della Beat Generation: sostiene che il suo massimo sballo lo ottiene con un bicchier di vino rosso ma evidentemente non sa che il fumo passivo di erba equivale a quello attivo. Sotto la maschera del contadinotto ingenuo nasconde un segreto che all'epoca era ritenuto terribile, mentre al giorno d'oggi potrebbe al massimo dare origine a una canzonaccia di Povia.

I Frati del Diavolo 

I fratacchioni della Confraternita dei Teschi sono furbi, come tutti i loro simili di altri ordini. Non sono poi tanto ascetici. Ben poco rilevante è il fatto che si fabbricano una birra di frumento e un liquore d'erbe, bevendone ad ogni pasto. Il fatto più significativo è che usano delle prosperose adepte di sesso femminile per far tracimare il loro surplus di produzione spermatica, facendo passare queste pratiche per buone e sante. In altre parole, sono dediti a tregende e a sabba, con la scusa di riportare l'armonia nel mondo. Sono pieni zeppi di baggianate New Age e fanno credere di provenire da Atlantide, di essere tanto vetusti da aver visto con i propri occhi i tempi dei Faraoni e i tempi di Cristo. A volte viene ai giovani studenti il sospetto che i fratacchioni siano eredi degli Aztechi, dato che hanno il convento pieno zeppo di ornamenti fabbricati nello stile di quelle genti mesoamericane. Con le adepte lascive i falsi santi parlano una lingua che nessuno riesce a identificare: Eli ipotizza che possa trattarsi proprio della lingua degli Aztechi. Evidentemente lo studente non conosce una sola sillaba della splendida lingua Nahuatl, e sarebbe bastato anche leggerne una descrizione per riconoscerla all'istante, tanto peculiari sono i suoi suoni. In realtà si può dimostrare che gli Aztechi non c'entrano proprio nulla. La dieta dei monaci esclude il mais e ritiene come solo cereale lecito il frumento, segno che la setta non può avere un'origine mesoamericana, senza contare il fatto la lingua in cui è scritto il Libro dei Teschi. Tutto è molto sospetto e innumerevoli sono gli indizi che puntano a una mistificazione. Una mente acuta non si sarebbe lasciata ingannare. Il Nono Mistero del testo scacro della Confraternita recita: "Il prezzo di una vita deve essere sempre un'altra vita". Sembra una frase moderna: in epoca medievale, data la diversità della forma mentis, lo stesso concetto sarebbe stato espresso in modo completamente diverso. 

Un'opera autentica e antibuonista

Quello che mi è piaciuto in questo capolavoro di Silverberg è il suo profondissimo disprezzo per la piaga della political correctness, per quel buonismo disgustoso e ostentato che affligge questi tempi sciagurati. Cosa a dir poco splendida e mirabile, non vi si trova ombra di femminismo. Al giorno d'oggi non si potrebbe più scrivere un testo così potente. Ad ogni riga si solleverebbero carampane isteriche e strepitanti (di entrambi i sessi), tanto che l'autore finirebbe boicottato e non arriverebbe da nessuna parte. Se possiamo leggere in santa pace Il Libro dei Teschi, se possiamo trovarlo in qualsiasi biblioteca o libreria e nessuno ci fracassa i coglioni, è perché si tratta di un fossile. Siamo di fronte a qualcosa che è giunto dall'epoca pre-buonista ed è rimasto immune alla censura che poi si sarebbe imposta in tutto il declinante Occidente. Un fenomeno analogo, anche se in forma ben più estrema, ha colpito i Canti di Maldoror di Lautréamont, che sono acquistabili da chiunque, eppure se qualcuno oggi scrivesse e pubblicasse cose simili finirebbe in galera all'istante. 

La lingua del Liber Calvariarum

Robert Silverberg non ci fornisce nemmeno un esempio concreto della lingua in cui è scritto il Libro dei Teschi. Nemmeno una frase fatta e finita. Ci fa capire che si tratta di una forma intermedia tra il latino volgare e uno stadio primitivo del catalano, evidentemente infarcita di un gran numero di prestiti e di locuzioni dal latino ecclesiastico. Senza dubbio un idioma informe e instabile, poco adatto ad esprimere idee di particolare complessità. Non c'è bisogno di chiedersi perché l'autore non abbia immaginato il testo sacro scritto in latino: senza dubbio l'ha fatto per aumentare l'atmosfera di fitto mistero e di turbamento. Va notato che la lingua catalana conserva il vocabolo latino calvaria "teschio", che si è evoluto in calavera (pl. calaveres). La stessa voce si trova anche in altre lingue neolatine della Penisola Iberica: spagnolo calavera, portoghese e galiziano caveira. Non mi risulta che esistano forme simili in altre regioni della Romània. Notevole è l'anaptissi, che tuttora non ha una chiara spiegazione. La protoforma doveva suonare CALAVAIRA. Supplico in minima parte alla mancanza dell'autore: la formulazione di Liber Calvariarum nel suo volgare "corrotto" doveva essere qualcosa come ELLU LIBRU DE ELLAS CALAVAIRAS. Come già in altre occasioni, Silverberg mostra un certo interesse per la linguistica, tanto da inventare nomi che presuppongono un certo ragionamento, metodico e affascinante. Non sembra tuttavia essere un filologo tanto appassionato da dare origine a veri e propri trattati. 

Le glosse Yiddish

La versione di Fazi Editore include un glossario che spiega alcuni termini espressivi della lingua Yiddish che ricorrono nella narrazione, usati dall'ashkenazita Eli. Ho potuto constatare che questo glossario manca del tutto nell'edizione di Mondadori del 1991, Classici Urania n. 172. Allo stesso modo non si trova traccia di questa appendice nelle versioni in altre lingue: evidentemente è stata aggiunta espressamente per l'edizione italiana del 2004. Alcuni termini sono di chiara etimologia germanica, mentre altri sono assai incerti e presentano caratteri quasi onomatopeici. Particolare attenzione merita una serie di vocaboli allitteranti: schmeggege, schlemihl, schlemazel, schmendrick, schlep, il cui significato corrisponde all'incirca a "minchione". Essi vengono spesso salmodiati da Eli tutti in fila ogni volta che ammette qualche errore commesso. Altre parole sono tratte tali e quali dalla lingua ebraica, come goy "non ebreo", col suo plurale goyim; altre ancora sono di chiara origine germanica, come shvartzer "negro"

Reazioni nel Web

Su Anobii si trova un certo numero di commenti, alcuni dei quali eulogistici e altri un po' critici. Riporto quindi il link, convinto di fare cosa utile e gradita (devo avvisare però che qualche utente spoilera): 

mercoledì 6 gennaio 2016


I SUPERSTITI DEL WYOMING

Titolo originale: The Hunters
Autore:
 Jack Lovejoy
Anno: 1982
Pubblicazione in Italia: Urania 963 (5/2/1984)
Copertina: Karel Thole

Sinossi (da MondoUrania): 
Ai confini del Wyoming, dell'Idaho e del Montana, il Parco Nazionale di Yellowstone proteggeva fino a ieri orsi e coguari e altre specie minacciate di estinzione. Oggi protegge rari superstiti umani, dopo il fulmineo e mortale attacco alla Terra da parte di alieni mostruosi. Ma domani sarà di li che i sopravvissuti partiranno al contrattacco. Un lungo romanzo tutto d'azione di cui Andre Norton ha scritto che "ha il solo torto d'essere troppo breve". 
   

Recensione:
Condivido appieno l'opinione di Andre Norton su questo piccolo capolavoro. Pur essendo datato,
brilla ancora di una luce inestinguibile. In realtà è molto di più di un romanzo di SF: è un interessantissimo studio antropologico sulla fine di una civiltà tecnologica e sulla riorganizzazione dei sopravvissuti in nuove forme di società, spesso brutali e abiette. Il mondo all'indomani dell'arrivo degli invasori extraterrestri inizia ad assumere caratteri sempre più simili a quelli della più remota preistoria. Protetta da un'anomalia magnetica che respinge le astronavi, una sparuta comunità lotta per la sopravvivenza. Il loro capo, un giovane irrequieto, decide di intraprendere un viaggio nelle pericolose terre esterne, dove si imbatterà in pericoli spaventosi e vedrà innumerevoli orrori. L'autore ci rivela mondi incredibili e ci porta a capire infine la natura degli alieni, che renderà conto di molte cose a prima vista inspiegabili. Non proseguo oltre per non rovinare il piacere della lettura a chi si accinge ad immergersi in questo desolato mondo futuribile. 
 
Mi limiterò a poche note su un paio di particolari che trovo di grande interesse, la cui breve trattazione può solo invogliare i navigatori a leggere il romanzo di Lovejoy.

Corsi e ricorsi di Grendel

Uno ienodonte colossale terrorizza gli abitanti di un distretto, che sono piccoli e rachitici come Hobbit. Queste strane genti vivono nel sottosuolo in condizioni precarie, ma hanno alcuni costumi singolari. Ad esempio bevono idromele. Parlano in modo incomprensibile e chiamano Grendel il mostro che li perseguita. Il giovane protagonista scopre che questo Grendel non è davvero una reminiscenza della creatura della stirpe di Caino descritta nel Beowulf: si tratta invece di una pronuncia consunta ed evolutiva di Grey Devil "Diavolo Grigio". Anche l'idromele non è qualcosa di tramandato dalla remota antichità. Si tratta soltanto del dono di un benefattore che ha trovato in qualche documento la ricetta della bevanda e l'ha utilizzata per rendere potabile l'acqua, con grande successo.

martedì 8 dicembre 2015

 

IL PIANETA DI SATANA

Autore: Mike Resnick
Titolo originale: Walpurgis III
Editore: Mondadori (Urania 984)
Prima pubblicazione: 1982
Pubblicazione su Urania: Novembre 1984
Copertina: Giuseppe Festino

Sinossi (da Mondourania):
Conrad Bland è Satana incarnato, un essere così immensamente malvagio che se qualcuno non s'incaricherà di fermarlo finirà per distruggere ogni vita nell'Universo. Jenko è l'assassino più efficiente di tutta la Galassia, ed è a lui che la Repubblica affida il compito di eliminare Bland. Ma Bland ha trovato asilo su Walpurgis III, un pianeta di Satanisti Antirepubblicani che si preparano a difenderlo con ogni mezzo. Il duello all'ultimo sangue sarà dunque tra un assassino solitario e un intero pianeta di malvagi scatenati.

Recensione:
Un autentico capolavoro, unico nel suo genere. Suo grandissimo pregio è quello di andare contro la peggiore pestilenza della nostra epoca: la dottrina del Principio Antropico. L'autore afferma in modo deciso e strenuo l'idea del Male Metafisico, che nel mondo odierno gode di ben pochi sostenitori (di cui uno, fierissimo, è proprio il sottoscritto). Data questa premessa importantissima, sorvolo sull'amicizia di Resnick con Anton Szandor LaVey. Anche se l'autore si professa "ebreo ateo", mostra di conoscere bene la Chiesa di Satana, il cui culto dell'edonismo egoista è largamente illustrato nel libro. Il pianeta Walpurgis III, la cui popolazione deriva per intero da un'antica colonizzazione ad opera di adoratori del Maligno, è il centro dell'azione. La cosa più singolare è però il personaggio di Conrad Bland, che irrompe come un astro mortifero nella narrazione. Qualcuno, non ricordo più chi, disse che egli incarna il concetto manicheo del Male, inteso come essenza propria e non come assenza di qualcosa. Definizione molto acuta. Nella buona sostanza, non mi convince l'etichetta di "ateo" che Resnick stesso si è dato. Difficile credere che un uomo che "non crede a nulla" - come l'autore si definisce - possa concepire un personaggio simile. La cosa è tanto più stupefacente se si considera che l'intero panorama del pensiero moderno è animato da una totale avversione verso il concetto stesso di esistenza del Male come qualcosa in grado di trovare in sé la sua spiegazione. 

Queste sono alcune citazioni di Conrad Bland: 

Il male ha una giustificazione in se stesso. Di conseguenza sono prive di senso spiegazioni come potere, piacere e profitto.

Se uccidi una persona, sei un assassino. Se uccidi un milione di persone, sei un conquistatore. Se uccidi tutti, se un dio.

Confusione e Caos sono le ancelle del Male.

Il male non ammette alternative.

Perché mai qualcuno vorrebbe andare all'Inferno, se non per impadronirsene? 

Il trionfo del male è inevitabile come il succedersi delle stagioni.  

Ancora una volta viene smentito il pregiudizio della natura asettica di Urania. Il killer Jenko, che si ritrova a vagabondare su Walpurgis III in cerca di un modo per uccidere il genocida Conrad Bland, entra in un tempio dove assiste a una celebrazione satanica. Una ragazza gli si offre per un rapporto sodomitico durante la Messa Nera. Jenko non si tira indietro e la penetra nell'ano, fino ad eiacularle dentro, nelle feci. E non basta: "Nella successiva mezz'ora, con svariati partners d'ambo i sessi, si ritrovò a dovere partecipare ad atti tanto degradanti che finora aveva creduto esistessero solo nella fantasia contorta dei più volgari pornografi della Repubblica." Che dire? I lettori bulimici, che leggono una riga sì e dieci no, con ogni probabilità si sono persi questo brano.

Segnalo la recensione di Moreno Pavanello, pubblicata sul blog Storie da Birreria


È interessante, anche se non entusiastica come la mia. Mi lasciano perplessi alcuni passaggi, come questo: 

"Simpatico il world building, secondo cui un mondo basato totalmente su culti che prevedono spesso sacrifici umani e altre simpatiche usanze spesso in contrasto tra loro (e tante volte anche abbastanza ridicole, come le donne che vanno in giro a seno nudo), comunque riesca a stare insieme." 

L'usanza delle donne a seno nudo si trovava ad esempio nell'antica Creta, e difficilmente si possono liquidare i costumi delle sue matriarche come semplici carnevalate. Per quanto riguarda il dubbio che un mondo i cui abitanti hanno usanze tanto eterogenee possa stare insieme, mi sembra infondato, considerata la storia del pianeta Terra, in cui si trovano nazioni non meno inconsistenti di Walpurgis III. Eppure in qualche modo riescono a sopravvivere. Un esempio? Gli Stati Uniti d'America.

E ancora: 

"Insomma, questo libro è proprio il più classico degli Urania: corto, scorrevole, divertente, senza eccessive pretese di complessità o profondità. Perfetto da portare in spiaggia. Se invece cercate qualcosa di più profondo, potete anche guardare da un'altra parte."

Penso di aver dimostrato che non solo non si tratta di un romanzo superficiale, ma che in esso sono trattati temi filosofici e morali di cruciale importanza.

Note: Spero di dare una risposta soddisfacente alla curiosità di molti navigatori sull'enigmatica nave nella copertina di Urania 984. La copertina di Giuseppe Festino non appartiene in realtà a quest'opera, ma fu scambiata per errore con quella del numero precedente di Urania, L'equazione del Giorno del Giudizio, di R.A. Lafferty. Si vede in essa un Jenko stralunato che si nasconde dietro un muro, mentre passano alcune donne lascive col seno scoperto, intente a trasportare un inconsueto feretro: il corpo di un felino deceduto.

 

LA FISICA DEL KARMA
(in due volumi)

Autore: Arsen Darnay
Titolo originale: The Karma Affair
Editore: Mondadori (Urania n. 856 e 857)
Prima pubblicazione: 1978
Pubblicazione su Urania: Ottobre 1980 (in due parti)
Copertine: Karel Thole

Sinossi (da Urania 856 e 857):
La dottrina indiana del Karma corrisponde a ciò che i Greci chiamavano palingenesi e metempsicosi ovverossia reincarnazione delle anime. Secondo filosofi come Schopenhauer, psicologi come Jung e fisici teorici come Pauli, questa dottrina non è così pazzesca come sembra. Ma se allora qualcuno proprio in base al principio di Pauli e alle esperienze sul neutrino scoprisse un modo per impedire agli spiriti di reincarnarsi? Se laboratori e depositi nucleari si trasformassero in un diabolico strumento per bloccare la legge cosmica del Karma? Il grandioso, stupefacente romanzo di Arsen Darnay, che presentiamo diviso in due fascicoli, si fonda appunto su questa possibilità e la sviluppa fino alle sue più inimmaginabili conseguenze.

Seconda parte:
Attenzione - Questa seconda parte della Fisica del Karma può essere "studiata" anche da chi, eventualmente, avesse mancato la prima. Basti sapere che Aspic, l'eterno nemico di Jack, è il fisico che ha tentato di fermare la legge del Karma e la reincarnazione delle anime.

Indice: 

Prima parte:
I  -  Nascita di una tecnologia
II  -  I fatti del 1992
III  -  La cattura degli spiriti 

Seconda parte:
IV  -  Le carovane
V  -  Plutonium
VI  -  L'ultima battaglia


Recensione: 

Una sintesi per punti della prima parte: 

. Le terre inospitali chiamate Shashtuk
. Una popolazione indiana superstite che abita nelle Shashtuk
. Lo sciamano Cammina-In-Aria, capo della comunità indiana delle Shashtuk 
. Il progetto di costruire nelle Shashtuk un deposito di scorie radioattive
. La necessità, sostenuta da Jack C. Clark, di dar vita a un clero monastico di guardiani delle scorie, che adorano il plutonio come loro Dio
. Templar e la dottrina del Karma, sua esposizione dettagliata
. Il progetto di Teddy Aspic, che mira a costruire una macchina mostruosa in grado di intrappolare gli spiriti
. Rivalità tra Teddy Aspic e Jack Clark per via di Evelyn, una donna libidinosa: lei si concede a Aspic e Clark giura al suo rivale odio eterno
. Esistenza di un "nodo karmico" che lega Aspic, Clark e la lussuriosa Evelyn, svelato da Templar
. Teddy Aspic costruisce lo Psicotrone proprio nelle Shashtuk 
. Jack Clark diventa il primo Direttore del deposito di scorie...

La seconda parte si apre su uno scenario del tutto diverso. Molto tempo è passato dagli eventi narrati nella prima parte: c'è stata la Guerra Olocaustica, il cielo è diventato polverulento e cupo, la civiltà è crollata. Dove un tempo sorgevano città e terre coltivate, ora è tutta una distesa selvaggia di erba geneticamente mutata, chiamata mutaerba. I centri abitati più grandi somigliano alle città minerarie del vecchio Far West. Le conseguenze delle azioni di Jack Clark e di Teddy Aspic perdurano: i discendenti dei monaci di Plutonium sono relitti umani chiamati Plutotizi (una traduzione infelicissima dell'originale Plutojacks), che chiamano il plutonio Godbod (ossia God's body "Corpo di Dio"), e lo Psicotrone è ancora in funzione. Gli stessi Clark e Aspic, reincarnati, finiranno con l'interagire di nuovo, e nulla potrà evitare la resa dei conti...   

E chi l'ha mai detto che Urania rifugge da temi scabrosi? Chi ha mai detto che la celebre collana è improntata a un generale puritanesimo che impedisce ogni descrizione di atti sessuali? Ebbene, coloro che hanno pensato queste cose sono in errore e non sono lettori attenti. Per forza: "leggono" un libro in un'ora e un migliaio di libri in un anno :) Ricordo ancora che molta gente si è stupita quando è stato pubblicato E-doll di Francesco Verso, stigmatizzando le scelte editoriali di Urania, a loro avviso diventata all'improvviso hot. Che dire allora del romanzo di Arsen Darnay? Vi sono narrate le gesta di un mago che frusta una gigantesca cogniglia dotata di poteri telepatici, godendo di un perverso rapporto sadico e raggiungendo l'orgasmo eiaculando nel vuoto mentre la sua vittima spasima sotto la sferza. Come se non bastasse, un cercatore di tesori brama di congiungersi sessualmente con tale mostruoso animale: rinchiuso in un carrozzone con l'oggetto dei suoi desideri, ne fruga il pelame alla ricerca della vulva. Tutto questo tenendo conto che in America la bestialità erotica è ritenuta un crimine paragonabile alla pedofilia. L'autore, nato in Ungheria e trasferitosi negli States, ha dato prova di grande coraggio, dimostrando che non esiste un solo argomento, per quanto scabroso e ripugnante, che possa essere privo di interesse ai fini della fantascienza.

L'originalità del libro sta nel tentativo di far rientrare nel dominio della Scienza il destino dell'uomo oltre la morte. L'autore descrive così bene i princìpi del funzionamento della terribile macchina psicotronica da dar l'impressione di essere riuscito nell'impresa galileiana di rendere misurabile ciò che non è misurabile. L'impostazione che ne consegue è di certo pseudoscientifica e a tratti risente dei concetti popolari nella California tossica degli anni '70, ma di certo è qualcosa di atipico che non mi è mai capitato di riscontrare in altre opere di fantascienza. Ne nascono spunti per interessanti riflessioni filosofiche. 

martedì 6 gennaio 2015


  CORPI SPENTI

Autore: Giovanni De Matteo
Editore: Mondadori (Urania n. 1607)
Pubblicazione: Giugno 2014

Trama (da MondoUrania):

Nel 2049 sono cominciate le operazioni della Sezione Investigativa Speciale di Polizia Psicografica, un gruppo di agenti che possono estrarre informazioni dai morti, recuperandone la memoria. Sono i necromanti e il loro uomo di punta, Vincenzo Briganti, ha risolto nel 2059 il caso battezzato ufficiosamente Post Mortem (ma pubblicato su "Urania" come Sezione P greco). Ora siamo nel 2061, anno del bicentenario dell'Unità Italiana, e la Bassitalia sta per secedere dal resto del paese "come una coda di lucertola" Sulla manovra gravano pesanti ipoteche, perché qualcuno pensa di trasformare il Territorio Autonomo del Mezzogiorno in una vera e propria riserva di caccia per i signori della nuova società feudale. Briganti e i suoi colleghi avranno poco meno di un mese per scoprire tutti gli intrighi ed evitare che il Territorio si trasformi in un ghetto tecnologico per schiavi del lavoro... o molto peggio.

Recensione:

Ho letto diverse recensioni online di questa splendida opera, ma un dettaglio non da poco sembra essere sfuggito ai critici: Corpi Spenti è pervaso da pura poesia connettivista, densissima. Ci sono frasi che racchiudono in sé un intero universo. Mondi collassati, compatti come stelle di neutroni, concentrati in poche parole. Non mancano le parentesi visionarie, come ad esempio il brano intitolato "Sulle ali membranose del passato", in cui il Blue-K nebulizzato fa emergere baluginanti ricordi dell'epoca degli Hittiti. Nella complessa architettura della narrazione si resta col fiato sospeso.

L'ambientazione è quella di una civiltà terminale, sempre più vicina al collasso ecofagico. Ogni cosa si disfa e tende alla rovina. L'entropia dilagante non può essere combattuta, ogni tentativo di riorganizzare il vecchio ordine ormai decaduto minaccia di risolversi in un disastro. Rispetto all'epoca dei fatti narrati in Sezione Π2, la situazione politica e sociale si è notevolmente degradata. L'autore sa comunicare molto bene questo senso di autolisi, che trasuda da ogni pagina.   

Corpi Spenti è in tutto e per tutto un romanzo profetico. È stato detto che gli orrori di cui tratta sono una denuncia dei crimini che con orrendo neologismo i mass media chiamano "femminicidi". In realtà questo è il futuro che avanza, portando con sé sviluppi raccapriccianti come ad esempio la produzione su vasta scala degli atroci filmati di torture conosciuti come "snuff". A mio avviso non è affatto necessario pensare che il romanzo intenda fornire una semplice lezione morale facendosi lineare interprete del presente e criptandolo in qualche modo tra le sue righe. Siamo invece di fronte a purissima fantascienza distopica, all'applicazione di un algoritmo ipercomplesso che proietta il presente nel futuro facendo evolvere i dati di input.

I detrattori di questo capolavoro forse non hanno capito che descrivere un futuro raggelante non significa esserne fautori e tesserne le lodi. Farebbero bene a tornare all'asilo e a imparare tutto da zero: ad esempio non bisognerà trascurare di spiegar loro che se un autore descrive un omicidio non significa affatto che ne faccia l'apologia.

SEZIONE Π2

Autore: Giovanni De Matteo
Editore: Mondadori (Urania n. 1528)
Pubblicazione: Novembre 2007
Vincitore del Premio Urania 2006
Altri titoli: Post Mortem

Trama (da MondoUrania):

"Questa è una storia raccolta dalle voci dei morti, in presa diretta dalla Singolarità..." Siamo a metà del XXI secolo, la curva dello sviluppo tecnologico è schizzata verso l'alto, come impazzita. Una cosa è certa, il mondo è sull'orlo di un abisso In una metropoli italiana che stentiamo a riconoscere, violenza e omicidi hanno raggiunto proporzioni inimmaginabili. Per questo esistono uomini come Vincenzo Briganti, investigatore hard-boiled stile classico, con più di un macigno sulla coscienza. E per questo i casi più atroci li affidano a lui, in modo che interroghi i morti. Solo alle vittime puoi strappare il segreto che le ha annientate, solo assumendo il Blue-K puoi farlo. Ma non è un gioco per tutti: per giocarlo devi essere necromante della Π2, la Sezione Investigativa Speciale di Polizia Psicografica Pi-Quadro.

Recensione:

Questo romanzo parla di biologia e di fantabiologia, di fisica e di fantafisica, di neurologia e di fantaneurologia, di medicina e di fantamedicina, di psichiatria e di fantapsichiatria, di antropologia e di fanta-antropologia, di filosofia e di fantafilosofia, esplorando scenari di estremo interesse. 

Una domanda risuona senza sosta, mettendo il lettore davanti alla consapevolezza della propria finitudine: "Qualcosa sopravvive alla morte?" Non viene data una risposta concreta, ma si capisce bene che le memorie estratte dai cervelli dei morti sono soltanto spettri di flussi sinaptici estinti e non costituiscono la sopravvivenza del loro essere. Tutto ciò aggiunge ancor più inquietudine, come se si aprissero le porte di un mondo di tenebre e di mistero.  

Concetto portante dell'opera è la Singolarità Tecnologica, intesa come punto oltre il quale Alice entra nello specchio e viene meno la capacità umana di comprendere gli sviluppi della tecnologia e del progresso scientifico in accrescimento esponenziale. Quando tale Singolarità si instaura, ogni cosa diventa irriconoscibile, non può più essere colta nella sua interezza dalle menti di chi la subisce. 

Si nota un tangibile influsso delle visioni apocalittiche di Lovecraft, che trova la sua apoteosi nella descrizione della Cattedrale di Ossa, un omphalos dell'Orrore Cosmico che io stesso ho visitato nei miei incubi e da cui ho tratto ispirazione: certi luoghi che si trovano al di là del mondo sensibile sono dotati di una propria esistenza, indipendente dall'essere di chi ha la ventura di percepirli. Sempre all'opera di Lovecraft si ispira il personaggio di Rundolph Carter, che ricorda il famoso Randolph Carter del Ciclo dei Sogni.

Il mistero del tumore al cervello del Commissario pone angoscianti interrogativi: è possibile che i meccanismi più profondi che generano il cancro possano resistere persino alle più sofisticate nanotecnologie della Singolarità e continuare ad affliggere gli umani? È evidente che la risposta è affermativa. Un naturale processo di adattamento che pochi hanno postulato nelle loro opere.

Non si hanno tuttavia soltanto meccanismi di resistenza biologica alla Singolarità: anche una parte della società tende ad opporsi a questo meccanismo che tutto travolge, divora e trasforma in modo incontrollabile. Ne è un esempio la Cabala di San Tommaso, una setta pseudognostica fondata sull'Ermetismo, che rappresenta il tentativo di combattere la Singolarità: è in tutto e per tutto l'equivalente antropologico del tumore del Commissario.

domenica 4 gennaio 2015


BABEL-17 

Autore: Samuel R. Delany
Titolo originale: Babel-17
Anno: 1966
Classici Urania, Gennaio 1988

Trama (da MondoUrania):

La guerra galattica fra l'Alleanza terrestre e gli Invasori dura ormai da molti anni, e nessuno sta vincendo. Quando però l'Alleanza si trova a dover fronteggiare un'arma terribile e sconosciuta, una lingua capace di provocare attentati e sabotaggi, l'unica via di salvezza può consistere in una contromossa inaspettata: affidare a una poetessa, Rydra Wong, il compito di risolvere l'enigma di Babel-17 e di porre fine ai suoi effetti micidiali. Sarà solo l'inizio di una incredibile avventura fra le stelle, sotto la minaccia di una lingua che può uccidere e fra i pericoli di un universo forse troppo vasto per l'uomo, in un romanzo magistrale che è valso al suo autore un prestigioso premio Nebula.

Recensione: 

Avevo grandissime aspettative su questo libro, di cui tutti mi avevano detto mirabilia. In particolare, mi entusiasmava il fatto che l'argomento del romanzo fosse una lingua immaginaria. Quando sono riuscito a procurarmene una copia ero felicissimo. Tuttavia durante la lettura si sono presentate difficoltà e sono rimasto molto deluso. Pubblico alcune mie osservazioni sull'argomento.

Sono arrivato a poco più della metà di Babel-17 di Delany, e ho potuto constatare che contiene alcuni gravissimi errori. In "antico moresco" (ossia in arabo), "Jebel" è la montagna, e Tarik (o meglio Tariq) è un antroponimo, così "Jebel Tarik" significa "montagna di Tarik" (quella che conosciamo come Gibilterra). Non vale il contrario, come invece Delany stolidamente sostiene. Non esiste una "montagna di Jebel". Forse egli non sa nulla della toponomastica di Sicilia, ove Mongibello vale alla lettera "Monte Montagna", essendo "gibello" proprio l'arabo "jebel". Sono queste cose a convincermi sempre più dell'importanza della rilettura finale e dell'editing: non esiste editore capace di scovare simili inconsistenze.

Mi è stato fatto notare che Delany è uno scrittore e non un linguista, e che quindi bisogna sorvolare sugli strafalcioni che compaiono nel suo romanzo. È anche vero che scriveva quando la rete non era ancora disponibile, ma l'errore di Jebel Tarik è talmente grossolano che ho avuto la tentazione di chiudere il libro e di non proseguire con la lettura. Mi sono detto: "D'accordo, proseguirò, se non altro per scoprire se Mollya finirà sodomizzata da Calli e da Ron". Pochi giorni dopo aver detto questo, ho avuto gravi problemi e ho smesso di leggere Babel-17, senza più riprenderlo.

A tutti i nativi digitali basterebbe una sana ricerca in Google per immunizzare dalle cazzate scritte da Delany in Babel-17. Egli parla di "dialetto basco", mentre in realtà si tratta di una lingua che con il castigliano non ha nulla a che vedere nella sua struttura e nel suo lessico di base. La lingua basca (Euskara) infatti è anteriore ai Romani e ai Celti, è anzi anteriore a qualsiasi gente indoeuropea. Così UR significa "acqua", SU significa "fuoco", ESKU significa "mano", OIN significa "piede", BIHOTZ significa "cuore", ARDO significa "vino", JAUN significa "signore", ANDRE significa "signora", ODOL significa "sangue", BEGI significa "occhio", SAGU significa "topo", OTSO significa "lupo", etc. È vero che i basco ha molti dialetti, spesso tra loro a malapena intelligibili, ma l'autore non fa riferimento a questo fatto. I casi sono due: o si basa sulla vecchia ideologia che impone di etichettare come "dialetto" ogni lingua minoritaria, oppure non conosce nulla sull'argomento.

Si trovano altre informazioni non corrette tra le pagine del romanzo. Ad esempio a pag. 103 si legge:

"Le lingue degli indiani d'America mancavano addirittura della nozione di numero. Tranne per la lingua dei Sioux, dove esisteva un plurale solo per gli oggetti animati".

Se alcune popolazioni del Sudamerica, come i Nambiquara, sanno contare solo fino a due, è altresì vero che questa non è la regola tra le genti amerindiane. Posso garantire che la lingua Sioux (o per meglio dire Lakota, Dakota, etc.) non è la sola lingua amerindiana a distinguere il plurale. Per illustrare meglio il concetto riporto pochi esempi tratti da tre lingue: la lingua algonchina dei Cree, la lingua degli Aztechi (Nahuatl) e la lingua incaica (Quechua o Runasimi).

Cree (plurali animati in -ak, inanimati in -a)

atimwa "cane"
atimwak "cani"
awāsis "bambino"
awāsisak "bambini"
manitow "spirito"
manitowak "spiriti"
maskēk "palude"
maskēkwa "paludi"
maskisin "scarpa"
maskisina "scarpe"
mistik "albero"
mistikwak "alberi"
mostoswa "bisonte"
mostoswak "bisonti"
nitēm "il mio cavallo"
nitēmak "i miei cavalli"
nitik "lontra"
nitikwak "lontre"
pwāt "sioux"
Pwātak "i Sioux"
sīsīp "anatra"
sīsīpak "anatre"
wiyās "pezzo di carne"

wiyāsa "pezzi di carne"

Nāhuatl (plurali animati in -tin, -meh, possessivi in -huān)

cihuātl "donna"
cihuah "donne"
nocihuāuh "la mia donna"
nocihuāhuān "le mie donne"
oquichtli "uomo"
oquichmeh "uomini"
oquichtin "uomini"
moquichhui "il tuo uomo"
moquichhuān "i tuoi uomini"
pilli "bambino"
pipiltin "bambini"
īpil "il suo bambino"
īpilhuān "i suoi bambini"
teōtl "dio"
tēteoh "dèi"
toteōuh "il nostro dio"

toteōhuān "i nostri dèi"

I nomi inanimati possono rimanere invariati al plurale, ma spesso hanno una duplicazione, esprimendo così il concetto di varietà:

calli "casa"; "case"
cācalli "case"
(di un singolo villaggio)
cahcalli "diverse case"
icxitl "piede"
ihicxitl "vari piedi"
tetl "pietra"

tehtetl "diverse pietre", "diversi tipi di pietra"

Quechua (plurali in -kuna)

wasi "casa"
wasiq "della casa"
wasimanta "dalla casa"
wasikuna "case"
wasikunaq "delle case"
wasikunamanta "dalle case"
wasiy "la mia casa"
wasiypa "della mia casa"
wasiymanta "dalla mia casa"
wasiykuna "le mie case"
wasiykunaq "delle mie case"
wasiykunamanta "dalle mie case"
wasiyki "la tua casa"
wasiykiq "della tua casa"
wasiykimanta "dalla tua casa"
wasiykikuna "le tue case"
wasiykikunaq "delle tue case"
wasiykikunamanta "dalle tue case"
wasin "la sua casa"
wasinpa "della sua casa"
wasinmanta "dalla sua casa"
wasinkuna "le sue case"
wasinkunaq "delle sue case"
wasinkunamanta "dalle sue case"
wasinku "la loro casa"
wasinkuq "della loro casa"
wasinkumanta "dalla loro casa"
wasinkukuna "le loro case"
wasinkukunaq "delle loro case"

wasinkukunamanta "dalle loro case"

Ecco, costringerei volentieri Delany a cozzare con questi panorami di ipercomplessità inestricabile. Detto questo, Babel-17 è ben scritto e si fonda su un concetto originale, così mi impegno a rileggerlo giungendo fino in fondo e posterò quindi una nuova recensione, spero meno corrosiva e più attinente a trama e personaggi.

domenica 5 ottobre 2014


L'EFFETTO DINOSAURO 

Autori: Kit Pedler, Gerry Davis 
Titolo originale: Brainrack
Anno: 1974 
Pubblicazioni italiane: Urania 650 (agosto 1974)
    Unica ristampa in Millemondi
Casa editrice: Arnoldo Mondadori Editore 
Genere: Fantascienza
Traduzione: Bianca Russo 
Copertina: Karol Thole 
Formato: 13 x 19
Pagine: 190 pagg.

Trama (da Mondourania):

"Una delle teorie più accreditate sull'estinzione dei dinosauri afferma che quei bestioni scomparvero dalla faccia della terra perchè il loro cervello troppo piccolo non riusciva più a controllare il loro corpo troppo grande. Lo scienziato-detective protagonista di questo romanzo applica la stessa teoria alla nostra società: il gigantismo che sta sotto gli occhi di tutti, l'inefficienza dei servizi, il caos in cui viviamo, dimostrerebbero che il "cervello" del pachiderma sociale non è ormai più in grado di coordinare e far funzionare niente. E' soltanto un'intuizione intelligente, o davvero qualche male "organico", e scientificamente dimostrabile, minaccia l'umanità? Si tratta di raccogliere dati significativi; ma ben presto si vede che per bloccare una simile indagine ci sono persone disposte a tutto e che la vita di un ricercatore può valere in certi casi molto poco." 
 


Recensioni: 

Mi sono occupato del volume in questione qualche anno fa: avendolo trovato in una bancarella dell'usato, sono stato attratto dal suo titolo e dalla sua trama, così l'ho comprato e l'ho letto. All'epoca ero un blogger attivo nella piattaforma Splinder, ormai scomparsa, così ho subito applicato il concetto portante del romanzo alla situazione di quella fatiscente blogosfera. Questo è ciò che ho scritto su Anobii

Splinder è la dimostrazione vivente dell'EFFETTO DINOSAURO! 

Questo volume di Urania descrive a meraviglia la situazione di Splinder. La Redazione della piattaforma è assolutamente incapace di controllare il pachiderma sociale, le sue capacità sono quelle di un cervello di tyrannosaurus rex, grande come un pacchetto di sigarette e destinato a muovere un corpo alto come un palazzo. 

Sul blog Esilio a Mordor e in Facebook ho approfondito il concetto: 

L'idea portante, mi rendo conto, può essere applicata tale quale alla situazione ormai imperversante nella blogosfera slinderiana: la piattaforma ha assunto proporzioni mastodontiche e le poche persone che ci lavorano stanno perdendo il controllo delle sue membra, pur essendo di certo animate dalla migliore volontà. Certo, ci sono in media quattordici pagine di utenti online, ma in ogni pagina almeno tre spammatori. Così vediamo che moltissimi sono i post che si possono visualizzare nelle pagine delle ultime pubblicazioni, ma almeno il 50% sono automatismi creati da splog-robot. Lo scenario è desolante e destinato a peggiorare di mese in mese. Anzi, ho il sentore che questa peste abbia già messo radici profonde in tutta la Rete. Presto non ci sarà più conoscenza condivisa, ogni cosa diverrà un veicolo di nuove infezioni. Ogni corpo sociale sarà solo un gigante paralitico e senza memoria. Non posso poi fare a meno di notare che l'ex Motime, oggi US.Splinder, detiene un record della presenza di splog. Se uno va in home, si rende conto che ci sono in media più di 5.000 utenti online, per una piattaforma fino a poco fa piccolissima, in cui gli utenti genuini saranno stati poche centinaia. Il tasso di crescita è stato mostruoso, addirittura tumorale. Prima che il contagio divorasse US.Splinder, gli utenti online erano sempre meno di 100. Poi con la crescita subitanea sono arrivati gli splogger. Tutto questo è accaduto perché il sistema immunitario della piattaforma non è stato più in grado di gestire le periferie della rete sociale elefantiaca. È un vero peccato che studiosi del calibro di Barabási non abbiano tenuto conto di questo fenomeno.
(scritto il 27 03 2011)

A distanza di tempo, penso che l'argomento sia sempre attuale. Se i miei contributi relativi alla situazione di Splinder sono obsoleti a causa dell'estinzione della piattaforma, il principio generale resta valido e serve a descrivere questo paese e l'intera società umana. Lo vediamo ogni giorno nelle nostre vite urbanoidi in costante peggioramento: dirigenti inamovibili e inetti, complicatissime procedure di semplificazione che aggiungono al danno la beffa, il moltiplicarsi esponenziale della burocrazia - tanto che si arriverà al giorno in cui nessuno potrà andare al cesso senza avere un protocollo in ingresso e uno in uscita - diritti civili che diventano barzellette perché costretti a passare nei mostruosi ingranaggi della produzione di documenti inutili, scartoffie digitali di quest'epoca di sfacelo, l'uso di un linguaggio orwelliano che chiama "riduzione" l'aumento delle tasse e del numero di elementi parassitari collocati ai vertici degli enti pubblici e privati. Il crollo è inevitabile, è soltanto questione di tempo.  

Non so se rileggerò il libro di Pedler e Davis: la narrazione mi è parsa soporifera e il finale non deve essere eclatante, visto che me lo sono del tutto dimenticato. È un po' come quando si ripongono grandi aspettative in qualcosa che si risolve in nulla di fatto. Ho l'impressione che un'idea geniale sia stata utilizzata male e sprecata, come spesso accade nel mondo della fantascienza.  

Sempre su Anobii, l'utente VM71 ha scritto questa recensione: 

L'inizio dell'estinzione 

Riflessione amara sulla parabola discendente dell'intelligenza umana in una società che si affida in maniera massiccia alla tecnologia. La visione ecologista contro il nucleare e l'inquinamento prodotto dalle auto è ancora valida oggi, anche se l'opera è di 35 anni fa. Lo stile ed i personaggi, molto british, rendono questo romanzo estremamente piacevole. In appendice si trova un articolo di divulgazione scientifica di Asimov: interessante ma un po' pesante. 

sabato 20 settembre 2014


CROCIERA NELL'INFINITO

Autore: Alfred Elton Van Vogt
Titolo originale: The Voyage of the Space Beagle
Anno: 1950

Il libro si compone di quattro parti:

1) Coeurl
2) Riim
3) Ixtl
4) Anabis

Genesi dell'opera: Nata dalla fusione di quattro racconti scritti dal 1939 al 1950:

Black Destroyer
War of Nerves 
Discord in Scarlet 
M33 in Andromeda 

Pubblicazioni italiane:
Urania 27 (novembre 1953)
Urania 312 bis (luglio 1963)
Futuro. Biblioteca di Fantascienza 1, Fanucci Editore (1974)
Urania Classici 22 (gennaio 1979)
Il Fantastico Economico Classico 3, Compagnia del Fantastico. Gruppo Newton (1994)
Urania collezione 82 (novembre 2009)

Traduzioni: Sergio Sué, Sebastiano Fusco

Trama sintetica (da Mondourania):

Come Isaac Asimov modellò la sua "trilogia galattica" sulla Decadenza e caduta dell'Impero romano di Gibbon, così A.E. Van Vogt si è ispirato per questa sua crociera classica nell'infinito a un altro illustre precedente, la famosa relazione che Charles Darwin pubblicò al ritorno della nave Beagle dal viaggio intorno al mondo. Come il veliero del grande naturalista, l'astronave Argus è infatti incaricata di esplorare pianeti e galassie lontanissime ed ha a bordo un nutrito e litigioso gruppo di scienziati. Gli enigmi, le sorprese, i pericoli che essi incontrano sulle rotte cosmiche e le strabilianti osservazioni e dati che via via raccolgono sulla vita extraterrestre danno vita a una narrazione di lucido rigore scientifico unito a un avvincente senso s'avventura e di meraviglia.

Sapendo che il nome del Connettivismo è stato ispirato da questo libro di Van Vogt, quando me lo sono procurato ero al settimo cielo. A quei tempi per me Van Vogt era soltanto un nome: non avevo mai letto nessuna delle sue opere. Ero felice di potermi immergere nella fonte d'ispirazione che or della fine aveva dato il suo contributo alla nascita del Movimento. Tuttavia sono rimasto profondamente deluso dal volume. Ho addirittura percepito un viscerale quanto inesplicabile senso di tradimento, che procedendo nella lettura si trasformava in una profonda irritazione e in aperta insofferenza. Ho letto Coeurl, Riim e Ixtl, abbandonando poi la lettura, che procedeva sempre più a rilento causa mancanza di entusiasmo. Ho classificato il romanzo come "libercolo scadente", ripromettendomi comunque di rileggerlo e di approfondirlo. Queste sono le parole che ho concepito a quell'epoca:

"Ripetitivo, banale, spesso travalica i confini del ridicolo. Al massimo conterrà venticinque righe di un qualche valore letterario. Il brano in cui l'alieno Ixtl interpreta il disegno schematico di un atomo è di una tale delirante assurdità che sfigurerebbe persino su Topolino."

E ancora:

"Stupisce davvero che qualcuno ne voglia fare la bibbia di un modo talebano-scientista di intendere la fantascienza: c'è più scienza in un film di Lando Buzzanca."

Certo, non ho tenuto conto del tempo in cui il romanzo è stato scritto. Forse sono stato troppo caustico nel linguaggio, anche se le mie opinioni rimangono nella sostanza negative. Credo del resto che sia impossibile costringere qualcuno ad amare una cosa che non gli ispira attrazione e che non gli piace affatto. 

Non posso comunque liquidare con poche parole quest'opera, per un motivo molto semplice. Il protagonista, Grosvenor, è un connettivista. Sul complesso argomento del rapporto tra Connettivismo e Van Vogt e sull'origine stessa della parola non si dirà mai abbastanza. Non nascondo che ho provato una fitta dolorosa quando sono venuto a sapere che Ron Hubbard e la sua Chiesa di Scientology sono all'origine del concetto stesso di Connettivismo (inglese Nexialism), inteso come "una nuova scienza capace di ristabilire le connessioni tra le competenze e le conoscenze di una disciplina e l'altra". Non a caso qualcosa di sostanzialmente identico a un connettivista compare nel romanzo Gli amanti di Siddo, di Philip José Farmer, che considero un capolavoro. Tale opera è tutta incentrata sulla figura del Precursore, profeta di un'orribile religione e autore del Talmud Occidentale. Orbene, il Precursore presenta non pochi tratti in comune con Ron Hubbard, al punto che la sua Chiesa appare chiaramente una trasposizione letteraria di Scientology - così come mostra inquietanti somiglianze con la figura di Thulsa Doom del film Conan il barbaro di John Milius (1982). Si tratta di coincidenze? No di certo. Alfred Van Vogt era un attivo seguace di Hubbard, come sua moglie. Mentre Farmer mostra un mondo devastato da una tirannia spaventosa e descrive la Chiesa del Precursore nella luce più realistica e sinistra, Van Vogt è in tutto e per tutto un positivista che ha come punto fisso una fede assoluta, cieca e incrollabile in un futuro di espansione indefinita del genere umano. Forse proprio questo è all'origine della mia avversione per tale scrittore, più di qualsiasi considerazione sul suo uso improprio della Scienza e sul suo stile letterario scadente. 

Esiste tutta un'elaborata mitologia a proposito di Van Vogt, costruita ad arte dalla setta dei fantascientisti. Incensato come Maestro e presentato come un semidio, l'autore è descritto come il vero ispiratore di Alien. Ovviamente gli adoratori che blaterano sull'argomento dell'ispirazione di Alien ignorano l'esistenza in Natura di un gran numero di insetti parassitogeni come gli Icneumonidi, eleganti vespe che iniettano le loro uova nei bruchi vivi. Tra l'altro questa conoscenza era ben presente allo stesso Darwin, che studiò in modo approfondito questi animali, descrivendone i ributtanti dettagli riproduttivi. La comune ispirazione di Van Vogt e dell'artista svizzero H.R. Giger ha per l'appunto le sue radici nel mondo degli insetti. Non è un caso che l'idea portante di Crociera nell'Infinito sia stata tratta da Darwin e dai suoi viaggi: non è impossibile che l'autore di fantascienza si sia imbattuto in una descrizione degli icneumonidi mentre leggeva le opere del naturalista inglese.  
Si noti tuttavia che Alien e Ixtl hanno sì qualcosa in comune (l'essere parassiti incredibilmente evoluti), ma che i dettagli biologici non combaciano affatto nei dettagli: mentre Ixtl innesta le sue uova nel petto delle vittime, somigliando in questo agli icneumonidi, Alien ha un ciclo più complesso e una natura sociale simile a quella delle termiti. Non è l'adulto a iniettare le uova, ma sono le uova deposte dalla regina ad eiettare il ben noto simbionte facciale, intermediario del processo riproduttivo.
È ben possibile che molti fantascientisti ignorino anche il fatto che H.R. Giger è il vero artefice di Alien e che la progettazione di quella letale forma biologica non si deve a Ridley Scott. Qualcuno cita un contenzioso tra Van Vogt e lo stesso Scott, che non arrivò mai in tribunale a causa di un accordo economico raggiunto tra le due parti. Di certo una corte composta da biologi avrebbe rigettato le richieste di Van Vogt. Seducente e decisamente originale è invece l'idea di Ixtl come residuo di un precedente ciclo cosmogonico. 

Riporto infine una serie di recensioni non proprio eulogistiche che ho trovato in Anobii, alcune delle quali mi sembrano davvero meritorie:

Scritto da Mr. Nero: 

«Il mostro è qui, lo sto tenendo a bada col mio vibratore. Ma fate presto, perché non sembra preoccuparsene troppo... »
Il libro in sé è troppo antiquato e ingenuo per risultare godibile oggi, specie se non si ha troppa affinità con la sci-fi avventurosa à la Star Trek, che personalmente non mi è mai piaciuta, se non nella formula ignorante e tamarra di John Carter di Marte. Ho trovato interessanti alcune creature, in particolare quello Ixtl che, pare, avrebbe ispirato Alien (se non altro per l’idea di usare i membri dell’equipaggio come incubatrici dove impiantare le proprie uova), ma per il resto la prosa prolissa e i farfugliamenti pseudoscientifici e privi di consistenza rendono difficile proseguire nella lettura. Il motivo principale per cui vale la pena leggere questo classico oggi è costituito dalle risate involontarie che regala a chi conserva un cuore da ragazzino della terza media, come me. Sapete, vedere seriosissimi militari e scienziati (tutti maschi e castrati chimicamente con farmaci disciolti nel cibo, non sia mai che gli salti in testa qualche strana idea –giuro!) che si aggirano per la nave terrorizzati da orribili minacce dalle profondità dello spazio, brandendo dei vibratori, beh son cose che allietano il mio animo fanciullesco.
Trascrivo il mio brano preferito:

«Da tutte le parti si vedevano vibratori che fumavano e lampeggiavano. Grosvenor si sporse cautamente dall'ascensore, cercando di farsi un'idea chiara della situazione.»

Il povero Grosvenor, tenendo le chiappe ben attaccate al muro, si trova davanti questa scena:

«Entrambi gli ingressi al ponte di comando erano bloccati da dozzine di carrelli rovesciati, dietro i quali si riparavano uomini in uniforme militare. […] Evidentemente, le immagini ipnotiche avevano fatto esplodere l'ostilità repressa. Gli scienziati stavano combattendo i militari, che inconsciamente avevano sempre odiato. I militari, dal canto loro, erano infine liberi di sfogare disprezzo e furia sugli scienziati, per i quali non avevano mai nutrito alcuna stima.»

In pratica, una guerra intestina. Combattuta con dei vibratori.
Credo che ci sia qualche problema coi farmaci sciolti nel cibo, Alfred.

Scritto da Flavio:

"Il libro è in realtà una raccolta di lunghi racconti e la prosa ostica di Van Voght non aiuta ad amalgamarli."

Scritto da Mattjr:

Piuttosto deluso da quello che sapevo essere una pietra miliare della fantascienza
Alcune pagine sono davvero notevoli, ma la maggior parte del racconto è piuttosto tedioso...
 Nello spazio profonda alla ricerca di forme di vita sensazionali eppure il 70% del racconto è incentrato sulle beghe dei vari scienziati e del capo dipartimento del connettivismo (una scienza che l'autore non riesce a descrivere senza termini e teorie che sanno di fuffa cosmica)

Scritto da Lorentz:

Il libro racconta le avventure di una astronave in viaggio verso nuove galassie per fare ricerca scientifica su nuovi mondi e specie sconosciute.
 L'idea di per sé potrebbe essere buona se sviluppata meglio. Nel viaggio trovano quattro diverse specie aliene, tutte più o meno ostili. Il libro è quindi divisibile in quattro sezioni tutte dalla forma "incontro - minaccia - analisi scientifica - la nuova scienza connettivista ci fa sopravvivere". Questa nuova disciplina scientifica è più un metodo, dove il protagonista è l'unico esperto, che abbracciando tutte le discipline permette di avere un quadro completo del problema da affrontare.
 Altro punto deludente del libro consiste nella narrazione che, seppure talvolta fatta dal punto di vista dell'alieno, non approfondisce gli aspetti psicologici né la volontà dei personaggi; inoltre sono presenti piccole incongruenze, quali l'alieno che al primo approccio chiama gli abitanti dell'astronave "bipedi" per poi iniziare a chiamarli "umani" pur senza che abbia avuto modo di comunicare con loro o di imparare il termine.

Scritto da Maxx:

Non lasciatevi ingannare dal richiamo ad Alien. La creatura più affascinante della fantascienza filmica è opera dello svizzero Giger, ma nelle pagine di van Vogt non c’è traccia, se non forse in un “embrione” di quello che avrebbe dato spunto alla saga Aliena, ma i paragoni finiscono qui. La space Beagle di van Vogt è piena, soprattutto, delle menti più brillanti del pianeta Terra alla ricerca di informazioni e conoscenza. Biologi, chimici, fisici, matematici, storici, geologi, psicologi, tutti insieme a cercare di “ampliare” la conoscenza dello spazio. Ma come fare quando il quesito da risolvere è “grande”? van Vogt imbarca nell’equipaggio anche un “connettivista”, un teorico di una nuova scienza che è in grado di combinare e congiungere tutte le altre per la soluzione del problema. La ricerca sembra allora rivolgersi, più che ai misteri del cosmo, alla capacità della mente umana di superare ostacoli più o meno pericolosi.
P
ersonalmente il connettivista, dopo un po’, inizia a diventare antipatico, ma la morale di van Vogt rimane, l’uomo, messe da parte le rivalità e le gelosie comuni, può affacciarsi senza paura alla ricerca del nuovo, qualsiasi esso sia.