domenica 16 aprile 2017


MINORITY REPORT

Titolo originale: Minority Report
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 2002
Durata: 146 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Rapporto: 2,40:1
Genere: Fantascienza, azione, thriller
Regia: Steven Spielberg
Soggetto: Tratto dall'omonimo racconto di Philip K.
    Dick
Sceneggiatura: Scott Frank, Jon Cohen
Produttore: Jan de Bont, Gerald R. Molen, Walter F.
    Parkes, Bonnie Curtis
Produttore esecutivo: Michael Doven, Gary
    Goldman, Ronald Shusett, Sergio Mimica-Gezzan
Casa di produzione: Twentieth Century Fox,
    DreamWorks SKG, Cruise/Wagner Productions,
    Blue Tulip Productions, Blue Tulip Productions,
    Amblin Entertainment
Distribuzione (Italia): Twentieth Century Fox
Fotografia: Janusz Kaminski
Montaggio: Michael Kahn
Effetti speciali: Industrial Light & Magic
Musiche: John Williams
Scenografia: Anne Kuljian
Interpreti e personaggi:   
    Tom Cruise: John Anderton
    Colin Farrell: Danny Witwer
    Samantha Morton: Agatha
    Max von Sydow: Lamar Burgess
    Patrick Kilpatrick: Knott
    Lois Smith: Iris Hineman
    Peter Stormare: Solomon Eddie
    Tim Blake Nelson: Gideon
    Steve J. Harris: Jad
    Kathryn Morris: Lara Anderton
    Mike Binder: Leo F. Crow
    Neal McDonough: Fletcher
    Daniel London: Wally
Doppiatori italiani:
    Roberto Chevalier: John Anderton
    Fabio Boccanera: Danny Witner
    Gianni Musy: Lamar Burgess
    Nino Prester: Knott
    Claudio Fattoretto: Jad
    Pino Ammendola: Gideon
    Dario Penne: Solomon Eddie

Trama:

Siamo nell'anno 2054, nella città di Washington, che da 6 anni è un luogo molto tranquillo. L'omicidio pare essere ormai diventato un crimine estinto, e questo grazie a un sofisticato sistema chiamato Precrimine (in inglese Precrime, termine coniato da Philip K. Dick). Tre mutanti conosciuti come Precog, ossia Precognitivi, vedono nel futuro ramificato tutto ciò che sta per accadere e un computer scandisce le loro visioni, in modo tale che possano essere analizzate per scovare persone in procinto di commettere un delitto. Quando avviene l'identificazione del "pre-criminale" (il prefisso pre- si deve al fatto che non si è ancora sporcato le mani), parte una pattuglia volante che anche solo per un soffio lo riesce a fermare. Senza badare tanto al fatto che il precriminale è tecnicamente parlando innocente, perché non ha materialmente commesso alcun delitto (non ne ha avuto il tempo), viene attivata la sua pronta rimozione dalla società. Tutto sembra funzionare alla perfezione, tanto che la polizia predittiva sta per essere estesa sull'intero territorio nazionale. Il responsabile della Precrimine, il capitano John Anderton, macina un successo dopo l'altro, ma la sua vita privata è come un pozzo di tenebra. Suo figlio Sean è scomparso nel nulla da anni, poco prima dell'instaurazione del nuovo sistema di identificazione degli omicidi. Distrutto dal terribile trauma, Anderton è diventato un tossicomane. L'anziano presidente Lamar Burgess, in apparenza paterno e benigno, sa tutto e tiene il capitano sotto le sue ali protettrici. All'improvviso tuttavia qualcosa cambia. La vita di Anderton, già irta di difficoltà, diventa un incubo ad occhi aperti quando un responso dei Precog lo indica come autore di un futuro omicidio: la vittima designata è un certo Leo Crow, che sarà ucciso nell'arco di 36 ore. Questo Leo Crow è un perfetto sconosciuto per Anderton, che capisce di essere vittima di un ferale complotto o di un errore nel sistema precognitivo. Non gli resta che fuggire a gambe levate, alla ricerca dell'unica cosa che può salvarlo. Questa debole speranza è quello che in gergo è chiamato "rapporto di minoranza". Infatti i tre Precog non sempre hanno visioni coincidenti a proposito di uno stesso delitto. Quando due di loro concordano e il terzo fornisce per contro una visione diversa, ecco che questa è proprio il "rapporto di minoranza". A dare la caccia al capitano fuggiasco è il suo più fiero avversario, il giovane Witwer, un agente del Governo incaricato di trovare falle nella Precrimine. L'implacabile mastino governativo capirà che qualcosa non quadra, ma a questo punto si imbatterà in una sorpresa poco piacevole... Le sequenze procedono senza un attimo di respiro fino al colpo di scena finale.

Recensione:

Un ottimo film d'azione, anche se un po' angosciante per via di un Tom Cruise esagitato che scatta come una molla in preda a flussi incoercibili di adrenalina, secreti dai surreni tumefatti. Egli è come una lucertola saltellante su una superficie metallica arroventata, è puro principio di azione e reazione. Il suo cervello rettiliano è fatto di muscoli perennemente contratti e pieni zeppi di acido lattico. Alcune trovate gotiche sono splendide, basti citare il trapianto oculare e gli automi aracnoidi che scandiscono le retine di tutti i residenti di un condominio. Max von Sydow nel ruolo di Lamar Burgess è una spanna sopra gli altri. 

Rispetto al racconto di Dick, Rapporto di minoranza (The Minority Report), si rilevano tante e tali differenze che possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che si tratta di due opere completamente dissimili.

1) Racconto: Anderton è vecchio, prossimo all'età pensionabile.
   Film: Anterton è giovane, sulla quarantina e ancora nel pieno delle sue forze.
2) Racconto: I Precog sono deformi e gravemente ritardati, legati a sedie con bande metalliche (il racconto va contro la moderna dittatura del buonismo ed è ancora pubblicato come fossile editoriale a causa della fama dell'autore).
   Film: I Precog non hanno un solo segno di deformità, riposano in una confortevole piscina e hanno un tecnico che li vezzeggia e si occupa di ogni loro bisogno.
3) Racconto: Ed Witwer è un poliziotto che deve affiancare Anderton per prenderne il posto in futuro.
   Film: Danny Witwer è un agente governativo, estraneo alla struttura della Precrimine.
4) Racconto: I Precog sono ciechi e pronunciano oracoli. Un computer raccoglie le loro parole.
   Film: I Precog non sono ciechi e hanno immagini mentali. Un computer raccoglie queste loro immagini, che poi Anderton e i suoi colleghi scansionano.
5) Racconto: Dal computer che raccoglie gli oracoli dei precog escono schede perforate.
   Film: Dal computer che raccoglie le immagini dei precog escono bocce di legno incise.
6) Racconto: Anderton non mostra traccia di condotte pericolose.
   Film: Anderton è tossicomane.
7) Racconto: La moglie di Anderton si chiama Lisa ed è una poliziotta della Precrimine, sua ex segretaria.
   Film: L'ex moglie di Anderton si chiama Lara ed è estranea alla Polizia.
8) Racconto: Anderton e Lisa non hanno figli.
   Film: Anderton e Lara hanno avuto un figlio, Sean, che è stato rapito e ucciso.
9) Racconto: I pre-omicidi vengono internati in campi di prigionia simili a quelli in uso durante l'ultimo conflitto mondiale.
   Film: I pre-omicidi vengono "confinati", ossia messi in animazione sospesa in bare metalliche. Un trattamento di una crudeltà inimmaginabile e del tutto sproporzionato per persone che fino a prova contraria non hanno commesso alcun crimine.
10) Racconto: I principali avversari della Precrimine sono i militari dell'Esercito, che hanno perduto il loro potere.
    Film: L'Esercito non compare e il nemico della Precrimine è il Governo.
11) Racconto: La vittima predestinata di Anderton si chiama Leopold Kaplan ed è un militare.
    Film: La vittima predestinata di Anterton si chiama Leo Crow, che è stato pagato per fingersi il rapitore di bambini responsabile della morte di Sean.
12) Racconto: Anderton non ha superiori diretti.
    Film: Compare la figura dell'anziano Lamar Burgess, diretto superiore di Anderton.
13) Racconto: Non vi è alcun caso cruciale che coinvolga una donna annegata.
    Film: Il caso di Ann Lively, morta annegata, minaccia la Precrimine.
14) Racconto: La Precrimine è operativa in tutte le nazioni del Blocco Occidentale.
    Film: La Precrimine è operativa solo nella capitale Washington D.C. e sarà estesa a tutti gli States con un referendum. 
15) Racconto: Si dimostra che i responsi dei Precog non possono applicarsi al capo della Precrimine, perché è l'unica persona che li conosce in anticipo e può così agire diversamente (indeterminazione dei futuri multipli).
    Film: Si afferma che il libero arbitrio, messo in atto col suicidio di Lamar Burgess, può invalidare il futuro previsto dai Precog (scelta di uno dei possibili futuri multipli).
16) Racconto: La Precrimine sopravvive alla crisi.
    Film: La Precrimine non sopravvive alla crisi.

Precog disumanizzati!

Quando si legge il racconto di Dick si fa una scoperta sorprendente. I Precog sono trattati peggio delle bestie e sono vittime di feroce disprezzo. Sono chiamati "idioti", "deformi" e addirittura "scimmie". Proprio così: la stanza dove sono tenuti prigionieri è detta in modo quasi ufficiale "Sezione Scimmie". Avvinti in tenaci bande metalliche, questi infelici mutanti defecano attraverso un foro nel loro seggio, senza igiene alcuna, senza alcuna cura per piaghe, decubiti, infezioni. C'è da rimanere allibiti di fronte alle descrizioni dickiane, caratterizzate da empatia zero e da crudeli venature di sarcasmo verso le misere creature. Il messaggio è nella sostanza questo: il mutante è merda umana, o meglio umanoide. Il mutante serve, ma se la sua utilità venisse meno, il suo destino sarebbe un forno inceneritore. Se un racconto simile fosse pubblicato oggi, l'autore si attirerebbe reazioni furiose da parte di masse di umanitari buonisti, sarebbe denunciato e potrebbe anche finire in carcere. Questi sono sviluppi che il geniale scrittore non ha saputo prevedere.

Una singolare genealogia

Gli X-Men, famosi personaggi dei fumetti della Marvel poi trasposti in film, derivano direttamente dall'opera di Philip K. Dick. In altre parole, Stan Lee e Jack Kirby non hanno usato farina del loro sacco quando hanno dato origine ai supereroi in questione, nel 1963. Per rendersene conto basterà ad esempio leggere con attenzione il racconto The Golden Man (aka Next, aka Non saremo noi), pubblicato già nel 1954. Che dire poi del racconto A World of Talents (aka Il mondo dei mutanti)? Anch'esso è stato pubblicato nel 1954. Vi sono trattati tutti i temi tipici dei fumetti della Marvel compaiono delineati alla perfezione, inclusa la cosiddetta "scuola per giovani dotati", tanto che possiamo affermare che tra i mutanti dickiani e gli X-Men esiste un rapporto di causazione diretta. La Marvel sarebbe quindi tenuta a risarcire gli eredi di Dick per i diritti d'autore non pagati, ma questo ci porta fuori dal nostro discorso. Se si può a buon diritto accusare la Marvel di patetico buonismo e di ossessione per la "diversità", per la sua fonte di ispirazione questo addebito risulta di certo infondato. Infatti per Dick il mutante è malvagio, è un agente patogeno che minaccia l'umanità, così la sua eradicazione viene presentata come un diritto sacrosanto. Quando il mutante è incapace di nuocere e presenta qualche caratteristica che può tornare utile, il suo destino non sarà l'eliminazione fisica, ma la schiavitù perenne in condizioni che farebbero rabbrividire i condannati ad metalla dell'antica Roma. Questo per dire che il mondo anglosassone non ha nulla da invidiare al III Reich.

Retrofuturo o archeofuturo

Nel racconto Rapporto di minoranza vediamo i videofoni, che presuppongono uno sviluppo della telefonia in grado di trasmettere immagini video parallelamente al segnale audio. Uno sviluppo che ai tempi di Dick sembrava del tutto naturale. Le cose tuttavia non sono andate esattamente così. La tecnologia dei videotelefoni è al giorno d'oggi possibile, ma nessuno la trova desiderabile: anche si è in grado di filmare e di inviare video tramite telefonini di vario genere, non è stato sviluppato un canale per la trasmissione automatica delle immagini in modo contemporaneo alle conversazioni. Il motivo è tutto sommato semplice. Il videofono di concezione dickiana potrebbe creare svariate situazioni imbarazzanti che nessuno vorrebbe mai, specie se è un aggeggio infernale che si accende da sé e che non può essere disattivato. Forse nella società americana degli anni '50 non si riusciva a immaginare una moglie sorpresa da una videochiamata del marito mentre uno stallone la stantuffa da dietro. Notevole è poi l'irrealtà dei computer, che ai tempi in cui Dick scrisse il racconto erano immaginati come giganteschi armadi a muro pieni zeppi di schede perforate il cui output era uno scontrino. Un problema da me rilevato più volte, a quanto pare invano: or della fine queste incoerenze non interessano a nessuno.

La teoria del futuro ramificato

Tema caro a Dick, presente anche in Next, è quello del futuro ramificato. In altre parole, la teoria del tempo su cui fondava i propri scritti era tensionale ed eternista (ammetteva l'esistenza di passato, presente e futuro). Si tratta di una forma di ontologia denominata A-eternismo. Pur non arrivando agli eccessi del B-eternismo, che nega l'esistenza stessa del flusso temporale per affermare la coesistenza di passato, presente e futuro, Dick ha introdotto in diverse sue opere bizzarrie interessanti e meritevoli di attenzione, come ad esempio la possibilità di "dragare" il tempo, riportando nel presente oggetti dal passato e dal futuro. Pur essendo le "draghe temporali" di natura antifisica in un universo causale come il nostro, si deve convenire che sono un artifizio letterario non di poco conto. Tornando al film Rapporto di Minoranza, tutta l'angoscia esistenziale è incentrata sulla possibilità di sfuggire a un futuro deterministico. Anderton è imprigionato in un Inferno in cui arde fino all'ultimo, fino a quando il suicidio del vecchio Lamar Burgess dimostra la molteplicità dei corsi temporali e la concreta possibilità di operare una scelta tra le diverse alternative possibili. Questo implica l'esistenza se non del libero arbitrio, almeno di un arbitrio che, seppur condizionato, può fare la differenza e permettere la fuga dal determinismo. Nel racconto invece si afferma una sorta di indeterminazione. La teoria del futuro ramificato si applica in un modo del tutto dissimile a quanto abbiamo visto nel film, portando a una sorta di Principio di Indeterminazione temporale: se una persona può conoscere in anticipo un oracolo, lo invalida per necessità nel preciso istante in cui ne viene a conoscenza. L'idea è che la persona che conosce il futuro può agire in modo tale da alterarlo. Spielberg non riesce ad accettare questa visione dickiana fino in fondo. Lo vediamo dall'angoscia delle scene in cui sembra che Anderton possa evitare l'uccisione di Leo Crow, ma infine la porta comunque a compimento, quasi spinto da una forza sovrannaturale. Lamar Burgess riuscirà a spezzare l'incantesimo, ma soltanto a prezzo di una lotta titanica contro se stesso e la natura delle cose.  

Contenuti profetici del film
(e in misura minore del racconto)

Il mondo descritto nel film interpretato da Tom Cruise è oggi meno lontano di quello che potrebbe sembrare. Molte tecnologie come il riconoscimento ottico esistono già. Sono state progettate auto senza pilota e tecnologie multi-touch che permettono di comandare un computer con semplici gesti delle mani. Se tuttavia si legge il racconto, si nota che non vi sono affatto descritte innovazioni tanto mirabolanti. Qualcosa di molto simile alla Precrimine già esiste, anche se è di una natura abbastanza dissimile sia da quanto narrato nel racconto che dai contenuti del film. Infatti è possibile prevedere in anticipo i delitti, ma non grazie alle visioni o alle farneticazioni di mutanti: tutto ciò è il frutto di appositi algoritmi predittivi che analizzano i contenuti postati dagli utenti sui social network incrociandoli con i dati degli archivi criminali. A quanto pare alcuni distretti di polizia degli USA hanno già adottato questi programmi. Riporto un interessante articolo sull'argomento, che risale al settembre del 2016: 


Un aspetto dell'universo dickiano che si sta immanentizzando ai nostri giorni è la piaga della pubblicità invasiva, veicolata da una tecnologia aberrante che penetra nelle profondità dell'essere. Pop corn e cereali occhiuti in scatole capaci di parlare, pubblicità ad personam rivolta al viandante da cartelloni pubblicitari animati, quotidiani che cambiano come li si guarda, proponendoci le notizie che vorremmo leggere: tutto questo non sarà ancora reale, ma senza dubbio qualcosa di inquietante lo possiamo notare quando scopriamo banner pubblicitari che possono esserci proposti soltanto da un congegno telepatico - dimostrando che da qualche parte c'è qualcuno che sa come defechiamo. 

Un vulnus gravissimo 

Sia il racconto che il film contengono un punto dolente che è più debole di un aneurisma in procinto di cedere in un soggetto gravemente iperteso. Se tutta la Precrimine si basa su tre mutanti che non sono certo immortali, i cui doni sembrano essere unici e non riproducibili, come si spera di poter far durare nel tempo il sistema? 

mercoledì 12 aprile 2017

LA LINGUA SOROTAPTICA

Sorotaptico. Mai a una lingua fu dato nome tanto infelice. Fu Joan Coromines (aka Corominas) ad avere questa idea assai discutibile, formando la denominazione dalle parole greche soros "urna funeraria" e thaptos "sepolto". In realtà le iscrizioni in questo idioma furono trovate nella località oggi nota come Amélie-les-Bains-Palalda (in catalano Banys d'Arles), in quello che era il territorio dei Sordoni (Sordones) e che oggi è la regione della frontiera franco-spagnola denominata Linguadoca-Rossiglione. Per l'esattezza furono rinvenute nei pressi di una fonte salubre chiamata Lo Gros Escaldador nel XIX secolo e oggi sono "scomparse", o per meglio dire sono state occultate dalla setta massonica degli archeologi, più incline all'annientamento e alla riscrittura del passato che alla sua conservazione e al suo studio oggettivo. I reperti in questione, che dovrebbero risalire al II sec. a.C., non hanno nulla di funerario e di sepolcrale: lo sgraziato nome inventato da Coromines si riferisce alla Cultura dei Campi di Urne, che egli immaginava collegata agli autori dei reperti. Si tratta di invocazioni a una serie di divinità, e tra queste le Ninfe. Si noterà che genti di quei distretti erano denominate Liguri nell'antichità. Questa singolare testimonianza, di cui in Italia praticamente nessuno parla, mostra numerose parole latine relative al linguaggio religioso, ma anche parole che non sono latine e neppure celtiche. Si tratta di una lingua indoeuropea pre-celtica, con /a/ e /o/ distinte, da attribuirsi ai Liguri, come la lingua dei Lusitani, che pure è da essa distinta. Magari parlare di lingua ligure ispanica orientale anziché di lingua sorotaptica sarebbe auspicabile. Fornisco quindi il testo nell'unica trascrizione reperibile nel Web, conservando U e V distinte, anche se a rigor di logica avremmo dovuto usare soltanto V. Per maggior chiarezza è stato aggiunto un trattino dove le parole vanno a capo, mentre le parentesi vuote () indicano una separazione mancante. 

Ia

KANTAS NISKAS
ROGAMOS ET DE-
P(R)ECAMUS VOS OT
SANETE NON LERANCE (E) DE-
US ET NESCA PETEIA
ET ELETA
NESCA SLA(T)
SNUKU-
AS M(E)

Ib

NISCA ET
KILITIUS
NETAT(E)
VLATE AC
SRUET(E)
POSQE(MOS)

II

NISKAS AQUIFERAS
ROGAMUS
SSULTIS NUMENA
SRUET VELDE()LA-
RES SNUQUAI
AUTETE
CUMAS
MAX(I)M(I)

III

RE NUMENE MAXIMI EFLAVERE
ILLIUS SSROES SNUQUAI PANTOVIE SRUID
AGETI NET LAVOKRIOS
S ACA()POSIMA ATXILIAIA
S NISKAS CATIONTS AXI(LIAIAS)
NESCA EVOSTRI IO
NETATI NOS IO
CHIRULE (E)XKIGKI

IV

DEMETI
ITOM(IC)E
...
...
SSULTIS
FLOINCSON
TEIK(ETE)

V

KANTAS NISCAS
ALALIKIOS
AXO(N)IAS
INSTOQDE
VOLTAS
OSISMI E DEOS
KLUEN PSAXE
DEMETIM IMP(ETRIO)
LERANKE
NK

VI

AXILII(S)
DEAUBS
AXSONIS

VII

DOMNAS
NISKAS ROG(A)-
MOS ET DE(PRE)-
CAMUS
DINAS
NN

VIII

(RO)GO VOS

Riporto ora la pessima traduzione in spagnolo fatta da Coromines, anche perché non ne esiste un'altra nel Web e non mi è stato possibile reperire il lavoro originale dell'autore catalano, Els ploms sorotàptics d'Arles (1976). Spero che non mi si accuserà di essere irrispettoso se faccio notare che la traduzione è stata fatta da cani e che nel complesso fa abbastanza schifo. Piena di lacune, tralascia tutto ciò che è scomodo e di difficile spiegazione. Le incoerenze grammaticali non mancano. Eccola: 

Ia: "Santas Ninfas, os rogamos y os exhortamos por nuestra sanación; oh dios Lerano y Ninfa Peteia y Ninfa Eleta, ninfa..."
Ib: "Oh ninfa y [dioses] asociados, guiadnos, regidnos y providenciadnos os pedimos"
II: "Ninfas Acuáticas os rogamos, por favor deidades providenciadnos Velde, Lares y Snuquai quitadnos los tumores"
III: "Los grandes númenes mayores han exhalado [encima mio] sus chorros; ninfas Pentovias providenciad !; ninfas obrad sobre las lavativas; providencia Madre Poderosa Axiliaia,
providencia Ninfa Eterna; limpianos Chirule ..."
IV: "Demeti Itomicos .... por favor brillad ..."
V: "Santas Ninfas caminad por diferentes aguas, girad [vuestro destino para conmigo]; oh dios Osi<s>mi, limpiad mis lagañas (cataratas ?); Demeti favoreceme Lereno"
VI: "A las acuosas diosas acuáticas !"
VII: "Señoras ninfas os rogamos y os exhortamos ..."
VIII: "os ruego"

Si noterà anche che questa versione non include le interpretazioni dei teonimi, lasciati nella lingua originale.

Questo è un piccolo vocabolario, sempre tratto dal lavoro di Coromines, a cui per amore della Scienza ho apportato alcune revisioni, integrazoni e aggiunte, traducendo in italiano la parte in spagnolo: 

AC "e"
   < lat. ac

ACA "madre"
    Cfr. lat. Acca La:rentia.

AGETI "conduce"
   < IE *ag'-. Cfr. latino agere "condurre", la cui radice è comune al celtico.

ALALIKIOS "altre, differenti"
   Cfr. lat. alius, la cui radice è comune al celtico (gallico allos, attestato nei graffiti di La Graufsenque e allo- nel nome degli Allobroges) e al germanico (*aljaz "altro").

AQUIFERAS "Portatrici di Acqua"
   < lat. Aquiferae, con desinenza nativa -as.

AUTETE "rimuovete, togliete" (imp. pl.) 
   < IE *aut- "vuoto; solo" 
   Coromines traduce in spagnolo "*quitad-nos", "*fundid-nos" o "*eliminad-nos". Sarà che sono a corto di risorse, ma non mi riesce di focalizzare bene l'etimologia del vocabolo, la radice che riporto è l'unica spiegazione - seppur poco convincente - che ho trovato alla traduzione dell'accademico. 

AXILIAIAS "Dea delle Acque"
ATXILIAIA "Dea delle Acque" 
AXILIIS "ricche di acque" (dat. pl.)

   < IE *aps- (vedi AXONIAS).
La forma AXILIIS dovrebbe avere un dativo pl. in -IS di tipo latino. La grafia con -TX- potrebbe essere un errore di trascrizione. 

AXONIAS "acque"
AXONIS "delle acque"
   < IE *aps-, con un esito /ks/ < /ps/ affine a quello del celtico. I dettagli morfologici non sono chiarissimi.

CATIONTS "con, assieme a"
   Interessante e ragionevole, ma oscuro a sufficienza. Piuttosto che a una radice IE valida, lo associerei a lat. cate:na e caterva, a loro volta da una radice etrusca *cat-, *caθ- "mettere assieme". Pokorny ricostruisce IE *kat- "mettere assieme", aggiungendo materiale dal celtico e dal germanico, ma come gran parte delle radici con /a/, resta il fortissimo sospetto di un'origine ultima non IE. Scarse sembrano le possibilità di una connessione con IE *kom (donde lat. cum, con-) tramite una forma *kṇt- - tutt'altro che pacifica - di cui non si riuscirebbe a spiegare nella lingua in analisi la scomparsa completa della nasale (ci aspetteremmo piuttosto *kant-).

CHIRULE (teon.)
L'origine di questo lemma è al momento sconosciuta.

CUMAS "tumori"
   Forse < IE *kumb-, nel senso di "sporgenza". Un vero peccato che la spiegazione di Coromines non sia disponibile, così supplisco come posso. 

DEAUBS "alle Dee"
    Notare l'introflessione della vocale del suffisso.

DEMETI "Oscurità" (teon. voc.)
DEMETIM "Oscurità" (teon. acc.)
   Si confronti il nome dei Demetae, popolazione britannica. La denominazione sopravvive in Galles, dove la provincia di Dyfed deriva il suo nome da un precedente *Demetija:. Nonostante i tentativi fatti per spiegarlo, questo nome ha resistito a lungo. Non può venire dal gallese defaid "pecora" (all'epoca suonava /da'matija:/) e neppure da dwfn "profondo" (all'epoca suonava /'dubnos/ o /'dumnos/). Non è plausibile nemmeno una provenienza da IE *dem- "costruire" (proto-germanico *timran "legname"), che non porterebbe a specificare un senso compiuto. La radice corretta è invece IE *dhem- "fumare", che ha dato origine all'antico irlandese dem, glossato da Pokorny come "schwarz, dunkel", ossia "nero, oscuro".    

DEUS "dio"
E DEOS "o Dei"
    < lat. deus. Si noti il vocativo plurale in -os, certamente nativo.

DINAS "divine"
   < IE *din-. Esiti molto affini sono stati presi a prestito dall'etrusco: Tin(i)a "Giove", tin- "giorno"

DOMNAS "signore"
    < lat. dominae, con desinenza ligure del pl. f. -as (identica a quella gallica).

EFLAVERE "esalarono"
   < lat. effla:ve:re "esalarono", III pers. pl. (da effla:re "esalare"). 

EVOSTRI "eterna"
  < IE *aiwo-. Si noti il suffisso femminile -i, di particolare arcaismo. 

EXKIGKI "girare in cerchio"
    Cfr. gallico Excingo-ri:x "Re del Cerchio". Con ogni probabilità un prestito dal gallico.

FLOINCSON "splendore, fulgore"
   < IE *bhel-, *bh(e)leg- "splendere", o l'affine IE *bhleig- "brillare". Se dobbiamo essere sinceri, la formazione della parola non è chiarissima. Notevole la presenza di una /f/ iniziale, un esito decisamente contrario alla fonetica del celtico. 

ILLIUS "di lei"
   < lat. illius.

IMPETRARE "guadagnare il favore degli Dei"
IMPETRIO "guadagno il favore degli Dei"
    < lat. impetra:re. Notare che la forma impetro si trova invece con una -i- di troppo: IMPETRIO. 

INSTOQDE "camminate"
    Forma dalla morfologia a dir poco oscura e tortuosa. Potremmo essere di fronte a un errore di lettura. Forse è uno strafalcione per *INSTOIGDE e l'origine è da IE *steigh- "camminare"? Non avendo a disposizione il testo originale, dobbiamo astenerci da ulteriori considerazioni. 

IO "che"
    Pronome relativo IE, cfr. lusitano IOM "che"

ITOMICE (teon. voc.)
    Al momento non si riesce a trovare una possibilità anche remota di interpretazione e di etimologia. Non per nulla questo lemma è escluso dal vocabolarietto di Coromines.

KANTAS "splendenti"
   < IE *kand-
   N.B. Coromines traduce con "sante", riconducendo la parola a IE *kwent- (meglio sarebbe scrivere *k'went-), cosa che per motivi fonetici non è ammissibile. Il parallelo più logico è col tema celtico canto- "canuto" (es. l'antroponimo Cantosenus; bretone antico cant, glossato "canutus"), attestato nell'onomastica gallica, verosimilmente <  *kandido- per contrazione. 

KILITIUS "associati"
   Coromines assume che sia da un IE *kei- "mettere assieme". L'etimologia sarebbe a prima vista accettabile, ma a quanto pare la radice era *kwei-. Non va poi nascosto che non è chiarissima la formazione della parola. Più probabilmente sarà dal pronome dimostrativo IE *k'e(i)-, come lat. ce:terus "l'altro". Tra "la Ninfa e gli (Dei) associati" e "la Ninfa e gli altri (Dei)" cambierebbe poco.

KLUEN "purificare"
   < IE *k'lowə- "pulire" Cfr. lat. cluere "purificare". La radice è passata anche in etrusco, dove abbiamo il sostantivo cleva "purificazione" e il toponimo Clevsins- "Chiusi".

LARES "Lari"
   < lat. La:re:s

LAVOKRIOS "scaturigine, fonte"
   < IE *low-, *lowə- "lavare" 
Cfr. lat. lava:re. Il suffisso indica che è un lemma nativo.

LERANCE, LERANKE "Dio Pino" (voc.)
   Si tratta di un nome di sostrato pre-IE, dalla stessa radice del basco leher, ler "pino", da cui deriva anche il teonimo aquitano Leherenno (dat.). 

MAXIMI "Massimi, i più grandi"
  < lat. maximi.

NET "su, sopra"
   Riporto la proposta di Coromines, precisando che l'etimologia non è delle più chiare. Forse un derivato di IE *en- "in" a partire da una sua variante *nei-,
*ni- con un'estensione in dentale che in origine doveva avere un valore direzionale. 

NETATE "guidate" (imp. pl.)
NETATI "guida" (III pers. sing.)
   < IE *ne:i-. Anche in gallico, in celtiberico e in antico irlandese troviamo la stessa estensione in -t-

NISCA, NESCA "Ninfa"
NISKAS "Ninfe"
   Si tratta di un prezioso elemento del sostrato pre-IE. Cfr. basco neska "ragazza".

NON "noi" (acc.)
   < IE. *no:-. Per la desinenza cfr. lusitano -N in VEAVN "giovani donne"

NOS "noi" (acc.)
   < lat. no:s. Si vede chiaramente che la morfologia è quella latina. La somiglianza con la forma nativa deve avere facilitato il prestito di intere formule. 

NUMENA "divinità" (pl.)
NUMENE "divinità" (morfologia oscura) 
   Cfr. lat. nu:mina "nume". Non è del tutto certo che sia un prestito dal latino, anche se è altamente probabile.

OSISMI "Sommi Dei"
   Questa voce ricorda il nome del popolo celtico degli Osismi, stanziato in quella che è attualmente chiamata Bretagna. L'etnonimo dovrebbe, come la parola sorotaptica, provenire da un aggettivo *ouksis(a)mos "sommo"

PANTOVIE (teon.) 
   Forse da IE *peta- / *pta:- "allungre", anche se la semantica è piuttosto nebulosa. Cfr. lat. pandus "curvo, ricurvo" e pate:re "essere aperto, aprirsi".

PETEIA "Impetuosa"
   < IE *pet- "cadere"
   Stessa radice del latino petere "attaccare, andare contro", che troviamo anche nel lusitano PETANIM.

POSIMA "potentissima"
   < IE *poti- "signore". Cfr. lat. potissima "potentissima".

POSQEMOS "chiediamo"
    Cfr. lat. poscimus < *por-sk-. Non è chiaro si si tratti di un lemma nativo simile o di un prestito.  

PSAXE "cispi"
   Coromines non ha fornito spiegazione alcuna alla sua traduzione. Sarà per mia incapacità, ma il lemma mi pare impenetrabile.

RE "beni, ricchezza"
   Cfr. lat. res "cosa". A differenza della parola latina, la voce sorotaptica ha l'aria di essere di genere neutro.

ROGAMOS "chiediamo"
ROGO "chiedo"
   < lat. roga:mus. 

SANETE "sanateci" (imp. pl.)
   < lat. sa:na:re, con coniugazione indigena.

SLATE "sanate, calmate" (imp. pl.)
   La radice SLA-, comune al celtico (es. irlandese antico slán "sano"), è la stessa del latino salu:s, gen. salu:tis "salute" e di  salve: "in buona salute".  

SNUKUAS "fluente, che scorre"
SNUQUAI "fluente, che scorre" (dat.)
   < IE *snew- "nuotare; correre"
La formazione pare piuttosto stravagante, ma non sembrano esserci molte alternative.

SRUET "fluisce"
SRUETE "fluite" (imp. pl.) 
SRUID "dal flusso" (abl.)
SSROES "del flusso" (gen.)
  
  < IE *srew- "scorrere, fluire" N.B. Coromines traduce con "providenciar", ossia "favorire", con ogni probabilità è un uso idiomatico.

SSULTIS "se volete" 
   < lat. si vultis. L'acquisizione di questa forma colloquiale indica un alto grado di penetrazione della lingua latina.  

TEIKETE "date, concedete" (imp. pl.)
   < *teik- "avere buon esito"
   Nelle lingue baltiche questa radice è giunta a significare "dare, offrire". Così immagino che FLOINCSON TEIKETE si debba tradurre con "concedete lo splendore", quindi "brillate". Quanto si trova nel Web non aiuta molto a charire le cose e ho dovuto fare tutto da solo.

VELDE "veggente"
   < IE *wel- "vedere". La radice si trova nel latino vultus "volto" e nel celtico (antico irlandese filis "vide"; gallese gweled "vista"). Si trova anche nel nome della famosa profetessa germanica Veleda

VLATE "governate" (imp. pl.)
   < IE *walə- "essere forte". Cfr. latino vale:re "essere forte". La radice è presente anche in celtico (es. antico irlandese flaith "signoria" < *wlatis; gallese gwlad "terra, paese" < "*principato").

VOLTAS "girare"
   < IE *welw- "torcere, attorcigliarsi"
La radice è la stessa del latino volvere "volgere, voltare". La morfologia non è chiarissima, forse si tratta di un nome di azione. Si noti la somiglianza della forma sorotaptica con l'esito italiano del latino volgare *volu:ta:re, ossia voltare, donde il sostantivo volta è stato retroformato.

VOS "voi" (acc.)
  < lat. vo:s. Si tratta di un prestito. 

Si noterà che in Italia non ho trovato nessuno che si occupi di questo argomento, che pure è a parer mio così importante. Nel Web tutto ciò che si trova è il testo trascritto, la traduzione di Coromines e il glossario dello stesso; non sono riuscito a reperire nessun lavoro originale. Questo è il commento dell'utente Gastigarra, trovato sul forum Bardulia in Yahoo! Groups:

"Choca que unos textos de una lengua indoeuropea desconocida no hayan tenido, por lo que parece, ningún eco en la indoeuropeística. En fin, el lusitano con sus, creo que tres, breves textos ha generado un número importante de páginas, aunque sea debido principalmente a su naturaleza discutida, pero otra lengua que se supone ofrecería importante información de la situación lingüística en la Europa occidental, y queda enterrada sin mayor comentario."

A parte il fatto che il lusitano è messo appena un po' meglio del sorotaptico in quanto a considerazione accademica, resta da chiedersi cosa abbia spinto la consorteria frammassonica a seppellire questi documenti. A me pare, se devo esser franco, che i testi in questione non abbiano in sé alcun contenuto scandaloso o sconvolgente: sono soltanto reliquie dell'antica religione politeista locale, che era in vigore all'epoca di Roma antica. Chi potrebbe usarli per recare danno a qualcuno? Chi potrebbe credere, ai nostri giorni, che le fonti montane abbiano in sé un'essenza in forma di bellissima ragazza? Al massimo, se anche tra le genti si diffondesse questa devozione arcaica, il risultato principale sarebbe quello di vedere torme di energumeni aggirarsi intorno alle sorgenti in cerca di un pompino.

LA LINGUA LUSITANA

I Lusitani erano un popolo di lingua indoeuropea non celtica, stanziato nel territorio dell'attuale Portogallo e dell'Estremadura. La lingua lusitana era parlata anche dai vicini Vettoni e da qualche altra tribù. È attestata in modo frammentario da alcune interessantissime iscrizioni e da un cospicuo patrimonio onomastico (antroponimi e teonimi) incorporato in iscrizioni in latino. Aveva caratteristiche fonetiche che la rendevano più vicina alle lingue italiche che al celtico, tra cui la presenza del fonema /f/, che in almeno un caso deriva dall'aspirata indoeuropea /bh/. Per fare un esempio, conservava il fonema indoeuropeo /p/: questo tratto è una prova evidente del carattere non celtico, nonostante la presenza di prestiti da lingue celtiche finitime. Ovviamente sono numerosi i dementi nel mondo accademico anglosassone che si orientano verso la definizione del lusitano come lingua celtica, a dispetto di ogni evidenza. "Deve essere celtico, di riffa o di raffa", sembra essere il loro motto.

Le cose sono a mio avviso più semplici di quanto le facciano gli accademici: la lingua lusitana apparteneva alla varietà delle lingue dei Liguri. I Liguri erano attestati nella penisola iberica, nella regione pirenaica e altrove: tra le altre cose esisteva un bacino idrico chiamato Lacus Ligustinus dai Romani, che si trovava nella Turdetania. Se a qualcuno dà fastidio usare la denominazione "Liguri" per un'area più estesa della Liguria storica, dirò e ribadirò che è a mio avviso pienamente legittimo definire "liguri" le lingue indoeuropee dei popoli pre-celtici della Gallia Narbonese e dell'Iberia che avevano le vocali /a/ e /o/ distinte. Valgano i due esempi seguenti: 

Lusitano BORMANICO:
     è attestata la radice borm-, ad esempio nell'idronimo ligure Bormida

Lusitano VEAMINICORI:
     sono attestati i Liguri Veamini: dato l'aspetto assai peculiare della parola, è ben difficile credere che possa trattarsi di una coincidenza.

Le iscrizioni in lingua lusitana a noi note sono attualmente sei, più un certo numero di testi ibridi, ma è ben possibile che saranno scoperte altre testimonianze. Alcune sono trattate da Václav Blažek (Università Masaryk di Brno) e da Krzysztof Tomasz Witczak (Università di Łódź, Polonia) in lavori pubblicati nel Web, soprattutto su Academia.edu, liberamente consultabili e scaricabili.




A questo punto riporto i testi noti con relativa interpretazione. Non va taciuto che la traduzione di questi documenti è tutt'altro che semplice e che tra gli esperti non vi è affatto concordia. Certi lemmi sono autentiche cruces che hanno dato origine a controversie profonde. Ad esempio, Blanca María Prósper (Università di Salamanca) contrasta spesso con Witczak e con Blažek, ma soltanto alcune delle sue innovazioni mi paiono verosimili. Cerco di raccogliere il meglio di quanto è stato proposto e di giustificare le scelte fatte. Nei testi riportati le lettere ricostruite sono comprese tra le parentesi quadre []. Uso il trattino (-) per indicare dove le parole vanno a capo, anche se è ovvio che tale segno all'epoca in cui queste testimonianze furono scritte non esisteva. In diversi casi esistono controversie relative alla ricostruzione e alla lettura di certi caratteri: ho adottato la lettura che mi è parsa più logica e coerente.

1) Iscrizione di Arroyo de la Luz (in precedenza Arroyo del Puerco) I e II: 

AMBATVS
SCRIPSI
CARLAE PRAISOM 
SECIAS . ERBA . MVITIE-
AS
. ARIMO . PRAESO-
NDO . SINGEIE[T]O
INI . AVA[M] . INDI . VEA-
VN . INDI . [V]EDAGA-
ROM . TEVCAECOM
INDI . NVRIM . I[NDI] 
VDE[N]EC . RVRSE[N]CO
AMPILVA
INDI ..
LOEMINA . INDI . ENV
PETANIM . INDI . AR-
IMOM . SINTAMO-
M . INDI . TEVCOM
SINTAMO[M]

"(Io), Ambato, ho scritto*:  in Carula il trattato di amicizia o reciprocità tramite il nobile delegato sia votato in presenza dell'anziana e delle giovani donne, delle spose dei figli e della moglie, e all'esterno in aggiunta delle serve e delle vergini, e senza impeto e del nobiluomo più anziano e del discendente più anziano."
*Introduzione in latino del testo lusitano, conservato come reliquia.
Ho recuperato parte della traduzione di Witczak, ma eliminando le incoerenze che hanno portato Blanca Pr
ósper a proposte alquanto discutibili (vedi nel seguito).

2) Iscrizione di Arroyo de la Luz III:

ISAICCID . RVETI . [
PVPPID . CARLAE . EN-
ETOM . INDI .
NA.[
...CE . IOM .

"Per di qui corre ciò che corrisponde all'entrata per Carla e..."Da quanto sono riuscito a trovare nel Web, sembra che Blanca Prósper abbia dato diverse interpretazioni di questo testo, di cui una simile a quella da me proposta. Mi pare migliore di quella traballante e fumosa fornita da Witczak e da altri, che interpretava ISAICCID come antroponimo, "da *Isaiccis".

3) Iscrizione di Lamas de Moledo:

RVFINVS . ET
TIRO SCRIP-
SERVNT
VEAM(I)NICORI
DOENTI ANGOM
LAMATIGOM
CROVGEAI
MAGA-
REAICOI . PETRANIOI . R-
ADOM . PORGOM IOVEA(I)
CAELOBRIGOI

"Rufino e Tirone hanno scritto*: il popolo dei Veamini offre un agnello da Lamas al dio Crougias Magareaicos Petranios e anche un maiale al dio Ioveas Caelobrigos."
N.B. Alcuni leggono PETRAVIOS anziché PETRANIOS.
*Introduzione in latino del testo lusitano, conservato come reliquia. 

4) Iscrizione di Cabeço de Frágoas: 

OILAM . TREBOPALA .
INDI . PORCOM . LAEBO .
COMAIAM . ICCONA
. LOIM-
INNA . OILAM . VSSEAM .
TREBARVNE . INDI . TAVROM
IFADEM ...
REVE . [T]RE ...

"Una pecora per Trebopala (Pietra del Villaggio) e un porco ai Lari, una (scrofa) gravida per Iccona Loiminna (Dea Cavalla Vergine), una pecora di un anno a Trebarune (Segreto del Villaggio) e un toro da monta a Giove..."

5) Iscrizione di Arronches (aka iscrizione di Ribeira de Venda): 

[- - - - - -] AM . OILAM . ERBAM [---]
HARASE . OILA . X . BROENEIAE . H[------]
[....]OILA . X . REVE AHARACVI . TAV[---]
IFATE . X . BANDI HARACVI AV[---]
MVNITIE CARIA CANTIBIDONE•[--
APINVS . VENDICVS . ERIACAINV[S]
OVGVI[-]ANI
ICCINVI . PANDITI . ATTEDIA . M . TR
PVMPI . CANTI . AILATIO

"... una pecora scura ... a Harase pecore dieci a Broeneia ... pecore dieci a Giove Aharacus, tori da monta dieci a Marte Haracus ... al monte Caria Cantibidone (Roccia dai Cento Canali), Apinus Vendicus Eriacainus ... a Iccinus (Dio Cavallo) per Attedia (figlio di) Panditus, M. Tr. cinquecento per Aelatius"
Alcuni antroponimi come Eriacainus (< eri- "molto" + a:cu- "veloce") e Attedia sono tipicamente celtici e presentano caratteri incompatibili con la lingua nativa.

6) Iscrizione di Viseu: 

DEIBABOR
IGO
DEIBOBOR
VISSAIEIGO-
BOR
ALBINVS
CHAEREAE
F
V S L M

"Alle Dee e agli Dei Vissaeigi (Sapienti), Albinus figlio di Chaera, V(otum) S(olvit) L(ibens) M(erito)."
La parte finale è in latino.

Analisi dei lemmi delle iscrizioni:

AMPILVA "serve" (acc. pl.)
La protoforma deve essere *ambhi-kwel-wa:-ns, essendosi l'uscita in -ns dell'acc. pl. dileguata in lusitano. Il termine corrisponde al latino ancilla, con la sola differenza del suffisso -VA.

ANGOM "agnello" (acc.)
Deriva da *agwno-, con metatesi avvenuta dopo la delabializzazione dell'occlusiva labiovelare. Il parente latino di questa parola è chiaramente agnus.

ARIMO "tramite il nobile" (strum.)
ARIMOM "il nobile" (acc.) 
Si trovano paralleli in indoario (sanscrito arya- "signore", a:rya- "ariano") e in celtico (es. antico irlandese aire, gen. airech "principe"; antroponimo gallico Ariomanus; leponzio ARIVONEPOS "ai nobili").

AVAM "anziana" (acc.)
Cfr. latino ava "nonna".

BANDI "a Marte" (dat.)
Teonimo attestato con numerose varianti, es. BANDVA, BANDVAE, BANDE (dat.). Il carattere guerresco della divinità è confermato dall'iscrizione DEO VEXILLOR(VM) MARTIS SOCIO BANDVAE, ma ovviamente questo per la Prósper non rileva. Sembra che in alcuni casi lo stesso epiteto sia attribuito a una divinità femminile, con ogni probabilità l'equivalente lusitano di Eris. L'etimologia è molto discussa, anche se a me pare abbastanza chiara la sua vicinanza al proto-germanico *banēn "uccisore" (IE *bhen-, secondo altri *gwhen-

CANTI "cento"
CANTIBIDONE "Cento Canali" (dat.)
L'esito del numerale IE è molto simile a quello riscontrato in celtico. In altre iscrizioni ricorre la forma BOREA CANTIBIDONIESI, dove BOREA (attestato altrove come BORA) significa "montagna" < *gwer-, cfr. sanscrito giri- "montagna".

CARLAE "a Carula" (loc.)
CARIA "a Caria" (dat.)
Il toponimo lusitano trascritto in latino come Carula è derivato, come l'oronimo/teonimo Caria, dalla radice pre-IE *kar- "pietra, roccia", che si trova nella glossa ligure caris, cararis "nomen saxi" e nel basco harri "pietra".

COMAIAM "scrofa gravida" (acc.) 
Si trova una splendida corrispondenza nell'umbro si(f) gomiaf "scrofe gravide" (lat. sues gravidas).

DEIBABOR "alle Dee" (dat. pl.)   
DEIBOBOR "agli Dei" (dat. pl.)
A causa del loro aspetto fonetico, si capisce che queste parole sono di origine celtica. Si noti la desinenza del dativo plurale in -bor (rotacismo da un precedente -*bos < IE -*bhos), in luogo dell'usuale -bo, il che fa pensare a una certa molteplicità di forme locali.

DOENTI "essi hanno offerto" (lett. "hanno posto") 
Dalla radice IE *dhe:- "porre". La radice IE *do:- "dare" avrebbe con ogni probabilità dato un esito in r-.

ENETOM "entrata" 
Un composto di EN- "in" e di un derivato di IE *ei- "andare". Quasi identico al latino initus e initium.

ENV PETANIM "senza impeto"  
Inaccettabile il tentativo di Witczak di ricondurre la parola PETANIM alla radice IE *poti- "signore", "potere", che non conosce in alcun caso l'apofonia con -e-. Blažek riporta l'etimologia di Witczak, ma fa notare la sua improbabilità. Blanca Prósper se ne esce con un assurdo accostamento a un lemma venetico, ECVPETARIS "tomba, monumento" (e varianti; < *ekwo-t- "cavaliere" + *petaris "lapide, pietra"), che non c'entra assolutamente nulla. L'unica possibilità è accettare l'interpretazione ENV "senza" e  ricondurre PETANIM a IE *pet-, che troviamo anche nel latino petere "andare contro", petulans "aggressivo".

ERBA "o"
Paralleli nelle lingue baltiche evidenziati da Blažek. Inaccettabile la proposta di Blanca Pr
ósper di vedervi un verbo. Se il lusitano conserva -d, a maggior ragione conserverà la desinenza di III persona sing. secondaria dei verbi, che in italico si è mutata in -d. Evidentemente la somiglianza con l'aggettivo ERBAM "scura" (acc.) è solo casuale.

ICCONA "per la Dea Cavalla"
ICCINVI "al Dio Cavallo" (dat.)
Sono teonimi derivati da IE *ek'wo- "cavallo", che dà come esito in lusitano anche EQV- (vedi EQVEVNVBO). Simili forme si trovano anche in gallico. 

IFADEM "da monta" (acc.)  
IFATE "da monta" (acc. pl.) 
Resto dell'idea tradizionale di una derivazione di questo lemma da IE *eibh- "copulare". Trovo insostanziali le obiezioni della Prósper, che ha elaborato una diversa e contorta etimologia, convincendo a quanto pare anche Francisco Villar.

INDI "e" 
Ottimi paralleli in germanico e in sanscrito, senza dimenticare le forme latine inde "di là; quindi", unde "da dove". La forma portoghese ainda "ancora", irriducibile al latino volgare, ha senza dubbio origini lusitane, pre-celtiche.

INI "davanti a, in presenza di, con" (+ accusativo) 
Semplicemente deriva da IE *eni "in": la prima vocale è divenuta i- per influsso della seconda, come in molte altre lingue IE. Nei composti si trova invece EN- (vedi ENETOM).
Assolutamente insensata l'idea di Witczak di attribuire questo lemma a IE *win- "senza": in lusitano sappiamo ormai che IE /w/ non si dilegua in inizio parola, ma soltanto in posizione mediana e in modo non sistematico.
Assurda l'idea di Blanca Prósper, che non sapendo spiegare questo INI lo ritiene un errore per INDI "e". La mia traduzione annulla la principale obiezione posta dalla stessa Prósper al carattere dell'iscrizione e di conseguenza a numerose etimologie di Witczak.

ISAICCID "per di qui" (abl.)
Una forma pronominale bizzarra, che presenta tuttavia paralleli solidi nelle lingue italiche, come evidenziato dalla Prósper, la cui proposta accolgo senz'altro.

LAEBO "ai Lari" (dat. pl.) 
Deriva da un più antico *la:sebo(s), come latino La:ribus. È sorprendente trovare questa forma in un'area tanto lontana dall'Italia, dato che è verosimile la sua origine etrusca. Questo può soltanto confermare che la lingua dei Lusitani si è espansa a partire dalla nostra Penisola in epoca non troppo remota. Esiste anche la forma LAEPO, che conferma la lettura con -AE- e confuta coloro che propongono di leggere *LABBO. 

LAMATIGOM "di Lamas" (agg. acc.)
La forma di sostrato la:ma "stagno, acquitrino", attestata in latino, si ritrova massicciamente in Etruria e in Iberia. Questo lemma sarà discusso in modo approfondito in altra sede.  

LOEMINA "vergini" (acc. pl.) 
LOIMINNA "Vergine" (dat.) 
Anche se obtorto collo, accolgo l'accostamento di LOEMINA e LOIMINNA con il teonimo prussiano Laime, tradotto come "Virgen" e attribuito anche alla Madonna. Non è possibile invece accettare la traduzione eseguita da Villar, che faceva derivare LOIMINNA dalla stessa radice del latino lu:men, che è però da *louk-s-men e che non è un parallelo possibile per il lemma lusitano.

MVITIEAS "di reciprocità" (gen.)
Stessa etimologia del latino mu:tuus < *moitwos.

MVNITIE "al monte" (dat.)
Stessa etimologia del latino mo:ns, gen. montis "monte". Paralleli si trovano anche in celtico (es. gallese mynydd "monte" < *monijo-).

NVRIM "donna" (acc.)
Blanca Prósper ricostruisce un improbabile *newṛyom, a cui attribuisce il signifiato di "campo nuovo". Questo perché si è sentita offesa e mortificata nelle sue convinzioni femministe a causa della traduzione di Witczak. Politica e ideologia devono stare fuori dalla Scienza. Witczak e Blažek connettono questo lemma al sancrito na:ri:- "donna" < IE *(H2)no:ri:-, cosa che trovo del tutto ragionevole. 

OILAM "pecora" (acc.)  OILAM ERBAM "pecora scura" (acc.)  OILAM VSSEAM "pecora di un anno" (acc.) 
OILA X "pecore dieci" (acc. pl.)
La protoforma dello zoonimo è *owila-, che ha la stessa radice del latino ovis. Si noti la scomparsa di /w/ intervocalica. L'aggettivo ERBAM ha la stessa origine del proto-germanico *irpaz "marrone; scuro". L'aggettivo VSSEAM viene da un grado ridotto di IE *wet- "anno", con l'aggiunta di un suffisso sigmatico. 

PORCOM, PORGOM "porco" (acc.) 
Concorda con la forma latina, mentre si distacca dal celtico, che non ha /p/ (es. antico irlandese orc "maialino").

PRAISOM "trattato, patto"
PRAESONDO "delegato" (dat.)
La Prósper rinfaccia a Witczak una contraddizione dell'ipotesi del dileguo di -s- intervocalica esibendo queste forme, che l'autore confronta con un composto sancrito pra- "innanzi" + eṣa- "affrettarsi, corsa". Il punto è che PRAISOM viene più semplicemente da un precedente PRAIDTOM, simile al latino praeditum "posto innanzi"

PVMPI "cinque" 
L'evoluzione del numerale IE presenta esiti affini all'italico e al celtico (es. osco pompe, gallese pump "cinque")

PVPPID "qualsiasi"
Notevole forma pronominale, che risale a un IE *kwodkwid. In sanscrito esiste un esito simile della stessa protoforma IE: kaccit.

RADOM "quindi"
Una particella formata con lo stesso suffisso del latino etiamdum "ancora", interdum "a volte", nondum "non ancora", che corrisponde al suffisso greco -δόν in μοναδόν "soltanto; da solo" e in altre forme. Per quanto riguarda la base, Blažek evidenzia paralleli in greco e in baltico.

REVE "a Giove" (dat.) 
Deriva da *dyew-, con rotacismo iniziale. Sono attestate le varianti REVVE e REO (dat.). Rigetto senza dubbio l'ipotesi avanzata dalla Prósper, che attribuisce a questo teonimo la stessa etimologia del latino ri:vus "fiume".

RVETI "corre" (III pers. s.)
Il corrispondente latino è ruit "si affretta, corre".

RVRSENCO "di seguito" (avv.)
Il suffisso è restaurato come -ENCO, anche se recentemente è stata proposta una lettura RVRSEAICO, fondata con ogni probabilità sull'abbondanza del suffisso -AICO-, -AECO- nella lingua (tuttavia, a parer mio non sequitur). La protoforma deve essere *re-wṛt-t-, proprio come quella del latino rursus "inoltre, in aggiunta". Si noterà la presenza del prefisso *re-, che è una realtà non ricostruibile a livello IE.

SECIAS "di amicizia" (gen.)
Corrisponde al latino socius e al sanscrito sakhi- "amico". Vero è che la radice d'origine conteneva una labiovelare -kw-, ma questa si è semplificata perdendo l'elemento labiale per via della semiconsonante palatale seguente. Uno sviluppo che è avvenuto anche in latino. In lusitano dovette avvenire prima della labializzazione, è ovvio. Non convince l'interpretazione della Prósper.  

SINGEIETO "sia votato" (imp.)
L'uscita in -TO è simile a quella dell'imperativo futuro latino e funziona allo stesso modo. La radice è una forma nasalizzata di IE *seg- "fissare", con paralleli in sanscrito e in baltico.

SINTAMOM "il più anziano" (acc.) 
Chiaramente dalla radice IE *sen- che si trova anche in latino senex e in celtico (es. gallico seno-, gallese hen). Si noti l'alterazione della vocale tonica, causata dal nesso consonantico.

TAVROM "toro" (acc.) 
Concorda con la forma latina, mentre si distacca dal celtico, che ha *tarwo- (es. antico irlandese tarb "toro"). Troviamo però la forma TARBOVM, che penso essere un genitivo plurale, in un'iscrizione ibrida.

TEVCOM "figlio; discendente" (acc.)
TEVCAECOM "dei figli" (agg. n.)
Un notevole arcaismo, parallelo al sanscrito tokam "progenie; bambino".

TREBOPALA "per la Pietra del Villaggio"
TREBARUNE "per il Segreto del Villaggio" 
Il termine pala si trova nella toponomastica ligure ed è attestato in leponzio col senso di "lapide". Per una trattazione dettagliata dell'argomento rimando ad altra sede. La radice di -rune ha riscontro in celtico e in germanico. 

VDENEC "e all'esterno, al di fuori" (avv.)
Riconosco l'etimologia data da Witczak, parallela al proto-germanico *u:tana- "fuori", ma non attribuisco a questa forma un significato di esclusione. Alcuni suggeriscono una lettura VDEAEC, che mi pare improbabile. Il suffisso -C lo attribuisco a un esito di un precedente -*kwe, che anche in gallico si semplifica in -c

VEAMINICORI "il popolo dei Veamini" (nom. pl.)
La forma -CORI "popolo, tribù" ha la stessa origine del celtico -CORII che troviamo nel nome dei VOCORII "Due Tribù", dei TRICORII "Tre Tribù" e dei PETRUCORII "Quattro Tribù". Tale radice è presente anche in germanico (*χarja- "esercito"), con esiti ben noti.
Il nome dei VEAMINI siginifica "Forti, Potenti", ed è da IE *weyə-, *wi:- "forza, potere", che tra le altre cose vive nel latino vi:s "forza".

VEAVN "giovani donne" (acc. pl.)
Da una protoforma *we:su- (cfr. sanscrito va:su:- "giovane donna"), con scomparsa della sibilante e con dittongazione. Prima la Prósper urla allo scandalo per la perdita della finale -*s dell'accusativo plurale, per poi riconoscere che l'intera desinenza -*ns si è dileguata ad esempio in IFATE. Esempi di dileguo di -s- intervocalica non mancano (vedi EQVEVNVBO).

VEDAGAROM "le spose" (coll. n.) 
La radice presenta paralleli nelle lingue baltiche. Il suffisso -AROM è un collettivo.

Alcuni teonimi e antroponimi attestati: 

CADOGO(M) "Bellicoso" Un notevole epiteto di BANDVA, ossia di Marte. Cfr. gallico catu- "battaglia", attestato in numerosi antroponimi (antico irlandese cath "battaglia", etc.) 

EQVEVNVBO "ai Figli del Cavallo" (teon., dat. pl.)
Deriva da un precedente *ekwei-sunu-bo(s), dove *sunu- significa "figlio", come in germanico.

PARAMAECO "al Dio dei Monti" (dat.)
Cfr. sanscrito parama- "supremo". Il vocabolo spagnolo páramo "monte, deserto montano" vive tuttora ed è di origine pre-celtica. 

QVANGEIO "(Simile al) Cane" (dat.)
Proviene da IE k'wṇ- "cane" (grado apofonico ridotto), come proposto da Blanca Prósper, la cui analisi condivido appieno. 

ROVDEAECO(M) "il Rosso"
Un notevole epiteto di BANDVA, ossia di Marte. La radice IE *roudh- mostra un esito molto simile in celtico.  

TOVDOPALANDAIGAE "a (quella della) Grande Pietra della Tribù" (dat.)
La radice IE *teuto- mostra un esito molto simile in celtico.

Prospetto dei mutamenti noti (modificato ed integrato a partire dallo schema riportato da Blažek): 

IE > Lusitano
*p > p : PARAMAECO, PORCOM, PORGOM,
          PRAISOM
     > b : BLETISAMA
*b > b : TREBOPALA, TREBARVNA, ABNE
*bh > b : LAEBO, EQVEVNVBO, DEIBOBOR  
       > f : IFADEM
*t > t : TAVROM, TEVCOM, TOVDADIGO,
           RVETI, DOENTI
    > d : TOVDOPALANDAIGAE, CADOGO
*d > r : REVE, VER(R)ORE  
     > d : DEIBOBOR, DEIBABOR (< celt.)
*dh > d
: DOENTI, ROVDAECO,
            FIDVENEARVM
*k > c : TEVCOM, VEAMINICORI 
*g > g : SINGEIETO
*gh > h : mancano esempi chiari  
*kw > p : PVPPID, AMPILVA
*kw / *k'w > cc, qu : ICCONA, EQVEVNVBO,
        QVANGEIO
*gw > b : BOVANA, BOVECIVS 
       > g
: ANGOM  (< IE *agwno-)
*gwh > b : BORMANICO, BORMANO 
*k' > c, g : PORCOM, PORGOM
*g' > g : REGONI
*g'h : mancano esempi chiari 
*s > s (iniziale) : SECIAS, SINGEIETO,
          SINTAMOM
    > -Ø- (mediano) : EQVEVNVBO, LAEBO
*m > m : ARIMOM, MVITIEAS
*n > n : NVRIM, ANGOM, ICCONA, ICCINVI 
*l > l : LAEBO, OILAM, TREBOPALA
*r > r : RVETI, NVRIM, PORCOM, TAVROM
*ṃ > am : SINTAMOM
       > em : IFADEM
*ṇ > an : CANTI, CANTIBIDONE, QVANGEIO 
      > en : IFATE       
*ḷ > ul : COROBVLTI  
*ṛ > ur : RVRSENCO  
*y > i : IOM, SINGEIETO
*w > v (iniziale) : VEAVN, VER(R)ORE
       > f (iniziale) : FIDVENEARVM
       > b (mediano) : DEIBABOR, DEIBOBOR
       > -Ø- (mediano) : OILAM
*a > a : ANGOM, AVAM; LAEBO
*e > e : ENETOM, ERBA, TREBOPALA 
     > i : INI, ICCONA, SINTAMOM
*o > o : OILAM; ICCONA, PORCOM
*i > i : ARIMOM, DOENTI
*u > u : VSSEAM; RVETI
*a: > a : LAMATICOM 
*e: > e : REGONI
     > ea : VEAVN
*o: > o : REGONI
      > u : NVRIM
*i: > i : NVRIM 
*u: > u
: TREBARVNE
      > o : TREBARONNE 
*ai > ai / ae
: PRAISOM, PRAESONDO
*ei > ei : DEIBABOR, DEIBOBOR
     > e : ENETOM, EQVEVNVBO 
*oi > oi / oe : LOIMINNA, LOEMINA
*au > au : TAVROM
*eu > ou : TOVDOPALANDAIGAE
*ou > ou
: ROVDEAECO

domenica 9 aprile 2017

LA SALMONELLA DEGLI AZTECHI: UN NUOVO CASO DI DEMENZA ACCADEMICA


Dopo la ridicola favola dei moderni Amerindiani venuti dalla Spagna e privi di continuità genetica con gli Amerindiani antichi, ecco un'altra baggianata altrettanto eclatante: gli Aztechi sarebbero stati sterminati dalla salmonella! Udite, udite! 

Numerosi quotidiani online e persino riviste scientifiche hanno pubblicato con titoloni altisonanti quella che - mi si perdoni il francesismo - è un'autentica stronzata:






Tutto questo nonostante si sappia per certo da secoli che la epidemia devastatrice del 1520 fu causata dal vaiolo.

La notizia della catastrofica epidemia di salmonella, tutt'altro che scientifica, è comparsa in concomitanza con una nuova idea, che attribuisce al vaiolo origini recenti. Purtroppo la famiglia dei chierici traditori è estesissima, ramificata e dura a morire. Sul finire del 2016 il biologo Hendrik Poinar avrebbe ricostruito la genealogia del Variola virus facendolo scaturire in un'epoca compresa tra il 1530 e il 1645. Anche ammettendo che la data valida sia il 1530, si tratterebbe pur sempre di un decennio dopo la prima comparsa del vaiolo nel Messico e circa nove anni dopo la distruzione dell'Impero Azteco, avvenuta nel 1521 con il massacro di Tlatelolco e la cattura dell'ultimo Imperatore (Huei Tlahtoani) di Mexico-Tenochtitlan, Cuauhtemoc. 


In realtà non fu una sola epidemia esiziale a determinare il collasso demografico dei nativi in Messico: le morie di massa furono almeno tre. 

Prima epidemia:
1) Esplose nel 1520, portata dagli uomini di Cortés;
2) È descritta dai cronisti spagnoli come vaiolo (viruelas);
3) In lingua Nahuatl la malattia è chiamata zahuatl (pron. /'sawatɬ/);
4) Si stima che abbia fatto 8 milioni di morti.
5) Ha determinato il crollo dell'Impero Azteco. 

Seconda epidemia:
1) Esplose nel 1945, colpendo quasi soltanto i nativi;
2) Imperversò per quattro anni; 
3) I sintomi presentavano caratteristiche anomale, come emorragie e ittero;
4) In lingua Nahuatl la malattia è chiamata cocoliztli (pron. /koku:'listɬi/);
5) Si stima che abbia fatto 12 milioni di morti; 
6) Mortalità: 80% (Acuna-Soto, 2000).

Terza epidemia:
1) Esplose nel 1976, colpendo quasi soltanto i nativi;
2) Imperversò per due anni; 
3) Oltre ai sintomi dell'epidemia del 1945, ne sono descritti numerosi altri, come
lingua nera, orina nera o verde mare, epatomegalia (ingrossamento del fegato), splenomegalia (ingrossamento della milza);
4) In lingua Nahuatl la malattia è chiamata cocoliztli (vedi sopra);
5) Si stima che abbia fatto 2 milioni di morti;
6) Mortalità: 45,5 % (Acuna-Soto, 2000). 

Nel Codice Fiorentino, scritto in lingua Nahuatl e in spagnolo tra il 1545 e il 1590, quindi contemporaneamente alla seconda e alla terza epidemia, si descrive accuratamente il quadro clinico del vaiolo del 1520. Il volume contiene persino illustrazioni che non lasciano adito a dubbi: la malattia chiamata zahuatl è il vaiolo portato dall'Europa. La malattia chiamata cocoliztli, vocabolo tradotto in genere con "pestilenza", è stata riconosciuta come diversa dal vaiolo, sia dai medici aztechi che da quelli spagnoli. Avendo appreso la lingua Nahuatl, mi sento di fare alcune precisazioni. I Messicani non conoscevano parole per indicare le malattie epidemiche prima dell'arrivo dei Conquistadores, per il semplice fatto che non ne esistevano. Così per designarle hanno usato termini preesistenti la cui semantica non era adatta. La parola zahuatl si traduce con "eruzione cutanea" e può indicare di tutto, anche un foruncolo - con la sola eccezione della sifilide, che era chiamata nanahuatl /na'na:wa:tɬ/. La parola cocoliztli è un derivato astratto in -liztli formato dal verbo cocoya /ko'ku:ja/ "egli sta male", e va tradotto con "malattia". Così abbiamo cocolizcui /koku:'liskwi/ "egli si ammala", ossia "egli prende una malattia". Notevole è poi cihuah incocoliz /'siwaʔ i:nko'ku:lis/ "mestruazioni", i.e. "malattia delle donne". Nella lingua degli Aztechi è cocoliztli ogni malattia. Per maggior chiarezza, si trovano nei testi le forme huei zahuatl "vaiolo" e huei cocoliztli "pestilenza", con l'aggettivo huei /we:i/ che significa "grande". Come dire "la Grande Eruzione" e "la Grande Malattia", una scelta perfettamente logica. Troviamo anche yancuic huei cocoliztli "la nuova grande malattia"

Il sintomo principale che caratterizza la prima epidemia rispetto alle altre due è proprio la pelle dei malati che si copriva interamente di pustole piene di liquido, tanto maligne da aggredire anche gli occhi. Una caratteristica propria del vaiolo, che permette di identificarlo senza alcun dubbio. Nell'opera di Bernal Díaz del Castillo, Historia verdadera de la conquista de la Nueva España, il vaiolo è menzionato ben cinque volte. Un brano molto significativo è il seguente: 

"Y volvamos ahora a Narváez y a un negro que traía lleno de viruelas, que harto negro fue para la Nueva España, que fue causa que se pegase e hinchiese toda la tierra de ellas, de lo cual hubo gran mortandad, que, según decían los indios, jamás tal enfermedad tuvieron, y como no la conocían, lavábanse muchas veces, y a esta causa se murieron gran cantidad de ellos. Por manera que negra la ventura de Narváez, y más negra la muerte de tanta gente sin ser cristianos." 

I sintomi descritti per la seconda e la terza epidemia hanno invece una natura diversa, emorragica anziché eruttiva. In ogni caso nulla della sintomatologia, riportata da fonti contemporanee ai fatti, ha qualcosa a che vedere con gli effetti di un'infezione da salmonella.

Gli accademici che si sono occupati di queste epidemie sembrano essersi dimenticati di un fatto molto semplice: esiste il vaiolo emorragico, una variante meno comune rispetto al vaiolo ordinario.

I sintomi atipici a questo punto hanno due spiegazioni possibili: 

1) Il vaiolo, comparso nel 1520, ha subìto una mutazione che ha prodotto caratteristiche emorragiche, danni epatici (donde l'ittero acutissimo) e danni renali (donde le orine molto scure);
2) Il vaiolo emorragico ha fatto la sua comparsa assieme ad altre malattie, dando origine a un quadro patologico complesso, definibile come coinfezione

Questa invece è la logica fallace adoperata dai sostenitori della salmonellosi catastrofica:

1) Si scopre la salmonella in uno stronzo che risale al XVI secolo;
2) Si nega l'esistenza del vaiolo; 
3) Si proclama la natura assoluta dell'agente patogeno contenuto nello stronzo;
4) Le fonti dell'epoca sono dichiarate irrilevanti;
5) Si giunge a una conclusione indebita: la pistola fumante è proprio lo stronzo in questione.

Chiunque sia dotato di senno capirebbe che la presenza della salmonella nei resti di escremento non nega di per sé l'azione del vaiolo e non significa nulla: si deduce soltanto che gli Spagnoli erano zozzoni puzzolenti e coprofagi che hanno portato nel Nuovo Mondo una gran varietà di porcherie immondissime. Se l'Imperatore Cuitlahuac, succeduto a Montezuma II (Moteuczumah Xocoyotzin), è morto di vaiolo e la descrizione dell'accaduto lo conferma, non può essere morto di salmonellosi solo perché da qualche parte di scopre la salmonella: tra le due cose non esiste alcun nesso. Allo stesso modo, se si scopre l'evidenza della peste bubbonica in qualche resto umano, non per questo motivo Cuitlahuac sarà morto di peste. 

Oltre ai partigiani della salmonella, le cui tesi sono assurdità, ci sono anche studiosi convinti che le epidemie del 1545 e del 1476 siano attribuibili a agenti patogeni in grado di causare emorragie e ritenuti indigeni, descritti come hantavirus, flavivirus, arenavirus o filovirus (a quest'ultima classe appartengono Ebola e il virus Marburg). Negli ultimi anni questa idea sta guadagnando un certo sostegno nel mondo accademico. Vediamo tuttavia che l'incredibile mortalità causata dalla malattia tremenda che si è abbattuta sul Messico è tipica di popolazioni prive di difese immunitarie, il che rende la proposta dei virus nativi a dir poco improbabile.

P.S.
I giornalisti di Repubblica avrebbero anche potuto scrivere correttamente Cortés anziché Cortez.