domenica 15 dicembre 2019


AMANTI D'OLTRETOMBA 

Paese di produzione: Italia
Lingua: Italiano
Anno: 1965
Durata: 105 min
Colore: B/N
Genere: Orrore, thriller
Sottogenere: Horror soprannaturale
Regia: Mario Caiano (come Allen Grünewald)
Soggetto: Mario Caiano, Fabio De Agostini
Sceneggiatura: Mario Caiano, Fabio De Agostini
Produttore: Carlo Caiano
Produttore esecutivo: Mario Cotone
Produttore supervisore: Pietro Nofri  
Casa di produzione: Emmeci
Fotografia: Enzo Barboni
Montaggio: Renato Cinquini
Musiche: Ennio Morricone
Scenografia: Mario Giorsi
Costumi: Mario Giorsi
Trucco: Duilio Giustini
Interpreti e personaggi:
    Barbara Steele: Muriel/Jenny
    Paul Müller: Dottor Stephen Arrowsmith
    Helga Liné: Solange
    Marino Masè (come Lawrence Clift): Dottor Derek Joyce
    Giuseppe Addobbati (come John McDouglas):
        Maggiordomo
    Rik Battaglia: David
Doppiatori italiani:
    Noemi Gifuni: Muriel
    Luisella Visconti: Jenny
    Nino Dal Fabbro: dottor Stephen Arrowsmith 
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: Nightmare Castle 
   Francese: Les Amants d'outre-tombe
   Olandese: De griezel minnaar

 
Trama: 
Scozia. Epoca vittoriana. Una terra in cui il sole non giunge. Il dottor Stephen Arrowsmith è un famoso scienziato che vive in un lugubre castello. Ha in moglie la sensualissima Muriel, fedifraga e a sua volta da lui cornificata con la matura assistente Solange. Una assistente più che matura, addirittura passa. Il dottor Arrowsmith non soltanto incarna lo stereotipo dello scienziato pazzo, ma è anche un uomo perverso e ben fornito di istinti sadici: se vivesse ai nostri tempi, sarebbe di certo un produttore di snuff movies. Si diverte a seviziare le rane nel suo laboratorio ctonio, traendo piacere da ogni istante della loro sofferenza, e conduce perigliosi esperimenti con l'elettricità. Per un po' Muriel si consola col cognac, poi passa al sesso col giardiniere, un energumeno che porta un nome tutto sommato abbastanza banale: David. Il dottor Arrowsmith scopre la tresca, così cattura gli amanti e si diverte a torturarli. Mentre David è immobilizzato, Muriel è legata al letto e lo scienziato sadico le fa cadere addosso l'acido, goccia dopo goccia, ustionandole i seni e il ventre, corrodendola, procurandole dolori infernali e godendo del suo strazio. Poi, dopo aver dilaniato atrocemente le carni della donna, la bacia sulla bocca. L'amante, che è un gorilla, freme per la gelosia. In un'estrema convulsione maledice il torturatore e apostrofa Muriel chiamandola "cagna". Tanto è tutto inutile: viene ucciso di torture e sfigurato assieme alla donna, tramite una spietata elettrocuzione. Il dottore diabolico estrae il cuore dal petto dei due amanti e lo ripone in un'urna di vetro, quindi usa il loro sangue per ringiovanire la perfida Solange. Il suo piano è semplice: impadronirsi dell'eredità della defunta consorte, la vera detentrice delle ricchezze. Subentrano alcuni problemi non trascurabili: prima di morire, Muriel ha affermato che le sue cospicue sostanze andranno alla sorellastra Jenny, che è mentalmente instabile e conduce un'esistenza precaria passando da un manicomio all'altro. La soluzione escogitata dallo scienziato pazzo è il matrimonio con Jenny. Non gli sembra difficile far interdire una donna tanto psicolabile e incamerare tutti i suoi averi. Le nozze avvengono come programmato. Una volta entrata nella sua nuova dimora, Jenny comincia ad avere incubi: ode il suono di due cuori che battono e la voce di Muriel che la istiga ad uccidere il marito. Data la situazione congravescente, il dottor Derek Joyce viene invitato al castello per curare la donna. Dopo varie vicissitudini, il giovane medico scopre l'urna con i cuori degli amanti uccisi. Questo fa sì che i due ritornino dall'Oltretomba come orridi spettri assetati di vendetta, riuscendo ad ottenerla. Muriel brucia vivo il dottor Arrowsmith nei sotterranei dove straziava le rane, mentre David priva Solange del sangue fino a ridurla a uno scheletro. A questo punto il dottor Joyce pone fine all'infestazione sovrannaturale distruggendo i due cuori tra le fiamme del camino, quindi fugge assieme a Jenny da quel luogo infernale.  

 
Recensione:
Il bianco e nero opprimente e plumbeo è stato una manna per questa pellicola, che altrimenti avrebbe rischiato la damnatio memoriae come tanti altri prodotti degli anni '60. Ottima la colonna sonora composta da Ennio Morricone. Mentre le sequenze si avviano alla conclusione, ci si aspetterebbe uno splendido incendio, sola forza purificatrice in grado di spazzare via ogni maledizione e ogni impurità. Questo purtroppo non avviene, dato che per malaugurata scelta del regista piove a dirotto e le fiamme non potrebbero attecchire. Nascondendo in me l'essenza di un piromane simile a Nerone, non posso tacere la mia delusione per questo finale mancato. Ci sono soltanto i due cuori degli amanti, trafitti da uno stiletto, che ardono una volta gettati nel camino. L'elemento sovrannaturale degli spettri sanguinanti è a parer mio un po' troppo invadente, stride quasi con il razionalismo illuministico del sadico dottor Arrowsmith. Questo personaggio, per certi versi squallido, è il vero elemento innovatore della pellicola. Introduce qualcosa di originale, del tutto inaspettato ai tempi in cui il film fu girato: l'uso voluttuario della tortura. Al giorno d'oggi non si potrebbero mai girare scene simili. Le femministe e i buonisti politically correct insorgerebbero, tuonando contro la rappresentazione di atti di violenza su una donna (costoro riterrebbero il giardiniere irrilevante in quanto di sesso maschile). Poi si leverebbe qualche altra Erinni ad accusare a destra e a manca di apologia della tortura, etc. etc. Ne nascerebbe un caso mediatico, un casino inenarrabile. Poi ci si stupisce, Diabole Domine, se la Settima Arte è fottutamente morta, affogata in un lago di liquame fatto di remake fecali. Poi ci si stupisce se in fondo in fondo si rivorrebbero i vecchi trash. 
 

Alcune note sui personaggi femminili 
 
Barbara Steele si sdoppia: da una parte la versione corvina e infera, Muriel, dall'altra la versione bionda e angelica, Jenny. Francamente preferisco di gran lunga Muriel, con tutto il suo carico di potere seduttivo misto a malvagità. Jenny mi sembra piuttosto insostanziale, non ha mordente, sembra essere appena abbozzata. Questo non è certo l'unico caso di doppia interpretazione dell'attrice in uno stesso film: la vediamo impegnata in un doppio ruolo anche in altre pellicole gotiche, come La maschera del demonio (aka Black Sunday, di Mario Bava, 1960), I lunghi capelli della morte (1966) e Un angelo per Satana (1966). Teo Mora nel suo ponderoso saggio Storia del cinema dell'orrore (Fanucci Editore, 1977) commentò Amanti d'oltretomba con queste parole: 
 
"Se la donna è la protagonista incontrastata dell'horror italiano, non lo è mai come in questo film, dove Barbara Steele si sdoppia nei due ruoli tipici dell'eroina perseguitata e ridotta alla follia e della vendicatrice implacabile."
 
C'è anche un altro personaggio femminile degno di nota. La vampirica Solange, interpretata da Helga Liné, è un enigma. Non sono state spese molte parole su di lei, eppure è abbastanza rilevante nella trama. Custodisce segreti oscuri, ricatta, manovra, trasforma in Male ogni cosa con cui viene a contatto. Non si sa da dove provenga, non si capisce come sia entrata nella vita del dottor Arrowsmith (che a quanto pare preferisce la sua compagnia a quella della moglie). L'unica cosa certa è la sua immensa avidità, la sua bramosia di impadronirsi del denaro e della vita altrui, il che mi fa supporre un'origine slava. Deve trattarsi di un vurdalak o di qualcosa del genere.  


Il boia sadico 

È certamente notevole l'interpretazione di Paul Müller nei panni del dottor Aerosmith. Me lo immagino coi capelli rossi come il fuoco. Mentre infligge spaventosi tormenti alle sue vittime, i suoi occhi brillano come tizzoni infernali. Sarebbe un errore assimilare questo personaggio ad altri scienziati pazzi di celluloide. A muoverlo non è il desiderio di emulare Prometeo, bensì l'unione tra il proprio innato sadismo e un istinto primordiale quanto invincibile: la vendetta. A scatenare la sua ira e la sua volontà distruttrice è stato il disprezzo provato nei suoi confronti dalla moglie, una donna che odia in modo profondo l'intelligenza dell'uomo, essendo invece attratta dalla bruta animalità. Più simile al Divino Marchese che a Victor Frankenstein, il torturatore scozzese ha una complessità di cui forse nemmeno gli artefici della pellicola erano consapevoli.    

Curiosità 

Il regista Mario Caiano aveva avuto la brillante idea di evidenziare le scene truculente con una pacchiana colorazione rossa. Per fortuna il budget piuttosto scarno lo ha convinto a desistere dall'insano proposito. Se la sua trovata fosse stata realizzata, oggi avremmo qualcosa di veramente inguardabile. 
 
La sceneggiatura originale si intitolava Orgasmo. Cosa abbastanza assurda, dato che non c'è molto di erotico nel film. L'idea dei cuori degli amanti estirpati, trafitti e in seguito combusti, richiama in modo abbastanza vago il racconto di Edgar Allan Poe intitolato Il cuore rivelatore (The Tell-Tale Heart). 
 
Caiano disse che l'ispirazione per questo film  gli venne dall'amore per l'attrice Barbara Steele e per il genere gotico, a cui si avvicinò leggendo per la prima volta l'opera di Poe, nel 1943. Affermò anche di non essere stato influenzato da Mario Bava e di non ricordare di aver visto alcun suo film in quell'epoca, forse con una sola eccezione, La maschera del demonio. Se devo esser franco, mi sa tanto di excusatio non petita
 
Lo pseudonimo Allan Grünewald usato da Mario Caiano per firmare il film ha una spiegazione molto semplice e razionale: Allan è il secondo nome di Edgar Allan Poe, mentre il cognome è quello di Matthias Grünewald (1480 - 1528), un pittore rinascimentale famoso per le tinte cupe usate nei suoi dipinti. Joris-Karl Huysmans ne era ossessionato e descrisse con parole indimenticabili la Crocifissione di Issenheim nel romanzo Là-bas (L'abisso, 1891).  

 
Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Nel mondo anglosassone e non solo, Amanti d'oltretomba ha avuto un buon riscontro, mentre in Italia è sprofondato quasi subito nell'Oblio.
 
«Come sottolineato in altre occasioni, la fantascienza all'italiana è un genere cinematografico che non ha mai incontrato grandi consensi presso il pubblico nostrano (specialmente quando ad occuparsene sono stati produttori di Cinecittà, poveri di mezzi e talora anche di fantasia) e che raramente è andato oltre il fenomeno d'imitazione. Più remunerativo è stato invece il sottogenere della fantamedicina che meglio si conciliava con il timido permissivismo degli anni '60 e consentiva di reinterpretare i collaudati schemi dell'horror, del feuilleton e del thriller. In questo senso, il film di Mario Caiano è uno dei prodotti più interessanti del periodo e più conosciuti all'estero.»
(Fantafilm)

Lo stesso Paul Müller ha dichiarato: «Per me questo era un ottimo film ma non ha avuto successo forse perché era troppo fatto bene e diverso per il genere del film dell'orrore".» 
 
Si trovano alcuni interventi interessanti sul Davinotti. Ne riporto alcuni in questa sede, a pubblica edificazione. 
 

Faggi ha scritto:

"Horror melodrammatico o melodramma macabro - comunque folle - dove, come in un fumetto horror all'italiana di quelli che verranno (il pensiero va, non a caso, al rinomato "Oltretomba"), può accadere di tutto infischiandosene della logica; lasciando che il clima e il tono - cupi, morbosi, lugubri, erotici, squisitamente fuori controllo - giochino tutta la partita. Barbara Steele imprescindibile, languida e spiritata; notevole Helga Liné; paul Muller ha l'essenziale fisico del ruolo. Caiano, in cabina di regia, fa il burattinaio magico." 
 
Stefania ha scritto: 
 
"Nessuna sorpresa, piacevolissime conferme in questo gotico sorretto dalle vecchie e solide colonne della "vendetta tramite doppio inconsapevole" e neo-vampirismo pseudo-scientifico (eterna giovinezza tramite trasfusioni sanguigne, con macchinario ad hoc!). Ma la Steele in versione demone nero-angelo biondo, gli squarci di sadismo e l'immaginifico finale rendono la visione un intrattenimento di buon livello. Metem-psicotico! 
MEMORABILE: Le torture ai due amanti; il congegno per folgorare la Steele nella vasca da bagno (e poi ci rimette le penne qualcun altro!)."
 
Lythops ha scritto: 
 
"Un gotico italiano d'altri tempi, con una narrazione molto televisiva, lento in alcuni punti al limite della noia, ma con una bravura di fondo che riesce a salvarlo anche per merito di Paul Muller, che riesce a essere irritante e odioso nel dar vita al suo personaggio basandosi soprattutto sullo sguardo e la movenza. Troppo caricata Barbara Steel, per quanto bella. Fredda la Liné. Buone le musiche di Morricone, ma stranamente invadenti. Grandi i doppiatori.
MEMORABILE: "Ti spoglierò dei desideri volgari per dartene altri più raffinati" "Non capisco" "Non importa".
 

Etimologia di Muriel 

Il nome femminile Muriel è di chiara origine celtica: deriva dal gaelico Muirgheal, che significa "Splendore del Mare". Infatti è un composto di muir "mare" (gallico more, mori-, che ha la stessa origine del latino mare) e di geal "splendore" (la cui radice si trova nel nome di Virgilio, ossia Vergilius "Molto Splendente", col prefisso gallico ver- che ha la stessa origine del latino super-).

giovedì 12 dicembre 2019


LADY FRANKENSTEIN

Titolo originale: Lady Frankenstein
AKA: La figlia di Frankenstein, Daughter of Frankenstein,
    Madame Frankenstein 
Lingua originale:
Inglese, italiano
Paese di produzione: Italia, Stati Uniti d'America
Anno: 1971
Durata: 96 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Orrore, protofantascienza
Regia: Mel Welles (come Ernst R. von Theumer); 
    Aureliano Luppi (non accreditato)  
Soggetto: Dick Randall, Edward Di Lorenzo, Mary Shelley
    (romanzo, non accreditata)
Sceneggiatura: Mel Welles, Edward Di Lorenzo
Produttori: Umberto Borsato, Hurbert Case, Gioele
    Centanni, Harry Cushing (come Harry C. Cushing),
    Egidio Gelso, Jules Kenton, Mel Welles
Casa di produzione: Condor International Productions
Fotografia: Riccardo Pallottini (come Richard Pallotin)
Montaggio: Cleofe Conversi (come Cleo Converse)
Effetti speciali: Carlo Rambaldi (come Charles Ramboldt)
    (animazione)
Musiche: Alessandro Alessandroni
Costumi: Maurice Nichols
Trucco: Timothy Parson
Interpreti e personaggi:
    Joseph Cotten: Barone Frankenstein
    Rosalba Neri (come Sara Bay): Tania Frankenstein
    Paul Müller: Dottor Charles Marshall
    Peter Whiteman: La Creatura
    Herbert Fux: Tom Lynch, il tombarolo ashkenazita
    Renate Kasché (come Renata Cash): Julia Stack
    Lorenzo Terzon (come Lawrence Tilden): L'assistente di
       Harris
    Ada Pometti (come Ada Pomeroy): La moglie di Atkins
    Andrea Aureli (come Andrew Ray): Jim Turner
    Joshua Sinclair (come Johnny Loffrey): John
    Richard Beardley: Simon Burke
    Petar Martinovitch (come Peter Martinov): Jack Morgan
    Adam Welles: Un bambino
    Mickey Hargitay: Capitano Harris
    Herb Andress (non accreditato): Il gobbo
    Marino Masè (non accreditato): Thomas Stack
Doppiatori originali:
    Linda Gary (non accreditata): Tania Frankenstein
    Mel Welles (non accreditato): Tom Lynch, il tombarolo
        ashkenazita
Titoli tradotti:
    Francese: Lady Frankenstein, cette obsédée sexuelle

Trama:
Il Barone Frankenstein è impegnato in sacrileghi esperimenti nel suo castello. Assieme al suo aiutante, il dottor Marshall, usa le scariche elettriche per infondere la vita al cadavere di un uomo in cui ha provveduto a trapiantare il cuore e il cervello di un assassino. La mostruosa creatura, che non ha affatto gradito di esser stata suscitata dalle Tenebre, si vendica e uccide il suo creatore spezzandogli la schiena, quindi fugge nella notte. La figlia del Barone, Tania, approfitta dell'amore che il dottor Marshall prova per lei, mettendo in atto un piano diabolico per vendicarsi. Viene creato un secondo mostro dal robusto corpo di Thomas, un giovane mezzadro con gravi ritardi mentali, sedotto dalla donna e ucciso dal suo complice con un cuscino mentre è scosso dall'orgasmo. Il cervello e il cuore trapiantati nel cadavere di Thomas sono quelli del dottor Marshall: la creatura così ottenuta ha una forza sovrumana e una grande intelligenza, doti che Tania spera possano bastare a sconfiggere l'assassino di suo padre. Tutto sembra procedere come previsto: il mostro con il cervello del dottor Marshall e il corpo di Thomas affronta e uccide il suo avversario, che nel frattempo ha sparso terrore e morte nel contado. Poi qualcosa va storto, senza preavviso. Mentre la libidinosa figlia del Barone Frankenstein viene posseduta carnalmente dall'ibrido Marshall/Thomas, sorge in questi un impulso violento e incoercibile: le mani possenti come tenaglie si stringono sul collo di lei e la strangolano. Un incendio catartico consuma l'intero castello mentre Tania spira tra le convulsioni del soffocamento. 


Recensione: 
Un film di un trash assoluto, semplicemente inguardabile, a tratti persino ripugnante. In effetti si tratta di una copro-duzione italo-statunitense: non si può goderne la visione senza un certo gusto per gli escrementi e per le più abiette manipolazioni in voga a Sodoma. Direi che Lady Frankenstein è l'equivalente cinematografico del sentire quella pasta marrone sulla lingua, o almeno ci si avvicina molto. Ai nostri giorni questo film non potrebbe più essere girato, dato che uno dei personaggi è un minorato mentale: non essendo descritto come un X-man o come Superman, sarebbero automaticamente violati i diktat del buonismo politically correct. Il fatto poi che questo oligofrenico sia concupito dalla figlia del Barone Frankenstein, interpretata dalla bellissima Rosalba Neri, finendo addirittura soffocato durante un atto sessuale, fa sì che la narrazione urti ancora di più la suscettibilità dei buonisti. Andando aventi così, finiremo schiavi di un algoritmo onnipresente e onnipotente, in grado di colpire e di censurare i pensieri sul nascere, impedendo loro persino di diventare parole. Approfitto degli ultimi barlumi di libertà concessi al genere umano e non esito ad esprimerere il mio dissenso, la mia irriducibile opposizione ad ogni tentativo di irreggimentare le idee. 

Un detective garrulo e demente
 
I personaggi sono appena abbozzati, spesso incongrui. Il capitano Harris, che dovrebbe essere un proto-detective della tipologia di Auguste Dupin e di Sherlock Holmes, è soltanto un chiacchierone fatuo e delirante, tutto fuorché dotato di raziocinio. La sua incapacità è tale che persino un idrocefalo paralitico sarebbe in grado di gestire meglio la situazione. Caronte si rifiuta di traghettare l'inetto poliziotto, Plutone non lo vuole nelle dimore infere e lo vomita: lo spettatore tira quasi un sospiro di sollievo quando lo vede cadere morto, poi purtroppo salta di nuovo in piedi e si mette a farfugliare. 
 
 
Una fisiologia assurda 
 
Il cervello è considerato come una pila che muove un giocattolo. Non ci sono vasi sanguigni né terminazioni nervose da saldare e da far funzionare: basta inserire un cervello in una scatola cranica, dare una scossa e tutto è a posto, il cadavere comincia a muoversi. Non si sa tramite quale principio della biologia e della fisiologia questo prodigio possa accadere. In pratica l'encefalo non è un organo, bensì un'entità magica non dissimile dalla pietra filosofale. Il sangue gorgoglia nelle storte ha l'aspetto del sugo di pomodoro che bolle in una pentola, il suo colore è chiaro e sgargiante, quasi fosforescente, pacchiano oltre i confini dell'assurdo. E soprattutto non coagula mai, la sua densità è sempre come quella dell'acqua. Secondo il genio della scienza medica che era Mel Welles, il sangue resterebbe perfettamente fluido anche nei cadaveri, al punto che basterebbe una puntura nella pelle sempre rosea per spillarlo come vino da una botte. Guardando Lady Frankenstein si ha l'impressione che Leonardo da Vinci abbia compiuto invano i suoi studi sull'anatomia e che ci fossero conoscenze più progredite nel Medioevo! Il fatto che gli effetti speciali siano opera di Carlo Rambaldi costituisce una macchia indelebile sulla sua carriera.     

Un'ambientazione senza senso
 
La storia si svolge in un fantomatico staterello della Mitteleuropa e potrebbe benissimo essere collocata nella Germania anteriore all'unione doganale (Zollverein). Tuttavia, in totale contraddizione con questo assunto narrativo, i cognomi sono per la maggior parte anglosassoni. Marshall, Lynch, Atkins, Morgan, Harris, Turner, Stack, Burke: in pratica l'unico elemento genuinamente germanico è proprio Frankenstein. Non viene illustrato alcun antefatto pseudostorico per questa improbabile colonizzazione inglese nel cuore di un'Europa che dovrebbe essere di lingua tedesca. Certo, si potrebbe pensare a un'analogia con i film tratti dal Dracula di Bram Stoker, in cui vediamo all'opera l'agente immobiliare Harker e l'ineffabile Renfield, servitore fedele del Vampiro e gran mangiatore di scarafaggi. Si noterà che nel caso della pellicola di Welles non si può pensare a qualche cittadino britannico migrato per lavoro in un remoto paese del continente: siamo di fronte a una vera e propria sostituzione etnica!
 
Un dettaglio degno di nota 
 
Il tombarolo Tom Lynch appartiene al Popolo Eletto. Nella sua casa ha in bella mostra una menorah, ossia un candelabro a sette braccia, che lascia ben pochi dubbi in merito. Il nominativo del tristo figuro, Tom Lynch, in fondo ha poca importanza, dato che potrebbe esserselo cambiato. C'è piuttosto da chiedersi cosa intendesse suggerire l'artefice, ormai non indentificabile, di questo importante segnale allo spettatore. Si tratta di propaganda antisemita? Forse il manufatto ebraico in casa del tombarolo vorrebbe suggerire un'appartenenza religiosa specifica di un individuo moralmente degradato che maneggia i morti? Non posso escluderlo a priori. Una cosa è certa: pochissimi si sono accorti del sinistro dettaglio, così si può pensare che il messaggio non sia rivolto a un pubblico grossolano e sprovveduto. 
 

Un'eroina romantica 
 
Nelle intenzioni di Max Welles, la figlia del Barone Frankenstein dovrebbe rappresentare il prototipo di donna disinibita, indipendente e di grande intelligenza, che lottava per affermarsi in un mondo in cui il potere era detenuto dagli uomini. Se questo fosse vero, la sua duplice morte per strangolamento e per combustione sarebbe quindi da considerarsi come una punizione ad opera di Dio, del Destino o del Karma, provocata dalla sua hybris, ossia dalla titanica sfida alle convenzioni imperanti. In effetti Tania sembra proprio una perfetta unione di eros e di nichilismo. Questa in genere è la chiave di lettura proposta dalla critica. Non si tiene conto del fatto che forse il regista e sceneggiatore a queste cose non ci aveva nemmeno pensato. Peccato che la sensualissima Rosalba Neri sia stata sprecata in produzioni tanto scadenti, avrebbe potuto avere una fama ben più grande di quella della Fenech! 

Fantascienza e diritti d'autore scaduti 
 
Se possiamo goderci mer(d)aviglie come Lady Frankenstein è soltanto per un motivo, a prima vista banale: i diritti d'autore sul romanzo di Mary Shelley, Frankenstein, o il moderno Prometeo (1816), sono ormai scaduti. L'opera è quindi di dominio pubblico ed è possibile manipolarla ad libitum, una facoltà di cui in moltissimi hanno abusato, dando origine a ogni sorta di abominio. La pertinenza del mito di Frankenstein alla fantascienza dovrebbe essere abbastanza ovvia, invece non è così. In genere tutto ciò che ha a che fare con questo filone narrativo è attribuito al genere horror e considerato lontanissimo dalla fantascienza. Non è nemmeno visto come qualcosa di simile al fanta-horror. Eppure la creazione di una creatura mostruosa a partire da parti di cadaveri servendosi dei mezzi della Scienza dovrebbe essere fantascienza allo stato puro. Il punto è che nell'immaginario collettivo è etichettato come fantascienza soltanto ciò che è ambientato nel futuro. La proto-fantascienza non è nemmeno considerata.         
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Non si può certo dire che il film sia stato ben accolto dalla critica, anche se ha comunque i suoi estimatori e qualcuno addirittura lo considera un cult (credo per via dell'erotica Rosalba). Questo è un giudizio abbastanza tipico:  
 
«Greve rielaborazione della storia di Frankenstein diretta con mano anonima da Mel Welles (autore anche del mediocre La isla de la muerte). Nonostante qualche commentatore abbia tentato una lettura allegorica del personaggio di Tania (il suo tragico destino significherebbe la condanna della donna libera e indipendente in una società rigidamente maschilista), la sceneggiatura sfiora ripetutamente il ridicolo. A tener desta l'attenzione del pubblico sono alcune situazioni moderatamente violente ed erotiche (tagliate in alcune edizioni) che raggiungono il culmine nella gratuita, breve scena di nudo dell'avvenente Rosalba Neri. Joseph Cotten, nel ruolo del barone Frankenstein, fa un'impressione penosa, specialmente in chi lo ricorda interprete di grande finezza in opere che sono entrate nella storia del cinema.»
(Fantafilm, riportato in diversi siti) 
 
Qualche interessante intervento si trova sul Davinotti. 
 
 
Homesick ha scritto:

"L'originale idea di continuare al femminile il mito di Frankenstein con una donna-demiurgo che anela a creare un amante perfetto sia come intelligenza che come virilità non va lontano, essendo subito rovinata dalla sciattissima regia di Mel Welles e da una sexploitation d'infima lega, cui si aggiungono il ridicolo makeup della Creatura e l'insulso finale. Nonostante simile contesto, Cotten si comporta sempre da immenso professionista del cinema e la Neri vanta un volto e un fisico perfetti per queste figure muliebri perverse e malefiche."  
 
Ronax ha scritto: 
 
"Per ravvivare un tema ormai consunto, ma che continuerà a sfornare epigoni, gli sceneggiatori non trovano di meglio che far uscire rapidamente di scena il dottore per sostituirlo con sua figlia, una diabolica sexy dottoressa che ne combinerà peggio del padre. Scombinato e stiracchiato, il film frana su tutti fronti a partire dalla povertà delle location e dal ridicolissimo maquillage della "creatura". La Neri, sempre splendida, sfoggia un paio di pregevoli nudi, mentre Cotten, Muller e Hargitay eseguono il compitino senza troppa convinzione." 
 
Von Leppe ha scritto: 
 
"La trama è scombinata e non realizzata al meglio; racconta la nota storia di Frankenstein con l'aggiunta di una figlia, che segue le orme del padre ed essendo una donna si sa come va a finire... Sesso e orrore sono gli elementi di questo tipico gotico dei primi anni 70. Ci sono ottime inquadrature del castello e i suoi interni, scenografie e fotografia apprezzabili. Buon cast di protagonisti: Cotten, Muller e Neri. Dare nomi inglesi ai personaggi del film non l'ho trovata una buona idea."

martedì 10 dicembre 2019


LA COSA DA UN ALTRO MONDO

Titolo originale: The Thing from Another World
AKA:
The Thing
Lingua originale: Inglese

Paese di produzione:
Stati Uniti d'America

Anno:
1951

Durata:
87 min

Colore:
B/N

Rapporto:
1,37 : 1

Genere:
Orrore, fantascienza

Regia:
Christian Nyby, Howard Hawks

Soggetto:
John W. Campbell

Sceneggiatura:
Charles Lederer, Howard Hawks, Ben Hecht

Produttore:
Howard Hawks, Edward Lasker

Casa di produzione:
RKO Radio Pictures (come An R K O 

    Radio Picture)

Fotografia:
Russell Harlan

Montaggio:
Roland Gross

Effetti speciali:
Donald Steward

Musiche:
Dimitri Tiomkin

Scenografia:
Albert S. D'Agostino, John Hughes, Darrell 

    Silvera, William Stevens

Costumi:
Michael Woulfe

Trucco:
Lee Greenway

Interpreti e personaggi: 

    Kenneth Tobey: Capitano Patrick Hendry 

    Margaret Sheridan: Nina (Nikki) Nicholson 

    Robert Cornthwaite: Dottor Arthur Carrington 
 
    Douglas Spencer: Ned Scott 
    James Young: Eddie Dykes 

    Dewey Martin: Sergente Bob 

    Robert Nichols: Ken MacPherson 

    William Self: Barnes 

    Eduard Franz: Dottor Stern 

    Sally Creighton: Signora Chapman 

    James Arness: La Cosa 

    John Dierkes: Dottor Chapman (non accreditato)

    George Fenneman: Dottor Redding (non accreditato)

    Paul Frees: Dottor Vorhees (non accreditato)

    Everett Glass: Dottor Wilson
(non accreditato)
    Nicholas Byron: Tex Richards (non accreditato)
    Edmund Breon: Dottor Ambrose (non accreditato)
    Norbert Schiller: Dottor Laurence (non accreditato)
    David McMahon: Generale Fogarty (non accreditato)
    Charles Opunui: Un eschimese (non accreditato)
    "King Kong" Kashey: Un eschimese (non accreditato)
    Riley Sunrise: Un eschimese (non accreditato)
    Walter Ng: Secondo cuoco (non accreditato)
Doppiatori italiani: 
    Mario Pisu: Capitano Patrick Hendry 

    Rosetta Calavetta: Nina Nicholson 

    Sandro Ruffini: Dottor Arthur Carrington 

    Emilio Cigoli: Ned Scott 

    Gualtiero De Angelis: Eddie Dykes 

    Adolfo Geri: Sergente Bob 

    Gianfranco Bellini: Barnes 

    Giorgio Capecchi: Dottor Stern 

    Aldo Silvani: Dottor Chapman 

    Renato Turi: Dottor Fenneman 

    Stefano Sibaldi: Dottor Vorhees 

    Amilcare Pettinelli: Dottor Wilson 

    Riccardo Mantoni: Tex Richards

Titoli tradotti:
    Tedesco: Das Ding aus einer anderen Welt
    Olandese: Het ding van een andere wereld
    Francese: La Chose d'un autre monde
    Spagnolo: El enigma de otro mundo
    Spagnolo (titolo alternativo): La cosa
    Portoghese (Portogallo): A Ameaça
    Portoghese (Brasile): O Monstro do Ártico
    Euskara: Beste Mundu Bateko Gauza
    Polacco: Istota z innego świata
    Russo: Нечто из иного мира
    Finnico: ’Se’ toisesta maailmasta
    Greco: Το πράγμα από τον άλλον κόσμο
    Ungherese: A lény - egy másik világból
    Giapponese: 遊星よりの物体X 
Box office: 1,95 milioni di dollari USA 
 
 
Trama: 
Nella base artica di Anchorage, in Alaska, i militari vivono allegramente, passando il loro tempo in amenità incessanti. Anche se dovrebbe trattarsi di un'installazione all'avanguardia, sembra un saloon pieno zeppo di cavalleggeri con l'uniforme dei tempi del generale George Armstrong Custer. L'ambiente dovrebbe essere dei più duri, ma nessuno se ne accorge nemmeno per un istante: non appena si passa dall'esterno nevoso all'interno tiepido, come per incanto ci si trova a proprio agio. Non esistono attrezzature o abiti adatti ad affrontare i rigori di quelle terre desolate: basta un cappotto con cappuccio coperto di pelo all'interno e via, si è pronti a qualsiasi prova di eroismo. All'improvviso accade qualcosa di imprevisto. Il capitano Pat Hendry deve recarsi immantinente in una perigliosa ed impervia installazione scientifica, dove lavora Nikki Nicholson, una splendida pupa che lo attizza moltissimo. Contro ogni sano principio, viene permesso che alla spedizione si aggreghi un elemento nocivo come un bacillo del colera: l'infame Ned Scott, un abietto giornalista che per fare scoop venderebbe il cadavere di sua madre ai necrofili. Quando il capitano Hendry arriva a destinazione col suo seguito, il direttore della base, il professor Carrington, gli rivela qualcosa di molto grave. Un'immensa massa metallica è precipitata e si è schiantata sulla banchisa, sprofondando e finendo subito intrappolata tra i ghiacci. Forse si tratta di un'astronave extraterrestre. Giunti sul luogo, il capitano e i suoi uomini possono soltanto constatare che sotto una lastra semitrasparente di ghiaccio si intravede quello che è proprio un veicolo alieno. A causa dell'incauto uso di una preparazione pirotecnica da parte di un coglione, si scatena un'esplosione che distrugge irrimediabilmente il prezioso reperto. Dopo brutti attimi di disperazione per la spaventosa perdita, viene notata una massa scura che sembra un corpo immane imprigionato nel ghiaccio: è proprio un occupante della navicella che ha tentato di mettersi in salvo, senza riuscire però a raggiungere la superficie. Per poter trasportare alla base il reperto, contro ogni sano principio, gli uomini procedono a sezionare un gran blocco di ghiaccio contenente l'alieno. Il reperto viene messo in un magazzino e custodito da un militare: affinché ci sia sempre qualcuno di guardia, si effettuano gravose turnazioni. Accade così che per la banale disattenzione di un soldato, una coperta termica venga a contatto con il ghiaccio, causandone lo scioglimento. L'alieno, un gigantesco umanoide assai simile al mostro di Frankenstein, riprende subito vita, quindi si leva dal suo sepolcro glaciale e fugge all'esterno nella tormenta, ingaggiando una lotta furibonda con i cani da slitta. Nella colluttazione l'extraterrestre perde un avambraccio, che trovato e viene portato nella base per analisi scientifiche - ovviamente senza alcuna precauzione. Gli scienziati che analizzano l'arto amputato giungono alla conclusione che il tessuto sia di natura vegetale. Dal momento che un simile organismo non potrebbe sostentarsi con la fotosintesi clorofilliana, gli vengono attribuite caratteristiche vampiriche: entrando a contatto col sangue, i tessuti acquisterebbero vita e possanza, oltre alla capacità di autorigenerarsi. Ecco che la base è assediata da questa creatura completamente priva d'intelletto, animata da una furia impressionante: un energumeno dotato di forza sovrumana, che fa di tutto per entrare. Tra i fittissimi discorsi del personale e le pressioni continue del giornalista molesto, ha luogo la strenua resistenza agli assalti del mostro. Ogni tentativo di respingere la minaccia sembra vano, ma alla fine viene organizzata una trappola efficace. Tramite un gruppo elettrogeno l'alieno viene attraversato da un possente arco voltaico e finisce incenerito, annientato per elettrocuzione. Il giornalista, a cui per motivi di sicurezza era stato vietato di parlare alla radio, diventa padrone della scena. Annuncia all'intero genere umano la vittoria sull'invasore, con serrati e insopportabili peana che si concludono con un inquietante monito. 

Citazione:
"Ditelo a tutti dovunque si trovino. Dovunque, scrutate il cielo."
(Ned Scott)


Recensione: 
Tra i prodotti della fantascienza maccartista, questo è uno dei più lividi, grevi e grossolani. Non credo di esagerare affermando che non veicola alcun contenuto degno di qualche interesse filologico, antropologico e più in generale scientifico. L'inverosimiglianza è assoluta in ogni dettaglio. Nell'impianto narrativo non c'è praticamente nulla che si possa definire credibile. Anche se questo film era tra i preferiti di grandi come John Carpenter e Ridley Scott (spero che l'età abbia loro portato consiglio), mi si permetta di non inchinarmi in modo pedissequo a queste loro opinioni, per me tanto scandalose. Quando qualcosa non mi piace, resto fermo nel contrastare ogni atteggiamento cultistico e nel conservare sempre un atteggiamento critico, a costo di dispiacere alle moltitudini adoranti. Va bene, va bene, non dico che la pellicola di Nyby-Hawks sia un escremento di celluloide, ma ci manca davvero poco! I confini del trash sono sfiorati di continuo. Mi astengo dal bollare l'opera come una paccottiglia senza valore soltanto per evitare il linciaggio da parte di torme di cinefili inferociti e dediti al cyberbullismo. Ok, mi limiterò a dire che questa fatica di Nyby-Hawks non valeva nemmeno la pena di essere iniziata.  

Problemi di adattamento e incoerenze
 
L'incapacità di tradurre in fotogrammi il racconto di John W. Campbell, Who Goes There? (1938), ha plasmato la natura del film. Quando Campbell scrisse la sua opera, non esistevano basi in Antartide. Il continente era attraversato da spedizioni esplorative rischiosissime, al punto che nessuno considerava l'idea di impiantare stanziamenti stabili in quel continente inospitale. Quando Nyby e Hawks iniziarono le riprese, esistevano alcune basi permanenti cilene e argentine nella Terra di Graham, fondate pochi anni prima. Bisognerà aspettare la seconda metà degli anni '50 per vedere le prime basi americane permanenti, come quella di McMurdo, fondata nel 1956. Questa è la ragione per cui La cosa da un altro mondo è ambientata nelle terre artiche, non in Antartide. Sembra che nessun critico se ne sia accorto: tutti fanno passare la scelta per un arbitrio bizzarro, mentre aveva una sua ragion d'essere. Con mezzi primitivi come quelli a disposizione nel 1951, era impossibile ambientare un film in Antartide senza mostrare un riparo stabile, simulando una spedizione nel bel mezzo di una tormenta, tanto per fare un esempio. Serviva un ambiente tranquillo, ben al riparo, in cui la vicenda potesse svolgersi senza troppe difficoltà tecniche. Anchorage in Alaska è parsa una scelta sensata come teatro della storia, dato che si poteva dare l'impressione di essere in una base simile a un saloon senza spendere un'eccessiva parte del budget. La paranoia campbelliana non era un'opzione per gli agguerriti registi, che non amavano l'assenza di certezze. Così l'umanità da loro messa in scena reagisce in modo compatto di fronte al mostro, allegoria e geroglifico del colossale trinariciuto sovietico con cui è vano ogni tentativo di comunicazione. Non si avverte alcun dubbio, alcun cedimento, alcuna tentazione di abbandonarsi all'ipotermia e di spirare nel gelo, sprofondando nell'incoscienza prima di essere raggiunti dagli artigli dell'abominevole extraterrestre. Tutti sono animati dal senso del dovere e da una combattività estrema. L'unico sospetto che si potrebbe scorgere è quello, giustissimo, dei militari verso quell'acaro che è il giornalista, Ned Scott. L'arroganza di quel parassita immondo è infinita, al punto da spingerlo a tener testa agli ordini che impongono la riservatezza della comunicazione: egli vorrebbe rivelare all'istante tutto ciò di cui viene a conoscenza, urbi et orbi, anche a costo di compromettere una situazione già di per sé difficile. Si nota la sua pronta citazione della Costituzione, senza tener conto che la disciplina militare, più restrittiva, si deve applicare senza esitazione in quel conteso di emergenza. Alla fine del film si nota un'ingenuità madornale: al maligno Ned Scott viene concesso il diritto di parlare al mondo intero via radio, annunciando in ogni dettaglio l'accaduto. Nella realtà non accadrebbe mai una cosa di questo tipo. 

 
Condizioni estreme e predazione sessuale 

Una pupa sensualissima come Nikki Nicholson non sarebbe uscita indenne da un avamposto artico in mezzo a un così gran numero di uomini: l'avrebbero rotta davanti e di dietro, per poi sommergerla nello sperma (mi si perdonino i francesismi). Sarebbe stata costretta a continue gangbang e annientata. Dubito che avrebbe avuto il sorriso sulle labbra e che si sarebbe divertita a stuzzicare un militare. E non mi si dica che all'epoca esisteva un etica che avrebbe impedito tale scempio. Sono tutte balle. Esisteva soltanto più ipocrisia. La realtà di questo mondo è da sempre brutale, ne sono consapevole, ma soltanto i Puffi potrebbero credere alla baggianata di una leggiadra signorina al sicuro tra gli energumeni! Non si pensi che gli scienziati e il loro personale conserverebbero un'innata compostezza anche in condizioni estreme: basterebbe loro annusare un po' di odore femminile per trasformarsi all'istante in veri e propri gorilla! Eppure in America queste ovvietà non vengono capite, tanto che le teste d'uovo della NASA non esiterebbero a inviare nello spazio equipaggi con una donna e molti uomini, senza tenere nel minimo conto la natura della specie umana - causando quindi situazioni di grandissimo pericolo. Il film avrebbe avuto molto più senso con la totale assenza di donne dalla base scientifica. Il punto è che senza una maliarda come Margaret Sheridan, lo spettatore non avrebbe trovato proprio nulla di interessante da vedere. Inoltre l'affascinante attrice era la protegée di Howard Hawks. Stupisce che non sia riuscita a fare carriera. 

Un caso di incompetenza italica
 
Questo film rischiò di non essere distribuito in Italia perché non si trovava nessuno con le competenze necessarie per tradurre i dialoghi, ritenuti troppo articolati e densi. Per forza, avevano tutti imparato l'inglese a scuola, ovvio che non riuscissero a spiccicare una sillaba! A quanto si trova nel Web, ma è tutto da verificare, sembra che l'inconveniente sia stato risolto in extremis dalla casa di produzione, che radunò i migliori elementi della CDC (Cooperativa Doppiatori Cinematografici).
 
Le discinte bellezze di Ankara 
 
In una sequenza oltremodo grottesca ambientata nel saloon di Anchorage, un soldataccio discorre col suo comandante, rammentando il passato e facendo commenti sulle donne di Ankara, che a suo dire sarebbero state così selvagge da indossare abiti davvero ridotti al minimo. Andavano in giro mezze nude, a sentir le battute dei militari. Ecco, mi piacerebbe proprio sapere cosa ne penserebbe Erdoğan. O forse i registi collocavano Ankara in Polinesia? Questo modo scadente di fare cinema, senza nemmeno documentarsi sulla credibilità di ogni parola, è davvero una piaga paragonabile a quelle che afflissero l'Egitto. 
 
 
Il mostro di Frankenstein in versione vegetale! 
 
L'alieno dal corpo formato da tessuto vegetale e al contempo vampirico è a mio avviso tra le trovate più dementi di tutta la storia della Settima Arte. Non ha alcun senso, si contraddice da sé. Un vegetale, per quanto reattivo alla luce, non avrà mai l'agilità di un animale e la sua autosufficienza. Questo accade per ovvi motivi termodinamici. Già alle scuole elementari tutti hanno sentito parlare della fotosintesi clorofilliana. Con la mediazione della clorofilla, la luce del sole permette di convertire l'anidride carbonica e l'acqua in glucosio, molecola essenziale per la vita della pianta. Il sottoprodotto di questa reazione è l'ossigeno. Il rendimento di questo processo è molto basso (tra lo 0,5% e l'1,5% dell'energia incidente). Per usare parole banali, una pianta non necessita di muoversi: per nutrirsi le basta ricevere la luce del sole, assorbire acqua e minerali dal suolo, captare anidride carbonica dall'aria. Come conseguenza non si vedono alberi camminare, correre, nuotare, volare. Certo, ci sono le piante carnivore, ma la loro capacità di muoversi è limitata (integrano con la cattura di piccoli animali le scarse risorse del suolo). Gli animali, Homo sapiens incluso, necessitano invece di una grande capacità di muoversi per procacciarsi il cibo, perché lo devono introdurre dall'esterno. Hanno bisogno di molta energia, che non possono ricavare in altro modo. Se l'alieno di Nyby-Hawks è fatto di tessuto fotosintetico, ci si domanda come possa avere l'aspetto e la struttura di un animale, con occhi, bocca, arti e via discorrendo. L'idea che necessiti del sangue per nutrirsi e addirittura per attivarsi, quando si è detto che è un vegetale, fa soltanto capire quanto avesse le idee confuse i suoi ideatori. La dice lunga il fatto che il mostro di Frankenstein giunto dalle stelle sia stato denominato "super-carota" dall'odioso giornalista. Più sensate e degne di nota sono le parole del dottor Carrington, che descrive la Cosa come "uno straniero in terra straniera" (probabile riferimento a Esodo 2, 22).
 
Una reazione biliosa 
 
Quando ho confrontato questo film con il capolavoro carpenteriano, The Thing (1982), ho finalmente compreso perché Christian Nyby si sia tanto alterato alla vista di quest'ultimo. Il suo risentimento è stato provocato dall'invidia. Carpenter ha saputo adattare in modo magistrale il racconto di Campbell proprio nelle sue caratteristiche più difficili da trasporre in pellicola: la creatura con una natura di mutaforma e la plumbea paranoia in grado di annientare ogni rapporto umano. Nyby e Hawks non sono stati assolutamente capaci di tentare l'impresa, anzi, non ci hanno nemmeno provato. Per via della totale carenza di mezzi e di capacità tecniche, hanno ripiegato sulla banalità del mostro di gomma. Ecco spiegata la stizza di Nyby nei confronti del genio di Carthage. 
 
Chi fu il vero regista? 
 
Come mai Howard Hawks e Christian Nyby sono entrambi considerati i registi di The Thing from Another World? Si converrà che la cosa è un po' strana. In genere si crede che il vero regista sia stato Hawks e che Nyby, assunto nel corso della produzione, abbia svolto un ruolo secondario. Anche Carpenter è di questo parere: a sostegno di ciò, ha dichiarato di aver chiesto ad Hawks nel 1971 come stessero le cose, e quello gli ha risposto che Nyby si sarebbe limitato a dargli qualche suggerimento. Eppure James Arness, che ha interpretato il mostro, nel corso di un'intervista ha detto che il vero regista era Nyby, nonostante Hawks passasse molto tempo sul set.

domenica 8 dicembre 2019


THE THING - LA COSA

Titolo originale: The Thing 
Anno: 1982
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese, norvegese
Durata: 109 min
Rapporto: 2,35:1
Genere: Orrore, fantascienza, azione, thriller
Regia: John Carpenter 
Soggetto: John W. Campbell, dal racconto La cosa da un
    altro
mondo (Who Goes There?, 1938)
Sceneggiatura: Bill Lancaster
Produttore: David Foster, Lawrence Turman
Produttore esecutivo: Wilbur Stark
Casa di produzione: Universal
Fotografia: Dean Cundey
Montaggio: Todd C. Ramsay
Effetti speciali: Roy Arbogast, Albert Withlock
Musiche: Ennio Morricone
Scenografia: John L. Lloyd
Costumi: Ronald I. Caplan
Trucco: Rob Bottin (special make-up effects)
Interpreti e personaggi:
    Kurt Russell: R.J. MacReady
    A. Wilford Brimley: Dr. Blair
    T. K. Carter: Nauls
    David Clennon: Palmer
    Keith David: Childs
    Richard Dysart: Dr. Copper
    Charles Hallahan: Vance Norris
    Peter Maloney: George Bennings
    Richard Masur: Clark
    Donald Moffat: Garry
    Joel Polis: Fuchs
    Thomas G. Waites: Windows
    Norbert Weisser: Norvegese
    Larry Franco: Norvegese con fucile
    Nate Irwin: Pilota dell'elicottero
    William Zeman: Pilota
    John Carpenter: Norvegese nel video (non accreditato)
    Jed: La cosa con l'aspetto da cane
Doppiatori originali:
    Adrienne Barbeau: Voce computer
Doppiatori italiani:
    Michele Gammino: R.J. MacReady
    Renato Mori: Dr. Blair
    Mauro Gravina: Nauls
    Raffaele Uzzi: Childs
    Sergio Rossi: Dr. Copper
    Gianni Marzocchi: Vance Norris
    Sergio Fiorentini: George Bennings
    Arturo Dominici: Garry
    Tonino Accolla: Windows
    Paolo Poiret: Palmer
Titoli tradotti:
   Tedesco: Das Ding aus einer anderen Welt
   Spagnolo (Spagna): La cosa 
   Spagnolo (Argentina): La cosa del otro mundo
   Spagnolo (Messico): El enigma de otro mundo
   Francese: L'Effroyable chose
   Portoghese (Portogallo): Veio do Outro Mundo
   Portoghese (Brasile): O Enigma de Outro Mundo
   Euskara: Gauza
   Polacco: Coś
   Russo: Нечто
   Lituano: Padaras
   Lettone: Radījums
   Turco: Şey
Budget: 15 milioni di dollari USA
Box office (Nordamerica): 19,6 milioni di dollari USA
Riconoscimenti:
  1982 - Razzie Awards
    Candidatura per Peggior colonna sonora a Ennio
    Morricone
  1982 - Saturn Award
    Candidatura per Miglior film horror
    Candidatura per Migliori effetti speciali a Rob Bottin 
 
 
Trama:
Anno del Signore 1982. Siamo in Antartide, nella base scientifica statunitense U.S. Outpost #31. La vita degli abitanti di quello sperduto avamposto polare trascorre in una noia mortale, finché un giorno accade qualcosa di insolito. In uno scenario lovecraftiano, nel bel mezzo delle Montagne della Follia, appare un elicottero che insegue un husky siberiano. A un certo punto il velivolo esplode, distrutto da una bomba che un occupante voleva lanciare contro il cane. Il pilota si salva e procede verso la base americana, cercando di uccidere il cane a fucilate e urlando in norvegese. L'elicottero distrutto proveniva infatti dalla base di ricerca appartenente alla Norvegia, non lontano da quella degli USA. Gli americani, tutti provetti pistoleros, non capiscono il motivo di tanto furore e prendono le difese del cane, così nasce una lite furibonda. Parte un colpo di arma da fuoco e il norvegese rimane ucciso. Il problema è che in quel cane c'è davvero qualcosa che non va. Anzi, tecnicamente parlando non si tratta nemmeno di un cane. Ne ha soltanto l'aspetto, in realtà è un organismo alieno pericolosissimo, che corre verso la base statunitense per propagare il contagio. Data la deprecabile chiusura mentale delle genti della Terra dei Coraggiosi, così ostili a qualsiasi lingua che non sia l'inglese americano, nessuno è in grado di intendere il norvegese. Nemmeno i rapporti di buon vicinato vengono curati: ovunque esistono solo e soltanto nemici da abbattere. Si spiega così perché nessun americano della base comprende di essere minacciato da una letale spada di Damocle. La squadra americana dei pistoleros, agli ordini del comandante Garry, è composta dai seguenti elementi: il pilota R.J. MacReady, il medico Cooper, i biologi Blair e Fuchs, il meteorologo George Bennings, il geologo Vance Norris, l'addetto alla radio Windows, i meccanici Childs e Palmer, l'addetto ai cani Clark e il cuoco Nauls. Non capendo cosa sia successo ai norvegesi impazziti, il comandante Garry decide di organizzare una spedizione per risalire alla reale provenienza dell'elicottero. Raggiunta con difficoltà la base norvegese, ne viene subito accertato lo stato di totale abbandono e di devastazione. I reperti sono raccapriccianti. Il cadavere di un suicida sembra urlare al Cielo il suo dolore. Un enorme blocco di ghiaccio presenta una cavità, come se qualcosa al suo interno si fosse liberato dalla gelida morsa per fuggire. Una creatura aberrante giace parzialmente carbonizzata, ha un corpo immane e due teste fuse insieme. Contro ogni sano principio viene deciso di portare alla base la mostruosa carcassa bicefala per eseguire approfondite analisi. Il biologo Blair, che esegue l'autopsia, stabilisce che gli organi interni sono normali. Nel frattempo l'husky tratto in salvo dalla furia dei norvegesi vaga liberamente per l'abitato; solo in un secondo tempo, in seguito alle atroci scoperte fatte nella base norvegese, viene deciso di confinarlo nel canile assieme agli altri suoi simili. Questa si rivelerà una scelta improvvida. Ecco che l'husky, trasformatosi in un mostro tentacolato, fa strage degli altri cani e li assimila. Un tentativo di incenerirlo col lanciafiamme risulta fallimentare: la creatura brucia solo in parte. I resti, analizzati in laboratorio da Blair, mostrano la presenza di cellule aliene in grado di inglobare quelle dell'organismo originale, imitandole così alla perfezione. In preda al terrore, il biologo interroga il computer sull'infestazione in corso e sulle possibilità di sopravvivenza. A partire dai dati disponibili, la macchina sputa responsi raggelanti: in caso di contatto dell'organismo alieno con la popolazione di una città, il contagio si sarebbe esteso rapidamente all'intero pianeta. Questo spinge Blair a distruggere a colpi di scure le apparecchiature per la comunicazione con l'esterno, pensando così di isolare la base contaminata. I suoi compagni lo immobilizzano e lo rinchiudono in una casupola, quindi visionano il materiale video rinvenuto nella base norvegese. Scoprono che all'origine di tutto c'è il rinvenimento del relitto di un'astronave aliena, precipitata migliaia di anni prima. MacReady, Norris e Fuchs si recano sul luogo degli scavi, dove trovando il disco volante lesionato e la cavità glaciale da cui è stato estratto il blocco contenente l'atroce creatura, uscita dal veicolo al momento dell'impatto. Nella base si scatena l'inferno. La prima decisione presa è quella di isolare in un magazzino i resti del corpo malformato che i norvegesi avevano incendiato. Il problema è che questo materiale cadaverico è ancora attivo e infetta Bennings, assumendone le sembianze. Gli altri si accorgono che c'è qualcosa di strano e riescono a eliminare in tempo la creatura, ma a questo punto si pone un problema drammatico. Appurato che il mostro può assumere la forma umana, esiste un modo sicuro per riuscire a smascherarlo? La paranoia più assoluta e il sospetto fanno la loro irruzione, corrodendo ogni rapporto tra esseri umani, annullando l'intera storia della socialità della specie per far piombare gli individui in una dimensione bestiale di terrore. Si instaura la lotta di tutti contro tutti e l'idea stessa di comunità è distrutta. In un crescendo frenetico si giunge al desolante epilogo, affermazione definitiva dell'Assurdo.
 
Citazione: 
"Come facciamo a sapere chi è umano? Se io fossi un'imitazione, una perfetta imitazione, come lo capireste che non sono veramente io?"
(Childs)
 
Recensione:
Oggi il film di Carpenter è considerato un cult e riconosciuto all'unanimità come una pietra miliare del cinema fanta-horror. Eppure alla sua uscita ha avuto uno scarso successo. Il motivo è abbastanza facile da individuare: essendo stato proiettato nelle sale in contemporanea a E.T. l'extra-terrestre di Steven Spielberg, ha finito con l'essere malamente eclissato. Già. Alludo proprio a quello schifo di E.T., film obbrobrioso quanto deleterio, tutto incentrato su una visione nauseabonda e puffesca degli alieni! Ebbene, quel ripugnante concentrato uterino di prolattina ha attratto grandi masse nei cinema, mentre la pellicola carpenteriana in molti distretti non è nemmeno arrivata. Così non l'ho potuta vedere all'epoca: nella cittadina in cui abitavo non è stata semplicemente proiettata, mentre i muri di ogni edificio erano ricoperti da manifesti con l'immagine di quell'immondo bradipo oligofrenico e smerdante. Tra l'altro vengo a sapere a distanza di tanti anni che in Italia il film di Carpenter, ritenuto troppo traumatizzante dalla censura buonista, è stato addirittura vietato ai minori di 18 anni, neanche mostrasse sborrate a getto continuo da piselloni alieni! Ecco. Non avevo ancora compiuto 16 anni e non avrei potuto vederlo in ogni caso - e per giunta mi hanno trascinato a subire l'inverecondo ammasso di feci di Spielberg. Una concausa dell'insuccesso di The Thing può essere individuata nell'idea preconcetta che si trattasse di un semplice remake del film La cosa da un altro mondo (The Thing from Another World, di Christian Nyby e Howard Hawks, 1951) - che definire schifoso è ancora poco. In realtà non è possibile classificare l'opera di Carpenter come un rifacimento dell'oscena pellicola di Nyby-Hawks, pur essendo entrambe adattamenti del racconto di John W. Campbell, Who Goes There?, pubblicato per la prima volta nel 1938. Mentre Carpenter riesce a rappresentare in modo molto fedele il testo di Campbel, Nyby e Hawks hanno apportato modifiche tanto profonde che a malapena si riesce a riconoscere il soggetto. La cupa atmosfera di paranoia costituisce il comun denominatore tra il thriller di Carpenter e il racconto da cui è stato tratto. Non si trova affatto traccia di tutto questo nel film in bianco e nero del 1951, che fa degli alieni una pura e semplice incarnazione della minaccia comunista. 

 
Meccanismo di azione del patogeno 

L'alieno si introduce nell'ospite e ne assimila il fenotipo, fino a diventare quella che in apparenza potrebbe sembrare una sua copia. Lo scopo di questa mimesi è quello di ingannare gli individui della specie parassitata, in modo tale da potersi diffondere senza limiti. Sotto l'apparenza si nasconde un caos biologico, con una continua replicazione caotica, non funzionale, di grappoli di organi e di membra del corpo dell'ospite. In altre parole, si potrebbe dire che l'organismo infettato dallo xenopatogeno si riduce a un ammasso di tumori regolari nascosti da un'apparenza ingannevole. In pratica potremmo descrivere così il processo di xenogenesi: un fluido si insinua nel corpo della vittima e inizia una complessa operazione di traduzione del suo codice genetico, riscrivendolo nel proprio XNA, sequenza dopo sequenza, a partire da ogni singola base, da ogni singola molecola. Perché ciò possa accadere, il DNA originario e l'XNA finale devono essere compatibili. Non è difficile immaginare che questo possa avvenire tramite una sorta di grimaldello ribonucleico, in grado di forzare ogni resistenza. Il parassitoide alieno non ha una forma propria, definita in partenza da una serie di istruzioni, a differenza dello xenomorfo conosciuto come Alien; appartiene tuttavia alla stessa classe di armi biologiche, concepite per corrompere e annientare ogni forma di vita trovata sul proprio cammino. 
 
Una disputa puerile 
 
Quando i cultisti di Carpenter magnificarono questo film facendolo diventare un idolo noto a tutti, sorse al loro interno una diatriba. Si crearono due fazioni. La prima di queste sètte aveva come dogma l'idea che la Cosa stessa fosse l'artefice della tecnologia dei viaggi interstellari e la costruttrice dell'astronave precipitata in Antartide. La seconda setta riteneva invece, con più senno, che la Cosa fosse un parassita in grado di viaggiare approfittando degli ospiti, delle vittime della sua predazione xenogenetica. Ovviamente la sola ipotesi sensata è la seconda. Per sostenere la prima e affermare che la Cosa sia in grado di costruire mezzi tecnologici, è necessaria una sorprendente dose di ingenuità. Dirò di più. Non siamo di fronte a un parassita incontrato per puro caso in qualche peregrinazione spaziale degli ignoti astronauti extraterrestri. Si tratta di qualcosa di ancor più destabilizzante: un ordigno concepito scientemente come strumento di genocidio cosmico.

Curiosità 

Le riprese del film carpenteriano sono iniziate nello stesso giorno di quelle di Blade Runner, diretto da Ridley Scott. Entrambe le opere hanno avuto una brutta accoglienza da parte del pubblico, ai limiti dell'ostilità, ma sono diventati cult col passare degli anni. Questa comune sorte sembra il frutto di una strana sincronicità: pur non esistendo un nesso di causazione diretta, esiste comunque una correlazione, un collegamento.  

A quanto pare Carpenter fu sdegnato dalla visione di Alien (Ridley Scott, 1979) per il fatto che il mostro era a suo avviso soltanto un uomo con addosso una tuta. Così pensò di creare un'abominazione aliena fatta in modo completamente diverso, non riconducibile a un mero costume indossato da un attore. Per colmo del paradosso è scoppiato il putiferio quando William Gibson ha rivelato molti anni dopo il mistero della vera natura dello xenomorfo in Alien: Covenant (Ridley Scott, 2017), spiegando che si tratta di un'arma biologica che riscrive il DNA della vittima parassitata, traducendolo in XNA. Qualcosa di molto simile alla Cosa di Carpenter, tutto sommato. Per questo motivo le reazioni furibonde dei fantascientisti ortodossi si sono abbattute su Scott, accusandolo di tradimento, ma di questo si parlerà diffusamente in altra sede. 
 
Sono rimasto allibito quando ho letto che Carpenter amava moltissimo il film di Nyby-Hawks, La cosa da un altro mondo. Non so proprio spiegarmi una simile predilezione per un prodotto scadente che appartiene al Nulla cinematografico. Quando nel 1982 uscì The Thing, accadde una cosa orribile e portentosa: Christian Nyby andò su tutte le furie, definendo l'opera carpenteriana un prodotto di bassa macelleria e una pubblicità occulta del whisky J&B. Il regista di Carthage ci è rimasto malissimo. Spero che abbia depennato la pellicola del suo detrattore dalla lista delle preferenze!

Il film è stato criticato dai buonisti politically correct per il fatto che nemmeno un personaggio è di sesso femminile. Le prevedibili accuse sono state le seguenti: sessismo, misoginia, antifemminismo, esclusivismo, razzismo, fassismo e persino appartenenza a una setta massonica. Se vedono un gruppo di uomini in giro, li accusano di portare il grembiulino della Massoneria e di "discrinimare le donne": per far cessare l'aggressione bisogna esibire una patente di omosessualità. A sentir loro le donne sarebbero una "razza" e una "minoranza". Siamo al delirio! A dire il vero nel cast originale scelto da Carpenter doveva esserci una donna, ma all'epoca delle riprese era incinta, così non le fu possibile partecipare. Alle belve umane buoniste non è bastata neppure la presenza di un mandingo nel cast.  

Il saldatore (non accreditato) si chiamava Gary Zink. Nomen omen! Una coincidenza davvero notevole: in inglese zinc "zinco" si scrive con -c finale, ma esiste anche la variante obsoleta zink. In tedesco si ha Zink

Nell'agosto del 2003, due fan animati da furore mistico, Todd Cameron e Steve Crawford, raggiunsero il luogo inospitale in cui erano state effettuate le riprese (Stewart, British Columbia), riuscendo a trovare i resti dell'avamposto e dell'elicottero schiantato. Alcuni reperti di particolare valore affettivo, come una pala dell'elicottero, sono stati incorporati alla collezione privata di questi impavidi avventurieri. 
 
Il contributo musicale di Ennio Morricone non fu apprezzato dalla critica, che lo irrise, attribuendogli addirittura un umiliante Razzie Award (una sorta di spernacchiamento). Ebbene, accadde in seguito una cosa davvero strana: la musica non utilizzata per The Thing venne riutilizzata come colonna sonora di The Hateful Eight, di Quentin Tarantino (2015), vincendo un Oscar tra applausi infiniti e trionfi. Certo, questo miracolo poté accadere perché il film tarantiniano ha avuto uno smisurato sostegno da parte dei fautori del buonismo politically correct

Nel campo norvegese vengono trovati molti bidoni vuoti con la scritta "karosin", che dovrebbe significare "kerosene". Il punto è che la parola norvegese per designare tale combustibile è "parafin" (un notevole falso amico!). 

Si rilevano diverse incongruenze dovute alla scarsa conoscenza di come le malattie infettive si possono trasmettere. Così si vede che il cane infetto è messo assieme agli altri senza particolari precauzioni, rischiando di comprometterli tutti. La cosa più sensata da farsi sarebbe stata imporgli un periodo di quarantena in un'area isolata. In modo simile viene utilizzato lo stesso coltello per raccogliere i campioni di sangue necessari per stabilire chi è umano e chi è stato assimilato, pur essendo ormai chiaro che l'organismo alieno è altamente infettivo. Si potrebbero spiegare questi apparenti errori se si capisse che il clima di paranoia ha compromesso irrimediabilmente le facoltà razionali di tutti.   
 
La Trilogia dell'Apocalisse 
 
Lo stesso Carpenter ha rilasciato interessanti interviste in cui spiega che considera The Thing come parte di una trilogia assieme a due suoi film successivi, Il signore del male (Prince of Darkness, 1987) e Il seme della follia (In the Mouth of Madness, 1999) - quest'ultimo densissimo di ispirazioni e di riferimenti all'opera di Lovecraft. Questi tre film carpenteriani sono noti come la Trilogia dell'Apocalisse. Qualcosa nell'ontologia incubica li lega, anche se non hanno in comune alcun personaggio e non descrivono eventi collocabili in una stessa linea narrativa. Tutto molto interessante e meritevole di futuri approfondimenti!  
 
Un interessante prequel  
 
Un film con lo stesso titolo, The Thing, è uscito nel 2011. Diretto da Matthijs van Heijningen Jr., è incentrato sulla scoperta dall'astronave aliena da parte dell'equipaggio della base norvegese e sulla conseguente diffusione del contaminante alieno, tre giorni prima degli eventi narrati dal film di Carpenter. Potrebbe benissimo essere uno dei pochi prequel sensati dell'intera storia della Settima Arte. Quando lo avrò visionato, non mancherò di recensirlo.