domenica 9 aprile 2017

LA SALMONELLA DEGLI AZTECHI: UN NUOVO CASO DI DEMENZA ACCADEMICA


Dopo la ridicola favola dei moderni Amerindiani venuti dalla Spagna e privi di continuità genetica con gli Amerindiani antichi, ecco un'altra baggianata altrettanto eclatante: gli Aztechi sarebbero stati sterminati dalla salmonella! Udite, udite! 

Numerosi quotidiani online e persino riviste scientifiche hanno pubblicato con titoloni altisonanti quella che - mi si perdoni il francesismo - è un'autentica stronzata:






Tutto questo nonostante si sappia per certo da secoli che la epidemia devastatrice del 1520 fu causata dal vaiolo.

La notizia della catastrofica epidemia di salmonella, tutt'altro che scientifica, è comparsa in concomitanza con una nuova idea, che attribuisce al vaiolo origini recenti. Purtroppo la famiglia dei chierici traditori è estesissima, ramificata e dura a morire. Sul finire del 2016 il biologo Hendrik Poinar avrebbe ricostruito la genealogia del Variola virus facendolo scaturire in un'epoca compresa tra il 1530 e il 1645. Anche ammettendo che la data valida sia il 1530, si tratterebbe pur sempre di un decennio dopo la prima comparsa del vaiolo nel Messico e circa nove anni dopo la distruzione dell'Impero Azteco, avvenuta nel 1521 con il massacro di Tlatelolco e la cattura dell'ultimo Imperatore (Huei Tlahtoani) di Mexico-Tenochtitlan, Cuauhtemoc. 


In realtà non fu una sola epidemia esiziale a determinare il collasso demografico dei nativi in Messico: le morie di massa furono almeno tre. 

Prima epidemia:
1) Esplose nel 1520, portata dagli uomini di Cortés;
2) È descritta dai cronisti spagnoli come vaiolo (viruelas);
3) In lingua Nahuatl la malattia è chiamata zahuatl (pron. /'sawatɬ/);
4) Si stima che abbia fatto 8 milioni di morti.
5) Ha determinato il crollo dell'Impero Azteco. 

Seconda epidemia:
1) Esplose nel 1945, colpendo quasi soltanto i nativi;
2) Imperversò per quattro anni; 
3) I sintomi presentavano caratteristiche anomale, come emorragie e ittero;
4) In lingua Nahuatl la malattia è chiamata cocoliztli (pron. /koku:'listɬi/);
5) Si stima che abbia fatto 12 milioni di morti; 
6) Mortalità: 80% (Acuna-Soto, 2000).

Terza epidemia:
1) Esplose nel 1976, colpendo quasi soltanto i nativi;
2) Imperversò per due anni; 
3) Oltre ai sintomi dell'epidemia del 1945, ne sono descritti numerosi altri, come
lingua nera, orina nera o verde mare, epatomegalia (ingrossamento del fegato), splenomegalia (ingrossamento della milza);
4) In lingua Nahuatl la malattia è chiamata cocoliztli (vedi sopra);
5) Si stima che abbia fatto 2 milioni di morti;
6) Mortalità: 45,5 % (Acuna-Soto, 2000). 

Nel Codice Fiorentino, scritto in lingua Nahuatl e in spagnolo tra il 1545 e il 1590, quindi contemporaneamente alla seconda e alla terza epidemia, si descrive accuratamente il quadro clinico del vaiolo del 1520. Il volume contiene persino illustrazioni che non lasciano adito a dubbi: la malattia chiamata zahuatl è il vaiolo portato dall'Europa. La malattia chiamata cocoliztli, vocabolo tradotto in genere con "pestilenza", è stata riconosciuta come diversa dal vaiolo, sia dai medici aztechi che da quelli spagnoli. Avendo appreso la lingua Nahuatl, mi sento di fare alcune precisazioni. I Messicani non conoscevano parole per indicare le malattie epidemiche prima dell'arrivo dei Conquistadores, per il semplice fatto che non ne esistevano. Così per designarle hanno usato termini preesistenti la cui semantica non era adatta. La parola zahuatl si traduce con "eruzione cutanea" e può indicare di tutto, anche un foruncolo - con la sola eccezione della sifilide, che era chiamata nanahuatl /na'na:wa:tɬ/. La parola cocoliztli è un derivato astratto in -liztli formato dal verbo cocoya /ko'ku:ja/ "egli sta male", e va tradotto con "malattia". Così abbiamo cocolizcui /koku:'liskwi/ "egli si ammala", ossia "egli prende una malattia". Notevole è poi cihuah incocoliz /'siwaʔ i:nko'ku:lis/ "mestruazioni", i.e. "malattia delle donne". Nella lingua degli Aztechi è cocoliztli ogni malattia. Per maggior chiarezza, si trovano nei testi le forme huei zahuatl "vaiolo" e huei cocoliztli "pestilenza", con l'aggettivo huei /we:i/ che significa "grande". Come dire "la Grande Eruzione" e "la Grande Malattia", una scelta perfettamente logica. Troviamo anche yancuic huei cocoliztli "la nuova grande malattia"

Il sintomo principale che caratterizza la prima epidemia rispetto alle altre due è proprio la pelle dei malati che si copriva interamente di pustole piene di liquido, tanto maligne da aggredire anche gli occhi. Una caratteristica propria del vaiolo, che permette di identificarlo senza alcun dubbio. Nell'opera di Bernal Díaz del Castillo, Historia verdadera de la conquista de la Nueva España, il vaiolo è menzionato ben cinque volte. Un brano molto significativo è il seguente: 

"Y volvamos ahora a Narváez y a un negro que traía lleno de viruelas, que harto negro fue para la Nueva España, que fue causa que se pegase e hinchiese toda la tierra de ellas, de lo cual hubo gran mortandad, que, según decían los indios, jamás tal enfermedad tuvieron, y como no la conocían, lavábanse muchas veces, y a esta causa se murieron gran cantidad de ellos. Por manera que negra la ventura de Narváez, y más negra la muerte de tanta gente sin ser cristianos." 

I sintomi descritti per la seconda e la terza epidemia hanno invece una natura diversa, emorragica anziché eruttiva. In ogni caso nulla della sintomatologia, riportata da fonti contemporanee ai fatti, ha qualcosa a che vedere con gli effetti di un'infezione da salmonella.

Gli accademici che si sono occupati di queste epidemie sembrano essersi dimenticati di un fatto molto semplice: esiste il vaiolo emorragico, una variante meno comune rispetto al vaiolo ordinario.

I sintomi atipici a questo punto hanno due spiegazioni possibili: 

1) Il vaiolo, comparso nel 1520, ha subìto una mutazione che ha prodotto caratteristiche emorragiche, danni epatici (donde l'ittero acutissimo) e danni renali (donde le orine molto scure);
2) Il vaiolo emorragico ha fatto la sua comparsa assieme ad altre malattie, dando origine a un quadro patologico complesso, definibile come coinfezione

Questa invece è la logica fallace adoperata dai sostenitori della salmonellosi catastrofica:

1) Si scopre la salmonella in uno stronzo che risale al XVI secolo;
2) Si nega l'esistenza del vaiolo; 
3) Si proclama la natura assoluta dell'agente patogeno contenuto nello stronzo;
4) Le fonti dell'epoca sono dichiarate irrilevanti;
5) Si giunge a una conclusione indebita: la pistola fumante è proprio lo stronzo in questione.

Chiunque sia dotato di senno capirebbe che la presenza della salmonella nei resti di escremento non nega di per sé l'azione del vaiolo e non significa nulla: si deduce soltanto che gli Spagnoli erano zozzoni puzzolenti e coprofagi che hanno portato nel Nuovo Mondo una gran varietà di porcherie immondissime. Se l'Imperatore Cuitlahuac, succeduto a Montezuma II (Moteuczumah Xocoyotzin), è morto di vaiolo e la descrizione dell'accaduto lo conferma, non può essere morto di salmonellosi solo perché da qualche parte di scopre la salmonella: tra le due cose non esiste alcun nesso. Allo stesso modo, se si scopre l'evidenza della peste bubbonica in qualche resto umano, non per questo motivo Cuitlahuac sarà morto di peste. 

Oltre ai partigiani della salmonella, le cui tesi sono assurdità, ci sono anche studiosi convinti che le epidemie del 1545 e del 1476 siano attribuibili a agenti patogeni in grado di causare emorragie e ritenuti indigeni, descritti come hantavirus, flavivirus, arenavirus o filovirus (a quest'ultima classe appartengono Ebola e il virus Marburg). Negli ultimi anni questa idea sta guadagnando un certo sostegno nel mondo accademico. Vediamo tuttavia che l'incredibile mortalità causata dalla malattia tremenda che si è abbattuta sul Messico è tipica di popolazioni prive di difese immunitarie, il che rende la proposta dei virus nativi a dir poco improbabile.

P.S.
I giornalisti di Repubblica avrebbero anche potuto scrivere correttamente Cortés anziché Cortez.

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