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domenica 15 dicembre 2019


AMANTI D'OLTRETOMBA 

Paese di produzione: Italia
Lingua: Italiano
Anno: 1965
Durata: 105 min
Colore: B/N
Genere: Orrore, thriller
Sottogenere: Horror soprannaturale
Regia: Mario Caiano (come Allen Grünewald)
Soggetto: Mario Caiano, Fabio De Agostini
Sceneggiatura: Mario Caiano, Fabio De Agostini
Produttore: Carlo Caiano
Produttore esecutivo: Mario Cotone
Produttore supervisore: Pietro Nofri  
Casa di produzione: Emmeci
Fotografia: Enzo Barboni
Montaggio: Renato Cinquini
Musiche: Ennio Morricone
Scenografia: Mario Giorsi
Costumi: Mario Giorsi
Trucco: Duilio Giustini
Interpreti e personaggi:
    Barbara Steele: Muriel/Jenny
    Paul Müller: Dottor Stephen Arrowsmith
    Helga Liné: Solange
    Marino Masè (come Lawrence Clift): Dottor Derek Joyce
    Giuseppe Addobbati (come John McDouglas):
        Maggiordomo
    Rik Battaglia: David
Doppiatori italiani:
    Noemi Gifuni: Muriel
    Luisella Visconti: Jenny
    Nino Dal Fabbro: dottor Stephen Arrowsmith 
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: Nightmare Castle 
   Francese: Les Amants d'outre-tombe
   Olandese: De griezel minnaar

 
Trama: 
Scozia. Epoca vittoriana. Una terra in cui il sole non giunge. Il dottor Stephen Arrowsmith è un famoso scienziato che vive in un lugubre castello. Ha in moglie la sensualissima Muriel, fedifraga e a sua volta da lui cornificata con la matura assistente Solange. Una assistente più che matura, addirittura passa. Il dottor Arrowsmith non soltanto incarna lo stereotipo dello scienziato pazzo, ma è anche un uomo perverso e ben fornito di istinti sadici: se vivesse ai nostri tempi, sarebbe di certo un produttore di snuff movies. Si diverte a seviziare le rane nel suo laboratorio ctonio, traendo piacere da ogni istante della loro sofferenza, e conduce perigliosi esperimenti con l'elettricità. Per un po' Muriel si consola col cognac, poi passa al sesso col giardiniere, un energumeno che porta un nome tutto sommato abbastanza banale: David. Il dottor Arrowsmith scopre la tresca, così cattura gli amanti e si diverte a torturarli. Mentre David è immobilizzato, Muriel è legata al letto e lo scienziato sadico le fa cadere addosso l'acido, goccia dopo goccia, ustionandole i seni e il ventre, corrodendola, procurandole dolori infernali e godendo del suo strazio. Poi, dopo aver dilaniato atrocemente le carni della donna, la bacia sulla bocca. L'amante, che è un gorilla, freme per la gelosia. In un'estrema convulsione maledice il torturatore e apostrofa Muriel chiamandola "cagna". Tanto è tutto inutile: viene ucciso di torture e sfigurato assieme alla donna, tramite una spietata elettrocuzione. Il dottore diabolico estrae il cuore dal petto dei due amanti e lo ripone in un'urna di vetro, quindi usa il loro sangue per ringiovanire la perfida Solange. Il suo piano è semplice: impadronirsi dell'eredità della defunta consorte, la vera detentrice delle ricchezze. Subentrano alcuni problemi non trascurabili: prima di morire, Muriel ha affermato che le sue cospicue sostanze andranno alla sorellastra Jenny, che è mentalmente instabile e conduce un'esistenza precaria passando da un manicomio all'altro. La soluzione escogitata dallo scienziato pazzo è il matrimonio con Jenny. Non gli sembra difficile far interdire una donna tanto psicolabile e incamerare tutti i suoi averi. Le nozze avvengono come programmato. Una volta entrata nella sua nuova dimora, Jenny comincia ad avere incubi: ode il suono di due cuori che battono e la voce di Muriel che la istiga ad uccidere il marito. Data la situazione congravescente, il dottor Derek Joyce viene invitato al castello per curare la donna. Dopo varie vicissitudini, il giovane medico scopre l'urna con i cuori degli amanti uccisi. Questo fa sì che i due ritornino dall'Oltretomba come orridi spettri assetati di vendetta, riuscendo ad ottenerla. Muriel brucia vivo il dottor Arrowsmith nei sotterranei dove straziava le rane, mentre David priva Solange del sangue fino a ridurla a uno scheletro. A questo punto il dottor Joyce pone fine all'infestazione sovrannaturale distruggendo i due cuori tra le fiamme del camino, quindi fugge assieme a Jenny da quel luogo infernale.  

 
Recensione:
Il bianco e nero opprimente e plumbeo è stato una manna per questa pellicola, che altrimenti avrebbe rischiato la damnatio memoriae come tanti altri prodotti degli anni '60. Ottima la colonna sonora composta da Ennio Morricone. Mentre le sequenze si avviano alla conclusione, ci si aspetterebbe uno splendido incendio, sola forza purificatrice in grado di spazzare via ogni maledizione e ogni impurità. Questo purtroppo non avviene, dato che per malaugurata scelta del regista piove a dirotto e le fiamme non potrebbero attecchire. Nascondendo in me l'essenza di un piromane simile a Nerone, non posso tacere la mia delusione per questo finale mancato. Ci sono soltanto i due cuori degli amanti, trafitti da uno stiletto, che ardono una volta gettati nel camino. L'elemento sovrannaturale degli spettri sanguinanti è a parer mio un po' troppo invadente, stride quasi con il razionalismo illuministico del sadico dottor Arrowsmith. Questo personaggio, per certi versi squallido, è il vero elemento innovatore della pellicola. Introduce qualcosa di originale, del tutto inaspettato ai tempi in cui il film fu girato: l'uso voluttuario della tortura. Al giorno d'oggi non si potrebbero mai girare scene simili. Le femministe e i buonisti politically correct insorgerebbero, tuonando contro la rappresentazione di atti di violenza su una donna (costoro riterrebbero il giardiniere irrilevante in quanto di sesso maschile). Poi si leverebbe qualche altra Erinni ad accusare a destra e a manca di apologia della tortura, etc. etc. Ne nascerebbe un caso mediatico, un casino inenarrabile. Poi ci si stupisce, Diabole Domine, se la Settima Arte è fottutamente morta, affogata in un lago di liquame fatto di remake fecali. Poi ci si stupisce se in fondo in fondo si rivorrebbero i vecchi trash. 
 

Alcune note sui personaggi femminili 
 
Barbara Steele si sdoppia: da una parte la versione corvina e infera, Muriel, dall'altra la versione bionda e angelica, Jenny. Francamente preferisco di gran lunga Muriel, con tutto il suo carico di potere seduttivo misto a malvagità. Jenny mi sembra piuttosto insostanziale, non ha mordente, sembra essere appena abbozzata. Questo non è certo l'unico caso di doppia interpretazione dell'attrice in uno stesso film: la vediamo impegnata in un doppio ruolo anche in altre pellicole gotiche, come La maschera del demonio (aka Black Sunday, di Mario Bava, 1960), I lunghi capelli della morte (1966) e Un angelo per Satana (1966). Teo Mora nel suo ponderoso saggio Storia del cinema dell'orrore (Fanucci Editore, 1977) commentò Amanti d'oltretomba con queste parole: 
 
"Se la donna è la protagonista incontrastata dell'horror italiano, non lo è mai come in questo film, dove Barbara Steele si sdoppia nei due ruoli tipici dell'eroina perseguitata e ridotta alla follia e della vendicatrice implacabile."
 
C'è anche un altro personaggio femminile degno di nota. La vampirica Solange, interpretata da Helga Liné, è un enigma. Non sono state spese molte parole su di lei, eppure è abbastanza rilevante nella trama. Custodisce segreti oscuri, ricatta, manovra, trasforma in Male ogni cosa con cui viene a contatto. Non si sa da dove provenga, non si capisce come sia entrata nella vita del dottor Arrowsmith (che a quanto pare preferisce la sua compagnia a quella della moglie). L'unica cosa certa è la sua immensa avidità, la sua bramosia di impadronirsi del denaro e della vita altrui, il che mi fa supporre un'origine slava. Deve trattarsi di un vurdalak o di qualcosa del genere.  


Il boia sadico 

È certamente notevole l'interpretazione di Paul Müller nei panni del dottor Aerosmith. Me lo immagino coi capelli rossi come il fuoco. Mentre infligge spaventosi tormenti alle sue vittime, i suoi occhi brillano come tizzoni infernali. Sarebbe un errore assimilare questo personaggio ad altri scienziati pazzi di celluloide. A muoverlo non è il desiderio di emulare Prometeo, bensì l'unione tra il proprio innato sadismo e un istinto primordiale quanto invincibile: la vendetta. A scatenare la sua ira e la sua volontà distruttrice è stato il disprezzo provato nei suoi confronti dalla moglie, una donna che odia in modo profondo l'intelligenza dell'uomo, essendo invece attratta dalla bruta animalità. Più simile al Divino Marchese che a Victor Frankenstein, il torturatore scozzese ha una complessità di cui forse nemmeno gli artefici della pellicola erano consapevoli.    

Curiosità 

Il regista Mario Caiano aveva avuto la brillante idea di evidenziare le scene truculente con una pacchiana colorazione rossa. Per fortuna il budget piuttosto scarno lo ha convinto a desistere dall'insano proposito. Se la sua trovata fosse stata realizzata, oggi avremmo qualcosa di veramente inguardabile. 
 
La sceneggiatura originale si intitolava Orgasmo. Cosa abbastanza assurda, dato che non c'è molto di erotico nel film. L'idea dei cuori degli amanti estirpati, trafitti e in seguito combusti, richiama in modo abbastanza vago il racconto di Edgar Allan Poe intitolato Il cuore rivelatore (The Tell-Tale Heart). 
 
Caiano disse che l'ispirazione per questo film  gli venne dall'amore per l'attrice Barbara Steele e per il genere gotico, a cui si avvicinò leggendo per la prima volta l'opera di Poe, nel 1943. Affermò anche di non essere stato influenzato da Mario Bava e di non ricordare di aver visto alcun suo film in quell'epoca, forse con una sola eccezione, La maschera del demonio. Se devo esser franco, mi sa tanto di excusatio non petita
 
Lo pseudonimo Allan Grünewald usato da Mario Caiano per firmare il film ha una spiegazione molto semplice e razionale: Allan è il secondo nome di Edgar Allan Poe, mentre il cognome è quello di Matthias Grünewald (1480 - 1528), un pittore rinascimentale famoso per le tinte cupe usate nei suoi dipinti. Joris-Karl Huysmans ne era ossessionato e descrisse con parole indimenticabili la Crocifissione di Issenheim nel romanzo Là-bas (L'abisso, 1891).  

 
Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Nel mondo anglosassone e non solo, Amanti d'oltretomba ha avuto un buon riscontro, mentre in Italia è sprofondato quasi subito nell'Oblio.
 
«Come sottolineato in altre occasioni, la fantascienza all'italiana è un genere cinematografico che non ha mai incontrato grandi consensi presso il pubblico nostrano (specialmente quando ad occuparsene sono stati produttori di Cinecittà, poveri di mezzi e talora anche di fantasia) e che raramente è andato oltre il fenomeno d'imitazione. Più remunerativo è stato invece il sottogenere della fantamedicina che meglio si conciliava con il timido permissivismo degli anni '60 e consentiva di reinterpretare i collaudati schemi dell'horror, del feuilleton e del thriller. In questo senso, il film di Mario Caiano è uno dei prodotti più interessanti del periodo e più conosciuti all'estero.»
(Fantafilm)

Lo stesso Paul Müller ha dichiarato: «Per me questo era un ottimo film ma non ha avuto successo forse perché era troppo fatto bene e diverso per il genere del film dell'orrore".» 
 
Si trovano alcuni interventi interessanti sul Davinotti. Ne riporto alcuni in questa sede, a pubblica edificazione. 
 

Faggi ha scritto:

"Horror melodrammatico o melodramma macabro - comunque folle - dove, come in un fumetto horror all'italiana di quelli che verranno (il pensiero va, non a caso, al rinomato "Oltretomba"), può accadere di tutto infischiandosene della logica; lasciando che il clima e il tono - cupi, morbosi, lugubri, erotici, squisitamente fuori controllo - giochino tutta la partita. Barbara Steele imprescindibile, languida e spiritata; notevole Helga Liné; paul Muller ha l'essenziale fisico del ruolo. Caiano, in cabina di regia, fa il burattinaio magico." 
 
Stefania ha scritto: 
 
"Nessuna sorpresa, piacevolissime conferme in questo gotico sorretto dalle vecchie e solide colonne della "vendetta tramite doppio inconsapevole" e neo-vampirismo pseudo-scientifico (eterna giovinezza tramite trasfusioni sanguigne, con macchinario ad hoc!). Ma la Steele in versione demone nero-angelo biondo, gli squarci di sadismo e l'immaginifico finale rendono la visione un intrattenimento di buon livello. Metem-psicotico! 
MEMORABILE: Le torture ai due amanti; il congegno per folgorare la Steele nella vasca da bagno (e poi ci rimette le penne qualcun altro!)."
 
Lythops ha scritto: 
 
"Un gotico italiano d'altri tempi, con una narrazione molto televisiva, lento in alcuni punti al limite della noia, ma con una bravura di fondo che riesce a salvarlo anche per merito di Paul Muller, che riesce a essere irritante e odioso nel dar vita al suo personaggio basandosi soprattutto sullo sguardo e la movenza. Troppo caricata Barbara Steel, per quanto bella. Fredda la Liné. Buone le musiche di Morricone, ma stranamente invadenti. Grandi i doppiatori.
MEMORABILE: "Ti spoglierò dei desideri volgari per dartene altri più raffinati" "Non capisco" "Non importa".
 

Etimologia di Muriel 

Il nome femminile Muriel è di chiara origine celtica: deriva dal gaelico Muirgheal, che significa "Splendore del Mare". Infatti è un composto di muir "mare" (gallico more, mori-, che ha la stessa origine del latino mare) e di geal "splendore" (la cui radice si trova nel nome di Virgilio, ossia Vergilius "Molto Splendente", col prefisso gallico ver- che ha la stessa origine del latino super-).

giovedì 12 dicembre 2019


LADY FRANKENSTEIN

Titolo originale: Lady Frankenstein
AKA: La figlia di Frankenstein, Daughter of Frankenstein,
    Madame Frankenstein 
Lingua originale:
Inglese, italiano
Paese di produzione: Italia, Stati Uniti d'America
Anno: 1971
Durata: 96 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Orrore, protofantascienza
Regia: Mel Welles (come Ernst R. von Theumer); 
    Aureliano Luppi (non accreditato)  
Soggetto: Dick Randall, Edward Di Lorenzo, Mary Shelley
    (romanzo, non accreditata)
Sceneggiatura: Mel Welles, Edward Di Lorenzo
Produttori: Umberto Borsato, Hurbert Case, Gioele
    Centanni, Harry Cushing (come Harry C. Cushing),
    Egidio Gelso, Jules Kenton, Mel Welles
Casa di produzione: Condor International Productions
Fotografia: Riccardo Pallottini (come Richard Pallotin)
Montaggio: Cleofe Conversi (come Cleo Converse)
Effetti speciali: Carlo Rambaldi (come Charles Ramboldt)
    (animazione)
Musiche: Alessandro Alessandroni
Costumi: Maurice Nichols
Trucco: Timothy Parson
Interpreti e personaggi:
    Joseph Cotten: Barone Frankenstein
    Rosalba Neri (come Sara Bay): Tania Frankenstein
    Paul Müller: Dottor Charles Marshall
    Peter Whiteman: La Creatura
    Herbert Fux: Tom Lynch, il tombarolo ashkenazita
    Renate Kasché (come Renata Cash): Julia Stack
    Lorenzo Terzon (come Lawrence Tilden): L'assistente di
       Harris
    Ada Pometti (come Ada Pomeroy): La moglie di Atkins
    Andrea Aureli (come Andrew Ray): Jim Turner
    Joshua Sinclair (come Johnny Loffrey): John
    Richard Beardley: Simon Burke
    Petar Martinovitch (come Peter Martinov): Jack Morgan
    Adam Welles: Un bambino
    Mickey Hargitay: Capitano Harris
    Herb Andress (non accreditato): Il gobbo
    Marino Masè (non accreditato): Thomas Stack
Doppiatori originali:
    Linda Gary (non accreditata): Tania Frankenstein
    Mel Welles (non accreditato): Tom Lynch, il tombarolo
        ashkenazita
Titoli tradotti:
    Francese: Lady Frankenstein, cette obsédée sexuelle

Trama:
Il Barone Frankenstein è impegnato in sacrileghi esperimenti nel suo castello. Assieme al suo aiutante, il dottor Marshall, usa le scariche elettriche per infondere la vita al cadavere di un uomo in cui ha provveduto a trapiantare il cuore e il cervello di un assassino. La mostruosa creatura, che non ha affatto gradito di esser stata suscitata dalle Tenebre, si vendica e uccide il suo creatore spezzandogli la schiena, quindi fugge nella notte. La figlia del Barone, Tania, approfitta dell'amore che il dottor Marshall prova per lei, mettendo in atto un piano diabolico per vendicarsi. Viene creato un secondo mostro dal robusto corpo di Thomas, un giovane mezzadro con gravi ritardi mentali, sedotto dalla donna e ucciso dal suo complice con un cuscino mentre è scosso dall'orgasmo. Il cervello e il cuore trapiantati nel cadavere di Thomas sono quelli del dottor Marshall: la creatura così ottenuta ha una forza sovrumana e una grande intelligenza, doti che Tania spera possano bastare a sconfiggere l'assassino di suo padre. Tutto sembra procedere come previsto: il mostro con il cervello del dottor Marshall e il corpo di Thomas affronta e uccide il suo avversario, che nel frattempo ha sparso terrore e morte nel contado. Poi qualcosa va storto, senza preavviso. Mentre la libidinosa figlia del Barone Frankenstein viene posseduta carnalmente dall'ibrido Marshall/Thomas, sorge in questi un impulso violento e incoercibile: le mani possenti come tenaglie si stringono sul collo di lei e la strangolano. Un incendio catartico consuma l'intero castello mentre Tania spira tra le convulsioni del soffocamento. 


Recensione: 
Un film di un trash assoluto, semplicemente inguardabile, a tratti persino ripugnante. In effetti si tratta di una copro-duzione italo-statunitense: non si può goderne la visione senza un certo gusto per gli escrementi e per le più abiette manipolazioni in voga a Sodoma. Direi che Lady Frankenstein è l'equivalente cinematografico del sentire quella pasta marrone sulla lingua, o almeno ci si avvicina molto. Ai nostri giorni questo film non potrebbe più essere girato, dato che uno dei personaggi è un minorato mentale: non essendo descritto come un X-man o come Superman, sarebbero automaticamente violati i diktat del buonismo politically correct. Il fatto poi che questo oligofrenico sia concupito dalla figlia del Barone Frankenstein, interpretata dalla bellissima Rosalba Neri, finendo addirittura soffocato durante un atto sessuale, fa sì che la narrazione urti ancora di più la suscettibilità dei buonisti. Andando aventi così, finiremo schiavi di un algoritmo onnipresente e onnipotente, in grado di colpire e di censurare i pensieri sul nascere, impedendo loro persino di diventare parole. Approfitto degli ultimi barlumi di libertà concessi al genere umano e non esito ad esprimerere il mio dissenso, la mia irriducibile opposizione ad ogni tentativo di irreggimentare le idee. 

Un detective garrulo e demente
 
I personaggi sono appena abbozzati, spesso incongrui. Il capitano Harris, che dovrebbe essere un proto-detective della tipologia di Auguste Dupin e di Sherlock Holmes, è soltanto un chiacchierone fatuo e delirante, tutto fuorché dotato di raziocinio. La sua incapacità è tale che persino un idrocefalo paralitico sarebbe in grado di gestire meglio la situazione. Caronte si rifiuta di traghettare l'inetto poliziotto, Plutone non lo vuole nelle dimore infere e lo vomita: lo spettatore tira quasi un sospiro di sollievo quando lo vede cadere morto, poi purtroppo salta di nuovo in piedi e si mette a farfugliare. 
 
 
Una fisiologia assurda 
 
Il cervello è considerato come una pila che muove un giocattolo. Non ci sono vasi sanguigni né terminazioni nervose da saldare e da far funzionare: basta inserire un cervello in una scatola cranica, dare una scossa e tutto è a posto, il cadavere comincia a muoversi. Non si sa tramite quale principio della biologia e della fisiologia questo prodigio possa accadere. In pratica l'encefalo non è un organo, bensì un'entità magica non dissimile dalla pietra filosofale. Il sangue gorgoglia nelle storte ha l'aspetto del sugo di pomodoro che bolle in una pentola, il suo colore è chiaro e sgargiante, quasi fosforescente, pacchiano oltre i confini dell'assurdo. E soprattutto non coagula mai, la sua densità è sempre come quella dell'acqua. Secondo il genio della scienza medica che era Mel Welles, il sangue resterebbe perfettamente fluido anche nei cadaveri, al punto che basterebbe una puntura nella pelle sempre rosea per spillarlo come vino da una botte. Guardando Lady Frankenstein si ha l'impressione che Leonardo da Vinci abbia compiuto invano i suoi studi sull'anatomia e che ci fossero conoscenze più progredite nel Medioevo! Il fatto che gli effetti speciali siano opera di Carlo Rambaldi costituisce una macchia indelebile sulla sua carriera.     

Un'ambientazione senza senso
 
La storia si svolge in un fantomatico staterello della Mitteleuropa e potrebbe benissimo essere collocata nella Germania anteriore all'unione doganale (Zollverein). Tuttavia, in totale contraddizione con questo assunto narrativo, i cognomi sono per la maggior parte anglosassoni. Marshall, Lynch, Atkins, Morgan, Harris, Turner, Stack, Burke: in pratica l'unico elemento genuinamente germanico è proprio Frankenstein. Non viene illustrato alcun antefatto pseudostorico per questa improbabile colonizzazione inglese nel cuore di un'Europa che dovrebbe essere di lingua tedesca. Certo, si potrebbe pensare a un'analogia con i film tratti dal Dracula di Bram Stoker, in cui vediamo all'opera l'agente immobiliare Harker e l'ineffabile Renfield, servitore fedele del Vampiro e gran mangiatore di scarafaggi. Si noterà che nel caso della pellicola di Welles non si può pensare a qualche cittadino britannico migrato per lavoro in un remoto paese del continente: siamo di fronte a una vera e propria sostituzione etnica!
 
Un dettaglio degno di nota 
 
Il tombarolo Tom Lynch appartiene al Popolo Eletto. Nella sua casa ha in bella mostra una menorah, ossia un candelabro a sette braccia, che lascia ben pochi dubbi in merito. Il nominativo del tristo figuro, Tom Lynch, in fondo ha poca importanza, dato che potrebbe esserselo cambiato. C'è piuttosto da chiedersi cosa intendesse suggerire l'artefice, ormai non indentificabile, di questo importante segnale allo spettatore. Si tratta di propaganda antisemita? Forse il manufatto ebraico in casa del tombarolo vorrebbe suggerire un'appartenenza religiosa specifica di un individuo moralmente degradato che maneggia i morti? Non posso escluderlo a priori. Una cosa è certa: pochissimi si sono accorti del sinistro dettaglio, così si può pensare che il messaggio non sia rivolto a un pubblico grossolano e sprovveduto. 
 

Un'eroina romantica 
 
Nelle intenzioni di Max Welles, la figlia del Barone Frankenstein dovrebbe rappresentare il prototipo di donna disinibita, indipendente e di grande intelligenza, che lottava per affermarsi in un mondo in cui il potere era detenuto dagli uomini. Se questo fosse vero, la sua duplice morte per strangolamento e per combustione sarebbe quindi da considerarsi come una punizione ad opera di Dio, del Destino o del Karma, provocata dalla sua hybris, ossia dalla titanica sfida alle convenzioni imperanti. In effetti Tania sembra proprio una perfetta unione di eros e di nichilismo. Questa in genere è la chiave di lettura proposta dalla critica. Non si tiene conto del fatto che forse il regista e sceneggiatore a queste cose non ci aveva nemmeno pensato. Peccato che la sensualissima Rosalba Neri sia stata sprecata in produzioni tanto scadenti, avrebbe potuto avere una fama ben più grande di quella della Fenech! 

Fantascienza e diritti d'autore scaduti 
 
Se possiamo goderci mer(d)aviglie come Lady Frankenstein è soltanto per un motivo, a prima vista banale: i diritti d'autore sul romanzo di Mary Shelley, Frankenstein, o il moderno Prometeo (1816), sono ormai scaduti. L'opera è quindi di dominio pubblico ed è possibile manipolarla ad libitum, una facoltà di cui in moltissimi hanno abusato, dando origine a ogni sorta di abominio. La pertinenza del mito di Frankenstein alla fantascienza dovrebbe essere abbastanza ovvia, invece non è così. In genere tutto ciò che ha a che fare con questo filone narrativo è attribuito al genere horror e considerato lontanissimo dalla fantascienza. Non è nemmeno visto come qualcosa di simile al fanta-horror. Eppure la creazione di una creatura mostruosa a partire da parti di cadaveri servendosi dei mezzi della Scienza dovrebbe essere fantascienza allo stato puro. Il punto è che nell'immaginario collettivo è etichettato come fantascienza soltanto ciò che è ambientato nel futuro. La proto-fantascienza non è nemmeno considerata.         
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Non si può certo dire che il film sia stato ben accolto dalla critica, anche se ha comunque i suoi estimatori e qualcuno addirittura lo considera un cult (credo per via dell'erotica Rosalba). Questo è un giudizio abbastanza tipico:  
 
«Greve rielaborazione della storia di Frankenstein diretta con mano anonima da Mel Welles (autore anche del mediocre La isla de la muerte). Nonostante qualche commentatore abbia tentato una lettura allegorica del personaggio di Tania (il suo tragico destino significherebbe la condanna della donna libera e indipendente in una società rigidamente maschilista), la sceneggiatura sfiora ripetutamente il ridicolo. A tener desta l'attenzione del pubblico sono alcune situazioni moderatamente violente ed erotiche (tagliate in alcune edizioni) che raggiungono il culmine nella gratuita, breve scena di nudo dell'avvenente Rosalba Neri. Joseph Cotten, nel ruolo del barone Frankenstein, fa un'impressione penosa, specialmente in chi lo ricorda interprete di grande finezza in opere che sono entrate nella storia del cinema.»
(Fantafilm, riportato in diversi siti) 
 
Qualche interessante intervento si trova sul Davinotti. 
 
 
Homesick ha scritto:

"L'originale idea di continuare al femminile il mito di Frankenstein con una donna-demiurgo che anela a creare un amante perfetto sia come intelligenza che come virilità non va lontano, essendo subito rovinata dalla sciattissima regia di Mel Welles e da una sexploitation d'infima lega, cui si aggiungono il ridicolo makeup della Creatura e l'insulso finale. Nonostante simile contesto, Cotten si comporta sempre da immenso professionista del cinema e la Neri vanta un volto e un fisico perfetti per queste figure muliebri perverse e malefiche."  
 
Ronax ha scritto: 
 
"Per ravvivare un tema ormai consunto, ma che continuerà a sfornare epigoni, gli sceneggiatori non trovano di meglio che far uscire rapidamente di scena il dottore per sostituirlo con sua figlia, una diabolica sexy dottoressa che ne combinerà peggio del padre. Scombinato e stiracchiato, il film frana su tutti fronti a partire dalla povertà delle location e dal ridicolissimo maquillage della "creatura". La Neri, sempre splendida, sfoggia un paio di pregevoli nudi, mentre Cotten, Muller e Hargitay eseguono il compitino senza troppa convinzione." 
 
Von Leppe ha scritto: 
 
"La trama è scombinata e non realizzata al meglio; racconta la nota storia di Frankenstein con l'aggiunta di una figlia, che segue le orme del padre ed essendo una donna si sa come va a finire... Sesso e orrore sono gli elementi di questo tipico gotico dei primi anni 70. Ci sono ottime inquadrature del castello e i suoi interni, scenografie e fotografia apprezzabili. Buon cast di protagonisti: Cotten, Muller e Neri. Dare nomi inglesi ai personaggi del film non l'ho trovata una buona idea."

venerdì 20 settembre 2019


STUFF - IL GELATO CHE UCCIDE

Titolo originale: The Stuff
AKA: Larry Cohen's The Stuff
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1985

Regia:
Larry Cohen
Durata:
85 min
Rapporto: Widescreen
Genere: Orrore, commedia, grottesco, trash 
Casa di produzione: New World Pictures
Distribuzione in italiano: Eagle Pictures
Fotografia: Paul Glickman
Montaggio: Armand Lebowitz
Musiche: Dwight Dixon, Anthony Guefen, Richard Seaman
Interpreti e personaggi:
    Michael Moriarty: David "Mo" Rutherford
    Andrea Marcovicci: Nicole Kendal
    Garrett Morris: Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs
    Paul Sorvino: Colonnello Malcolm Grommett Spears
    Scott Bloom: Jason
    Danny Aiello: Mr. Vickers
    Patrick O'Neal: Fletcher
    Alexander Scourby: Evans
    Russell Nype: Richards
    Rutanya Alda: Psicologa 
    Eric Bogosian: Impiegato del supermeracato
    Patrick Dampsey: Compratore clandestino di Stuff
Doppiatori italiani:
    Gianni Giuliano: David "Mo" Rutherford
    Lorenza Biella: Nicole Kendal
    Carlo Valli: Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs
    Luigi Montini: Colonnello Malcolm Grommett Spears
    Guido Cerniglia: Mr. Vickers
    Carlo Sabatini: Fletcher
    Walter Maestosi: Evans
    Giulio Platone: Richards
Budget: 1,7 milioni di dollari USA
Traduzioni del titolo: 
    Tedesco: Stuff – Ein tödlicher Leckerbissen
   
Romagnolo:
Quèl - Al ślâ ch'al cópa
    Spagnolo: El Stuff (Spagna): La Cosa; La Sustancia Maldita
          (America Latina)
    Portoghese: A Coisa
    Svedese: Mördande dessert
    Russo: Вкусная дрянь     

Trama:
Midland, Georgia. Una notte d'inverno, cade la neve. Un vecchiaccio schifoso, che lavora come sorvegliante in una miniera, durante un suo giro d'ispezione scopre una strana sostanza simile a yogurt che gorgoglia da una buca nel terreno, più profonda delle voragini stradali apertesi a Roma durante il dominio feudale della Raggi. Essendo per l'appunto un vecchiaccio schifoso, il laido sileno si mette ad assaggiare quella candida crema di origine sconosciuta, contro ogni sano principio. Forse pensava che glielo avrebbe fatto rizzare (all'epoca il Viagra non era stato ancora inventato e si affidavano a ogni possibile patacca). Il gusto di quella sostanza cremosa entusiasma all'istante il guardiano. Galvanizzato, chiama subito un suo collega - anche lui un vecchiaccio schifoso - e lo induce ad assaggiare. "Se continua a gorgogliare fuori dal terreno così, ce ne sarà abbastanza da potersela vendere", afferma deciso, mentre l'altro ha ormai vinto la sua iniziale diffidenza.
Dato che negli States un essere umano è considerato buono soltanto se vende qualcosa, ecco che i due si mettono a pensare in grande e ne parte una produzione industriale. In breve il nuovo prodotto, a cui viene dato il nome The Stuff, ha un immenso successo e viene distribuito su tutto il territorio nazionale, in modo capillare. L'attività sembra andare a gonfie vele, portando guadagni stratosferici agli scopritori del dolciume cremoso, ma presto emergono alcuni problemi di non poco conto. Tutto ha inizio quando un bambino si accorge che il contenuto di un barattolo di Stuff... si muove! Un ex agente dell'FBI, David "Mo" Rutherford, viene assoldato dalla sofferente industria dei gelati e del junk food allo scopo di indagare sulla vera natura dello Stuff per poter neutralizzare i suoi produttori. Nel corso delle indagini, il giovane e intraprendente Rutherford arriva a scoprire una sconvolgente verità: quello che milioni di persone ingollano a badilate non è affatto un dessert, bensì un organismo alieno che prende possesso dei corpi, fino a divorarli dall'interno e a trasformarli in zombie! C'è un solo modo per salvare il popolo americano da un simile flagello: convincere il colonnello Spears ad intervenire alla testa del suo esercito. Per riuscirci, il geniale ex agente dell'FBI trova il punto su cui far leva, suggerendo al militare che lo Stuff è un'arma inventata dai cospiratori comunisti per distruggere il Paese e consegnarne le macerie all'Unione Sovietica!  

Citazione: 

«ATTENZIONE! Interrompiamo il programma per un gravissimo comunicato sullo STUFF: se lo vedete in un negozio, chiamate la polizia, se ne avete in casa, non toccatelo... scappate! Lo STUFF è un prodotto naturale, un mortale organismo vivente, che dà assuefazione e poi la morte; può impadronirsi del vostro cervello e del vostro corpo... e nulla può fermarlo! THE STUFF: siete stati avvertiti...»

Recensione:
Ho subito amato questo film. L'ho trovato esilarante fin dalle prime battute, come una boccata di protossido d'azoto che arriva dritta al cervello. Inverosimile, grottesco, assurdo. Forse proprio per questo è così divertente. Gli effetti speciali sono a dir poco grossolani, eppure la cosa non mi ha urtato più di tanto. Ebbene sì, avete ragione: sto cominciando a manifestare preoccupanti segni di degrado cognitivo. 



Dipendenza da cibi iperpalatabili 

Qualcuno nel Grande Paese d'America un giorno scoprì che poteva indurre una dipendenza invincibile somministrando un preparato di sua invenzione, un cibo sublime ottenuto da un concentrato cremoso di proteine del latte con l'aggiunta di aroma di vaniglia (non necessariamente di origine naturale). Le cose stanno così. Chiunque mangi quella roba, ne diventa schiavo all'istante. La dipendenza che si instaura è forte come quella data dall'eroina. Come si può ben capire, da una simile dipendenza non si può uscire. Ecco spiegata  l'origine dei cibi iperpalatabili, non proprio salutari, ma talmente piacevoli che non si smetterebbe più di ingurgitarli! Nessuno si cura degli effetti a lungo termine: l'importante è guadagnare! Il mio sospetto è che l'inventore di questa trovata sia stato Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud. In Italia è poco noto al grande pubblico, eppure fu uno dei personaggi più influenti del XX secolo. Si può dire che sia stato un gigante. Fece intervenire gli States nella Grande Guerra, fondò le pubbliche relazioni, convinse tutti gli americani a mangiare uova e bacon a colazione, fece fumare le donne, trasformò Rockefeller in un filantropo e mandò Hitler al potere. Con un simile curriculum, non mi stupirei se gli si dovesse attribuire anche il junk food. Lascio a studiosi con più mezzi dei miei il compito di approfondire questo argomento. 

Questo ebbe a dire lo stesso Cohen: 

"My main inspiration was the consumerism and corporate greed found in our country and the damaging products that were being sold. I was constantly reading in the newspapers about various goods and materials being recalled because they were harming people. For example, you had foods being pulled off the market because they were hazardous to people's health." 

Uno strano elemento salvifico  

Capo di una violenta formazione di militari irregolari, il colonnello Malcolm Grommett Spears sa esattamente come si risolvono i problemi: rimuovendo coloro che li provocano. La tecnica di rimozione di ogni problema è sicura e infallibile. Basta riempire di piombo i suoi portatori. Il colonnello mi ricorda un altro uomo di guerra: il Capitano di Monaco, Ernst Röhm. Certo, mi si dirà che i gusti sessuali dei due militari sono molto diversi. Spears ha un'insana predilezione per le giovinette mentre Röhm era dedito a rapporti omosessuali sfrenati. La risposta all'obiezione è molto semplice: i gusti sessuali dell'americano e del tedesco sono assolutamente irrilevanti. Comune è la più intima natura. Al giorno d'oggi un film così non lo si potrebbe più fare. Direbbero subito che Spears è "nazista", "fascista", "sovranista", "nazionalista", addirittura "razzista" e via discorrendo. Sono tutte balle. Etichette che non contano nulla. La sola cosa importante è che un uomo così i problemi li risolve davvero, senza fallire, per Giove!  Per paradosso, la comprensione della vera natura di un problema non influisce sulla possibilità di rimuoverlo. In fondo qualsiasi problema, quale ne sia la natura, è sempre riconducibile a persone concrete - che per l'appunto possono essere eliminate. Il bello è che il colonnello Spears pensa che tutto sia un complotto messo in atto da "quei bastardi dei comunisti" e dalla "stramaledetta Unione Sovietica". In realtà la causa del dilagare del pestilenziale gelato è da ricercarsi proprio nel turbocapitalismo ultraliberista. Una bella ironia, ma in concreto cosa importa, se i risultati sono quelli desiderati? Ok, ok, Spears mi è simpatico. Adoro il suo odio e il suo disprezzo nei confronti dei politicanti! 

Alcune note sul ruolo dei militari 

Il film di Cohen è senza dubbio eccentrico. Ci dice che soltanto l'elemento militare può portare salvezza dove imperversa il marasma, a patto che sia opportunamente incentivato - e anche ingannato, se necessario: è essenziale che scateni tutta la sua furia distruttiva contro l'obiettivo prefissato, ossia i nemici della Nazione. Per il resto il regista è molto realistico e non si fa stolte illusioni sull'etica della specie Homo sapiens. Ne accetta tutti i limiti. A piacermi è proprio l'idea di un militare che possa definirsi genuino erede dei Lanzichenecchi, distante anni luce dall'astratto e asettico idealismo che muove ogni gesto del maggiore Eugene "Sam" Denton in Damnation Alley (1977). In due pellicole di George A. Romero, La città verrà distrutta all'alba (The Crazies, 1973) e Il giorno degli zombi (Day of the Dead, 1985), vediamo invece molti esempi di militari deleteri. Nel primo film l'esercito è costituito da emeriti minchioni che con la loro ottusa burocrazia fanno perdere la possibilità di curare una terribile pestilenza (tra l'altro causata da un loro errore). Nel secondo film vediamo un militare odiosissimo che, rimasto senza superiori, si improvvisa tiranno e rovescia su tutti la sua pazzia criminale, a piene mani. 

La resa dei conti 

Quando il gagliardo David "Mo" Rutherford riesce a raggiungere i vertici dell'azienda che distribuisce lo Stuff, questi gli dicono che il sabotaggio delle loro attività estrattive non li può fermare, dal momento che quella sostanza aliena emerge in molti punti. Sudando freddo, si mettono ad esporre uno spudorato progetto: essi hanno intenzione di mettere in commercio un nuovo prodotto, chiamato The Taste, con soltanto il 12% di Stuff e per il resto fatto di comune gelato. Questo avrebbe lo scopo di limitare i danni, così dicono, visto che con una percentuale così bassa di Stuff non si potrebbe instaurare dipendenza. In realtà non è vero. La creazione di The Taste è dovuta unicamente al drastico calo delle provvigioni di Stuff. L'avidità dei dirigenti aziendali è senza limiti. L'ex agente dell'FBI li costringe a trangugiare quantità immense di Stuff, fino a farli zombificare.    

Un'inattesa eruzione del Caos

Quando tutto sembra finito, ecco emergere l'ombra di Nyarlathotep, Caos Strisciante. L'ex agente dell'FBI David "Mo" Rutherford e il colonnello Spears sono acclamati eroi nazionali, la voragine da cui gorgoglia lo Stuff è distrutta, riempita da tonnellate di terra smossa da un'esplosione. La Terra dei Coraggiosi è finalmente libera dalla schiavitù del gelato diabolico. L'azienda che distribuiva quel veleno è distrutta. Siamo proprio sicuri che tutto sia finito? A questo punto si fa una scoperta a dir poco sconfortante. Esistono trafficanti di Stuff

Etimologia di stuff 

In inglese stuff significa "materiale", "materia". L'etimologia è identica a quella del tedesco Stoff "sostanza, materiale" e dell'italiano stoffa. L'origine è dall'antico francese estoffe "provvigione", dal verbo estoffer "fornire, provvedere, decorare", a sua volta prestito dalla lingua dei Franchi: *stopfôn, *stoppôn "fornire" - in ultima analisi dal protogermanico *stuppanan. Si tratta di una parola germanica adottata nelle lingue romanze per poi ritornare nel mondo germanico per effetto boomerang - con buona pace dei romanisti, che vorrebbero negare l'esistenza stessa delle lingue dei "Barbari". Dirò di più: avendo la seconda rotazione consonantica, il prestito deve essere stato accolto nella lingua romanza di Francia in epoca carolingia. 

Curiosità varie 

La miscela usata in alcune scene per simulare lo Stuff era fatta con polvere di lische di pesce in putrefazione e aveva un odore così sgradevole da costringere gli attori a lavarsi per ore nelle acque di un fiume. La fonte dell'informazione è lo stesso regista. In altre scene, sarebbero stati usati immani quantitativi di gelato Häagen-Däzs e di yogurt denso con l'aggiunta di schiuma di estintore. Un enorme spreco.

Il personaggio di Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs (reso in italiano con "Cioccolatino Charlie") ha ricevuto il suo soprannome dagli omonimi famosi biscotti della marca Famous Amos. Al giorno d'oggi queste trovate non sarebbero più ammesse. I radical sono molto aggressivi e detestano ogni associazione del colore della pelle con il cioccolato. Il perché non è dato sapere. Il cioccolato è un alimento delizioso, dovrebbe dare origine a complimenti, non a insulti. "Chocolate Chip" è un loquace mandingo che finisce contaminato dallo Stuff e trasformato in un morto vivente. Il suo ruolo doveva essere assegnato ad Arsenio Hall, ma la cosa non andò in porto.

La scena con il gelato alieno che esce dai materassi e dai cuscini in un motel è stata girata nella stessa camera usata nelle riprese di Nightmare - Dal profondo della notte (1984), nella scena in cui Glen (interpretato da Johnny Depp) viene risucchiato nel suo letto e il suo sangue finisce vomitato sul soffitto.

Paul Anthony Sorvino, il robusto attore che ha interpretato il colonnello Spears, è di origini italiane e per l'esattezza napoletane. Sua figlia Mira è stata tra le vittime del famigerato Harvey Weinstein. La reazione del padre è stata sanguigna e la condivido appieno: egli ha dichiarato che se avesse saputo, avrebbe ucciso quel maiale con le proprie mani, non prima di avergli spappolato le gambe facendolo finire su una sedia a rotelle.

lunedì 16 settembre 2019


L'ULTIMA ODISSEA 

Titolo originale: Damnation Alley
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1977
Lingua originale: Inglese
Durata: 91 min
Rapporto: 2,35:1
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Distopia, postapocalittico, postatomico
Regia: Jack Smight
Soggetto: Roger Zelazny
Sceneggiatura: Alan Sharp, Lukas Heller
Produttore: Paul Maslansky, Jerome M. Zeitman
Produttore esecutivo: Hal Landers, Bobby Roberts
Casa di produzione: 20th Century Fox
Fotografia: Harry Stradling Jr.
Effetti speciali: Milt Rice
Musiche: Jerry Goldsmith
Scenografia: E. Preston Ames
Trucco: Lon Bentley
Interpreti e personaggi:
    Jan-Michael Vincent: Tanner
    George Peppard: maggiore Denton
    Dominique Sanda: Janice
    Paul Winfield: Keegan
    Jackie Earle Haley: Billy
Doppiatori italiani:
    Giuseppe Rinaldi: maggiore Denton
    Rita Savagnone: Janice
    Michele Gammino: Keegan 



Trama: 
L'Unione Sovietica lancia i missili nucleari contro gli Stati Uniti, che rispondono prontamente all'attacco. Quasi la metà delle testate nemiche vengono intercettate, ma la catastrofe è inimmaginabile. Come conseguenza delle esplosioni, la Terra è portata sull'orlo dell'inabitabilità. L'asse terrestre subisce uno spostamento, i continenti diventano deserti, il clima è sconvolto da tempeste spaventose, i cieli ardono di perenni aurore polari, la flora scompare e la fauna subisce mostruose alterazioni. In questo scenario di desolazione che poco concede alla speranza, il maggiore Eugene "Sam" Denton è tutto ciò che resta del vecchio ordine. In pratica la sua mente sempre vigile è quanto di più complesso sia sopravvissuto della specie Homo sapiens. Con uno sparuto seguito di superstiti caricati su due autoblindo, l'integerrimo e austero militare conta di raggiungere la remota Albany, in quello che era lo Stato di New York - l'unica città a non essere stata distrutta dalle armi atomiche. La traversata da un capo all'altro dell'America è lunga e massacrante. Gli ostacoli si presentano quasi subito. Una delle due autoblindo viene distrutta in un incidente. Solo in pochi arrivano a destinazione, dopo aver affrontato molte insidie e molti orrori. Tra queste mer(d)aviglie spiccano gli eserciti di scarafaggi assassini in una città morta e gli zombie lebbrosi ultraviolenti in un autogrill abbandonato. L'epilogo, contro ogni aspettativa, è degno del magico mondo dei Puffi! 


Recensione: 
Se proprio dobbiamo dirla tutta, Damnation Alley farebbe schifo anche ai porci. Tra i problemi possiamo annoverare il budget insufficiente e per giunta sfruttato male, l'assoluta incapacità tecnica dei responsabili di questo delitto contro l'Arte, oltre alla carenza di idee. Insomma, la pellicola di Smight è un vero e proprio escremento in celluloide, e per giunta formato male, diarroico, pieno di cibo non digerito. Dante metterebbe il regista e tutto il cast a far compagnia a Brunetto Latini, sotto un'eterna pioggia di fuoco! 

Un'ucronia  che lascia di sasso!

Pochi ne sono al corrente. È stato per un puro caso se Star Wars di George Lucas ha avuto un immenso successo - anche se a distanza di tempo si comprende che è soltanto una massa di merda. Qualche oscuro decisore fu posto di fronte a una difficile scelta: concedere un discreto budget a George Lucas per il suo astruso progetto fantascientifico oppure far arrivare tali risorse a Smight per Damnation Alley. Ebbene, fu scelto proprio Lucas come destinatario della maggior parte dei soldi. Fu così che Guerre Stellari divenne uno dei miti fondanti dell'Umanità, mentre L'ultima odissea sprofondò nella sentina dei rifiuti più schifosi mai espulsi dall'intestino retto di questa specie dannata. Se le cose fossero andate diversamente, come sarebbe oggi il nostro pianeta? Star Wars sarebbe un film trash assoluto e inguardabile, come una di quelle invereconde schifezze di Lewis Coates (alias Luigi Cozzi). Nessuno, dico nessuno, avrebbe mai concesso per un suo seguito nemmeno il fantasma di un centesimo forato. Non ci sarebbe stata alcuna trilogia, per non parlare dei prequel e degli spin-off. Del resto, se anche a Smight fosse andato un budget notevole, non avrebbe comunque potuto creare un film avvincente, perché le idee non c'erano proprio! 

Alcune note sul ruolo dei militari 

L'idea portante del film in analisi è assai curiosa. Secondo i suoi ideatori - e forse anche secondo Roger Zelazny (confesso che non ho letto la sua opera e che neppure mi attrae) - i militari sarebbero asettici robot del tutto privi di passioni e programmati per condurre il genere umano verso la Salvezza. Una tesi che mi appare piuttosto discutibile. Il maggiore Denton è la quintessenza dell'abnegazione e della disciplina. Controllo assoluto sul corpo e su qualsiasi impulso. Com'è ovvio, non ha bassi istinti di sorta. Non desidera ubriacarsi. Non eccede mai nel cibo. Non guarda mai un culetto femminile con l'intenzione di infilare la faccia tra le chiappe e di baciare lo sbocco dell'apparato digerente. Non pensa mai ai pompini quando guarda la bocca di una donna. Può benissimo passare anni senza una sola erezione. Non eiacula mai, nemmeno nel sonno. Non c'è una sola cellula che si ribelli all'autorità morale che irradia dal suo intelletto sovrumano. Sa sempre ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, in ogni occasione. Non farebbe mai nulla per il proprio tornaconto. Tutto in lui è al servizio di una Causa Superiore. Si noti che i superiori del maggiore Denton sono tutti morti. Mi domando quale sarebbe dunque la fonte di un'etica così poderosa e indefettibile. Cosa lo obbliga ad agire in modo morale? L'Imperativo Categorico di Kant? "Il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me"? Mi sia lecito nutrire fondati dubbi a questo proposito. La Storia del bipede implume ci mostra ben altro. Il detto di Kant che meglio descrive la nostra specie è questo: "Da un legno storto com'è quello di cui l'uomo è fatto non può uscire nulla di interamente dritto"

Rigurgiti acidi di memoria 

Quando ho deciso di visionare il film di Smight, incuriosito dal titolo, non mi sono reso conto che l'avevo già visto ai tempi del liceo. Man mano che le sequenze procedevano, avevo come delle sensazioni di déjà vu. La cosa mi destava una grande irritazione, anche perché quanto vedevo era a metà strada tra la noia mortale e lo schifo. All'improvviso mi sono reso conto. Una battuta sullo spettacolo dei cieli radioattivi mi ha permesso di recuperare l'intera memoria. Una notte d'estate di molti anni prima ero rimasto alzato per vedere L'ultima odissea, che mi aveva però mortalmente deluso. Sonno perso per nulla! Il mio cervello aveva quindi proceduto a censurare ogni ricordo per rimuovere le sensazioni spiacevoli provate, riuscendoci in modo quasi perfetto. 

Curiosità 

Roger Zelazny disapprovò il film tratto dalla sua opera, arrivando addirittura ad odiarlo. Posso capirlo. Dovrebbero farlo santo per non aver assoldato un sicario.

Per realizzare i famigerati "scarafaggi assassini" sono state usate blatte sibilanti del Madagascar - una specie benigna, che i bambini dell'isola usano addirittura come animale da compagnia. Il nome scientifico di questi insetti è Gromphadorhina portentosa. Data la disponibilità di un piccolo numero di esemplari, per simulare gli ammassi di "scarafaggi assassini" sono stati usati giocattoli di gomma. 

La scena più squallida è quella in cui il motociclista viene assalito da scorpioni giganteschi mentre attraversa il deserto. Il progetto iniziale prevedeva di realizzare colossali simulacri di gomma, ma la cosa non funzionò: le riprese furono giudicate inaccettabili. Così furono filmati alcuni scorpioni reali per ingrandirne l'immagine e fare qualche collage con lo sfondo. Non oso pensare come fossero le sequenze originali, quelle bocciate.

Il film si svolge nel 1979, il che è assolutamente ridicolo, essendo stato girato pochi anni prima soltanto! Uno sconvolgente caso di appiattimento delle prospettive, per non dire di assoluta miopia.

Il titolo di questa infame porcheria, per l'appunto Damnation Alley, fu cambiato in Survival Run appena dopo l'uscita nelle sale. Quasi subito fu deciso di tornare al titolo originale. Una scelta comunicativa tutt'altro che felice. I responsabili dello scempio non sono stati murati vivi, purtroppo.

Il regista e gli sceneggiatori mostrano di non avere nemmeno la più esile conoscenza di fisica dell'atmosfera e di ecologia (non so se Zelazny fosse messo meglio). Non deve stupire che all'epoca si favoleggiasse tanto sugli effetti biologici delle radiazioni, immaginando assurdità di ogni genere. Quello che trovo assurdo è pensare che in un pianeta devastato dall'Armageddon nucleare possa sussistere un angolo incantato in cui il cielo è blu e tutto è OK - come se le masse d'aria non si mescolassero, come se la contaminazione restasse confinata. Sarebbe come pensare a una piccola zona di acqua limpida in un immenso bidone di liquami fecali! 

venerdì 13 settembre 2019



IL SEME DELL'UOMO

Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Francia, Italia
Anno: 1969
Durata: 113 min
Genere: Fantascienza, drammatico
Sottogenere: Surreale, simbolico
Regia: Marco Ferreri
Soggetto: Marco Ferreri
Produttore: Franco Cristaldi
Formato: Eastmancolor  
Sceneggiatura: Marco Ferreri, Sergio Bazzini
Casa di produzione: Polifilm
Distribuzione in italiano: Cineriz
Fotografia: Mario Vulpiani
Montaggio: Enzo Micarelli
Musiche: Teo Usuelli, Richard Teitelbaum
Scenografia: Luciana Vedovelli Levi
Costumi: Lina Nerli Taviani
Trucco: Alfonso Gola
Interpreti e personaggi:
    Anne Wiazemsky: Dora
    Marzio Margine: Cino
    Annie Girardot: donna straniera
    Rada Rassimov: prostituta bionda al seguito del maggiore
    Maria Teresa Piaggio: prostituta riccia rossiccia al seguito
           del maggiore
    Milvia Deanna Frosini: prete
    Angela Pagano: suora
    Adriano Aprà: giornalista televisivo
    Mario Vulpiani: maggiore elicotterista
    Vittorio Armentano: tecnico/scienziato bruno
Titoli tradotti: 

    Inglese: The Seed of Man
    Francese: La Semence de l'Homme
    Catalano: La llavor de l'home



Trama:
Una coppia di giovani si è fermata a un autogrill per mangiare un boccone. La ragazza, Dora, è una splendida rossa malinconica, che svogliatamente addenta un hamburger mentre un grande schermo televisivo sulla parete mostra immagini in bianco e nero di città distrutte. Sembrano immagini di repertorio della Guerra, prive di qualsiasi attinenza con la realtà presente. C'è però un elemento incongruo: un'annunciatrice avvisa che un cartello giallo indica la peste e che ci si augura di non imattersi mai in tale segnale. Eppure nell'autogrill la vita continua come sempre, senza traccia alcuna di situazioni di emergenza. Il giovane Cino Doria, un toscanaccio malcontento dalla chioma biondiccia, invita la sua amata a finire il pasto e a seguirlo, ché è ora di rimettersi in viaggio. Passa dal distributore dove sono messe in bella mostra pile di olio lubrificante. Gli viene offerto del whisky (pubblicità occulta di una nota marca), che accetta - pur senza mostrarsi bramoso come farei io. La coppia sale sulla splendida automobile arancione, che sfreccia sull'autostrada deserta. Presto le corsie si restringono come l'uretra di un puttaniere pieno zeppo di pus gonorroico: c'è un posto di blocco. La scena è surreale: i poliziotti sembrano usciti da un film grottesco con Pozzetto e sono più goffi dei tacchini gonfiati con anabolizzanti. Conducono i due giovani sotto una tenda di plastica con apparecchiature che fanno bip! bip! e manichini distesi che dovrebbero essere cadaveri. Quindi consegnano loro un flacone di pastiglie per poter sopravvivere in una terra di morbi orrendi. La macchina arancione viene sequestrata, quindi Cino e Dora sono costretti ad allontanarsi sul litorale, con l'ordine di cercare un edificio abbandonato in cui stabilirsi. Così avviene. Il toscanaccio e la sua longilinea compagna occupano una villa costiera, dopo aver riscontrato che il padrone di casa giace defunto. Inizia una logorante cronaca di quotidiano disfacimento, con diversi colpi di scena destinati a riassorbirsi nel pus della monotonia, fino allo sconcertante epilogo.



Recensione:  
Budget ristrettissimo, appena sufficiente per produrre un film ai limiti del trash. Assenza quasi totale di effetti speciali. Impossibilità quasi totale di simulare la distruzione e la decadenza. Risultato: un collage impazzito che sembra fatto di sequenze oniriche male assortite e attaccate insieme con un debole collante. Certe ingenuità sono sconcertanti. Un solo capolavoro tecnico, una grande eccezione: il fotogramma in cui si mostra, in uno sconvolgente bianco e nero, la Visione Sublime, ossia la basilica di San Pietro diroccata, annientata! L'Ultimo Papa, sprofondato nella demenza, viene portato via in barella mentre bofonchia formule superstiziose e afferma di aver perduto il Paradiso. Basterebbe soltanto questo per fare entrare la pellicola nella cineteca dell'Olimpo!


L'Eresia del Prete Crociato

Si noti che il prete al seguito dell'emissario statale, che sfoggia una tonaca nera con un gigantesco simbolo crociato scarlatto, è il rappresentante di una nuova religione, sorta sulle macerie del defunto Cattolicesimo. Quando benedice il cibo - un cinghiale arrostito su un rozzo fuoco di legna - si fa un segno della croce ridotto e dice risoluto: "Nel nome del Padre e del Figlio". Lo Spirito Santo è stato abolito. Eppure senza lo Spirito Santo non si può dare Cristianesimo alcuno, in nessuna sua confessione e forma! La Chiesa Romana, che ha perseguitato e assassinato i Catari, ha pur sempre in comune con loro - anche se soltanto a livello di linguaggio,  nelle formule e nei riti - lo Spirito Santo. Invece il Prete Crociato al seguito del ministro non fa menzione alcuna dello Spirito Santo, che è stato soppresso. Un prete biofilo e natalista, che comanda la fecondità. Eliminato senza indugio il Verbo, rimosso con efficacia estrema dopo la misera morte dell'Ultimo Papa, la strada resta spianata a ogni orrore concepibile da mente umana. Questo iato è la più grande frattura in tutta la storia del Cristianesimo. Soltanto un genio nichilista come Ferreri poteva concepire uno scisma di così grande portata! 


Costumi sessuali

Emerge un dato sconvolgente per questi tempi. I protagonisti, il toscanaccio biondiccio e la sua splendida ragazza fulva, non avevano alcun rapporto sessuale. L'unico contatto possibile tra un uomo e una donna era l'inserimento del pene nel vaso procreativo, con eiaculazione interna. La condanna di qualsiasi altra pratica sessuale era assoluta. I pompini erano inconcepibili. Non era nemmeno pensabile usare l'orifizio anale o compiere toccamenti masturbatori, facendo finire lo sperma sul corpo o nel vuoto. Esisteva una morale comune e onnipresente che schiacciava ogni iniziativa del singolo: tutto ciò che sfuggiva alla sua sorveglianza censoria era ritenuto universalmente ripugnante. Le donne erano la colonna portante di tale legge, la cui origine è chiaramente nel Vecchio Testamento. Il punto è che nessuno sembrava consapevole della natura religiosa di questi tabù, portati avanti anche da persone che non aderivano alla Chiesa di Roma o ad altra forma di culto organizzato. Le stesse pratiche erano portate avanti anche da persone atee. Qualcuno si porrà una domanda: "Era tutta ipocrisia? Ipocrisia italica?" Non credo. In quel mondo plumbeo l'imbarazzo era totale, certe cose non potevano nemmeno essere pensate. Un geroglifico inquietante di questa cappa di oppressione lo possiamo vedere nell'immenso capodoglio spiaggiato e destinato a putrefarsi sotto i raggi del sole.


Banchetti tiestei

La prostituta errabonda interpretata da Annie Girardot seduce il toscanaccio biondiccio e si fa mettere incinta. Natalista, biofila e copulatrice incallita, sostiene il dovere di ogni donna di continuare la Vita, la Biologia, la Carne. Così la compagna fulva dell'uomo, biasimata dalla pretoriana di Ahriman, si vendica in modo atroce. La ragazza dalle chiome rossicce uccide la disinibita rivale a colpi di scure durante un'escursione nella campagna. Anche se la tecnica usata è quella dell'off camera, si capisce che la macella, la cucina e la serve al suo compagno - che si complimenta per la dolcezza della carne, interrogandosi sulla natura dell'animale da cui proviene. Senza volerlo, si ritorna alle origini del Cristianesimo. Una delle accuse che i Romani rivolgevano ai seguaci della nuova religione era quello di organizzare orge cannibaliche. Secondo una credenza molto diffusa, nell'oscurità labirintica delle catacombe era scelta una vittima sacrificale, che veniva uccisa, macellata e mangiata ritualmente. Ecco qual era l'essenza dell'Eucarestia, secondo l'interpretazione letterale delle parole di Cristo: "In verità, in verità vi dico, se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi stessi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Io stesso, da bambino, ero rimasto sconvolto nell'udire queste parole dal prete che officiava una messa. Nella mia mente si erano formate immagini nitide di un uomo che veniva appeso a testa in giù con i ganci, sgozzato come un maiale, macellato e mangiato. Quando mia madre cuoceva le bistecche e le mangiavo avidamente, spesso fantasticavo che fossero state tagliate dal cadavere di Gesù. Non solo mi vedevo con la massima chiarezza mentale la carne umana cucinata in padella, servita e ingurgitata: la assaporavo proprio! Assimilata e trasformata in merda! Eccola l'essenza della dottrina dell'Incarnazione: farsi carne significa farsi sterco! Il Pop Bogomil mi ha insegnato la Verità e mi ha liberato da simili orrori! 


Una fiera eroina estinzionista 

La splendida ragazza fulva è una combattente contro l'ordine cosmico. Caso davvero raro per una rappresentante del Gentil Sesso, si rende conto che non esiste affatto il diritto di procreare, dato che ai nuovi nati si lascia in eredità una sopravvivenza infernale. Così si oppone al suo compagno, che è invece un biofilo natalista, un adoratore della fecondità. Il giovane le chiede continuamente di fare un figlio e lei rifiuta. "Non ne abbiamo il diritto!", esclama ogni volta la giovane. Quando i rappresentanti del governo le ordinano di essere ingravidata, riesce a tener loro testa. "Tutte le donne devono essere fecondate", questo è il supremo comandamento dell'Eresia Neocattolica che ha abolito lo Spirito Santo. Lei tace, si chiude nel suo sdegno e continua a non accettare lo sperma nel proprio ventre. Le reazioni del toscanaccio biondiccio a questo stato di cose sono folli, a dir poco bislacche. Prima accoglie nel letto la prostituta errabonda, che si stende tra lui e la sua compagna, prendendogli l'uccello tra le gambe e lasciandosi inseminare. Una volta eliminata la rivale, la ragazza fulva insiste nella propria determinazione a non dare al compagno il figlio che le chiede. Lui allora plasma una figura di donna nuda con la sabbia bagnata, in riva al mare, e si stende su di essa infilando il fallo nella vulva finta, bagnandola così di sperma. Poi decide di passare all'inganno: narcotizza la fanciulla ritrosa con una pozione e la ingravida nel sonno. Quando lei lo viene a sapere si dispera, mentre il fecondatore inscena una danza abominevole in cui si esalta, urlando: "Un miliardo di figli!" Si vede come il nuovo Adamo, colui che darà origine a un nuovo genere umano. Nemesi non tarda ad arrivare in soccorso dell'eroina!     


Pubblicità "occulta"

Nominato custode del museo storico, il giovane bellimbusto è particolarmente fiero del pezzo più importante ereditato dal vecchio proprietario della villa costiera. Si tratta di una forma di Parmigiano Reggiano. "Un gran formaggio da 700 anni!", esclama la ragazza fulva, a riprova della natura contagiosa ed insestinguibile dei messaggi pubblicitari. Quando ho sentito questa frase mi sono reso conto di quanto si stagliasse nella mia memoria in modo netto, improvvisamente recuperata dalla deriva nei miei banchi di memoria stagnante! Quel formaggio avrebbe potuto essere mangiato, come suggerito dalla sensuale rossa. Se ciò fosse avvenuto, non sarebbe rimasta alcuna memoria di tale prodotto dell'ingegno e del lavoro umano, visto che l'arte casearia era cessata a causa della catastrofe. La necessità di conservare quella reliquia è così passata davanti a ogni tentazione di smantellarla un boccone dopo l'altro solo per trasformarla in mucchietti di feci grasse. Quando i rappresentanti del governo, regredito alle condizioni barbariche del Far West, visitano la villa sul mare, si assiste ad atti di idolatria nei confronti della forma di formaggio: principalmente feticismo tramite contatto e inalazione. Persino il prete crociato perde il controllo! 


Loop temporale!

Alla fine, quando l'esplosione si porta via la coppia, si comprende l'arcano. Il toscanaccio biondiccio è un doppione giovanile del precedente custode della villa costiera. In pratica l'esplosione finale che sembra disintegrarlo assieme alla compagna, in realtà lo riporta indietro nel tempo, facendo ricominciare tutto dall'inizio, per sempre. Loop infinito! Un paradosso temporale stridente. Come un film in cui la fine coincide con l'inizio. Quando la coppia ha occupato la villa, ha subito trovato il corpo del custode: l'uomo era stato ghermito dal Triste Mietitore mentre era seduto su una sedia a contemplare il mare. Il funerale del defunto è consistito in una semplice inumazione nella nuda terra, con sopra qualche pietra per segnare il luogo della rudimentale tomba. Così inizia un singolare processo di assimilazione del nuovo proprietario alla figura del vecchio. Il marcantonio dai capelli paglierini si fa crescere una barba in stile puritano, come quella del Capitano Achab. Continua a radersi i baffi e parte delle guance, sagomandosi con grande cura la barba lasciata crescere sul mento. A questo punto solo un cieco non si renderebbe conto che a tutti gli effetti egli è diventato quasi indistinguibile dall'uomo che ha seppellito. Ecco, quell'uomo era ancora lui, in un cronotopo anteriore a quello in cui inizia la narrazione. Queste trovate negli anni '60 e '70 andavano molto di moda.   

Altre recensioni e reazioni nel Web

Questo è un estratto dal Dizionario Morandini

Scritta con Luigi Bazzini, questa favola apocalittica che invoca il dissolvimento dell'umanità aberrante è messa in immagini nella spoglia messinscena di un dramma beckettiano. La pochezza dei mezzi diventa stile. Lo scheletro candido della balena, bello come una scultura di Henry Moore, è l'unico lusso scenografico. Il nichilismo di Ferreri tocca qui uno dei suoi vertici.

Se devo essere sincero, lo scheletro del capodoglio mi è parso fatto di gesso. :)

Si deve a Paride86 il seguente intervento non proprio eulogistico apparso su www.mymovies.it

Da evitare 

Due giovani innamorati sopravvivono ad un non precisato cataclisma e si rifugiano in una casa sul mare. Ricostruiranno la loro esistenza vivendo come primitivi e perennemente in disaccordo se mettere o no al mondo una progenie. Da un'idea interessante è uscito fuori un film mal girato, male interpretato e segnato da una sceneggiatura noiosa e improbabile. I sopravvissuti si adattano benissimo alla nuova vita, quasi fossero degli esperti di agricoltura e pastorizia, senza contare l'incredibile abilità nella caccia, anche di lei, che si ritrova addirittura a fronteggiare vittoriosa un enorme cinghiale! Ci sono, poi, dei notevoli picchi di trash, come la pistola rosso fuoco, il sexy abito dell'amica del capitano, la bottiglia di pepsi e gli occhialoni rosa della vagabonda. Non mi è piaciuto per niente. 

Cineforum Fantafilm 

Il film di Ferreri è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 16 maggio 2011. Non l'ho visto in quell'occasione. Purtroppo le mie presenze sono state troppo poche!