giovedì 12 aprile 2018


LA MANO SINISTRA DELLE TENEBRE

Autore: Ursula Kroeber Le Guin
Anno: 1969
Titolo originale: The Left Hand of Darkness
Lingua: Inglese
Conlang(s): Getheniano (calendario, glosse sparse,
      antroponimi, toponimi)
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza utopica, fantascienza
     femminista, fantascienza sociale, fantabiologia,
     fantasessualità  
Prima edizione italiana: 1971
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro, n. 62
Codice ISBN: 88-429-0362-0
Traduzioni:   
   Francese: La main gauche de la nuit
   Olandese: Duisters Linkerhand;
          De Linkerhand van het Duister
   Spagnolo: La mano izquierda de la oscuridad 
   Tedesco: Winterplanet;
          Die linke Hand der Dunkelheit
   Serbo: Leva ruka tame
   Ceco: Levá ruka tmy
   Portoghese: A Mão Esquerda das Trevas
   Ungherese: A sötétség balkeze
Premi: 
   1970 - Premio Hugo (miglior romanzo)
   1970 - Premio Nebula (miglior romanzo)
   1975 - Premio Locus (miglior romanzo di tutti i tempi, 3° posto)
   1987 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi, 2° posto)
   1998 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi prima del 1980, 3° posto)


Trama:

L'Ecumene, lega che comprende la Terra a una decina di mondi colonizzati dagli umani, invia Genly Ai sul pianeta glaciale Gethen. I Getheniani sono strane genti: somigliano agli esseri umani ma sono dotati di una sessualità ermafrodita. A dire il vero si tratta tecnicamente di ermafroditismo latente. Infatti i caratteri maschili o femminili non si manifestano contemporaneamente nello stesso individuo: si ha l'emergere di un sesso o dell'altro durante uno stato di calore che nella lingua della nazione di Karhide è chiamato kemmer (corradicale dell'Olonets di Helliconia khmir "calore, foia"). Il kemmer si manifesta ogni 26 giorni e ne dura circa due; il ruolo sessuale è stabilito da scambi di effluvi feromonali tra i partner, che possono rimanere entrambi gravidi per via dell'ingresso dello sperma nel vaso procreativo. Genly Ai si ritrova così in un mondo difficile e incomprensibile. Giunto nella nazione di Karhide, si ritrova invischiato in una serie di intrighi. In nessun caso i nativi capiscono l'inviato dell'Ecumene e la sua proposta di alleanza con la confederazione terrestre. Ovunque è trattato come una specie di utile giocattolo dai feudatari, la cui visuale incredibilmente meschina e ristretta permette di pensare soltanto a vantaggi politici a breve termine. Così l'inviato dell'Ecumene decide di proseguire per Orgoreyn assieme ad Estraven, un nobile bandito da Karhide, ma l'esito della spedizione si rivela presto catastrofico. La società di Orgoreyn è orwelliana, tanto da sembrare una distopia pseudosovietica, se si eccettua l'onnipresenza della religione. La sola possibilità di salvezza per Genly Ai e per il suo compagno sarà una perigliosa fuga. Il ritorno a Karhide avverrà attraversando un impervio ghiacciaio.     

Recensione:

Ursula K. Le Guin (Berkeley, 1929 - Portland, 2018) è stata un fulgido astro della fantascienza - con buona pace delle solite baggianate di chi reputa "maschilista" tale genere letterario. Non soltanto era una donna, dettaglio che viene spesso trascurato, ma si professava femminista e anarchica. Notevole per la sua capacità di creare mondi immaginari di grande complessità, sviscerandone ogni aspetto antropologico, la scrittrice californiana si è anche interessata alla creazione di conlangs, cosa che desta in particolar modo il mio interesse. Proprio i temi trattati hanno permesso alle sue opere di valicare le mura del Ghetto della Fantascienza e di essere apprezzate anche al di fuori dei suoi angusti confini.

Questo romanzo è il quarto del Ciclo dell'Ecumene, detto anche Ciclo Hainita (Hainish Cycle). Il presupposto è semplice e molto affascinante: il pianeta Hain è il mondo di origine degli esseri umani, che si sono espansi su molti sistemi tramite diaspora cosmica. Tra i mondi popolati dagli Hainiti c'è anche la nostra Terra, la cui popolazione discende dagli antichi coloni. Notevoli sono le conseguenze. Gli ominidi tanto amati da Piero Angela non sono altro che il frutto di una complessa serie di esperimenti di ingegneria genetica e le dottrine di Darwin sull'origine della specie umana sono pura e semplice paccottiglia. Questo modello di genesi dell'umanità è sempre stato per me quello più naturale; soltanto le desolanti caratteristiche dei numerosi esopianeti scoperti mi hanno fatto sorgere qualche dubbio sulla sua plausibilità. Avendo sempre scelto per le mie storie uno scenario di questo genere, ho subito amato i romanzi del Ciclo Hainita. A distanza di anni, scorrendo il testo di The Left Hand of Darkness per raccogliere le informazioni sulle lingue di Gethen, vi ho visto alcuni dettagli a cui all'epoca, giovane com'ero, non avevo dato molta importanza. L'ermafroditismo latente dei Getheniani presenta caratteristiche utopiche, essendo stato creato dalla Le Guin sulla base di un luogo comune del femminismo, che attribuisce la violenza e la guerra alla contrapposizione tra il genere maschile e il genere femminile. Vediamo così che i Getheniani concepiscono sì azioni riprovevoli, ma sono incapaci di mobilitazione e di guerra. "Si comportavano come animali, sotto questo aspetto; o come donne. Non si comportavano come uomini, o come formiche. In ogni caso, non l'avevano ancora fatto". Questa mi pare una tesi abbastanza opinabile. Vediamo che tali genti hanno armi e un territorio pieno di fortezze come quello del Giappone feudale. Se nelle lingue del pianeta manca la parola per indicare la guerra, dovrebbe tuttavia trovarsi almeno quella per definire la battaglia, lo scontro, l'assedio. Con ogni probabilità, l'assenza della guerra come noi la concepiamo è più che altro dovuta alle difficoltà logistiche immani, immaginabili su un pianeta glaciale - oltre che alla mancanza di progetti politici ambiziosi. Come viene spiegato in più occasioni, la nazione di Orgoreyn mostra la tendenza a organizzarsi e a procedere sul cammino che porta all'attività bellica. Il miglioramento della tecnologia contribuirebbe così a dare alle genti di Gethen le possibilità pratiche di mobilitarsi e di massacrarsi a vicenda. Tutto sembra incamminarsi su una via che porta a una perdita delle caratteristiche "utopiche" della società getheniana, per convergere con la sanguinaria storia di mondi come la Terra, dove Polemos è padre di tutte le cose, di tutte re, come diceva Eraclito: il funesto processo viene bruscamente interrotto soltanto dallo sconvolgimento politico innescato da Genly Ai, con conseguente entrata nell'Ecumene prima di Karhide, poi di Orgoreyn.

Filosofia getheniana e Taoismo

L'interesse della Le Guin per il Taoismo si riflette in tutto il romanzo. Non dimentichiamoci che suo padre, Alfred Kroeber, era un importante antropologo, che le trasmise l'amore per le culture orientali. Il contrasto tra Yin e Yang innerva ogni aspetto dell'essere dei Getheniani, dando vita a una filosofia della dualità che può essere sintetizzata in queste parole, attribuite a un religioso di Karhide:

La luce è la mano sinistra delle tenebre,
E le tenebre la mano destra della luce,
Due sono uno, vita e morte,
e giacciono, insieme come amanti in Kemmer,
Come mani giunte, come la meta e la via. 

Ci tengo a fare una precisazione. Purtroppo il concetto di dualità è confuso dalla stessa autrice con quello di dualismo, che è di natura interamente dissimile. La dualità è un equilibrio tra forze che fanno parte di un principio comune, mentre il dualismo è lo scontro insanabile di due princìpi tra loro alieni. La religione di Orgoreyn è diversa da quella di Karhide e somiglia piuttosto a un monoteismo fondato sull'equivalente getheniano del principio antropico. Per questo motivo la critica ha pensato che l'autrice intendesse rappresentare la contrapposizione tra il pensiero dell'Oriente e quello dell'Occidente. 

Un'occasione persa

Quando si trovano a combattere per la sopravvivenza tra i ghiacci, Genly Ai e il nobile Estraven raggiungono una grande intimità, ma non hanno mai un contatto fisico. Nemmeno una toccatina. Nemmeno uno strusciamento di genitali. Nemmeno un'eiaculazione. Certo, fare l'amore in un ghiacciaio non deve essere il massimo. Non si dice che il romanzo avrebbe dovuto essere boccaccesco o addirittura sadiano, ma di certo avrebbe potuto esplorare in modo credibile un incontro sessuale tra due esseri di specie diversa, descrivendo quacosa di inedito e di memorabile. Tra l'altro, tutto questo ha dato origine a una querelle grottesca. A quanto ho appreso, torme di Eumenidi isteriche e di furibonde virago si sono scagliate contro la Le Guin, che pure era femminista, accusandola di aver scritto un romanzo omofobo, perché i Getheniani si comportavano sessualmente come eterosessuali! 

La conlang getheniana di Karhide 

L'autrice ci fornisce un certo numero di glosse della lingua getheniana della nazione di Karhide. Le riporto nel seguito, a beneficio dei lettori:

amha "genitore nella carne"
bessa "neve vergine"
dothe "stato di trance violenta"
gethen "inverno; tenebra"
gossiwor "buccine regale"
hemmen "tipo di albero"
Heskyorremy "Concilio Interno"
hieb "mantello con cappuccio"
huhuth "casa del kemmer"
kadik "tipo di cereale" 

Karhidi "di Karhide"; "la lingua di Karhide"
karhosh "isola"; "edificio ad appartamenti"
kemmer "calore sessuale"
kemmeri "compagno di sesso"
kroxet "tempo senza vento"
kurem "tempo umido"
kyorremy
"camera alta, parlamento"
neserem "neve fitta e finissima"
nusuth "non ha importanza"
orgrevy "un arbusto resinoso"
orsh "bevanda ricavata da cereali" 
oskyommer "contrarre unione monogamica"
pesthry "un animale oviparo, grande come una volpe"
russy "topo-serpente"
sastrugi "cumuli di neve plasmati dal vento"
secher "prima fase del kemmer"
shifgrethor "onore"
somer "sessualmente inattivo"
sove "neve bagnata"
thangen "sonno nero"
thokemmer "fase culminante del kemmer"
thorharmen "seconda fase del kemmer"

La religione di Karhide è detta Handdara e i suoi seguaci sono detti Handdarata, segno che esiste un suffisso -ta produttivo.

Alcuni toponimi:

Ariskostor, una fortezza sul monte Kostor
Erhenrang
, la capitale di Karhide
Kargav, un ghiacciaio
Kostor, un monte alto 6 km
Horden, un'isola
Otherhord, un'antica fortezza
Pering, una regione di confine

Alcuni antroponimi:

Argaven Harge, il re di Karhide
Berosty rem ir Ipe, un antico nobile
Forem rem ir Osboth, un nobile
Getheren, un reietto
Therem Harth rem ir Estraven, il signore di Estre 

Un interessate etnonimo è Perunter, che designa una popolazione villosa e selvaggia del continente meridionale.

Si possono fare alcune significative deduzioni. Con ogni probabilità Getheren significa "Scuro" ed è dalla stessa radice di gethen. Giungiamo alla conclusione che Estraven è un derivato di Estre, con ogni probabilità un toponimo. La stessa formazione si trova in Stokven, nome attribuito a Therem di Stok - essendo Stok certamente un toponimo. Si deduce anche che rem deve significare "signore, nobile" e che ir è una preposizione che indica derivazione, forse da tradursi con "da" come il famoso von tedesco.

Il calendario di Karhide 

Questi sono i mesi: 

Inverno:
Thern, primo mese
Thanern, secondo mese
Nimmer, terzo mese
Anner, quarto mese

Primavera:
Irrem, primo mese
Moth, secondo mese
Tuwa, terzo mese

Estate:
Osme, primo mese
Ockre, secondo mese
Kus, terzo mese
Hakanna, quarto mese

Autunno:
Gor, primo mese
Susmy, secondo mese
Grende, terzo mese

Questi sono i giorni:
Getheny, primo giorno (Tenebre)
Sordny, secondo giorno
Eps, terzo giorno
Arhad, quarto giorno (Primo Quarto)
Netherhad, quinto giorno
Sreth, sesto giorno
Berny, settimo giorno
Orny, ottavo giorno
Harhahad, nono giorno
Guyrny, decimo giorno
Yrny, undicesimo giorno
Posthe, dodicesimo giorno
Tormenbod, tredicesimo giorno
Odgetheny, quattordicesimo giorno
Odsordny, quindicesimo giorno
Odeps, sedicesimo giorno
Odarhad, diciassettesimo giorno (Primo Quarto)
Onnetherhad, diciottesimo giorno
Odsreth, diciannovesimo giorno
Obberny, ventesimo giorno
Odorny, ventunesimo giorno
Odharhahad, ventiduesimo giorno
Odguyrny, ventitreesimo giorno
Odyrny, ventiquattresimo giorno
Opposthe, venticinquesimo giorno
Ottormenbod, ventiseiesimo giorno

L'autrice traduce Getheny con "Tenebre", da cui è possibile arguire che il suffisso -y marca il plurale o il collettivo. Ci fa inoltre sapere che il prefisso od- è negativo o avversativo e può tradursi con "non". Notiamo subito che la sua consonante si assimila spesso alla consonante iniziale della radice seguente: 

Onnetherhad < *Od-netherhad
Obberny < *Od-berny
Opposthe < *Od-posthe
Ottormenbod < *Od-tormenbod

Il prefisso non mostra mai assimilazione se la consonante seguente è g- o s-: Odgetheny, Odsordny, Odsreth. I motivi di questo fenomeno non mi sono chiari.

Nella lingua di Karhide vige lo stato costrutto, come nelle lingue semitiche. Il nome della cosa posseduta sta prima del nome del possessore, che non subisce modifiche. Il ventiduesimo giorno del terzo mese di primavera è detto Odharhahad Tuwa. Certo, anche in italiano si può dire "martedì tredici dicembre", ma in Karhidi abbiamo il toponimo Ariskostor, che significa chiaramente "Fortezza del Kostor", essendo Kostor un oronimo - come spiegato nel testo.

La conlang getheniana di Orgoreyn

A Orgoreyn si parla una lingua diversa da quella di Karhide, come riportato esplicitamente nel testo. Si dice anche che Orgota significa "di Orgoreyn", con riferimento sia alla lingua che al popolo: è usato un suffisso -ta analogo a quello già visto nella lingua di Karhide. La religione diffusa in Orgoreyn è chiamata Yomesh, ossia "religione di Meshe" - essendo Meshe il nome del fondatore. I seguaci della religione Yomesh sono chiamati Yomeshta. Da queste poche informazioni, si può sospettare che le lingue Karhidi e Orgota siano tra loro imparentate, anche se la parentela potrebbe non essere prossima. Per quanto riguarda la fonetica, la Le Guin si premura di rivelarci che in Orgota esiste la consonante liquida /l/, che manca invece nel Karhidi. Gli esempi che ho potuto trovare di parole contenenti la liquida si riducono all'antroponimo Obsle e al toponimo Pulefen. Le glosse della lingua Orgota ricavabili dal romanzo sono poche e di scarso valore: 

Asyomse "nome di una stella"
gichy-michy "cibo disidratato e concentrato"
peditia "neve bagnata" (= Karh. sove)
sarf "ciarpame"; "polizia segreta"

I composti, così tipici del Karhidi, sembrano molto meno numerosi in Orgota. 

Possibili parentele

Mi ha sorpreso la somiglianza tra il termine Karhidi kemmer e un vocabolo della lingua Olonets, del Ciclo di Helliconia di Brian W. Aldiss: khmir, che indica la libidine. Essendo la specie umana di Helliconia sessuata come la nostra, è chiaro che l'Olonets khmir manca del tutto la semantica getheniana, potendosi tradurre con un volgare "foia". Il primo volume del Ciclo di Helliconia, La primavera di Helliconia, risale al 1982, quindi è ben possibile che Aldiss abbia tratto ispirazione proprio dall'opera della Le Guin. Oppure è una coincidenza? Nelle coincidenze credo poco, se devo essere franco, e non mi convince neppure il concetto di sincronicità, tirato fuori a ogni piè sospinto per spiegare gli eventi più strani. Notiamo che kemmer è sicuramente una parola composta in cui il nucleo significativo connesso al sesso è la sillaba -mer. La prova si ottiene in modo assai facile e certo: basti notare che esistono composti come somer "sessualmente inattivo", thorkemmer "fase culminante del kemmer", thorharmen (< *thorharmer per dissimilazione) "seconda fase del kemmer" e oskyommer "contrarre matrimonio monogamico", tutti dalla radice *mer. Per contro, la parola Olonets khmir non ha etimologia deducibile e non appare un composto. Non solo, ha una fonetica assai peculiare, che potrebbe far pensare a un prestito. Va detto che Aldiss dipinge l'origine dell'umanità di Helliconia secondo un processo evoluzionistico spontaneo assolutamente improbabile, con un'infinità di "convergenze evolutive" che non potrebbero mai verificarsi nemmeno in tempi superiori all'età dell'Universo. A cosa si deve dunque la somiglianza tra kemmer e khmir? Forse al fatto che queste parole sono fatte della sostanza di cui sono fatti i sogni.

Altre recensioni e reazioni nel Web  

Segnalo la recensione di Carmine Treanni, apparsa su Fantascienza.com:


Noto l'errata trascrizione di Gethen come Gheten, credo per facilitare la pronuncia, oltre a un fatto singolare: quando viene spiegato il fondamento della religione e della filosofia di quel mondo, viene evocato il Manicheismo, che tuttavia non può essere associato al Taoismo. Infatti la religione dualista di Mani non professa affatto un equilibrio tra luce e tenebra, tra spirito e materia - e non attribuisce origine comune a questi opposti: afferma invece che l'Universo materiale è interamente composto da tenebra e che in essa si sono disperse particelle di luce, essendo la Salvezza proprio la liberazione di quella sostanza luminosa estranea al mondo e il suo ritorno all'origine.

Per finire estraggo e riporto in questa sede alcuni interventi trovati su Anobii.

Countingcrow76 ha scritto:
per le prime 5o pagine mi ha trasportato in un altro mondo e mi ha appassionato molto poi man mano ho perso interesse portandolo a termine con fatica

Terra ha scritto:
strano come, avendo letto questo libro molti anni fa, mi ricordassi quasi solo la questione del sesso degli alieni (o dell'alieno, a seconda del punto di vista). in realtà mi pare ora che quello sia uno specchietto per allodole: brilla ma nasconde la sostanza vera, la possibilità (il sogno) di comporre le differenze e le incomprensioni fino a mettere a rischio la propria vita, la propria reputazione e la memoria per un individuo così diverso, sempre sconosciuto e tuttavia amato. altro che kemmer (nusuth).

Maura ha scritto:
Non so, forse avrei preferito un approfondimento sulle singolari caratteristiche degli abitanti e sulla loro cultura, più che una storia di avventura e intrighi di corte. E' pur vero che sei vuoi un saggio di sociologia, non devi cercarlo in un libro di fantascienza.

Echoes ha scritto:
Non sono amante del genere, ma questo libro di fantascienza mi è piaciuto davvero tanto.
Le ambientazioni quasi medievali, le profonde implicazioni sociologiche del racconto valgono indubbiamente la pena di una lettura non semplice, ma di indubbia soddisfazione.

Wildsidez ha scritto: 
E' l'unico libro che ho riletto almeno una decina di volte, diciamo che più o meno ogni due anni lo rileggo. E ogni volta mi dà emozioni che non mi stancano, non è un libro che ho imparato a memoria, anche se conosco la trama. A me pare che questo libro sia sottovalutato e poco conosciuto da gruppi e collettivi di pensiero femminista/glbtqi, mentre invece merita di entrare a pieno titolo nell'elenco dei testi di riferimento, secondo me.

Hathaldir ha scritto:
Questo libro è molto distante dal capolavoro descritto da molti lettori. Alcuni capitoli sono talmente avulsi o asincroni da rendere la narrazione appesantita, interrotta e spezzata.
Certamente l'idea di una razza ermafrodita maschile e femminile allo stesso tempo è ambiziosa... disarmante.
In un colpo solo si risolve il conflitto duale che anima l'umanità: l'instabile equilibro che contrappone uomo e donna, luce e tenebre, yin e yang.
Purtoppo questo non è sufficiente a colmare i profondi difetti strutturali e vanifica l'estrema delicatezza e sensibilità adoperata dall'autrice per sviluppare l'impianto fondante della trama.

domenica 8 aprile 2018


LA LEGA DEI MONDI RIBELLI

Autore: Carolyn Janice Cherryh
Anno: 1981
Titolo originale: Downbelow Station
Titolo previsto: The Company War*
Lingua: Inglese
Conlang(s): No. Soltanto un endoetnico (Hisa)
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera, hard science fiction 
Prima edizione italiana: 1988 
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro, n. 92
Formato: Paperback; copertina rigida  
Traduzione: Roberta Rambelli
Codice ISBN-10: 8842903892
Codice ISBN-13: 9788842903895
Premi:
   Premio Hugo, 1982 (vincitore della categoria miglio romanzo)
   Premio Locus, 1982 (candidato nella categoria miglior romanzo di fantascienza)
   Premio Locus, 1987 (migliore romanzo di fantascienza di ogni tempo: 41° in classifica)
   Premio Locus, 1998 (migliore romanzo di fantascienza di ogni tempo prima del 1990: 25° in classifica)

* Titolo fatto cambiare dall'editore, che non lo riteneva interessante. Tutto questo per sostituirlo con un un altro titolo insignificante! 

Trama:

L'espansione del genere umano nello spazio è gestita da una potente azienda privata chiamata Anonima Terrestre, in uno scenario di anarcocapitalismo in cui le nazioni hanno perso ogni importanza. Sono state così costruite nove stazioni spaziali in sistemi stellari privi di pianeti abitabili. Da questi centri abitati sono partite nuove missioni colonizzatrici, fondando avamposti sempre più remoti. A un certo punto è stato scoperto un pianeta del tutto diverso dagli altri: Pell, dotato di vita autogena e abitato da una specie intelligente, anche se molto arretrata. Intorno a Pell, soprannominato Porta dell'Infinito, è stata costruita una stazione ed è iniziato lo sfruttamento minerario di tale mondo. A causa del flusso di materie prime che si è così generato, si è innescato un grande squilibrio che ha portato le stazioni a rendersi indipendenti dalla Terra. Per questo l'Anonima Terrestre ha inviato una flotta da guerra per sottomettere i sistemi ribelli, uniti nella Confederazione (traduzione paradossale dell'originale Union), la cui capitale si trova sul pianeta Cyteen. Tra i comandanti della flotta terrestre si distingue la fatale e albina Signy Mallory, capitano della nave da guerra Norway, una donna spregiudicata che non esita a sfruttare sessualmente i suoi prigionieri. I problemi iniziano quando, a causa delle operazioni belliche guidate dalla Mallory e dal suo ex amante Conrad Mazian, famoso ovunque per il suo gigantesco Schwanzstücker, nella stazione di Pell si riversa un gran numero di profughi, minando alla radice ogni equilibrio sociale, politico e biologico. L'influente famiglia Konstantin, che detiene il potere a Pell, proclama la legge marziale per far fronte alla crisi, ma si ritroverà comunque in serissimi guai: per dipanare la matassa bisogna leggere fino in fondo il ponderoso e avvincente volume della Cherryh, ricco di colpi di scena. Ne emergerà la Lega dei Mercanti come entità politica opposta alla Terra e ben distinta dalla Confederazione di Cyteen.

Personaggi:

1) Personale dell'Anonima Terrestre:
   Signy Mallory, capitano della Norway 
   Conrad Mazian, comandante della Flotta
        Terrestre 
   Segust Ayres, Secondo Segretario del Consilio di
        Sicurezza Terrestre  
2) Abitanti della stazione di Pell, in orbita intorno all'omonimo pianeta:
   Angelo Konstantin, dirigente della stazione 
   Alicia Lukas Konstantin, moglie di Angelo
   Damon Konstantin, figlio di Angelo e Alicia 
   Emilio Konstantin, figlio di Angelo e Alicia 
   Jon Lukas, fratello di Alicia 
   Elene Quen, moglie di Damon  
3) Personale della Confederazione: 
   Joshua Talley, usato come giocattolo sessuale
        dalla Mallory   
   Jessad, agente segreto
   Seb Azov, comandante della Confederazione 
4) Abitanti di altre stazioni:
   Vassily Kressich, istigatore, rifugiato dalla
        stazione Mariner 
5) Aborigeni di Pell (Hisa):  
   Satin, compagna di Denteazzurro, lo ha seguito 
       sulla stazione di Pell 
   Denteazzurro
(Bluetooth), deportato sulla stazione
       di Pell 
   Lily, serva di Alicia Konstantin 

Recensione: 

Innanzitutto ci tengo a precisare una cosa. Ritengo che dovrebbe aver fine una volta per tutte la solita accusa rivolta dalle femministe radicali alla fantascienza, ritenuta in blocco un genere "maschilista" e "patriarcale". Ogni volta che sento simili sibili serpentini, ogni volta che sento il veleno schizzare dalle fauci di vipera di queste pazze fanatiche, il mio sangue ribolle nelle vene. Le Eumenidi inveiscono, come se Carolyne J. Cherryh non esistesse. Invece esiste, e ciò basta a contraddire le loro tesi. Qualcuna delle Erinni dirà che la Cherryh era una delle poche autrici in un mondo in prevalenza maschile. Qualcun'altra dirà che il suo editore le ha abbreviato il nome in C.J. per nasconderne il genere. Resta il fatto innegabile che già all'epoca un'autrice geniale e determinata aveva la possibilità di farsi notare. Se così non fosse stato, non avremmo mai potuto leggere qualcosa come Downbelow Station. Certo, la narrazione non è facilissima, ma sono convinto che valga la pena di immergersi nelle sue profondità.

Superamento del collo di bottiglia

L'ambientazione del romanzo, denominata Universo della Lega e della Confederazione, è molto complessa e le vicende narrate sono a dir poco intricate. La Cherryh dà vita a un affresco grandioso del processo di colonizzazione interstellare. Ancora fino a pochi anni fa, si poteva pensare che si trattasse di un quadro tutto sommato abbastanza verosimile - se mettiamo da parte i viaggi superluminali, problema oltremodo gravoso a cui non sembra potersi trovare una soluzione credibile. Non è difficile immaginare che i coloni viaggino nelle vastità siderali servendosi di stazioni che costituiscono ecosistemi autosufficienti: ciò non pone limiti di tempo all'esplorazione, che potrebbe così svolgersi nell'arco di secoli o addirittura di millenni, senza l'obbligo di portare a termine una missione nell'arco di una generazione - tempo troppo breve. Questo però darebbe comunque origine a squilibri nella narrazione di un romanzo, di qui la necessità cogente di introdurre i viaggi e le comunicazioni a velocità superiore a quella della luce. Al giorno d'oggi vediamo che le difficoltà dell'espansione umana nel cosmo si rivelano a dir poco improbe. Là fuori ci sono luoghi terribili, la cui inospitalità è talmente estrema che ben pochi fantascientisti potrebbero immaginarsi qualcosa di simile. Comprendiamo che la narrativa SF e in particolare la space opera presentano un intrinseco ottimismo come vizio d'origine. Cosmo troppo fertile, distanze troppo facili da superare. Noi partiamo svantaggiati, perché sappiamo che non esiste una cornucopia capace di produrre ad libitum un'infinità di mondi affini alla Terra, pronti a diventarne tanti nuovi simulacri del nostro pianeta. A quanto possiamo vedere, persino un mondo come Pell, ricchissimo di risorse e gravitante nella cosiddetta zona abitabile di una stella simile al nostro sole, potrebbe essere un deserto privo di biosfera soltanto per via della mancanza di fosforo, elemento raro nell'universo ma indispensabile per la formazione della vita. Poi, se anche ci fosse da qualche parte il giardino di Shangri-La, non potremmo mai arrivarci. Mi dispiace dirlo, ma è così: quando conoscevamo meno dettagli sulla natura di questo Universo terribile eravamo più felici, perché la nostra fantasia poteva spaziare liberamente ed eravamo convinti che da qualche parte ci fosse un senso, qualcosa in grado di render conto del perché del teatrino di dolore chiamato "esistenza".

Indebiti paragoni

La vulgata corrente avvicina il presente romanzo della Cherryh all'opera di Isaac Asimov, in particolare al Ciclo delle Fondazioni, per quanto mi sembra che entrando nei dettagli ci sia poco in comune. Forzando un po' la mano, si potrebbe dire che sia Asimov che la Cherryh credessero nella superiorità della specie umana rispetto ad ogni altra possibile forma di vita. Non so se la cosa abbia senso. Asimov non incluse alieni nell'Universo delle Fondazioni perché il suo editore glielo proibì espressamente, minacciandolo di non pubblicare nulla che non confermasse il primato della specie umana sancito da Dio stesso in Genesi. Per quieto vivere, Asimov, che non era certo Riccardo Cuor di Leone, descrisse una galassia senza vita, pronta per l'esclusivo uso e consumo dell'umanità. La Cherryh subì dal suo editore più che altro l'abbreviazione del suo nome e l'aggiunta di una -h finale al cognome, giudicato troppo sensuale (in realtà si chiamava Cherry). Esiste anche una tradizione radicata che avvicina Downbelow Station al fantasy e all'opera di J.R.R Tolkien. Forse mi sono perso qualcosa, ma devo dire che il motivo di quest'ultimo paragone mi sfugge del tutto. Non riesco proprio ad afferrarlo. Si tratta delle solite baggianate di certa critica fondata sull'ingannevole e deleteria scienza degli psicologi. Forse il paragone è fondato sugli Hisa, gli autoctoni di Pell, descritti con caratteristiche primordiali, che ricordano vagamente quelle degli aborigeni della Tasmania e delle Andamane. La cosa di per sé è assurda. Downbelow Station è purissima fantascienza hard, in cui non trova spazio nessuno degli elementi costitutivi del fantasy, ad esempio mito, soprannaturale, magia, allegoria, metafora, simbolo, surreale e tecnologia medievale. Neanche un particolare insignificante sfugge alla spiegazione scientifica. Per contro, Tolkien non ha mai cercato di attribuire una spiegazione scientifica a nulla, nemmeno ai piedi sporchissimi degli Hobbit.

Signy Mallory Dominatrix! 

Anche se la Cherryh non descrive scene di sesso esplicito, si può dire che vi sia del sesso implicito. Mentre ero immerso nella lettura, mi sono immaginato Signy Mallory come una domina nell'atto di sottomettere il prigioniero Josh Talley, schiacciando il corpo nudo dell'uomo sotto i piedi, sedendosi sulla sua faccia e facendosi leccare l'ano. Raggiunta l'eccitazione, ecco che la condottiera albina si siede sull'erezione del suo schiavo, a sua volta pieno di libidine, muovendosi fino a provocargli una copiosa eiaculazione. Talley usato come un dildo e gettato via. Che abissi di morbosità! 

Un inno alla Domina della Norway

Esiste persino una canzone dedicata alla volitiva guerriera dalle candide chiome. Anni fa ne avevo pubblicato il testo sul mio blog splinderiano Esilio a Mordor, da tempo defunto. Lo riporto senz'altro in questa sede: 

SIGNY MALLORY
(Mercedes Lackey, Leslie Fish) 

She's captain of the Norway
And a thorn in Union's side,
Protector of Pell station
And a source of grudging pride. 

Left the Mazianni
With a price upon her head
And stayed to guard the stations
That the Company left for dead.  

They say she doesn't think about
The lives that she has lost;
They say when Norway goes to fight
She doesn't count the cost.  

That once she's planed a course,
She never reckons wrong or right;
So why does she stare sleeplessly
Into the dark all night?  

  Chorus: 
Captain Signy Mallory
Has no soul they say;
The captain of the Norway
Has a heart of frozen clay.  

And on the bridge of Norway
She throws men's lives like dice;
Captain Signy Mallory,
Her eyes are fire and ice.  

They say for Norway's captain
Discipline's an iron whip;
It's worth your life to break her rules
In dock or on the ship.  

That no one's safe that's under her command,
But if that's so,
Then why do her troops cheer her
When she passes them below?  

They say the captain has no
Crude emotions to control,
Just an iron fist, an iron will
And an iron-banded soul.  

They say she shows no mercy
And they say she never can...
So why is Norway refuge
For a burned out Union man?  

  Chorus:
She's captain of the Norway
And a thorn in Union's side;
The Mazianni fear her,
She's the heart of Norway's pride.

And Stationer or Merchanter,
From Fargone back to Pell,
Know from Mallory or Norway
Would fight demons out of hell.  

  Chorus: 
Captain Signy Mallory,
her eyes are fire and ice. 


Cyteen

Mi ero promesso di leggere Cyteen, il seguito di Downbelow Station, ma purtroppo non ci sono riuscito. Mi trovavo in un periodo di altissime glicemie a digiuno, che faticavano molto ad andare sotto i 200. Mi sentivo come inebetito e non riuscivo a procedere nella lettura, che mi appariva così legnosa da pormi ostacoli insormontabili. Leggere una decina di pagine mi parve una fatica paragonabile all'uccisione dell'Idra di Lerna. C'erano descrizioni intricatissime dello scenario politico e nessun dettaglio di qualche interesse. Così presto ho abbandonato il libro, che si stava rivelando un'eccessiva fonte di sofferenza, riportandolo in biblioteca. Un giorno dovrò riprenderlo in mano e portare a termine quanto non mi è riuscito la prima volta, quindi pubblicarne una recensione. Non so dire se ci riuscirò prima della nemesi della specie umana.  

Reazioni nel Web: 

Ho trovato alcune brevi recensioni su Anobii. Ne riporto un paio, a dire il vero non troppo eulogistiche:  

robgast69 scrive:

"Una buona idea un po' abortita, ricadendo in situazioni abbastanza scontate. Un discreto romanzo di avventura/guerra futura, con una scrittura scorrevole (e, nella mia edizione, tanti refusi), ma con alcune cose non ben spiegate e senza grandi idee."

Firestarter scrive:

"Voluminoso romanzo di space opera, notevole più per la varietà di punti di vista adottati (le parti non sono molto equilibrate, in realtà) e l'ampiezza dello scenario che per l'originalità. Una lettura impegnativa, ma ne è valsa la pena."

Più interessante l'intervento di Morvan, che evidenzia il problema dell'anarcocapitalismo: 

"Tutto ruota attorno a una stazione spaziale, che si trova tra due fuochi – tra la Terra, vecchia potenza un po’ ammuffita, e la Confederazione spietata nuova entità in ascesa; stazione che deve cercare di sopravviver, per non far la fine di molte altre… il problema è ch’essa è diretta come un’azienda a condizione familiare, secondo modalità tipiche –posso immaginare– di molta narrazione statunitense, in cui l’individualismo di frontiera si sposa colla visione della famiglia come unico valore intoccabile ed eterno della società, col risultato di dar vita a una specie d’elitarismo, di cui si può discutere il modo, ma mai il diritto a comandare: niente di buono insomma, tanto piú che in fondo assomiglia pure a ciò che si può trovare nei film tratti da Rosamund Pilcher!"

Al navigatore in questione non è gradita la descrizione degli Hisa, basata su un ingenuo primitivismo, mentre Cyteen gli sembra propaganda anticomunista fatta e finita: 

"Altri aspetti deteriori sono la stessa Confederazione, che presenta aspetti da distopia pseudosovietica, o che la popolazione autoctona del pianeta attorno cui ruota la stazioni di Pell pare una malaccorta visione di popolazione primitiva, un po’ ingenua." 

Interessanti anche le conclusioni: 

"Varrà pure la lettura, e altri potrà trovarlo un romanzo notevole, né senza ragioni, e cosí per molti è stato – ma non per me, che debbo considerarlo ideologicamente bacato." 

Beh, caro Morvan, tu pretendi troppo: cercare in America qualcosa che non sia ideologicamente bacato sarebbe come cercare una vergine in un tempio di Babilonia o un ano non penetrato a Sodoma! 

mercoledì 4 aprile 2018


L'UNDICESIMO COMANDAMENTO

Autore: Lester Del Rey
Anno: 1962
Titolo originale: The Eleventh Commandment 
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza distopica, fantascienza
    postapocalittica, fantareligione, clerical SF,
    fantagenetica
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro  

Trama:

Siamo nel 2190. La popolazione terrestre fatica a riprendersi dalle spaventose conseguenze di una guerra nucleare. Boyd Jensen è un giovane citologo, allampanato e biondiccio, che arriva sulla Terra da Marte, ufficialmente per via di un programma di scambi culturali. In realtà si tratta di una motivazione posticcia: il ragazzo è stato espulso dalla società marziana, rigida fautrice dell'eugenetica, a causa delle imperfezioni riscontrate nel suo DNA. Subito si trova immerso nel contesto spaventoso di una tirannia teocratica, in cui il potere assoluto è detenuto dalla Chiesa Eclettica Americana. Nata da uno scisma della Chiesa Cattolica Romana, questa congrega religiosa ha imposto un feroce culto della fertilità: il suo fondatore, Bonaforte I, è arrivato ad istituire come centro della nuova dottrina l'undicesimo comandamento, quello di mettere al mondo il maggior numero possibile di figli. Le condizioni della popolazione sono spaventose: carestia, sozzura e morbi vi prevalgono rendendo l'esistenza intollerabile come un cancro alle ossa. Boyd non si trova a suo agio nella teocrazia della Chiesa Eclettica, essendo ateo come tutti i coloni marziani. Impossibilitato a tornare su Marte, cerca di combattere contro il dominio dei preti, sondando l'ambiente nella speranza di trovare oppositori. Chiaramente i suoi spazi di manovra sono molto limitati, dato che è costretto a muoversi in un contesto in cui la Repubblica Islamica dell'Iran sarebbe considerata tollerante. Nel suo lavoro cerca di darsi da fare per aiutare il prossimo, conducendo la sua ricerca in segreto. Attraversa varie peripezie. Si innamora della sua assistente. Viene accusato di produzione di droghe illegali, processato e sottoposto a tortura, finendo tuttavia presto liberato. A un certo punto entra in uno squallidissimo ghetto abitato da fedeli della Chiesa Romana perseguitata, soltanto per soprirvi pazzoidi millenaristi che sognano un'impossibile rivincita. Infine arriva a trovare una setta satanica denominata Stregoneria 2.0, che pratica in un sudicio scantinato orge grottesche quanto deprimenti. Alcuni adepti copulano more ferarum con donne brutte e vecchie, stando bene attenti a usare il vaso procreativo, tanto è il terrore della morale eclettica; altri fumano grandi quantità di erba, mentre l'officiante blatera di una gigantesca astronave partita da Saturno e guidata da Lucifero, diretta verso la Terra - certo una reminiscenza del mito di Nibiru. Queste esperienze convincono il giovane Boyd dell'impossibilità di opporsi alla Chiesa Eclettica: il potere religioso è troppo potente e capillare per essere sfidato, oltre al fatto che i potenziali oppositori sono di una pochezza intellettuale e umana assoluta. A un certo punto sarà proprio il pontefice eclettico, Bonaforte VII, a spiegare al colono marziano cose che non avrebbe mai immaginato e che lo porteranno a un'inattesa conversione: il genere umano è talmente degenerato a causa di mutazioni genetiche infauste, da rendersi necessario per la sua sopravvivenza un numero illimitato di nascite, nella speranza che possa nascere qualche individuo sano in grado di rigenerare la specie. Non soltanto Boyd smetterà ogni tentativo di contrastare la Chiesa Eclettica, ma si getterà addirittura a capofitto in un crociata bandita da un eremita cieco e folle contro le popolazioni pagane dell'Asia.

Recensione:

Leggendo la presente opera di Lester del Rey si ha l'impressione di essere calati nell'orrido e affollato mondo postatomico in cui imperversa la Chiesa Eclettica Americana. Le descrizioni sono tali da far sentire tutta la miseria di quell'inferno brulicante, fin nei minimi particolari del sudiciume corporeo dei singoli dannati costretti a viverci - posto che quella possa essere chiamata "vita". Il romanzo è stato da molti ritenuto una critica caustica alla politiche demografiche della Chiesa Romana, notoriamente fondate sull'esercizio senza limiti della fecondità umana e aventi come fine ultimo l'accrescimento esponenziale della popolazione. Queste dottrine embriolatriche hanno conosciuto la loro massima diffusione sotto il pontificato del tonitruante Karol Wojtyla, ma L'undicesimo comandamento ha visto la luce nel 1962, verso la fine del pontificato di Giovanni XXIII; soltanto l'anno successivo sarebbe salito al soglio pontificio Paolo VI, anodino e uranista. In realtà, quello che vediamo è un repentino cambiamento, una discontinuità nel tessuto del romanzo, in cui dalla critica della procreazione illimitata si passa quasi senza soluzione di continuità alla sua affermazione fanatica. Difficile interpretare una simile anomalia, che di certo renderà l'opera di Lester del Rey molto indigesta agli adepti dell'UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti). Lo scrittore spiazza tutti. Prima descrive l'Inferno sulla Terra, poi si arrende al suo potere, lo propugna come l'unica salvezza per il genere umano piagato e terminale. Il protagonista, giunto dall'esterno, da una società asettica, si ritrova a cercare di stare a galla in un oceano di sterco, e alla fine smette di dare bracciate, fa il morto e si lascia portare dalla corrente fecale. Arriviamo così alla conclusione che l'autore è riuscito a farsi malvolere tanto dai papisti che dai materialisti, proprio perché l'intuizione alla base de L'undicesimo comandamento non può essere inscritta in categorie comprensibili. Non c'è nulla che riesca riconoscibile a colpo d'occhio dai religiosi e dagli atei. Sappiamo che Lester del Rey non ha mai amato le interpretazioni degli scritti propri ed altrui. Si racconta a questo proposito un singolare aneddoto. Sfidato da Damon Knight ad interpretare un racconto del clericale James Blish, Common Time, in cui la critica vedeva la descrizione di un atto sessuale, rispose che per lui si parlava soltanto di un uomo nell'atto di ingurgitare un sandwich. Detto questo, con un po' di pazienza è possibile comunque dedurre qualcosa di interessante.

Alcune note biografiche e qualcosa d'inatteso...  

A quanto si riporta, Lester del Rey è lo pseudonimo di Ramon Felipe San Juan Mario Silvio Enrico Smith Heathcourt-Brace Sierra y Alvarez Del Rey y De Los Huerdes (altre fonti riportano la variante Uerdes, altre ancora Verdes). Sembra tuttavia che alla nascita egli si chiamasse Leonard Knapp - almeno, questo è quanto ha dichiarato sua sorella. Secondo Lawrence Watt-Evans, il suo vero nome sarebbe stato Leonard Stamm. A quanto pare, queste agnizioni sono ben lungi dall'essere certe. Cosa curiosa, il nome della sorella non salta fuori neanche frugando da cima a fondo il Web. Del resto lo scrittore amava la confusione: nel corso della sua carriera ha utilizzato un gran numero di pseudonimi, tra i quali John Alvarez, Marion Henry, Philip James, Philip St. John, Charles Satterfield, Erik van Lhin, Kenneth Wright e via discorrendo. Nacque a Saratoga nel 1915 ed ebbe un'infanzia terribile, segnata da una grande povertà e denutrizione, con annessi problemi di salute. Molti sono i punti oscuri sulle sue origini e sulla sua biografia, tanto che sono state notate diverse contraddizioni in ogni resoconto. Sembra quasi che egli volesse nascondere qualcosa. Si potrebbe ipotizzare che egli provenisse da un ambiente in cui le dottrine marxiste erano molto popolari. Parlo del contesto degli esclusi, di coloro che erano stati schiantati dal Moloch del Sogno Americano e costretti a vegetare ai margini della società. Non potevano essere insensibili al messianismo comunista. Nonostante il regime descritto da L'undicesimo comandamento abbia il tipico aspetto di una teocrazia, è possibile che nasconda la dittatura del proletariato: i preti, che sono medici e genetisti, non servono a narcotizzare le masse e a giustificare il potere economico dei potenti laici (politici, principi, etc.), semplicemente perché nel mondo di Bonaforte non esistono più né potenti laici né economia. Questi preti, questi papi, appartengono al Popolo, che detiene tutti i mezzi di produzione. La politica, si può dire, è cessata. Si è giunti all'Eschaton immanentizzato, all'inveramento di tutte le profezie di Karl Marx. Per contro, Marte è socialista: in quelle desolazioni rossicce è lo Stato a detenere tutti i mezzi di produzione. Così facendo, la società marziana si è messa in un vicolo cieco, che può soltanto portare all'indebolimento del genere umano e alla sua cessazione. Viene evidenziata la frattura ontologica tra socialismo e comunismo e l'impossibilità di passare spontaneamente dal primo al secondo.  

Le conseguenze di poche parole a un party 

A quanto ho appreso nel Web, Harlan Ellison ha riferito a Robin Williams qualcosa di sconvolgente. In poche parole, è da imputarsi proprio a Lester del Rey la creazione della Chiesa di Scientology. Secondo questa narrazione, lo scrittore di fantascienza L. Ron Hubbard si sarebbe lamentato durante un party, dicendo che nonostante il suo duro lavoro e il suo impegno continuo, non riusciva a guadagnare quasi nulla dalla vendita del suo materiale. Allora Lester del Rey gli avrebbe suggerito di crearsi una sua religione, cosa che gli avrebbe permesso di risolvere ogni problema economico. Non so dire se queste informazioni siano veritiere o apocrife, tuttavia credo che sia importante farle conoscere. 

Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Segnalo l'ottima recensione di Giuseppe Giannozzi, apparsa sul sito Fantascienza.com:


Mi limito a deprecare l'uso del termine "arianesimo": non è lecito usarlo per descrivere le dottrine razziali di Adolf Hitler, dato che indica la dottrina cristologica di Ario, prete alessandrino che negò la consustanzialità di Cristo rispetto al Padre e ne affermò la creaturalità. Questo errore era già stato segnalato nella mia recensione del film di Wolf Rilla Il villaggio dei dannati.

Tra tutte le recensioni trovate nel Web, stupisce senza dubbio quella di Andrea Scacco, pubblicata sul suo sito Futureshock.com.


L'autore in questione propugna una "fantascienza umanista" e ritengo i suoi scritti agli antipodi rispetto alla mia sensibilità. A quanto ho capito è un acceso sostenitore della Chiesa Romana e delle sue dottrine (forse non realizza che sono ormai defunte e incomprensibili alle genti). Egli ritiene l'opera di Lester del Rey un attacco feroce non soltanto alla Chiesa di Roma, ma più in generale allo stesso Cristianesimo. A mio avviso il suo intervento potrebbe essere concentrato nel detto latino excusatio non petita accusatio manifesta. Questo per un fatto che non si può negare: secondo Scacco è tipica di gran parte della fantascienza una visione della religione cristiana come oppressiva e oscurantista, così egli passa ad attaccare L'undicesimo comandamento, sostenendo che la dottrina della Chiesa Eclettica Americana non si può definire cristiana. Ad esempio, argomenta che in una chiesa cristiana i comandamenti non possono mai essere undici, avendo il decalogo fondamento nelle Scritture (Esodo e Deuteronomio, per la precisione). Forse gli sfugge una cosa: la Chiesa Eclettica Americana - che nella realtà non esiste, è bene ricordarlo - è una chiesa scismatica. Un cattolico romano la riterrebbe chiaramente eretica. Che senso ha quindi disquisire sui dogmi di Bonaforte I e sulla natura non mosaica di questo undicesimo comandamento? Lo stesso Lester del Rey specifica che il fondamento è in Genesi. Quello che leggo delle pagine scacchiane, lo decodifico così: "Non si può dire che la Chiesa di Bonaforte, eretica e scismatica, faccia schifo, perché se lo si fa si attacca la Chiesa di Roma". Al contempo, quella stessa Chiesa di Bonaforte viene accusata di occuparsi di questioni "terrene", e via discorrendo, dicendo che per contro la Chiesa di Roma sarebbe "santa". Certo, tutti possono vedere la natura "celeste" e "non terrena" dello IOR. Una bella montagna di paradossi, di cui forse dovrei evitare ulteriori approfondimenti. La mia opinione - credo che ci sia ancora il diritto di esprimerla - è questa: se proprio il medico ha prescritto di consumare i polpastrelli a furia di battere le dita sulla tastiera di un computer, esistono modi molto più proficui per farlo.

Segnalo infine una bella recensione in inglese di Joachim Boaz (salta all'occhio lo pseudonimo derivato dal nome delle due colonne del Tempio di Salomone): 

domenica 1 aprile 2018

NOTE SUL LAVORO DI ZBIRAL

David Zbíral, dell'Università Masaryk di Brno (Repubblica Ceca), è l'autore dei contributi Édition critique de la Charte de Niquinta selon les trois versions connues (Edizione critica della Carta di Niceta secondo le tre versioni conosciute) e La Charte de Niquinta et le rassemblement de Saint-Félix: État de la question (La Carta di Niceta e il convegno di Saint-Félix: Stato della questione). Questi due lavori sono tra gli atti del colloquio internazionale 1209-2009, cathares : une histoire à pacifier?, tenutosi a Mazamet il 15, 16 e 17 maggio 2009 sotto la presidenza di Jean-Claude Hélas. Questi sono i link: 



Questo è l'abstract del primo articolo, da me tradotto:

"La Carta di Niceta, testo che riporta una grande raduno eretico a Saint-Félix de Lauragais nel 1167 e che rivendica la provenienza dissidente, è una questione chiave della ricerca attuale sul Catarismo e sul Bogomilismo. La Carta è il solo documento dissidente a testimoniare un'organizzazione molto solida della dissidenza catara nel Mezzogiorno del XII secolo e a postulare legami degli eretici meridionali con la dissidenza orientale. L'ipotesi di un falso moderno si dimostra piuttosto improbabile. Ma restano diverse altre ipotesi sulla sua redazione nel Medioevo, dunque della sua interpretazione: si può trattare di una stilizzazione antieretica, di un documento in gran parte legato ai fatti storici, di un falso dissidente, di una leggenda dissidente del XIII secolo. Questo articolo riassume lo stato attuale della discussione e apporta argomenti a favore e contro le diverse ipotesi."

Il secondo articolo contiene il testo della Carta, con spiegazioni sul suo adattamento a partire dalle tre versioni conosciute. Come spiega l'accademico ceco, le lettere illeggibili sono state restaurate; le lettere u e v sono state impiegate secondo il loro valore fonetico, la lettera j è stata trascritta come i tranne che in Fanumjovem, l'uso delle minuscole e delle maiuscole ha subìto adattamento, come la punteggiatura. A parer mio, i testi originali avrebbero dovuto essere riportati tal quali, senza alcuna modifica, accanto al testo restaurato. Infatti, più che di adattamento si dovrebbe parlare di ricostruzione.

Resta fondamentale l'importanza di questa edizione critica della Carta di Niceta, in un periodo in cui i decostruzionisti cercano di destrutturare la Storia, negando addirittura l'autenticità di questo cruciale documento. Il fatto che nel comitato di studio sia stata inclusa Anne Brenon, una delle principali voci del decostruzionismo, è a parer mio una pecca non emendabile che getta ombra sull'intero progetto. Anche se di certo le sue posizioni sono lontane da quelle di Monique Zerner - che nega l'esistenza stessa della religione dei Buoni Uomini - è notorio il suo scetticismo sui rapporti tra i Catari e i Bogomili. Ancora a distanza di secoli, la Carta di Niceta fa tremare, dando la prova che il Catarismo era una vera religione organizzata, di origine orientale e non una forma di evangelismo elementare autoctono riconducibile all'identità nazionale occitana. Ecco perché molti cercano con ogni mezzo di far sparire ogni documento e di pervertire ogni dato, ad esempio non considerando la diffusione della religione dualista in Italia. Purtroppo Zbíral non ce la fa a sostenere a spada tratta l'autenticità della Carta. Gira intorno alla stessa colonna, enumera svariate ipotesi, analizza una possibilità dopo l'altra, ma non osa proclamare la Verità - dato che non riconosce l'esistenza di tale concetto. Postmoderno fino al midollo, egli dice che la questione stessa dell'autenticità non è ben posta. Queste sono le sue parole: "Le scienze non dovrebbero pretendere di possedere delle verità: piuttosto dovrebbero cercare delle probabilità. Ciò che voglio fare nel seguito non è dunque decretare se la Carta è autentica o falsa, ma esaminare attentamente le differenti possibilità e, in base ai loro pro e contro, stimare la loro probabilità". Sembra dimenticarsi che la Scienza deve obbedire al principio di non contraddizione, che serve a determinare ciò che non può essere vero. Troppa è l'ammirazione di questo Zbíral per gli studiosi francesi. Non ho stima alcuna di tali accademici: li reputo servi della retorica e dei paroloni, che spargono fumo su tutto e restano irresoluti davanti ai fatti. Sono invertebrati incapaci di ammettere anche soltanto un singolo fatto come qualcosa di incontrovertibile. Sono amebe. Ecco perché l'accademia francese è stata intaccata dalla peste decostruzionista diffusa dal diabolico Derrida. Dopo tanti secoli ancora non si giunge ad alcuna pacificazione. Resto in attesa della cacciata dei mercanti dal Tempio. 

Etimologia di Papa Niquinta

Traduciamo il nome Niquinta con Niceta, perché questa è la sua origine: Papa Niquinta /ni'kinta/, attestato anche con la variante Pope Niquinta, viene dal bulgaro Pop Nikita. Si tratta di un semplice adattamento della forma slava alla lingua d'oc. Il religioso in questione era Niceta di Dragovitsa, la cui autorità era riconosciuta all'epoca da tutte le Chiese Dualiste, in Occidente come in Oriente. Questo dimostra che il Dualismo Assoluto è la dottrina più antica e autorevole. Se la cosa non è chiara alle attuali amebe di Francia, era invece chiarissima ai Buoni Uomini e ai Credenti dei tempi di Niceta, che non esitavano a professare la Fede patendo la tortura e la morte.

Il testo

Riportiamo in questa sede il testo della Carta di Niceta, omettendo tutte le note di Zbíral e i corsivi:

Anno MCLXVII. Incarnationis Dominice in mense madii. In diebus illis ecclesia Tolosana adduxit Papa Niquinta in Castro Sancti Felicii et magna multitudo hominum et mulierum ecclesie Tolosane aliarumque ecclesiarum vicine congregaverunt se ibi ut acciperent consolamentum.
Et dominus Papa Niquinta cepit consolare. Postea vero Robertus de Spernone, episcopus ecclesie Francigenarum, venit cum consilio suo, et Marchus Lombardie venit cum consilio suo similiter, et Sicardus Cellarerius, ecclesie Albiensis episcopus, venit cum consilio suo, et Bernardus Catalani venit cum consilio ecclesie Carcassensis, et consilium ecclesie Aranensis fuit ibi. Et omnes sic innumerabiliter congregati, homines Tolosanae ecclesie voluerunt habere episcopum et elegerunt Bernardum Raimundum. Similiter vero et Bernardus Catalanus et consilium ecclesie Carcasensis rogatus ac mandatus ab ecclesia Tolosana et cum consilio et voluntate et solucione domini Sicardi Cellarerii elegerunt Guiraldum Mercerium, et homines Aranensis elegerunt Raimundum de Casalis.
Postea vero Robertus d’Espernone accepit consolamentum et ordinem episcopi a domino Papa Niquinta ut esset episcopus ecclesie Francigenarum.
Similiter et Sicardus Cellarerius || accepit consolamentum et ordinem episcopi ut esset episcopus ecclesie Albiensis. Similiter vero Marchus accepit consolamentum et ordinem episcopi ut esset episcopus ecclesie Lombardie. Similiter vero Bernardus Raimundus accepit consolamentum et ordinem episcopi ut esset episcopus ecclesie Tolosanae. Similiter et Guiraldus Mercerius accepit consolamentum et ordinem episcopi ut esset episcopus ecclesie Carcasensis. Similiter et Raimundus de Casalis accepit consolamentum et ordinem episcopi ut esset episcopus ecclesie Aranensis. Post haec vero Papa Niquinta dixit ecclesie Tolosane : Vos dixistis mihi ut ego dicam vobis consuetudines primitivarum ecclesiarum sint leves aut graves et ego dicam vobis : Septem ecclesie Asiae fuerunt divisas et terminatas inter illas et nulla illarum faciebat ad aliam aliquam rem ad suam contradicionem.
Et ecclesia Romanae et Drogometie et Melenguie et Bulgarie et Dalmaciae sunt divisas et terminatas et una ad altera non facit aliquam rem ad suam contradicionem, et ita pacem habent inter se. Similiter et vos facite. Ecclesia vero Tolosana elegit Bernardum Raymundum et Guillermum Garsias et Ermengaudum de Forest et Raimundum de Beruniaco et Guilabertum de Bono Vilario et Bernardum Contor et Bernardum || Guillermum Bone Ville et Bertrandum de Avinione ut essent divisores ecclesiarum. Ecclesia vero Carcasensis elegit Guiraldum Mercerium et Bernardum Catalanum et Gregorium et Petrum Calidas manus et Raimundum Poncium et Bertrandum de Molino et Martinum de Ipsa Sala et Raimundum Guibertum ut essent divisores ecclesiarum. Et isti congregati et bene consiliati dixerunt quod ecclesia Tolosana et ecclesia Carcacensis sint divisas propter episcopatos et sicut episcopatum Tolose dividitur cum archiepiscopato Narbone in duobus locis et cum episcopato Carcasensis : a Sancto Poncio sicut montana pergit inter Castrum Cabarecii et Castrum Altipulh et usque ad divisionem Castri Saxiaci et Castri Verduni et pergit inter Montemregalem et Fanumjovem et sicut alii episcopati dividuntur ab exitu Redensis usque ad Leridam sicut pergit apud Tolosam, ita ecclesia Tolosana habet in sua potestate et in suo gubernamento.
Similiter et ecclesia Carcasensis, sicut dividitur et terminatur, habet in sua potestate et in suo gubernamento omnem episcopatum Carcasensis et archiepiscopatum Narbonensis et aliam terram sicut divisum est et dictum usque ad Leridam, sicut vergit apud mare. Et ita ecclesie sunt || divisas, sicut dictum est, ut abeant pacem et concordiam adinvicem et iura ad altera non faciat aliquid ad suam contradicionem. Huius sunt testes rei et defensores : Bernardus Raimundus et Guillermus Garsias et Ermengaudus de Forest et Raymundus de Bauniaco et Guilabertus de Bone Vilario et Bernardus Guillermi Contor et Bernardus Guillermi de Bone Ville et Bertrandus de Avinone et ecclesie Carcasensis Guiraldus Mercerii et Bernardus Catalani et Gregorius et Petrus Calidas manus et Raimundus Poncii et Bertrandus de Molino et Martinus de Ipsa Sala et Raymundus Guiberti. Et omnes isti mandaverunt et dixerunt Ermengaudo de Forest ut faceret dictatum et cartam Tolosane ecclesie. Similiter et Petro Bernardo mandaverunt et dixerunt ut faceret dictatum et cartam ecclesie Carcasensis. Et ita fuit factum et impletum.
Hoc translatum fecit translatare dominus Petrus Isarn de antiqua carta in potestate supradictorum facta qui  ecclesias sicut superius scriptum est diviserunt. Feria II. in mense augusti XIIII. die in introitu mensis, anno MCCXXIII ab Incarnatione Domini. Petrus Pollanus translatavit haec omnia rogatus ac mandatus.

NOTE SUL LAVORO DI DARDAGAN

Amer Dardağan (STANAK, Society for Research of Bosnian Medieval History - Facoltà di Filosofia di Sarajevo) è l'autore dell'articolo Neoplatonism: the response on Gnostic and Manichaean criticism of Platonism, ossia "Neoplatonismo: la risposta sulle critiche gnostiche e manichee del platonismo". Il lavoro è consultabile e scaricabile seguendo questo link: 


Questo è l'abstract, da me tradotto:

"Lo Gnosticismo e il Manicheismo presero alcune delle idee di Platone e le plasmarono nel loro credo dualistico, causando in questo modo una tempesta di proteste da parte dei Neoplatonici, che condannarono le distorsioni gnostiche degli insegnamenti Platone. Plotino credeva che gli insegnamenti degli Gnostici fossero orribili, perché essi evidentemente seguivano gli insegnamenti di Platone e avevano alcune opinioni compatibili col Platonismo sull'origine della natura de del cosmo, ma in realtà il "mito Gnostico" travisava gli insegnamenti originali di Platone e in ultima istanza li rivoltava contro di lui. I Neoplatonici avevano una visione del mondo generalmente gioiosa e ottimistica, opposta a quella degli Gnostici che lo disprezzavano. Secondo i Neoplatonici, il Male non esiste, è soltanto una "mancanza o deficit di Bene". La sola sorgente del Male per i Neoplatonici consiste nella distanza dall'Uno, come risultato dal rivolgersi verso il basso, a piaceri materiali eccessivi e non verso l'alto, alla realtà spirituale superiore. Agostino divenne un neoplatonico in un modo indiretto, e noi sappiamo che i testi neoplatonici lo aiutarono nella sua transizione al Cristianesimo. Egli usò gli scritti platonici per attaccare il Manicheismo, una setta a cui un tempo era appartenuto. Egli giunse ai lavori neoplatonici di Plotino e di Ambrogio scritti in latino, che lo aiutarono a cambiare il suo modo manicheo di pensare al Bene e al Male. Agostino disse che il Dio Manicheo non è il vero Dio perché è vulnerabile al Male, affermando che un Dio vero è onnipotente e non può essere colpito in alcun modo. Dopo che Agostino si imbatté negli insegnamenti neoplatonici, egli definì "estremamente semplificati" gli insegnamenti manichei, mostrando che la gente in ogni situazione della vita non si trova divisa soltanto tra due alternative: il bene e il male - dato che la gente ha desideri e bisogni molteplici, complessi e complicati. Secondo Agostino, non abbiamo due sostanze in noi, in guerra l'una con l'altra, luce e tenebra, bene e male, ma il problema sta nella nostra volontà che desidera una moltitudine di cose che vogliamo, di cui soltanto alcune sono buone. In questo modo egli formulò la sua dottrina del Bene e del Male, influenzato dal Neoplatonismo, che era completamente diverso dall'approccio dualistico che troviamo nello Gnosticismo e nel Manicheismo."

Adversus Plotinum et Augustinum

Vediamo che purtroppo un pensiero banale come quello neoplatonico è riuscito a sopravvivere e a prevalere, con il suo melenso ottimismo cosmico, facendo scomparire tutti i suoi oppositori - e questo nonostante neghi in modo radicale la realtà stessa delle cose. Non spiega nulla, mente e impedisce di conoscere l'abisso in cui siamo precipitati. Oggi il mondo si inchina davanti a Plotino e ad Agostino e li celebra come massimi sapienti, anche se le opinioni da loro professate sono stolte. Gli accademici si prostrano davanti alle mummie dei due filosofi, annusandole e praticando l'osculum infame, subito imitati dai media. Ogni voce critica tace da troppi secoli. A quanto pare resto soltanto io, assieme a pochissimi simpatizzanti, a combattere contro i laudatores mundi e a squarciare questo silenzio opprimente.   

Plotino, l'Uno e lo sterco

Nella buona essenza, il pensiero platonico e neoplatonico è tutto incentrato su un'idea gerarchica dell'esistenza, al cui centro si trova l'Uno. Rispetto a Platone, i Neoplatonici come Plotino immaginarono l'Uno in modo nuovo, infondendo a tale filosofema un significato prettamente politico, plasmato in modo manifesto sulla struttura dell'Impero Romano. L'Uno veniva a rappresentare l'Imperatore, un despota divinizzato di ispirazione orientale, che irradiava perfezione e ordine come il sole genera e diffonde i suoi raggi luminosi rischiarando le tenebre intorno a sé. Man mano che ci si allontanava da questa sorgente di luce, ecco che si giungeva negli angiporti, i recessi più laidi e sordidi in cui non giungeva il fulgore della divinità. Plotino aveva tutto chiaro nei minimi dettagli: a detta sua l'esistenza della merda si spiegherebbe con la lontananza dei viventi dall'Uno. Se i mortali fossero più vicini all'Uno, la loro merda non puzzerebbe affatto. Verrebbe costantemente insufflato ossigeno nel colon sigmoide di tutti, umani e animali, così le maligne fermentazioni anaerobiche non potrebbero avvenire e la merda sarebbe commestibile! 

L'ontologia delle feci

Il punto è che non soltanto la merda si mette di traverso, invalidando ogni filosofia dell'esaltazione dell'esistenza. La merda puzza e continuerà sempre a puzzare: è inemendabile. Come ci ricorda l'autore dell'articolo, il Neoplatonismo conferma che l'anima è eterna e indistruttibile, esponendo l'idea dell'unità di tutto ciò che esiste e la sua origine da una stessa fonte. Mi domando come questa origine di tutto nell'Uno sia compatibile con la stratificazione gerarchica verticale degli stessi Neoplatonici, in cui andando verso l'alto si giunge alla perfezione e andando verso il basso si giunge nell'immondizia. Se l'Uno è ciò a cui si deve l'esistenza di ogni ente, allora ha in sé l'imperfezione, i piani bassi, il male... e la merda! Una bella antinomia! Eppure Plotino e i suoi seguaci ne erano più che certi: affermavano senza sosta che tutto ciò che esiste è buono, perché partecipa della Bontà dell'Uno. Allora anche la merda è buona!   

La schizofrenia di Plotino

Come mai Plotino polemizzò e si accanì contro gli Gnostici? Secondo Dardağan, il filosofo sarebbe stato pieno di risentimento per via delle distorsioni del pensiero platonico operate dai suoi avversari e del loro esclusivismo, per usare un vocabolo oggi tanto comune. Secondo altri, avrebbe contestato agli Gnostici l'idea di salvezza raggiunta col mero intelletto, senza pratica alcuna della virtù. In realtà è possibile che la causa ultima fosse d'altra natura. Secondo quanto ipotizzo, Plotino fu corrotto dall'Imperatore, che gli affiancò una fellatrice spermatofaga. Mi sembra quasi di assistere alla scena: quella fallofora passava il tempo a ciucciare il budellino del vegliardo, a ingerire i suoi spurghi spermatici e a disinfettargli le emorroidi con la lingua. Questa corruzione sarebbe stata dettata da motivi eminentemente politici: all'Imperatore serviva una giustificazione del suo potere, che gli Gnostici delegittimavano e attribuivano all'opera del Demiurgo. Ma chi era questo principe? A parer mio era il femmineo Gallieno, sotto cui Roma raggiunse il fondo dello sfacelo. Mi sembra troppo audace supporre che la fellatrice fosse addirittura la moglie di Gallieno, Cornelia Salonina, che aveva grande stima del padre del Neoplatonismo. Forse il dotto di Licopoli si vergognava di avere un corpo, come ci riferisce un suo biografo, proprio perché divenne del tutto asservito alle sensazioni bizantine ottenute dalla meretrice che gli fu offerta. Non si vede infatti come si possa glorificare la biologia e al contempo ritenerla vergognosa, a meno che non si sia affetti da qualche forma di grave schizofrenia. Questa nella sostanza è l'origine dell'invereconda polemica plotiniana contro gli Gnostici, poi ripresa da Agostino contro i Manichei. Un'origine ben vile, si converrà. Naturalmente le prove concrete dell'accaduto ancora mancano, ma si può ricostruirlo in ogni caso con un certo grado di sicurezza da indizi indiretti. 

La natura attiva del Male è una realtà 

Come già abbiamo rimarcato, per Plotino il Male non esiste: egli lo definisce una mera condizione negativa, che consiste nella lontananza dall'Uno. Veniamo dunque a svelare ulteriori paradossi. Sentite quanta demenza è insita nei sofismi plotiniani: "Qui ci sono alcune analogie, per prima cosa immaginiamo un corpo sano che è buono, quindi immaginiamo la ferita sul corpo. La ferita o lo stato vulnerabile del corpo non è una cosa indipendente o una sorta di "essere" che progetta di attaccare il corpo, ma semplicemente una mancanza di salute, il deficit di bontà del corpo. In modo simile, immaginiamo la ruggine su un carro, che non è una cosa indipendente, o qualcosa che esiste separatamente dal carro stesso, ma è lo stato di qualche deficit sul carro in questione". Dunque per i seguaci di una simile follia, non esistono armi né assassini. Per loro la chimica e la fisica sono cose sconosciute, come la scienza medica! Per loro non è la daga affilata ad aprire un'asola nell'addome: la ferita si formerebbe da sé per magia, per la mancanza subitanea di qualcosa di fantomatico! E noi siamo qui a sopportare un'intera civiltà fondata su simili inconsistenze partorite dalla folli! Le cose stanno ben diversamente. La patologia non è affatto un deficit: è invece un panorama immenso in cui spiccano organismi che considerano il corpo umano un immenso banchetto, difetti nel codice genetico e quant'altro. La stessa salute non è un fluido magico emanato dall'Uno, ma il frutto di complessi equilibri. Torniamo alla nostra pietra d'inciampo preferita. Torniamo alla merda. Ebbene, la merda non puzza perché le manca qualcosa. Puzza perché è un ammasso di scorie, tra cui muco, batteri e residui vari, il cui fetore è dovuto a precise reazioni chimiche di fermentazione e di putrefazione, che nascono dai programmi genetici degli organismi decompositori! Dove il Neoplatonismo vede mancanze, noi vediamo universi di una spaventosa molteplicità e complessità, in cui ciò che reca danno ai viventi è il prodotto di ben precisi codici. La stessa Scienza dà ragione a Mani, schiantando i buffoni di Licopoli e di Ippona. Peccato che gli stessi accademici non se ne rendano conto.