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martedì 25 settembre 2018

LA LINGUA OLONETS DI HELLICONIA

Sono sempre stato affascinato dal Ciclo di Helliconia, del grande Brian W. Aldiss (RIP), fin dal primo istante in cui gettai gli occhi sulla copertina del primo volume della saga. Ero ancora uno squallido nerd liceale, quando acquistai La primavera di Helliconia e sprofondai in poltrona immergendomi nella densa lettura, che aveva su di me il potere di annullare i confini stessi dello spaziotempo e di teletrasportarmi sul mirabile pianeta di un sistema stellare doppio, plasmato dalla fantasia dello scrittore britannico. Quella stessa estate mi immersi nel secondo volume, L'estate di Helliconia, quindi l'anno successivo nel terzo, L'inverno di Helliconia, che però mi parve abbastanza sconclusionato e non all'altezza dei primi due. Dal momento che la linguistica e la filologia sono le mie più grandi passioni, la situazione linguistica del magnifico globo terracqueo helliconiano ha destato all'istante il mio profondo interesse. Ogni tanto, nel corso degli anni, prendevo i volumi di Aldiss e me li rileggevo tutti di un fiato, uno dopo l'altro, rimuginando molto e approfondendo i miei studi. Come ben sanno gli estimatori del Ciclo di Helliconia, il pianeta orbita in un sistema di due stelle e possiede tre masse continentali: il continente centrale, storicamente più importante è Campannlat, a settentrione troviamo il glaciale Sibornal e a meridione, isolato e bistrattato, Hespagorat. La lingua più diffusa nei continenti di Campannlat e di Hespagorat è chiamata Olonets, mentre a Sibornal è parlato il Sibish, caratterizzato da parole molto lunghe e da una grammatica assai complessa. Non sussistono somiglianze evidenti tra le lingue Olonets e Sibish. Si noterà che il nome Olonets è identico a quello di una lingua di ceppo uralico parlata in Carelia (Finlandia e Russia). Ci tengo a precisare che questa omonimia non deve ingenerare confusione: si tratta di due idiomi privi di relazione. Non è dato sapere, al momento, se lo scrittore inglese abbia tratto ispirazione dal nome della lingua uralica, dandone una diversa etimologia, o se si tratti di una mera coincidenza.

Filologia helliconiana su Facebook!

Il 16 ottobre 2013 ho pubblicato su Facebook alcuni post sulla lingua Olonets di Helliconia, dando vita a un interessante thread, che riporto in questa sede, aggiungendovi alcune note: 

Marco Moretti: Per rilassarmi mi dedico a un hobby decisamente ozioso: la ricostruzione della lingua Olonets di Helliconia a partire dalle testimonianze sparse nei libri di Brian Aldiss e seguendo una logica rigorosa. Le sue parole sono composte: tutto sta ad identificare il senso dei componenti. Così Mordriat è la terra dei Driat, e c'è anche Morstrual: si deduce che "mor" significa "terra", "paese". Se Akhanaba è Akha di Naab, segue che il genitivo singolare dei nomi propri esce in -a. Ho già un piccolo vocabolario. Essendo "rathel" il kumis e "beethel" l'idromele, conoscendo la tipica struttura delle parole Olonets, deduciamo che "el" è il vino, "rath" è il latte e "beeth" è il miele. Kacol è un fiume che scorre nella terra dei Kaci: ecco dedotto che "ol" è il fiume.

Giusy Rombi:  E Mordor...* 

*In realtà nel tolkieniano Mordor a significare "terra" è l'elemento "-dor".

Marco Moretti: In effetti Aldiss ha preso ispirazione da molte fonti disparate. Così ecco Oldorando, che somiglia a Eldorado; il Pontefice della Chiesa di Akhanaba è definito C'Sarr, senza dubbio ispirato da Zar. Ha persino definito "baranboim" dei giganteschi strumenti musicali, verosimilmente dei piatti di bronzo, ispirandosi al direttore di orchestra Daniel Barenboim. Possiamo dedurre che la prima parte di "baranboim" sia "baran" e significhi "tuono".

Giusy Rombi: Con un cognome così, si può pensare solo a qualcosa di grande :-)

Marco Moretti: Di certo fa il suo effetto, ha un che di onomatopeico.

Giovanni De Matteo: Sul resto posso concordare con la tua dotta ricostruzione, ma sull'ultima mi permetto di dissentire: Kacol potrebbe essere la forma primitiva e Kaci l'appellativo derivato da essa, sul modello dei rapporti tra regioni e popolazioni nel latino. 

Marco Moretti: Lo credo estremamente improbabile, dato che l'Olonets è una lingua chiaramente agglutinante, in cui le parole si formano aggiungendo suffissi o prefissi alle radici, o tramite composizione di più radici. Esiste un suffisso -i con funzione aggettivale che designa nazionalità, così Uskuti indica le genti di Sibornal. Allo stesso modo Kaci è formato dal nome della regione Kace, ben documentato e non analizzabile. La capitale di Kace è Akace, con un prefisso a-. Inoltre in latino esistono due tipi di formazione. La prima permette di ottenere nomi di popoli tramite suffissi a partire da nomi di luogo, come Romani da Roma, Albani da Alba, etc. La seconda dà origine a nomi di nazioni e di terre a partire da nomi di popolo non analizzabili, come Gallia da Galli, Aquitania da Aquitani, Celtica da Celti, etc. In entrambi i casi non si sottrae, ma si aggiunge in modi diversi. Il latino era comunque una lingua flessiva molto diversa come logica dall'Olonets.

Marco Moretti: Un rampicante che cresce vicino alle acque è detto "olvyl": anche se non ho ancora identificato il secondo membro del composto, il primo è "ol", ossia "fiume". Esiste poi un secondo "ol", derivato da "olle", che significa "dieci", come nel nome della lingua, che l'autore ci dice derivare da "olle" e da "onets", ossia "Dieci Tribù".

Marco Moretti: Pannoval è un toponimo composto da "panno", che significa "tenebra", e da "val", che significa "grande". E' infatti il nome di una città sotterranea. Ora, sapendo che "slanje" significa "idiota" e che un funzionario del Re JandolAnganol si chiama Slanjival, personaggio grottesco che l'autore presenta per destare ilarità, si trova conferma del fatto che "val" significa "grande"**. Il continente glaciale di Hespagorat annovera Hespateh tra le sue terre: "hespa" significa "ghiaccio". Aldiss glossa "poop" come "ponte", con diverse varianti volgari come "pup", "pu", ma anche "poo-", etc. Così ci sono due città costiere del distretto di Throssa che si chiamano Popevin e Pegovin, da cui si estrae "vin", che significa "costa". Popevin è dunque la Costa del Ponte. Vi sono regioni che hanno nomi anteriori alla diffusione dell'Olonets, derivati quindi da sostrati poi scomparsi. Lo si capisce dal singolare aspetto fonetico. Così Ponpt sembra Olonets come "pizza" sembra inglese: in epoche tarde il nome è stato assimilato in Ponipot per esser reso pronunciabile.

**La semantica è assai chiara: slanje "idiota" ha il significato centrale di "membro virile". Così Slanjival, il Grande Idiota, è letteralmente il Cazzone. 

Marco Moretti: Posso anche provare che le teorie evoluzionistiche di Aldiss sono posticce e che la versione che lui stesso ricostruisce della storia di Helliconia è fallace. Se l'Olonets si fosse originato nel continente di Hespagorat, come mai le genti di quel luogo avrebbero antroponimi chiaramente non Olonets e di una sonorità che ricorda quella dello spagnolo? Semplice: basta trascrivere tutti gli antroponimi di Campannlat e di Hespagorat contenuti nei libri di tale autore e classificarli per struttura fonotattica, per trovare così conferma di non poche anomalie.*** 

***In realtà le cose non sono sempre così tranquille: sembra che ogni persona su Helliconia porti un nome unico e irripetibile. 

Un intensissimo senso dell'ironia

Un brano molto importante de L'estate di Helliconia, che è stato per me il punto di partenza su cui fondare la filologia helliconiana, è il seguente:

– Senti, Sartori – aveva detto la donna, dandogli una piccola pacca su una spalla, – sono convinta che avremmo potuto dimostrare che i due continenti un tempo erano uniti, semplicemente studiando le vecchie mappe conservate in sala nautica. C’è Purporian sulla costa di Radado, ed un porto chiamato Popevin su quella di Throssa. «Poop» significa ponte in olonets puro, e «pup» o «pu» significa la stessa cosa in olonets locale. Il passato è racchiuso nel linguaggio, se si sa dove guardare.

E ancora:

Ci avvicineremo presto a Keevasien, una città costiera. Come sai, «ass» o anche «as» in olonets puro significa mare… l’equivalente di «ash» in pontpiano.

Ebbene, soltanto a distanza di anni mi sono accorto della salacità delle glosse. Ponte è "poop", mare è "ass". In inglese queste parole significano rispettivamente "merda" e "culo"

Glossario Olonets

Raccogliamo qui le voci da me studiate nel corso degli anni, che possono essere glossate in modo certo o comunque altamente probabile, proponendoci di riuscire in futuro ad ottenere un dizionario più esteso. Il principio di base che ho seguito è quello della natura composta e analizzabile della maggior parte delle parole con più di una sillaba. Mi sono astenuto dal riportare casi reputati ancora molto incerti. Credo che questa sia in assoluto la prima raccolta di parole della lingua Olonets in tutto il Web.

afram "un'erba usata per tingere di rosso" 
Akha
"Divinità Ctonia" 
albic
"un rampicante con cappucci rossi e
     arancioni" 

arang "capra"
asien "luogo marino"
asokin "cane cornuto"
ass "mare"
assat "lucertola; freccia"
assatassi "pesce lucertola"
assi "pesce di mare"
at "alto"
bag "immenso, gigantesco"
bar "rumore"
baral "crepitante, rumoroso"
baran "tuono"
baranboim "voce di tuono" (strumento musicale)
Bardol "Chiassoso" (n. pers. m.)
Batalix "il Sole Fioco" (una nana rossa)
beeth "miele"
beethel "idromele"
biyelk "grande bufalo necrogeno"
boim "voce, suono"
brassim "arbusto produttore di tuberi"
brassimip "tubero amaro"
breg "bue"
brooth "spina, tribolo"
casp "oro"
caspiarn "foglie d'oro"
char "petali"
charfrul "tonaca"
childrim "sogni a occhi aperti"; "una creatura
     aerea del Grande Inverno" 
creaght "giovane maschio di phagor"
C'Sarr "Pontefice"
denniss "sicomoro"
eddre "cuore, spirito"
ej "frutto"
el "bevanda inebriante"
dundar "torre"(1)
fessup "ombre dell'Ade"
fillock "giovane femmina di phagor"
flam "icore, sangue giallo"
flambreg "bovino dal sangue giallo"
flugg "trillo"
fluggel "sfera del trillo" (strumento musicale)
fral "veste"
Freyr "il Sole Lucente" (una gigante azzurra)
gillot "femmina adulta di phagor"
glee "gobba"
Gleeat "Gobba Alta" (nome di un'isola)
glossy "crisalide"
gor "testa; cima, punta"
gorat "vetta"
gossie "ombre dell'Ade"
grav "roccia, scoglio"
grava "di roccia"
gravabag "roccaforte"
Gravabagalinien "Luogo sul Golfo della Rocca"
greeb "coccodrillo"
gunnadu "antilope necrogena"
gwing-gwing "un frutto a grappoli"
harney "cervello"
hel "globo, sfera"(2)
Helliconia "Globo Terracqueo"(3)
hespa "ghiaccio"
Hespagorat "Vette Ghiacciate"
hoxney "cavallo"
hrattock "idiota; ano"
hurdhu "lingua franca"
idront "edera"
jass "neve"
jassikla "bucaneve"
jeodfray "un rampicante con fiori rossi e arancioni"
jonnik "ardente"
kaidaw "animale simile all'alce"
keedrant "mantello, veste lunga sul davanti"
keev, kee- "davanti"
Keevasien "Luogo Davanti al Mare"
khmir "lussuria"
lin "baia, golfo"
Madi "un popolo di ominidi"
Madura "Deserto dei Madi"
mel "lana"
mor "terra, paese" 
 
myllk "pesce a due braccia" 
myrk
"luce fioca"
Myrkwyr "apparizione della luce fioca"
Naab "Profeta"
Naba "del Profeta"
Nondad "un popolo di ominidi"
ol "fiume"
olle "dieci"
olvyl "tipo di rampicante"
onets "tribù"
os "città"(4)
Osoilima "la Città di Oilim"
pan "re"
pandum
"regno" 

panno
"tenebra"
Pannoval "Grande Tenebra" (nome della Città
     Santa)
pauk "trance"
pecubea "un uccello canoro"
peete "zampogna"
pha "due"
phagor "ancipite" (lett. "che ha due punte")
Phar "Doppio" (n. pers.)
Ponptpandum "Regno di Ponpt"
 

poop "ponte"
preet "pappagallo"
raige "un'erba aromatica dolciastra"
ram "scuro, nero"
raj "tronco"
rajabaral "tronco crepitante"
rath "latte"
rathel "bevanda alcolica di latte di scrofa"
roon "orso"
rumbo "copula, scopata"
rungeb "cresta"
rungebel "sciroppo oppiaceo"
runt "bambino di phagor"
rusty "cenere"
Rustyjonnik "Cenere Ardente" (nome di vulcano)
Sataal "Arciere" (n. pers. m.)
scant "aroma"
scantiom "erba aromatica"
slanje "pene; idiota"
snoktruix "guaritrice"
squaan "piccola spina"
squaanej "frutto spinoso"
stallun "maschio adulto di phagor"
stam "orina"
stammel "lana grezza tinta con l'orina"
stung "bruco"
stungebag "bruco immenso" (un animale del Grande
     Inverno)
tenner "mese"(5) 
tether "annientamento" (stato di dissolvimento dei
     phagor)
timo "strisce bianche e nere"
timoroon "tasso, orso striato"
trittom "sesso orale"
uct "sentiero migratorio"
ura "deserto"
val "grande"
veronika "tabacco"
veronikane "pipa"
vin "costa"
vispard "tipo di arbusto"
vrach "cembalo"
Weyr "Grande Inverno"
with "notte"
Withram "Notte Oscura" (dio della tenebra)
Wutra "Splendore Diurno" (divinità uranica)
 
yad (-iad) "libro"
yarn (-iarn)
"foglia" 

yarrpel "tipo di rampicante"
yelk "bufalo necrogeno" 
yelk-yob
"fellatore di bufali" (insulto)
yob "fellatore, succhiacazzi"
yom (-iom) "erba"
yoodhl "liquore di alghe" (< Sibish yadahl)
zadal "tipo di arbusto" 

(1) La parola è un prestito dall'antica lingua di Ponpt. Gal-Dundar "Mille Torri". L'interpretazione è mia. 
(2) Dalla lingua dei Phagor hrl.
(3) Dalla lingua dei Phagor Hrl-Ichor Yhar.
(4) In Olonets volgare è osh.
(5) Dalla lingua dei Phagor T'Sehn-Hrr, glossato "Decimo", ossia "decima parte dell'anno".

Per quanto riguarda i nomi degli animali, come arang "capra", la glossa è ovviamente una semplificazione concettuale, indicando l'animale helliconiano più simile per aspetto a quello terrestre, pur potendo sussistere significative differenze biologiche. Così il simil-equino detto hoxney è glossato come "cavallo", anche se la sua riproduzione comporta una fase invernale di ibernazione allo stato di crisalide, che non si riscontra nei nostri mammiferi. Si noteranno alcune interessantissime consonanze col semitico:

casp "oro" - ebraico keseph "argento"
     < protosemitico *KASPU "argento" 
Naab "Profeta" - ebraico nabhi "profeta", arabo Al Nabi "Il Profeta"
     < protosemitico *NABI:'U "profeta" 

Sarebbe interessante capire il motivo di queste assonanze, se siano dovute al caso o a una possibile conoscenza di qualche lingua semitica da parte dell'autore. In altri casi sembra invece che le parole Olonets siano state coniate a partire a partire dall'inglese o da altre lingue europee. Ad esempio scantiom "erba aromatica" è stato forse ispirato dall'inglese scent "odore", mentre lo strumento musicale denominato fluggel è forse stato ispirato dal tedesco Flügel "pianoforte a coda", anche se descrive qualcosa di completamente dissimile. Il fluggel è infatti uno strumento che sta nel palmo di una mano.

Tre falsi vocaboli Olonets

A distanza di anni mi sono reso conto che alcune parole, riportate come Olonets nella versione italiana de L'estate di Helliconia, hanno in realtà un'altra e più banale origine. Si tratta dei seguenti vocaboli: tabor, un tipo di strumento musicale; alcanna, un tipo di erba; coz, evidentemente un termine di rispetto usato tra nobili. Innanzitutto tabor è una parola... inglese! Significa "tamburo" e ha anche la stessa etimologia. Non si usa più molto, essendo stata rimpiazzata da drum, eppure esiste. Non riconosciuto, questo tabor è rimasto non tradotto nella versione in italiano. La parola alcanna in inglese significa henné ed è di origine araba. Anzi, è proprio una variante di henné con l'articolo arabo al. Nella versione spagnola del romanzo è correttamente tradotta con "henna". La parola coz non è altro che una forma colloquiale dell'inglese cousin "cugino". Ancora una volta, mentre nella traduzione in italiano la parola resta immutata e viene evidenziata in corsivo, come se fosse Olonets, nella traduzione in spagnolo compare correttamente come "primo", ossia "cugino". Evidentemente il traduttore in spagnolo si è dimostrato più competente del traduttore in italiano! 

Un falso toponimo Olonets

Vediamo che nel Ciclo di Helliconia è conosciuta come Veldt un'area di grandi pascoli. In realtà esiste in inglese la parola veldt, solitamente scritta veld e traducibile con "pascolo aperto o prateria". In genere è usata per descrivere il paesaggio del Sudafrica e di alcune nazioni limitrofe. Infatti si tratta di un prestito dall'olandese veld, veldt "campo", la cui origine è proprio la stessa dell'inglese field. A quanto pare Brian Aldiss non aveva piena fiducia nelle sue capacità di glottopoiesi e introduceva in modo insidioso nella sua opera vocaboli peculiari quanto appartenenti a lingue terrestri, beandosi del fatto che non sempre ne è agevole il riconoscimento.

Nuove parole composte 

Con i vocaboli sopra riportati è possibile coniare numerosi composti, non attestati nell'opera di Aldiss, che obbediscono però a una logica rigorosa:

assos "città di mare"
asval
"oceano" (lett. "grande mare")
beethip "miele amaro"
Borlienos "le città di Borlien"
Borlienpan "Re di Borlien"
Borlienpandum "Regno di Borlien"
caspel "globo d'oro, sfera d'oro"
caspiad "libro d'oro"
eddrival "magnanimo" (lett. "dall'anima grande")
eddrivaldum "magnanimità" 

elip "aceto" (lett. "vino aspro")
elram "vino rosso" (lett. "vino nero")
gorram "testa nera"
gorval "grande testa"
keemor "davanti al paese"
keevass "davanti al mare"
keevol "davanti al fiume"
keevonets "davanti alla tribù"
keevos "davanti alla città"
khmirval "grande lussuria"
Morden "la terra dei Den"
Mortal "la terra dei Tal"
Oldorandpan "Re di Oldorando"
Oldorandpandum "Regno di Oldorando" 
olram
"fiume scuro"
olval "grande fiume"
osval "grande città"
Pannovaliad "il Libro di Pannoval"
Pannovalos "le città di Pannoval"
Pannovalpandum "Regno di Pannoval"
phardum "dualità"
Ponptos "le città di Ponpt"
popeval "grande ponte"
rathip "latte acido"
slanjidum "stoltezza"
valdum "grandezza"
yobix "fellatrice"

Sarebbe stato bellissimo discutere di questi argomenti con Brian Aldiss. Purtroppo non è più possibile farlo, dato che si è spento nel 2017 e che non sono disposto a ricorrere a pratiche necromantiche per evocare la sua ombra.

giovedì 12 aprile 2018


LA MANO SINISTRA DELLE TENEBRE

Autore: Ursula Kroeber Le Guin
Anno: 1969
Titolo originale: The Left Hand of Darkness
Lingua: Inglese
Conlang(s): Getheniano (calendario, glosse sparse,
      antroponimi, toponimi)
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza utopica, fantascienza
     femminista, fantascienza sociale, fantabiologia,
     fantasessualità  
Prima edizione italiana: 1971
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro, n. 62
Codice ISBN: 88-429-0362-0
Traduzioni:   
   Francese: La main gauche de la nuit
   Olandese: Duisters Linkerhand;
          De Linkerhand van het Duister
   Spagnolo: La mano izquierda de la oscuridad 
   Tedesco: Winterplanet;
          Die linke Hand der Dunkelheit
   Serbo: Leva ruka tame
   Ceco: Levá ruka tmy
   Portoghese: A Mão Esquerda das Trevas
   Ungherese: A sötétség balkeze
Premi: 
   1970 - Premio Hugo (miglior romanzo)
   1970 - Premio Nebula (miglior romanzo)
   1975 - Premio Locus (miglior romanzo di tutti i tempi, 3° posto)
   1987 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi, 2° posto)
   1998 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi prima del 1980, 3° posto)


Trama:

L'Ecumene, lega che comprende la Terra a una decina di mondi colonizzati dagli umani, invia Genly Ai sul pianeta glaciale Gethen. I Getheniani sono strane genti: somigliano agli esseri umani ma sono dotati di una sessualità ermafrodita. A dire il vero si tratta tecnicamente di ermafroditismo latente. Infatti i caratteri maschili o femminili non si manifestano contemporaneamente nello stesso individuo: si ha l'emergere di un sesso o dell'altro durante uno stato di calore che nella lingua della nazione di Karhide è chiamato kemmer (corradicale dell'Olonets di Helliconia khmir "calore, foia"). Il kemmer si manifesta ogni 26 giorni e ne dura circa due; il ruolo sessuale è stabilito da scambi di effluvi feromonali tra i partner, che possono rimanere entrambi gravidi per via dell'ingresso dello sperma nel vaso procreativo. Genly Ai si ritrova così in un mondo difficile e incomprensibile. Giunto nella nazione di Karhide, si ritrova invischiato in una serie di intrighi. In nessun caso i nativi capiscono l'inviato dell'Ecumene e la sua proposta di alleanza con la confederazione terrestre. Ovunque è trattato come una specie di utile giocattolo dai feudatari, la cui visuale incredibilmente meschina e ristretta permette di pensare soltanto a vantaggi politici a breve termine. Così l'inviato dell'Ecumene decide di proseguire per Orgoreyn assieme ad Estraven, un nobile bandito da Karhide, ma l'esito della spedizione si rivela presto catastrofico. La società di Orgoreyn è orwelliana, tanto da sembrare una distopia pseudosovietica, se si eccettua l'onnipresenza della religione. La sola possibilità di salvezza per Genly Ai e per il suo compagno sarà una perigliosa fuga. Il ritorno a Karhide avverrà attraversando un impervio ghiacciaio.     

Recensione:

Ursula K. Le Guin (Berkeley, 1929 - Portland, 2018) è stata un fulgido astro della fantascienza - con buona pace delle solite baggianate di chi reputa "maschilista" tale genere letterario. Non soltanto era una donna, dettaglio che viene spesso trascurato, ma si professava femminista e anarchica. Notevole per la sua capacità di creare mondi immaginari di grande complessità, sviscerandone ogni aspetto antropologico, la scrittrice californiana si è anche interessata alla creazione di conlangs, cosa che desta in particolar modo il mio interesse. Proprio i temi trattati hanno permesso alle sue opere di valicare le mura del Ghetto della Fantascienza e di essere apprezzate anche al di fuori dei suoi angusti confini.

Questo romanzo è il quarto del Ciclo dell'Ecumene, detto anche Ciclo Hainita (Hainish Cycle). Il presupposto è semplice e molto affascinante: il pianeta Hain è il mondo di origine degli esseri umani, che si sono espansi su molti sistemi tramite diaspora cosmica. Tra i mondi popolati dagli Hainiti c'è anche la nostra Terra, la cui popolazione discende dagli antichi coloni. Notevoli sono le conseguenze. Gli ominidi tanto amati da Piero Angela non sono altro che il frutto di una complessa serie di esperimenti di ingegneria genetica e le dottrine di Darwin sull'origine della specie umana sono pura e semplice paccottiglia. Questo modello di genesi dell'umanità è sempre stato per me quello più naturale; soltanto le desolanti caratteristiche dei numerosi esopianeti scoperti mi hanno fatto sorgere qualche dubbio sulla sua plausibilità. Avendo sempre scelto per le mie storie uno scenario di questo genere, ho subito amato i romanzi del Ciclo Hainita. A distanza di anni, scorrendo il testo di The Left Hand of Darkness per raccogliere le informazioni sulle lingue di Gethen, vi ho visto alcuni dettagli a cui all'epoca, giovane com'ero, non avevo dato molta importanza. L'ermafroditismo latente dei Getheniani presenta caratteristiche utopiche, essendo stato creato dalla Le Guin sulla base di un luogo comune del femminismo, che attribuisce la violenza e la guerra alla contrapposizione tra il genere maschile e il genere femminile. Vediamo così che i Getheniani concepiscono sì azioni riprovevoli, ma sono incapaci di mobilitazione e di guerra. "Si comportavano come animali, sotto questo aspetto; o come donne. Non si comportavano come uomini, o come formiche. In ogni caso, non l'avevano ancora fatto". Questa mi pare una tesi abbastanza opinabile. Vediamo che tali genti hanno armi e un territorio pieno di fortezze come quello del Giappone feudale. Se nelle lingue del pianeta manca la parola per indicare la guerra, dovrebbe tuttavia trovarsi almeno quella per definire la battaglia, lo scontro, l'assedio. Con ogni probabilità, l'assenza della guerra come noi la concepiamo è più che altro dovuta alle difficoltà logistiche immani, immaginabili su un pianeta glaciale - oltre che alla mancanza di progetti politici ambiziosi. Come viene spiegato in più occasioni, la nazione di Orgoreyn mostra la tendenza a organizzarsi e a procedere sul cammino che porta all'attività bellica. Il miglioramento della tecnologia contribuirebbe così a dare alle genti di Gethen le possibilità pratiche di mobilitarsi e di massacrarsi a vicenda. Tutto sembra incamminarsi su una via che porta a una perdita delle caratteristiche "utopiche" della società getheniana, per convergere con la sanguinaria storia di mondi come la Terra, dove Polemos è padre di tutte le cose, di tutte re, come diceva Eraclito: il funesto processo viene bruscamente interrotto soltanto dallo sconvolgimento politico innescato da Genly Ai, con conseguente entrata nell'Ecumene prima di Karhide, poi di Orgoreyn.

Filosofia getheniana e Taoismo

L'interesse della Le Guin per il Taoismo si riflette in tutto il romanzo. Non dimentichiamoci che suo padre, Alfred Kroeber, era un importante antropologo, che le trasmise l'amore per le culture orientali. Il contrasto tra Yin e Yang innerva ogni aspetto dell'essere dei Getheniani, dando vita a una filosofia della dualità che può essere sintetizzata in queste parole, attribuite a un religioso di Karhide:

La luce è la mano sinistra delle tenebre,
E le tenebre la mano destra della luce,
Due sono uno, vita e morte,
e giacciono, insieme come amanti in Kemmer,
Come mani giunte, come la meta e la via. 

Ci tengo a fare una precisazione. Purtroppo il concetto di dualità è confuso dalla stessa autrice con quello di dualismo, che è di natura interamente dissimile. La dualità è un equilibrio tra forze che fanno parte di un principio comune, mentre il dualismo è lo scontro insanabile di due princìpi tra loro alieni. La religione di Orgoreyn è diversa da quella di Karhide e somiglia piuttosto a un monoteismo fondato sull'equivalente getheniano del principio antropico. Per questo motivo la critica ha pensato che l'autrice intendesse rappresentare la contrapposizione tra il pensiero dell'Oriente e quello dell'Occidente. 

Un'occasione persa

Quando si trovano a combattere per la sopravvivenza tra i ghiacci, Genly Ai e il nobile Estraven raggiungono una grande intimità, ma non hanno mai un contatto fisico. Nemmeno una toccatina. Nemmeno uno strusciamento di genitali. Nemmeno un'eiaculazione. Certo, fare l'amore in un ghiacciaio non deve essere il massimo. Non si dice che il romanzo avrebbe dovuto essere boccaccesco o addirittura sadiano, ma di certo avrebbe potuto esplorare in modo credibile un incontro sessuale tra due esseri di specie diversa, descrivendo quacosa di inedito e di memorabile. Tra l'altro, tutto questo ha dato origine a una querelle grottesca. A quanto ho appreso, torme di Eumenidi isteriche e di furibonde virago si sono scagliate contro la Le Guin, che pure era femminista, accusandola di aver scritto un romanzo omofobo, perché i Getheniani si comportavano sessualmente come eterosessuali! 

La conlang getheniana di Karhide 

L'autrice ci fornisce un certo numero di glosse della lingua getheniana della nazione di Karhide. Le riporto nel seguito, a beneficio dei lettori:

amha "genitore nella carne"
bessa "neve vergine"
dothe "stato di trance violenta"
gethen "inverno; tenebra"
gossiwor "buccine regale"
hemmen "tipo di albero"
Heskyorremy "Concilio Interno"
hieb "mantello con cappuccio"
huhuth "casa del kemmer"
kadik "tipo di cereale" 

Karhidi "di Karhide"; "la lingua di Karhide"
karhosh "isola"; "edificio ad appartamenti"
kemmer "calore sessuale"
kemmeri "compagno di sesso"
kroxet "tempo senza vento"
kurem "tempo umido"
kyorremy
"camera alta, parlamento"
neserem "neve fitta e finissima"
nusuth "non ha importanza"
orgrevy "un arbusto resinoso"
orsh "bevanda ricavata da cereali" 
oskyommer "contrarre unione monogamica"
pesthry "un animale oviparo, grande come una volpe"
russy "topo-serpente"
sastrugi "cumuli di neve plasmati dal vento"
secher "prima fase del kemmer"
shifgrethor "onore"
somer "sessualmente inattivo"
sove "neve bagnata"
thangen "sonno nero"
thokemmer "fase culminante del kemmer"
thorharmen "seconda fase del kemmer"

La religione di Karhide è detta Handdara e i suoi seguaci sono detti Handdarata, segno che esiste un suffisso -ta produttivo.

Alcuni toponimi:

Ariskostor, una fortezza sul monte Kostor
Erhenrang
, la capitale di Karhide
Kargav, un ghiacciaio
Kostor, un monte alto 6 km
Horden, un'isola
Otherhord, un'antica fortezza
Pering, una regione di confine

Alcuni antroponimi:

Argaven Harge, il re di Karhide
Berosty rem ir Ipe, un antico nobile
Forem rem ir Osboth, un nobile
Getheren, un reietto
Therem Harth rem ir Estraven, il signore di Estre 

Un interessate etnonimo è Perunter, che designa una popolazione villosa e selvaggia del continente meridionale.

Si possono fare alcune significative deduzioni. Con ogni probabilità Getheren significa "Scuro" ed è dalla stessa radice di gethen. Giungiamo alla conclusione che Estraven è un derivato di Estre, con ogni probabilità un toponimo. La stessa formazione si trova in Stokven, nome attribuito a Therem di Stok - essendo Stok certamente un toponimo. Si deduce anche che rem deve significare "signore, nobile" e che ir è una preposizione che indica derivazione, forse da tradursi con "da" come il famoso von tedesco.

Il calendario di Karhide 

Questi sono i mesi: 

Inverno:
Thern, primo mese
Thanern, secondo mese
Nimmer, terzo mese
Anner, quarto mese

Primavera:
Irrem, primo mese
Moth, secondo mese
Tuwa, terzo mese

Estate:
Osme, primo mese
Ockre, secondo mese
Kus, terzo mese
Hakanna, quarto mese

Autunno:
Gor, primo mese
Susmy, secondo mese
Grende, terzo mese

Questi sono i giorni:
Getheny, primo giorno (Tenebre)
Sordny, secondo giorno
Eps, terzo giorno
Arhad, quarto giorno (Primo Quarto)
Netherhad, quinto giorno
Sreth, sesto giorno
Berny, settimo giorno
Orny, ottavo giorno
Harhahad, nono giorno
Guyrny, decimo giorno
Yrny, undicesimo giorno
Posthe, dodicesimo giorno
Tormenbod, tredicesimo giorno
Odgetheny, quattordicesimo giorno
Odsordny, quindicesimo giorno
Odeps, sedicesimo giorno
Odarhad, diciassettesimo giorno (Primo Quarto)
Onnetherhad, diciottesimo giorno
Odsreth, diciannovesimo giorno
Obberny, ventesimo giorno
Odorny, ventunesimo giorno
Odharhahad, ventiduesimo giorno
Odguyrny, ventitreesimo giorno
Odyrny, ventiquattresimo giorno
Opposthe, venticinquesimo giorno
Ottormenbod, ventiseiesimo giorno

L'autrice traduce Getheny con "Tenebre", da cui è possibile arguire che il suffisso -y marca il plurale o il collettivo. Ci fa inoltre sapere che il prefisso od- è negativo o avversativo e può tradursi con "non". Notiamo subito che la sua consonante si assimila spesso alla consonante iniziale della radice seguente: 

Onnetherhad < *Od-netherhad
Obberny < *Od-berny
Opposthe < *Od-posthe
Ottormenbod < *Od-tormenbod

Il prefisso non mostra mai assimilazione se la consonante seguente è g- o s-: Odgetheny, Odsordny, Odsreth. I motivi di questo fenomeno non mi sono chiari.

Nella lingua di Karhide vige lo stato costrutto, come nelle lingue semitiche. Il nome della cosa posseduta sta prima del nome del possessore, che non subisce modifiche. Il ventiduesimo giorno del terzo mese di primavera è detto Odharhahad Tuwa. Certo, anche in italiano si può dire "martedì tredici dicembre", ma in Karhidi abbiamo il toponimo Ariskostor, che significa chiaramente "Fortezza del Kostor", essendo Kostor un oronimo - come spiegato nel testo.

La conlang getheniana di Orgoreyn

A Orgoreyn si parla una lingua diversa da quella di Karhide, come riportato esplicitamente nel testo. Si dice anche che Orgota significa "di Orgoreyn", con riferimento sia alla lingua che al popolo: è usato un suffisso -ta analogo a quello già visto nella lingua di Karhide. La religione diffusa in Orgoreyn è chiamata Yomesh, ossia "religione di Meshe" - essendo Meshe il nome del fondatore. I seguaci della religione Yomesh sono chiamati Yomeshta. Da queste poche informazioni, si può sospettare che le lingue Karhidi e Orgota siano tra loro imparentate, anche se la parentela potrebbe non essere prossima. Per quanto riguarda la fonetica, la Le Guin si premura di rivelarci che in Orgota esiste la consonante liquida /l/, che manca invece nel Karhidi. Gli esempi che ho potuto trovare di parole contenenti la liquida si riducono all'antroponimo Obsle e al toponimo Pulefen. Le glosse della lingua Orgota ricavabili dal romanzo sono poche e di scarso valore: 

Asyomse "nome di una stella"
gichy-michy "cibo disidratato e concentrato"
peditia "neve bagnata" (= Karh. sove)
sarf "ciarpame"; "polizia segreta"

I composti, così tipici del Karhidi, sembrano molto meno numerosi in Orgota. 

Possibili parentele

Mi ha sorpreso la somiglianza tra il termine Karhidi kemmer e un vocabolo della lingua Olonets, del Ciclo di Helliconia di Brian W. Aldiss: khmir, che indica la libidine. Essendo la specie umana di Helliconia sessuata come la nostra, è chiaro che l'Olonets khmir manca del tutto la semantica getheniana, potendosi tradurre con un volgare "foia". Il primo volume del Ciclo di Helliconia, La primavera di Helliconia, risale al 1982, quindi è ben possibile che Aldiss abbia tratto ispirazione proprio dall'opera della Le Guin. Oppure è una coincidenza? Nelle coincidenze credo poco, se devo essere franco, e non mi convince neppure il concetto di sincronicità, tirato fuori a ogni piè sospinto per spiegare gli eventi più strani. Notiamo che kemmer è sicuramente una parola composta in cui il nucleo significativo connesso al sesso è la sillaba -mer. La prova si ottiene in modo assai facile e certo: basti notare che esistono composti come somer "sessualmente inattivo", thorkemmer "fase culminante del kemmer", thorharmen (< *thorharmer per dissimilazione) "seconda fase del kemmer" e oskyommer "contrarre matrimonio monogamico", tutti dalla radice *mer. Per contro, la parola Olonets khmir non ha etimologia deducibile e non appare un composto. Non solo, ha una fonetica assai peculiare, che potrebbe far pensare a un prestito. Va detto che Aldiss dipinge l'origine dell'umanità di Helliconia secondo un processo evoluzionistico spontaneo assolutamente improbabile, con un'infinità di "convergenze evolutive" che non potrebbero mai verificarsi nemmeno in tempi superiori all'età dell'Universo. A cosa si deve dunque la somiglianza tra kemmer e khmir? Forse al fatto che queste parole sono fatte della sostanza di cui sono fatti i sogni.

Altre recensioni e reazioni nel Web  

Segnalo la recensione di Carmine Treanni, apparsa su Fantascienza.com:


Noto l'errata trascrizione di Gethen come Gheten, credo per facilitare la pronuncia, oltre a un fatto singolare: quando viene spiegato il fondamento della religione e della filosofia di quel mondo, viene evocato il Manicheismo, che tuttavia non può essere associato al Taoismo. Infatti la religione dualista di Mani non professa affatto un equilibrio tra luce e tenebra, tra spirito e materia - e non attribuisce origine comune a questi opposti: afferma invece che l'Universo materiale è interamente composto da tenebra e che in essa si sono disperse particelle di luce, essendo la Salvezza proprio la liberazione di quella sostanza luminosa estranea al mondo e il suo ritorno all'origine.

Per finire estraggo e riporto in questa sede alcuni interventi trovati su Anobii.

Countingcrow76 ha scritto:
per le prime 5o pagine mi ha trasportato in un altro mondo e mi ha appassionato molto poi man mano ho perso interesse portandolo a termine con fatica

Terra ha scritto:
strano come, avendo letto questo libro molti anni fa, mi ricordassi quasi solo la questione del sesso degli alieni (o dell'alieno, a seconda del punto di vista). in realtà mi pare ora che quello sia uno specchietto per allodole: brilla ma nasconde la sostanza vera, la possibilità (il sogno) di comporre le differenze e le incomprensioni fino a mettere a rischio la propria vita, la propria reputazione e la memoria per un individuo così diverso, sempre sconosciuto e tuttavia amato. altro che kemmer (nusuth).

Maura ha scritto:
Non so, forse avrei preferito un approfondimento sulle singolari caratteristiche degli abitanti e sulla loro cultura, più che una storia di avventura e intrighi di corte. E' pur vero che sei vuoi un saggio di sociologia, non devi cercarlo in un libro di fantascienza.

Echoes ha scritto:
Non sono amante del genere, ma questo libro di fantascienza mi è piaciuto davvero tanto.
Le ambientazioni quasi medievali, le profonde implicazioni sociologiche del racconto valgono indubbiamente la pena di una lettura non semplice, ma di indubbia soddisfazione.

Wildsidez ha scritto: 
E' l'unico libro che ho riletto almeno una decina di volte, diciamo che più o meno ogni due anni lo rileggo. E ogni volta mi dà emozioni che non mi stancano, non è un libro che ho imparato a memoria, anche se conosco la trama. A me pare che questo libro sia sottovalutato e poco conosciuto da gruppi e collettivi di pensiero femminista/glbtqi, mentre invece merita di entrare a pieno titolo nell'elenco dei testi di riferimento, secondo me.

Hathaldir ha scritto:
Questo libro è molto distante dal capolavoro descritto da molti lettori. Alcuni capitoli sono talmente avulsi o asincroni da rendere la narrazione appesantita, interrotta e spezzata.
Certamente l'idea di una razza ermafrodita maschile e femminile allo stesso tempo è ambiziosa... disarmante.
In un colpo solo si risolve il conflitto duale che anima l'umanità: l'instabile equilibro che contrappone uomo e donna, luce e tenebre, yin e yang.
Purtoppo questo non è sufficiente a colmare i profondi difetti strutturali e vanifica l'estrema delicatezza e sensibilità adoperata dall'autrice per sviluppare l'impianto fondante della trama.

sabato 10 marzo 2018


FANTASMI DA MARTE

Titolo originale: Ghosts of Mars
Paese di produzione: USA
Lingua: Inglese
Conlang(s): Paleomarziano
Anno: 2001
Durata: 98 minuti
Genere: Fantascienza, azione, orrore, thriller
Sottogenere: Fantawestern
Regia: John Carpenter
Soggetto: John Carpenter, Larry Sulkis
Sceneggiatura: John Carpenter, Larry Sulkis
Produttore: Sandy King
Fotografia: Gary B. Kibbe
Montaggio: Paul C. Warschilka
Effetti speciali: Lance Wilhoite
Musiche: John Carpenter
Colonna sonora:   1. Ghosts of Mars
  2. Love siege
  3. Fight train
  4. Visions of earth
  5. Slashing void
  6. Kick ass
  7. Power station
  8. Can't let you go
  9. Dismemberment blues
 10. Fightin' mad
 11. Pam grier's head
 12. Ghost poppin'
Scenografia: William A. Elliott
Trucco: Robert Kurtzman, Greg Nicotero, Howard
    Berger
Interpreti e personaggi   
    Natasha Henstridge: Tenente Melanie Ballard
    Ice Cube: James "Desolation" Williams
    Jason Statham: Sergente Jericho Butler
    Clea DuVall: Bashira Kincaid
    Pam Grier: Comandante Helena Braddock
    Joanna Cassidy: Dottoressa Arlene Whitlock
    Richard Cetrone: Big Daddy Mars
    Rosemary Forsyth: inquisitore
    Liam Waite: Michael Descanso
Doppiatori italiani   
    Tiziana Avarista: Tenente Melanie Ballard
    Simone Mori: James "Desolation" Williams
    Vittorio De Angelis: Sergente Jericho Butler
    Eleonora De Angelis: Bashira Kincaid
    Isabella Pasanisi: Comandante Helena Braddock
    Stefanella Marrama: Dottoressa Arlene Whitlock

Trama:

Seconda metà del XXII secolo. Marte è stato quasi completamente terraformato: è possibile per un essere umano aggirarsi per le sabbie rosse senza bisogno di scafandro. La società coloniale è governata da donne ed è multietnica, anche se prevale la tipologia caucasica. L'agente di polizia Melanie Ballard è inviata in una desolata regione mineraria per prelevare e deportare il prigioniero James "Desolation" Williams, di ascendenza afroamericana. Una volta giunta con un treno speciale nel remoto avamposto, la bionda Melanie si rende subito conto che la popolazione locale sembra essere scomparsa nel nulla. Le uniche tracce degli abitanti dello stanziamento sono alcuni resti umani mutilati in modo atroce. Presto l'agente viene a conoscenza della realtà. I minatori di un avamposto vicino hanno trovato un ambiente ctonio costruito da un'estinta civiltà marziana, e con più audacia che senno un'archeologa incompetente ha sfondato la parete d'ingresso. L'evento si è rivelato subito luttuoso come la rottura del Vaso di Pandora. In quelle cripte erano imprigionati gli spiriti degli antichi marziani, che in preda alla furia si sono riversati all'esterno, causando una devastante epidemia di possessione. Coloro che sono stati presi da questi spettri demoniaci, hanno cominciato a incidersi le carni, ad affilarsi i denti e a commettere orrendi atti di morte. Hanno ucciso chi non era posseduto, facendone a pezzi i cadaveri e spesso conficcando su pali appuntiti le teste mozzate. Si sono raggruppati in bande e hanno cominciato a parlare una lingua sconosciuta. Di colpo hanno smesso di appartenere al genere umano: con loro è tornato su Marte qualcosa che era scomparso da tempi immemorabili. Quando il capo della squadra, Helena Bradock, è uccisa dai posseduti, l'impavida Melanie Ballard assume il comando della missione. Subito l'agente si rende conto che uccidere questi minatori indemoniati non serve assolutamente a nulla, in quanto lo spirito maligno trasmigra prontamente in un nuovo corpo. È l'inizio di un incubo spaventoso, fatto di sequenze di grande tensione, fino al finale inquietante.


Recensione: 

Un ottimo film di fantascienza robusta, unico nel suo genere. Il pianeta Marte ricostruito da Carpenter è quasi sempre immerso nella tenebra notturna e ha un aspetto singolare che ricorda l'ambientazione di un western, al punto che potremmo definire questa pellicola un fantawestern. Le riprese hanno avuto luogo in una cava del Nuovo Messico, il cui pietrisco gessoso è stato colorato con immense quantità di polvere rossa per simulare le desolazioni marziane. Inizialmente doveva intitolarsi Fuga da Marte (Escape from Mars) e avere come protagonista il famoso Jena Plissken (Snake Plissken) del celeberrimo 1997 Fuga da New York (Escape from New York, 1981). Visto lo scarso successo del sequel Fuga da Los Angeles (Escape from L.A., 1996), l'idea fu abbandonata. Il regista affermò che era sua intenzione creare un "B-movie a tutti gli effetti, con molta azione, poco cervello e tanto splatter". Credo con fermezza che il suo prodotto sia superiore alle aspettative, qualcosa che non liquiderei come banale. Si segnala la colonna sonora, firmata dallo stesso Carpenter e interpretata da diversi artisti, tra cui gli Anthrax e il chitarrista polistrumentista Buckethead (nato Brian Patrick Carroll). 

I marziani carpenteriani e la logo lingua

Forse Carpenter e Larry Sulkis non ne sono al corrente, ma di certo sono due grandi filosofi, che hanno introdotto un concetto davvero unico: quello di una civiltà estinta formata da individui che sopravvivono in spirito alla morte fisica, restando coerenti e portando in sé la conoscenza della loro esistenza corporea, avendo modo di propagarla tramite gli involucri carnali di una specie ospite. Questo pone un grande dilemma. Se ciò potesse accadere, una lingua estinta da millenni, o addirittura da milioni di anni, potrebbe ritornare ad essere parlata, risolvendo una discontinuità ontologica e biologica in apparenza ineliminabile. Come definire il fenomeno? Un singolare caso di xenoglossia o di glossolalia? Se ci si imbattesse in un qualcosa di simile, forse sarebbe entrambe le cose: sarebbe glossolalia, perché la lingua parlata è sconosciuta al genere umano, ma al contempo sarebbe anche xenoglossia, perché tale lingua un tempo era parlata realmente. Inutile dirlo: finora non si è mai trovato nulla di assimilabile alla creazione carpenteriana. Questo pone anche un ultreriore problema: quello della conservazione di informazioni oltre la morte fisica da parte di un essere incorporeo in grado di interagire con la materia e con l'energia di cui questo universo è composto. Gli spiriti evocati da Carpenter conservano per breve tempo la forma dell'ultimo corpo che hanno posseduto, e come tali sono persino visibili agli occhi dei viventi. Senza dubbio un'idea di una potenza inconcepibile, che non è stata valutata appieno dal pubblico! Gli antichi marziani sono dipinti come strani e tozzi rettili bipedi dalla pelle maculata. Sono mostrati nel corso delle visioni patite dalla protagonista, Melanie Ballard, mentre uno spirito immondo cerca di entrare in lei. Non si riesce a ricostruire molto della lingua marziana parlata dai posseduti, anche perché non credo che ci fosse uno specifico progetto da parte del regista e dello sceneggiatore. In ogni caso, solo una parola mi è parsa di una chiarezza sconvolgente: l'imperativo goom-taah! "uccidiamo!".

Non è un remake

In genere questo film è considerato un remake strutturale di Distretto 13 - Le brigate della morte (Assault on Precinct 13), dello stesso Carpenter, uscito nel 1976. Con buona pace della critica, a parer mio le analogie sono soltanto apparenti e non si può parlare in alcun modo di un rifacimento, per quante analogie formali possano essere enumerate. Nella pellicola carpenteriana del '76 non si parlava affatto di antichi spiriti in grado di trasmigrare provocando una pandemia di odio assoluto. La causazione degli eventi era del tutto dissimile. Certo, c'erano gang di una ferocia spaventosa, ma nessun principio metafisico era presentato come fondamento di tanta malvagità. L'origine ultima di Fantasmi da Marte e di Distretto 13 viene da molti ricondotta a viva forza al film western Un dollaro d'onore (Rio Bravo), di Howard Hawks (1959) - un classico interpretato da un eccellente John Wayne e da Dean Martin nel ruolo di un intramontabile ubriacone. Il problema è che i cinefili e i recensori del tipo più comune sono fossilizzati fino alla monomania con dettagli tecnici e non dedicano alcuna attenzione a contenuti antropologici e filosofici. Anzi, sono ciechi a qualsiasi contenuto che non sia pura e semplice materialità, ritenendo tutto ciò che appartiene allo spirito umano come un'insopportabile "pippologia". Forse nemmeno un'invasione di alieni come i marziani di Carpenter potrebbe liberarci da un simile flagello.

mercoledì 7 marzo 2018


AELITA

Titolo originale: Аэлита (Aelita)
Aka: Aelita: Queen of Mars
Paese di produzione: URSS
Anno: 1924
Release americana: Aelita: Revolts of the Robots
     (1929), editing di Benjamin De Casseres.

Durata: 111 min - 81 min
Colore: B/N
Sonoro: Film muto
Tipologia narrativa: Colossal
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera; propaganda comunista   
Regia: Jakov Aleksandrovič Protazanov
Soggetto: Aleksej Nikolaevič Tolstoj, dall'omonimo
     romanzo (1923)
Sceneggiatura: Aleksej Fajko, Fëdor Ozep
Fotografia: Emil Schünemann,
     Jurij Željabužskij
Musiche: Aleksandr Rannie su tema di Prokof'ev
Scenografia:
Sergej Kozlovskij, Isaak Rabinovič,
     Victor Simov
Interpreti e personaggi   
    Julija Solnceva: Aelita
    Nicolaj Ceretelli: Los / Spiridonov
    Valentina Kuindži: Natasha
    Nikolaj Batanov: Gusev
    Jurij Zavadskij: Gor
    Igor' Il'inskij: il detective Kravtsov
    Konstantin Eggert: Tuskub, il re di Marte e padre
       di Aelita
    Vera Orlova: Masha
    Pavel Pol': Ehrlich
    Aleksandra Peregonets: Ikhoshka, la fedele
       servitrice di Aelita

Trama:

A Mosca, nel 1921, varie stazioni radio ricevono una misteriosa trasmissione, il cui testo è una frase intraducibile: "Anta Odeli Uta". I colleghi istigano Los, uno scienziato ossessionato dall'idea di raggiungere Marte, suggerendogli che il messaggio possa provenire dal Pianeta Rosso. Questo è sufficiente a provocare nel povero Los uno stato onirico in cui ha visioni ad occhi aperti e fantastica sulla bizzarra civiltà marziana. Vediamo la regina Aelita e il vero detentore del potere, suo padre Tuskub. Gor è il Guardiano dell'Energia e capo dei militari, mentre Ikhoshka è la maliziosa ancella di Aelita. La società, rigidamente aristocratica, è in precario equilibrio: la regina non è amata dai militari e dalla casta degli scienziati. Questi ultimi hanno in loro potere un telescopio che permette di osservare la Terra e cercano di negarne l'accesso alla curiosissima sovrana. La maggior parte della popolazione marziana è costituita da schiavi che vivono in condizioni abiette nel sottosuolo, lavorando nelle miniere. Durante il turno di riposo vengono congelati e stipati nelle caverne come merce. Intanto, sulla Terra, le giornate di Los trascorrono nel misero e meschino contesto della Russia dei Soviet. Sua moglie, Natasha, è tampinata da uno squallido burosauro dal cognome ben poco russo, Ehrlich. Prima della Rivoluzione era stato un donnaiolo, ora è un ufficialetto che abusa del suo potere per far sparire grandi quantità di zucchero con cui corrompe le donne, cercando di ottenere i pompini o qualche scopata. Anche se Natasha rifiuta le avances di Ehrlich, Los è convinto del contrario e quindi è roso da una funesta gelosia. Tutto procede nello squallore più assoluto e deprimente. Spiridonov, uno scienziato amico di Los, progetta di fuggire all'estero, mentre il grottesco segugio Kravtsov si occupa di scoprire l'autore dei furti di zucchero, notoria causa di crolli di imperi nella storia del mondo. Intanto Los continua a sognare Marte. La regina Aelita, venuta a conoscenza della sua esistenza, lo desidera segretamente. Vorrebbe che lui fosse con lei e che accostasse le labbra alle sue, come fanno gli amanti sulla Terra. Intanto la situazione precipita. Colto da un raptus, Los uccide la moglie, si traveste in modo tale da passare per Spiridonov, che nel frattempo ha disertato ed è sparito dalla Russia. Incredibilmente, in tutto questo trambusto, Los riesce a costruire un razzo in uno stabilimento nella periferia di Mosca. Mentre si imbarca assieme al rivoluzionario Gusev, un soldato dell'Armata Rossa e fondatore di diverse repubbliche socialiste sovietiche, viene raggiunto dal segugio Kravtsov, che non riesce tuttavia a fermarlo. A questo punto il razzo parte e in brevissimo tempo lascia la Terra con i tre a bordo. In brevissimo tempo la navicella arriva su Marte. Qui avviene un miracolo: i terrestri e i marziani sono in grado di intendersi alla perfezione, senza alcuna barriera linguistica! Tuskub ordina di uccidere gli invasori, ignorando le suppliche della figlia Aelita. Kravtsov, maldestro e dal cervello minuscolo, cade subito prigioniero dei soldati. Il capo degli Astronomi raggiunge la regina, dicendole dove la nave è atterrata. L'ancella Ikhoshka cerca di ucciderlo pugnalandolo alle spalle, ma viene catturata e spedita nelle miniere. Gusev si è invaghito della fantesca e ha persino inscenato una pantomima esplicita per convincerla a fellarlo, così la segue, pensando di salvarla e di sfogare i propri impulsi. Nel frattempo Los incontra Aelita e se ne innamora, anche se a volte la vede sotto le sembianze della moglie. Le guardie arrivano e li arrestano, inviando anche loro nel sottosuolo, dove Gusev sta arringando gli schiavi, organizzando un soviet marziano! Aelita, nonostante la diffidenza di Gusev, che non vede di buon occhio gli aristocratici, riesce a farsi scegliere come capo del movimento. Scoppia il finimondo. Gusev, armato di un gigantesco martello, sembra un improbabile Thor comunista mentre assesta poderosi colpi a chi cerca di fermarlo. Quando i soldati di Tuskub riconoscono la sconfitta, Aelita svela il suo vero volto e comanda loro di ricondurre gli schiavi nelle loro caverne. Los, preso dal disgusto, fa precipitare la regina in un baratro, uccidendola. A questo punto si capisce la vera natura di tutte queste vicende tumultuose: si tratta di sogni a occhi aperti di Los, che è sulla Terra, non ha ucciso la moglie e non ha costruito alcun razzo. Così si riconcilia con Natasha. Il messaggio marziano "Anta Odeli Uta" si rivela soltanto una trovata pubblicitaria e tutti vissero felici e contenti.


Recensione:

Una chicca imperdibile. Si può dire che Aelita sia il primo colossal prodotto dall'Unione Sovietica. Quando uscì divenne rapidamente popolarissimo, al punto che a un gran numero di bambine russe fu dato il nome Aelita. In seguito, la pellicola cadde in disgrazia e fu bandita dal governo sovietico, tanto che non fu facile poterla visionare prima della fine della Guerra Fredda. 

Il film di Protazanov è stato proiettato al celebre Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 12 settembre 2009, ma in quell'occasione purtroppo non ho potuto essere presente. Sul sito Fantasymagazine.it esiste ancora traccia di tale evento:


Ho avuto occasione di vedere Aelita soltanto otto anni dopo. Le sue sequenze, immensamente ingenue, grottesche, a tratti comiche, mi hanno messo di buon umore, come un raggio di luce nelle compatte tenebre di una depressione profonda. Si può quindi dire che Protazanov e Aleksej Tolstoj abbiano fatto del bene. Certo, siamo lontani anni luce dalla sensibilità dei nostri tempi, ma penso che quest'opera vada conosciuta. 


Contenuti politici del film 

Su Fantasymagazine.it si sostiene che Aelita sarebbe un film di "denuncia sociale". Non ho assistito al dibattito sull'argomento nella sede in cui è avvenuta la proiezione, ma posso immaginare che questa sia stata la tesi sostenuta dagli astanti. A me pare piuttosto che si cerchi di proiettare nel passato degli anni '20 dello scorso secolo le categorie mentali moderne e il sentire moderno, un rischio gravissimo su cui non smetterò mai di mettere la massima enfasi. All'epoca in cui fu prodotto Aelita non si faceva "denuncia sociale", si rimuovevano gli ostacoli abbattendo le persone. Gli omicidi politici erano all'ordine del giorno e nessuno ci trovava alcunché di strano. La propaganda politica era più semplice, più diretta. Quando Gusev trasforma gli schiavi marziani in rivoluzionari decisi ad instaurare la dittatura del proletariato, subito partono in crescendo le note dell'inno dell'Unione Sovietica. Si vede un uomo barbuto che plasma a mani nude una falce e un martello, accendendo il fuoco della Rivoluzione. Il messaggio è semplice: Gusev, servendosi soltanto delle sue parole, per magia comprensibili al suo pubblico, riesce a impiantare su Marte il marxismo. Qualcosa che è nato e germogliato sulla Terra, in un ben preciso contesto, attecchisce in un ambiente del tutto dissimile, senza alcuna difficoltà. Oggi tutto questo ci sembra decisamente naïf, com'è ovvio che sia. Ci appare come una burletta e ci desta ilarità. Tutto sembra fuorché propaganda politica, somiglia di più a un Godzilla di gomma. Nel 1924 la gente la pensava in modo diverso: di certo quelli erano mezzi adatti alle necessità del contesto. 

 

Il frenetico Gusev e il sesso in bocca

Alcune sequenze del film costituiscono un inatteso quanto incontestabile riferimento alla fellatio. Gusev, esagitato e in preda alla libidine come un bonobo, afferra l'ancella Ikhoshka per un braccio e mima il coito orale, dando prova di ignorare il concetto stesso di pudore. Si indica i genitali ripetutamente, quindi punta con il dito la bocca della donna e lo preme nell'aria più volte, facendole capire dove desidera infilarle il fallo eretto. Lei non raccoglie l'invito, non dice nemmeno l'equivalente marziano di un "ma anche no", sottraendosi subito alla presenza dell'importuno corteggiatore. Tutto questo mi ha destato grande meraviglia come l'ho visto, perché mi è parso un elemento incongruo. Il punto è questo: negli anni '20 del XX secolo, il sesso orale era tabù, tanto in Oriente quanto in Occidente. Chissà se gli amici del Cineforum Fantafilm si sono accorti di tutto questo! Un giorno dovrò decidermi a chiederlo ad Andrea "Jarok", sperando che rammenti qualcosa della lontana serata di discussione. 


Il vecchio mondo

Alcuni uomini si assicurano di non essere disturbati e si riuniscono per una festicciola, se così si può dire. Consumando del vino acidulo, di pessima qualità, si lasciano andare a ricordi del mondo prima della Rivoluzione. Com'erano le loro vite? Indubbiamente migliori, è la loro conclusione. Si fanno prendere da voli pindarici. Uno scienziato baffuto fabbrica fantasie su come sarebbe stato riverito: un servo in livrea lo avrebbe accompagnato ovunque, stappando una bottiglia di champagne ad ogni occasione. Un suo collega invece si vedeva nell'atto di dare ordini a un servo adorante, prontamente obbedito come se fosse un re. Forse questa è una delle cause della caduta in disgrazia della pellicola? Un altro residuo del mondo prerivoluzionario è la menzione della religione. La moglie di Gusev gli nasconde gli abiti per impedirgli di andare su Marte. Il soldato si traveste da donna e si cala dalla finestra, camminando così per le vie di Mosca. Una vecchia lo vede e in preda all'orrore si fa il segno della croce. Si consideri che per la Chiesa Ortodossa la sodomia era un peccato molto grave, che comportava l'esclusione dai sacramenti per diciotto anni. Agli occhi dell'anziana signora, un uomo in vesti da donna non era uno scherzo dovuto a circostanze eccezionali, ma senza dubbio un sodomita passivo.


Un abbozzo di lingua marziana 

La frase "Anta Odeli Uta" non può essere analizzata, né è possibile comprendere da essa alcunché di utile su una forma larvata di conlang marziana. Anche se alla fine viene rivelato che si tratta di un vacuo messaggio commerciale, volutamente senza senso (pubblicità nella Russia dei Soviet?), è comunque interessante speculare sulla questione. In fondo, sono parole fatte della materia di cui sono fatti i sogni. Pochi sanno che alcuni quotidiani sovietici hanno riportato, in seguito alla proiezione di Aelita, che la trasmissione "Anta Odeli Uta" è stata realmente captata e che è stata persino decifrata! Se non ci credete, il riferimento è Nicky Jenner, 4th Rock from the Sun: The Story of Mars, pag. 48. In ogni caso non si arriva da nessuna parte. Allo stesso modo non si hanno elementi per dedurre il significato dei peculiari antroponimi marziani Aelita, Tuskub (Tuscoob), Gor, Ikhoshka. Si noterà che Ikhoshka ha la fonotassi e la morfologia di un nome slavo, con un tipico suffisso diminutivo -oshka. Anche Aelita ha una terminazione in -a, che nell'immaginario comune è un marcatore del genere femminile, indipendentemente dall'origine terrestre o meno di una lingua. Fateci caso: si trovano poche opere di fantascienza in cui qualche protagonista maschile abbia un nome terminante in -a, mentre le occorrenze di nomi femminili in -a sono innumerevoli. Tutto questo nonostante in molte lingue reali esistano antroponimi maschili in -a. Allo stesso modo, non ci si aspetta che una nobildonna abbia un nome terminante in -o o in -u. Una regina Namora è convincente, una regina Namoru non lo è. Perché? Spiegare le convergenze nelle creazioni di numerosissimi autori è abbastanza difficile. L'ipotesi più convincente è che la natura delle lingue fantascientifiche possa avere le proprietà di un meme e diffondersi tramite contagio memetico, favorendo un certo tipo di caratteri fonotattici e sfavorendo ogni deviazione da questo standard.


La lingua marziana nel romanzo di Aleksej Tolstoj 

Aleksej Tolstoj (da non confondere con Lev) è meno avaro di Protazanov: un libro riesce a comunicare molte più cose di un film muto. Quando ho avuto accesso al romanzo Aelita, ho potuto constatare che vi erano riportate diverse parole nella lingua di Marte. Un soldato marziano, vedendo Los e Gusev, dice loro: "Taltsetl". Quando i due russi tentano di spiegare che vengono dalla Terra, il marziano enuncia una strana parola: "Soatsre". Quindi il marziano indica il suolo estendendo le braccia e dice: "Tuma". Si può essere certi che Tuma fosse il nome che gli indigeni davano a Marte, e che significasse anche "terra, suolo". Sono riportate anche frasi ben articolate. Un soldato enuncia: "Aieeoo utara shokho, datsia Tuma ragheoh Taltsetl". Sembra possibile dedurre che Taltsetl è il nome dato Terra. In effetti nel corso della narrazione questa intuizione risulta confermata: è proprio la Terra, ritenuta una stella maligna. A quanto pare, Gusev apprende rapidamente la lingua marziana, e anche Los arriva in qualche modo non soltanto a capirla, ma addirittura a parlarla. Un'altra frase oltremodo interessante, pronunciata da un marziano indicando una nave volante nel cielo: "Tao hatskha ro khamagatsitl". Col nome Magatsitl vengono indicate antiche genti migrate su Marte da Atlantide, il cui sangue viveva nell'aristocrazia. Sembra che le finali in -tl fossero abbastanza comuni. Una frase pronunciata da Aelita e tradotta da Los è "Oheo, kho suah", ossia "Concentrati e cerca di ricordare". Il nome Aelita viene analizzato come composto di AE "vista per la prima volta" e LITA "luce stellare". Si capisce anche il mistero del nome Ikhoshka e del suo aspetto slavo: nel libro è spiegato che in realtà l'ancella si chiamava Ikha e che Gusev l'aveva ribattezzata aggiungendovi il suffisso diminutivo russo -oshka. Non posso fare a meno di notare che nel romanzo non si fa nessun accenno alla storia del sesso in bocca chiesto da Gusev a Ikha. Egli si limita a estorcere un bacio sulla bocca e in un'altra occasione ad accarezzarle le braccia nude. Non si riesce a tracciare da dove sia giunta l'idea di un Gusev bonobo arrapato.